5 minute read

Sperimentazioni progettuali

Al perseguimento di questo obiettivo concorre anche la componente universitaria che, “per essere riformata […] deve rinascere dalla città e dal suo lavoro” (Geddes cit. in Paba 2010, p. 11). Ricerca, azione e formazione della cittadinanza si inanellano in un circolo virtuoso: “la nostra città del pensiero deve diventare una sola cosa con la città dei fatti e delle azioni” (ibidem). A proposito di questo nesso Lewis Mumford, nel capitolo de La cultura delle città dedicato proprio alla “politica dello sviluppo regionale”, definirà l’inchiesta (survey) e il piano come strumenti di “educazione comunitaria”, affermando che il compito del regionalismo è di “educare i cittadini: di dar loro gli strumenti dell’azione, di preparare un ambiente per l’azione, e di suggerire compiti socialmente importanti, da servire quali mete per l’azione” (Mumford 1999, p. 395).

Sperimentazioni progettuali Negli ultimi anni, in ambito europeo, si sono sviluppate esperienze progettuali volte a testare l’applicazione dell’approccio bioregionalista urbano, con particolare riferimento al tema delle politiche del cibo su reti di prossimità (Matarán, Yacaman 2020), all’implementazione di progettualità su base locale come leva per la costituzione di modelli di sviluppo post-crisi (Mavrakis et al. 2020) e alla costruzione di scenari agro-ecologici. Di particolare rilievo sono le ricerche condotte in Francia (Berland-Berthon 2011), soprattutto nella regione bordolese e in quella dell’Île-de-France. Nella prima, il progetto Biorégion Aquitaine ha visto un partenariato italo-francese molto ampio (le Università di Firenze e di Bordeaux, gli enti regionali, le scuole di Architettura e di Paesaggio di Bordeaux, il PNR Landes de Gascogne, Pays Médoc, il Conseil Général de la Gironde, il SySDAU) e ha avviato una serie di iniziative di pianificazione partecipata. Tra gli esiti di questa ricerca citiamo: la redazione di atlanti del patrimonio del territorio della Gironda; l’individuazione delle criticità potenziali e in atto che intaccano la riproduzione del patrimonio territoriale; l’identificazione di progetti strategici per la riorganizzazione policentrica dell’area metropolitana, per la costituzione di reti agro-alimentari di prossimità, per la chiusura del ciclo di produzione e consumo energetico, per la ricomposizione in senso multifunzionale del margine urbano-rurale, per la costituzione di un parco agricolo multifunzionale nell’area del Parc des Jalles bordolese. La ricerca ha visto, infine, l’inclusione della cosiddetta “metropoli bioregionale” tra gli scenari di progetto previsti dallo Scot (Schéma de cohérence territorial) di Bordeaux.

del pesce (Ferraro 1998).

Nella regione Île-de-France, il progetto Bioregions 2050. L’Île-de-France après l’effondrement (Sinaï et al. 2020) simula uno scenario che, al 2050, vede la rottura del modello imperniato sulla metropolizzazione e l’affermazione di una nuova strutturazione fisica e socioeconomica del territorio. I punti di appoggio di questa trasformazione sono un riequilibrio demografico tra centri urbani e rurali, un potenziamento significativo della governance di livello locale, una relativa autosufficienza in termini di approvvigionamento energetico e di produzione alimentare e una revisione radicale delle modalità di spostamento. L’Île-de-France “esplode” così in diverse bioregioni che rendono complessivamente più resiliente e abitabile il contesto più connotato in senso metropolitano di Francia. In Italia, numerose ricerche-azioni sono state condotte in specifici contesti regionali con caratteristiche molto differenziate, sia in termini di valori patrimoniali che di criticità (De Bonis, Fanfani, Schilleci 2019). Tra queste, l’area interna sarda dell’Ogliastra (Colavitti 2020), la porzione di territorio laziale ricadente nell’area pontina (Budoni et al. 2018), l’area metropolitana milanese e il suo sistema agro-alimentare (Scudo, Clementi 2020). In Puglia, la redazione del piano paesaggistico territoriale approvato nel 2015 ha rappresentato un laboratorio di sperimentazione particolarmente attivo su molti dei temi racchiusi nell’approccio bioregionale: dalla ricognizione sui valori patrimoniali come deposito di regole progettuali, all’individuazione di diverse forme di prossimità tra città e campagna utili per ristrutturarne la relazione reciproca; dalla costituzione di una rete ecologica polivalente, al riconoscimento (formalizzato all’interno delle Norme tecniche di attuazione) dell’istituto della partecipazione degli abitanti alla produzione sociale del piano e del paesaggio. La Toscana è la regione italiana dove si è sedimentato il maggior numero di piani e progetti di orientamento bioregionale, anche per l’impulso ricevuto dalle ricerche di analoga impostazione svolte in ambito accademico in questo contesto. La ricerca che ha dato l’avvio a questo complesso di sperimentazioni è stato il Programma d’interesse nazionale “Il parco agricolo: un nuovo strumento per la pianificazione territoriale degli spazi aperti”, coordinato da Alberto Magnaghi tra 2005 e 2007 (Magnaghi, Fanfani 2010). L’unità di ricerca fiorentina ha prodotto uno scenario progettuale imperniato sulla definizione della bioregione urbana della Toscana centrale, strutturata dal sistema insediativo policentrico (la cosiddetta “ellissi” delle città) e da quello degli spazi aperti agricoli e naturali che ne costituiscono il green core. Ne deriva l’individuazione di una vasta matrice agro-ambientale che diviene, nell’idea di fondo, sede dell’istituzione di un esteso sistema di parchi agricoli, in grado di valorizzare il ruolo multifunzionale

dell’agricoltura come generatrice di beni comuni e servizi di utilità collettiva. Il parco agricolo assolve così al duplice ruolo di strumento per la delineazione e la realizzazione, da un lato, di un progetto strategico di territorio (definendo il pattern spaziale dello scenario), dall’altro delle politiche necessarie. La dimensione evocata dallo scenario della bioregione urbana toscana è quella del “patto” tra i diversi soggetti (istituzionali e non) coinvolti, ma anche tra città e campagna. La rilevanza di questi temi nel contesto regionale ha contribuito a creare un contesto favorevole anche per il raggiungimento di alcuni avanzamenti fondamentali sul piano normativo, ovvero l’approvazione della legge regionale 65/2014 “Norme per il governo del territorio” e del Piano d’Indirizzo Territoriale (Pit) con valenza di piano paesaggistico (2015). Entrambi gli strumenti, in alcune parti legati in forma di combinato disposto, operano per la preservazione del territorio non urbanizzato da nuovi consumi di suolo (raggiungendo esiti che, come sempre accade nel confronto con la prassi pianificatoria, mostrano evidentemente margini di miglioramento). Il Pit – identificando le 4 invarianti strutturali – riafferma la funzione di telaio svolta dalla rete insediativa policentrica (che ha storicamente strutturato il territorio regionale) e quella di fornitura di servizi ecosistemici svolta dal territorio aperto nel suo complesso, considerato dal punto di vista idro-geomorfologico, ecosistemico e agricolo. Le esperienze condotte in Toscana secondo l’approccio bioregionalista si sono concentrate soprattutto sulla piana fiorentino-pratese, con i progetti per il parco agricolo di Prato (Magnaghi, Fanfani 2010) e per il parco agricolo perifluviale “Coltivare con l’Arno” (Poli 2019) oltre che con numerose esperienze di didattica e ricerca (Gisotti 2015). Sempre all’interno della bioregione della Toscana centrale, possiamo collocare il lavoro di ricerca-azione svolto per la costruzione di un Biodistretto sul territorio del Montalbano e la ricerca condotta per la Città Metropolitana di Firenze “Un sistema di bioregioni urbane, policentriche, autosostenibili e resilienti”, che si è concentrata su una nuova interpretazione dei servizi ecosistemici secondo l’approccio patrimoniale, declinandoli come “servizi eco-territoriali”. La ricerca ha così promosso una nuova centralità delle aree marginali del territorio compreso nella Città metropolitana, con funzioni strategiche di fornitura di servizi anche per la pianura urbanizzata (Poli 2020). Queste sperimentazioni hanno contribuito allo sviluppo di progetti e politiche volte alla ricostituzione e riqualificazione del margine urbano-rurale, alla definizione di reti di prossimità di produzione e consumo agro-alimentare, alla valorizzazione del territorio aperto come spazio pubblico di scala regionale, alla formalizzazione di nuove forme di governance pattizia all’interno degli scenari progettuali.

This article is from: