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Postfazione

Fabrizio Schiaffonati

Non è semplice restituire in sintesi la figura di uno studioso che ha indagato complesse tematiche della progettazione architettonica, con contributi non riducibili a tradizionali categorie disciplinari. È questo il caso di Romano Del Nord, tra i più importanti protagonisti della fondazione e dell’affermazione della Tecnologia dell’architettura, un settore scientifico presente in ambito accademico da soli cinquant’anni, rispetto ad altri di più lunga data. Un percorso che lo ha visto protagonista per impegno e lucidità nell’individuare linee strategiche fondamentali per la formazione culturale e professionale degli architetti, a fronte di mutamenti senza precedenti del contesto ambientale e produttivo. Un impegno come ricercatore, docente, figura istituzionale, di cui ha lasciato traccia in libri, saggi, rapporti scientifici, ma anche memoria in quanti l’hanno conosciuto e avuto modo di partecipare alle molte intraprese da lui promosse. Importante quindi l’iniziativa di una disamina del suo contributo, fugando subito il dubbio di un approccio meramente celebrativo, ricorrente come omaggio alla carriera di colleghi eccellenti. Doverose testimonianze che in genere poco aggiungono all’approfondimento critico del pensiero di chi si vuole ricordare. Questo testo non cor-

re questo rischio, e il merito certamente va tutto a Maria Chiara Torricelli e a Roberto Bologna per la scelta di ricondursi strettamente all’analisi degli scritti di Del Nord; linea rigorosa, certamente anche per la difficoltà di sottrarsi a riferimenti personali di colleganza e collaborazione con un maestro. Il libro assume quindi, la dimensione di una sistematizzazione di ragionamenti da un estratto di scritti, in un arco cinquantennale a noi ancora vicino per i tanti problemi tuttora aperti. Per fare emergere, oltre all’importante aspetto documentale, intuizioni, avanzamenti di conoscenze e proposte progettuali del suo autore; non una semplice raccolta antologica, in quanto intercalata da considerazioni critiche dei curatori, per contestualizzarne e rimarcarne i passaggi salienti, e riconnettersi al pensiero di Del Nord. Il che rende scorrevole la lettura, attualizza i ragionamenti e suggerisce altri sviluppi. Una successione quindi di saggi, in una sorta di confronto sinottico con ragionamenti che risalgono anche a tempi non recenti; sfuggendo, quindi, a interpretazioni soggettive come può accadere quando liberamente sovrapponiamo i nostri giudizi a una sbrigativa sintesi del pensiero d’altri: come quando la critica, dimentica del proprio scopo, diventa un puro pretesto. Scelta quindi rigorosa e non così consueta, perché obbliga ad un attento scavo e non consente sbrigative semplificazioni. Soprattutto di grande utilità per quanti si confronteranno con i problemi introdotti e analizzati da Del Nord: e le oc-

casioni sono certamente tante, anche per gli studenti di architettura e di ingegneria che non potranno non incrociare il suo pensiero quando vorranno approfondire le tematiche del progetto nella loro complessità. Le categorie individuate per sistematizzare e classificare i brani scelti consentono inoltre un’agevole lettura degli argomenti che vengono introdotti. Pertinenti e condivisili, a partire da quanto riportato, come si dovrebbe sempre fare, rispetto ad altre forme narrative. Diversamente, cioè, da approcci sempre più frequenti, con citazioni, note, arbitrari sconfinamenti, che fanno pensare invece a quanto Romano Del Nord, di vasta cultura, fosse restio ad inutili esibizioni per ricondursi sempre rigorosamente ai dati del contesto. Un problema che pone una questione di metodo. La introduzione della Tecnologia dell’architettura per la formazione dell’architetto affermava l’importanza anche di un approccio empirico al progetto, pena una idealistica regressione accademica. Criticità non sfuggita a Pierluigi Spadolini, Marco Zanuso, Edoardo Vittoria, che avevano quindi segnato una distanza, sia culturale che professionale, da una teoria del progetto astratto da ogni attività pratica e sperimentale: un arroccamento anacronistico per il progresso tecnologico, con l’evoluzione dei processi produttivi e organizzativi. Si inserisce quindi nelle Facoltà di architettura la consapevolezza di una ineludibile complessità della concezione, produzione e gestione del progetto, da

cui si avvierà una diversa articolazione e approfondimento degli studi. In tal senso, la Scuola fiorentina dagli anni Settanta è stata un punto di riferimento, per una didattica e una ricerca con al centro l’analisi del processo edilizio, in tutte le sue configurazioni, istituzionali, normative, operative, dove la tecnologia non è riconducibile a mera azione di servizio ma si riconnette ad una più ampia dimensione epistemologica. E il contributo di Del Nord è stato fondamentale nel dirigere agli inizi degli anni Ottanta il Dipartimento che ne assumeva obiettivi e programmi scientifici. Una azione sintonica con quanto era accaduto a Milano, poi a Roma e a seguire in quasi tutte le Facoltà di architettura italiane. L’esito di un concorso nazionale, commissione presieduta da Spadolini, con la scelta di una nuova generazione di professori ordinari, coesi per formazione ed esperienze, aveva segnato un diverso ruolo e peso del settore scientifico-disciplinare. Del Nord di quella compagine era il più giovane, ma già il più attento e dinamico nell’intuire e proporre dove sarebbe stato utile e necessario portare il nostro impegno; anche per la conoscenza dei meccanismi istituzionali, delle vischiosità degli apparati, del quadro legislativo e normativo che presiede ad ogni trasformazione territoriale, infrastrutturale, ambientale ed edilizia. Un impegno per un rinnovamento possibile a condizione di essere una comunità scientifica, con in primo piano un chiaro programma rispetto a tradizionali e regressive ottiche accade-

miche. Si avvieranno così all’interno dell’area tecnologica momenti di confronto, ricerche e iniziative tra le sedi, per la promozione delle forze migliori. Un decennio, gli anni Ottanta, di notevoli trasformazioni, di cambiamenti istituzionali: il nuovo ordinamento regionale, il piano decennale per la casa, la nascita dei dipartimenti e del dottorato di ricerca, il recepimento di importanti direttive europee in materia edilizia e ambientale. L’Università, con l’autonomia dipartimentale, diventava interlocutore importante di enti e istituzione territoriali per lo sviluppo di piani, studi, ricerche, progetti. Una acquisizione di conoscenze, di collaborazioni inter-istituzionali, nonché di risorse economiche, che consentirono di promuoverne un diverso ruolo sociale, con la formazione di nuovi docenti e ricercatori. Un momento particolarmente fecondo, una spinta di rinnovamento culturale e operativo; purtroppo oggi non più così, in uno stillicidio di controriforme che hanno accentuato la crisi della ricerca e della formazione. In quel mutato contesto gli enti territoriali ebbero quindi un ruolo propulsivo in materia urbanistica ed edilizia, con l’emanazione di nuove leggi e norme per il finanziamento, la programmazione e l’attuazione delle opere pubbliche, della residenza e dei servizi. Una opportunità che richiamava supporti conoscitivi e operativi che i dipartimenti furono in grado di erogare. Nel convegno tenutasi a Firenze nel 2013 in occasione del trentennale del dipartimento

“Tecnologia dell’architettura e design Pierluigi Spadolini” fu presentato il volume “La Tecnologia dell’architettura e il design nell’ateneo fiorentino”, un rapporto analitico sul complesso e articolato lavoro di studio e ricerca, da cui emerge questa organica relazione tra istituzioni per la promozione della ricerca progettuale. Il bilancio di un programma di grande significato, che ha avuto in Romano Del Nord uno dei più convinti sostenitori, un determinato e lucido attore. Scorrere ora quel documento fa tornare alla mente il suo ruolo propulsivo, gli interessi e le ricerche innovative da lui promosse. Di quel bilancio è importante rimarcare in particolare l’impegno di lunga data nel settore dell’edilizia sanitaria, negletto negli studi accademici e nei programmi formativi, delegata a specialismi professionali, senza investimenti in ricerca e sperimentazione. Concezione riduttiva, col progressivo impoverimento della qualità dell’offerta di tali primari servizi; con i gravi risvolti emergenziali di oggi. La promozione del Centro interuniversitario di ricerca, “Sistemi e tecnologie per le strutture sanitarie”, già dal 1992, tra l’ateneo fiorentino e la Sapienza di Roma, ha rappresentato un momento particolarmente significativo di questa visione lungimirante e una inversione di tendenza per portare l’attenzione al problema nell’ambito degli studi sull’architettura. Una strategia perseguita in accordo con Roberto Palumbo, altra figura rilevante dell’area tecnologica recentemente scomparso, che li ha visti in campo in nu-

merose iniziative per coniugare la cultura progettuale con quella manageriale e gestionale. Un ambito, quello dell’edilizia sanitaria, dove la complessità del progetto si esplicita in tutte la sua problematicità, con molte iniziative portate a compimento dal loro impegno e determinazione. Per Del Nord non si può non far menzione inoltre anche delle realizzazioni di eccellenza sviluppate con gli amici e sodali del CSPE, di cui l’ospedale Meyer è un riconosciuto esempio d’eccellenza. Un approccio dove le alte competenze specialistiche e tecnologiche si coniugano con la qualità ambientale e architettonica, a cui oggi si fa riferimento per una riqualificazione dell’edilizia ospedaliera. Sulla stessa linea va richiamato il ruolo avuto da Del Nord alla radicale revisione del tema della residenza universitaria, per lungo tempo confinato a marginali interventi di stampo assistenziale. Una politica delle istituzioni delegate, dal livello nazionale a quello regionale e degli atenei, per lungo tempo mancante di una strategia, disattenta ai bisogni reali e al mutare della domanda. Diversamente dall’impegno e dagli approcci riscontrabili in altri paesi. Una legge del 2000 segna una netta inversione di tendenza, con una presa d’atto dei ritardi e di una prolungata inefficacia dei programmi pregressi. Da lì muove una revisione dell’assetto complessivo, dalle modalità di finanziamento delle iniziative, alla loro ammissibilità in termini di standard progettuali e funzionali, fino alla gestione degli interventi per un adeguato ritorno degli investimenti. Una

visione complessiva dell’attività programmatoria che può essere di riferimento per altre opere pubbliche. Il che non è di poco conto, con tutte le criticità in cui si dibatte il paese, alle prese con tempi, costi e qualità non più accettabili. Romano Del Nord di quella esperienza è stato uno dei principali ispiratori, mettendo a disposizione tutte le sue competenze sulla complessità delle fasi del processo edilizio, con la capacità di promuovere procedure e norme coerenti con gli obiettivi da perseguire. Da questi ultimi due specifici riferimenti, dai connotati fortemente istituzionali, è possibile cogliere ancor meglio l’importanza e impegno di questa figura, e del suo ruolo di intellettuale militante. Vocazione sempre più assente, con la figura dell’architetto limitata nei propri gradi di libertà. Un condizionamento in larga misura accettato e subito, rinunciando a quella vocazione che si dovrebbe sempre perseguire e che in passato ha contribuito a un significativo avanzamento civile. E di cui la qualità del territorio e dell’architettura è tra le massime espressioni. Da questo punto di vista Del Nord è un esempio di rigorosa coerenza e anche di stile nel percorrere una strada impervia, tra forze centrifughe e dispersive, per la chiarezza degli obiettivi perseguiti e la determinazione morale. Non a caso il suo ruolo nell’area tecnologica è stato centrale. Una presenza assidua, mai invasiva, carismatica, in grado di operare convincimenti e necessarie mediazioni, con la forza dell’ascolto e la calma della ragione.

416 romano del nord. teoria e prassi del progetto di architettura

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