giovanni minutoli
Percorsi di conoscenza per la salvaguardia della cittĂ storica
La collana Ricerche di architettura, restauro, paesaggio, design, città e territorio, ha l’obiettivo di diffondere i risultati della ricerca in architettura, restauro, paesaggio, design, città e territorio, condotta a livello nazionale e internazionale. Ogni volume è soggetto ad una procedura di accettazione e valutazione qualitativa basata sul giudizio tra pari affidata al Comitato Scientifico Editoriale del Dipartimento di Architettura ed al Consiglio editoriale della Firenze University Press. Tutte le pubblicazioni sono inoltre open access sul Web, favorendone non solo la diffusione ma anche una valutazione aperta a tutta la comunità scientifica internazionale. Il Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze e la Firenze University Press promuovono e sostengono questa collana per offrire il loro contributo alla ricerca internazionale sul progetto sia sul piano teorico-critico che operativo.
The Research on architecture, restoration, landscape, design, the city and the territory series of scientific publications has the purpose of divulging the results of national and international research carried out on architecture, restoration, landscape, design, the city and the territory. The volumes are subject to a qualitative process of acceptance and evaluation based on peer review, which is entrusted to the Scientific Publications Committee of the Department of Architecture (DIDA) and to the Editorial Board of Firenze University Press. Furthermore, all publications are available on an open-access basis on the Internet, which not only favors their diffusion, but also fosters an effective evaluation from the entire international scientific community. The Department of Architecture of the University of Florence and the Firenze University Press promote and support this series in order to offer a useful contribution to international research on architectural design, both at the theoretico-critical and operative levels.
ricerche | architettura design territorio
Coordinatore | Scientific coordinator Saverio Mecca | Università degli Studi di Firenze, Italy Comitato scientifico | Editorial board Elisabetta Benelli | Università degli Studi di Firenze, Italy; Marta Berni | Università degli Studi di Firenze, Italy; Stefano Bertocci | Università degli Studi di Firenze, Italy; Antonio Borri | Università di Perugia, Italy; Molly Bourne | Syracuse University, USA; Andrea Campioli | Politecnico di Milano, Italy; Miquel Casals Casanova | Universitat Politécnica de Catalunya, Spain; Marguerite Crawford | University of California at Berkeley, USA; Rosa De Marco | ENSA Paris-La-Villette, France; Fabrizio Gai | Istituto Universitario di Architettura di Venezia, Italy; Javier Gallego Roja | Universidad de Granada, Spain; Giulio Giovannoni | Università degli Studi di Firenze, Italy; Robert Levy| Ben-Gurion University of the Negev, Israel; Fabio Lucchesi | Università degli Studi di Firenze, Italy; Pietro Matracchi | Università degli Studi di Firenze, Italy; Saverio Mecca | Università degli Studi di Firenze, Italy; Camilla Mileto | Universidad Politecnica de Valencia, Spain | Bernhard Mueller | Leibniz Institut Ecological and Regional Development, Dresden, Germany; Libby Porter | Monash University in Melbourne, Australia; Rosa Povedano Ferré | Universitat de Barcelona, Spain; Pablo Rodriguez-Navarro | Universidad Politecnica de Valencia, Spain; Luisa Rovero | Università degli Studi di Firenze, Italy; José-Carlos Salcedo Hernàndez | Universidad de Extremadura, Spain; Marco Tanganelli | Università degli Studi di Firenze, Italy; Maria Chiara Torricelli | Università degli Studi di Firenze, Italy; Ulisse Tramonti | Università degli Studi di Firenze, Italy; Andrea Vallicelli | Università di Pescara, Italy; Corinna Vasič | Università degli Studi di Firenze, Italy; Joan Lluis Zamora i Mestre | Universitat Politécnica de Catalunya, Spain; Mariella Zoppi | Università degli Studi di Firenze, Italy
giovanni minutoli
Percorsi di conoscenza per la salvaguardia della cittĂ storica
Il volume è l’esito di un progetto di ricerca condotto dal Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze. La pubblicazione è stata oggetto di una procedura di accettazione e valutazione qualitativa basata sul giudizio tra pari affidata dal Comitato Scientifico del Dipartimento DIDA con il sistema di blind review. Tutte le pubblicazioni del Dipartimento di Architettura DIDA sono open access sul web, favorendo una valutazione effettiva aperta a tutta la comunità scientifica internazionale.
Si ringrazia Marco Repole per la raccolta del materiale.
A Eleonora e Caterina per il tempo che vi ho sottratto
in copertina Gerusalemme, disegno di Stefano Bertocci
progetto grafico Laboratorio Comunicazione Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze Susanna Cerri Gaia Lavoratti
didapress Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze via della Mattonaia, 8 Firenze 50121 © 2017 ISBN 978-88-9608-085-6
Stampato su carta di pura cellulosa Fedrigoni Arcoset
indice
Presentazioni Eugenio Giani Bernadette Felice Grasso Saverio Mecca Maurizio De Vita Luis Palmero Iglesias Sandro Parrinello Gian Paolo Olivetti Rason
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Prefazione Stefano Bertocci
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Introduzione Giovanni Minutoli
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Superfici e colori nel restauro della città antica
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Analisi dei dissesti dell’edilizia storica
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Analisi della vulnerabilità sismica dei centri storici
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I piani di recupero
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I piani per la gestione delle emergenze
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Postfazione Silvio Van Riel
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Bibliografia
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Crediti
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percorsi di conoscenza per la salvaguardia della città storica • giovanni minutoli
presentazioni Eugenio Giani
Presidente del Consiglio Regionale della Toscana
I Centri Storici sono i custodi di una memoria del costruire ormai del tutto scomparsa. La capacità di ogni Centro Storico di crescere su se stesso ci restituisce una stratigrafia storico – architettonica delle diverse epoche, così accade che accanto o addirittura nello stesso edificio si possano riscontrare elementi tipici medioevali perfettamente integrati con elementi barocchi o ancora che influssi provenienti da diverse culture si fondano in un’unica struttura architettonica. La ricchezza culturale che un Centro Storico offre è certamente da tutelare ponendo particolare attenzione agli interventi che in esso si vanno a realizzare, avendo anche il coraggio di soluzioni “moderne” che però si muovano nel rispetto della storia e quindi nell’edificio in quanto custode materico di quest’ultima. I Centri Storici negli ultimi decenni hanno subito, e continuano a subire, un preoccupante spopolamento, meritano invece di essere valorizzati perché hanno tutte le potenzialità per divenire una fonte di ricchezza per i Comuni che hanno la capacità di investire correttamente in essi. Per frenare lo spopolamento dei centri storici, basterebbe migliorarli dal punto di vista della qualità della vita e fare dei piani urbanistici rapportati strettamente alle previsioni demografiche comunali. Il futuro del centro storico è parte integrante di un’idea di futuro dell’intera città esistente, dell’identità e del ruolo che si riconosce a tutte le sue parti e alle loro reciproche relazioni e interdipendenze. Senza questo orizzonte di senso e di azione anche la ricostruzione del centro storico rischia di non dispiegare appieno le sue potenzialità di rigenerazione o addirittura di vanificarsi, rinchiudendosi nell’alveo di una colta testimonianza dentro un territorio che lo ignora e assume altre direzioni di sviluppo, con la finalità di attivare un processo di valorizzazione e riqualificazione economica dell’area storica del Comune. La riqualificazione del patrimonio edilizio storico, costituisce quindi un’occasione culturale, sociale ed economica importante per lo sviluppo sostenibile della città. Un tema importante che con questo volume firmato dall’Architetto Giovanni Minutoli torna all’attenzione, grazie per questo ed un plauso anche alla sensibilità dimostrata sul tema dalla Fondazione della famiglia Olivetti Rason, sponsor principale della pubblicazione.
pagina a fronte Firenze, Lungarno.
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percorsi di conoscenza per la salvaguardia della città storica • giovanni minutoli
Bernadette Felice Grasso
Assessore Regionale Autonomie Locali e della Funzione Pubblica della Regione Sicilia
“Architetto chiamerò colui che con metodo sicuro e perfetto sappia progettare razionalmente e realizzare praticamente, attraverso lo spostamento dei pesi e mediante la riunione e la congiunzione dei corpi, opere che nel modo migliore si adattino ai più importanti bisogni dell’uomo. A tal fine gli è necessaria la padronanza delle più alte discipline.” Così scriveva, Leon Battista Alberti nel De Re Edificatoria.
Sin dall’antichità, il bisogno di “abitare il territorio”, governandone i molteplici processi, è stato tra gli obiettivi più importanti dell’uomo. Più recentemente, chiamati ad impegnarsi nell’arduo compito di coniugare la pressante domanda di espansione antropica, conseguente allo sviluppo di una società in continua crescita, con l’esigenza di tutela di risorse ambientali, spesso fragili e sicuramente vulnerabili, sono due categorie di soggetti: i professionisti che si occupano di pianificare lo sviluppo degli ambiti urbani e delle relative reti di collegamento (architetti, urbanisti, ingegneri, sociologhi ed economisti) ed i politici che, nei vari livelli amministrativi, hanno la responsabilità di assumere decisioni di rilievo nell’interesse delle comunità amministrate. Nella mia esperienza di amministratore di un Ente locale, ho avuto modo di constatare quanto siano complesse e delicate le vicende legate alla gestione del territorio e come sia necessario ed urgente intervenire sul patrimonio edilizio esistente, riducendo al necessario la programmazione di aree destinate all’espansione edilizia ed evitando, così, il proliferarsi di nuove costruzioni e la conseguente insorgenza di impatti negativi sull’ambiente che, spesso, assumono un carattere irreversibile causando i più vari fenomeni di dissesto idrogeologico, oggi, troppo spesso frequenti. La sfida contemporanea è, pertanto, quella di rendere il contesto territoriale di riferimento delle nostre comunità più sicuro e vivibile, puntando a riqualificare il patrimonio edilizio esistente e limitando l’ulteriore consumo di territorio. In tale direzione, agli esperti di pianificazione - ed in particolare agli urbanisti e agli architetti - è affidata la responsabilità di operare un’attenta lettura delle parti che compongono l’ambiente urbano e il suo processo di crescita, nonché lo stato della conservazione dei centri storici, allo scopo di gestire al meglio l’incontro tra la “città antica”, risultato di secolari vicende della vita di una popolazione, e l’edilizia di recente costruzione, sviluppatesi quale risposta alla domanda di una nuova “qualità di vita”. Emerge, dunque, pressante la necessità di incoraggiare vere e proprie “operazioni di pianificazione urbanistica” con varie caratteristiche e livelli, tra cui “i piani di recupero” di iniziativa pubblica e privata, e i progetti complessi come il “programma di recupero urbano” che, ponendosi a metà strada tra il piano urbanistico tradizionale e il progetto propriamente edilizio, risponderebbe più efficacemente alle nuove esigenze di rigenerazione delle città e di manutenzione e risanamento dei fabbricati preesistenti. In tale circostanza, il Comune - assumendo un “ruolo di regia” - potrà mettere in campo una strategia concertata e condivisa con i soggetti interessati, in grado di riconferire ai centri storici la loro naturale vocazione di polarità di interessi e nucleo di relazioni di un ambito sociale, economico e territoriale complesso ed esteso anche ben oltre i confini comunali, definito dalla letteratura specialistica “sistema d’area vasta”. Ragionare, quindi, sulla salvaguardia di un patrimonio edificato, sull’esigenza di una corretta pratica dello sviluppo del territorio nel rispetto dell’antico, sulla conoscenza del lessico della città, ovvero uso del colore, materiali e tecniche costruttive, è, probabilmente, l’aspetto saliente dell’indagine svolta. Questo volume rappresenta la sintesi perfetta dei temi trattati, e propone il concetto di centro storico come un “monumento”, da tutelare nella sua integrità, rispettandone sia la forma sia le esigenze di sicurezza strutturale.
presentazioni
Saverio Mecca
Direttore Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Firenze
“Conoscere per conservare” sono le parole d’ordine che sintetizzano la necessità, per chi si occupa di interventi sul costruito storico, di avvicinarsi correttamente allo sviluppo del progetto di restauro. Questa considerazione è ancora più pregnante quando si parla di intervenire sui centri storici italiani che si presentano fortemente stratificati, dalle composizioni morfologiche estremamente complesse, ricchi di storia e saturi di tradizioni costruttive oggi in parte dimenticate. Solo con lo sviluppo di una metodologia che preveda un approccio multidisciplinare e con l’ausilio di varie professionalità si riesce a intervenire garantendo sugli edifici storici, ma per estensione anche sulle città che presentano caratteri patrimoniali, il rispetto dei manufatti e la valorizzazione dei tessuti urbani storici. Il volume affronta le diverse problematiche che riguardano la conservazione il restauro e la valorizzazione dei centri storici italiani, presentando un insieme di casi studio con i relativi differenti temi di ricerca, sviluppati negli ultimi dieci anni, che affrontano vari contesti culturali italiani ed europei: partendo dall’analisi di piccoli centri storici (Naso e Ficarra in Sicilia, Acciano in Abruzzo) e documentando con approcci appropriati anche parti di città più grandi come Firenze e L’Aquila, o Valencia e Gerusalemme. Sottolineando quanto sia importante “conoscere per conservare”, quanto studiare la storia di un luogo sia fondamentale per poterlo restaurare, ma soprattutto anche quanto sia importante saper valutare le caratteristiche strutturali e materiche delle tecniche costruttive locali. Nello scorrere i capitoli del presente lavoro si comprende bene come anche gli aspetti morfologici e dimensionali siano la base per sviluppare adeguati percorsi di conoscenza per la salvaguardia della città storica.
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percorsi di conoscenza per la salvaguardia della città storica • giovanni minutoli
Maurizio De Vita
Università degli Studi di Firenze
Città storiche, città antiche, città fragili La fragilità della città antica come della città storica — secondo la distinzione che volle chiarire Roberto Pane — si determina e si misura con l’indagine puntuale delle tante forme di degrado che caratterizzano la loro fisicità molteplice, di quel degrado sempre più profondo, inedito, inascoltato che colpisce soprattutto le città d’arte. Ancor di più quell’indagine ci può spiegare quella fragilità ed i suoi segni quando sappia sottoporsi ad una effettiva comparazione critica di temi e luoghi fra loro solo apparentemente distanti, legati di fatto da forme di sedimentazione della Storia e delle vicende umane, come anche da storie di alterazioni, quasi sempre ancora in atto e che chiedono attenzione culturale, tecnica, operativa. Il restauro, in tutte le sue fasi, è attività eminentemente pluriscalare, mutidisciplinare ed antiprotocollare ponendosi ogni volta, sulla base di principi profondamente e lungamente elaborati, di fronte ai perché dello specifico, ad un da farsi privo di precedenti ma ricco del senso colto della conoscenza scientifica dei luoghi, della molteplicità delle cause e dei problemi del degrado, della complessità dei tessuti storici, delle testimonianze delle esperienze. In ossequio quindi alle specificità disciplinari che compongono analisi ed ipotesi di conservazione della materia dei centri storici e dei centri antichi, in antitesi peraltro rispetto a reiterati specialismi monomaterici non sempre fertili, lo studio esteso e comparato di forme diverse di fragilità in luoghi diversi appare ipotesi di metodo assai convincente. Questo per la dichiarata volontà di capire ed ipotizzare interventi da punti di osservazione scientifica diversi e complementari della stessa materia e delle sue diverse criticità, mettendoli a fianco di altri punti di osservazione di materie e problemi altri e traendone informazioni inedite. Quel carattere pluriscalare della disciplina della conservazione implica il saper guardare e soprattutto vedere al microscopio come a volo d’uccello la scaglia di pietra come il territorio storicizzato, non necessariamente nell’ordine qui esposto, per una visione di ampio respiro dei problemi della materia antica che forma le città e ci racconta la loro storia, anche quella futura.
presentazioni
Luis Palmero Iglesias
Università Politecnica di Valencia
La ciudad histórica, el centro histórico, son dos calificativos que recogen no solo el espacio, lugar y tiempo por el cual paseamos, reconocemos y observamos el punto de partida de un pueblo o ciudad, sino que además, en estos polos históricos, reconocemos algo que se percibe, la identidad y personalidad propia del lugar en cuestión. En el caso que nos ocupa, el autor de forma magistral, los vincula con elementos repetitivos que se identifican entre ellos y refuerzan la idea de correspondencia y de afinidad entre los mismos. A pesar de estar distantes entre ellos, los ejemplos que el libro muestra, afortunadamente, cada uno de ellos con su genius loci particular, son propios de un cuidadoso detalle por aquellos elementos que los distinguen y que, porqué no, también los vinculan. Así pues, el color de los edificios que podemos ver en el centro histórico de Velluters, de la ciudad de Valencia, tienen una lectura paralela con los del barrio de Santa Trinità de Florencia, y a su vez estos dos con los demás descritos. Valencia con su impronta mediterránea, no imita los colores del mar excepto en la franja construida más cercana al mar, (pese a algún caso aislado), sino que dentro de su espíritu ecléctico de ciudad cambiante y permeable se acerca a los planteamientos constructivos europeos, tanto de forma interna como externa, tanto de contenido como de continente. Asimismo, la tipología constructiva, alejada como digo de la cercanía al mar, donde utilizaban los mejores mástiles de las barcas de pesca como vigas maestras en la construcción de forjados, se construye con los elementos propios de lugar, principalmente madera, piedra y cerámica, utilizados estos de manera soberbia según la época de su construcción y el periodo social y arquitectónico vivido, dando soluciones tanto urbanas como constructivas únicas en el mundo, ya sea los edificios históricos de Florencia o la trama urbana de Jerusalem, tan bien documentadas volviendo a repetir los modelos narrados por el autor del libro. Atendiendo a otras cuestiones en la actualidad, los centros históricos de todos los casos tratados necesitan una conservación y mantenimiento, como el caso de Valencia estudiado, pero que no debe limitarse al tratamiento epidérmico y más visible, sino que los focos de atención deben estar dirigidos a una rehabilitación eco-eficiente, sin olvidar el planteamiento normativo y estructural, ya que, como muy bien indica el libro que nos ocupa en casos como la ciudad de L’Aquila un estudio de conservación y mantenimiento integral y durable en el tiempo, debe, además de conservar su identidad y personalidad garantizar tecnológicamente su idoneidad.
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percorsi di conoscenza per la salvaguardia della città storica • giovanni minutoli
Sandro Parriniello
Università degli Studi di Pavia
Il libro descrive numerose azioni di ricerca dove l’autore svolge una riflessione sui sistemi di indagine per l’analisi dei sistemi costruttivi dell’edilizia storica. Il testo riporta numerosi esempi di studio che danno ragione delle attività che l’autore ha condotto negli ultimi 10 anni in collaborazione con i laboratori (in particolare con il laboratorio Congiunto Landscape Survey & Design) dell’Università di Firenze e di Pavia. Filo conduttore la capacità di interpretare le murature storiche, di leggere i degradi e i dissesti per creare strumenti conoscitivi di supporto al progetto. Il rilievo architettonico e il disegno dell’architettura storica diventano la base sulla quale si raccolgono e si declinano puntuali considerazione sullo stato di salute degli edifici e, più in generale, sulla città. Il testo riporta, tra gli approfondimenti, considerazioni svolte a seguito del terremoto a L’Aquila, sia su alcuni aggregati del centro storico del capoluogo abruzzese, sia di alcuni centri minori nei quali sono stati elaborati sistemi di documentazione per il restauro e veri e propri piani di recupero urbano (Bominaco e Acciano). In particolare viene apportata un’analisi critica agli strumenti legislativi per la corretta documentazione del patrimonio e sono presenti interessanti proposte rappresentative per lo sviluppo di apparati documentari necessari ad esporre lo stato dei luoghi. Vengono poi messe a confronto architetture e monumenti presenti sia a Gerusalemme che in Sicilia e a Firenze, comparando sistemi rappresentativi e problematiche costruttive. Il testo, nella sua complessità, permette di apprezzare le modalità operative con le quali è opportuno indagare l’architettura storica fornendo spunti e riflessioni per approfondimenti futuri. Fornisce, grazie al ricco apparato grafico, un chiaro orientamento nelle modalità rappresentative dei degradi e delle meccaniche dei dissesti su apparati urbani complessi, anche tramite il supporto di modelli tridimensionali di sintesi utili per comprendere i cinematismi dei corpi murari e delle strutture interessate dall’indagine. La documentazione e la conoscenza del patrimonio, specialmente se rivolta alla progettazione di interventi di restauro e conservazione, richiede la messa a sistema di numerose conoscenze e numerose pratiche di indagine; il disegno è lo strumento tramite il quale raccogliere queste informazioni, sia durante le fasi di rilievo in campagna, dove l’architetto indaga costruendo e disegnando mentalmente lo spazio e le architetture che lo compongono, sia negli elaborati tecnici, dove la grafica e il disegno ripropongono questa stessa modalità di lettura attraverso segni e simboli dai quale leggere le forme del costruito. Percorsi di conoscenza per la salvaguardia della città storica trasmette con entusiasmo l’attitudine alla ricerca ed alla lettura dello spazio urbano guidando lo studente ed il lettore verso la complessità del reale, la complessità della scienza dell’architettura, elemento centrale del testo al quale queste analisi sono rivolte.
presentazioni
Gian Paolo Olivetti Rason
Presidente della Fondazione Ginevra Olivetti Rason
I Centri Storici cittadini costituiscono la testimonianza vivente della stratificazione storico – architettonica realizzatasi nel corso dei secoli. La ricchezza della tradizione architettonica, tramandatasi nelle varie epoche ed ereditata dalla civiltà moderna, risulta manifesta osservando la varietà compositiva che è data rinvenire sugli edifici più antichi delle città, laddove è possibile scorgere la perfetta armonia intercorrente tra elementi tipici della cultura artistica di epoche diverse. Questo lascito di inestimabile valore non soltanto deve essere raccolto e preservato, ma necessita altresì di essere oggetto di un’indagine conoscitiva riguardante le caratteristiche peculiari degli edifici cittadini storici, il contesto urbano e le particolarità del territorio in cui tale opere si inseriscono, al fine di individuare le soluzioni e gli interventi strutturali e funzionali necessari alla loro salvaguardia. Un siffatto percorso si rende indispensabile anche alla luce delle criticità emerse nel corso degli ultimi anni in relazione alla fragilità edilizia di molti fabbricati, nonché alla vulnerabilità sismica di numerosi centri storici. La tutela dell’immagine della città, lo strumento della pianificazione urbanistica, nonché le opere di valorizzazione e riqualificazione storica, culturale ed artistica del patrimonio monumentale delle città costituiscono, in particolare, aspetti fondamentali all’interno del percorso di preservazione delle ricchezze di cui il nostro Paese dispone. Il presente volume rappresenta la sintesi del percorso di indagine avente ad oggetto una pluralità di centri storici dell’area mediterranea, nonché l’analisi delle problematiche correlate alla salvaguardia della realtà storica cittadina, quale tradizionale luogo di aggregazione della popolazione urbana. La Fondazione Ginevra Olivetti Rason, quale ente non-profit attivamente dedito al supporto e alla promozione di tutte le iniziative private o istituzionali legate alla cultura, alla ricerca scientifica e alla formazione, ha voluto contribuire alla realizzazione della presente opera in quanto esplorazione scientifica, culturale ed artistica di pregevole valore di territori dell’area mediterranea ricchi di tradizione e storia, redatta dal Prof. Arch. Giovanni Minutoli. La Fondazione si auspica altresì che il volume, arricchito dalla eccellente professionalità dell’Arch. Minutoli, e grazie alla profondità di indagine da quest’ultimo condotta, possa porsi come concreto fattore di stimolo nell’ottica di una rinnovata attenzione al patrimonio storico italiano e straniero, alle ricchezze monumentali che ne fanno parte e all’esigenza di adottare misure di sicurezza adeguate a seconda delle peculiarità dell’area oggetto di indagine.
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prefazione Stefano Bertocci
Università degli Studi di Firenze
Sul finire dell’Ottocento in una Germania pervasa della cultura idealista Camillo Sitte, architetto e urbanista, scrive un testo fondamentale per l’Europa intera (Sitte C. 1889, L’arte di costruire le città. L’urbanistica secondo i suoi fondamenti artistici) che diventerà la base culturale che porterà al concetto di tutela dei centri storici adoperato oggi in Europa e più ampiamente in tutto il mondo occidentale. Gustavo Giovannoni, facilitato dalla conoscenza del tedesco, è tra i primi in Italia a leggere questo libro e, seguendo le idee di Sitte, sviluppò una propria linea sulle teorie della conservazione con circa venticinque anni di anticipo rispetto al mondo accademico e culturale dell’Italia Umbertina. L’opera di Sitte sarà tradotta in italiano solo nel secondo dopoguerra e con il titolo L’arte di costruire le città quando già molte delle normative sulla tutela del patrimonio culturale e del paesaggio erano diventate leggi dello stato. L’architetto tedesco inserisce una tesi originale sulla pianificazione urbana asserendo che essa non è solo un atto tecnico ma deve valutare i valori artistici della città nella sua interezza, e non nella ‘solitudine’ dei suoi monumenti principali, in quanto tutto il contesto urbano è testimonianza della cultura di un popolo e rappresentazione di bellezza in grado di divenire opera d’arte. Giovannoni da sempre uomo di grande lungimiranza culturale riesce a comprendere e a far proprio l’humus culturale di una Germania estremamente moderna e progressista e a calare sul sistema Italia, con l’ausilio del Ministro Giuseppe Bottai, un sistema di leggi che tutelino ‘il bel paese’. Il lavoro di seguito esposto parte da queste semplici ma pregnanti considerazioni in cui un centro storico va valutato come un unicum fatto di architetture, valutate nel loro insieme e non soltanto per l’unicità dei monumenti, di abitanti e di consuetudini. L’autore non dà risposte a singoli problemi ma propone metodologie e modelli di approccio che permettano a tecnici e non di comprendere come intervenire sulle nostre città storiche. Il volume raccoglie le esperienze sviluppate all’interno di un gruppo di ricerca multidisciplinare che da circa un decennio si occupa di tutela e valorizzazione dei centri storici affrontando varie tematiche e cercando di comprendere tutti gli aspetti ‘culturali’ che una città può offrire.
introduzione Giovanni Minutoli
Università degli Studi di Firenze
Questo volume raccoglie l‘attività di ricerca sviluppata negli ultimi dieci anni all’interno di gruppi di studio che hanno valutato interdisciplinariamente le problematicità e le singolarità dei centri storici in diverse zone dell’Italia e del bacino del Mediterraneo. Si sono analizzati i molteplici aspetti che contraddistinguono i diversi centri partendo dall’analisi delle superfici e della geometria delle forme per poi arrivare a valutare le tecniche costruttive e le problematiche strutturali dei singoli edifici e degli aggregati in cui si trovano, nella consapevolezza che edifici e aggregati sono organi fondamentali dell’organismo centro storico e che dalla relazione dei singoli elementi nasce la capacità di un centro storico di comportarsi come un insieme omogeneo dotato di unitarietà dell’immagine ma anche e soprattutto di connessioni strutturali per la salvaguardia degli edifici e dei loro abitanti. Ogni singolo centro urbano è da valutarsi come un’unicum e nel suo essere unico non vanno stabilite ‘ricette’ generali idonee a tutti i contesti; queste esperienze hanno evidenziato la necessità di individuare protocolli di approccio al problema che creino specifici “percorsi di conoscenza per la salvaguardia della città storica” e che riescano a far emergere tutte le peculiarità formali e strutturali necessarie a creare degli strumenti di salvaguardia e tutela del centro oggetto di analisi. Alla luce di queste considerazioni risulta indispensabile che i centri storici diventino punti di confronto per specialisti di varie discipline senza ‘presunzioni’ di primogeniture o di superiorità. I centri storici devono tornare a essere, anche dal punto di vista del confronto scientifico, luogo di aggregazione e di incontro culturale essendo questi un elemento inscindibile della cultura europea-mediterranea. I centri analizzati all’interno del volume sono geograficamente distanti tra di loro e dimensionalmente diversi: Naso e Ficarra piccoli ma significativi comuni della provincia di Messina; Firenze capitale del Rinascimento e città famosa nel mondo per essere uno scrigno d’arte; L’Aquila importante città dagli antichi natali devastata dal sisma del 2009; Acciano piccolo comune dell’entroterra abruzzese, composto da cinque centri storici distinti, anch’esso nel cratere del sisma del 2009; Poppi antico e considerevole comune del Casentino legato storicamente ai conti Guidi. Il volume riporta Inoltre i primi risultati, parziali, di altri due casi studio ancora in corso di analisi e valutazioni: Valencia rilevante porto del mediterraneo e città fortemente stratificata e Gerusalemme città simbolo mediorientale e culla delle tre religioni monoteiste. I temi affrontati nel libro spaziano dalle problematiche legate alla tutela e alla valorizzazione dell’immagine della città, all’analisi strutturale dell’edificato fino ad arrivare alla pianificazione tramite la redazione di strumenti urbanistici per la tutela e la valorizzazione. L’eterogeneità delle tematiche affrontate è dovuta alla consapevolezza che spesso si tende a valutare i singoli problemi senza comprenderne gli aspetti generali d’insieme: di frequente le tematiche legate all’immagine nascondono quelle fragilità strutturali che i nostri centri storici hanno e viceversa. In questo modo risulta poco comprensibile, ai politici e ai non addetti ai lavori, l’importanza della redazione di un piano di recupero del patrimonio dei centri urbani che valuti, si l’immagine, ma anche la messa in sicurezza e ne garantisca la sopravvivenza agli eventi sismici.
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superfici e colori nel restauro della cittá antica
Nella storia dell’architettura o per meglio dire nella storia dell’interpretazione stilistica dell’architettura si è spesso mal interpretato il dualismo forma-composizione con colore. Nonostante gli archeologi, gli storici e gli architetti del Settecento, che seguivano gli scavi archeologici sparsi su tutto il territorio italiano, rinvenissero rovine architettoniche variamente colorate il messaggio che essi stessi tramandavano ai posteri era quello di scoprire città bicrome in cui forma e composizione costituivano l’essenza fondamentale dell’architettura antica. In un certo senso sembrava come se il monocromo delle stampe e delle incisioni utilizzate per divulgare le nuove scoperte archeologiche impedisse agli autori di comunicare che tutte queste rovine fossero invece riccamente variopinte. Sul finire del Settecento si andava delineando un quadro archeologico italiano e Mediterraneo abbastanza completo, infatti è proprio in questo secolo che vengono scoperte, o per meglio dire riscoperte in Italia, le città romane di Ercolano e Pompei, decine di città della Magna Grecia e della Sicilia, vari siti archeologici della Toscana etrusca. Nel contempo lungo il bacino del Mediterraneo inglesi e francesi, ma anche italiani, riscoprono le tracce in Egitto e in Grecia di quelle civiltà che hanno costituito le matrici fondamentali della formazione di quella che è chiamata ‘cultura occidentale’. In tutte queste campagne di scavo emergeva un fattore comune alle diverse popolazioni: la policromia dei loro manufatti ma anche delle loro architetture. Nonostante che gli archeologi, gli storici e gli architetti del Settecento, che seguivano gli scavi archeologici, abbiano rinvenuto rovine architettoniche variamente colorate, il messaggio che essi stessi tramandavano ai posteri attraverso i coevi strumenti di pubblicizzazione, era costituito da immagini di rovine e città bicrome o comunque prive di forti caratterizzazioni cromatiche: forma e composizione erano secondo loro l’essenza fondamentale dell’architettura antica. Sembra che il monocromo delle stampe e delle incisioni dell’epoca utilizzate per divulgare al grande pubblico le nuove scoperte archeologiche impedisse di comunicare il colore ed il fatto che tutte queste rovine fossero comunque variopinte. Il ritrovamento di città classiche e pre-classiche ravvivò, come era già successo nel quattrocento con il rinnovato interesse per le rovine romane e le primitive prospezioni archeologiche che guidarono alla scoperta della domus aurea, l’interesse degli architetti per le architetture antiche portandoli alla definizione di linguaggi architettonici che in qualche modo si rifacevano ai tradizionali linguaggi dell’architettura classica. In entrambi i casi è evidente la scelta di non privilegiare l’aspetto cromatico, teorizzando e costruendo architetture in cui l’uso del colore era molto limitato, alla ricerca di una ‘purezza’ ideale che, nei fatti, non appartiene all’architettura primigenia.
pagina a fronte Valencia, piazza di Santa Maria e Fontana di Rio Turia.
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percorsi di conoscenza per la salvaguardia della città storica • giovanni minutoli
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Agrigento, Tempio della Concordia prima del restauro (a sinistra); teli a protezione del ponteggio (al centro) a riproporre la policromia dell’edificio, dopo il restauro, illuminato con i colori del tricolore italiano (a destra).
Ogni epoca ha i propri colori. Analizzando le rappresentazioni pittoriche di paesaggi urbani e città in numerosi dipinti medievali o rinascimentali si riscontrano spesso fronti strada variopinti a caratterizzare tutto l’intero centro urbano. Se in epoca rinascimentale l’uso dei colori appare ridotto a favore dell’utilizzo delle superfici nude dei materiali, pietra, marmi o intonaci, con il Manierismo e il Barocco riemergono, si materializzano e si imitano colori e forme, come accade ad esempio nelle caratteristiche facciate decorate con sobri graffiti o con policromi dipinti. Il rinnovamento Barocco delle grandi capitali europee come ad esempio Vienna o San Pietroburgo arricchiva il panorama culturale e architettonico di queste città con edifici colorati e con tinte che andavano dal verde acqua al blu. Un nuovo valore al concetto di città e di colori viene sviluppato all’inizio del Novecento con gli interventi liberty e decò, le facciate dei palazzi si vestono di nuovi motivi decorativi caratterizzando uno stile che oltre alla composizione dei fronti strada valuta, come elemento distintivo, anche il colore. In epoca ancora più recente il colore diventa elemento caratterizzante di una forma culturale vedi ad esempio a Londra il quartiere di Camden Town. Alle considerazioni relative agli stili o alle mode si devono aggiungere anche quelle relative ai luoghi dove emergono in caratteri distintivi dell’architettura vernacolare: se si valutano i borghi marinari della Liguria o della Campania, l’isola di Burano a Venezia o le isolette di Amsterdam si nota come l’uso del colore è invece fortemente caratterizzante e distintivo. A Burano i colori degli immobili servivano ad individuare le diverse proprietà come in un catasto in epoca moderna1. Quando il termine colore è accostato a quello di città spesso si mette in relazione con i ‘piani colore’, una serie di strumenti urbanistici che negli ultimi decenni sono stati spesso visti come una sorta di piani o progetti di riqualificazione urbana, come se queste due terminologie indicassero il medesimo tipo di intervento. In realtà il piano del colore ha quasi esclusivamente il fine di riconfigurare con congrui strumenti l’aspetto urbano di un quartiere o di una cittadina con l’obiettivo di ricostituire un aspetto unitario del sistema urbano. Questa tipologia d’intervento risulta, a mio parere, in buona parte arbitraria, anche se supportata da una buona ricerca storica che giustifichi le indicazioni date ai privati per la tinteggiatura dei fronti delle loro abitazioni: la scelta del colore rimane sempre una scelta di progetto. Nei nostri edifici storici è facile trovare la sovrapposizione di diverse coloriture, dovute spesso ad un inDillon A. 1959, Architettura e colore, in Atti del X Congresso di Storia dell’Architettura (Torino 8-15 settembre 1957), Centro Studi per la Storia dell’Architettura, Roma, pp. 29-36; Brandi C. 1960, Segno e immagine, Milano; Portoghesi P. 1980, Colore e città, «Domus», a. LIII; Spagnesi G. (direzione scientifica di) 1988, Il colore della città, Roma; Miarielli Mariani G. 1995, Coloriture urbane: omologazione fra uniformità e dissonanze, «ANATH K. Cultura, Storia e Tecniche della Conservazione», a. III; Colombo L. 1995, Il colore degli antichi, Fiesole.
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Arezzo la città dipinta in uno dei riquadri della bassilica superiore di Assisi.
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Arezzo la città oggi.
seguimento delle tendenze della moda del momento. È ovvio che la scelta del periodo o dei periodi di riferimento per il piano colore dovrebbe rientrare in un quadro di progetto complessivo che non si occupi solo dell’aspetto cromatico ma che preveda anche uno studio complessivo dell’edificio, lasciando al progettista e agli enti di tutela una concertazione che valuti l’immobile sia nella sua singolarità che il contesto nel quale si trova2. Se si valuta il centro storico di Firenze, l’idea preconcetta che il turista ha percorrendola è quella di una città medievale-rinascimentale; in realtà gli assi principali frequentati dai visitatori, e cioè via Calzaioli e via Strozzi, sono il frutto di un imponente intervento ottocentesco durante il quale la città venne riadattata alle necessità e al gusto dell’epoca, nella ricerca di un’idea di Rinascimento mai ancora esistita. I lavori per Firenze capitale non hanno trattato la città come un insieme che nella sua organicità è monumento, ma come insieme di singoli monumenti, il Duomo, Palazzo Vecchio, palazzo Strozzi, ecc. come se questi per esistere non necessitino del ‘tessuto minore’ connettivo. La produzione pittorica fra trecento e quattrocento documenta la città contemporanea, con facciate disordinate e prive di simmetrie, strade con pavimentazione in terra battuta e con assi non rettilinei ben lontana dall’immagine della ‘città ideale’ tanto cara agli studiosi di rinascimento. La Firenze rinascimentale è rappresentata in molti dipinti antichi tra i quali è importante ricordare il riquadro centrale dell’affresco del Ghirlandaio nella cappella Sassetti in Santa Trinita dove si vede una rappresentazione quattrocentesca della piazza antistante; palazzo Spini Feroni, dipinto in secondo piano, risulta diverso da come è attualmente, in ‘stile medievale’, il suo aspetto è disomogeneo e stratificato a differenza di come ci appare oggi. Uno scorcio di città è presente nella cappella Brancacci nella chiesa del Carmine, dove brani di architetture del quattrocento con intense coloriture (probabilmente scorci della Firenze dell’epoca) fanno da sfondo alle scene bibliche. Un altro esempio significativo è riscontrabile in palazzo Alberti al ponte alle Grazie: il restauro dell’edificio realizzato nell’Ottocento ci restituisce
2 Marotta A. 1999, Policroma. Dalle teorie comparate al progetto del colore, Torino; Di Napoli G. 2006, Il colore dipinto. Teorie, percezione e tecniche, Torino; Centauro G.A. (a cura di) 2008, Tecnologie e conservazione degli apparati pittorici e del colore nell’edilizia storica, Firenze; Centauro G.A., Chiesi D., Grandin C.N. 2011, Centro storico di Firennze metodologie ed applicazioni di restauro nella manutenzione dei fronti edilizi urbani, Poggibonsi; Centauro G.A., Grandin G.N. 2013, Restauro del colore in Architettura, Firenze.
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Firenze Cappella Brancacci, Masaccio (a sinistra) Cappella Sassetti, Ghirlandaio (a destra). Viste di urbano di epoca medievale-rinascimentale.
l’idea di un edificio unitario e pienamente rinascimentale. Il progettista, volendo lasciare memoria dello stato in cui trovò l’edificio prima del restauro e di come lui supponesse fosse nel Quattrocento, posa sulla facciata principale, mimetizzate tra le bugne, due lapidi in cui si vedono le due diverse fasi costruttive dell’edificio. Quella quattrocentesca e quella antecedente all’intervento (Scheda 1). Lo stesso fenomeno, la ricomposizione di un’immagine unitaria del monumento, è riscontrabile in molte, forse in tutte le città storiche dove copie e rifacimenti ‘in stile’ tentano di ridefinire immagini oramai perdute. Ad Assisi, per esempio, la ‘moda medievale’ cancella gli intonaci a favore delle murature a vista. Anche in questo caso si è alla ricerca di una idea di città medievale forse mai esistita come tale. Quanto sia effimero il concetto del colore è dimostrato in palazzo Serristori sull’omonimo lungarno fiorentino dove, fino a prima del restauro, si notavano alcuni fronti rossi e altri bianchi e grigi a denotare interventi avvenuti in epoche diverse e seguendo ‘mode’ diverse. In realtà nel centro storico di Firenze si possono trovare ancora alcuni brani di città antica che conservano i tratti caratteristici del rinascimento: via Borgo SS. Apostoli, via delle Terme, via San Niccolò, vie che non hanno subito opere di riassetto urbano della viabilità anche se i fronti degli edifici si presentano con cromie tenui tipiche dell’Ottocento. Sparsi lungo il centro storico si trovano anche esempi di edifici in cui i recenti restauri hanno messo in luce le cromie originali dei fronti; si citano come esempi significativi un edifico dall’impianto rococò in Borgo Tegolaio con finitura verde-azzurra, palazzo Capponi delle Rovinate in lungarno Torrigiani, color rosso mattone. È interessante notare come l’uso del colore e della decorazione pittorica spesso e utilizzato per accentuare l’aspetto simmetrico e ordinato dei fronti. Non è difficile da rintracciare sulle facciate degli edifici della città, finte finestre e finte aperture che, probabilmente realizzate con sapienti inganni prospettici, illudono l’osservatore facendo percepire una composizione dei prospetti omogenea e proporzionata. È importante comprendere quanto sia difficile scegliere i colori e accettare che comunque qualsiasi scelta progettuale si prenda essa è per sua natura costituisce una scelta soggettiva quindi tanto più opinabile se non supportata da un’idea di città generale che valuti tutti gli aspetti del nuovo progetto di riqualificazione3. La scelta del colore cambia sostanzialmente la lettura del fruitore dell’immobile ed è molto Romeo E. 2007, Gli esiti dei piani del colore in Piemonte: centri storici tra abbellimenti e grandi eventi, in M. Giambruno (a cura di), Per una storia del restauro urbano. Piani strumenti e progetti per i centri storici, Novara, pp. 259-268; Muratore O. 2008, Il colore della città storica, in Calogero Bellanca (a cura di), Una didattica per il restauro, Roma, pp. 15-22; Romeo E. 2016, Valore di novità e valore d’antichità. Sul restauro di alcuni centri urbani piemontesi, in E. Morezzi, E. Romeo (a cura di), Che almeno ne resti il ricordo. Memoria, evocazione, conservazione dei beni architettonici e paesaggistici, Ariccia (RM), pp. 121-128, De Vita M. 2015, Architetture nel tempo. Dialoghi della materia nel restauro, Firenze, pp. 63-68, 137-148.
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Firenze, via Maggio, palazzo Dami lo scalone di accesso al primo piano (in alto); il pianerottolo dipinto a quadrature (in basso).
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interessante notare come questo può dare unitarietà o disomogeneità. Nel caso di palazzo Medici Soderini, sul Lungarno Guicciardini a Firenze, un immobile con apparato compositivo continuo appare diviso in due edifici in quanto una parte del palazzo è stata ridipinta utilizzando il bianco e diversi toni di grigio mentre l’altra parte, non restaura, è sui toni dell’ocra (Scheda 2). Da ricordare, sempre in ambito fiorentino, la figura di Galileo Chini che porta sui fronti della austera Firenze post-unitaria le cromie e gli apparati decorativi di un modo fantastico fatto di putti e racemi, di animali e alberi a sovvertire gli ordini della cultura predominante di inizio secolo. Dello stesso periodo è anche il villino Uzielli, in piazza Massimo d’Azeglio, costruito tra il 1902 e il 1904 per Paolo Uzielli da Paolo Emilio Andrè (genero di Adolfo Coppedè). Questo edificio presenta nella parte basamentale balconi in pietra serena, mentre la parte decorata plasticamente a motivi fitomorfi è in pietra artificiale, la parte dipinta della trabeazione al primo ordine è a tralci di vegetazione mentre quella al terzo ordine è a colombe stilizzate. Tutti i diversi materiali e le diverse tecniche sono raccordati da un paramento a
Firenze, via Borgo Tegolaio edificio verde acqua restaurato riproducendo il colore settecentesco (a sinistra); restauro virtuale dello stesso fronte proponendo i colori predominanti della città (a destra). Si noti come nel fronte a sinistra le modanature e i decori si integrano con il colore dando l’idea di un apparato omogeneo.
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Firenze, via Maggio, palazzo Dami il cortile prima del restauro (a sinistra) dipinto di bianco e grigio; il cortile dopo il restauro (a destra) i grasselli restaurati danno all’ambiente un color avorio antico.
intonaco attualmente di colore ocra ma dai saggi il colore predominante risulta il grigio pietra serena. Al termine del restauro l’immagine del palazzo è sostanzialmente cambiata, le volumetrie hanno ritrovato nuovamente quell’aspetto tridimensionale, dovuto alla decorazione plastica e agli elementi architettonici, che aveva originariamente (Scheda 3). A questi si aggiungono i fronti decorati a grafiti dell’edificio in angolo tra via dei Coverelli e via Santo Spirito, del palazzo Corsini Suarez in via Maggio, del palazzo Ramirez di Montalvo, per citarne solo alcuni, o ancora quelli dipinti come l’edificio in angolo tra via dei Benci e piazza Santa Croce, palazzo dell’Antella in piazza Santa Croce. Sempre grafito risultano diversi cortili tra i quali quello di Palazzo Pepi nell’omonima via, dove i recenti restauri hanno fatto riemergere gli apparti decorativi quattro-cinquecenteschi. I cortili rappresentavano e costituiscono tutt’oggi il collegamento tra la parte pubblica e la parte privata dell’abitazione, per questo svolgevano fondamentalmente un’importante funzione di rappresentanza che veniva sottolineata da accortezze architettoniche e decorative strategiche (Scheda 4). Non vanno dimenticati gli intonaci a grassello; questi spesso non vengono restaurati in quanto ritenuti non pregiati, invece nell’idea di un recupero della città che valuti non solo il colore ma anche la tecnica e la qualità dei materiali questi risultano invece importanti superfici da recuperare e restaurare. In questa ottica sono stati svolti i lavori di restauro del piano terra, una volta grande loggia esterna, di palazzo Stiozzi Ridolfi in via Fiesolana e del cortile di palazzo Dami in via Maggio: in quest’ultimo caso gli intonaci a grassello del cortile e del vano scale aperto si relazionano con un interessante apparato pittorico dipinto a quadratura. Bisogna valutare gli intonaci non come mera pellicola del manufatto architettonico ma come elemento fondamentale per la vita dell’immobile. Gli intonaci proteggono le murature dell’edificio dagli agenti atmosferici in molti casi non è solo sbagliato rimuoverli, per le sopra citate considerazioni filologiche, ma è soprattutto dannoso per la tenuta dell’edificio stesso. Questa tipologia di intonaci interagisce anche con la vivibilità degli ambienti interni, infatti la capacità di un intonaco di far ‘respirare’ l’edificio evita svariate tipologie di muffe e il cosiddetto inquinamento indoor. Mantenere e ritrovare i colori è fondamentale così come mantenere e ritrovare gli intonaci ripristinando un equilibrio che con
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a sinistra Palazzo degli Alberti e portone d’ingresso. a destra Targa con ricostruzione al 1400, targa con stato di fatto al 1849, dettaglio bifora.
Scheda 1 | Palazzo degli Alberti, via de’ Benci, 1 La facciata su via de’ Benci 1 (che determina anche la cantonata sul lungarno Armando Diaz) mostra
Note biobliografiche:
nove assi per tre alti piani ed è in stile neorinascimentale con bugnato e un grande portale d’ingresso.
Bigazzi F. 1886, Iscrizioni e memorie della città di Firenze, Firenze, pp. 199-200.
nel realizzarla l’architetto Oreste Razzi “ridusse tutto l’insieme allo stile fiorentino del Quattrocento, fondendo i vari stili architettonici di Michelozzo, di Giuliano da Maiano”. Sul portone la scritta “Case di Leon Battista Alberti”, la identifica ora come luogo natale del grande architetto, ora come luogo della sua morte: nei primi decenni del Novecento, sempre con tale spirito, era esposta ai piedi dello scalone e segnalata dalle guide una statua moderna raffigurante l’Alberti. Ai lati dello stesso portone sono due targhe in marmo incise, recanti quella a sinistra il prospetto del palazzo al 1849, cioè prima dell’intervento definitivo di unificazione del fronte, quella a destra l’ipotetica situazione originaria, all’anno 1400. Ambedue le memorie sono firmate da Oreste Razzi. Dal lato del lungarno, sull’ingresso al giardino, è uno scudo in marmo partito con l’arme degli Alberti (d’azzurro) e dei Mori Ubaldini (scaccato d’argento e di nero).
Fantozzi F. 1842, Pianta geometrica della città di Firenze, Firenze, p. 163, n. 12. Fantozzi F. 1843, Pianta geometrica della città di Firenze, Firenze, p. 139, n. 310. Garneri A. 1924, Firenze e dintorni in giro con un artista, Firenze, p. 146, n. XXIV. Ginori Lisci L. 1972, I palazzi di Firenze nella storia dell’arte, Firenze, pp. 617-620.
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Fotopiano dopo il restauro della facciata.
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Vista prima dell’intervento sulla facciata.
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Unico palazzo con asse di simmetria centrale (in alto). Divisione del fronte in tre palazzi, tre rispettivi assi di simmetria (in basso).
Scheda 2 | Palazzo Medici-Soderini, Lungarno Guicciardini, 19-21 Note biobliografiche: Bargellini P., Guarneri E. 19771978, Le strade di Firenze, Firenze, I, p. 89. Formigli G. 1849, Guida per la città di Firenze e i suoi contorni, Firenze, p. 199. Garneri A. 1924, Firenze e dintroni in giro con un artista, Firenze, p. 299, n. XXVI. Zocchi G. 1744, Scelta di XXIV vedute delle principali Contrade, Piazze, Chiese e Palazzi della Città di Firenze, Firenze 1744, tav. VII (Firenze 1828, p. 199).
Il palazzo fu edificato ai primi del Seicento da un ramo della famiglia Medici nel luogo dove sorgevano antiche case dei Soderini, dei di Nello e di altri. Ulteriormente modificato attorno al 1765, fu acquistato nel 1802 dal possidente e locandiere Antonio Schneiderff che, dal 1805, lo destinò ad uso di locanda ingrandendolo progressivamente con l’acquisizione di ulteriori immobili limitrofi. Il palazzo divenne, nella prima metà dell’Ottocento, uno dei più accreditati hotel fiorentini. Passato di proprietà ai Clark Molini e quindi alla famiglia Barbensi mantenne la destinazione di albergo ancora nei primi decenni del Novecento (Albergo Clark Molini Barbensi) per diventare successivamente sede dell’Unione Provinciale dei Sindacati Fascisti dell’Industria. Il fronte che guarda al lungarno è complesso e relativamente leggibile come unitario a causa delle diverse tinteggiature delle varie porzioni. Nell’insieme si tratta comunque di una fabbrica di tre piani, più un corpo in soprelevazione, articolata per ben diciassette assi. Sull’asse centrale del fronte e nella porzione a sinistra sono collocati due scudi che recano l’arme degli Schneiderff.
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Fotopiano. Stato di fatto e restauro virtuale.
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Degrado ornamento arco, degrado muratura, degrado parapetto, degrado ornamento, timpano dipinto, dettagli graffito, trave dipinta, mensola dipinta, particolare tetto.
Scheda 3 | Villino Uzielli, Piazza Massimo d’Azeglio 38-39 L’edificio occupa l’area di quella che è stata una delle prime costruzioni realizzate nella zona. Qui, in-
Note bibliografiche:
fatti, sorgeva il teatro Principe Umberto, eretto su progetto dell’ingegner Gustavo Mariani e inaugura-
Bargellini P., Guarnieri E. 19771978, Le strade di Firenze, Firenze, I, p. 296.
to nel luglio del 1869. L’edificio andò distrutto in un violento incendio sviluppatosi nel 1889. Il villino fu eretto dall’architetto Paolo Emilio André tra il 1902 e il 1904 su committenza di Paolo Uzielli, e presenta una originale commistione di elementi propri del linguaggio Jugendstil con altri recuperati dalla tradizione neo rinascimentale. L’attuale stato di conservazione della facciata non restituisce più la policromia offerta dagli inserti dipinti con elementi floreali al primo e all’ultimo piano. Da segnalare inoltre l’uso combinato di pietra naturale arenaria e di pietra artificiale modellata in situ, a determinare il complesso apparato decorativo. Al corpo di fabbrica principale si affiancano due stretti corpi laterali con i portoni architravati. Questi corpi sono coperti a terrazza e originariamente si elevavano fino all’altezza del primo piano: una successiva soprelevazione su progetto dell’ingegnere Enrico Carcasson (1910) portò il volume di sinistra al livello del secondo piano. Tra il 1929 e il 1932 sono documentati ulteriori lavori di restauro e ampliamento su progetto dell’architetto Gherardo Bosio.
Cozzi M., Carapelli G. 1993, Edilizia in Toscana nel primo novecento, Firenze, pp. 107, 122. Fanelli G. 1973, Firenze architettura e città, 2 voll. (I, Testo; II, Atlante), Firenze, p. 441.
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Fotopiano stato attuale e particolare cortile (in alto) Restauro virtuale e fotopiano stato attuale (in basso).
Scheda 4 | Palazzo Pepi, Via dei Pepi 9 Note bibliografiche:
Il palazzo risale agli inizi del Quattrocento e risulta ingrandito tra il 1441 e il 1553 grazie all’acquisto di
Bargellini P., Guarneri E. 19771978, Le strade di Firenze, 4 voll., Firenze, III, 1978, p. 54.
alcune case confinanti, alcune delle quali di proprietà della famiglia Bonfanti. Nei secoli passò di pro-
Bulli V. 1850, Nuova guida della città di Firenze ossia descrizione di tutte le cose che vi si trovano degne d’osservazione, con piante e vedute, ultima edizione compilata da Giuseppe Francois, Firenze, p. 414.
Pepi, che aveva ormai assunto grande rilievo nella vita sociale della città. Questi, pur salvaguardando
Fanelli G. 1973, Firenze architettura e città, 2 voll. (I, Testo; II, Atlante) Firenze, II, p. 55 fig. 306, p. 103 fig. 567.
prietà a varie famiglie, tra le quali i Serragli, gli Strozzi e i Pucci, fino a pervenire nel 1653 alla famiglia molti elementi, provvidero a vari lavori fino a conferire all’edificio l’aspetto attuale. Oltrepassato il portone e superato l’ampio androne, l’edificio si mostra articolato attorno ad un cortile interno, con una ricchissima decorazione a graffito. Il programma decorativo dei graffiti fu realizzato verso il 1570 ed occupa la parete in tutta la sua larghezza al di sopra di alcuni archi appena in rilievo per un totale di circa due terzi di superficie disponibile. La rappresentazione si compone di elementi vegetali e creature fantastiche, in una griglia modulare schematizzabile in quattro aree principali.
Scheda 5 | Valencia
Valencia sin dal periodo romano è uno dei più importanti porti del mediterraneo; la città presen-
Note bibliografiche:
ta tutte quelle stratificazioni culturali tipiche delle città antiche. Nel centro storico si trovano an-
Garcia A., Llopis J., Marsia J.V., Torres A., Villaplana R. 1995, El color en el centro Històrico: Arquitectura històrica y color en el Barrio del Carmen de Valencia, Valencia.
cora residui di architetture romane, arabe, medievali, rinascimentali, barocche ed eclettiche; stili che dialogano e si integrano facendo delle differenze il loro punto di forza. In città come Valencia il tema delle superfici e dei colori trova un contesto eterogeneo che mal si adatta alla rigidezza degli schematismi che normalmente si generano con l’utilizzo delle schede cromatiche. Il tema del colore per la città di Valencia è stato affrontato in seguito allo studio realizzatosi nel 1994 sul barrio del Carmen e nel 2000 sul barrio de Vellute; entrambi gli studi individuano le cromie principali dei due quartiero e valutano il colore come la “relaciòn estrecha entre el color y la arquitectura, se evidencian y subrayan los valores espaciales de la misma, dotàndolos de una estètica especìfica y articulada al proprio lenguaje arquitectònico, constituyendode esta manera, un legado que trasmite los valores especìficos del territorio y, en este sentido, trasciende su valor estetico para adentrarse ya en los aspectos antropològicos y, desde ese paràmetro, su recuperaciòn como tal viene a convertirse en la recuperaciòn de su indudable valor cultural y patrimonial” (Garcia et al., 2000, p. 3). Le analisi svolte evidenziano come i due quartieri sono frutto di un continuo sommarsi di architetture di periodi diversi con cromie diverse dettate dalla moda e dalle funzioni. In questa ottica il colore è diventato per Valencia un punto di incontro e confronto per evitare di uniformare la città anche quando interventi di sostituzione edilizia modifichino le volumetrie e l’immagine dei luoghi un palinsesto omogeneo di edifici indistinguibili.
Garcia A., Llopis J., Marsia J.V., Torres A., Villaplana R. 2000, El color en el Barrio de Velluters, Valencia.
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il tempo è sempre più compromesso. Molti enti di ricerca sia pubblici che privati hanno concentrato le loro energie nella ricerca delle coloriture storiche degli edifici di moltissime città italiane; il risultato ha portato alla realizzazione di colori per il restauro in una sorta ripartizione regionale o territoriale. L’utilizzo acritico di questi colori ha causato spesso la realizzazione di interventi incoerenti con l’organismo edilizio a cui appartengono; nella maggior parte dei casi l’uso di intonaci premiscelati, stesi con l’ausilio di macchinari, ha fatto virare i colori originali facendo assumere alla superficie parietale un aspetto improprio ed innaturale. A questa considerazione si aggiunge quella in merito agli inerti che sono spesso cavati in contesti geografici diversi da quelli in cui i materiali vengono messi in opera: questo fatto contribuisce a modificare l’aspetto finale dell’opera e del colore che si vuole ottenere. Le diverse composizioni degli intonaci antichi, rispetto ai moderni preparati, ha fortemente modificato la percezione dei colori. È diventata una consuetudine delle imprese sul mercato quella di intonacare i fronti con materiali prevalentemente bianchi o grigi e, solo in una seconda fase, stendere soltanto l’ultimo strato o addirittura solo la pellicola finale del colore prescelto. Questo tipo di operazione porta ad un deperimento dello strato del colore molto più veloce rispetto a quando il pigmento è invece miscelato con l’impasto dell’intonaco. Da queste poche considerazioni si capisce che il piano colore — quando effettivamente tratti solo degli aspetti cromatici — non è altro che un piano particolareggiato che deve trovare il suo compimento attraverso tutte quelle analisi diagnostiche preliminari e quella conoscenza dell’edificio e del contesto in cui si lavora che trasformi ogni edificio in un unicum, valutando non solo il colore ma anche tutte quelle forme di degrado antropico (fili dei servizi a rete e delle utenze, cartellonistiche, segnaletica, ecc.) che danno luogo alla percezione finale. Piero Roselli individua come obiettivo del restauro urbano “quello di conservare i caratteri architettonici, spaziali e ambientali che ci sono in un determinato centro e che hanno conferito al centro stesso una precisa connotazione e una fisionomia che lo fa distinguere da ogni altro centro, tenendo però nel debito conto che esso non è costituito esclusivamente da monumenti e che non si può e non si deve far diventare monumento ogni singolo elemento che ne costituisce la struttura”4. È evidente che non bisogna impedire, con norme particolarmente restrittive, l’adeguamento del tessuto urbano e delle architetture che lo compongono alle mutevoli esigenze d’uso; questo aspetto risulterebbe negativo per lo sviluppo di un qualsiasi centro urbano che il piano di recupero si proponesse come strumenti per congelare l’esistente. Il vero obbiettivo del piano di riqualificazione urbana è quello di diventare il mezzo per pagina a fronte Sesto Fiorentino, Tabernacolo dei Logi restauro del fronte e degli apparati decorativi presenti sul fronte, a sinistra la sinopia dell’Arcangelo Gabriele unica parte superstite dell’Annunciazione realizzata da Francesco di Michele, allievo di Agnolo Gaddi.
adeguare i tessuti storici alle esigenze della contemporaneità, stabilendo con il passato un legame che sia segno di continuità. Rimane inoltre fondamentale l’esigenza di non trasformare i piani di recupero in una mera operazione di make-up con al centro il piano del colore, limitando la sua azione esclusivamente all’aspetto cromatico e/o a progetti di arredo urbano. 4 Roselli P. 1991, Restaurare la città oggi, Firenze, pp. 11; Roselli P., Pacchiarini A. (a cura di) 1993, Dieci di anni di recupero in Italia, Firenze; Minutoli G. 2012, Ciudades, arquitectura y restauración, los problemas de la conservación de los centros históricos, «Informes de la Construccion», Madrid, pp. 23-34.
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Per la buona riuscita di un piano di riqualificazione urbana è necessario che gli enti pubblici coinvolgano e facciano condividere le scelte di progetto con i portatori di interessi, abitanti e ‘stokholders’. Senza l’intervento combinato di tutti i soggetti attivi interessati non è possibile attivare efficaci processi di recupero delle diverse compagini urbane. La creazione di una buona rete di sottoservizi e la progettazione degli spazi pubblici, pur essendo una premessa funzionale al recupero non è, di per sé, una efficace garanzia per il miglioramento dell’ambiente urbano, di contro neanche i semplici interventi di restauro edilizio non garantiscono efficacia ad un piano di recupero. La riqualificazione alla scala urbana di un centro storico, grande o piccolo che sia, prevede generalmente tre fasi di analisi preventiva al progetto e tre fasi di intervento per l’attuazione. Per le fasi di analisi preventiva si prevede: I) ricerca storica-documentaria sull’urbano e sulle architetture che lo compongono; II) rilievo a scala urbana del centro storico e di alcune architetture significative; III) studio delle tecniche costruttive e degli elementi caratterizzanti l’urbano con la compilazione delle schede di vulnerabilità sismica. Le fasi di attuazione sono costituite da: 1. riordino e manutenzione straordinaria dei sottoservizi; 2. consolidamento del comparto territoriale in cui si sviluppa il centro storico e delle singole unità abitative; 3. restauro dei fronti e progettazione dell’arredo urbano. Per la prima delle tre fasi di analisi è opportuno redigere lo studio storico a scala urbana che permette di rintracciare tutte le informazioni necessarie alla comprensione dello sviluppo della cittadina e degli oggetti architettonici caratterizzanti il nucleo urbano, compresa la lettura degli edifici e dei paramenti murari che rimangono sempre i migliori documenti di se stessi. A completamento di questa fase la storia sismica è diventata ormai fondamentale per la comprensione delle fragilità di un determinato territorio. La ricerca storica non dovrà limitarsi alla semplice schedatura delle fonti storiche ma è necessario che si vaglino le fonti, gli archivi pubblici e privati, alla ricerca e verifica di quelle informazioni che vanno valutate per l’aspetto specifico e che, ad esempio sotto il profilo puramente storiografico alcune volte sono state tralasciate o non considerate nel loro effettivo contenuto. Sempre in questa fase è opportuno individuare le linee guida che serviranno ad identificare le diverse aree d’intervento uscendo dunque dal preconcetto che considera l’agglomerato urbano storico come una entità omogenea. Risulta estremamente importante entrare nello specifico dei comparti urbani, svolgendo una valutazione su ciascuna zona caratterizzata da specifiche connotazioni, attraverso le quali centrare l’obiettivo di una analisi più puntuale. Si potranno valorizzare nell’indagine specifici caratteri, quali ed esempio le diverse tipologie di colore da usare per la definizione dei fronti, delineando anche porzioni di tessuto urbano con importanti interventi ottocenteschi in cui i colori ammessi rientrino nei toni di bianco, grigio e giallo che caratterizza quest’epoca, mentre in altre zone si potrebbe prescrivere l’utilizzo di tinte più accese in relazione al-
superfici e colori nel restauro della cittá antica
le redazioni stilistiche degli edifici a cui appartengono. In questo modo si eviterà di costruire piani che uniformino troppo porzioni di città che non sono omogenee tra loro, facendo percepire le diverse particolarità che compongono il centro urbano. In questo modo si favorirebbe una percezione visiva più efficace in cui si evidenziano in maniera chiara le fasi che hanno visto la formazione e lo sviluppo della città, o per meglio dire delle città5. Con questa metodologia è stato affrontato lo studio del centro storico di Ficarra6 in provincia di Messina, dove il gruppo di ricerca interdisciplinare appositamente costituito ha analizzato il tessuto urbano attraverso l’indagine storica bibliografico documentaria, valutato i materiali e le tecniche costruttive con cui questo è realizzato, per poi studiare interventi di riqualificazione dell’urbano grazie ai quali valorizzare la storia del luogo e le sue peculiarità. L’analisi si è svolta su una parte consistente dell’agglomerato storico urbano ma ha avuto come focus tre quartieri posti ai margini della cittadina e l’asse viario, probabilmente il più antico, che collegava l’ingresso della città posto nella parte alta dell’abitato in corrispondenza del quartiere di Porta Grande Lombardia ed in prosecuzione con la strada di penetrazione che dalla costa conduce nell’entroterra, avendo come capisaldi di controllo la chiesa madre, posta su una collina soprastante il percorso e il castello con addossato il suo aggregato urbano che controllava la via dall’alto fino alla porta in corrispondenza del quartiere del Carmelo verso l’entroterra. Lo studio di questo percorso, fondato su un attento rilievo dei fronti urbani e degli spazi pubblici, ha permesso di valutare edifici di varie tipologie, dal nobiliare al rurale, e con diversi livelli di trasformazione. La ricca documentazione storico-grafica ha permesso di comprendere la loro evoluzione nell’ultimo secolo. Il progetto di riqualificazione ha visto come cardini il mantenimento delle singolarità degli edifici, senza l’appiattimento dovuto a regole univoche, e l’eliminazione del degrado antropico, fatto di impianti disordinati, segnaletiche non appropriate e materiali non coerenti, riqualificando i fronti ma creando quel sistema di sottoservizi che migliora sia esteticamente che funzionalmente il tessuto urbano. Per i fronti si è ipotizzato il restauro utilizzando malte con inerti locali e colori miscelati, valutando il sistema della velatura delle murature come intervento che permette di mantenere i fronti nella sua matericità originaria senza intonaci spessi e coprenti che poco hanno a che fare con i palinsesti storici. Minutoli G. 2011, Degrado dei manufatti e proposte per la conservazione architettonica e strutturale, in S. Van Riel (a cura di), Ficarra identità urbana e architettonica, Firenze, pp. 31-38. 6 Van Riel S. 2015, Studio per favorire il recupero del patrimonio edilizio di base del centro storico di Ficarra, relazione allegata al piano di recupero del centro storico di Ficarra presentato in ottemperanza alla L. R. n. 13 del 2015. 5
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Sesto Fiorentino, Tabernacolo dei Logi, saggio stratigrafico di porzione di sinopia con personaggio dalle mani giunte (a sinistra); intonaco grafito con incisione 1794(?) (a destra).
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percorsi di conoscenza per la salvaguardia della città storica • giovanni minutoli
Planimetria di riferimento Elaborazione grafica della planimetria sulla base della carta catastale fogli 14, 15 e 17, riproduzione 1951 aggiornata al 2007
Rilievo architettonico
Fotopiano — Fotorealismo
Rilievo della pavimentazione e punti topografici
Planivolumetrico di riferimento
Ficarra, via Umberto I Rilievo del fronte sinistro
superfici e colori nel restauro della cittรก antica
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Planimetria di riferimento Elaborazione grafica della planimetria sulla base della carta catastale fogli 14, 15 e 17, riproduzione 1951 aggiornata al 2007
Fotopiano dello stato di fatto
Fotopiano storico: ipotesi ricostruttiva
Planivolumetrico di riferimento
Ficarra, via Umberto I Ipotesi ricostruttiva
superfici e colori nel restauro della cittรก antica
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Planimetria di riferimento Elaborazione grafica della planimetria sulla base della carta catastale fogli 14, 15 e 17, riproduzione 1951 aggiornata al 2007
Fotopiano dello stato di fatto
Proposta di restauro dei fronti
Planivolumetrico di riferimento
Ficarra, via Umberto I Analisi storica del fronte destro
superfici e colori nel restauro della cittรก antica
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analisi dei dissesti dell’edilizia storica
I terremoti che negli ultimi decenni hanno colpito l’Italia sono stati l’occasione per approntare e sperimentare metodi di analisi del tessuto urbano storico italiano, nelle sue varie forme, e delle sue fragilità. Già dagli studi di Antonio Giuffrè, pubblicati nel 1991, si evince come la relazione tra forma, materiali e danni da sisma sia alla base della lettura delle meccaniche dei dissesti nell’edilizia antica. Lo studio degli edifici colpiti e danneggiati dai sismi1 permette di relazionare le cause che hanno generato il danno e le conseguenze che questo porta sull’insieme dell’edificio e dell’aggregato2 in cui questo si trova. Dalla lettura analitica dei danni si evince che oltre alle cause intrinseche al territorio in cui l’abitato si trova (valutazioni geologiche e sismologiche), molti danni sono dovuti alla qualità delle murature e agli interventi ‘di ammodernamento’ realizzati nelle varie epoche. Da diversi anni si parla di ‘fascicolo del fabbricato’ come quell’insieme di informazioni che permettono di valutare le caratteristiche originarie dell’edificio e le trasformazioni che questo ha subito nel tempo. Questo documento ad oggi non è ritenuto obbligatorio e sono molto rare le occasioni nelle quali è possibile consultarlo, nonostante stia sempre di più risultando indispensabile per relazionare gli interventi nelle singole unità immobiliari con lo stato ‘di salute’ dell’intero fabbricato. La normativa vigente (D.M. 2008, sulle costruzioni in muratura) chiede ai tecnici di analizzare, tra le varie caratteristiche anche, la geometria dell’edificio, le tipologie di tecniche costruttive e la qualità dei materiali; il normatore chiede inoltre l’analisi stratigrafica3 per relazionare le varie fasi costruttive, e le fragilità da esse derivanti, fasi di conoscenza indispensabili per la realizzazione di un progetto di restauro compatibile con l’edificio. In questo capitolo si affronta l’analisi di diversi aggregati colpiti dal sisma abruzzese del 2009 relazionando, rilievo, analisi delle tecniche costruttive e danni subiti dall’aggregato, sviluppando metodologie di analisi capaci di valutare e analizzare i diversi edifici e tipologie di intervento4. Conoscere un edi1 Giuffrè A. 1991, Letture sulla meccanica delle murature storiche, Roma; Doglioni F., Petrini V., Moretti A. 1994, Le chiese e il terremoto, Trieste; Doglioni F., Mirabella Roberti G. 2004, Prove sperimentali speditive e valutazioni di vulnerabilità delle murature, in Monumenti & terremoti, Roma, pp. 93-106; Gurrieri F. 2003, L’istanza mastrodicasiana, in P. Rocchi (direttore scientifico), Trattato sul consolidamento, Roma, pp. C3-C5; Blasi C. 2003, Fasi e metodologie di progetto per gli interventi di consolidamento, in P. Rocchi (direttore scientifico), Trattato sul consolidamento, Roma, pp. C32-C33. 2 Per aggregato strutturale si intende un insieme non omogeneo di edifici (unità edilizio-strutturali), interconnessi tra loro con un collegamento più o meno strutturalmente efficace determinato dalla loro storia evolutiva, che possono interagire sotto un’azione sismica o dinamica in genere. 3 Doglioni F. 1997, Stratigrafia e restauro. Tra conoscenza e conservazione dell’architettura, Trieste; Arrighetti A. 2015, L’archeosismologia in architettura, Firenze. 4 Giuffrè A. 1998, Monumenti e terremoti. Aspetti statici del restauro, Roma; Nizzi Griffi L. 1987, Restauro statico dei Monumenti, Firenze; Mastrodicasa S. 1988, Dissesti statici delle strutture edilizie, Milano; Doglioni F. 2008, Firmitas, in F. Doglioni (a cu-
pagina a fronte Gerusalemme.
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a sinistra Acciano (AQ) chiesa di santa Maria delle Grazie, dopo il sisma del 2009. a destra L’Aquila chiesa di san Marciano, dopo il sisma del 2009.
ficio significa saperne valutare tutte le sue caratteristiche geometriche materiche e strutturali; solo una comprensione completa di tutte le ‘facce’ di un edificio garantisce interventi di restauro corretti che non danneggino strutturalmente l’edificio né la sua immagine. Vivere i centri storici si può e si deve, ma bisogna avviare una politica mirata alla conoscenza del nostro tessuto urbano che si occupi di mettere in sicurezza gli edifici prima che un sisma li colpisca, riducendo drasticamente il numero delle vittime e diminuendo i costi che sarebbero destinati alla ricostruzione. Per la redazione di una corretta analisi del manufatto è necessario che il tecnico abbia nel suo patrimonio formativo nozioni specifiche riguardo al restauro, alla riabilitazione strutturale e un quadro generale delle materie ad esse legate compreso tutto quanto attiene alle metodologie correnti di rilevamento degli edifici e dei centri storici. Solo con un bagaglio conoscitivo multidisciplinare si potranno realizzare progetti formalmente e praticamente efficaci. Il rilievo strutturale5 serve a identificare gli aspetti morfologici e tecnologici che contraddistinguono un edificio, deve fornire tutte quelle informazioni dimensionali, qualitative, meccaniche, tipologiche che permettano al tecnico, in fase di progetto e di verifiche strutturali, di intervenire senza l’ausilio di ulteriori indagini massive, ma con l’apporto, eventuale, di indagini puntuali6. Le schede, di seguito riportate, restituiscono le esperienze di ricerca e di analisi sviluppate in vari anni e in luoghi distanti tra di loro. L’analisi del tessuto urbano di Gerusalemme rientra in un percorso di ricerca ancora in corso di sperimentazione che sta offrendo l’occasone di potersi confrontare con tessuti urbani e contesti unici nel loro genere, per molti aspetti profondamente legati agli impianti urbani di matrice mediterranea con l’aggiunta del particolare sapore e stile mediorientale. Il secondo gruppo di schede riguarda alcuni aggregati urbani appartenenti al cratere del sisma abruzzese del 2009. Su questi casi studio è stata sviluppata un’analisi finalizzata all’intervento di restauro.
pagina a fronte L’Aquila, Forte Spagnolo.
ra di), Nel restauro. Progetti per le architetture del passato, Venezia, pp. 121-155; Aveta A., Casiello S., La Regina F., Picone R. (a cura di) 2005, Restauro e consolidamento, Atti del convegno “Restauro e consolidamento dei beni architettonici e ambientali. Problematiche attuali”, Roma. 5 Minutoli G. 2012, Rilievo applicato al cantiere di restauro, in S. Bertocci, M. Bini (a cura di), Manuale di rilievo architettonico e urbano, Torino, pp. 317-341. 6 Sanpaolesi P. 1973, Discorso sulla metodologie generali del restauro dei monumenti, Firenze.
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Gerusalemme | Scheda 1 La città antica di Gerusalemme si presenta, soprattutto nella parte storica, come un insieme continuo di edifici collegati da ponti, archi e passaggi in quota. Le connessioni tra gli edifici creano un unicum strutturale fatto di architetture che si appoggiano l’una all’altra controbilanciandosi. Questa tipologia di tessuto urbano è tipico delle città mediorientali ma in questo caso gli appoggi tra gli edifici sembrano il frutto di ‘necessità strutturali’ dovuti alle tecniche costruttive locali. I paramenti murari si presentano come un sandwich con agli estremi elementi in pietra a volte squadrati e in altri casi semplicemente sbozzati, nel nucleo centrale, un insieme di pietrisco con grandi letti di malta. Questa muratura, se non rinforzata con elementi di collegamento tra i due paramenti, è assimilabile a una muratura a sacco, tecnica costruttiva che risente notevolmente del deperimento della malta ed è particolarmente deformabile se sottoposta a pressoflessione. Se a queste considerazioni sulle scarse caratteristiche meccaniche di questa tipologia di murature si somma il rilevante peso delle volte in muratura presenti in quasi tutti i piani terra e, quando siano presenti, seminterrati sono chiare le motivazioni perché nella città storica si trovano spesso anche ai piani terra archi di scarico che collegano tra di loro gli edifici. Le ridotte caratteristiche meccaniche della cosiddetta pietra di Gerusalemme (limeston) erano note sia agli architetti che alle maestranze che nelle varie epoche sono intervenuti sulla città. Infatti gli architravi sono spesso sormontati da sistemi di archi e oculi che distribuiscono i carichi sui maschi murari attigui alle aperture evitando così sollecitazioni di taglio sugli architravi. Interessante notare come invece le mura urbiche della città, realizzate perlopiù nel periodo ottomano, presentano diatoni di collegamento tra i due paramenti realizzati con rocchi di colonne, elementi presenti anche nella cinta muraria della spianata delle moschee. In prossimità della porta di Damasco i rocchi di colonne diventano elementi decorativi ricavati sui blocchi quadrati di muratura.
analisi dei dissesti dell’edilizia storica
Gerusalemme | Scheda 2 L’edicola del Santo Sepolcro si trova al centro dello spazio circolare interno all’omonima basilica. Il rivestimento marmoreo del sacello, che contiene quanto rimane della tomba rupestre ritenuta il luogo dove Cristo venne deposto, è stato realizzato dai Greci Ortodossi dopo l’incendio del 1808, che distrusse la cupola dell’anàstasis e la precedente edicola costruita dai francescani nel XVI sec. Le precarie condizioni in cui versa oggi sono dovute agli effetti del terremoto del 1927, che costrinse i tecnici britannici a consolidarla con una struttura in ferro. L’edicola risente della cattiva qualità delle murature perimetrali realizzate in muratura a sacco. Il piccolo edificio, diviso in due vani, è coperto da due cupole ad ombrello costolonate, che scaricano tutto il loro peso sui muri perimetrali. Il peso delle volte crea delle deformazioni per presso-flessione, concordi verso l’esterno, sulle pareti perimetrali a circa un metro e mezzo da terra. Da due finestre ovali poste ai lati del primo vano di ingresso del sepolcro si nota la presenza di un pacchetto murario composto da cinque strati: il paramento marmoreo esterno, il muro portante esterno, il nucleo centrale, il muro portante interno e il rivestimento marmoreo interno. Tutti e cinque gli strati risultano scollegati. Il dissesto è stato ‘contenuto’ grazie alla realizzazione di una gabbia metallica con elementi di collegamento tra i due fronti del manufatto volti a riequilibrare le spinte. Oltre a questa importante forma di degrado strutturale l’edificio risente anche di forme di degrado antropico dovuto alla costante fruizione da parte di fedeli e turisti. Il ‘nero fumo’ copre tutto l’apparato decorativo marmoreo coprendo parzialmente le cromie realizzate attraverso l’utilizzo di diverse tipologie di marmo. Oggi l’edificio è in restauro, l’intervento prevede sia il consolidamento strutturale che il restauro dei paramenti marmorei. Alcune delle prove di restauro delle decorazioni marmoree realizzate fino ad oggi permettono di immaginare quale sarà l’immagine dell’edificio alla fine dei restauri.
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Bominaco (AQ) | Scheda 3 L’immobile è localizzato ai margini dell’abitato di Bominaco, ed è costituito da un aggregato di corpi di fabbrica di interesse storico, raccoglie al suo interno le caratteristiche delle tipiche della tipologia a villa con le pertinenze per la gestione delle proprietà agricole limitrofe. L’aggregato nasce dalla sommatoria di singole unità immobiliari con tipologia in linea del tipo terratetto, destinate alle famiglie di contadini che coltivavano le terre del vicino monastero benedettino o della piccola nobiltà terriera che si attestava in quella zona. Nel Settecento questo insieme di abitazioni viene in parte trasformato in una residenza signorile accorpando gli antichi corpi di fabbrica. La famiglia proprietaria in un primo momento si stanzia nella parte centrale dell’immobile e solo in seguito all’ascesa sociale amplia i primitivi spazi sottraendo ambienti originariamente destinati alle residenze dei coloni. Il complesso oggi presenta complessivamente una forma ad L; nella zona sud troviamo il massimo dislivello pari a cinque piani fuori terra che diventano quattro sul fronte interno prospiciente la corte. Nel Novecento nella zona attestata lungo strada che costituisce la via di accesso principale al nucleo abitato storico viene realizzato un nuovo corpo di fabbrica. Questo chiude probabilmente un vicolo o comunque uno spazio urbano precedentemente aperto, privatizzandolo e dando all’immobile la configurazione attuale. Tra la fine dell’Ottocento e nel corso del Novecento l’edificio è stato nuovamente frazionato tra i vari eredi dei vecchi proprietari e nuovi proprietari. Oggi l’edificio si presenta come un unico aggregato composto da diverse unità abitative che si compenetrano: il diverso stato di conservazione e le diverse tipologie di intervento che si sono susseguite nel tempo hanno favorito e aumentano i danni del sisma. L’isolato, nonostante nasca dalla somma di diverse unità immobiliari costruite nel corso dei secoli, presenta tecniche costruttive tradizionali. È stato edificato in muratura mista con elementi di pietra locale sbozzata e malta, tecnica consolidata e comune nella zona aquilana. Anche gli orizzontamenti seguono le tecniche locali che vedono l’utilizzo di volte in muratura nelle cantine e nei seminterrati, volte in foglio nelle zone di ‘rappresentanza’ dei piani superiori, e dalla semplice orditura lignea (composta da travi, travetti e tavolato) nelle zone di minore qualità. Nel novecento molti solai lignei come molte strutture voltate, sono stati sostituiti con solai alla volterrana, in latero-cemento e in putrelle e tavelloni. Il complesso sistema di coperture anticamente costruito con elementi lignei, oggi risulta invece realizzato solo in minima parte con tecniche tradizionali e in buona parte è in latero cemento. Le diverse scosse di terremoto hanno messo in evidenza tutti quegli elementi che non sono ben ammorsati tra di loro come ad esempio, porte e finestre tamponate, modifiche all’impianto distributivo interno, discontinuità tra diverse tipologie di materiali, tutte forme di degrado strutturale che diminuiscono le capacità dell’immobile di resistere ai sismi. I dissesti dovuti al sisma sono stati causati dal comportamento non scatolare di tutto il complesso che presenta due elementi deboli nella zona d’angolo sulla via di accesso principale, i quali hanno subito il martellamento dei corpi adiacenti. L’effetto è aumentato dalla rigidezza dei corpi affiancati che negli ultimi anni erano stati interessati da diversi interventi di ristrutturazione, compresa la
Legenda solaio latero-cemento volta in foglio volte in spessore solaio putrelle e voltine solaio putrelle e laterizio solaio in legno volte in mattoni di taglio
volte in mattoni in foglio
volte in muratura struttura portante in pietra struttura portante in pietra mista struttura portante in pietra listata struttura portante in laterizio lesione non passante su muro portante lesione passante su muro portante lesione non passante su muro non portante lesione passante su muro non portante
realizzazione di un tetto in latero cemento con cordolo. Questi due elementi rigidi all’interno di una struttura elastica hanno fatto aumentare i danni nelle zone che non avevano subito interventi di ristrutturazione. La presenza nelle due zone d’angolo di due sistemi di copertura spingenti, una lignea e una in latero cemento, hanno ulteriormente amplificato l’effetto del sisma su questi ultimi. Le due angolate oltre ad essere interessate da evidenti segni di ribaltamento dei cantonali, sono soggette al distacco parziale del collegamento tra le strutture verticali e i solai, fenomeno evidenziato ulteriormente dalla presenza di numerose lesioni
lesioni diffuse non passanti su muro portante lesioni diffuse passanti su muro portante lesioni diffuse non passanti su muro non portante lesioni diffuse passanti su muro non portante
passanti tra i pavimenti e i soffitti. I corpi che presentano un sistema di copertura in latero-cemento e cordoli hanno subito dissesti dovuti alla mancanza di un efficace collegamento tra le strutture verticali e quelle oriz-
deformazione
zontali nei piani intermedi e dalla presenza di sistemi voltati spingenti sulle murature portanti. Tutti gli altri danni che si sono rilevati sono collegati a questo sistema flessionale che si è evidenziato su entrambi i fronti
incrocio
di tutti e due i corpi. L’immobile è localizzato ai margini dell’abitato di Bominaco, ed è costituito da un aggregato di corpi di fabbrica di interesse storico, raccoglie al suo interno le caratteristiche delle tipiche della tipologia a villa con le pertinenze per la gestione delle proprietà agricole limitrofe.
lesione su pavimento lesione su solaio
L’aggregato nasce dalla sommatoria di singole unità immobiliari con tipologia in linea del tipo terratetto, destinate alle famiglie di contadini che coltivavano le terre del vicino monastero benedettino o della piccola nobiltà terriera che si attestava in quella zona. Nel Settecento questo insieme di abitazioni viene in parte trasformato in una residenza signorile accorpando gli antichi corpi di fabbrica. La famiglia proprietaria in un primo momento si stanzia nella parte centrale dell’immobile e solo in seguito all’ascesa sociale amplia i primitivi spazi sottraendo ambienti originariamente destinati alle residenze dei coloni. Il complesso oggi presenta complessivamente una forma ad L; nella zona sud troviamo il massimo dislivello pari a cinque piani fuori terra che diventano quattro sul fronte interno prospiciente la corte. Nel Novecento nella zona attestata lungo strada che costituisce la via di accesso principale al nucleo abitato storico viene realizzato un nuovo corpo di fabbrica. Questo chiude probabilmente un vicolo o comunque uno spazio urbano precedentemente aperto, privatizzandolo e dando all’immobile la configurazione attuale. Tra la fine dell’Ottocento e nel corso del Novecento l’edificio è stato nuovamente frazionato tra i vari eredi dei vecchi proprietari e nuovi proprietari. Oggi l’edificio si presenta come un unico aggregato composto da diverse unità abitative che si compenetrano: il diverso stato di conservazione e le diverse tipologie di intervento che si sono susseguite nel tempo hanno favorito e aumentano i danni del sisma. L’isolato, nonostante nasca dalla somma di diverse unità immobiliari costruite nel corso dei secoli, presenta tecniche costruttive tradizionali. È stato edificato in muratura mista con elementi di pietra locale sbozzata e malta, tecnica consolidata e comune nella zona aquilana. Anche gli orizzontamenti seguono le tecniche locali che vedono l’utilizzo di volte in muratura nelle cantine e nei seminterrati, volte in foglio nelle zone di ‘rappresentanza’ dei piani superiori, e dalla semplice orditura lignea (composta da travi, travetti e tavolato) nelle zone di minore qualità. Nel novecento molti solai lignei come molte strutture voltate, sono stati sostituiti con solai alla volterrana, in latero-cemento e in putrelle e tavelloni. Il complesso sistema di coperture anticamente costruito con elementi lignei, oggi risulta invece realizzato solo in minima parte con tecniche tradizionali e in buona parte è in latero cemento. Le diverse scosse di terremoto hanno messo in evidenza tutti quegli elementi che non sono ben ammorsati tra di loro come ad esempio, porte e finestre tamponate, modifiche all’impianto distributivo interno, discontinuità tra diverse tipologie di materiali, tutte forme di degrado strutturale che diminuiscono le capacità dell’immobile di resistere ai sismi. I dissesti dovuti al sisma sono stati causati dal comportamento non scatolare di tutto il complesso che presenta due elementi deboli nella zona d’angolo sulla via di accesso principale, i quali hanno subito il martellamento dei corpi adiacenti. L’effetto è aumentato dalla rigidezza dei corpi affiancati che negli ultimi anni
analisi dei dissesti dell’edilizia storica
erano stati interessati da diversi interventi di ristrutturazione, compresa la realizzazione di un tetto in latero cemento con cordolo. Questi due elementi rigidi all’interno di una struttura elastica hanno fatto aumentare i danni nelle zone che non avevano subito interventi di ristrutturazione. La presenza nelle due zone d’angolo di due sistemi di copertura spingenti, una lignea e una in latero cemento, hanno ulteriormente amplificato l’effetto del sisma su questi ultimi. Le due angolate oltre ad essere interessate da evidenti segni di ribaltamento dei cantonali, sono soggette al distacco parziale del collegamento tra le strutture verticali e i solai, fenomeno evidenziato ulteriormente dalla presenza di numerose lesioni passanti tra i pavimenti e i soffitti. I corpi che presentano un sistema di copertura in latero-cemento e cordoli hanno subito dissesti dovuti alla mancanza di un efficace collegamento tra le strutture verticali e quelle orizzontali nei piani intermedi e dalla presenza di sistemi voltati spingenti sulle murature portanti. Tutti gli altri danni che si sono rilevati sono collegati a questo sistema flessionale che si è evidenziato su entrambi i fronti di tutti e due i corpi.
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L’Aquila | Scheda 4 L’aggregato urbano ubicato nel centro storico della città di l’Aquila si presenta di forma pressochè rettangolare; il complesso si sviluppa nel suo lato lungo su di un dislivello del piano stradale di circa 2 metri. L’aggregato è diviso in quattro unità strutturali principali corrispondenti al numero dei blocchi edilizi di cui è composto. Il blocco II a sua volta però è diviso in due unità strutturali diverse raccordate dal sistema di copertura. Un cavedio di circa un metro corre parallelo al fronte sud ovest e funge da giunto tra il blocco II, il blocco IV e per metà anche del blocco III. Non è stata reperita nessuna fonte storica né cartografica che possa aiutare a comprendere nel dettaglio lo sviluppo di questo isolato. La forma allungata dell’aggregato, la disomogeneità costruttiva e il dislivello su cui si distende l’isolato, dal punto di vista sismico, hanno influito negativamente sugli effetti del sisma del 2009 causando, per martellamento, il ribaltamento del fronte corto dal lato dell’isolato che presenta il maggiore sviluppo in altezza dovuto al dislivello stradale. L’effetto del sisma è stato accentuato dalla scarsa consistenza delle strutture di fondazione. Gli immobili sono costruiti in muratura mista di tipo tradizionale, hanno solai di interpiano realizzati con varie tecniche costruttive: volte in muratura, principalmente ai piani seminterrati; solai lignei con
Legenda solaio latero-cemento volta in foglio volte in spessore solaio putrelle e voltine solaio putrelle e laterizio solaio in legno volte in mattoni di taglio
volte in mattoni in foglio
volte in muratura struttura portante in pietra struttura portante in pietra mista struttura portante in pietra listata struttura portante in laterizio lesione non passante su muro portante lesione passante su muro portante lesione non passante su muro non portante lesione passante su muro non portante
tavolato o pianelle, putrelle con tavelloni, volterrane e volte in foglio ai piani superiori. Le murature di tamponamento sono in mattoni sodi, di taglio o di piatto, o in mattoni forati. Gli edifici a seguito del sisma si presentano, nonostante le numerose lesioni e il crollo di alcune coperture realizzate in cannicciato o con controsoffitto di mattoni in foglio, in buone condizioni. Il sistema fessurativo evidenzia la rotazione dei fronti verso l’esterno, creando, soprattutto al secondo piano, delle lesioni pavimentali parallele alle facciate e lesioni nelle intersezioni tra i muri perimetrali esterni e
lesioni diffuse non passanti su muro portante lesioni diffuse passanti su muro portante lesioni diffuse non passanti su muro non portante lesioni diffuse passanti su muro non portante
quelli di controvento. Il fronte sud ovest del blocco II, invece, evidenzia lesioni a 45° rispetto alla verticale che indicano il cedimento fondale dell’angolo sud del corpo di fabbrica. Dal verso di apertura del-
deformazione
le lesioni si deduce che insieme al cedimento fondale si è innescato il ribaltamento del medesimo fronte dovuto alle spinte delle coperture e dei solai di interpiano. Nell’angolo sud, sempre a riguardo del
incrocio
blocco II in corrispondenza del piano terra, si evidenzia una deformazione per presso-flessione dovuta sia alla spinta della volta a botte del seminterrato che allo schiacciamento causato dall’importante peso del sistema di copertura realizzato con un cordolo in c.a. e solaio di interpiano, posto tra il secondo livello e le soffitte, costruito in latero-cemento a formare un piano rigido. La presenza di questo cordolo ha comunque evitato il ribaltamento del fronte. Si noti come al piano terra e al primo piano le lesio-
lesione su pavimento lesione su solaio
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percorsi di conoscenza per la salvaguardia della città storica • giovanni minutoli
ni sono molto più evidenti che al secondo livello a differenza degli altri tre blocchi che non presentano cordoli in cemento armato. Porzioni di coperture e di murature sommitali del blocco III hanno causato danni anche ai piani sottostanti, di un cornicione a ‘bugia’, mal collegato agli orizzontamenti, causando il crollo della parte sommitale della facciata. Il blocco IV, il più basso e compatto, presenta lesio-
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Crollo di porzione della copertura del blocco III la presenza di carichi in quota (contenitore dell’acqua) e la mancanza di elementi di contenimento (cordoli in legno o ferro) ha causato inoltre il crollo dell’angolo interno.
ni per schiacciamento, dovute al diverso modo di vibrare dei tre edifici a contatto a seguito del sisma. L’aggregato urbano ubicato nel centro storico della città di l’Aquila si presenta di forma pressochè rettangolare; il complesso si sviluppa nel suo lato lungo su di un dislivello del piano stradale di circa 2 metri. L’aggregato è diviso in quattro unità strutturali principali corrispondenti al numero dei blocchi edilizi di cui è composto. Il blocco II a sua volta però è diviso in due unità strutturali diverse raccordate dal sistema di copertura. Un cavedio di circa un metro corre parallelo al fronte sud ovest e funge da giunto tra il blocco II, il blocco IV e per metà anche del blocco III. Non è stata reperita nessuna fonte storica né cartografica che possa aiutare a comprendere nel dettaglio lo sviluppo di questo isolato. La forma allungata dell’aggregato, la disomogeneità costruttiva e il dislivello su cui si distende l’isolato, dal punto di vista sismico, hanno influito negativamente sugli effetti del sisma del 2009 causando, per martellamento, il ribaltamento del fronte corto dal lato dell’isolato che presenta il maggiore sviluppo in altezza dovuto al dislivello stradale. L’effetto del sisma è stato accentuato dalla scarsa consistenza delle strutture di fondazione. Gli immobili sono costruiti in muratura mista di tipo tradizionale, hanno solai di interpiano realizzati con varie tecniche costruttive: volte in muratura, principalmente ai piani seminterrati; solai lignei con tavolato o pianelle, putrelle con tavelloni, volterrane e volte in foglio ai piani superiori. Le murature di tamponamento sono in mattoni sodi, di taglio o di piatto, o in mattoni forati. Gli edifici a seguito del sisma si presentano, nonostante le numerose lesioni e il crollo di alcune coperture realizzate in cannicciato o con controsoffitto di mattoni in foglio, in buone condizioni. Il sistema fessurativo evidenzia la rotazione dei fronti verso l’esterno, creando, soprattutto al secondo piano, delle lesioni pavimentali parallele alle facciate e lesioni nelle intersezioni tra i muri perimetrali esterni e quelli di controvento. Il fronte sud ovest del blocco II, invece, evidenzia lesioni a 45° rispetto alla verticale che indicano il cedimento fondale dell’angolo sud del corpo di fabbrica. Dal verso di apertura delle lesioni si deduce che insieme al cedimento fondale si è innescato il ribaltamento del medesimo fronte dovuto alle spinte delle coperture e dei solai di interpiano. Nell’angolo sud, sempre a riguardo del blocco II in corri-
analisi dei dissesti dell’edilizia storica
spondenza del piano terra, si evidenzia una deformazione per presso-flessione dovuta sia alla spinta della volta a botte del seminterrato che allo schiacciamento causato dall’importante peso del sistema di copertura realizzato con un cordolo in c.a. e solaio di interpiano, posto tra il secondo livello e le soffitte, costruito in latero-cemento a formare un piano rigido. La presenza di questo cordolo ha comunque evitato il ribaltamento del fronte. Si noti come al piano terra e al primo piano le lesioni sono molto più evidenti che al secondo livello a differenza degli altri tre blocchi che non presentano cordoli in cemento armato. Porzioni di coperture e di murature sommitali del blocco III hanno causato danni anche ai piani sottostanti, di un cornicione a ‘bugia’, mal collegato agli orizzontamenti, causando il crollo della parte sommitale della facciata. Il blocco IV, il più basso e compatto, presenta lesioni per schiacciamento, dovute al diverso modo di vibrare dei tre edifici a contatto a seguito del sisma.
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L’Aquila | Scheda 5 L’aggregato urbano è nel centro della città di L’Aquila ed è caratterizzato dalla presenza di una antica residenza nobiliare o alto borghese costruita sul finire del Settecento. L’aggregato è chiuso a destra e a sinistra da due edifici costruiti tra gli anni sessanta e settanta del Novecento; entrambi gli edifici costruiti a chiudere l’isolato sono realizzati in cemento armato con murature di tamponamento in laterizio. Grazie alle sostanziali differenze costruttive e alla presenza di un giunto di dilatazione gli immobili non hanno dato vita ad un unico aggregato. È evidente che le fabbriche non risultano continue, infatti, sul fronte destro vi è un cancello d’accesso ad un patio, superato il quale, si trova il portone dell’edificio. Sul lato sinistro l’immobile attiguo al nostro avanza sulla sede stradale creando un dente. Il corpo principale è caratterizzato da un ampio e ricco portale e si può presumere che l’ingresso segnasse la mezzeria di un ampio prospetto ora mutilo sul lato destro. A conferma di tale ipotesi si può notare, nella parte laterale destra del fronte, uno ‘strappo’ a 45° della muratura con ancora evidenti gli elementi litici che davano continuità al palinsesto murario. Entrando nel cortile, sulla sinistra, si trova un’ampia scala, di chiaro impianto risalente alla fine del Settecento, che dà accesso ai piani superiori. Nella parte d’angolo si trova una porzione di edificio antecedente alla redazione settecentesca, questo
Legenda solaio latero-cemento volta in foglio volte in spessore solaio putrelle e voltine solaio putrelle e laterizio solaio in legno volte in mattoni di taglio
volte in mattoni in foglio
volte in muratura struttura portante in pietra struttura portante in pietra mista struttura portante in pietra listata struttura portante in laterizio lesione non passante su muro portante lesione passante su muro portante lesione non passante su muro non portante lesione passante su muro non portante
è documentato sia dalla presenza di due lesioni gemelle, nella parte centrale, che hanno messo in evidenza la non buona connessione tra le murature. Un ulteriore elemento è costituito dalla presenza di un vano quadrangolare con volta a ‘schifo’ dove il sistema voltato è parzialmente interrotto da un muro di sostegno del vano scale che porta ai piani superiori. L’immobile presenta diverse tipologie costruttive che variano al variare dei piani e delle funzioni dei vani in oggetto. Si nota come le murature portanti esterne siano, nella maggior parte dei casi, realizzate
lesioni diffuse non passanti su muro portante lesioni diffuse passanti su muro portante lesioni diffuse non passanti su muro non portante lesioni diffuse passanti su muro non portante
con elementi litici sbozzati con inclusioni di elementi in laterizio. Nella zona soprastante il loggiato si evidenziano dei tamponamenti realizzati con mattoni di taglio. I tramezzi interni, anche se antichi,
deformazione
sono realizzati con mattoni sodi a volte montati di taglio, mentre quelli moderni sono costituiti da mattoni forati. Nella cantina si evidenzia un palinsesto murario realizzato con conci di pietra squadrata
incrocio
alternata a ricorsi di mattoni. Gli orizzontamenti risultano al piano delle cantine realizzati con volte in muratura mista, oggi in parte crollate, al piano terra con volte in muratura mista o in mattoni di taglio; al primo piano le volte sono, nella parte che trova continuità con la copertura della loggia, in mattoni di taglio e, nel corpo che si affaccia sullo slargo a sinistra, in foglio. Al secondo livello il solaio della terrazza è in latero cemento.
lesione su pavimento lesione su solaio
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L’aggregato urbano è nel centro della città di L’Aquila ed è caratterizzato dalla presenza di una antica residenza nobiliare o alto borghese costruita sul finire del Settecento. L’aggregato è chiuso a destra e a sinistra da due edifici costruiti tra gli anni sessanta e settanta del Novecento; entrambi gli edifici costruiti a chiudere l’isolato sono realizzati in cemento armato con murature di tamponamento in laterizio. Grazie alle sostanziali differenze costruttive e alla presenza di un giunto di dilatazione gli immobili non hanno dato vita ad un unico aggregato. È evidente che le fabbriche non risultano continue, infatti, sul fronte destro vi è un cancello d’accesso ad un patio, superato il quale, si trova il portone dell’edificio. Sul lato sinistro l’immobile attiguo al nostro avanza sulla sede stradale creando un dente. Il corpo principale è caratterizzato da un ampio e ricco portale e si può presumere che l’ingresso segnasse la mezzeria di un ampio prospetto ora mutilo sul lato destro. A conferma di tale ipotesi si può notare, nella parte laterale destra del fronte, uno ‘strappo’ a 45° della muratura con ancora evidenti gli elementi litici che davano continuità al palinsesto murario. Entrando nel cortile, sulla sinistra, si trova un’ampia scala, di chiaro impianto risalente alla fine del Settecento, che dà accesso ai piani superiori. Nella parte d’angolo si trova una porzione di edificio antecedente alla redazione settecentesca, questo è documentato sia dalla presenza di due lesioni gemelle, nella parte centrale, che hanno messo in evidenza la non buona connessione tra le murature. Un ulteriore elemento è costituito dalla presenza di un vano quadrangolare con volta a ‘schifo’ dove il sistema voltato è parzialmente interrotto da un muro di sostegno del vano scale che porta ai piani superiori. L’immobile presenta diverse tipologie costruttive che variano al variare dei piani e delle funzioni dei vani in oggetto. Si nota come le murature portanti esterne siano, nella maggior parte dei casi, realizzate con elementi litici sbozzati con inclusioni di elementi in laterizio. Nella zona soprastante il loggiato si evidenziano dei tamponamenti realizzati con mattoni di taglio. I tramezzi interni, anche se antichi, sono realizzati con mattoni sodi a volte montati di taglio, mentre quelli moderni sono costituiti da mattoni forati. Nella cantina si evidenzia un palinsesto murario realizzato con conci di pietra squadrata alternata a ricorsi di mattoni. Gli orizzontamenti risultano al piano delle cantine realizzati con volte in muratura mista, oggi in parte crollate, al piano terra con volte in muratura mista o in mattoni di taglio; al primo piano le volte sono, nella parte che trova continuità con la copertura della loggia, in mattoni di taglio e, nel corpo che si affaccia sullo slargo a sinistra, in foglio. Al secondo livello il solaio della terrazza è in latero cemento, mentre la parte residenziale ha sempre coperture a volta realizzate con mattoni in foglio. Il tetto è realizzato con orditura lignea spingente. I crolli principali hanno riguardato soprattutto i sistemi voltati e, in particolare, le volte delle cantine e
analisi dei dissesti dell’edilizia storica
quelle del secondo piano. Evidenti, sempre negli orizzontamenti, i dissesti all’ultimo piano del corpo stretto e lungo: il solaio in latero-cemento non è ben ammorsato alla muratura sottostante e in corrispondenza dei cordoli di collegamento è uscito fuori dal piano. Le due ali dell’antico palazzo hanno avuto comportamenti molto diversi a seguito delle sollecitazioni sismiche: il corpo aperto sull’ingresso principale, stretto, lungo e in parte porticato, ha subito ampi spostamenti lungo il lato corto creando una cerniera plastica trasversale strada-cortile, ad evidenziare il non buon ammorsamento tra le diverse fasi costruttive dell’edificio che dividono in due parti l’immobile. Anche la parte del palazzo più regolare ha subito diverse forme di dissesti: la prima è legata alla spinta che il corpo stretto e lungo ha generato sul corpo principale di impianto squadrato causando lesioni verticali in corrispondenza della porta d’accesso dal cortile al piano terra e un’altra in corrispondenza dell’innesto tra le due fabbriche. Altre due lesioni passanti poste sull’asse centrale del prospetto sul cortile, evidenziano i cattivi ammorsamenti delle murature e il ribaltamento dei fronti. L’altra parte dell’immobile, l’unica con le cantine, mostra i segni dovuti principalmente al ribaltamento dei fronti.
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analisi della vulnerabilitá sismica dei centri storici
L’Italia si caratterizza per essere una nazione dal grande fascino e di antica storia ma con delle fragilità intrinseche lungo il proprio territorio, dovute alla conformazione geologica del suolo e alla presenza di un dissesto idrogeologico diffuso. Da nord a sud quasi tutto il territorio nazionale è soggetto a sismi che mediamente ogni 10 anni colpiscono la nazione faceno vittime e danneggiando irreparabilmente il nostro patrimonio storico artistico. Per diminuire l’impatto che i terremoti hanno sul costruito lo Stato ha predisposto la classificazione sismica del territorio, grazie all’utilizzo della storia sismica, che individua frequenza e intensità dei terremoti del passato, e alla geologia del territorio come elemento fondamentale per la comprensione dei fenomeni legati ai movimenti tellurici. Il legislatore ha collegando a questa classificazione l’applicazione di speciali norme sulle costruzioni. Le leggi antisismiche italiane sono tra le più moderne d’Europa e prevedono che in caso di terremoto si tuteli le vite umane e non l’integrità del manufatto. I centri storici prima che patrimonio storico artistico e culturale dell’Italia sono i luoghi della nostra vita quotidiana, la salvaguardia di questi non è solo legata all’importanza artistica del tessuto ma anche al valore sociale del luogo ‘centro storico’. L’importante bagaglio di vittime che il nostro paese ha avuto a causa dei sismi porta a fare diverse riflessione sulla qualità non solo del nostro costruito storico, ma anche sulla qualità dei nostri interventi sull’edilizia storica e comprendendo sempre di più come questi interventi possano mettere seriamente a repentaglio la nostra vita. L’intreccio delle informazioni dedotte dallo studio della storia sismica di un luogo e della sua geologia permette di individuare le zone più sensibili dei territori comunali individuando anche le priorità di intervento. Questa tipologia di analisi è stata in parte utilizzata per lo studio dei casi di Naso e Ficarra, due centri storici della provincia di Messina1 posti su due colline che si traguardano con al centro, nella vallata, il torrente Naso. Questa zona della Sicilia è ciclicamente colpita da sismi, la storia sismica del territorio ci racconta che in media ci sono stati due terremoti ogni secolo, uno all’inizio uno alla fine, e che questi sin dal 1600 procurano danni stimati intorno al VII-VIII grado della scala Mercalli. Vista la ridotta distanza a cui si trovano i due centri si potrebbe ipotizzare che i due territori subiscano in eguale misura i danni da sisma, in realtà il centro storico di Ficarra2 ha nei secoli subito molti me-
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Minutoli G. 2012, La ricostruzione post sismica di Messina (1909-1939), Firenze. Van Riel S. 2011, Ficarra identità urbana e architettonica, Firenze.
pagina a fronte Cretto di Burri, Alberto Burri.
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Ficarra il centro storico con i due poli di sviluppo, chiesa e castello.
no danni della città di Naso3 nonostante la vicinanza geografica dei centri, fasi di sviluppo simile, stessi materiali e stesse tecniche costruttive. Una breve analisi geologica ha messo in evidenza che il centro storico di Naso è costruito su una collina la cui conformazione geologica è a frana poggio mentre il comune di Ficarra ha le linee di scorrimento del sottofondo litico rivolte verso l’interno4. Questa minima ma sostanziale differenza fa si che il centro di Naso, nei secoli, abbia subito danni rilevanti tanto da far ipotizzare nel 1823 il trasferimento dell’abitano nella sottostante pianura di ponte Naso. Il centro storico di Naso si caratterizza per la sua antica e importante storia, fatta di grandi e piccoli eventi che hanno delineato la sua conformazione urbana creando capisaldi architettonici (chiese, conventi, monasteri, castello, palazzi) che hanno fatto si che questo centro storico divenisse uno dei più importanti della provincia di Messina. Grazie allo studio condotto, tra il 2005 e il 2012, in convenzione tra il Comune di Naso e l’Università degli Studi di Firenze, si è potuto valutare che i danni da sisma non erano uniformi su tutto il centro storico ma, che le zone più colpite erano quelle ai margini del pendio su cui è costruito l’abitato in prossimità del quartiere Belvedere sul versante nord est e del piano del Tocco sul versante sud est. La zona del quartiere del belvedere maggiormente danneggiata dai sismi è crollata a causa della frana del 1955 e oggi, a seguito dell’imponenete consolidamento, non presenta più particolari segni di instabilità del costone. Il terremoto del 1613 ha causato a Naso danni rilevanti tanto che le cronache riportano dell’apertura nel piano del Tocco di una lunga e profonda voragi-
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Farneti F. 2006, Naso: Tre secoli di storia. Architettura, Arte e Terremoti, Firenze. Boschi E. 1997, Catalogo dei forti terremoti in Italia dal 461 a.C. al 1990, ING SGA, Bologna.
analisi della vulnerabilitá sismica dei centri storici
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Ficarra il centro storico con i due poli di sviluppo, chiesa e castello.
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Ficarra foto aerea (in alto); Naso, l’urbano interessato dalla frana (in basso).
ne che ha costretto gli abitanti della zona a evacuare l’intera area fino alla conclusione dello sciame sismico. Il sisma ha danneggiato fortemente la chiesa di san Pietro dei Latini posta in quell’area che successivamente è stata ricostruita in forme barocche. La zona del Tocco ha nei secoli continuato a risentire dei danni da sisma e il terremoto del 1823 ha fatto crollare un intero isolato, posto tra la chiesa Madre e la chiesa di san Pietro dei Latini, danneggiando fortemente anche quest’ultima5. La chiesa pietrina verrà successivamente abbattuta creando un vuoto urbano poco coerente con l’antica storia dell’abitato. Vuoto urbano che man mano si è ampliato a causa dei crolli e della demolizione di altri edifici. Anche oggi in quella porzione di abitato di Naso è in atto un movimento franoso e il crollo e l’abbattimento degli edifici posti a valle della frana aprirebbe ancora di più questo spazio sulla vallata, facendo perdere definitivamente quell’effetto di urbano murato tipico delle città antiche. La perdita di questa parte di tessuto urbano, posto tra la chiesa Madre e il ‘piano del castello’, risulta grave perché probabilmente sul suo asse si è sviluppato originariamente l’abitato di Naso. L’ipotesi nasce a seguito di varie considerazioni, la prima riguarda la sua posizione baricentrica e dominante rispetto alle due vie di collegamento antiche principali la via terrestre (che ricalca per somme linee la ss. 116), probabilmente già presente in epoca romana, è la via fluviale (torrente Naso, all’epoca navigabile) entrambe vie di penetrazione per l’entroterra. L’asse viario su cui si trova il piano del Tocco fungeva da collegamento trasversale tra le due arterie. La seconda nasce dal fatto che nella chiesa di san Cono si ravvisano gli elementi di una struttura difensiva medievale realizzato probabilmente per protegge5
Minutoli G. 2015, Un’accolta di gentiluomini, Firenze.
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Naso, centro storico, l’asse interessato dalla frana (a sinistra) il fronte urbano interessato dalla frana (a destra).
re uno degli accessi più importanti della città, ovvero di porta Varrica che permetteva il collegamento della centro nebroideo con il torrente. Terzo indizio è la collocazione dell’antico monastero delle benedettine, tipologia edilizia di norma posto ai margini dell’abitato, in prossimità dell’attuale piazza Lo Sardo centro della vita cittadina dal seicento. I vari studi, storico-sismico, geologici e sismologici, che hanno interessato l’area hanno dimostrato che questa zona è assoggetta alle frane e che gli interventi di consolidamento realizzati negli anni passati non sono riusciti a contenere il processo di scorrimento di degradazione; inoltre l’allargamento della sottostante sede stradale non ha migliorato la stabilità del costone. Il centro storico di Ficarra, ricco e antico centro agricolo siciliano, è stato al centro di una importante campagna di studi, iniziata nel 2009, che hanno valutato i vari aspetti che caratterizzano il tessuto urbano. Alla luce delle considerazioni precedenti sul differente comportamento sismico dei due territori Naso-Ficarra, si è provveduto ad analizzare il tessuto urbano di Ficarra prospiciente la vallata in una situazione orografica simile a quella di Naso, l’analisi del tessuto è stata preceduta dall’individuazione degli aggregati, dall’analisi dei singoli edifici e del loro comportamento in aggregato, valutando le pericolosità (rialzamento degli edifici, dimensione dei maschi murari, inserimento di elementi in laterocemento, ecc.) intrinseche dell’edificio, all’aggregato e al percorso viario. Ipotizzando i diversi livelli di dissesto che gli edifici potrebbero subire se sottoposti a sisma. Le zone della toscana più soggette ai sismi sono la Lumigiana e il Mugello ma anche la città di Firenze ciclicamente è colpita da sismi, il periodo di ritorno è di circa 100-150 anni, e all’interno del suo tessuto si vedono ancora oggi i segni tangibili di questi eventi. Il Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani del 2011, sviluppato a seguito delle analisi sismologiche eseguite dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), ha registrato a partire dal 1400 a oggi cinque terremoti significativi: quello del 28 settembre 1453, che ha procurato diversi danni agli
analisi della vulnerabilitá sismica dei centri storici
edifici e crolli nell’area a est della città. Il sisma del 13 giugno 1542 del Mugello, che fece crollare parte del castello di Scarperia e danneggiò molti centri limitrofi causando la morte di circa 150 persone (questo sisma fu avvertito distintamente fino a Firenze e lungo il suo intorno). Il terremoto del 26 maggio 1798 con epicentro a Siena, che provocò alcune vittime e numerosi danneggiamenti agli edifici della città, incluso il Duomo, oltre a piccoli crolli nella capitale Granducale. Il terremoto di Firenze del 18 maggio del 1895, che provocò i maggiori danni a sud della città, dove fu raggiunto l’VIII grado della scala Mercalli, e trovarono la morte quattro persone; a Firenze gli effetti furono del VII grado della medesima scala con sei feriti e un centinaio circa di edifici inagibili. Sia a Firenze che nei dintorni furono molti gli edifici monumentali gravemente danneggiati, soprattutto chiese. I danni più rilevanti si verificarono alla Certosa di Firenze dove crollò un intero lato del chiostro danneggiando numerose opere d’arte. Danni più lievi furono riscontrati anche al campanile di Giotto, al battistero e alla cattedrale, dove si aprirono numerose lesioni. Furono riscontrati seri danni anche alla basilica di Santa Croce, alla basilica di San Lorenzo, alla badia fiorentina e alla chiesa di Santa Maria del Carmine. Crolli minori si verificarono anche a palazzo Pitti, a palazzo Medici Riccardi, al palazzo degli Uffizi, a palazzo Strozzi, al museo di San Marco e al museo nazionale del Bargello, dove furono danneggiate alcune collezioni d’arte. Fuori dal centro storico venne danneggiata anche la chiesa di San Leonardo in Arcetri. Il sisma fu seguito da una forte replica in data 6 giugno 1895 che fortunatamente non causò ulteriori danni o vittime, ma le cui scosse di assestamento di intensità decrescente proseguirono fino al giugno 1896. Sempre con epicentro nel Mugello fu il sisma del 29 giugno 1919. Gli effetti del sisma si sentirono anche a Firenze, dove si ebbero danni minori come cadute di fumaioli, stacco di intonaci ed alcune lesioni lungo i paramenti murari. L’analisi sviluppata nelle pagine seguenti mira a sistematizzare l’analisi sismica del centro storico della città individuando gli aggregati, le unità edilizie, le pericolosità costruttive o antropiche e le vulnerabilità struttturali dei singoli edifici. L’analisi speditiva proposta, se estesa a tutto il centro storico cittadino, permetterebbe di valutare i diversi livelli di degrado strutturale degli edifici che costituiscono l’urbano; permettendo di valutare così le priorità di intervento per la messa in sicurezza degli immobili e la possibilità di individuare percorsi stradali per la gestione delle emergenze in grado di valutare le condizioni di pericolosità dell’intera strada. Una valutazione delle possibili forme di dissesto consentirebbe una pianificazione degli interventi con indagini più approfondite e con progetti di consolidamento e restauro puntuali e chirurgici, monitorare le condizioni effettive della struttura, evitado quindi episodi come il frequente sovraccarico degli immobili con nuove strutture, uno degli errori più pericolosi talvolta dei possibili dissesti in atto.
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Planimetria di riferimento Elaborazione grafica della planimetria sulla base della carta catastale fogli 14, 15 e 17, riproduzione 1951 aggiornata al 2007
Planivolumetrico di riferimento
Ficarra, piazza Umberto Suddivisione in aggregati
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Aggregato 1 Palazzo Ferrarolo
Assialità Asse rotazione di facciata Asse di simmetria Asse aperture Pannelli murari Maschi murari Fasce murarie Irregolarità di facciata Aperture non allineate
Pannelli murari e assialità
Sopraelevazioni Degrado Umidità di risalita capillare Esposizione ferri di armatura Fessurazione superficiale Erosione giunti di malta Elementi sconnessi Criticità sismiche strutturali Lesioni Deformazioni Presidi antisismici
Analisi del degrado di valenza strutturale
Tirante di parete Criticità sismiche non strutturali Manti di copertura Cornicioni Balaustre-parapetti balconi Infissi Impianti Sopraelevazioni parziali Sopraelevazioni totali
Criticità sismiche di elementi non strutturali
analisi della vulnerabilitรก sismica dei centri storici
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Aggregato 4 Piazza Umberto I | lato Est
Pannelli murari e assialitĂ
Analisi del degrado di valenza strutturale
CriticitĂ sismiche di elementi non strutturali
Analisi di geometrica e strutturale
Interpiano 1 Interpiano 2
Interpiano 4 Interpiano 5
Dall’osservazione diretta e a seguito dei rilievi eseguiti interessanti i fronti strada, l’individuazione delle fasi costruttive non è di facile individuazione. È possibile mettere in evidenza le linee di interpiano che risultano, in linea di massima regolari e allineate, ad eccezione del prospetto su Vicolo dell’Oratorio, dove nella porzione più bassa i solai risultano, rispetto alla parte alta, notevolmente sfalsati. Il fronte sul Vicolo dell’Oratorio e quello della parte tergale presentano molte aperture fuori asse, evidentemente tutte realizzate in una fase successiva a quella che ha visto l’assetto definitivo dell’isolato.
Muratura bizantina Intonaco di malta di calce
Intonaco di malta cementizia Cls armato
Ipotesi storico-evolutiva
Fronte Sud su via Umberto I
Fronte Sud su via Umberto I
Inizi 800 La residenza nasce nel quartiere Piazza nell’800. Il prospetto principale si affaccia su via Umberto I, quello corto laterale sulla piazza. Molto probabilmente l’edificio in corrispondenza della parte tergale presentava un unico piano che si affacciava sulle appartenenti alle famiglie dei palazzi circostanti. La facciata si estendeva lungo tutto l’isolato e presentava gli ingressi nella parte bassa ai magazzini e alle stalle seminterrate a cui corrispondono nella parte tergale delle piccole aperture con inferriata. I piani superiori erano definiti da balconi con lastra di pietra e mensole in ferro, di cui oggi l’unico originario è visibili sul fronte corto della piazza. Sviluppi nell’800 Le varie successioni di proprietà vedono la suddivisione del palazzo tra i vari eredi. Nel 1872 l’isolato acquista quella che è la configurazione più vicina all’attuale, con il completamento della zona tergale sopra le stalle e quella prospicente la piazza.
Analisi del degrado Analisi geometrica e strutturale Fronte di risalita Def. UNI-NorMal 11182:2006: limite di migrazione dell’acqua che si manifesta con la formazione di efflorescenze e/o perdita di materiale. È generalmente accompagnato da variazioni della saturazione del colore nella zona sottostante. Cause: ristagno acque meteoriche e risalita capillare dal Cellula originaria sottosuolo. Cellula di accrescimento Effetti: alonatura e macchie dell’intonaco, perdita del materiale Cellula di completamento di rivestimento, sfarinamento dell’intonaco, erosione successiva dei giunti di malta e del materiale costituente la muratura con conseguente diminuzione della sua resistenza meccanica. Esposizione ferri di armatura Degrado tipico del calcestruzzo armato che si manifesta con l’esposizione di staffe e ferri. Rientra nelle patologie gravi che possono compromettere le caratteristiche di resistenza meccanica del materiale. Cause: infiltrazione di acqua nelle microfessure, carbonazione del materiale, sbalzi termici. Effetti: disgregazione e distacco di parti di calcestruzzo con conseguente corrosione di staffe e ferri
Cls armato e laterizio Muratura ordinaria in pietra locale Laterizio Cls armato
Erosione intonaco Def. UNI-NorMal 1/88: asportazione di materiale dalla superficie. Cause: azione meccanica di particelle trasportate dal vento, inquinamento atmosferico. Effetti: graduale assottigliamento dello strato di intonaco che protegge la muratura, conseguente possibilità di infiltrazioni di acqua e ulteriore erosione dei giunti di malta con perdita di Ipotesi storico-evolutiva resistenza meccanica della muratura. Il nucleo originario è stato ipotizzato sull’osservazione della medesima Erosione giunti di malta Def. UNI-NorMal 1/88: asportazione di materiale dalla superficie. quota del primo piano e della tipologia La malta di allettamento risulta erosa per 1-2 cm di profondità. di aperture. La cellula di accrescimento si sviluppa seguendo lo stesso schema Cause: cicli di gelo disgelo, acqua battente, umidità di risalita, di quella originaria. Le cellule di composizione dei materiali. completamento assumono una Effetti: graduale perdita della resistenza meccanica a conformazione indipendente con quote compressione del materiale. di interpiano svincolate da quelle del nucleo originario. Ipotesi meccanismi di rottura Le ipotesi sui meccanismi di rottura sono state effettuate Inizi 900 fino anni ‘20 sulla base dell’analisi geometrica e strutturale e tramite l’individuazione delle criticità sismiche strutturali e non. Inoltre l’osservazione dei fenomeni di degrado delle superfici integra l’analisi sulla resistenza meccanica della muratura che in caso di sisma potrebbe contribuire alla perdita di stabilità e al conseguente collasso della struttura. Cellula originaria Cellula di accrescimento Cellula di completamento
Fronti Sud-Est
Fronti Nord-Ovest
Criticità sismiche strutturali Lesioni Deformazioni Presidi antisismici Tirante di parete Criticità sismiche non strutturali Manti di copertura Cornicioni Balaustre-parapetti balconi Infissi Impianti Sopraelevazioni parziali Sopraelevazioni totali Assialità Asse rotazione di facciata Asse di simmetria Asse aperture Pannelli murari Maschi murari Fasce murarie Irregolarità di facciata Aperture non allineate Sopraelevazioni Degrado Fronte di risalita Esposizione ferri di armatura Erosione intonaco Erosione giunti di malta
Cellula Edilizia 1a
Fronti Sud, Ovest, Nord ed Est
Inizi 900 Nel 1892 vengono effettuati i lavori di riassetto interno del palazzo, dividendo le proprietà secondo i piani. È questa data che probabilmente vengono effettuati i lavori anche lungo la facciata principale e i fronti sulla piazza che vedono l’incisione, su uno dei conci del cantonale di destra, portare proprio la data 1892. In questa fase è probabile il rifacimento dei piani a sbalzo dei balconi del prospetto principale, costruiti in calcestruzzo armato. Pochi anni dopo, viene anche fissato il definito profilo del perimetro con il completamento del prospetto sul vicolo dell’Oratorio e l’apertura della porta più a monte.
Fronte Sud — Prospetto principale e Fronte Est — Piazza Ribaltamento fuori dal piano: elementi aggettanti
Fronte Nord — Prospetto tergale Ribaltamento fuori dal piano: elementi aggettanti
Ribaltamento fuori dal piano: elementi aggettanti e flessione verticale Scorrimento di piano (sopraelevazione parziale) Meccanismi nel piano: taglio Cellula Edilizia 1b
Fronte Sud — Prospetto principale Ribaltamento fuori dal piano: flessione verticale in presenza di catene metalliche nel piano medio
Fronte Nord — Prospetto tergale Ribaltamento fuori dal piano: flessione orizzontale di sommità
Ribaltamento fuori dal piano: elementi aggettanti e flessione orizzontale Scorrimento di piano (sopraelevazione parziale) Meccanismi nel piano: taglio
Fronte Sud — Prospetto principale e Fronte Est — Piazza Meccanismi nel piano: taglio nelle fasce murarie
Fronte Ovest — Prospetto su vicolo Meccanismi composto: ribaltamento dell’angolo con cuneo
Cellula Edilizia 1c
Cellula Edilizia 1d
Ribaltamento fuori dal piano: elementi aggettanti Ribaltamento parete fuori dal piano
Ribaltamento fuori dal piano: elementi aggettanti Scorrimento di piano (sopraelevazione parziale)
Stato attuale
Lo stato attuale presenta l’apertura sul prospetto tergale e quello sul vicolo dell’Oratorio di nuove aperture non in asse con quelle già presenti in porzioni di facciata prive di aperture precedenti. In particolare, sul prospetto del vicolo dell’Oratorio si ha la presenza di un0apertura molto prossima all’angolo, che costituisce quindi un elemento di criticità importante per la stabilità generale di quella porzione di fabbricato.
Legenda Categoria I: elementi di collegamento — percorsi con evidente continuità strutturale Categoria II: elementi che saturano spazi urbani — superfetazioni, assenza di ammorsamenti, continuità strutturale, assenza di solidarietà, discontinuità Categoria III: Diaframmi — filtri tra due comparti senza presenza di soprastrutture edilizie (archi scarico ecc.) Categoria IV: Ponti — ambienti di passaggio tra due comparti
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1731, Pianta, Disegnata da F. Ruggieri (in alto al centro). 1843, Pianta, Disegnata da F. Fantozzi (in alto a destra).
Firenze. Il quartiere di Santa Trinita Analisi della vulnerabilità sismica dei percorsi viari Introduzione L’indagine svolta prende in esame il quartiere Santa Trinita di Firenze, sicuramente uno dei quartieri storicamente più interessanti della città stessa. In particolare si è voluto porre attenzione sui numerosi vicoli presenti nel quartiere, e più precisamente sugli interventi di occlusione o semi-occlusione degli stessi, per esigenze di vario genere, valutando i comportamenti statici degli edifici che hanno subito tali interventi e degli edifici che non hanno subito alterazioni.
1. Lungarno degli Acciaiuoli. Chiesa SS. Apostoli Il vicolo che affaccia su Lungarno degli Acciaiuoli, in corrispondenza della chiesa dei SS Apostoli. Il sottopasso fa si che i due edifici, separati prima dell’intervento, attualmente vengano percepiti come un unica unità edilizia, modificando di fatto la percezione originaria del fronte stradale. Il comportamento statico degli edifici in caso di sisma, è descritto dallo schema in figura. Il disegfno evidenzia come il corpo in rosso costituisca di fatto un evidente punto di fragilità dell’aggregato.
2. Borgo SS. Apostoli 48 Il quarto intervento è costituito da una vera e propria occlusione. Situato sull’originario vicolo a destra di via delle Bombarde. Storicamente il passaggio aperto affacciava su questa via, a testimonianza di ciò esistono numerose carte storiche. Questa soluzione non interferisce con la percezione delle unità edilizie. Chiaramente in caso di sisma la differente oscillazione dei due edifici farebbe si che l’occlusione costituisca di fatto un punto di fragilità.
3. Chiasso delle Misure. Via delle Terme Il terzo vicolo in esame è quello di chiasso delle Misure. Come nel caso precendente l’intervento rappresenta un occlusione che lascia libero il passaggio, costituendo di fatto un’alterazione del fronte urbano che, anche in questo caso, viene percepito come un’unica unità edilizia. Staticamente il suo comportamento è speculare al caso precedente, entrambi gli edifici spingono sul corpo centrale, l’arco permette di scaricare a terra le spinte.
4. Via delle Terme, chiasso di Manetto L’intervento riguardante il primo vicolo sulla sinistra di via delle Terme, arrivando da via Por Santa maria è costituito da un sovrappasso che ha funzioni statiche e allo stesso tempo occlude superiormente lo spazio tra i due edifici, costituendo di fatto l’ampliamento dell’edificio di destra. Staticamente è evidente che l’edificio di destra spinge su quello di sinistra e la spinta scarica a terra per mezzo dell’arco.
5. Via delle Bombarde In via delle Bombarde è presente una occlusione che permette l’attraversamento al pian terreno, l’unità abitativa in questo caso non viene salvaguardata e l’occlusione costituisce un punto di fragilità in caso di sisma. L’intervento infatti è una superfetazione caratterizzata da discontinuità strutturale. Le lesioni potrebbero presentarsi in chiave dell’arco e seguirebbero l’andamento delle aperture sovrastanti l’arco.
6. Borgo SS. Apostoli, chiasso dei del Bene Particolarmente interessante è anche l’intervento di chiasso dei del Bene. In questo caso si è intervenuto occludendo completamente uno spazio urbano. L’operazione costituisce un’alterazione della percezione delle unità abitative, presenta delle aperture per lo più fuori asse con le preesistenze e in caso di sisma si comporterebbe come un punto di discontinuità strutturale, soggetto alla spinta, con intensità ed oscillazioni differenti, di entrambi gli edifici.
7. Chiasso dei del Bene L’intervento in questione rappresenta una superfetazione, e un evidente punto di discontinuità costruttiva tra i due edifici, connette infatti un corpo con tecnologia costruttiva in muratura portante con un corpo con struttura in cemento armato, in caso di sisma il sottopasso con annessa sovrastruttura edilizia costituirebbe sicuramente un punto di fragilità .
8. Lungarno degli Acciaiuoli, chiasso degli Altoviti gli Altoviti, è immediatamente comprensibile che gli archi assumono funzione statica, non interferiscono con la percezione dei due fronti che restano visivamente separati. L’inclinazione del corpo lascia presumere che gli archi, impostati all’altezza dei solai, siano stati aggiunti per bilanciare la spinta proveniente da destra; la numerosa presenza di catene è un ulteriore indizio dei problemi statici dell’edificio.
9. Chiasso Cornino, via delle Terme Come nel caso precedente l’intervento di chiasso cornino costituisce un diaframma tra due strutture edilizie senza la presenza di sovrastrutture edilizie, mantiene la separazione delle due unità edilizie e non costituisce un elemento di particolare rischio in caso di sisma, contribuisce anzi a bilanciare le differenti spinte provenienti dai due edifici in questione.
10. Vicolo palazzo Davanzati, via Porta Rossa Nel caso del vicolo privato all’angolo di palazzo Davanzati, molto interessante per la sua complessità, si nota un’innumerevole presenza di archi di sostegno in facciata e in profondità, a tal punto di permetterci di considerare i due corpi staticamente come un unico corpo, si potrebbe parlare di unico fronte a livello di percezione visiva; anche se l’immagine attuale è in realtà il frutto di restauri novecenteschi, il palazzorisulta essere di epoca trecentesca.
11. Chiasso degli Altoviti, borgo SS. Apostoli Il penultimo intervento in esame si colloca all’interno del vicolo di chiasso degli Altoviti, in corrispondenza di borgo Ss. Apostoli. In questo caso è evidente che il sovrappasso non ha funzioni statiche. Probabilmente costituisce un passaggio da un corpo all’altro. L’intervento, anche in questo caso, non altera la percezione visiva dei due distinti edifici, ne mantiene piuttosto l’aspetto originario.
12. Chiasso Ricasoli, via delle Terme L’ultimo intervento, in chiasso Ricasoli presenta le stesse caratteristiche di quello in chiasso degli Altoviti, entrambi i corpi spingono sul sovrappasso che costituisce di fatto un terzo corpo di collegamento, ma apparentemente privo di funzioni statiche. Come nel caso di chiasso degli Altoviti, la soluzione non altera la percezione degli edifici, che vengono considerati come appartenenti a due distinte unità edilizie.
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Schedatura e classificazione degli aggregati urbani Sulla base di analisi in situ e ricerche del caso, si sono individuati gli aggregati strutturali: questi sono definiti come l’insieme non omogeneo di edifici interconnessi tra loro, che possono interagire sotto un’azione sismica o dinamica, la cui soluzione di continuità dal resto del tessuto urbano è costituita dalla presenza di strade, piazze, corti interne. All’interno della perimetrazione del quartiere di Santa Trinita nella città di Firenze si sono individuati 10 aggregati urbani. Conseguentemente si è proceduto all’approfondimento, attraverso il rilievo con l’utilizzo di tecnologia laser scanner, dell’aggregato che è risultato essere morfologicamente più interessante, il N°8. La costruzione di un sistema integrato delle conoscenze delle strutture urbane e degli aggregati, sia sotto il profilo della valutazione del valore architettonico ed ambientale, sia sotto il profilo della conoscenza degli effetti del sisma, risulta essenziale ai fini della pianificazione e della progettazione per la ricostruzione.
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in alto 1 | Vista d’insieme prima unità edilizia. 1a | Dettaglio basamento rivestito in pietra forte. 4a | Vista su limite aggregato 1. al centro 2 | Vista d’insieme seconda unità edilizia. 2a | Dettaglio sottopasso che collega lungarno degli Acciaiuoli a chiasso dei del Bene, possibile punto di fragilità dell’aggregato. A | Schema che individua eventuali punti di fragilità. in basso 3 | Vista d’insieme terza unità edilizia. 3a | Dettaglio discontinuità strutturale di natura tecnologica, cambio di materiale, possibile punto di fragilità dell’aggregato. B | Schema che individua eventuali punti di fragilità.
UE1 | Edificio vincolato, sei piani fuori terra più attico. L’edificio è interamente intonacato ad eccezione del piano terra e del primo piano che presentano un rivestimento in pietra forte. UE2 | Edificio compatibile con il contesto, sei piani fuori terra più terrazza. L’edificio è interamente intonacato ad eccezione del piano terra che presenta un rivestimento in filari di pietra squadrati, regolari e lisci,, interessante la struttura a pilastri in cemento armato immediatamente riconoscibile dal prospetto che presenta dei sottopassi al pian terreno. UE3 | Edificio compatibile con il contesto, sei piani fuori terra più terrazza. L’edificio è completamente intonacato ad eccezione del piano terra che presenta un rivestimento in pietra.
Aggregato 1 L’aggregato è per lo più nella sua interezza costituito da edifici di nuova costruzione, sostanzialmente di epoca successiva all’ultimo conflitto mondiale. Non presenta quindi particolari tratti legati a vicende storiche, tuttavia sono presenti spunti riflessivi a carattere costruttivo. La pianta indica le unità edilizie che costituiscono l’aggregato, l’edificio 1 è notificato da PRG come appartenente alla categoria di edifici vincolati. Le altre unità edilize sono edifici compatibili con il contesto per la loro interezza. L’aggregato si compone di edifici di cinque o sei piani fuori terra con sistema costruttivo in cemento armato.
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in alto 1 | Palazzo Altoviti. 1a | Dettaglio facciata Palazzo Altoviti, catena. B | Limite aggregato 2. al centro 2 | Chiesa S. Apostoli. 2a | La diversità di tecnologie costruttive tra il corpo appartenente alla chiesa e l’edificio confinante, costituisce una discontinuità strutturale. C | Schemi che individuano eventuali punti di fragilità. in basso 3 | Palazzo Rosselli Del Turco. A | Il corpo-ponte sostenuto da pilotì, in caso di sisma rappresenta una fragilità per l’aggregato in questione. D | Schemi che individuano eventuali punti di fragilità.
Aggregato 2 L’aggregato 2 si compone di edifici di nuova costruzione ed edifici di particolare interesse e rilevanza storica. Appartiene ad esso la chiesa dei Ss. Apostoli, che ha sede al livello del suolo stradale corrispondente alla città medievale, siamo in una delle parti più antiche del borgo. Di notevole interesse anche palazzo Rosselli Del Turco, risalente al 1500 ca. Sia la chiesa che il palazzo in questione risultano vincolati da PRG, mentre catalogato tra gli edifici di particolare interesse è tutto il corpo appartenente all’unità edilizia 2, compreso Palazzo Altoviti. • Edificio di epoca successiva, compatibile con il contesto, sei piani fuori terra. L’edificio è intonacato ad eccezione del piano terra che presenta rivestimento in pietra, una cornice marcapiano separa il terzo piano dal quarto, le finestre del piano primo sono sormontate da frontoni triangolari e circolari alternati. • Edificio di particolare interesse varia dai quattro ai cinque piani fuori terra, aggiunta di archi di sostegno denotano problemi strutturali. L’edificio risulta intonacato ad eccezione del pian terreno.
UE2 — 1 | Palazzo Altoviti B. SS.Apostoli 21 Si ipotizza che il palazzo sia del ‘300 anche se si nota una quas certa sistemazione avvenuta probabilmente nel secondo dopoguerra. UE4 — 2 | Canonica della chiesa Lungarno Acciaiuoli Vicende successive alla costruzione: Ampliata nel 1829 dall’architetto Stefano Minucci di cui rimane la facciata. UE3 — 3 | Palazzo Rosselli Del Turco B. SS. Apostoli 17/19 Datazione: 1517 ca. Il palazzo si compone di tre piani fuori terra, facciate intonacate, con bugnato d’angolo. Da evidenziare lo stemma della famiglia sull’angolo e due basso rilievi sulla facciata verso piazza del Limbo.
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in alto 4 | Palazzo Altoviti, vista da Piazza S. Trinita. 4a | Palazzo Altoviti — Palazzo Salutati da B. Ss. Apostoli. 4b | Busto di Cosimo II de’ Medici, Palazzo Altoviti. al centro 5 | Palazzo Salutati, vista da Piazza S. Trinita. 6a | Particolare attacco edificio di nuova costruzione e Palazzo Spini Feroni. A | Schema che individua eventuali punti di fragilità. in basso 6 | Palazzo Spini Feroni, vista da Piazza S. Trinita. 6b | Dipinto all’interno della Cappella Sassetti, ad opera del Ghirlandaio (particolare in cui è visibile Palazzo Spini Feroni all’epoca della sua costruzione). B | Schema che individua eventuali punti di fragilità.
UE5 — 4 | Palazzo Altoviti B. SS. Apostoli 25 La facciata riporta tracce di un intervento trecentesco, il piano terra presenta in parte l’antico impianto con bugnato. Notevole il busto di Cosimo II de’ Medici collocato in una nicchia in facciata. UE6 — 5 | Palazzo Salutati B. SS. Apostoli 29 Datazione: XVI sec. Attribuito a Baccio d’Agnolo Prospetto intonacato con finestre e portale con bugnato laterale per il primo e il secondo piano. UE3 — 6 | Palazzo Spini Feroni Piazza Santa Trinita Datazione: 1289 probabile attribuzione Arnolfo di Cambio. Aspetto attuale è dovuto a restauri del 1800, è rivestito con pietra forte e coronato da merli Guelfi, si compone di tre piani fuori terra più ballatoio terminale. Ai tempi della sua costruzione era il più grande edficio privato a Firenze.
Aggregato 3 L’aggregato si compone di sei unità edilizie, uno dei fronti affaccia su piazza S.Trinita, si tratta di un caso di estrema rilevanza nell’analisi del quartiere in quanto esso contiene edifici di rilevanza storica quali Palazzo Altoviti (due palazzi), Palazzo Salutati e Palazzo Spini Feroni, vincolato da PRG.
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in alto 7 | Palazzo Buontalenti (sinistra), vista da Piazza S. Trinita. 1a | Dettaglio, lesione. 2a | Dettaglio, catena. al centro 8 | Palazzo Ricasoli. 8a | Particolare Palazzo Ricasoli, lesione. A | Schema che individua eventuali punti di fragilità. in basso 9 | Immagine attuale di Palazzo Buondelmonte. 9a | Palazzo Buondelmonte (foto storica). B | Schema che individua eventuali punti di fragilità.
Aggregato 4 L’aggregato non presenta particolari complicanze dal punto di vista strutturale, è costituito da sette unità edilizie, una delle quali interamente costituita da Palazzo Buondelmonti, che appare attualmente come il frutto di importanti restauri, tutti gli edifici appartenenti all’aggregato sono notificati come vincolati dal PRG di Firenze.
UE2 — 7 | Palazzo Buontalenti B. SS. Apostoli 22 Il palazzo si compone di tre piani fuoriterra, interamente intonacati, presenta finestre bugnate a tutto sesto e una serie di torcieri, imponenti cornici marcapiano dividono il primo e il secondo piano. UE5 — 8 | Palazzo Ricasoli Via delle Terme 29 Datazione: XV sec. attribuito a Michelozzo Michelozzi a seguito dei numerosi interventi di restauro il palazzo non presenta caratteri appartenenti allo stile di Michelozzo (restaurato da Felice Francolini). L’edificio si compone di tre piani fuori terra e riprende lo stile seicentesco con cornicioni alla romana. Notevole la targa di G.Marconi. UE4 — 9 | Palazzo Buondelmonti Piazza Santa Trinita 2 Datazione: XIII sec. Proprietario Lorenzo Buondelmonti, probabile attirbuzione a Baccio D’Agnolo. L’edificio si compone di quattro piani fuori terra, restaurato nel 1967. Il pian terreno presenta una muratura trecentesca a filari di pietra squadrati. Nei piani superiori la facciata assume un aspetto tipicamente quattrocentesco dato dal ricorso di finestre a tutto sesto, incorniciate da bugne. L’edificio si conclude con la loggia superiore.
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in alto 10 | Palazzo Altoviti. 13 | Secondo palazzo di proprietà Altoviti. 11c | Dettaglio Palazzo De’ Nobili, sporti. al centro 11 | Facciata Palazzo De’ Nobili. 11a | Particolare Palazzo De’ Nobili, catene e beccatelli medievali. A | Schema che individua eventuali punti di fragilità. in basso 12 | Facciata terme Peppini. 11b | Particolare lesione sotto finestra ad arco del secondo piano di Palazzo De’ Nobili. B | Schema che individua eventuali punti di fragilità.
UE4 — 10 | Palazzo Altoviti B. SS. Apostoli 18 Datazione: 1300, apparentemente il palazzo sembra trecentesco con torcere e finestre a sesto ribassato al primo piano e a sesto acuto al piano terreno. L’ultimo piano sembra aggiunto in un secondo momento. UE1 — 11 | Palazzo De’ Nobili Via delle Terme 21 Datazione: palazzo di epoca medievale. L’impianto primitivo della facciata risulta scomparso, coperto dall’intonaco, l’intervento in facciata è databile intorno al 1400. La disassialità delle finestre, i filari visibili di pietra e i beccatelli evidenziano il carattere medievale dell’edificio. UE2 — 12 | Terme Peppini B. Ss. Apostoli 16 Datazione: 1826 Arch. Telemaco Bonaiuti. Palazzo di epoca ottocentesca. UE1 — 13 | Palazzo Altoviti B. Ss. Apostoli 14 Datazione: il palazzo sembra trecentesco con archi e finestre a sesto ribassato, bugnato e cornici marcapiano in pietra.
Aggregato 5 L’aggregato, si presenta come uno dei più complessi da analizzare. Un dato certo è che il vicolo che si apre subito dopo Via delle Bombarde, storicamente si concludeva proprio in quest’ultima. Da un’analisi sul luogo si è giunti alla conclusione che l’aggregato si compone di cinque unità edilizie; una delle quali è notificata come vincolata le altre quattro presentano palazzi di particolare interesse storico.
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in alto 1a | Vista Palazzo trecentesco anonimo. 1b | Particolare palazzo trecentesco, lesione. 4b | Dettaglio palazzo accanto a Palazzo Acciaiuoli, danneggiamento cornicione. al centro 2a | Vista facciata Palazzo ottocentesco anonimo. 2b | Particolare palazzo ottocentesco, lesione. A | Schema che individua eventuali punti di fragilità. in basso 14 | Vista Palazzo Acciaiuoli; 3b | Particolare palazzo via del fiordaliso, catene. B | Schema che individua eventuali punti di fragilità.
Aggregato 6 L’aggregato si compone di quattro unità edilizie, presenta tre interessanti palazzi appartenenti a tre distinti periodi storici. Non presenta superfetazioni che ne intacchino la chiara comprensione. Interessante il vicolo che affaccia su via delle Terme e che effettivamente separa il rispettivo fronte in due distinte unità edilizie.
UE1 — 1a | Palazzo Trecentesco Via delle Terme 15 Il palazzo si compone di quattro piani fuori terra, facciata in parte intonacata, presenta un’unica cornice marcapiano. Tutte le finestre risultano tamponate. UE3 — 2a | Palazzo Ottocentesco Via delle Terme 19 Il palazzo si compone di cinque piani, pian terreno presenta filari di pietra regolari, i piani superiori sono intonacati, separati da cornici marcapiano. Le finestre presentano cornici con timpani triangolari al secondo piano. Il palazzo sembra ottocentesco, si suppone comunque che sorga su una struttura anteriore vista la zona di ubicazione. UE1 — 14 | Palazzo Acciaiuoli B. SS. Apostoli 10 La facciata intonacata con cornici marcapiano per separare il piano nobile dal piano terreno e dal mezzanino che ha piccole finestre quadrate.
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in alto 15 | Palazzo Bonciani. 18 | Palazzo Buondelmonti. 18a | Torre de’ Buondelmonti. al centro 16 | Facciata Palazzo Galigai. 19 | Secondo Palazzo Buondelmonti. A | Schema che individua eventuali punti di fragilità. in basso 17 | Palazzo Gransiniscalco. 15a | Particolare Palazzo Bonciani, catena. B | Schema che individua eventuali punti di fragilità.
UE2 — 15 | Palazzo Bonciani Via delle Terme 11 Datazione: restaurato nel XIX sec. lo stemma richiama ad un impianto precedente. Il palazzo si compone di quattro piani, il pian terreno presenta un rivestimento in pietra, i piani superiori sono interamente intonacati, una cornice marcapiano separa il piano terra dal primo piano. UE2 — 16 | Palazzo Galigai Via delle Terme 7 Il palazzo è composto da quattro piani fuori terra, con bugnato al pian terreno e intonaco ai piani superiori, portale ottocentesco. UE2 — 17 | Palazzo Gransiniscalco B. Ss. Apostoli 8 Datazione: XIII-XIV sec. restaurato e ampliato dai Petrini Bortesi nel 1864, l’edificio si compone di quattro piani fuori terra, presenta un’altissima torre sul chiasso delle Misure, stemma della certosa di Firenze sul portone principale; all’interno sul lato del palazzo sono presenti delle lapidi che ricordano i Peppini. UE3 — 18 | Palazzo Buondelmonti B. Ss. Apostoli 6 Datazione: edificato su disegno di Enrico Presenti nel 1840 eretto sopra alla loggia dei Buondelmonti che fu bruciata nel 1378. L’edificio conserva una porzione di muratura in filari di pietra non lavorata appartenente al primitivo impianto. Nell’angolo dell’edificio si notano invece, blocchi di pietra squadrati. UE3 — 19 | Palazzo Buondelmonti Via delle Terme 5 La facciata completamente intonacata presenta finestre ai piani superiori, separati da cornici marcapiano, il portone a pian terreno è in bugnato, l’edificio si compone di quattro piani fuori terra.
Aggregato 7 L’aggregato presenta numerosi palazzi interessanti dal punto di vista storico, tra cui un altissima torre di epoca medievale su chiasso delle Misure, appartenente ai Buondelmonti, proprio questo vicolo esaminato nella scheda a p.6, altera la percezione del fronte che da su via delle Terme, in corrispondenza del quale, quest’ultimo viene percepito come un’unica unità edilizia.
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in alto 20 | Palazzo Acciaiuoli. 20a | Superfetazione Palazzo Acciaiuoli altera la percezione del fronte urbano. A | Vista su punto di separazione tra aggregato 1 e 8. al centro 21 | Palazzo Buondelmonti. 21a | Particolare Palazzo Buondelmonti, resti della muratura antica. B | Schema che individua eventuali punti di fragilità. in basso 22 | Palazzo Del Bene. 20b | Particolare Palazzo Acciaiuoli, catene. C | Schema che individua eventuali punti di fragilità.
Aggregato 8 L’aggregato si compone di tre unità edilizie, in parte ricostruito dopo la guerra, presenta sul fronte verso B. SS. Apostoli resti della muratura in pietra antecedente al conflitto, catalogata di particolare interesse da PRG, per il resto le unità edilizie dell’aggregato appartengono per lo più alla categoria di edifici d’epoca successiva non compatibili con il contesto, fatta eccezione per il caso di Palazzo Acciaiuoli e Palazzo Buondelmonti.
UE3 — 20 | Palazzo Acciaiuoli B. SS. Apostoli 9 Datazione: XVI-XVII sec Dal XVI sec. al 1660 il palazzo è oggetto di vari passaggi di proprietà. Nel 1816 fu acquistato dall’ Avv. Maldura e trasformato in una locanda, successivamente venne riconvertito dal nobile inglese Gualtiero Kennedy Lourie nel Grand Hotel Royal. L’edificio fu parzialmente restaurato dopo la II guerra mondiale. Osservazioni: il palazzo si compone di tre piani fuori terra intonacati, un bugnato più evidente al pian terreno e meno ai piani superiori. UE1 — 21 | Palazzo Buondelmonti B. SS. Apostoli 1/3 Datazione: XIV-XV sec, in parte distrutto dalle mine tedesche, ricostruito per un albergo moderno. Del primitivo impianto rimane solo parte del pian terreno a bugnato irregolare non lavorato ed archi a sesto acuto ribassato. I piani superiori evidenziano il carattere tipico delle architetture del ‘900. UE3 — 22 | Palazzo Del Bene B. SS. Apostoli 13 Datazione incerta. Presenta un grande portale di pietra serena ma piccole aperture ai piani superiori che fanno presupporre che siano state rimpicciolite. La facciata è ricoperta da uno strato di intonaco.
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in alto 23 | Vista Palazzo Baldovinetti. 23a | Vista torre Baldovinetti. A | Particolare sporto su chiasso di Manetto. al centro D | Vista su corte interna dell’aggregato. E | Vista su sottopasso chiasso di Manetto. B | Schema che individua eventuali punti di fragilità. in basso F | Vista aggregato da via delle terme. G | Vista edifici di nuova costruzione su via Por Santa Maria. C | Schema che individua eventuali punti di fragilità.
UE1 — 23 | Palazzo Baldovinetti B. SS. Apostoli 2 Proprietà dei conti Pandolfini. Notevole al pian terreno il bugnato, mentre al primo piano si nota l’intonaco rifatto poichè bombardato durante la guerra. Il palazzo è affiancato da una torre molto alta di epoca medievale. UE1 — 3 | Edifici di minor interesse si dispongono all’incrocio tra via delle Terme e via Por Santa Maria. Alcuni presentano basamenti in pietra forte, i piani successivi al pian terreno in genere risultano intonacati per un’altezza media di quattro o cinque piani.
Aggregato 9 L’aggregato consta di edifici che non hanno particolari differenze costruttive o tecnologiche, sono tutti corpi di nuova costruzione considerati non compatiibili con il contesto, ad eccezione dell’alta torre de’ Buondelmonti di epoca medievale, unico effettivo punto d’interesse, in quanto la maggior parte degli edifici storici presenti nell’aggregato hanno subito interventi successivi alla guerra a causa dei bombardamenti subiti.
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in alto 24 | Vista Palazzo BartoliniSalimbeni. 27 | Vista palazzo Davanzati. 1a | Dettaglio Porticato, punto fragilità aggregato. al centro 25 | Vista Palazzo Altoviti. 26a | Dettaglio Palazzo Canacci, catene. A | Schema che individua eventuali punti di fragilità. in basso 26 | Vista Palazzo Canacci. 26b | Dettaglio Palazzo Canacci, graffiti e loggia. B | Schema che individua eventuali punti di fragilità.
Aggregato 10 L’aggregato, di sei unità edilizie, presenta edifici molto interessanti.
UE1 — 24 | Palazzo Bartolini Salimbeni Piazza Santa Trinita 1 Datazione: 1520, Arch. Baccio d’Agnolo. Il palazzo ebbe bisogno di innumerevoli restauri, ed in alcuni momenti sembrò una vera e propria rovina, soltanto dopo l’ultima guerra si pensò ad un radicale restauro ad opera di Piero Sanpaolisi. La facciata del palazzo è interamente rivestita a bugnato piu marcato al pian terreno. Al primo piano ci sono finestre sormontate da frontoni triangolari e arcati alternati. Rifinisce in alto la facciata del palazzo, una pesante cornice che ricorda lo stile alla romana. UE2 — 25 | Palazzo Altoviti Via Porta Rossa 17 Il palazzo sembra rifatto nel XVII sec. La facciata è completamente intonacata. Notevole il tabernacolo con la crocifissione dipinta da Battista Naldini. Si notano alcuni interventi forse ottocenteschi, in alcune parti della facciata. Particolare è il piccolo portone d’ingresso. UE3 — 26 | Palazzo Canacci Via delle Terme 4 Datazione: XV sec. L’ Arch. Castellucci propose un progetto di restauro dell’intero isolato per restituire l’originalità del suo aspetto. Nel XX sec. viene restaurato dal comune. I graffiti sono rifatti egualmente, simmetricamente, accuratamente. Notevole interesse desta l’intonaco graffito della facciata. All’ultimo piano si apre un loggiato. UE6 — 27 | Palazzo Davanzati Via Porta Rossa 9 Datazione: iniziato nel 1330. Restaurato tra il 1904 e il 1910 dal nuovo proprietario Elia Volpi, restauro a cura del Lenzi, molti restauri destarono dubbi di autenticità, il Lenzi fece togliere tutte le sovrastrutture degli interni e ne mise in luce le decorazioni e gli affreschi arbitrariamente ricoperti.
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in alto Foto scattate durante il rilievo con laser scanner. Foto superfetazione aggregato, eventuale punto di fragilità (a destra). al centro Foto scattate durante il rilievo con laser scanner. Foto su resti di muratura antecedente al conflitto mondiale (a destra). in basso Palazzo Buondelmonti, utilizzato oggi come hotel. Foto aggregato su B. SS. Apostoli. Foto di dettaglio su catene del fronte che affaccia su B. SS. Apostoli.
Scheda approfondimento aggregato 8 Dopo aver censito e analizzato i singoli aggregati del quartiere di Santa Trinità, definendone: le unità edilizie, i palazzi di interesse storico, i punti di fragilità, i principali problemi relativi ai loro comportamenti statici e i tratti morfologici dei fronti, il lavoro è proseguito approfondendo l’analisi dell’aggregato che si è ritenuto più interessante in ambito tecnologico e costruttivo. L’aggregato scelto è il N°8, esso affaccia su Borgo Ss. Apostoli, ed è composto da tre unità edilizie; in parte ricostruito dopo la guerra presenta resti della muratura antecedente il conflitto, contiene palazzi di interesse storico quali palazzo Buondelmonti, palazzo Acciaiuoli e palazzo Del Bene, il resto dell’aggregato presenta per lo più edifici considerati non coerenti con il contesto. L’analisi si è svolta per gradi, si è partiti con il disegno di edotipi sul posto e l’individuazione dei principali punti d’interesse: diversità costruttive, problemi relativi alle diverse altezze dei singoli edifici, superfetazioni, catene, lesioni. Dopo aver individuato e documentato fotograficamente tutte queste caratteristiche si è proceduto ad un rilievo per mezzo di tecno-
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Elevation map.
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Individuazione dei maschi murari.
logia Laser scanner, (vedi foto) con una serie di scansioni si è rilevato tutto il fronte che da su Borgo Ss. Apostoli. I dati raccolti sono stati poi rielaborati per mezzo del software Cyclone. Si è unito quindi le varie nuvole di punti, proceduto alla produzione di un fil di ferro, utile per la rappresentazione dell’analisi stratigrafica dei fronti e infine per mezzo delle scansioni si è prodotta un elevation map, elaborato che permette di individuare i punti critici in ambito di fragilità dell’aggregato, e che offre quindi importanti indicazioni su come intervenire o su come l’aggregato possa comportarsi in caso di sisma. I risultati dell’elaborazione dei dati raccolti per mezzo del rilievo a vista e del rilievo per mezzo di tencologia laser scanner sono raccolti e indicati nella scheda successiva.
in alto Modello 3D. Modello tridimensionale che indica il comportamento oscillatorio degli edifici appartenenti all’aggregato in caso di sisma. Le diverse altezze dei singoli volumi comportano oscillazioni diverse, quando i corpi vanno in ridondanza si creano danni strutturali più o meno gravi a seconda dell’entità del sisma. in basso Schema delle deformazioni. Dall’elevation map ottenuta dalle varie scansioni effettuate sul posto, si può leggere come le deformazioni del piano della facciata siano più accentuate in prossimità degli attacchi tra i diversi apparati murari e nei punti in cui sono state predisposte precauzioni, come le numerose catene di palazzo Buondelmonti. Nell’analisi dei maschi murari inoltre, si può constatare che le porzioni di muratura che vanno dalle fondazioni fino al piano di copertura siano esili e distanti tra di loro. A causa della diversa composizionedella muratura di cui si compon l’aggregato, il quadro deformativo si eplicita in primis tra le diverse unità strutturali, dunque nei punti più deboli dei fabbricati: negli interventi di sostruzione muraria e nelle varie stratificazioni storiche e in prossimità delle aperture.
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La penisola italiana si caratterizza per una elevata pericolosità sismica, causata dalla sua localizzazione in una zona orogenetica che annualmente da luogo a migliaia di terremoti, con almeno uno l’anno fra i 5-6 gradi della scala Righter. Questi eventi provocano purtroppo la morte ricorrente di numerose persone e causano danni sostanziali e irreparabili al patrimonio storico-artistico italiano. Si ricordano il terremoto della Val di Noto, dell’11 gennaio 1693 (7.4 della scala Richter e XI della Mercalli), che causò la morte di circa 1000 persone e lo spostamento più a valle di 8 km della città di Noto, grazie a Giuseppe Lanza duca di Camastra, divenuto vicario generale per la ricostruzione, intervenirono per la realizzazione della nuova città molti degli artisti e architetti più in auge del periodo, del calibro di Carlos de Grunenbergh, Giovanni Battista Landolina, Angelo Italia, Giuseppe Formenti, Rosario Gagliardi, Paolo Labisi, Vincenzo Sinatra, Antonio Mazza1. Il terremoto di Messina del 28 dicembre 1908 (XII scala Mecalli), che causò la morte di circa 80.000 persone e la distruzione totale di Messina e di molti centri marittimi sia siciliani che calabresi. Nel giro di pochi anni, nel 1911, si approvò il piano di ricostruzione dell’ing. Luigi Borzi ma solo nel 1924 si può dire che iniziò la ricostruzione della città peloritana. Anche in questa occasione contribuirono alcuni tra gli architetti più importanti dell’epoca, Marcello Piacentini, Alberto Savona, Ernesto Basile, Gino Coppedè, Guido Viola2. Il sisma del Belice del 14 gennaio 1968, che rase al suolo le cittadine di Gibellina, Menfi, Montevago, Partanna, Poggioreale, Salaparuta, Salemi, Santa Margherita di Belice e Santa Ninfa, causando 370 morti, oltre 1000 feriti e 70.000 sfollati. la vecchia città di Gibellina venne abbandonata e la nuova venne costruita a valle. L’artista Alberto Burri realizzò sulle rovine dell’antico centro il Cretto mentre architetti del calibro di Franco Purini, progettarono gli edifici per la nuova città3. Il terremoto del Friuli del 6 maggio 1976, fu un sisma di magnitudo 6.5 della scala Richter, colpì la zona a nord di Udine e principalmente i comuni di Gemona e Artegna. Vi furono 990 morti e 45.000 sfollati, per un totale di 77 comuni interessati. Il modello Gemona, per la ricostruzione, è ancora oggi valu-
Stucchi M., Albini P., Moroni A., Leschiutta I., Mirto C., Morelli G. 2000, Il terremoto del 9 gennaio 1693, in L. Decanini, G.F. Panza (a cura di), Scenari di preicolosità sismica ad Augusta, Siracusa e Noto, Roma, p. 200. 2 Minutoli G. 2012, La ricostruzione post sismica di Messina (1909-1939): L’edificio ‘minore’, tecniche costruttive e uso dei materiali contemporanei, Firenze. 3 Cagnardi A. 1981, Belice 1980. Luoghi problemi progetti dodici anni dopo il terremoto, collana Quaderni di architettura e urbanistica Polis, n.25, Venezia. 1
pagina a fronte Messina, porto.
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Messina prima del terremoto del 1908 (a sinistra), dopo il terremoto del 1908 (a destra).
tato come il migliore della storia repubblicana italiana, che ha nel giro di pochi anni ricostruito i centri storici e riattivato l’economia locale4. Il sisma del 23 novembre 1980, colpì i comuni di Conza della Campania, Castelnuovo di Conza, Teora, Laviano, Lioni, Sant’Angelo dei Lombardi, e altri centri dell’alta Irpinia. Il bilancio dei morti fu di 2914, gli sfollati furono circa 280.000; per la ricostruzione furono usati vari metodi dal dov’era ‘quasi com’era’ di Teora, alla delocalizzazione di Conza della Campania5. Gli ultimi eventi sismici in ordine di tempo sono quello Ubro-Marchigiano del 1997, quello del L’Aquila del 2009, dell’Emilia del 2012 e i due recenti del 24 agosto 2016 e del 26 ottobre 2016. Se i sismi antecedenti al 1976 hanno messo in evidenza le precarie condizioni strutturali dell’edilizia storica presente nei centri storici minori, il terremoto del 1980 ha messo in discussione anche la capacità di resistere ai sismi anche delle strutture in cemento armato. Infatti il sisma dell’Irpinia ha sancito il fallimento degli edifici di nuova costruzione. Molti degli immobili danneggiati e resi inagibili dal terremoto erano stati infatti costruiti in cemento armato e il loro stato di salute risultava apparentemente ottimo. Il sisma ha invece messo in evidenza tutte quegli errori costruttivi che li hanno resi fragili. La composizione degli inerti a volte è risultata poco omogenea e con materiali con pezzature troppo grandi che creavano all’interno delle strutture vuoti che hanno diminuito le sezioni resistenti. Ferri mal distribuiti e con staffe di dimensioni talmente ridotte da renderle praticamente inutili. Impianti tecnologici che per velocizzare le operazioni di distribuzione tranciavano interi tratti di travi e pilasti. I sismi successivi invece hanno reso evidenti i danni che cattivi interventi di restauro possono fare sulle strut-
pagina a fronte Messina uno dei pochi edifici religiosi non completamente crollato (a sinistra), edificio civile, il ribaltamento dei fronti a seguito del sisma (a destra).
ture antiche. Cordoli troppo pesanti e non ammorsati su murature friabili, solai in latero cemento che diminuiscono le sezioni delle murature, aperture troppo ampie e mal eseguite che diminuiscono i ma-
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Cossi P. 2006, Il terremoto del Friuli 1976-2006: per ricordare, trent’anni dopo, Udine. Bignami D.F. 2010, Protezione civile e riduzione del rischio disastri, Segrate (MI), pp.144-146.
i piani di recupero
schi murari, ecc. Oggi, anche grazie allo sviluppo normativo che ha portato alla creazione del D.M. 2008 sulle costruzioni in muratura, siamo coscienti che per intervenire adeguatamente su un edificio storico o su un centro storico dobbiamo inanzitutto costruire unpercorso di conoscenza che porti i tecnici ad intervenire con progetti mirati e puntuali capaci di rispettare l’edificio. Questo veloce excursus ci fa comprendere come il notro territorio sia fragile e quanto necessiti di una cura sopratutto da un punto di vista di valutazioni sismiche sui centri storici valutando quanto la loro pericolosità può causare vittime. Per migliorare la risposta sismica di un territorio bisogna intervenire con strumenti urbanistici che abbiano come fine ultimo la salvaguardia di vite umane e del patrimonio storico artistico di tutti i piccoli comuni che fanno grande la storia d’Italia. L’inizio di un progetto di restauro urbano basa le sue radici nella normativa e solo sull’analisi della normativa vigente si può comprendere quali siano gli strumenti idonei alla salvaguardia del territorio. Sulla consapovelezza del valore artistico del territorio italiano nasce la prima normativa dedicata alla salvaguardia del patrimonio storico artistico, che attraverso lunghi percorsi giuridici, amministrativi e politici porterà alle disposizioni vigenti. Questo percorso ancora in fase di sviluppo vede molte lacune e mancanze legislative. L’interesse verso la tutela del patrimonio trova il suo corrispondente normativo in Italia per la prima volta nella legge n. 778 dell’11 giugno 1922. Questa norma era stata già anticipata da altre leggi che solo superficialmente avevano affrontato il problema: la legge n. 185, la legge n. 364 e la legge n. 688, dal 1902 al 19126. Questa prima normativa accenderà la discussione sullo sviluppo della cultura urbanistica dagli anni ’20 agli ann ’30 del Novecento, che fornirà i principali strumenti legislativi tesi a colmare i vuoti lasciati dalla legge n. 778. Il dibattito si svolge in più forme e più luoghi, il 13 settembre 1933 viene redatto un testo per una nuova legge urbanistica da una commissione presieduta dal sottosegretario
6 Gurrieri F., Van Rriel S., Semprini P. 2005, Il restauro del paesaggio. Dalla tutela delle bellezze naturali e panoramiche alla governance territoriale-paesaggistica, Firenze, p.12.
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Gibellina prima del sisma (in alto), la città ‘tombata’ di Burri (in basso).
di Stato Antonio Leoni, cui facevano parte Alberto Calza Bini, Gustavo Giovannoni e Virgilio Testa. Invece nel 1938 viene tenuto un convegno di urbanisti in Sicilia a seguito del quale avviene un attento confronto sulle pagine della rivista <<Urbanistica>> tra Testa e Giovannoni7. Nel suo articolo Giovannoni elabora una e vera e propria metodologia per la tutela e la salvaguardia del patrimonio con terminologie e considerazioni che plasmeranno la cultura urbanistica e architettonica in Italia, oltre a creare le fondamenta per la legge n. 1497del 1939. Non a caso è lo stesso Giovannoni a scrivere al ministro Bottai, poiché preoccupato dalla possibilità di stravolgimenti alla proposta di legge redatta dalla commissione da lui presieduta. Purtroppo, la legge del ‘39, sebbene più completa e precisa rispetto a quella del ‘22 non avrà mai risultati sperati, come conferma l’esiguo numero di piani territoriali paesistici entrati vigore in Italia. Parallelamente viene portato avanti il disegno di legge per la salvaguardia del patrimonio architettonico approvata nello stesso anno con il n. 1089. La discussione sulla salvaguardia del patrimonio viene sospesa a causa della guerra, anche se del ‘42 è la cosiddetta legge urbanistica (17 agosto 1942, n. 1150) che si concentra su ben altri temi limitandosi ad affermare che “si deve assicurare, nel rinnovamento e ampliamento edilizio della città, il rispetto dei caratteri tradizionali”. Affinché l’argomento torni a essere discusso si deve aspettare il 1947 con l’emanazione della Costituzione che all’articolo 9 sancisce che “La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione”. Purtroppo il regolamento legislativo principale rimarrà la legge del ‘39 con i limiti e i problemi sovra elencati. Nel 1960 l’ANCSA (Associazione Nazionale Centri Storico-Artistici) emana la Carta di Gubbio, documento indirizzato ai politici e agli amministratori contenente una serie di principi e obiettivi volti alla salvaguardia delle città storiche8. Anche se il dibattito è acceso e approfondito, sarà, solo a seguito dell’alluvione di Firenze e della frana di Agrigento nel ‘66, che il parlamento emanerà una legge urbanistica dichiaratamente provvisoria, la
pagina a fronte Friuli urbani colpiti dal sisma del 1976.
Nicoloso P. 1999, Gli architetti di Mussolini. Scuole e sindacato, architetti e massoni, professori e politici negli anni di regime, Milano, p. 141. 8 Cannarozzo T. 2010, in G. Abbate, T. Cannarozzo, G. Trombino (a cura di), Centri storici e territorio. Il caso di Scicli, Firenze, p. 15. 7
i piani di recupero
legge n. 765 del 1967, cosiddetta legge ponte e l’anno successivo alcuni decreti che serviranno unicamente a limitare e contenere l’edificazione. Uno per tutti il Decreto 2 aprile 1968, nel quale vengono definite le zone territoriali omogenee, zone dove vengono imposti limiti di densità edilizia, di altezza e distanza tra prefabbricati. Queste zone non sono mai descritte in maniera specifica, in particolare i centri storici, pertanto la decisione viene rimandata ai politici locali che, per interessi economici, tendono a ridurre al minimo le zone dove le restrizioni risultano maggiori. In questo periodo l’unico esempio di buona legislazione avviene a Bologna dove, già nel 1963, il comune aveva varato il Piano urbanistico di salvaguardia alla base del quale si trovano gli studi settoriali condotti dal gruppo del professore Leonardo Benevolo. Il piano varato nel 1973 otterrà una forte risonanza a livello nazionale e internazionale, oltre ad essere utilizzato come esempio per tutti i piani successivi per i centri storici italiani. Solamente nel 1978 lo stato promulga la legge n.457 del 5 agosto sulle “Norme per l’edilizia residenziale”. Anche in questo caso la legge tocca solo in parte il problema della tutela dei centri storici, in particolare al titolo IV “Norme per il recupero del patrimonio edilizio esistente”, dove l’ambiguità del termine ‘recupero’ ha vinto sugli effettivi propositi della legge. L’aspetto più grave è stato quello di riuscire a istituzionalizzare il procedere per parti, senza alcun tipo di pianificazione urbanistica, riducendo a zero il percorso storico sociale affrontato fino a quel momento. Purtroppo questo rimane l’ultimo effettivo tentativo dello stato di legiferare sul tema della tutela e del recupero dei centri storici e del patrimonio a livello statale, dal ‘78 in poi il compito viene rimandato alle regioni, ai comuni o a leggi speciali mirate a singole città o a singoli contesti territoriali. Solo nel1997 avviene il primo disegno di legge nazionale denominato “Norme per le città storiche, finalizzato al recupero e alla rivitalizzazione dei centri storici, dei quartieri e dei siti d’interesse storico artistico”. La legge viene aspramente criticata dall’Istituto Nazionale di Urbanistica e il progetto viene purtroppo abbandonato. A seguire il decreto legi-
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Conza della Campania prima e dopo il sisma del 1980.
slativo 29 ottobre 1999, n. 490 testo unico che riordina la disciplina dei Beni Culturali provvedendo ad abrogare le norme fino ad allora esistenti in materia fra le quali: L. 1089/39, L. 1497/39, L. 431/85 (L. Galasso), etc. a cinque anni di distanza il decreto legislativo n. 42/2004 il Codice dei beni culturali e del paesaggio che si occupa di paesaggio e di centri storici. Negli ultimi anni varie regioni, non ultime la Toscana e la Sicilia, si sono dotate di leggi regionali per la tutela e la valorizzazione dei centri storici. Il Piano di ricostruzione del comune di Acciano La redazione del piano di ricostruzione per il comune di Acciano (AQ), nasce dalla necessità di governare le tempistiche per realizzare il processo di ricostruzione post sisma 2009 e di prevedere un complesso sistema di operazioni e previsioni urbanistiche atte al recupero e riqualificazione dei piccoli centri storici che fanno parte del territorio comunale. A seguito degli eventi tellurici che hanno colpito l’Abruzzo nella primavera del 2009 e del sisma che ha interessato la città di l’Aquila, ed altri 57 comuni del cratere, la notte del 9 aprile 2009, il territorio interessato è stato diviso in 9 aree omogenee con decreto del Commissario Delegato per la Ricostruzione del 9 marzo 2010 n. 3. Acciano rientra nell’VIII area omogenea insieme ai comuni di Ocre, Barisciano, Fagnano Alto, Fontecchio, Fossa, Poggio Picenze, San Demetrio ne’ Vestini, Sant’Eusebio Forconese, Tione degli Abruzzi, Villa Sant’Angelo. I centri storici di Acciano sono stati colpiti in maniera uniforme dal sisma del 6 aprile 2009 e dallo sciame che prima e dopo hanno interessato l’Abruzzo. Nei diversi nuclei non si sono evidenziati difformità di risposta alle sollecitazioni sismiche ne porzioni di territorio maggiormente colpite. I danni sono presenti in tutti i tessuti urbani e sono ravvisabili in quattro diverse categorie di edifici: • edifici in precario stato di conservazione, dove da tempo non si realizzavano interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria; • edifici che hanno subito interventi di ristrutturazione incongrui come, solai in latero-cemento inseriti su murature non consolidate, cordoli in c.a. non ammorsati, ecc.; • edifici o porzioni di essi che particolarmente snelli come campanile, facciate a bugia, ecc.;
pagina a fronte Teora prima e dopo il sisma del 1980.
• perdita di portanza delle murature dovuta a varie motivazioni, come ad esempio apertura di varchi, disomogeneità della distribuzione delle aperture, perdita di efficacia dei leganti dovute al dilavamento.
i piani di recupero
La presenza all’interno dei centri storici di edifici in pessimo stato di manutenzione o in stato di abbandono pregiudica la capacità di resistere alle sollecitazioni sismiche di tutto l’aggregato in cui esso si trova. Per evitare che lo stato di indigenza di alcuni edifici pregiudicasse l’intero aggregato è stato necessario intervenire con operazioni di ricomposizione e di ripristino del tessuto urbano dove danneggiato o mancante. Dall’amministrazione comunale è stato individuato il Dipartimento di Architettura, Disegno, Storia, Progetto, dell’Università di Firenze per lo svolgimento delle attività di supporto all’amministrazione comunale di Acciano, d’intesa con la STM (Struttura Tecnica di Missione), alla redazione del piano stesso con convenzione del 23 luglio 2011. Scopo del piano è stata l’individuazione delle azioni necessarie per dare inizio ad un processo di recupero degli alloggi e di messa in sicurezza dei centri storici interessati dal sisma, oltre che di dotare la locale struttura comunale di strumenti normativi e metodologie operative capaci di dare inizio ad un processo virtuoso di rigenerazione e riqualificazione dei nuclei storici abitati a partire dalla constatazione dei danni provocati dal sisma del 6 aprile 2009. Il programma di lavoro ha avuto come obiettivo quello di favorire, tramite appropriati strumenti di programmazione urbanistica, il faticoso processo di ripresa economica e di evoluzione socioculturale che, a partire dalla ricostruzione e dal recupero dell’edilizia storica, potesse generare nuove economie sostenibili e di sviluppo compatibile con l’ambiente e il tessuto sociale. Le problematiche interne al comune di Acciano sono principalmente quelle legate alla dislocazione in contesti diversi dei cinque centri storici che caratterizzano il paese, infatti se nella maggior parte dei casi si trova all’interno dei territori comunali un solo centro storico posizionato, per lo più, al centro dell’abitato, il comune di Acciano si caratterizza per la presenza di cinque centri storici distinti e con diverse caratteristiche urbanistiche e storiche. Per la redazione del piano di Ricostruzione si è tenuto presente le diverse caratteristiche peculiari degli abitati ma anche i Decreti 39/09, convertito in legge il 26 giugno 2009 n. 77/09, e 3/10. Le aree interessate dal Piano di Ricostruzione (chiamati ambiti) sono interne ai centri storici. Gli ambiti individuati non saturano l’intera perimetrazione dei centri storici per una precisa scelta dell’Amministrazione Comunale mirata a velocizzare il rientro di almeno una parte della popolazione in quelle porzioni di centro storico non interessate dal piano. Le perimetrazioni dei centri storici sono state indi-
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L’Aquila la basilica di Collemaggio e il palazzo del governo dopo il sisma.
viduate con atto di intesa del 20 luglio 2010 tra il commissario delegato per la ricostruzione, presidente della regione Abruzzo, il sindaco del comune di Acciano e il presidente della provincia dell’Aquila come previsto dall’art. 2, del decreto del commissario delegato per la ricostruzione, n. 3 del 09 marzo 2010; deliberato dal comune con atto del n. 9 del 10 giugnio 2011. Con delibera del Consiglio Comunale n. 10 del 10 giugno 2011 il comune ha individuato e perimetrato degli ambiti del piano di ricostruzione; una revisione degli ambiti è stata deliberata con decreto n. 4 del 28 febbraio 2012. Quadro metodologico Le informazioni contenute in un centro storico restituiscono notizie su di un insieme variegato e complesso di stratificazioni, dovute alla attività antropica che si è sviluppata nel corso del tempo, delle quali, spesso, si sono perse le ragioni costitutive. L’evento sismico del 2009 non costituisce che l’ultimo atto di violenta modificazione di un prezioso e fragilissimo tessuto edilizio quale quello dei piccoli centri storici abruzzesi. L’obiettivo primario del lavoro di ricerca che sta alla base del piano di ricostruzione è stato la costruzione di un accurato quadro conoscitivo per la lettura e la decodifica degli elementi necessari alla strutturazione del piano, in grado di restituire una realtà ancora viva, scritta sulle mura, raccontata dalle pietre stesse che costituiscono le case, i palazzi e le chiese del capoluogo di Acciano e dalle frazioni di Beffi, Roccapreturo, Succiano e San Lorenzo di Beffi. Studiare, catalogare, conservare accuratamente queste tracce del passato significa rendere accessibili informazioni relative a momenti storici diversi, mettere a disposizione del visitatore, ma anche riprepagina a fronte Paesi del cratere del sisma abruzzese del 2009.
sentare agli abitanti ed ai frequentatori abituali delle vie della città, un quadro consolidato del valore storico non solo del monumento ma di tutto il tessuto urbano e sociale dell’intero centro storico. Sulla
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base della perimetrazione delle zone interessate dal piano di ricostruzione individuate dall’ufficio tecnico del comune e alle schede AeDES compilate da tecnici inviati dalla Struttura Tecnica di Missione, si sono sviluppate parallelamente la ricerca storica, l’analisi geologica e il rilievo urbano dei diversi centri. Individuate le principali fasi evolutive, il sottofondo litologico con le diverse pericolosità sismiche, e le geometrie esatte degli edifici dei diversi centri storici, si è provveduto alla realizzazione delle varie carte tematiche. Gli edifici dei centri storici colpiti dal sisma del 6 aprile 2009 sono stati sottoposti a sopralluoghi per individuare, tramite la compilazione delle schede AeDES, del livello di agibilità dei singoli immobili; gli esiti di agibilità sono stati classificati in sei categorie: A) Edificio agibile; B) Edificio temporaneamente inagibile; C) Edificio parzialmente inagibile; D) Edificio parzialmente inagibile da rivedere con approfondimento; E) Edificio inagibile; F) edificio inagibile per rischio esterno. In alcuni casi è stato necessario realizzare due o più sopralluoghi da parte dei tecnici incaricati dalla Struttura Tecnica di Missione (STM) per verificare effettivamente il livello di danni avuti dall’immobile, questo ha creato dei problemi nell’individuazione dell’esito corretto nella redazione del Quadro Tecnico Economico (QTE) che sono stati superati eseguendo ulteriori sopralluoghi e indagini nel corso delle campagne di rilevamento in occasione della redazione del presente piano. Nella valutazione generale sui danni si è cercato di analizzare anche il funzionamento delle reti dei sottoservizi, in mancanza di danni evidenti e visibili nelle reti interrate e in assenza di rilievi strumentali si sono fatte le seguenti considerazioni: Rete idrica: Non sono state fatte indagini ricognitive della rete idrica, però non si sono costatati danni agli impianti di adduzione, comunque è da valutare che non essendo abitata una buona parte dei centri storici non è possibile sapere con esattezza se la rete sia danneggiata, e se si, in quale misura. In un caso, al di fuori degli ambiti, circa tre mesi fa in una abitazione disabitata si è riscontrata la perdita di ac-
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Amatrice prima e dopo il sisma del 2016.
qua dovuta alla rottura di una conduttura comunale e che si era insinuata scaricando tutto nelle cantine dell’immobile. Rete fognaria: non si sono verificate perdite visibili e riscontrabili a seguito del sisma, ma bisogna tener presente che la rete fognaria è in buona parte obsoleta ed è realizzata con elementi fittili, che risentendo del sisma si possono essere lesionati o rotti, la lettura del danno in questo momento è impossibile visto l’inutilizzo totale della rete dovuta all’inagibilità di un gran numero di abitazioni. La rete di scarico delle acque bianche è assente. Rete metanifera: la fornitura del gas non è stata mai interrotta e non risultano interventi a seguito di perdite localizzate. Rete elettrica: l’illuminazione pubblica nei centri storici è stata fortemente danneggiata, intere porzioni dei centri abitati risultano sprovvisti di illuminazione. Non è riscontrabile, visto l’abbandono di interi comparti dei centri urbani, se gli stessi danni che si sono avuti alle reti pubbliche si siano verificati anche nelle reti private, ma visto lo stato di vetustità in cui versano le linee aeree che elettrificano i cinque centri storici e tenendo presente che la maggior parte delle linee corre lungo i prospetti principali a formare fasci di cavi, particolare condizione ricorrente in molti piccoli comuni, rende di fatto problematiche le operazioni di messa in sicurezza per la difficoltà di interruzione della rete in corrispondenza dell’edificio su cui intervenire. Tali valutazioni hanno indotto alla previsione dell’interramento della rete di distribuzione dell’energia elettrica per la pubblica illuminazione da effettuare come descritto dal particolare tecnologico di seguito riportato. Nella fase di analisi si è rilevato con stazione laser scanner e con l’ausilio di una stazione topografica pagina a fronte Acciano centro storico, dopo il sisma del 2009.
l’esterno di tutti gli ambiti oggetto del piano, contestualmente si sono schedate le unità edilizie che li compongono, creando per ogni edificio o porzione di esso una carta di identità che permetta di archiviarne non solo i dati geometrici ma anche le informazioni sullo stato di conservazione, sulla destina-
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Acciano centro storico, il fronte urbano sul fiume Aterno.
zione d’uso, e tutte le loro qualità peculiari rilevabili dai sopralluoghi. All’analisi delle tecniche costruttive con cui gli abitati sono stati realizzati, sono seguiti gli studi sulle criticità intrinseche a ogni centro urbano accostate a una breve storia sismica al fine di individuare all’interno degli ambiti le zone più soggette ai sismi, si sono inoltre definiti e individuati dei valori comuni capaci di rendere leggibili le significatività e le caratteristiche che contraddistinguono i singoli centri storici al fine di creare una carta dei valori. Si è analizzato lo stato in cui versano i sottoservizi per valutare la necessità di interventi sugli impianti, indispensabili alla ripresa delle attività all’interno delle aree perimetrate. Inquadramento territoriale e cenni storici Il territorio regionale abruzzese è caratterizzato da diversi livelli ambientali che, dall’importante spina montuosa dell’Appennino Centrale fino alla costa adriatica, individuano fasce territoriali e sistemi ambientali dove il fenomeno dell’incastellamento ha organizzato nella storia una densa rete di centri e nuclei fortificati. Castelli e torri sono parte integrante di un complesso sistema difensivo a livello territoriale e costituiscono gli elementi attraverso i quali è possibile oggi leggere il disegno di un paesaggio storico del quale si è persa memoria della sua integrità e del quale restano evidenti tracce nei resti di mura, di ruderi e dei nuclei più strutturati che nel tempo sono divenuti centri storici. Analizzando i diversi centri urbani è possibile ritrovare svariate tipologie di strutture difensive, ciascuna appartenente ad un nucleo ma strategicamente inserita nel sistema di relazioni e connessioni, nella maglia di relazioni, che connetteva, tra le diverse valli, questi centri e contribuendo allo sviluppo di un processo di strutturazione del territorio. Si contano oltre un centinaio di architetture riconducibili a questo sistema tra veri e propri castelli, torri di avvistamento, fortezze, castelli-recinto, rocche e pa-
pagina a fronte Acciano centro storico, porzioni di urbano.
lazzi fortificati. La scelta dei punti strategici sui quali insediare le roccaforti era legato alla necessità di sorvegliare l’intero territorio solcato dai millenari ‘tratturi’, percorsi utilizzati dagli armenti transumanti per i periodici
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spostamenti dai pascoli dell’Appennino al Tavoliere delle Puglie e viceversa, garantendo la possibilità di un rapido sistema di comunicazione nel territorio, qualora si presentasse un aggressore intenzionato a minacciare l’integrità del sistema. Ancora oggi, ripercorrendo i crocevia dei principali ‘percorsi erbosi’ della conca aquilana è possibile apprezzare con uno sguardo ad ampio raggio i numerosi castelli e recinti di difesa che sovrastavo i borghi medievali. In particolar modo è possibile individuare due tipologie ricorrenti: l’uso delle case-mura per quanto riguarda i borghi arroccati, mentre nelle aree collinari si individuano veri e propri castelli residenziali e rocche di altura. Il territorio abruzzese, a partire dal XIV-XV secolo, è attraversato da importanti vie di pellegrinaggio che, sull’onda delle crociate, collegavano i principali luoghi legati alla cristianità. In particolare, tra le vie francigene, la rotta adriatica che attraversava la regione da nord a sud e quella tirrenica costituita invece dall’asse perpendicolare di collegamento con Roma. Da non sottovalutare anche il percorso lauretano, che nei secoli a momenti alterni è stato molto utilizzato. Da queste direttrici dipende la maglia della rete di fortificazioni del territorio, appartenente ad un sistema che non può essere riconducibile ad un unico periodo e che pertanto necessita una lettura stratigrafica su scala territoriale tesa a considerare gli sviluppi dei modelli compositivi e funzionali, delle tecnologie militari, che manifestano la presenza in questo territorio di modelli culturali appartenenti a civiltà e periodi storici diversi e ben delineabili. Acciano e il suo territorio si pone in diretto contatto con questo struttura culturale conserva al suo interno le diverse tipologie di sistemi difensivi che caratterizzano l’intero territorio. Acciano capoluogo si è sviluppato su un asse viario di collegamento tra la viabilità parallela al percorso del fiume Aterno e la viabilità di mezza costa che dalla città dell’Aquila porta a Sulmona; infatti le due porte principali della città si trovano: la prima in prossimità dell’accesso sulla vallata ‘porta Torrione’ la seconda è tangente alla viabilità di mezza costa ‘porta dell’Aia’ in prossimità del castello. Accia-
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no è probabilmente di origine longobarda, si è sviluppata su di un crinale calcareo morfologicamente complesso, in modo fortemente condizionato dall’orografia del territorio, su ripidi pendii a sinistra del fiume Aterno. Il centro storico di Acciano, che conserva ancora case fortificate di origine medioevale racchiuso entro le mura perimetrali tuttora esistenti, denota la sua condizione originaria di borgo fortificato dotato di tre porte: porta Torrione sul lato nord-ovest in prossimità del torrione di difesa di forma circolare con evidenti interventi di metà Cinquecento, a est porta Martino, al di fuori della quale si trovava lo Spedale e porta dell’Aia alle pendici del castello in direzione sud. La cronologia dell’intero borgo parte dal XIV secolo, data della sistemazione delle mura, stratificandosi nel tempo con numerosi interventi di ricostruzione e riadattamento di molti edifici. L’assetto urbano dell’abitato di Acciano è organizzato secondo un tessuto urbano ramificato e continuo caratterizzato da vie strette e da numerosi sottopassi. Il crinale roccioso su cui si sviluppa il paese risulta essere un punto privilegiato per la difesa del borgo aprendosi alla vista sia a destra che a sinistra di profonde vallate, il sistema difensivo oltre che
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Acciano nuvola di punti, centro storico (in alto), S. Lorenzo a Beffi (in basso).
dalla posizione strategica era costituito da mura, torri e casemura, mentre nella parte tergale uno ‘pseudo fossato’ difendeva il castello (detto successivamente anche palazzo, probabilmente dalla presenza prima del palazzo feudale e poi del palazzo comunale) e la porta dell’Aia da possibili invasori. Tutto l’abitato è costruito per facilitarne la difesa infatti, strade, sovrappassi e vie senza uscita insieme a decine di fuciliere, nascoste un po’ ovunque, permettevano agli accianesi di difendersi. Interessante notare come la strada principale su cui si sviluppa il centro storico non abbia vie d’uscita dirette; infatti al termine della strada si aprono tre varchi: il primo sulla sinistra, chiuso da una porta a formare un compartimento stagno, conduce ad uno spazio cintato all’interno del quale si notano diverse fuciliere, il sottopasso in testata, anch’esso chiuso da una porta, si apre su uno spazio a strapiombo sulla vallata, solo il terzo percorso, quello destro, permette di arrivare al torrione, probabile secondo punto, dopo il castello, per importanza difensiva della cittadina. Il collegamento tra il castello è il torrione avviene tramite una strada parallela alla principale e ben mimetizzata permettendo di passare da un punto all’altro senza essere visti da chi percorre il percorso apparentemente principale. Il sistema a compartimenti è presente e ben conservato in tutto l’abitato ed è caratteristico dei centri di impianto medievale. Sulla via di collegamento che interessa il percorso tra l’Aquila, Acciano e Sulmona a difesa della strada di fondovalle che costeggia il fiume Aterno si sono sviluppate una serie di emergenze architettoniche difensive che hanno dato il via allo sviluppo di centri storici minori; Beffi, uno dei più rilevanti, si sviluppa in una prima fase intorno all’antico castello per poi ramificarsi nella pianura retrostante fino a ricollegarsi al precorso viario principale. Il castello con le tre chiese rappresentano la memoria storica di un passato in cui la cultura agricola e le rotte commerciali mettevano Beffi al centro degli interessi economici locali. Sempre sulla medesima via di collegamento si trova l’abitato di Succiano, che diver-
pagina a fronte Acciano centro storico, torrione di difesa (a sinistra), porta dell’Aia (a destra).
samente da Beffi, si contraddistingue per le case di chiaro richiamo agricolo. La torre soprastante l’abitato è stata collocata verosimilmente dopo che il centro abitato si era sviluppato e a difesa di esso, l’impianto urbano e le tipologie abitative risentono delle funzioni agricole poste al centro dell’economia
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locale, mantenendo comunque quegli elementi caratteristici dell’architettura storica che nel suo complesso è da conservare. Roccapreturo si distingue dagli altri centri storici per non essere posizionato ai margini del percorso viario principale. Le notizie documentarie che la riguardano partono dal 1185 ma sia il nome che la collocazione orografica rimandano al mondo romano. La presenza su tutto il territorio accianese di reperti archeologici conferma il fatto che tutto il territorio sin dall’epoca classica si trovasse al centro dei percorsi commerciali abruzzesi. Il paese, difeso dalla torre cintata retrostante, si sviluppa su un altopiano aperto sulla vallata; l’assenza di mura e il più lineare assetto urbano fa presupporre che in epoca medievale il centro non sia mai stato interessato dalle dinamiche di protezione della vallata. L’abitato di San Lorenzo di Beffi si sviluppa lateralmente all’omonima chiesa, si può presumere che l’edificio religioso con l’annesso monastero/convento sia stato realizzato precedentemente all’abitato attiguo probabilmente per il controllo da parte della chiesa del latifondo circostante. Quando i poderi limitrofi vengono acquistati dalla borghesia locale si sviluppa il nuovo centro di impianto quadrangolare che nell’alternarsi di ‘palazzetti’ e case ‘minori’ scandisce le gerarchie della vita contadina. Assetto geologico del territorio comunale di Acciano La media valle dell’Aterno rappresenta, insieme alla conca aquilana, una lunga depressione morfotettonica racchiusa tra rilievi formati da rocce di età meso-cenozoica che sono state interessate, nel corso dell’orogenesi appenninica, da importanti dislocazioni tettoniche che hanno dato origine alle catene montuose dell’Appennino abruzzese. Il succedersi di fasi compressive e distensive ha modellato il paesaggio attuale in cui le strutture montuose risultano allungate in direzione NO-SE secondo la direttrice tettonica appenninica. La media valle dell’Aterno caratterizzati da rocce calcaree di età meso-cenozoica, sedimentate nei diversi paleoambienti delineatisi in seguito alle complesse vicende geologiche dell’area e appartenen-
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ti principalmente alle successioni in facies di piattaforma carbonatica interna e in facies di margine e scarpata, indicate in letteratura con il termine di Unità Sagittario-Popoli-Gizio. L’evoluzione geomorfologica recente dell’Appennino e, quindi, della porzione riguardante questo lavoro, è contraddistinta dall’interazione tra variazioni climatiche, sollevamento regionale e tettonica estensionale. Nel settore centrale della catena tale evoluzione è testimoniata dalla presenza di successioni continentali di diversa facies, affioranti prevalentemente all’interno di depressioni tettoniche. I depositi più antichi derivano dall’erosione dei depositi flyschioidi affioranti nel vicino bacino del Fucino. Il loro coinvolgimento nella tettonica compressiva appenninica fa ipotizzare la loro sedimentazione tra il Messiniano superiore e il Pliocene inferiore. In corrispondenza del nucleo abitato di Acciano capoluogo il substrato litoide è costituito dai termini cristallini sedimentatisi in ambiente transizionale da rampa a scarpata esterna. Essi sono costituiti da un’alternanza di calcareniti e calciruditi bioclastiche spesso ricristallizzate con strati di spessore metrico ben visibili all’ingresso del paese lungo la S.P. Talora in funzione delle condizioni locali risultano essere intensamente fratturati al punto di avere un aspetto brecciato. Essi interessano l’intero versante che dalla direttrice stradale si raccorda con il sottostante fiume Aterno ed il nucleo storico vi è interamente compreso. Al di sopra dal punto di vista sedimentologico, si sovrappongono in modo irregolare e sfrangiato i depositi continentali di origine lacustre pliocenici costituiti prevalentemente da sabbie limose e a sigillare la successione i termini di falda detritica pleistocenici costituiti da sabbia con clasti a varia percentuale in frazione coesiva. In località Roccapreturo i terreni più antichi affioranti nella porzione di monte dell’abitato sono i Calcari a Ellipsactinie costituite da calcareniti e calciruditi bioclastiche in strati spessi o a giacitura indistinta, talora con intercalazioni micritiche. Essi sono terreni giurassici del kimmeridgiano-titoniano. Al di sopra sono presenti per contatto tettonico i calcari a rudiste ed orbitoline costituite da biospatiti di colore rosso-arancio alternate a calciruditi bioclastiche di età cretacica barremiano-cenomaniano. In successione temporale ma affioranti alla base del versante su cui si ubica Roccapreturo, si individuano i termini cretacici dei calcari cristallini costituiti dall’alternanza di calcareniti e calciruditi bioclastiche sedimentatesi tra il cenomaniano ed il mastrichtiano. Questa successione meso-cenozoica costituisce il substrato, fagliato e dislocato, sul quale si realizza la sedimentazione continentale che costituisce il riempimento della valle intermontana sul cui margine orientale sorge l’abitato di Roccapreturo. Proprio a ridosso dei lineamenti tettonici responsabili dell’esistenza della conca in studio, sono presenti corpi sedimentari detritici costituiti da depositi alluvionali prevalentemente ciottolosi e sabbiosi, poco elaborati e depositi detritici di versante, grossolani con intercalati depositi lacustri sabbioso-siltosi. Tali depositi sono stati riferiti dalla letteratura al sintema di Aielli-Pescina ed a quello di Valle Majelama con un’età compresa tra il Pliocene e il Pleistocene inferiore.
Note di pericolosità geologica Le diverse caratteristiche tecniche delle unità litologiche affioranti determinano situazioni morfologiche differenti in funzione della differente risposta agli agenti modellanti. L’aspetto morfologico della zona risulta fortemente condizionato dall’assetto geologico-strutturale e dal grado di erodibilità dei litotipi affioranti, per cui la topografia presenta un andamento piuttosto variabile con cambiamenti di pendenze nel raggio di centinaia di metri. A zone accidentate a marcata acclività con pareti talora verticali e subverticali sviluppate in corrispondenza delle formazioni calcaree del Monte Offermo si contrappongono aree decisamente meno pendenti in corrispondenza dei depositi terrigeni continentali che occupano le porzioni di mezza costa e di valle. La fascia di studio si individua in sinistra idrografica del fiume Aterno nella porzione medio-terminale dei versanti che bordano la valle alluvionale. Tale valle risulta aperta ed asimmetrica in funzione dei litotipi attraversati dalla corrente e del loro grado di erodibilità. La fascia di studio coincide con un bacino intermontano di origine tettonica, all’interno di esso si è instaurata una sedimentazione lacustre a prevalenza fine che nelle fasce di raccordo con i versanti limitrofi si è intervallata ed intercalata con depositi di versante prevalentemente grossolani con assetto giaciturale caotico.
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Acciano centro storico, case mura (a sinistra), ingrottamenti sotto la viabilità e le case (a destra).
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Acciano ingrottamenti (a sinistra), canali deflusso acque meteoriche (a destra).
Il sovrapporsi ed interdigitarsi di litotipi estremamente differenti per genesi e natura ha determinato un assetto morfologico estremamente variabile ove alcune forme possono essere utilizzate quali indicatori del dominio litostratigrafico. Ciò si evidenzia nel paesaggio quale l’alternarsi irregolare di versanti molto acclivi e porzioni a modesta pendenza che hanno favorito insieme alle spianate morfologiche, lo sviluppo insediativo. Il capoluogo comunale, si sviluppa quale centro storico entro un crinale a direzione sud-ovest nord-est bordato da ripide pareti strapiombanti sulla valle dell’Aterno. La scarpata che borda l’intero nucleo storico è frutto di processi erosivi di natura fluviale ormai inattivi non persistendo più le passate condizioni di modellamento da parte delle acque correnti. Il versante su cui insiste l’abitato più antico non evidenzia longitudinalmente rotture di pendenza che lascino presumere la presenza di vecchi corpi di frana. La natura calcarea litoide del substrato su cui si è sviluppato il nucleo antico, ha favorito la produzione di cavità e cunicoli antropici, a servizio di abitazioni e con sviluppo verticale multiplo (è stato possibile distinguere 4 livelli cavi sovrapposti). Nella porzione superiore del versante, ove si sviluppa il nucleo abitato moderno, si nota un brusco cambio di pendenza dovuto al cambio litologico. I pendii risultano più dolci e con minor pendenza in essi non si è riscontrata la presenza di fenomeni di dissesto sia in ambito statico che dinamico. La frazione di Roccapreturo si sviluppa su un crinale ad assetto pianeggiante con sviluppo nord-sud a ridosso del fronte montano di Monte Acquaro in coincidenza dello sbocco verso valle di un torrente montano proveniente dal Vallone della Madonna. Tale asse di drenaggio risulta avere un bacino imbrifero di dimensioni ragguardevoli favorendo soprattutto in passato, l’apporto di notevole quantità di materiale strappato alla montagna dalle acque correnti. Questo ha garantito lo sviluppo di una estesa conoide detritica su cui si è sviluppato interamente il nucleo di Roccapreturo. La porzione di territorio posta più a nord, in corrispondenza del nucleo abitato, è contraddistinta da un paesaggio montano solcato da strette valli incassate modellate entro i termini calcarei più resistenti. Per cui la configurazione attuale delle valli e dei loro versanti è la risultante della sovrapposizione degli effetti di più fattori mor-
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fogenetici; fra questi un posto di primo piano occupa l’azione degli agenti idrometeorici sulle formazioni calcaree presenti. Il nucleo di Beffi posto ad una quota inferiore rispetto a Roccapreturo, si sviluppa prevalentemente entro un ripiano morfologico a modesta pendenza bordato da versanti acclivi sagomati entro materiale litoide. Non si evidenziano particolari forme e processi di modellamento fatta eccezione per una estesa conoide alluvionale che sovrasta il nucleo abitato nella porzione ad oriente e la presenza di scarpate d’erosione fluviale ormai inattive. Succiano è contraddistinto da una porzione a valle della strada s.s. 17 a modesta pendenza ed una porzione a monte dell’asse stradale particolarmente acclive. Tale disparità topografica pur a breve distanza spaziale, è determinata da un cambio litologico. Nella porzione di valle sono presenti termini terrigeni fini mentre nel settore di monte si presenta una falda detritica di raccordo con i termini litoidi sovrastanti. Succiano ha uno sviluppo allungato in direzione trasversale al versante, la porzione più a nord è separata da quella meridionale dallo sviluppo di una conoide alluvionale non più attiva. L’abitato di San Lorenzo si individua entro la porzione terminale di un versante dalle modeste pendenze esposto a sudovest. Il nucleo storico risulta bordato nella porzione settentrionale e meridionale dal corpo di due conoidi alluvionali non più attive. Il versante su cui si sviluppa l’abitato ha una pendenza media di circa 12°. Il criterio di perimetrazione adottato, per la redazione della microzonazione omogenea in prospettiva sismica, ha tenuto conto attraverso dati bibliografici e sperimentali, di come una serie di elementi naturali stratigrafici, tettonici, topografici e morfologici possano influenzare l’ampiezza del moto sismico incidente. Nella zona di Acciano Capoluogo si individuano 3 zone suscettibili di amplificazione. La zona K1 individua tutte le aree ove è in affioramento del materiale litoide a vario grado di fratturazione e con pendenza del versante i > 15°. Le misure di microtremore eseguite nel centro storico in corrispondenza di cavità antropiche (TR1), evidenziano un grado amplificativo contenuto (H/V3), mentre la misurazione eseguita a margine dell’asse stradale che perimetra nel lato di valle il centro storico (TR5) non hanno quasi evidenziato elementi di amplificazione del moto sismico. Pertanto nella zona K1 il fattore amplificativo più importante risulta essere la pendenza topografica dei versanti. Nella zona K2 ciò che causa fenomeni amplificativi è la sequenza litostratigrafica che vede termini terrigeni medio-fini con spessori anche notevoli sovrapporsi al substrato litoide profondo. Le misurazioni di sismica passiva TR2 eseguite lungo la porzione basale del versante evidenzia uno spiccato picco amplificativo (H/V 4.5) la misura TR4 addirittura un coefficiente amplificativo di 6.3. La zona K3 è suscettibile a fenomeni amplificativi a causa della sequenza stratigrafica, essa non è dettagliatamente nota a causa della carenza di dati in questa porzione di territorio. La misurazione TR3 evidenzia 2 picchi amplificativi con coefficiente H/V di 4 e di 5.5. La presenza di cavità antropiche nel centro storico potrebbero alterare il moto sismico in funzione della dimensione e forma, per cui ogni qualvolta si prospetti un intervento edilizio sarà opportuno procedere al rilievo delle cavità presenti.
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Acciano centro storico, microzonazzione sismica.
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Lesioni del piano stradale e abbassamento della faglia (a sinistra) Traslazione verticale del piano di campagna (a destra).
Note di storia sismica Purtroppo l’analisi della documentazione archivistica relativa ai danni dei sismi sul territorio di Acciano è limitata.Questa porzione di Appennino è ciclicamente colpita da eventi tellurici. I principali terremoti che hanno danneggiato gli abitati di Acciano sono cinque: quello del 2 febbraio 1703 con epicentro l’aquilano i cui danni nel comparto accianese sono documentati dalla ricostruzione del campanile della chiesa di San Lorenzo nell’omonimo centro storico; quello del 1706 e più precisamente avvenuto il 3 novembre che ha avuto come epicentro la Maiella, quello del 6 ottobre 1762 con epicentro l’aquilano, quello del 24 febbraio 1904 con epicentro la Marsica e quello del 13 gennaio 1915 con epicentro Avezzano, purtroppo le fonti bibliografiche riportano informazioni generali e non direttamente legate territorio accianese. Dei primi quattro sismi non sono stati rinvenuti informazioni nè nelle fonti edite e nè nelle fonti documentarie nonostante siano stati vagliati gli Archivi di Stato di l’Aquila e di Napoli, quello generale di Simanca in Spagna, e quello della Protezione Civile di Roma. In quest’ultimo archivio sono stati rintracciati i documenti relativi alle nuove costruzioni, realizzate nella parte di abitato dove oggi si trova il palazzo Comunale nel capoluogo, costruite per dare alloggio a quelle famiglie le cui case avevano subito danni durante il terremoto del 1915. Si è potuto valutare così solo per Acciano capolugo che la maggior parte delle abitazioni danneggiate dal sisma si trovassero nella porzione di urbano retrostante palazzo Galli dove ancora oggi si possono vedere i ruderi dei vecchi fabbricati. L’altra zona interessata dai crolli è la parte che si apre verso la vallata del fiume Aterno dove un grande spiazzo e i sottostanti ruderi fanno intuire il precedente assetto urbano. La redazione di una storia sismica puntuale sarebbe servita ad individuare sul territorio comunale zone più soggette al sisma. Come da confronto con la parte geologica precedentemente esposta, i centri storici di Acciano non presentano al loro interno problematiche litologiche che amplifichino gli effetti del sisma neanche la presenza di numerosi grotte ha ridotto le caratteristiche meccaniche dei substrati.
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Le diverse caratteristiche geologiche e storiche che contraddistinguono i centri storici rendono difficile l’individuazione di vulnerabilità diffuse all’interno dei diversi centri urbani; per questo motivo si valuteranno i centri storici singolarmente. Criticità interne ai centri storici: morfologia dei territori I singoli centri storici presentano criticità interne alla propria morfologia territoriale, infatti se si valuta il centro storico di Acciano capoluogo possiamo notare che i problemi legati alla vulnerabilità dell’abitato sono in buona parte intrinseci al territorio in cui il paese si è sviluppato. Acciano infatti si trova su uno sprone roccioso molto scosceso e serrato ai lati da due profonde vallate. La localizzazione geografica, che risulta stategicamente e difensivamente molto vantaggiosa, dal punto di vista idrogeologico crea degli svantaggi sopratutto legati alla regimentazione delle acque piovane e al contenimento delle frane, infatti in situazioni orografiche come quelle accianesi è facile che si insinui l’acqua nel sottosuolo, creando nuovi fronti di frana. Questa particolare conformazione geologica, non valutabile sempre come uno svantaggio, mette in evidenza i limiti ‘strutturali’ della collina di Acciano, infatti come precedentemente detto in riferimento alle prove per la microzonazione si è visto che in corrispondenza di grotte, ad oggi, non si rilevano amplificazioni sismiche. Risulta comunque importante il censimento e il rilievo delle grotte, solo così si potranno effettivamente valutare le problematiche legate alle fondazioni e sottofondazioni degli edifici. All’interno del tessuto urbano si possono trovare sottopassi e canali, a volte anche saturati, che servivano per il deflusso delle acque piovane evitando le infiltrazioni nei terreni e nelle cavità sottostanti. Il massiccio accianese presenta al suo interno numerosi ingrottamenti, sia naturali che artificiali, che si sviluppano a più livelli e che in alcuni casi sono sovrapposti fra loro. La collocazione geografica e orografica di Roccapreturo è migliore rispetto a quella del capoluogo. Il paese è posto su un altopiano e l’abitato principale si sviluppa su un dislivello di modesta entità, anche in questo caso sono stati riscontrati vari ingrottamenti, segnalati ai rilevatori che hanno potuto costatare che come nel caso di Acciano non sono state riscontrate amplificazioni sismiche. Lo sviluppo dell’urbano risulta, anche se di impronta medievale, ordinato con vie relativamente larghe ed edifici proporzionalmente calibrati. L’assetto urbano non influenza in maniera rilevante le problematiche legate alla vulnerabilità. La parte a monte di Roccapreturo si sviluppa su un fronte collinare ad elevata pendenza. Gli abitati che la compongono risentono dell’orografia locale tanto che in buona parte le abitazioni risultano ad uso saltuario; il cattivo stato di manutenzione sommato alla poco felice localizzazione mettono a rischio quella porzione di abitato assoggettandolo inoltre alla possibile pericolosità indotta dal retrostante comparto montano. Gli ambiti individuati dal piano di ricostruzioni in località Beffi sono prevalentemente dislocati nella parte pianeggiante dell’abitato compreso tra le due chiese e il castello. Per le problematiche relative alla vulnerabilità sismica, Beffi risente prevalentemente della qualità delle murature e degli orizzontamenti non risultando rilevante né la conformazione dell’asseto urbano né l’assetto orografico.
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Acciano, località Beffi Chiesa di Santa Maria del Rifugio, particolare tela raffigurante la Madonna del Carmelo, i personaggi in fuga fanno pensare ad un ex voto per essersi salvati probabilmente del sisma del 1703.
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Acciano centro storico, archi di scarico tra gli edifici.
L’abitato di Succiano conserva, forse più degli altri, le caratteristiche tipologiche degli insediamenti agricoli; la porzione di urbano analizzata si sviluppa su due vie di collegamento principali parallele alla statale e ovviamente a quote diverse. Nella parte sommitale un pianoro domina l’abitato staccandolo dallo sprone roccioso retrostante. La posizione su un contesto acclive a ridosso di una montagna è, dal punto di vista della vulnerabilità, svantaggioso; a questi aspetti negativi si somma il cattivo stato di manutenzione di una buona parte dell’edificato, mettendo a rischio l’intero centro abitato. L’ambito di San Lorenzo di Beffi è circoscritto alla chiesa omonima e agli spazi correlati e di accesso ad essa; non presenta particolari problematiche legate alla suo localizzazione sempre valutando che l’immobile è posto su un terrapieno a ridosso della pianura.
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Criticità interne ai centri storici: tecniche realizzative dei sistemi costruttivi Nei diversi centri storici accianesi si è potuto censire varie tipologie di apparecchiature murarie, prevalentemente si trovano murature miste con bozze di diverse dimensioni, all’interno di questa modalità di comporre il palinsesto si trovano mutevoli varianti, nei casi più comuni le bozze di pietra, provenienti dalla ‘pulizia’ dei terreni, sono di piccolo-media pezzatura non allineate e tenute insieme dall’abbondante uso di malta. In alcuni casi si è potuto costatare la presenza di elementi in pietra pseudoquadrata anche se composti in maniera disordinata, in altri le bozze risultavano squadrate, anche se di dimensioni variabili, e ciclicamente allineate a creare orizzontamenti. Solo nei casi in cui si analizzi gli edifici difensivi, torri e castelli, la qualità dei paramenti aumenta componendo palinsesti con elementi squadrati, rettificati montati con giunti regolari. Spesso le murature, agli angoli o nei punti in cui si verificano rotazioni, sono chiuse da cantonali realizzati con elementi quadrati innestati, nei casi migliori, a pettine nelle murature limitrofe a serrare il palinsesto e ad irrigidirlo. I cantonali, gli stipiti, gli architravi e gli elementi decorativi, sono realizzati quasi sempre con pietra di migliore qualità provenienti dalla zona denominata localmente ‘ratta fiora’. In alcuni casi, rari all’esterno, si trovano anche elementi decorativi realizzati in pietra calcarea bianca. Si notano inoltre diversi elementi di riuso provenienti probabilmente da zone archeologiche limitrofe all’urbano e da edifici antichi andati distrutti. Sempre nei dintorni dell’abitato si trovano due ‘cave’ di sabbia che opportunamente setacciata veniva usata come inerte nei leganti. Di produzione locale è anche la calce ottenuta tramite la cottura, ad alta temperatura, di sassi calcarei rintracciabili sul territorio. Le calcare erano presenti in diversi luoghi dell’intorno cittadino in prossimità dei boschi. Nelle fabbriche di migliore qualità spesso le fondazioni vedevano l’uso di massi squadrati e di malte idrauliche a base di calce idraulica chiamata localmente pozzolana ma che non è realmente pozzolana. Lo stato di abbandono in cui versano molti edifici e il recente sisma permettono di osservare le sezioni murarie di diversi immobili. Si nota come spesso la muratura sia composta sui due fronti da elementi disomogenei e discontinui mediati da un sacco composto da inerti di piccola pezzatura allettati con malte povere di legante e impastate miscelando a loro interno paglia; anche quando il paramento esterno è realizzato con elementi squadrati e allineati non è detto che questa apparente omogeneità del paramento esterno coincida con un’altrettanta omogeneità compositiva dell’intero palinsesto. In rari casi e solo per i tramezzi si trovano murature in mattoni, l’uso del laterizio è invece riscontrabile nelle volte in foglio a botte ribassate, nelle volte a crociera, nei solai a doppia orditura (trave, travetto e pianella) e nei solai detti alla volterrana, realizzati sia con travi in legno sia con putrelle in ferro. Le volte ai piani terra sono principalmente realizzate in muratura di pietra con elementi di varie dimensioni annegati nella malta; mentre quelle ai piani alti sono ad incannucciato nelle due varianti con canne intrecciate e con stuoie. I solai sono realizzati principalmente ad orditura semplice con travi di medie dimensioni, semplicemente sbozzate, montate parallelamente con interassi di 50-80 cm orizzontate con tavolati su cui si
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Acciano sovrappasso edificato per ampliare le unità immobiliari.
poggia il pavimento con il rispettivo allettamento, spesso e sopratutto negli edifici conservati meglio e/o intrinsecamente migliori la parte lignea delle travi è chiusa da una stuoia ad incannucciato. Negli edifici di pregio si possono trovare anche solai a doppia orditura (travi, travetti e tavolato) o solai a cassettoni con modanature. Varie sono anche le tipologie di coperture, si va da sistemi di copertura a semplice orditura con piano di posa delle tegole in stuoie di canne a capriate ammorsate alle murature con catena dotata di capo chiave in legno. Le murature di Acciano mostrano diverse forme di criticità, la prima sta nell’apparecchiatura, disordinata e non continua, la seconda riguarda le pezzature degli inerti, quasi sempre di piccole dimensioni e mai continui sui due fronti del paramento, infatti in diversi casi il sisma ha fatto ribaltare uno dei due fronti dimezzando lo spessore della muratura. Si noti che per ovviare al problema della tenuta delle murature e del controllo dei carichi non è raro trovare orizzontamenti fatti con elementi in legno collocati nelle parti centrali dei paramenti murari ma anche al disopra di architravi di porte e finestre creando un effetto cuscinetto che distribuisce i carichi e che non fa gravare il peso della muratura su gli elementi in pietra lavorata. Bisogna sottolineare comunque come questa muratura, se ben stillata e costantemente mantenuta, non pregiudica la qualità dell’urbano. Di migliore natura risultano gli orizzontamenti realizzati come già detto con tre diverse tecniche costruttive: ai piani terra spesso si trovano volte in muratura o in mattoni in foglio mentre ai piani superiori e in copertura solai lignei. I solai e i sistemi voltati spesso sono orditi parallelamente alla facciata, questo permette una certa libertà compositiva nelle aperture dei fronti con maschi murari di ridotte dimensioni. Alle considerazioni legate alle problematiche idrogeologiche e costruttive dei centri storici di Acciano si aggiungono le valutazioni relative all’uso degli edifici che alterano la capacità di resistere delle murature. In edifici privi di intonaci è facile notare i segni che evidenziano come siano state modificate e spostate le aperture ma anche la presenza di canne fumarie verticali e trasversali che diminuiscono gli
pagina a fronte Acciano sovrappassi edificati per ampliare le unità immobiliari.
spessori delle murature amplificando le problematiche legate alla qualità delle murature stesse. Si notano anche aperture sovrapposte a più livelli, che non seguono nessun asse verticale, questo aspetto insieme alla presenza ai piani terreni di un gran numero di aperture, comportano la diminuzione degli
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spessori dei maschi murari, contribuendo così a deviare e interrompere le isostatiche che individuano le linee di forza verticale degli edifici, mettendo definitivamente a rischio i fronti strada. Altro elemento di fragilità dei centri storici di Acciano capoluogo, Roccapreturo e Beffi sono i sovrappassi, questi nel caso di Acciano capoluogo fanno parte del sistema difensivo cittadino e sono una parte fondamentale della sua storia, è da valutare come uno degli elementi caratterizzanti e significativi dell’abitato. Nei casi di Roccapreturo e di Beffi sembrano invece realizzati come sistemi di connessioni e ampliamento delle residenze. I sovrappassi sono stati censiti e raggruppati in tre categorie principali: la prima si caratterizza per essere un elemento di collegamento realizzato all’interno di un unico edificio; nella seconda tipologia si tratta di elementi che coprono le strade e saturano spazi urbani connotandosi come superfetazioni; nel terzo caso sono diaframmi che fungono da filtro tra due comparti senza la presenza di sovrastrutture edilizie. Nel primo caso si tratta di percorsi progettati con evidente continuità tra le strutture, nel secondo caso si tratta di superfetazioni che spesso non presentano ammorsamenti e che sono costruite in aderenza creando continuità strutturale ma non solidarietà, nel terzo si tratta di elementi trasversali ai percorsi come archi di scarico e sistemi di chiusura del percorso viario e del sistema difensivo urbano che hanno poche valenze strutturali, ma che sono (soprattutto nel caso di archi di scarico) elementi che dichiarano la non autonomia strutturale degli edifici. Nei primi due casi, nonostante le differenze, si tratta di elementi che danno continuità alle strutture ma sono comunque elementi di vulnerabilità, infatti nel primo caso la parte centrale del sottopasso può subire danni in caso di sisma dovuti alla mancanza di continuità muraria nella parte bassa, in corrispondenza del sottopasso, nel secondo caso la mancanza di ammorsamenti e l’inserimento tra due edifici ben definiti strutturalmente può creare dei piani di irrigidimento non complanari con gli edifici aderenti, rimane costante il problema creato dalla mancanza di continuità delle murature nella parte bassa. I terzi sono elementi secondari dal punto di vista strutturale e non danno continuità ai comparti. Nei pochi casi in cui è stato possibile entrare all’interno delle abitazioni si è potuto costatare che l’apparente continuità strutturale, che si ravvisa dai fronti, in realtà all’interno è interrotta da cortili, pozzi luce e cavedi. I pozzi luce e i cavedi spesso sono parzialmente saturati da balconi e bagni pensili.
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La base cartografica dei centri storici del Comune di Acciano Il progetto per il nuovo rilevo riguardante i centri storici del comune di Acciano è stato finalizzato alla conoscenza ed alla documentazione dello stato di fatto di tali centri del territorio comunale, ed in particolare degli ambiti individuati dal piano di ricostruzione, relativamente ai danni prodotti dal sisma del 6 aprile del 2009, ed è stato realizzato mettendo in campo metodologie di rilevamento integrato per analizzare i nuclei storici secondo le specifiche richieste dei capitolati predisposti dalla Struttura Tecnica di Missione. Il progetto di rilevamento integrato è stato quindi pianificato in funzione degli obiettivi e delle finalità richieste, organizzato in fasi e livelli di approfondimento differenziato stabiliti in funzione delle urgenze delle prime azioni di intervento delle ‘fasi emergenziali’ e dei successivi stadi decretati dalle politiche di ricostruzione dell’STM. La costruzione di un sistema integrato delle conoscenze delle strutture urbane e degli aggregati, sia sotto il profilo della valutazione del valore architettonico ed ambientale, sia sotto il profilo della conoscenza degli effetti del sisma, risulta essenziale ai fini della pianificazione e della progettazione per la ricostruzione. Il progetto di rilevamento integrato degli ambiti di intervento del Piano di Recupero, realizzato per costruire una nuova base cartografica alla scala architettonica dei centri storici del comune, restituita in scala 1:500, con sezioni ambientali scala 1:200, è stato pianificato in funzione degli obiettivi e delle finalità preposte, organizzato in fasi e livelli di approfondimento differenziato. Le operazioni di rilevamento hanno previsto la redazione di una base topografica di riferimento e la realizzazione di riprese laser scanner dei singoli centri storici del comune. I rilievi degli esterni degli aggregati sono stati restituiti in formato digitale e sono stati arricchiti da una banca dati di foto orbitali realizzate nei singoli punti di stazione Laser scanner. Sono stati inoltre documentati i principali profili stradali dei singoli centri storici in maniera da costituire grafici che fossero in grado di restituire anche l’aspetto tridimensionale dell’architettura, fortemente accentuato dall’orografia del territorio, con resa dei vuoti pregressi e crolli. Individuazione degli Aggregati e delle Unità edilizie Sulla base degli ambiti circoscritti dall’Amministrazione Comunale, a seguito del rilievo dei centri storici e sulle considerazioni fatte in merito alla morfologia degli urbani si è provveduto a individuare prima gli aggregati, valutando i sottopassi di terzo tipo come elementi di discontinuità strutturale che permettevano la suddivisione in aggregati distinti, e in un secondo momento delle unità edilizie. All’interno della perimetrazione dei centri storici di Acciano sono stati individuati 56 aggregati. Gli aggregati sono stati individuati con altrettanti Decreti Sindacali pubblicati il 29.02.12 con seguente nupagina a fronte Acciano sovrappassi edificati insieme alle unità immobiliari.
merazione dal decreto 7 al 17, dal 19 al 41, il 43 e dal 45 al 65. Il presente piano non ha potuto prevedere, dato il ristretto ambito di applicazione che, come citato in premessa riguarda soltanto alcune zone dei centri storici del comune, un piano di cantierizzazione
i piani di recupero
dettagliato, con relativo cronoprogramma. Le caratteristiche morfologiche e tipologiche degli aggregati che compongono gli ambiti perimetrati tramite gli atti sopra citati, non consentono infatti lo sviluppo del programma sopra citato senza tenere in considerazione di quanto accadrà al momento della cantierizzazione degli aggregati che circondano le aree perimetrate e che sono espressamente esclusi dal presente piano. Schedatura delle unità edilizie Nella realizzazione della schedatura di un centro storico si possono enumerare, in genere, i seguenti ambiti di valori-aspettative: la necessità di comprendere i rapporti tra singolo fenomeno edilizio e tessuto urbano; la necessità di definire le caratteristiche dei singoli fenomeni edilizi; la necessità di inquadrare l’uso attuale e le attività svolte all’interno del tessuto urbano. È stato quindi necessario strutturare un sistema di gestione dei dati e di archiviazione delle informazioni che ha previsto, secondo vari ambiti definiti da descrittori, la discretizzazione progressiva del tessuto urbano, inteso come insieme costituito dell’edificato e degli spazi aperti, in maniera da esplicitare il sistema delle relazioni specifiche che in un determinato centro storico si svolgono. Si è ottenuta una struttura censuaria che da una parte è in grado di descrivere la realtà contemporanea di quel determinato centro storico, descrivendone le manifestazioni alle varie scale dei fenomeni presenti nel tessuto urbano, e dall’altra è in grado di sintetizzare le caratteristiche peculiari dello stesso centro abitato, riuscendo ad analizzare il complesso delle relazioni che intercorrono tra i singoli fenomeni compresenti al suo interno. Sono definite edifici di pregio ai sensi delle vigenti disposizioni quegli immobili che dall’analisi esterna risultino interessati da almeno una delle seguenti condizioni: • nell’edificio sono presenti ambienti comuni quali porticati, androni d’ingresso, stucchi, affreschi, decori lapidei e altri elementi decorativi; • nell’edificio sono presenti elementi di pregio di particolare complessità o rappresentativi delle tipologie costruttive locali; • gli edifici del XX secolo che si contraddistinguono per l’innovazione dei caratteri tecnici, sociali ed estetici. Si definiscono di contro come ordinari gli edifici non appartenenti alla categoria sopra citata; all’interno di questa macro categoria rientrano le seguenti categorie di edifici: • edifici di limitato valore storico; • edifici che hanno subito interventi di restauro o ristrutturazione che ne hanno modificato sostanzialmente l’aspetto; • edifici che hanno subito interventi di ristrutturazione di recente realizzazione e che hanno visto la sostituzione e la modifica degli orizzontamenti; • edifici di recente costruzione.
pagina a fronte Acciano sovrappassi edificati insieme alle unità immobiliari.
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Acciano pietrame presente nel terreno (a sinistra), muratura mista (a destra).
Idea portante del progetto di schedatura è la possibilità di indagare tutte le caratteristiche che vanno a costituire l’immagine urbana e l’insieme dei rapporti che esistono tra il singolo fabbricato e il contesto urbano che lo circonda al fine del risarcimento, per quanto possibile, delle ferite inferte dal sisma. Nello specifico è stata strutturato un sistema di archiviazione georeferenziato che relaziona i vari sistemi gerarchici individuati all’interno della struttura urbana alla gestione ed alle funzioni di ricerca dei dati censiti mediante lo sfruttamento delle ampie possibilità offerte dalle applicazioni G.I.S. Le schede sono state realizzate valutando le singole Unità Edilizie ma anche gli spazi pubblici e delle aree aperte (pubbliche e private, pavimentate, verdi, ecc.) classificate come viabilità carrabile principale, secondaria, pedonale, ecc. Cartografia di sintesi per il quadro conoscitivo Il quadro conoscitivo ha permesso di realizzare carte tematiche dei diversi centri che riportano elaborazioni descrittive dei tematismi principali dedotti dalle operazioni di censimento e di rilievo delle aree edificate e delle aree aperte. Il piano costituisce il documento di sintesi che definisce, sulla base di parametri precedentemente individuati e contenuti nella documentazione della schedatura delle unità edilizie, il valore intrinseco di ciascun fabbricato, integrato anche da considerazioni relative alla posizione dell’edificio nel contesto urbanistico del centro storico. Le operazioni previste sui centri storici del comune di Acciano sono finalizzate alla corretta comprensione delle architetture rilevate ed alla lettura critica delle stesse; gli elaborati finali realizzati, oltre il dato meramente metrico, danno ragione di tutta una base di dati utili per interpretazioni critiche relative alle indagini storiche, tipologiche e funzionali degli stessi manufatti; particolare attenzione viene inoltre prestata alla rilevazione dello stato di conservazione delle strutture mediante la realizzazione di ambiti tematici relativi alla ricognizio-
pagina a fronte Acciano sezione muraria (a sinistra), distacco di uno dei paramenti (a destra).
ne degli specifici aspetti del degrado, oltre all’individuazione dei principali dissesti provocati dal sisma e/o dall’abbandono. Le azioni di recupero fisico del centro storico dovrebbero procedere inoltre parallelamente ad azioni di rigenerazione del tessuto sociale ed economico. Dato il ristretto ambito del pia-
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no di ricostruzione del Comune di Acciano, limitato come detto in premessa, soltanto ad alcune porzioni dei centri storici non ha permesso l’analisi delle dinamiche demografiche e socio-economiche dei centri abitati del Comune nel loro complesso, sullo sfondo del contesto più ampio rappresentato dall’intero territorio comunale. La carta del rilievo dei danni è stata realizzata riportando gli esiti delle agibilità riscontrabile nelle schede AeDES e nel collegato programma di archiviazione. La carta è stata redatta sulla nuova cartografia, realizzata dal gruppo di lavoro del Dipartimento, a scala 1.500. La lettura della cartografia è affidata ai diversi cromatismi assegnati ai sei esiti collegati alle singole unità catastali. Sulla base della carta dell’esito dei danni fornita dal Comune di Acciano, si sono verificate le agibilità riportate nelle schede AeDES dei primi sopralluoghi e si sono aggiornati gli esiti di agibilità qualora si siano realizzati secondi e terzi esiti. Risulta che per alcune particelle non sia mai stata compilata la scheda AeDES, in questo caso di comune accordo con l’STM si è provveduto a valutare comunque il livello di agibilità rimandando poi la verifica alla fase di analisi delle proposte di intervento da parte dei privati di quelle particelle. Le cromie scelte per indicare queste ‘agibilità in fase di valutazione’ sono diverse da quelle certificate con le schede AeDES. Non è possibile rilevare porzioni di abitati più colpite dal sisma, evidentemente la maggior parte dei danni non sono legati a problematiche geologiche. Norme Tecniche di Attuazione (NTA) I riferimenti normativi legati alla pianificazione dei centri storici di Acciano pre sisma sono esplicitati nel P.R.G. adottato con Delibera del Consiglio Comunale n. 45 del 21 ottobre 2000, integrato con Delibera del Consiglio Comunale n. 2 del 19 gennaio 2002, recepito con le prescrizioni della Provincia Aq — Urbanistica e Pianificazione — nota n. 170 del 22 febbraio 2002, con approvazione definitiva tramite Delibera del Consiglio Comunale n. 6 del 23 febbraio 2002. A circa un anno di distanza in consiglio comunale licenzia il Piano di Recupero del Patrimonio edilizio di Roccapreturo e Succiano, quest’ultimo centro storico sarà comunque oggetto anche del P.R.P.E. che verra approvato nel 2006.
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Sempre in ottemperanza al Piano Regolatore Generale del 2002 nel 2006 il comune ha licenziato definitivamente con delibera delibera di C.C. n. 3 del 28-01-2006 precedentemente approvata con delibera di C.C. n. 25 del 30-9-2004 a seguito del recepimento delle osservazioni dirigenziali del Servizio Urbanistico della Provincia dell’Aquila di cui nota n. 28141 del 07-07-2005 il Piano di Recupero del Patrimonio Edilizio di Acciano Capoluogo e della frazione di Succiano. Sulla base della normativa vigente (DPR 380/2011) e delle analisi, rilievi e schedatura delle unità edilizie che compongono gli aggregati oggetto del presente piano di ricostruzione, all’interno delle perimetrazioni degli ambiti dei centri storici del comune di Acciano, sono state individuate le tipologie di intervento da applicare per ciascuna unità edilizia (Norme Tecniche di Attuazione, NTA). Le categorie di intervento sono state inquadrate all’interno di quanto previsto nel Decreto del Presidente della Repubblica 380 del 2001 e nello specifico all’articolo 3, integrate e ampliate in rapporto alle analisi preliminari esposte precedentemente:
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Acciano volte in foglio (in alto), sezione volte in foglio (in basso).
Art. 1, Manutenzione ordinaria; Art. 2, Manutenzione straordinaria; Art. 3, comma 1, Restauro e risanamento conservativo; Art. 3, comma 2, Restauro e risanamento conservativo con cambio di destinazione d’uso e modifica delle unità immobiliari; Art. 3, comma 3, Restauro e risanamento conservativo con cambio di destinazione d’uso, modifica delle unità immobiliari e variazione della forma e delle dimensioni delle aperture. Art. 3, comma 4, Restauro e risanamento conservativo con cambio di destinazione d’uso, modifica delle unità immobiliari, variazione della forma e delle dimensioni delle aperture e modifica delle quote degli orizzontamenti; Art. 4, Ricostruzione integrale; Art. 5, Ristrutturazione edilizia Art. 6, Attuazione degli standard urbanistici; Art. 7, Risparmio e rendimento energetico degli edifici; Art. 8, Interventi sull’illuminazione pubblica e Interventi sull’illuminazione pubblica. Ognuno di questi articoli, e rispettivi comma, prevede indicazioni stringenti sulla tipologia di interventi permessi ed in mancanza di specifica diversa si intende ogni intervento restrittivo rispetto al successivo, quindi di norma se è possibile, ad esempio, fare il restauro conservativo è chiaro che si possono fare interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria. I primi cinque articoli delle N.T.A. individuano le tipologie di intervento, i seguenti sono di carattere generale e abbracciano vari campi d’azione. Gli interventi normati dai primi cinque articoli sono ge-
pagina a fronte Acciano solai lignei a semplice orditura (travi e tavolato).
rarchicamente collegati; infatti, se è prevista l’applicazione dell’articolo 4 è possibile utilizzare anche l’articolo 3 comma 2, non è possibile il viceversa. Gli articoli 1 e 2 sono utilizzabili per tutte le categorie di intervento.
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Per favorire il processo di recupero e spingere gli abitanti a ristabilirsi nei centri storici sono stati ritenuti ammissibili anche cambi di destinazione d’uso delle singole unità immobiliari rendendo possibile il passaggio delle unità ricadenti negli ambiti sopra definiti da agricolo/rurale a civile/residenziale commerciale o artigianale, con le limitazioni più avanti specificate. Al fine di preservare i valori storico-architettonici e paesaggistici dei centri storici, il PdR prevede anche un dispositivo di tutela delle visuali, secondo determinati punti o zone di osservazione, prescrivendo il rispetto dello skyline attuale grazie anche all’ausilio dei profili regolatori che permettono di conservare le attuali altezze di facciata, ed il controllo e l’ammissibilità di modificazioni allo spazio urbano nel suo complesso. La salvaguardia è riferita a quei punti di vista o di belvedere accessibili al pubblico, dai quali si possa godere di una buona e ampia visuale sul centro storico e sul paesaggio circostante. La tutela delle visuali è garantita attraverso la protezione dei punti di vista, dei percorsi panoramici, nonché dei coni visuali formati dal punto di vista e dalle linee di sviluppo del panorama individuato come meritevole di tutela, prime tra tutte quelle che permettevano il collegamento visivo tra le varie strutture fortificate del sistema difensivo territoriale. La tutela del cono visuale o del campo di percezione visiva si effettua evitando l’interposizione di ogni ostacolo visivo tra il punto di vista o i percorsi panoramici e il quadro paesaggistico, e vietando modifiche sostanziali allo stato dei luoghi che impediscono le visuali delle zone interposte ricadenti in tali coni visuali. Quadro Tecnico Economico Il Quadro Tecnico Economico (QTR) definisce i massimali di costo in via preliminare da predisporre per gli interventi previsti dal P.d.R del comune di Acciano e si riferisce ai soli ambiti dei centri storici di Acciano come definiti dalla delibera del Consiglio Comunale n. 10 del 10.06.2011 e successive revisioni rese eseguibili con delibera del Consiglio Comunale n°4 del 28/02/2012.
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La struttura del presente quadro ha tenuto conto delle seguenti tipologie di intervento: • interventi sull’edilizia privata; • interventi sull’edilizia pubblica e per il culto; • interventi sulle reti e gli spazi pubblici. Per ognuno dei temi sopra descritti sono stati definiti gli schemi procedurali per la deduzione della stima dei limiti di contributo, tenendo conto dei dati metrici e parametrici per ogni singola unità edilizia. Le tipologie di interventi definiti ai punti a,b,c, descrivono le attività ordinarie per la risoluzione delle criticità conseguenti agli eventi sismici del 6 Aprile 2009, finalizzate a garantire un ritorno alle precedenti condizioni di diritto e assicurare quindi, il rientro della popolazione nelle abitazioni. Per attività straordinarie sono da intendere tutte quelle attività volte alla riqualificazione in senso ampio dell’area di interesse, attraverso cui avviare processi di rilancio socio-economico del Comune e del suo territorio, coerenti e congruenti con il Piano di Ricostruzione, volti principalmente ad una conservazione attiva del patrimonio edilizio dei centri di Acciano ed evidenziate nell’elaborato “Previsione di Piano finanziario e priorità di intervento” del presente Piano di Ricostruzione. I dati di riferimento per il calcolo dei contributi sugli Interventi sull’edilizia privata sono quelli contenuti nelle carte tematiche che compongono il Piano di Ricostruzione di Acciano. Da esse sono stati estratti, ai fini del calcolo l’identificativo di aggregato, il valore della superficie lorda e complessiva, i regimi di vincolo e di pregio, il carattere pubblico o privato e il regime proprietario. La determinazione della spesa per gli interventi sull’edilizia privata è stata distinta in due fasi, la prima ha previsto il calcolo delle spese al netto degli oneri accessori, nella seconda è stato applicato al limite di contributo un aumento delle spese per l’esecuzione delle indagini geologiche — geotecniche (GEO) e quelle strutturali (STRU), delle spese tecniche e dell’IVA. Gli edifici per il culto sono inclusi negli elenchi degli edifici strategici di cui al DPCM 21 ottobre 2003 in quanto edifici destinati allo svolgimento di funzioni pubbliche nell’ambito dei quali sono normalmente presenti comunità di dimensioni significative, nonché edifici e strutture aperti al pubblico suscettibili di grande affollamento, il cui collasso può comportare danni significativi al patrimonio storico, artistico e culturale e gravi conseguenze in termini di perdite di vite umane. All’interno del comprensorio comunale di Acciano, inclusi nelle perimetrazioni di intervento del PdR, sono presenti quattro complessi per il culto di cui uno ad Acciano capoluogo, due a Beffi e uno a San Lorenzo di Beffi. Diversamente dagli edifici privati, agli edifici per il culto è stato attribuito un prezzo unitario al mq in base alla corrispondente classe di danno dedotte dalle planimetrie fornite dal Comune di Acciano, rese pubbliche successivamente ai sopralluoghi per la definizione degli esiti di agibilità. Dall’elaborato appena citato risulta che ognuno degli edifici qui sotto elencati abbia esito E, ossia che gli edifici a seguito degli eventi sismici del 6 aprile 2009 sono stati resi inagibili e che quindi abbiano subito danni gravi agli elementi strutturali. Per quanto riguarda la definizione dei costi delle altre reti di servizi, rete idrica, gas, rete fognaria, rete
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elettrica, per le quali il Piano prevede solo le spese di manutenzione poiché non sono stati documentati danni ai sottoservizi in seguito agli eventi sismici del 6 Aprile 2009, si è tenuto conto delle direttive della Struttura Tecnica di Missione formulate sulla base delle specifiche ordinanze, dei prezzi unitari applicati nella Regione Abruzzo e delle indagini di mercato su interventi analoghi già eseguiti e/o in corso di realizzazione. Il Presente Piano di Ricostruzione prevede il rifacimento della pavimentazione dell’area compresa all’interno dell’ambito AM-01-AC in quanto individuata come area di raccolta della popolazione in caso di emergenza individuata nella seguente planimetria. Approvazione del Piano di Ricostruzione Oltre alle dovute approvazioni del piano in ambito regionale e provinciale è stato necessario redigere anche la Valutazione Ambientale Strategica (VAS) e la Valutazione di incidenza Ambientale (VincA). Quanto fin qua descritto è da intendersi come quadro metodologico di analisi dei centri storici funzionale alla redazione della verifica di assoggettabilità a VAS e si configura come rapporto per la VincA. Le caratteristiche peculiari del PdR di Acciano, zero metri quadri e zero volumi, non crea problematicità in ambito ambientale come di seguito specificato. Rapporto preliminare ambientale di Valutazione Ambientale Strategica del PdR di Acciano. Per le questioni legate alle metodologie inerenti le analisi e le valutazioni sono state consultate le più note linee guide in materia di VAS riscontrabili in ambito internazionale, nazionale e regionale, rimanendo sempre nel campo indicativo non valutabile come esaustiva: • Progetto EnPlan: Linee Guida (http://www.interreg-enplan.org/linee.htm), 2004; • Attuazione della Direttiva 2001/42/CE concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente. Studio DG Ambiente CE, 2004. Per il piano è stata espressa dalla “Direzione Affari della Presidenza, Politiche, Legislative e Comunitarie, Programmazione Parchi, Territorio, Ambiente, Energia, servizio Tutela e valorizzazione del pae-
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Acciano mancato ammorsamento tra le murature (a sinistra), trave di colmo poggiata in chiave della cupola (a destra).
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saggio e valutazione ambientale” della Regione Abruzzo, la “non assoggettabilità a VAS” come da nota 10700 del 20.02.2013, evidenziando come il PdR non riguardi ambiti di conservazione del Piano Paesaggistico Regionale trovandosi in zona D. Stesso tipo di esito è stato valutato dall’ARTA Abruzzo come da nota n. 14435 del 20.11.2012. Il piano non prevede l’incremento di superficie urbanizzata, non vengono interessate aree agricole ne zone in diretta connessione con fiumi e/o torrenti. Gli interventi sulle pavimentazioni pubbliche interne agli ambiti verranno effettuati solo se queste risultassero realizzate con tecniche e materiali non uguali a quelli storici; in ottemperanza al piano “stralcio di Difesa dalle Alluvioni” (PSDA) e al piano “Stranlcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico”. Inoltre, nel rispetto del Piano di Tutela della Acque (PTA), non sono stati previsti interventi che possano modificare il corso o la portata delle acque che scorrono in falda, ne interventi di modifica al depuratore già in uso nel territorio Comunale di Acciano. Si ribadisce che nel Piano di Ricostruzione non è previsto il ‘consumo’ di nuovo territorio e che gli interventi previsti rientrano in un quadro generale di rispetto dei vincoli ambientali vigenti. La Pubblica Amministrazione nell’esecuzione di opere direttamente appaltate dagli enti pubblici utilizzerà gli inerti derivanti dal trattamento dei rifiuti da costruzione e demolizione ai sensi del D.M. 203 del 203, della L.R. 45 del 2007 e s.m.i., dell’OPCM 4014 del 23.03.12 e per gli utilizzi la Cicolare Ministeriale 5205 del 2005. Per quanto riguarda i sistemi di smaltimento la Gran Sasso Acqua s.p.a. con lettera protocollo n. 2054 del 23 maggio 2013 riferisce che una parte dei sistemi è conforme alla normativa vigente mentre per la parte difforme la Gran Sasso Acqua s.p.a. sta predisponenedo gli elaborati progettuali per poter attingere ai finanziamenti “fondi fas”. Valutazione di Incidenza Ambientale In seguito all’approvazione di norme a livello nazionale di recepimento della Direttiva Habitat (DPR 357/97 e successivo DPR 120/03), e come conseguenza della recente legislazione regionale (L.R. n. 59 del 22.12.2010), si è resa necessaria la Valutazione d’Incidenza Ambientale (VincA) a supporto del Piano di Ricostruzione per verificare eventuali effetti negativi di interventi e progetti sugli habitat e sulle specie di flora e fauna di importanza comunitaria presenti nei SIC e nelle ZPS del comprensorio comunale o dei comuni limitrofi. Il Piano di Ricostruzione di Acciano si caratterizza per essere stato concepito come un piano a zero volumi e zero metri quadri, infatti non sono state previste zone di nuova urbanizzazione, nè la creazione di nuove infrastrutture ad occupare aree verdi limitrofe ai centri storici, né nuove vie di comunicazioni interne al territorio comunale. Gli interventi principali previsti riguardano lavori di restauro degli edifici storici e la ricomposizione, qualora vi siano stati dei crolli di edifici nel tessuto urbano. Chiaramente avendo a che fare con centri storici non è stato previsto né il disboscamento, né lo scavo di aree verdi. Gli unici interventi di scavo previsti hanno riguardato la realizzazione di interventi di consolidamento delle fondazioni in edifici non più idonei strutturalmente sempre ricompresi nelle perimetrazioni de-
pagina a fronte Acciano case mura, si noti la mancanza di elementi di connessione tra gli edifici.
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gli ambiti dei centri storici. La flora e la fauna non verranno interessate dai lavori previsti nel piano e anche la cantierizzazione degli ambiti dei centri storici avverrà in maniera graduale e progressiva visto anche il complesso sviluppo urbano dei centri storici quasi tutti di matrice medievale. La movimentazione di inerti sarà limitata in quanto non sono previste opere di demolizione di porzioni di centri storici nè la realizzazione di nuove infrastrutture che prevedono lo scavo e il trasporto di materiali residui. Le aree di cantiere saranno poste ai margini delle zone interessate dagli interventi e i depositi di materiale edilizi saranno riforniti periodicamente e in maniera coordinata. I materiali di resulta saranno smaltiti nelle apposite discariche come da normativa vigente. Alla luce di queste considerazioni è stata prevista una Valutazione di Incidenza Ambientale di Screening. Nella compilazione della presente lista sono state considerate le potenziali azioni impattanti legate al Piano di Ricostruzione, soprattutto durante la fase di cantiere, durante la quale si possono verificare attività di disturbo per la fauna presente nella zona limitrofa del Parco Sirente Velino. Gli ambienti direttamente interessati dalle previsioni di piano presentano una vegetazione a fisionomia prevalentemente erbacea e boschiva, per cui l’impatto maggiore avviene sulle specie animali legate alle aree boschive. Sono stati pertanto analizzati impatti potenziali relativi a questa tipologia di ambiente in relazione spaziale con l’area di progetto: • Vegetazione e flora; • Alterazione dell’attività foto sintetica; • Aumento di deposizioni dei metalli pesanti sulla superficie fogliare; • Fauna; • Distruzione di habitat; • Allontanamento e scomparsa di specie; • Alterazione delle condizioni ecologiche del Sito. Non vengono direttamente interessati dall’intervento gli habitat, prioritari e non, descritti per il Sito in esame, dato che le aree di piano sono già urbanizzate; come del resto l’aspetto legato alla vegetazione è trascurabile visto la ormai radicata presenza urbana. Gli unici impatti potenziali possibili risultano pagina a fronte Acciano case mura, si noti la mancanza di elementi di connessione tra gli edifici.
quelli esercitati sulla fauna e legati alla fase di cantiere ed in misura minore a quella di esercizio. Non sono stati riscontrati impatti insostenibili, ma soltanto impatti critici legati al disturbo arrecato all’avifauna durante le fasi di cantiere, anche se di influenza quasi trascurabile. Il ridotto numero di demolizioni e di opere di scavo non mette a rischio né la vegetazione né la fauna locale.
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percorsi di conoscenza per la salvaguardia della città storica • giovanni minutoli
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a sinistra Acciano dormiente ligneo inserito sopra gli architravi. al centro San Pio catene lignee. a destra Acciano catene in ferro con paletto su rinforzo in pietra a domostrare la consapovolezza delle maestranze rispetto alla qualità delle murature.
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a sinistra San Pio catena e cordolo in ferro (in alto). catena in legno (in basso). al centro San Pio i fronti esterni sono privi di maschi murari (in alto). Beffi evidente il mancato ammorsamento tra le murature (in basso). a destra Acciano canno fumaria realizzata trasversalmente alla muratura (in alto); contrafforte realizzato successivamente allo sviluppo del dissesto (in basso).
i piani di recupero
â&#x20AC;˘
a sinistra Acciano mancanza di ammorsamenti tra murature contigue. al centro Acciano catene in ferro a contenere il ribaltamento delle murature. a destra Acciano ricostruzione della muratura dopo il sisma del 1915.
â&#x20AC;˘
a sinistra Acciano ricostruzione della muratura dopo il sisma del 1915. al centro Acciano superfetazioni, struttura in c.a. (in alto); balcone (in basso). a destra Acciano palinsesto in muratura mista con elementi decorativi in pietra locale.
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Inquadramento territoriale, 1:10000. N 0
500 metri
1000
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Acciano ingresso al centro storico.
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in alto Planimetria con schema della viabilità e del verde, 1:500. in basso Carta delle agibilità, 1:500.
Legenda Particella Catastale Categoria A Categoria B Categoria C Categoria D Categoria E Categoria F Particella non censita Particella in fase di valutazione Perimetrazione Centro Storico AM-01-AC AM-02-AC AM-03-AC AM-04-AC AM-05-AC Case ponte Aree edificate esterne agli Ambiti di intervento del P.d.R.
i piani di recupero
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in alto Microzonazione sismica: geologico-tecnica, 1:5000. al centro Spettri. in basso Sezioni Geologico-Tecniche. Legenda Unità geologiche Unità Geologiche Continentali (U.G.C.) Deposito di frana (fra) Deposito di versante (ver) Deposito alluvionale e fluvioglaciale (all) Pleistocene superiore Deposito lacustre e palustre (lac) Pliocene-Pleistocene medio Unità Geologiche Continentali (U.G.C.) Calcari Cristallini (CTN) Campaniano-Maastrichtiano Calcari Cristallini (CTNc) Campaniano-Maastrichtiano Scaglia Detritica (SCZ) Cenomaniano-Campaniano Calcareniti e calciruditi a fucoidi (CCF) Aptiano-Cenomaniano Unità litotecniche (U.L.) U.L. Substrato rigido B1 — Rocce stratificate strutturalmente ordinate caratterizzate da strati medi (10-13cm), spessi (30-100cm), molto spessi (100-300cm) U.L. Terreni di copertura E4 — Ghiaia sabbiosa E5 — Sabbia-ghiaiosa E7 — Limo-sabbioso
HVSR 16
HVSR 20
HVSR 21
Caratteristiche Geomorfologiche Cavità isolata Orlo di scarpata morfologica (H>20m) Conoide di origine mista
HVSR 22
HVSR 23
HVSR 24
Corpo di frana di scorrimento rotazionale (quiescente) Elementi Tettonico Strutturali Giacitura strati (con indicazione dell’inclinazione)
Contatto stratigrafico presunto
A” (393795,72: 4670008,34) SW
Cavità isolata
A’’’ (394385,16: 4670280,45) NE
Stazione microtremore e stazione singola A (394025,34: 4670453,54) NW (HVSR)
Faglia diretta attiva e capace (certa), appartenente al sistema della Media Valle dell’Aterno Lineamento tettonico di incerta definizione
A’ (394353,02: 4670126,75) SE
Zona cataclastica Grado di fratturazione 20<Jv<30 Traccia sezione geologico-tecnica
Sez A1 Scala orizzontale 1:5000 Scala verticale 1:2500
Sez A2 Scala orizzontale 1:5000 Scala verticale 1:2500
Caratteristiche Idrogeologiche Sorgente lineare (portata <10 l/s) Corso d’acqua perenne
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percorsi di conoscenza per la salvaguardia della cittĂ storica â&#x20AC;˘ giovanni minutoli
â&#x20AC;˘
in alto Carta dello stato attuale delle reti e dei sottoservizi, 1:500. in basso Carta degl usi degli immobili pre-sisma secondo gli accatastamenti, 1:500.
Legenda Particelle Catastali interne agli ambiti di intervento del P.d.R. Rete fognante Rete Gas Rete Idrica Case ponte Aree edificate e esterne agli Ambiti di intervento del P.d.R.
Legenda Particella Catastale Catasto Fabbricati Catasto Terreni Catasto Terreni/Fabbricati Perimetrazione Centro Storico AM-01-AC AM-02-AC AM-03-AC AM-04-AC AM-05-AC Case ponte Aree edificate e esterne agli Ambiti di intervento del P.d.R.
i piani di recupero
â&#x20AC;˘
in alto Caratterizzazione delle superfici pavimentate e degli elementi di arredo urbano, 1:500. in basso Planimetria con individuazione degli edifici pubblici, 1:500. Legenda Edificato (U.E.) Verde pubblico Verde privato
Abaco delle tipologie di pavimentazione.
Legenda Particella Catastale Edifici Pubblici Case ponte Perimetrazione Centro Storico AM-01-AC AM-02-AC AM-03-AC AM-04-AC AM-05-AC Aree edificate e esterne agli Ambiti di intervento del P.d.R.
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in alto Planimetria con individuazione degli interventi sull’edilizia privata, 1:500. in basso Carta delle Pericolosità e degli Esiti di Agibilità di calcolo, 1:500. Legenda Particella Catastale Art. 3, comma 1 Art. 3, comma 2 Art. 3, comma 3 Art. 3, comma 4 Art. 4 Art. 5 Case ponte Perimetrazione Centro Storico AM-01-AC AM-02-AC AM-03-AC AM-04-AC AM-05-AC Aree edificate e esterne agli Ambiti di intervento del P.d.R.
Legenda Base topografica: CTR 1/5000 fornita dal Servizio Cartografico della Regione Abruzzo — Sistema di Riferimento Geografico WGS 1984 Fuso 33N Maggio 2012 Zone stabili suscettibili di amplificazioni locali
Caratteristiche geomorfologiche Scarpata di erosione fluviale Cono di detrito Limite amministrativo Perimetrazione area di interesse Cavità sotterranee antropiche Zone suscettibili di instabilità Faglia diretta Faglia diretta presunta Faglia attiva e capace Esiti di agibilità di calcolo Particella catastale Case ponte Categoria A Categoria B Categoria C Categoria E
i piani di recupero
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in alto Planimetria con individuazione degli edifici Ordinari, di Pregio e Vincolati, 1:500. in basso Carta delle modalità di attuazione, 1:500.
Legenda Particella Catastale Art. 3, comma 1 Art. 3, comma 2 Art. 3, comma 3 Art. 3, comma 4 Art. 4 Art. 5 Case ponte Perimetrazione Centro Storico AM-01-AC AM-02-AC AM-03-AC AM-04-AC AM-05-AC Aree edificate e esterne agli Ambiti di intervento del P.d.R.
Legenda Aggregati Perimetrazione Centro Storico AM-01-AC AM-02-AC AM-03-AC AM-04-AC AM-05-AC Priorità 1 — edifici ed aggregati con abitazioni principali in maggioranza agibili (con esito diverso da A) Priorità 2a — edifici ed aggregati con abitazioni principali in maggioranza agibili (con esito A) Priorità 2b — edifici ed aggregati con attività commerciali e/o turistico-ricettive e/o artigianali e/o con funzioni pubbliche attive alla data del sisma Priorità 3 — edifici ed aggregati non ricompresi nelle priorità precedenti Aree edificate e esterne agli Ambiti di intervento del P.d.R.
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i piani per la gestione delle emergenze
A seguito del sisma abruzzese del 6 aprile 2009 è stata emanata una nuova norma per dare maggiore impulso alla prevenzione sismica. L’articolo 11 della legge 77 del 2009 finanzia con 965 milioni di euro, ripartiti in sette anni, interventi di prevenzione sismica su tutto il territorio nazionale. Le ordinanze necessarie a rendere applicativo il suddetto articolo sono state emanante dalla presidenza del consiglio e dal capo dipartimento della protezione civile. Il programma organico e pluriennale previsto per tutta l’Italia, prevede la caratterizzazione sismica dei singoli territori e valuta inoltre gli interventi più siculi i comparti urbani siano essi pubblici che privati. la norma si distingue dalle altre perché permette anche ai privati di chiedere finanziamenti per gli interventi sugli edifici privati e non solo detrazioni fiscali. La cifra stanziata, anche se importante, risulta inadeguata per le necessità di un territorio altamente sismico come quello italiano. La prima Ordinanza Presidente del Consiglio dei Ministri (OPCM) è la n. 3907 del 13 dicembre 2010 è prevede l’utilizzo di fondi per: A) indagini per la microzonazione sismica; B) interventi su edifici strategici e infrastrutture; C) interventi strutturali su edifici privati D) interventi per la mitigazione del rischio sismico sulle infrastrutture di interesse strategico. Gli interventi alle lettere A,B,C, possono prevedere il rafforzamento locale, il miglioramento sismico e eventuale demolizione e ricostruzione mentre la microzonazione sismica deve essere recepita nella pianificazione comunale. L’OPCM 4007/2012 introduce l’analisi delle Condizioni Limite di Emergenza (CLE), con la finalità di valutare l’idoneità dei luoghi e dei percorsi scelti per la gestione delle emergenze post sismiche. Il programma per le redazioni delle CLE viene gestito con finanziamenti pubblici stanziati dalle regioni sulla base delle priorità relative al rischio sismico del proprio territorio regionale. L’analisi delle Condizioni Limite di emergenza prevede l’integrazione degli interventi di mitigazione del rischio sismico in ambito comunale con l’attività di verifica dei sistemi di gestione delle emergenze, valutati come i capisaldi fisici, edifici strategici, aree di emergenza, infrastrutture di connessione e accessibilità. La CLE valuta la ‘reazione’ di un centro urbano all’evento sismico cercando di comprendere se questo a seguito di un terremoto e prendendo buona parte delle sue funzioni urbane comprese quelle residenziali, mantiene comunque le funzioni legate alla gestione delle emergenze rimanendo attivi la
pagina a fronte Poppi, castello.
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maggior parte degli edifici strategici e delle connessioni e accessibilità rispetto al contesto territoriale. La microzonazzione sismica e l’analisi delle condizioni limite di emergenza devono essere condotte parallelamente. L’analisi della condizione limite di emergenza di un centro urbano prevede l’individuazione delle strutture per la gestione delle emergenze e la valutazione delle interconnessioni tra edifici strategici e accessibilità di questi attraverso il percorso viario territoriale. A tale fine sono state predisposte cinque schede di rilevamento: • Edifici Stategici; • Aree di Emergenza; • Infrastrutture di Accessibilità/Connessione;
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Schede CLE per edficio strategico.
• Aggregati Strutturali; • Unità Strutturali. Queste schede sono gestite da un apposito software di libera fruizione, SoftCLE, che facilita l’inserimento dei dati nelle schede. Le schede servono a verificare il sistema di gestione delle emergenze, dall’analisi di queste si comprende come il campo di rilevamento informativo è limitato alle peculiarità fisiche e funzionali del manufatto e non riguardano il modello organizzativo e le componenti funzionali di servizio e/o di approvvigionamento. Le informazioni rilevate attraverso le schede costituiscono la base conoscitiva minima per la valutazione del sistema di emergenza e il punto di partenza per eventuali approfondimenti. Alle schede si integra la cartografia che rappresenta il supporto di base per l’analisi della CLE, dove individuare percorsi e edifici per la gestione delle emergenze. Come è ovvio se il comune non è dotato di un piano di protezione civile, l’amministrazione deve provvedere in tempi brevi alla pianificazione prima della stesura della CLE. Le analisi sviluppate durante la realizzazione della condizione limite di emergenza serviranno per modificare, se necessario, i piani di protezione civile qualora si valutassero condizioni a contorno che rendono non applicabili o solo parzialmente idonee le scelte fatte dal piano su detto. L’Università degli Studi di Firenze, e nello specifico il Dipartimento di Architettura, da diversi anni conduce studi mirati alla valorizzazione del centro storico di Poppi, piccolo ma importante centro casentinese, e all’interno di questi studi ha anche realizzato la documentazione propedeutica alla redazione dell’analisi delle condizioni limite di emergenza. Il casentino si caratterizza per l’elevata presenza di città e siti in cui è chiara l’impronta medievale. Il centro storico di Poppi, che lega il suo sviluppo alle alterne vicende della famiglia dei conti Guidi, è collocato baricentricamente rispetto al territorio casentine sulla riva del fiume Arno. La cittadina, realizzata in una porzione territoriale già abitata in periodo etrusco, ha il suo periodo di maggiore sviluppo nella seconda metà del 1200. Anche se i primi edifici di epoca medievale sono documentati sin dalla seconda metà del secolo precedente. Sempre al XIII secolo risalgono le mura urbiche con le cinque
i piani per la gestione delle emergenze
Legenda Sistema di gestione dell’emergenza Edificio strategico Area di emergenza (ammassamento) Area di emergenza (ricovero) Area di emergenza (attesa) Infrastrutture di connessione Infrastrutture di accessibilità 1. Stazione ferrovia 2. Scuola materna 3. Centro sportivo
porte mediavano che mediano l’accesso all’urbano. Al trecento risale la realizzazione dei portici che probabilmente in una prima fase erano realizzati con strutture lignee e solo successivamente, tra quattrocento e cinquecento, trovano la loro attuale conformazione. I portici si sviluppano sull’asse principale dell’urbano e servivano anche allo sviluppo delle attività commerciali che si trovavano su questa via. La strada porticata collega il centro religioso dell’abitato, l’abazia di San Fedele, con il centro politico-feudale, il castello dei conti Guidi, posto nella parte alta del colle; divenendo di fatto il luogo preposto agli scambi commerciali. Tra Cinquecento e Ottocento i fronti degli edifici vengono ammodernati stilisticamente e molte unità minime vengono accorpate ‘dietro’ una unica facciata. Le valutazioni propedeutiche relative all’analisi della CLE hanno analizzato tutto il territorio comunale comprese le numerose contrade che si caratterizzano per essere borghi di varie dimensioni ma con una ‘autonomia urbanistica’ consolidata. La compilazione delle schede e l’individuazione dei percorsi ha messo in evidenza alcune fragilità intrinseche al territorio comunale, ma soprattutto la criticità del percorso urbano principale del centro storico di Poppi. Quest’asse, di impianto medievale, nonostante l’apertura di una nuova porta di accesso all’abitato realizzata nel novecento, è rimasto l’asse
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Poppi viste generali centro storico.
principale dove, oltre a numerose abitazioni e attività commerciali, si trovano edifici strategici quali: il palazzo comunale, un edificio scolastico e la caserma dei carabinieri. Questi edifici in caso di sisma sono luoghi fondamentali per la gestione delle emergenze, ma oltre a questo la viabilità che costituisce la spina dorsale dell’abitato è il percorso di attraversamento che garantirebbe agli abitanti di abbandonare le proprie abitazioni e ai mezzi di soccorso di intervenire per la gestione delle criticità. L’analisi ha messo in luce che nonostante gli edifici strategici abbiano subito negli anni interventi di miglioramento sismico i percorsi di accesso a questi presentano numerose criticità che limiterebbero e negherebbero l’accesso all’abitato. Sulla base di queste considerazioni si è provveduto a riutilizzare la metodologia sviluppata per la redazione del piano di ricostruzione di Acciano, realizzato dopo il sisma del 2009, per comprendere e valutare le problematicità sismiche del percorso urbano in oggetto. Il rilievo del centro
i piani per la gestione delle emergenze
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Poppi i portici.
storico di Poppi era già stato realizzato negli anni passati con metodologie di rilievo tradizionale diretto ma anche laser scanner, negli studi precedenti si era provveduto anche a redigere gli ortofotopiani degli edifici fronte strada e un’analisi materica e dei degradi principali dei fronti. Avendo un quadro cartografico-documentario aggiornato si è provveduto ad analizzare il sistema di connessione tra gli edifici con l’individuazione degli aggregati e delle unità edilizie in modo da comprendere a pieno quali e quanti aggregati compongono il centro storico e di quante unità edilizie è composto ogni singolo aggregato. Questa tipologia di analisi fatta prima di un evento calamitoso garantisce una ‘serenità’ di valutazione che spesso non è presente quando si interviene in condizioni di emergenza. Oltre alle schede richieste dalla CLE, sono state redatte delle schede di analisi di ogni singola unità edilizia, queste schede organizzate con un codice alfanumerico, garantiscono l’immediata individuazione dell’immobile at-
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Fronte esterno.
Fronte interno.
Fronte interno (unico fronte analizzabile).
Porta 2.
traverso un sistema G.I.S. di gestione del patrimonio edilizio di Poppi. Nelle schede, oltre a dati identificativi (indirizzo, riferimenti catastali, piani fuori terra, attività svolte, ecc.), sono presenti un folto numero di immagini e disegni che permettono a chi consulta le schede di valutare l’unità edilizia sotto sia gli aspetti formali ma anche a quelli manutentivi e conservativi. Il passaggio successivo è stato quello di comprendere lo stato di conservazione delle porte di accesso al centro storico, che per la loro conformazione possono divenire dei punti critici per la gestione delle emergenze. Di quelle ancora presenti solo due risultano essere pericolose, la prima perché si trova in continuità con il campanile dell’abazia di San Fedele, che per la sua elevata snellezza potrebbe rovinando a seguito di un sisma intercludere la porta. La seconda, quella su piazza Amerighi, perché per la sua conformazione a tunnel in caso di terremoto rischia di crollare e chiudere l’accesso. Queste
i piani per la gestione delle emergenze
Fronte esterno.
Fronte interno. Analisi fronte esterno borgo.
Analisi fronte interno borgo.
Fronte esterno.
Fronte interno.
Analisi fronte esterno borgo.
Analisi fronte interno borgo.
due porte dovrebbero in un primo momento essere escluse dal piano di protezione civile per poi essere reinserite dopo gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico necessari. Visto che gli edifici strategici si trovano lungo lâ&#x20AC;&#x2122;asse porticato si è provveduto a fare lâ&#x20AC;&#x2122;analisi dei piedritti, pilastri e colonne, per comprendere quanto il loro asse verticale fosse fuori piombo. Sulla base di queste valutazioni è stata redatta una planimetria dove si sono evidenziati gli assi di rotazione e con i colori dal verde a ros-
Porta 1-3.
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Legenda Elementi strutturali Pieddritti Sezione pieddritti Asse ideale pieddritto Maschi murari Presunto maschio murario Maschio murario Elementi orizzontali Orizzontamenti Struttura del portico Volta a vela
Volta a crociera Solaio a travetti (la direzione indica l’orditura) Presidi Catena Capochiave Cerchiatura Composizione edilizia Aggregato strutturale Unità edilizia
i piani per la gestione delle emergenze
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in alto Schede CLE per aree di emergenze.
so il grado di pericolosità di questa rotazione. Successivamente sono stati valutati i dissesti, lesioni e de-
in basso Schede CLE per infrastrutture di accessibilità e connessione.
venivano messe in relazione alle meccaniche delle unità edilizie adiacenti. Inoltre sono state scheda-
formazioni, creando dei modellini tridimensionali in cui le meccaniche dei dissesti dei singoli edifici te le diverse tipologie di orizzontamenti e di strutture spingenti (volte e solai) dei porticati e gli elementi per il contenimento delle spinte (catene, sproni, archi di scarico, maschi murari). Questi dati sui dissesti e sui presidi hanno dato luogo ad una valutazione distinta per unità edilizia, anche in questo caso evidenziate con campitura dal verde al rosso, in cui si identificavano i singoli livelli di pericolosità.
i piani per la gestione delle emergenze
Dall’incrocio dei dati relativi ai piedritti e di quelli inerenti i dissesti si è redatto una planimetria che ha evidenziato i diversi livelli di fragilità delle singole unità edilizie. Questa analisi speditiva ha permesso di redigere una graduatoria di interventi sugli edifici privati che tenga conto del loro diverso stato di salute. Solo a seguito degli interventi sulle unità edilizie gravanti sulla via oggetto di analisi sarà possibile valutarla come asse idoneo alla gestione delle emergenze.
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in alto Schede CLE per aggregato strutturale. in basso Schede CLE per unità strutturale.
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percorsi di conoscenza per la salvaguardia della cittĂ storica â&#x20AC;˘ giovanni minutoli
postfazione Silvio Van Riel
Università degli Studi di Firenze
Questo volume raccoglie le esperienze di ricerca di Giovanni Minutoli e trova una corretta e significativa sintesi dei temi trattati nell’ambito dell’annoso e controverso problema della conoscenza e, conseguentemente, della tutela e preservazione dei caratteri significativi della città storica. Gli argomenti, che ad una prima vista possono sembrare poco legati fra loro, trovano conforto in un piano rappresentativo specifico e coerente. Sono pienamente d’accordo con l’autore quando scrive che questi temi spesso sono trattati come singole specifiche problematiche senza avere una visione generale del contesto edificato. Gli esempi illustrati nel volume permettono di seguire la metodologia di indagine che l’autore nell’ultimo decennio ha portato avanti, nel tentativo di individuare e caratterizzare un percorso conoscitivo che sintetizza gli attuali orientamenti interdisciplinari nello studio dell’architettura e dell’edilizia, il cui quadro complessivo, a tutte le scale, distingue la città storica. Purtroppo lo spazio dedicato a queste poche note è ridotto, per le solite logiche editoriali, ma sufficiente per alcune riflessioni sugli argomenti trattati. Significativo, a mio parere, è la prospettiva metodologica con cui l’autore ha avuto il coraggio di affrontare il tema del ‘colore’ della città storica, mediante l’applicazione di un’indagine puntuale e critica e analizzando l’edificato non solo dall’immagine attuale, come nel caso specifico di Firenze; l’impaginato architettonico e cromatico infatti, non è altro che la successione di molteplici e stratificati interventi. Firenze rappresenta un episodio emblematico delle città d’arte italiane in quanto nel periodo di grander dovuto all’illusoria Capitale del Regno d’Italia, ha raddoppiato il suo volume edilizio, ricorrendo alle sopraelevazioni del tessuto di base nelle vie radiali verso il centro, con l’aggiunta di due e tre piani, e ridisegnando, grazie all’uso degli stilemi neo-rinascimentali o meglio neo-quattrocenteschi, una nuova e del tutto inedita scenografia urbana, che ben poco aveva a che fare con quella precedente. Le direttive tecniche di quel periodo erano tutte incentrate a mostrare al mondo una ‘vera’ città del rinascimento, una immagine che ancor oggi tende a privilegiare negli interventi di ridipintura delle facciate, al di là delle cromie nuove tardo ottocentesche e liberty. Gli esempi pubblicati hanno come base metodologica di ricerca un’accurata indagine storico-documentale della stratificazione architettonica, una significativa campagna di rilevamento a scala urbana e architettonica grazie all’impiego del laser-scanner, ed un approfondito studio delle tecniche costruttive, dei materiali impiegati e delle strutture presenti all’interno delle facciate. Le schede prodotte individuano un approccio metodologico corretto e rappresentativo delle attuali tendenze più avanzate nell’analisi urbana e architettonica.
pagina a fronte Valencia, mercato centrale.
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percorsi di conoscenza per la salvaguardia della città storica • giovanni minutoli
Il capitolo dedicato allo studio e all’analisi dei dissesti, lesioni e deformazioni, nell’edilizia storica riapre un doloroso problema legato alla più recente storia urbana italiana, quello legato alla vulnerabilità sismica di tutto il nostro edificato antico e recente, monumentale e non. Nel testo sono trattati ampiamente esempi calzanti di questa problematica che sembra non aver mai fine. Furono i Borboni, nei loro domini meridionali, a imporre criteri per ridurre le vulnerabilità delle strutture storiche agli effetti del sisma, emanando norme, con criteri al tempo del tutto innovativi, defiscalizzando gli interventi di ricostruzione con tecniche nuove quali la casa baraccata, la sostituzione di elementi rigidi e pesanti, quali la sostituzione di laterizi e di pietre nella costruzione di volte e cupole con strutture più leggere come il legno e gli incannicciati. In realtà si è dovuto aspettare la metà degli anni ottanta del Novecento perché nella normativa tecnica italiana venisse considerato l’intervento strutturale sugli edifici esistenti, con norme, seppur ancor embrionali, specifiche. Fino allora per gli interventi sull’esistente dovevano essere applicate le stesse tecniche costruttive ed i materiali per la costruzione degli edifici nuovi, una modalità che gli ultimi sismi italiani hanno evidenziato in tutta la loro gravità e drammaticità. C’è voluto un episodio tragico come la morte di 27 bambini ed una maestra in una scuola di San Giuliano di Puglie (Molise) il 31 ottobre 2002 perché l’opinione pubblica e soprattutto i politici ed i tecnici ministeriali prendessero coscienza del problema e da allora c’è stata una evoluzione normativa sempre più attenta e mirata soprattutto alla riduzione del rischio sismico negli aggregati edilizi storici e più recenti. Sono state definite norme sempre più definite e puntuali, alle quali però — come succede spesso in Italia — non sono state assegnate risorse economiche adeguate. In compenso la ricerca scientifica universitaria ha cercato di sviluppare studi applicativi di questi indirizzi tecnici e gli esempi riportati nel volume sono significativi, con l’indagine di realtà urbane di diverse dimensioni e collocazione geografica. Dalla Sicilia, al cratere sismico aquilano alla Toscana, gli studi pubblicati hanno mostrato criteri d’indagine particolarmente innovativi come l’attento studio degli aggregati edilizi del tessuto storico fiorentino, dove l’indagine storico documentale ed un’accurata campagna di rilevamento architettonico e materico, hanno permesso di individuare quel succedersi d’interventi strutturali che hanno configurato l’architettura odierna, risultato di soluzioni legate sia alla funzionalità dell’immobile, sia a correggere carenze statiche avvenute nel tempo. Oltre a studi specifici del tessuto urbano di Firenze, il volume affronta ricerche su due piccoli ma significativi insediamenti storici siciliani: Naso e Ficarra nel territorio messinese dei Nebrodi e il centro antico di Poppi, nel tentativo di studiare ed individuare forme di prevenzione al sisma, argomento quanto mai attuale dopo il recente sisma umbro, laziale e marchigiano; l’Aquila ed Acciano, affrontando le problematiche legate al tema della ricostruzione post-sismica, oggi quanto mai attuali e controverse, anche alla luce dei gravissimi danni al patrimonio storico monumentale e religioso causati dal sisma che ha colpito il 20 e 29 maggio 2012 i 66 comune della bassa modenese. Fra gli strumenti di prevenzione al rischio sismico particolare attenzione meritano gli studi sull’evolu-
postfazione • silvio van riel
zione delle CLE, condizioni limite d’emergenza, dettata da approfondimenti di studio, con l’uso sistematico dell’indagine storica-documentale, l’accurata analisi strutturale ed il rilevamento con il laserscann; gli esempi pubblicati ne danno piena testimonianza. Queste analisi hanno lo scopo di ridurre il rischio sismico a scala urbana, analizzando in maniera più dettagliata la situazione strutturale degli edifici che prospettano le viabilità strategiche alle funzioni dell’emergenza sismica. Inoltre le indagini servono come integrazione degli interventi sul territorio per la mitigazione del rischio sismico a scala comunale e si riferisce in maniera diretta all’attività di verifica dei sistemi di gestione dell’emergenza. A giustificazione di tali teorie sono numerosi gli eventi recenti che mostrano con chiarezza come i rischi ambientali, e il rischio sismico in particolare, siano temi da affrontare nella pianificazione territoriale e urbanistica con più efficacia in termini non solo conoscitivi ma anche operativi. A questo proposito con l’OPCM 4007/2012, oltre agli studi di microzonazione sismica, le Regioni devono definire anche le modalità di recepimento dell’analisi della Condizione Limite per l’Emergenza (CLE) negli strumenti urbanistici vigenti. L’obiettivo si è tradotto nella definizione delle possibili ‘condizioni limite’ degli insediamenti urbani, intese come diverse soglie di danneggiamento fisico e funzionale dell’insediamento conseguenti al sisma. Le condizioni limite sono state studiate sia come riferimento per l’analisi della situazione attuale di uno specifico insediamento, sia come obiettivo da raggiungere in termini di riduzione del rischio sismico a scala urbana. Negli argomenti trattati in questo volume traspare chiaramente l’attento retroterra culturale che ha caratterizzato la storia della Facoltà di Architettura fiorentina; a conclusione di questa breve nota mi è caro ricordare, Francesco Gurrieri, che ebbe a scrivere di quanto l’attuale cultura del restauro architettonico debba profonda riconoscenza all’opera di Piero Sanpaolesi, per aver creato il primo Istituto di Restauro in una facoltà italiana di Architettura e aver indirizzato lo studio del restauro sull’architettura esistente non solo sotto il profilo tecnico-artistico ma tecnico-scientifico, dove fondamentale resta la conoscenza diretta del manufatto architettonico, in particolare sotto l’aspetto della conservazione strutturale, anticipando di quasi sessant’anni gli attuali indirizzi normativi in materia di tutela architettonica e strutturale dell’architettura esistente.
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Il progetto di ricerca sul centro storico di Naso (ME), 2004-2012, è stato svolto in convenzione con l’amministrazione locale, responsabili del progetto di ricerca F. Farneti (UNIFI), S. Van Riel (UNIFI), coordinatore scientifico della ricerca S. Bertocci (UNIFI), F. Farneti (UNIFI), G. Minutoli (UNIFI), S. Van Riel (UNIFI), gruppo di Lavoro: Omar Berto, Samuele Caciagli, Giovanni Pancani. Il progetto di ricerca sul centro storico di Ficarra (ME), 2006-2012, è stato svolto in convenzione con l’amministrazione locale, responsabili del progetto di ricerca F. Farneti (UNIFI), S. Van Riel (UNIFI), coordinatore scientifico della ricerca S. Bertocci (UNIFI), F. Farneti (UNIFI), G. Minutoli (UNIFI), S. Van Riel (UNIFI), gruppo di Lavoro: Monica Lusoli, Francesco Pisani, Giovanni Pancani, Linda Puccini. Il progetto di ricerca sul centro storico di Messina, 20082012, è stato svolto in convenzione il Collegio dei Geometri della provincia di Messina, responsabili del progetto di ricerca F. Farneti (UNIFI), S. Van Riel (UNIFI), coordinatore scientifico della ricerca F. Farneti (UNIFI), G. Minutoli (UNIFI), S. Van Riel (UNIFI). Il progetto di ricerca sul centro storico di Poppi, 20122016, è stato svolto in convenzione con l’amministrazione locale, responsabili del progetto di ricerca S. Bertocci (UNIFI), G. Pancani (UNIFI), coordinatore scientifico della ricerca per gli aspetti sismici e strutturali G. Minutoli (UNIFI), G. Pancani (UNIFI), gruppo di Lavoro: Marco Repole, Marco Tocchi. Il progetto di ricerca sugli aggregati del cratere sismico Abruzzese, 2010-2013, responsabili del progetto di ricerca S. Bertocci (UNIFI), cordinatore tecnico Carlo Raffaelli, rilievo laser scanner Luca Cosimi, rilievo topografico Francesco Tioli, coordinatore scientifico della ricerca per gli aspetti sismici e strutturali G. Minutoli (UNIFI). Il progetto di ricerca sul centro storico di Acciano (AQ), 2011-2014, è stato svolto in convenzione con l’amministrazione locale, responsabili del progetto di ricerca S. Bertocci (UNIFI), coordinatore scientifico Sandro Parrinello (UNIPV), responsabile per la vulnerabilità sismica Mario
De Stefano (UNIFI), coordinatore scientifico della ricerca per gli aspetti sismici e strutturali G. Minutoli (UNIFI), coordinatore tecnico Carlo Raffaelli. Gruppo di Lavoro: Graziella Del Duca, Matteo Pasquini, Sara Porzilli, rilievo topografico Francesco Tioli, rilievo laser scanner societàDigitArca. Il progetto di ricerca Agreement between the United Nations Development Programme and join Laboratori of landscape survey e design (LS3D), Department of Architecture (DIDA) of the University of Florence an Department of civil engeneering and architecture (DICAR) of the University of Pavia on the implementation of the programme “Pure — productivity and urban renewal in east Jerusalem”. Responsabili del progetto di ricerca S. Bertocci (UNIFI) S. Parrinello (UniPv), coordinatore scientifico per le analisi diagnostiche e strutturali finalizzate al restauro G. Minutoli (UNIFI). Si ringraziano gli studenti e i colleghi che in varie forme mi hanno aiutato a crescere e a sviluppare questo lavoro, in primis Fauzia, Silvio e Stefano che mi hanno guidato nel mondo della ricerca. Marco, Matteo e Pierpaolo sempre pronti a sostenermi e aiutarmi. Andrea, Giovanni, Sandro e Sara con cui quotidianamente mi confronto costruttivamente.
Finito di stampare da Officine Grafiche Francesco Giannini & Figli s.p.a. | Napoli per conto di didapress Dipartimento di Architettura UniversitĂ degli Studi di Firenze Luglio 2018
Questo volume raccoglie l’attività di ricerca sviluppata negli ultimi dieci anni all’interno di gruppi di studio che hanno valutato interdisciplinariamente le problematicità e le singolarità dei centri storici in diverse zone dell’Italia e del bacino del Mediterraneo. Si trovano analizzati i molteplici aspetti che contraddistinguono i diversi centri partendo dall’analisi delle superfici e della geometria delle forme per poi arrivare a valutare le tecniche costruttive e le problematiche strutturali dei singoli edifici e degli aggregati in cui si trovano, nella consapevolezza che edifici e aggregati sono organi fondamentali dell’organismo centro storico e che dalla relazione dei singoli elementi nasce la capacità di un centro storico di comportarsi come un insieme omogeneo dotato di unitarietà dell’immagine ma anche e soprattutto di connessioni strutturali per la salvaguardia degli edifici e dei loro abitanti.
Giovanni Minutoli ha svolto gli studi universitari presso la Facoltà di Architettura di Firenze. Si laurea nel 2001 con una tesi in Restauro e Consolidamento con il prof. Silvio Van Riel. Si dottora in Materiali e Strutture dell’architettura, curriculum Icar 19, con una tesi riguardante la vulnerabilità sismica dell’edilizia ‘minore’ realizzata dopo il sisma del 1908. È docente di restauro presso il Dipartimento di Architettura dell’Università Fiorentina e presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Pavia. Partecipa e organizza convegni, nel settore del restauro, di ambito nazionale e internazionale. Al suo attivo ha numerose pubblicazioni in cui si affrontano le problematiche riguardanti il restauro e la salvaguardia della città storica.
ISBN 978-88-9608-085-6
€ 25,00