michelangelo pivetta
Taras Abitare la CittĂ Vecchia
La serie di pubblicazioni scientifiche Ricerche | architettura, design, territorio ha l’obiettivo di diffondere i risultati delle ricerche e dei progetti realizzati dal Dipartimento di Architettura DIDA dell’Università degli Studi di Firenze in ambito nazionale e internazionale. Ogni volume è soggetto ad una procedura di accettazione e valutazione qualitativa basata sul giudizio tra pari affidata al Comitato Scientifico Editoriale del Dipartimento di Architettura. Tutte le pubblicazioni sono inoltre open access sul Web, per favorire non solo la diffusione ma anche una valutazione aperta a tutta la comunità scientifica internazionale. Il Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze promuove e sostiene questa collana per offrire un contributo alla ricerca internazionale sul progetto sia sul piano teorico-critico che operativo. The Research | architecture, design, and territory series of scientific publications has the purpose of disseminating the results of national and international research and project carried out by the Department of Architecture of the University of Florence (DIDA). The volumes are subject to a qualitative process of acceptance and evaluation based on peer review, which is entrusted to the Scientific Publications Committee of the Department of Architecture. Furthermore, all publications are available on an open-access basis on the Internet, which not only favors their diffusion, but also fosters an effective evaluation from the entire international scientific community. The Department of Architecture of the University of Florence promotes and supports this series in order to offer a useful contribution to international research on architectural design, both at the theoretico-critical and operative levels.
ricerche | architettura design territorio
ricerche | architettura design territorio
Coordinatore | Scientific coordinator Saverio Mecca | Università degli Studi di Firenze, Italy Comitato scientifico | Editorial board Elisabetta Benelli | Università degli Studi di Firenze, Italy; Marta Berni | Università degli Studi di Firenze, Italy; Stefano Bertocci | Università degli Studi di Firenze, Italy; Antonio Borri | Università di Perugia, Italy; Molly Bourne | Syracuse University, USA; Andrea Campioli | Politecnico di Milano, Italy; Miquel Casals Casanova | Universitat Politécnica de Catalunya, Spain; Marguerite Crawford | University of California at Berkeley, USA; Rosa De Marco | ENSA Paris-LaVillette, France; Fabrizio Gai | Istituto Universitario di Architettura di Venezia, Italy; Javier Gallego Roja | Universidad de Granada, Spain; Giulio Giovannoni | Università degli Studi di Firenze, Italy; Robert Levy| Ben-Gurion University of the Negev, Israel; Fabio Lucchesi | Università degli Studi di Firenze, Italy; Pietro Matracchi | Università degli Studi di Firenze, Italy; Saverio Mecca | Università degli Studi di Firenze, Italy; Camilla Mileto | Universidad Politecnica de Valencia, Spain | Bernhard Mueller | Leibniz Institut Ecological and Regional Development, Dresden, Germany; Libby Porter | Monash University in Melbourne, Australia; Rosa Povedano Ferré | Universitat de Barcelona, Spain; Pablo RodriguezNavarro | Universidad Politecnica de Valencia, Spain; Luisa Rovero | Università degli Studi di Firenze, Italy; José-Carlos Salcedo Hernàndez | Universidad de Extremadura, Spain; Marco Tanganelli | Università degli Studi di Firenze, Italy; Maria Chiara Torricelli | Università degli Studi di Firenze, Italy; Ulisse Tramonti | Università degli Studi di Firenze, Italy; Andrea Vallicelli | Università di Pescara, Italy; Corinna Vasič | Università degli Studi di Firenze, Italy; Joan Lluis Zamora i Mestre | Universitat Politécnica de Catalunya, Spain; Mariella Zoppi | Università degli Studi di Firenze, Italy
michelangelo pivetta
Taras Abitare la CittĂ Vecchia
Il volume è l’esito di un progetto di ricerca condotto dal Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze. La pubblicazione è stata oggetto di una procedura di accettazione e valutazione qualitativa basata sul giudizio tra pari affidata dal Comitato Scientifico del Dipartimento DIDA con il sistema di blind review. Tutte le pubblicazioni del Dipartimento di Architettura DIDA sono open access sul web, favorendo una valutazione effettiva aperta a tutta la comunità scientifica internazionale.
Dovuto e sentito ringraziamento ai tutors che hanno lavorato a questa ricerca con energia e passione: Vincenzo Moschetti, Stefano Buonavoglia, Giacomo Marchionni, Giacomo Razzolini, Davide Lucia, Giacomo Zuppanti, Giampiero Germino. Speciale riconoscimento a Antonella Carella e Egidio Patarino, per come hanno saputo contribuire alla ri-scoperta di questi luoghi straordinari.
in copertina “Topografia di Terra e di Mare” di Vincenzo Moschetti (2015)
progetto grafico Laboratorio Comunicazione Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze Susanna Cerri Gaia Lavoratti
didapress Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze via della Mattonaia, 8 Firenze 50121 © 2017 ISBN 9788896080832
Stampato su carta di pura cellulosa Fedrigoni Arcoset
indice
Premessa | Introduction Ritornare ad abitare | Back to live Imparare dalla CittĂ Vecchia | Learning from the Old City Anime e rosari | Souls and rosaries
7 17 43 51
Architetture. Comporre le Case | Architectures. Houses design I luoghi del progetto | The project places Analogie e innesti | Analogies and grafts
61 63 67
Case di Costa. Tra via Cariati e la Chiesa di San Giuseppe
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Sintesi
79
Sipario
85
Misure
91
Scavo
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Case di Strada. Tra Posteria via Nuova per via di Mezzo
103
Un Muro
107
Il Teatro
113
Faro
119
Muri Dipinti
125
Nuova StoĂ
131
Case di Borgo. Verso San Cataldo una sosta in vicolo Serafico
137
Per Mimesi
141
Soglie Inedite
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Bibliografia | Bibliography
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premessa | introduction Michelangelo Pivetta
Università degli Studi di Firenze
Solo quattro anni fa ho avuto finalmente l’occasione di avvicinarmi abbastanza a Taranto tanto da poter dire oggi di essere in grado di darle del tu; di questo me ne dispiaccio molto. Il primo viaggio fu un’ouverture magistrale: “il treno, non l’aereo, ha fatto l’Italia”1, le parole di Paolo Rumiz in L’Italia in seconda classe risuonavano nella mia testa come un mantra curativo per le sofferenze di un viaggio su un treno ancor più sofferente di me. Ore verso sud guardando fuori da un finestrino che come uno schermo irradiava immagini di un documentario d’altri tempi; uno di quei lavori d’inchiesta alla maniera del giovane Giorgio Bocca, dove lessici della geografia, antropologia, storia, sociologia trovavano un modo di esprimersi ineguagliato e in perfetta sovrapposizione, amalgamandosi in un contenuto informativo unico, lineare, profondissimo. Lungo la costa adriatica ebbi l’occasione di rivedere in una consecutio perfetta e finalmente unica il modificarsi fluido e lento del territorio italiano ad est degli Appenni-
Only four years ago I had the chance to approach Taranto finally; I’m so sorry about this. The first trip was a masterful tour: “Trains not planes have made Italy”1, Paolo Rumiz’s words in “Italia in seconda classe” resounded in my head as a curative mantra for the suffering of a trip on an even more suffering train than me. Hours looking out from a window that, like a screen, was radiating images of an old documentary; something like one of those investigative work of a young Giorgio Bocca, where lexicons of geography, anthropology, history, sociology found in an unmatched and perfect overlapping way of expressing themselves, merging into a single, linear, profound informative content. Along the Adriatic coast I had the opportunity to see in a perfect and finally unique consecutio the fluid and slow modification of the Italian territory east of the Apennines. Orographically it is a difficult territory that lives its unusual reality, up to Puglia, in the continuous relationship between hillsides and sea, “small-big” cities, compressed between
Rumiz P. 2011, L’ Italia in seconda classe, Feltrinelli, Milano, p. 15.
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Rumiz P. 2011, L’ Italia in seconda classe, Feltrinelli, Milano, p. 15 (translation from italian edition).
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taras. abitare la città vecchia • michelangelo pivetta
ni. Territorio orograficamente difficile che vive la propria inconsueta realtà, fino alla Puglia, nella relazione continua tra rilievi collinari e mare, piccole grandi città compresse tra agricoltura e industria del bagno. Un angusto ma placido territorio dei limiti e dei contrasti. Poi il paesaggio antropico della vastità dell’agricoltura estensiva e poi ancora degli oliveti, il leggero conformarsi della ferrovia alla morbida morfologia del territorio segnato da muri a secco, costruzioni agricole in sasso ed epiche masserie, tutte simili, ma ciascuna singolarmente eroica nel suo emergere sulla terra. “Da Bari a Alberobello, tra le Murge e l’Adriatico la terra è arancione. Un leggero tappeto arancione, arabescato da muretti dello stesso colore e da radi boschi di ulivi d’un verde carico, vicino al celeste, tra cui, ogni tanto, compare un gregge di pecore color malva, con le zampe nere, eleganti e lievi come ballerine. Qua e là trema un pesco arrossato dall’autunno, d’oro massiccio. Nel Salentino e nel Gargano Massafra e Monte S. Angelo contendono a Alberobello il primato della perfezione”2. Queste parole di Pasolini, rintracciate prima del viaggio in un articolo perduto nell’infinito della biblioteca digitale, prendevano final-
agriculture and the beach holidays industry. A narrow but quiet territory of limits and contrasts. Then, to south, the anthropic landscape of the vastness of extensive agriculture and then of the olive trees, the slight conformation of the railway to the soft morphology of the territory marked by dry stone walls, farm buildings stone built and epic masserie (manor houses), each similar than each other, but each one heroic in its way to stand on land. “From Bari to Alberobello, between Murge and the Adriatic sea, land is orange. A light orange carpet, embellished by walls of the same colour and by few olive trees of a deep green, almost blue, including, occasionally, a flock of coloured-like malvas sheep, with black legs, elegant and mild as dancers. Here and there is a reddish peach of solid gold. In the area of Salento and Gargano, Massafra and Monte Sant’Angelo contend to Alberobello the primacy of perfection.”2 These words by Pasolini, traced, before a trip, in a journal article lost in the infinite of the digital library, took shape finally. Everything was fine, everything was perfectly in place and exactly there, waiting to be re-discovered.
(translation from italian edition) This passage is taken from an article by Pier Paolo Pasolini, entitled The sharp Trulli of Alberobello, which was published in Il Quotidiano in March 1951 with the pseudonym Paolo Amari and subsequently republished posthumously on Nuovi Argomenti for the thirty year anniversay of his death.
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Questo passo è tratto dall’articolo di Pier Paolo Pasolini, intitolato I nitidi trulli di Alberobello che fu pubblicato su Il Quotidiano nel marzo del 1951 con lo pseudonimo di Paolo Amari e successivamente ripubblicato postumo su Nuovi Argomenti per il trentennale della morte dello scrittore. 2
premessa • michelangelo pivetta
mente corpo; tutto corrispondeva, tutto era perfettamente al suo posto ed esattamente lì, in attesa di essere ri-scoperto. Taranto alla stazione ferroviaria sembra una città come tante, ma è ciò che avviene appena prima della fermata del treno che davvero impressiona. Avvicinarsi alla città da ovest determina perfettamente la comprensione dell’opera della mano industriale che ha plasmato la città che è, o per meglio dire, era. Il treno scorre lentissimo attraverso siti produttivi fuori scala rispetto al paesaggio che li circonda, intagliato invece, nella roccia e nel mare, con il cesello di un artista. I macchinari contorti, arrugginiti, giganteschi e ricoperti di un sottile strato rossastro di polvere metallica sembrano provenire direttamente dalle pagine di Dune e quella polvere minerale di ferro che tutto ricopre, non può che essere la versione terrestre della Spezia di Herbert. Minerale, questo ferro, per il quale, come per la Spezia, si può arrivare a comminare qualsiasi misfatto, anche uccidere. I contrasti del meridione mediterraneo, in Taranto, trovano totale e perfetta espressione. Non vi sono altre realtà tali da esprimere in modo così perfetto la combinazione all’unisono di ogni condizione degradante e insoluta delle città italiane, soprattutto del meridione, in cui l’affannosa necessità di lavoro, la tensione verso una modernità industriale altrove già superata e la commistione di interessi pubblici e privati interessati, a discapito di tutto, solo verso la Roba, hanno lasciato dietro di loro traumi devastanti.
Taranto at train station stop looks like so many others towns, but it’s just what happens before the train stop that really impresses. Approaching the town from west perfectly determines the understanding of the industrial handwork that shaped the town which is now, or rather it was. The train runs slowly through industrial sites out of scale compared to the landscape around them, that is carved with by chisel of an artist. The twisted, rusty, huge and coated of a thin reddish metal powder machinery appear to come directly from the pages of Dune and that iron mineral powder that covers everything can only be the terrestrial version of Herbert’s Spice. A mineral, this iron, so, like for the Spice, someone could get to commit any offense, even killing. The contrasts of the South Mediterranean, here in Taranto, find total and perfect expression. There are no other realities being able to express in such a perfect way the combination of every degrading and unsettled state of the Italian cities, especially in the south, where the need for work, the tension towards industrial modernism elsewhere already passed and the mingling of public and private interests left devastating traumas behind them. The paradox or perhaps the misunderstanding that supports the current state of that extraordinary landmark is that, here, seems to be an inverse relation between the human settle and the perfection of the place where this human activity occurs. We should begin
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taras. abitare la città vecchia • michelangelo pivetta
Via di Mezzo negli anni ‘80 durante lo svolgimento del tradizionale mercato rionale. (Archivio fotografico Taranto Scomparsa)
premessa • michelangelo pivetta
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taras. abitare la città vecchia • michelangelo pivetta
Il paradosso, o forse l’equivoco, che sostiene lo stato attuale di quel lembo di terra straordinaria è che pare esservi una relazione inversa tra l’umano insediarsi e la perfezione del luogo in cui questa attività umana avviene. Dovremmo iniziare a capire dove e soprattutto quando abbiamo dimenticato il valore della qualità dell’insediamento umano. Quando e cosa ci hanno allontanato così tanto dell’epoca degli Eroi. Quando Taras è divenuta Taranto. Le cause sono molteplici e rintracciabili principalmente nello strappo generato da un’industrializzazione troppo rapida e troppo necessaria da poter essere regolata o meditata coerentemente sulla base di esperienze altre, già fatte, già utili. Forse il disamore di persone liberamente deportate da altri luoghi e oggi imprigionate nella propria città/galera senza alternativa, ormai malate tanto nel fisico quanto nello spirito. Forse il senso di transitorietà delle condizioni sociali e politiche che è rappresentato quotidianamente dalla liquidità delle non-scelte, dalle omissioni o ancor peggio dalle promesse disattese. Per un architetto è fin troppo facile innamorarsi di una città come Taranto e a maggior ragione della sua parte più malata: la Città Vecchia. La sintesi tra la constatazione della malattia e la folle propensione a dar retta al proprio eros creativo non permettono, a chi di Architettura si occupa o almeno tenta di occuparsi, di rimanere immobili, silenti.
to understand where and especially when we have forgotten the value of the quality of human settlements. When and what made us barbarians to such an extent as to annihilate us in a downward game compared to the needs of beauty and quality. When Taras became Taranto. The causes are many and can be traced mainly through the tearing created by a too rapid and too necessary industrialization to be able to be regulated or coherently meditated on the basis of other, already made, useful experiences. Perhaps the disillusionment of people freely deported from other places and now imprisoned in their own city/jail without alternative, so much ill in the physical as well as in the inner soul. Perhaps the sense of transience of the social and political conditions that is daily represented by the liquidity of the non-choices, by the omissions or even worse by the unfulfilled promises. For an architect it’s too easy to fall in love with a city like Taranto and, more importantly, with its most sick part: the Old City. The synthesis between the discovery of the illness and the crazy propensity to take care of our own creative eros do not allow, those who with Architecture really want to deal with, to remain motionless, silent. So before it was a sort of love at the first sight with the opportunity of a cognitive deepening with a Bachelor’s design work, then the most mature fall in love, to somehow becoming almost as “authoctonous
premessa • michelangelo pivetta
Così, prima il colpo di fulmine con l’occasione di un approfondimento cognitivo per una Tesi di Laurea, poi l’innamoramento più maturo, fino a divenire in qualche modo tarantini d’adozione, o almeno per vocazione. Poi ancora il tentativo di consolidare il frutto del proprio interesse confrontandosi con realtà amministrative spesso sorde e per questo altrettanto mute che fanno da contraltare immobile ad una società comunque viva, chiassosa, intrisa di buona volontà e di forza cieca. Quindi, in fine, l’epilogo, come molte storie così forti e altrettanto veloci. L’esperienza di ricerca e didattica condotta sulla Città Vecchia di Taranto è in queste pagine, solo parzialmente rappresentata per economia di spazio e per non offendere l’indulgenza del lettore. Si tratta di un tentativo di dialogo con il manufatto complessivo di questa memorabile parte di città, l’applicazione, almeno abbozzata, delle regole dell’Architettura, ove queste sono state dimenticate, tra le splendide rovine di una concrezione abitativa disposta, pronta, a rinascere. Dal rilievo al progetto di intere parti di Città Vecchia è stato un percorso impegnativo che ci ha orgogliosamente affaticato. Un percorso che a noi stessi e agli studenti che appassionatamente ci hanno seguito ha insegnato molte cose che credo ricorderemo sempre. Innanzitutto il ritrovato amore per la città, per il suo concetto originale e la sua realtà attuale. In sé ciò ha portato un’altra condizione che riteniamo fondamentale: quella
inhabitants of Taranto”. Then the attempt to consolidate the fruit of their own interest dealing with often deafening and mute political realities that are opposed to a still-living, loud society with a good will and strength. At the end, the epilogue, like many such strong and equally fast stories. The research and teaching experience on the Old City of Taranto is in these pages, only partially represented for space reasons and to not offend the reader’s indulgence. This is an attempt to dialogue with the overall artefact of this memorable part of the city, the application, at least sketched, of the rules of Architecture, where these rules have been forgotten, among the magnificent ruins of a ready-to-be lived housing concretion. From the survey to the design of entire parts of Old City has been a challenging journey that has proudly strain us. A path that, with the students who passionately followed us, taught many things that we will always remember. First of all, the rediscovered love for town, for its original concept and its current reality. It leads us to another condition that we consider to be fundamental: the knowledge of scale and measurement values. Nowadays “blurred” words in the vulgate of contemporary architectural language. In addition to this, the experience about the places and people who live there: a non-secondary factor for young students whose educational and training process has largely lived in the not-physical digital world.
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taras. abitare la città vecchia • michelangelo pivetta
del rinnovo della cognizione dei valori di scala e misura. Termini ormai sfumati nella vulgata del linguaggio architettonico contemporaneo. Oltre a ciò l’esperienza dei luoghi e delle persone che li abitano, fattore non secondario per gli studenti del secondo anno, il cui processo educativo e formativo è ormai vissuto in gran parte nel mondo a-fisico del digitale. Quei luoghi, le strade, i cortili, ci hanno insegnato molto e, pur nella difficoltà operativa, hanno formato un apparato di conoscenza di notevole spessore, realizzando quei principi di militanza e servizio a cui l’Architettura non può sottrarsi nel suo essere arte utile. “Taranto brilla sui due mari come un gigantesco diamante in frantumi”3. Come a chiusura di un ciclo solo recentemente ho avuto occasione di leggere queste parole, straordinariamente perfette, in La Lunga strada di Sabbia, ancora di Pasolini. Così, forse, questo grande amore ha trovato finalmente compiutezza e pace.
Those places, the alleys, the courtyards, have taught us a lot and also in the operational difficulties they have formed an apparatus of considerable knowledge, realizing those principles of militancy and service to which Architecture could not escape in its usefulness. “Taranto shines on two seas like a shattered giant diamond.”3 Only recently I had the opportunity to read these just mentioned words — strangely and as a closing cycle — still by Pierpaolo Pasolini in La lunga strada di sabbia. So, perhaps, this great love finally found a sense of accomplishment and peace.
3 Pasolini P.P. 2005, La lunga strada di sabbia, Contrasto, Roma, p. 149.
3 Pasolini P.P. 2005, La lunga strada di sabbia, Contrasto, Roma, p. 149 (translation from italian edition).
premessa • michelangelo pivetta
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ritornare ad abitare | back to live Michelangelo Pivetta
Università degli Studi di Firenze
Città Vecchia, necessità nuove La recente Biennale di Architettura di Venezia 2016, coordinata da Alejandro Aravena, ha affrontato in modo diverso dal solito, anche se un po’ altalenante a dire il vero, il problema dell’insediamento umano e degli strumenti molteplici che ne regolano le dinamiche. Un’ordalia, lì rappresentata, di punti di vista e soluzioni più o meno concrete con estremi piuttosto lontani e indefiniti, dalla cosiddetta resistenza alla visione postnew age, sembra ancora un terreno troppo vasto per poter concentrare il peso su un nuovo strumento disciplinare. La questione, non nuova, è quella di come l’uomo sta sulla Terra e di quali approcci possano essere individuati per garantire un futuro sviluppo delle civiltà in una versione meno impattante e certamente alternativa al passato. Nell’ombra di una sostenibilità tutta da verificare nei suoi esiti ancora lontani che solo le prossime generazioni potranno giudicare laicamente e tenendo presente come vi sia almeno la metà della popolazione mondiale che vive ben oltre limiti condivisibili di impatto ecologico tutto questo pone sull’oggi una lunga serie di interrogativi.
Old city, new needs The latest Architecture Biennale of 2016 in Venice, coordinated by Alejandro Aravena, has faced, differently from usual — even if in a little bumpy way to be honest — the problem of the human settlement and of the many tools that govern its dynamics. A set of different points of view and more or less concrete solutions with rather far and undefined borders, from the so-called resistance to the post-new age vision, still seems a too vast area to concentrate the weight of a new disciplinary tool. The question, not new, is about how man stands on earth and what approaches can be identified to ensure the future development of civilization in a less impactful and alternative to the past version. In the shadow of a sustainability yet to be demonstrated, in its still far outcomes that only future generations will be able to secularly judge, and bearing in mind that there is at least half of the world’s population that lives far beyond the limits of shareable ecological impact, all this issue puts on the present many questions. First, to limit the field, and even just for
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taras. abitare la città vecchia • michelangelo pivetta
Modello della città elaborato durante il corso. Al centro la Fortezza Aragonese.
Innanzitutto, per limitare il campo, per amor proprio e per questioni di emergenza, dovremo riversare questi ragionamenti sulle nostre realtà europee o per meglio dire sud europee o, ancor più nello specifico, mediterranee. Condizioni urbane e territoriali problematiche ed irrisolte che non sono in grado, per vari motivi, di assorbire il flusso di esperienze globali che quando drenate nella nostra realtà manifestano i limiti oggettivi di applicazione. L’Italia affranta dall’abbandono dei centri storici e dai cataclismi naturali, che come una condanna ulteriore ne demoliscono ampie porzioni, è una terra esemplare da questo punto di vista. Qui l’accumulo di centinaia d’anni di insediamenti, ognuno con le proprie peculiari caratteristiche, denota ormai l’esigenza immanente di un nuovo pensiero, di una nuova cultura dell’insediamento e dell’abitare. Si è propagata infatti un “grana liquida di materia urbana”1 che ha dilatato a dismisura la scala del costruito e deformato un apparato di relazione con il territorio in equilibrio venendo meno a quella “coscienza spontanea”2 che ne è stata la naturale regola evolutiva. Il paradosso più evidente è quello della relazione inversa tra numero di abitanti e numero di metri quadri di suolo occupato. Nonostante vi siano ampie zone di territoBoeri S.2011, L’Anticittà, Laterza, Roma, p. 4. Corbellini G. 2012, Housing is back in town, Lettera Ventidue, Siracusa, p. 15. 1 2
self-respect, we will have to pour out these thoughts on our European realities or rather southern European or, even more specifically, the Mediterranean ones. Problematic and unresolved, they are unable, for many reasons, to absorb the flow of global experiences that anyway, when drained in our reality, manifest the limits of application. From this point of view, Italy, stricken by the neglect of the historical town centres and by the natural cataclysms, which, as an additional sentence, are demolishing large portions, is an exemplary land. Here the accumulation of hundreds of years of settlements, each with its own peculiar characteristics, now denotes the immanent need of a new thought, a new settlement and living’s culture. It has spread, in fact, “a liquid grain of urban material”1, that has dramatically expanded the scale of the built and has deformed an apparatus of relationship with the territory in balance kilter with that “spontaneous consciousness”2 that it was the natural evolutionary rule. The most obvious paradox is the inverse relationship between the number of inhabitants and the number of square meters of land occupied. Although there are large areas of land in which the inhabitants decrease, in these same areas the soil occupa1 Boeri S.2011, L’Anticittà, Laterza, Roma, p. 4 (translation from italian edition). 2 Corbellini G. 2012, Housing is back in town, Lettera Ventidue, Siracusa, p. 15 (translation from italian edition).
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rio nelle quali gli abitanti diminuiscono, in queste stesse aree l’occupazione del suolo è aumentata a dismisura generando frammentazione e complessità infrastrutturale oltre ai drammatici problemi ambientali sotto gli occhi di tutti. La domanda quindi che ancora sembra difficilmente trovare risposta riguarda quali paradigmi risolutori culturali, sociali ed economici potranno condurci, anche lentamente, ad un nuovo complessivo ripensamento dei nostri sistemi urbani. Certo è tema al quale si dovrà dedicare ben più di qualche riga ma il protrarsi della crisi economica, trasversale alle fasce di società, e un rinnovato conseguente interesse per una qualità di vita diversa, determinano inediti binari su cui iniziare un dialogo ormai improcrastinabile sulle prospettive del futuro prossimo e remoto. Nel frattempo forse dovremo metterci d’accordo su cosa vuol dire oggi davvero abitare, quali politiche di insediamento, tutte da rivedere rispetto al recente passato, possono permetterci di ottenere due risultati sostanziali: il primo il riutilizzo dei centri storici o storicizzati di cui il nostro Paese è sovrabbondante, abbandonando l’idea che il territorio sia vasto e occupabile all’infinito, il secondo riorganizzare e ri-consolidare l’asse costitutivo e storico della società urbana dato dal rapporto tra i luoghi del lavoro e dell’abitare ragionando ancora in base al se e al come lavoro e abitare siano o debbano essere sovrapponibili.
tion is dramatically increased causing fragmentation and complexity of infrastructure in addition to dramatic environmental problems plain to all. The question, then, that still seems unlikely to be answered concerns such cultural, social and economics solver paradigms, which will lead us, even slowly, to a new total rethinking of our urban systems. It’s certainly a issue on which we will have to devote much more than few lines, but the continuation of the economic crisis, cross to the segments of society, and a resulting renewed interest in a different quality of life, and determine unreleased tracks on which start an urgent dialogue on the prospects for further near and far future. In the meantime, perhaps we will have to agree on what it really means to live today, what settlement policies, all to be reviewed compared to the recent past, may allow us to achieve two main results: first, the reuse of historical or historicized centres, which our country is overabundant, abandoning the idea that the land is vast and can be indefinitely occupied, the second to reorganize and re-consolidate the constitutive and historical axis of the urban society given by the ratio between places of work and places of living still questioning about rapid evolution about if and how work and live can be overlayable. In this sense, nothing has changed since Lewis Mumford had highlighted that cities are not just containers but they’re dy-
ritornare ad abitare • michelangelo pivetta
In questo senso nulla è cambiato da quando Lewis Mumford aveva messo in evidenza come le città non sono semplici contenitori ma sono luogo dinamico di incontri e sfide e forse dopo un centinaio d’anni di tentativi dovremmo iniziare a tirare le fila anche abbandonando, se necessario, stereotipi ideali e visioni di società utopiche che, nella pratica, hanno evidenziato il proprio fallimento. In fondo pro-gettare, se ancora ha un senso il valore etimologico delle parole vorrebbe dire in qualche modo pensare oltre; agli architetti (chi se non a loro?) quindi il compito di porre al centro della discussione il problema. Da quando l’architetto ha smesso di essere al servizio esclusivo del principe occupandosi più ampiamente della città e dell’abitare il suo ruolo è diventato ormai inalienabile. La crisi ormai lontana della visione socialista così come l’ecatombe sociale di quella capitalista, pone oggi sulla scena un’immagine ulteriore, ma non altra, che da queste precedenti ha forse saputo prendere, almeno per ora, solo il peggio. Questa idea di globalizzazione o per dirla meglio con un francesismo mondializzazione, tanto solida nella teoria quanto rarefatta nella pratica, non sembra essere in grado di gratificare i soggetti che invece dovrebbero maggiormente beneficiarne. L’origine socio-antropologica della globalizzazione non può che essere condivisa nei suoi principi, ma è dimostrato dai fatti che ad un maggiore accesso alle risorse si è in parallelo costituito un clamoroso sbilanciamento del benessere
namic place of encounters and challenges, and maybe after a hundred years of attempts we should start to sum up even abandoning, if necessary, ideal stereotypes and visions of utopian society that, in practice, have shown their failure. Basically design (pro-ject) would mean in some way think beyond, the architects (who but they?) are responsible to focus the discussion on that. Since the architect has stopped being exclusively at the service of the prince dealing more broadly with the city, his role has become inalienable. The now far away crisis of the socialist vision as well as the social catastrophe of the capitalist one, now puts on the scene a further image, not such different, that from earlier ones had perhaps been able to take, at least for now, only the worst. This idea of globalization, solid in theory but rarefied in the practice, it does not seem to be able to gratify the subject that should most benefit from it. The socio-anthropological origins of globalization can only be shared in its principles, but it is proven by the facts that to increase access to the resources, it was formed, in parallel, a resounding imbalance of economic and social welfare. The suffered and perhaps too idealized route and the outcome far from its original focus seems to indicate a road, for now, inevitably doomed to oblivion. What, in the end and despite everything, remains are our towns, their inhabitants, shaken by dynamic and logic too often uprooted to their modus operandi that, to be changed, need generations and not just few years, and
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Il limite tra città e mare è disegnato dai grossi blocchi di carparo di cui è fatto l’intero sottosuolo.
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economico e sociale. Il percorso sofferto e forse troppo idealizzato e l’esito distante dal proprio fuoco originario sembra indicare una strada, per ora, inevitabilmente destinata all’oblio. Ciò che, alla fine e nonostante tutto, rimane sono le nostre città, i loro abitanti, squassati da dinamiche e logiche troppo spesso avulse al loro modus operandi che per essere modificato necessita di intere generazioni e non di pochi anni, cosa che si dimentica pensando che l’evoluzione dei sistemi umani sia in grado di mantenere il passo dell’evoluzione tecnologica non corrispondente, se non in superficie, a quella antropologica. Questo fatto non è secondario, soprattutto per noi architetti che affascinati di volta in volta da teorie o movimenti produciamo, con strumenti sordi, edifici e città per società e modelli di vita in realtà nemmeno programmabili o comunque complessivamente parziali. Gli esempi sul territorio italiano, per limitarsi a questo, non mancano, nonostante le battaglie e i fiumi di inchiostro spesi dal dopoguerra che sembrano aver infranto l’Utopia contro il muro del degrado dell’incompiutezza. Città cresciute a dismisura per poli funzionali ad immense occasioni industriali durate troppo poco per potersi autoalimentare e rigenerare in altro. Fuochi di paglia, occasioni drogate dal debito pubblico che ora lasciano sul terreno città moribonde e parti di territorio talmente inquinate, non solo in senso am-
this is something that we all forget thinking that revolution of human systems is capable to maintain the non-corresponding technological evolution step, if not at the surface, in the anthropological aspect. This fact is not secondary, especially for architects like us who, fascinated from time to time by theories or movements, we produce, with deaf tools, buildings and cities for society and role models actually not programmable or, at least, altogether incomplete. The examples on the Italian territory abound, despite the battles and the rivers of ink spent since the postwar period that seem to have broken the Utopia against the wall of the incompleteness degradation. Towns dramatically grew to be functional centres to immense industrial occasions too little lasted to feed itself and regenerate otherwise. Flashes in the pan, drugged by public debt occasions, which now leave on the ground dying cities and parts of such polluted area, not only in an environmental sense, are to be considered intractable for a conversion or dismantling. Among these realities, Taranto, now passed through the bias of journalism, as a negative symbol of Italian urban decay. A city, a suffering organism, that after the construction sites of the Navy, the unfinished commercial port and more than known ILVA company, as an urban matryoshka, gathers itself that core, almost secret, which is called, with a certain nihil-
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Modello elaborato durante il corso. In primo piano Palazzo del Governo di Armando Brasini.
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bientale, da ritenere inaffrontabile la spesa per la loro conversione o smantellamento. Tra queste realtà, Taranto, città ormai passata, grazie alla nota parzialità intellettuale del giornalismo, come simbolo negativo del degrado urbano italiano. Una città, un organismo sofferente, che dopo i cantieri della Marina Militare, il porto commerciale incompiuto e la più che nota ILVA, come una matriosca urbana, raccoglie in se stessa quel nocciolo, quasi segreto, che viene chiamato, con una punta di nichilismo, Città Vecchia. Non è un caso che il termine ‘vecchio’ venga usato, nella vulgata dei cittadini, con tutta l’espressività della accezione negativa che in questo può esservi. Vecchio uguale obsoleto, come nella lingua e nel pensiero giapponese, un’attribuzione di negatività anticamera della messa al bando di un’area di città che oltre al proprio patrimonio di memoria ormai archeologica detiene anche quello umano fatto di quella originalità che proprio lì radica la provenienza delle cose che stanno all’interno di quel contesto urbano, ben distanti e irrintracciabili in altri luoghi tarantini come Tamburi o Paolo VI. La negligenza nel rinviare il confronto con questa realtà ha prodotto lo stallo attuale, costituito dall’abbandono fisico di intere porzioni urbane, crolli, delinquenza artigianale vicolo per vicolo, piazzetta per piazzetta, mitigato solo da rare quanto preziose attività individuali di pochi amatori che a spot utilizzano il fondale degli
ism, Old City. It is not a coincidence that the term “old” is used, in the vulgate of the citizens, with all the expressiveness of the negative sense that in this may be. Old it’s the same for outdated, as in the Japanese language and way of thinking, an allocation of negativity, which is an antechamber of the ban of a city’s area that in addition to its own now archaeological memory heritage also holds the human one, made of that originality which, right there, underlines the origin of things that are within the urban context, well apart and untraceable in other Taranto’s sites such as Tamburi or Paolo VI. Negligence in postponing the confrontation with this reality has produced the current impasse, formed by the physical abandonment of entire urban portions collapses, alley-to-alley artisanal delinquency, mitigated only by rare as precious individual activities of a few “amateur” that, as spots, use the backdrop of stacked buildings, and the streets stolen to the buildings themselves, to collective consciousness works. There, in those streets, we perceive the real problem as the waiver of the community towards Architecture. The confidence in architecture itself as a solution waned over time, seen as the armed wing of the political and entrepreneurial speculation that has used its instruments for purposes other than those defined as principles. The architecture also betrayed when it attempted to implement
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edifici accatastati e delle vie sottratte agli edifici stessi per opere di coscienza collettiva. Lì tra quelle vie si percepisce come la rinuncia della collettività all’Architettura sia il vero problema. La fiducia nell’Architettura stessa come soluzione è scemata nel tempo, vista come braccio armato della speculazione politica ed imprenditoriale che ne ha utilizzato gli strumenti per fini altri a quelli definibili come i principi. L’Architettura tradita anche quando ha tentato di mettere in opera quanto largamente discusso ed emerso dal dibattito culturale dagli anni Cinquanta e Settanta. Colpa forse dell’eccessivo distacco intellettuale degli architetti da un lato e della sordità di ampie fasce di amministratori dall’altro. Da aggiungere anche una riflessione sui recenti effetti della tecnologia che ha infranto, velocissima, ogni dinamica sociale innestata sulla regola lavorare-abitare-socializzare, generando appunto i quartieri dei lavoratori per poi rimanere indisponibile davanti all’evenienza scontata della mutazione del loro significato quando il lavoro viene meno, si sposta o muta le proprie caratteristiche. La relazione tra Architettura e operaismo così sviscerata nel dibattito eroico degli anni Settanta (Tafuri, IUAV, Controspazio) sembra non aver lasciato nulla nella società di così utile sul terreno tale da poter essere operativamente riesumato oggi. Tutto questo in senso evolutivo sembra evocare il pensiero dell’arcidiacono della cattedrale di Hugo: Ceci tuera cela, questo
what was widely discuss and emerged from the cultural debate of the fifties and the seventies. Perhaps guilty of excessive intellectual detachment of architects on one side and the deafness of large sections of administrators on the other. Moreover, a reflection on the recent effects of the technology that has quickly broken every social dynamics grafted on the rule — live-work — socializing, thus generating the neighbourhoods of workers; then, remained silent in front of the granted evidence of the mutation of their meaning when the work disappeared, moved, or changed its characteristics, motionless and without the courage to take a step back, or rather forward. The relationship between architecture and workerism, so eviscerated in the heroic debate of the seventies (Tafuri, IUAV, Contropiano), seems to have not left anything in the society so useful on the ground that can be operationally exhumed today. All this, in an evolutionary sense, seems to evoke the thinking of the Hugo’s Cathedral archdeacon: ceci tuera cela, this will kill that. The paper will kill the cathedral and so on, in a series made of destruction or abandonment for futility, like here in the Old City of Taranto. Once, a place of government and labour, where residences of rich and poor people coexist together in masses like a plano-altimetric geometry sedimented during millennia. If the industry myth, so fascinating, has produced that, the fault is of those who, then,
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ucciderà quello. La carta ucciderà la cattedrale e via così, in un susseguirsi fatto di distruzione o abbandono per inutilità, come qui nella Città Vecchia di Taranto. Un tempo luogo di governo e del lavoro, dove residenze di ricchi e di poveri convivevano in masse ordinate secondo geometrie plano-altimetriche sedimentate nei millenni. Se il mito dell’industria, tanto fascinoso, ha prodotto ciò è colpa di chi, poi, non ha saputo guardare anche alla risorsa eterna di questa città, l’elemento stesso che l’ha resa possibile: il mare. Quel mare origine di tutte le cose, da dove tutti sono arrivati e tutti sono ripartiti. Davanti agli eventi che si parano innanzi, dalle migrazioni alle catastrofi artificiali e naturali alle condizioni di crisi cronica, una strada potrebbe essere quella di indugiare nel ri-uso o nel riciclo di interi brani delle nostre antiche città come la Città Vecchia che di queste ne è un campione eroico di resistenza e longevità. Ritornare ad abitare sarà possibile per Taranto solo se tornerà a vivere la Città Vecchia, la sua acropoli, e questa potrà vivere solo se avrà il coraggio di guardarsi indietro con forza e pragmatismo critico, investendo tutto quanto necessario. (Nuovi) Fenomeni Urbani Così ecco prende forma l’idea di concentrare gli sforzi non sulle aree metropolitane della città operaia o nel ripristino di aree militari dismesse, ma al contrario si sceglie di rimettere in gioco la Città di tutti i taranti-
could not even look to the eternal source of this city, that element that has made it possible: the sea. That sea which is the origin of all the things, the sea from where everyone arrived and everyone are departed. Before the events that lie ahead, from the migration or artificial and natural disasters to the chronic crisis conditions, a road might be to linger in the re-use or recycling of whole passages of our ancient city like the Old Town which of these it’s an heroic sample for resistance and longevity. Back to inhabit the city will be able to Taranto just if the Old Town, its acropolis, will live again: and it can only live again if it will dare to look back with strength and critical pragmatism, investing everything is necessary to convince itself to look once again toward the sea. (New) Urban Phenomena So, here it is, takes shape the idea to concentrate not on the metropolitan areas of the workers town in the restoration of former military areas, but instead we choose to put into play the City of all the people from Taranto; that nucleus which is impossible to deny as impossible is avoid to cross it. The true decommissioned place, the first among many, of the Taranto’s urbanization is that portion of the town, the island that many pretend “that there is not”, a margin territory within a jumble of “neighbourhoods” germinated over time but of which is still an inevitable hinge.
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ni; quel nucleo impossibile da negare così come impossibile è evitare di attraversarlo. Il vero luogo dismesso, il primo fra tanti, dell’urbanizzazione tarantina è quella porzione di città, l’isola che molti fanno finta che non c’è, un territorio di margine all’interno di un coacervo di quartieri germinati nel tempo ma che di questi ancora oggi è cerniera inevitabile. In Taranto è ancora più evidente che altrove il lacerante passaggio delle diverse condizioni di urbanità, dove ad una città compatta, prospettica, medievale/rinascimentale, costruita in un continuum di sovrapposizione e concrezione, dall’età greca a quella moderna, si è opposta una città anti-prospettica, diffusa, degerarchizzata costituita da satelliti, banlieue, oltre il margine che se in un tempo modernista potevano avere un qualcosa di eroico, oggi, prive delle geometrie attuative che ne hanno dato origine, sono divenuti territori abbandonati e di frontiera. Ripensare la Città Vecchia, la grande malata, non ha solo un valore di emancipazione sociale possibile attraverso gli strumenti dell’Architettura, ma acquisisce anche il valore del simbolo verso un ripristino di alcuni sani valori identitari che la società ha voluto troppo bruscamente abbandonare in una gara al ribasso in un unico pensiero. La Città Vecchia in sé racchiude varie anime sociali, oggi come sempre nel passato. All’esterno, sul Mar Piccolo, i pescatori e la loro realtà segnata da vite regolate dal-
In Taranto is even more evident than anywhere else the piercing step of the different conditions of urbanity, where to a compact city, perspective, medieval/renaissance, built in a continuum of overlapping and concretion, from the Greek to the modern era, has opposed a anti-perspective city, widespread, de-hierarchized that consists of satellites, banlieue, over the edge that if in a modernist time could have something heroic for social and formal aspirations projected towards a new type of city dweller, now, devoid of geometries implementation which have given rise, have become an abandoned and border territory. Rethinking the Old City, the great ill, has not only a value of social emancipation possible through the tools of architecture, but also acquires the value of the symbol towards a restoration of some healthy identity values that society too abruptly wanted abandon in a race to the bottom in a single thought. The Old City encompasses in itself various social souls, today as always in the past. Outside, on the Mar Piccolo, the fishermen and their reality marked by lives governed by the seasons and tides. In the centre, up to Via Duomo, the misery of poverty and delinquency used as a tool for survival and emancipation. Aside from Via Duomo, to the Mar Grande, the buildings now abandoned, that were the old Bourbon nobility and places of government. An organism that anatomically responds
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le stagioni e dalle maree. Al centro, fino a Via Duomo, la miseria della povertà e della delinquenza usata come strumento di sopravvivenza ed emancipazione. Oltre Via Duomo, verso il Mar Grande, i palazzi, ormai abbandonati di vecchie nobiltà borboniche e i luoghi del governo. Un organismo anatomicamente costituito da organi ben definiti e da una struttura osteologica fatta di vie strette incuneate tra palazzi come solchi in un cretto vivente. Ciò che rimane non sono le voci, gli odori, gli stilemi architettonici, ma i vuoti, gli spazi lasciati liberi dai crolli, le puntellature necessarie, come in una città post-sisma,
like it was constituted by well defined organs and an osteological structure made of alleys wedged between buildings like furrows in a living cretto. What remains are not the voices, the smells, the architectural styles, but the empty spaces left free by the collapse. The frameworks may be necessary, such as in a post-earthquake city, to hold entire inhabited compartments in which the tired stone has resigned its structural capacity. Walking along these streets and talking with the few who have the desire to tell their stories, the image that springs is of an urbanity consists of an immense co-housing where,
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a sorreggere interi comparti abitati in cui il càrparo ormai stanco ha rassegnato la propria capacità strutturale. Percorrendo queste strade e dialogando con i pochi che hanno la voglia di raccontarsi, nasce l’immagine di una urbanità costituita da un immenso co-housing dove però nessuno in realtà può affermare di avere casa o radici. Molti hanno semplicemente occupato le abitazioni in un flusso
however, no one really can claim to have home or roots in it. Many have simply occupied the houses in a continuous flow of migrants to the city and now live a state of suspension between abandoning their rural roots and not having met the new ones. The opposite of a city built by man but preconceived, made for others and “ownership” of others, and now occupied (not inhabited) by people that are in the same city
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migratorio continuo dalle campagne alla città e ora vivono una condizione di sospensione tra l’aver abbandonato le proprie radici contadine e non averne incontrate di nuove cittadine. Il contrario di una città costruita dall’uomo ma precostituita, realizzata per altri e di ‘proprietà’ di altri, ed ora occupata (non abitata) da persone che in quella stessa città sono e rimangono straniere e a cui negano appartenga un singolo metro quadro. Al contrario di quel che può sembrare non si tratta di un problema di densità ma piuttosto di identità abitativa. La Città Vecchia infatti sembra sostenere l’idea che la mancanza di una casa si appresta a diventare il destino del mondo privando l’homo humanus delle necessarie radici che in essa dovrebbe trovare.3 Se nella frenesia della metropoli la casa è ormai un luogo secondario, nella città antica, dove il tempo e le interazioni rallentano, questa ha ancora un significato potente. “La perdita d’una atmosfera così dominante ha avuto conseguenze che possiamo comprendere partendo dalla nozione di homesickness o nostalgia di casa, il desiderio di fare ritorno a un interno un tempo sicuro”4. Da qui l’idea di lavorare per innesti, riempimenti di materia urbana dove questa è venuta
and that still are foreign and to which is denied the belonging of a single square meter. Contrary to what may seem it is not a problem of housing density but rather of housing identity. The Old Town seems to support the idea that he lack of a house is about to become the fate of the world depriving the homo humanus of the necessary roots that he should find in it.3 If in the bustle of the metropolis the house is now a secondary place, in the ancient city, where time and interactions slows down, this still has a powerful meaning. “The loss of a so dominant atmosphere has had consequences that we can understand, starting from the notion of Homesickness or homesick, the desire to return to an inner safe time.”4 Hence the idea of working for grafts, urban material filling where this one has failed in order to suture, patch up, wake again some urbanity conditions that welcoming new and old functions, can propose a new pattern of relationships reflecting a possible contemporary. The choice of places, shared with the owner Administration of the same ones, as of the large part of the island (maybe that’s another issue), has undergone a long series of tests
Heidegger M. 1995, Lettera sull’umanismo, Adelphi, Milano. La casa qui intesa come nell’opera dell’autore quale luogo dove risiede l’essere, ben più ben più di una traslazione linguistica quindi del significato di semplice edificio. 4 Vidler A. 2006, Il perturbante dell’architettura, Einaudi, Torino, p. 207.
Heidegger M. 1995, Lettera sull’umanismo, Adelphi, Milano (translation from italian edition). The house here understood as in the work of the author as a place where the being resides, far more than a linguistic translation of the meaning of a simple building. 4 Vidler A. 2006, Il perturbante dell’architettura, Einaudi, Torino, p. 207 (translation from italian edition).
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Taranto (2009) La Città Vecchia
meno al fine di suturare, ricucire, riattivare condizioni di urbanità che accogliendo nuove e vecchie funzioni propongano un nuovo schema di relazioni a testimonianza di una nuova contemporaneità possibile. La scelta dei luoghi, condivisa con l’Amministrazione proprietaria degli stessi come di larga parte dell’isola (forse questo è un altro problema), è stata sottoposta ad una lunga serie di verifiche e di interrogazioni sul campo che hanno sottolineato come le persone che lì stanno vogliano divenire finalmente abitanti.
and questions in the field that have emphasized how people there want to finally become inhabitants. The image of a city that can evolve without increasing its volume suggests the need for action to fill and consolidate the structure, drawing on these new built structures all the strains able to propagate an idea of architecture newly and proudly considered the centre of the urban phenomenon. The hypothesis of giving rise to new realities of life dedicated to socializing, tourism and temporarily living students, has pro-
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L’immagine di una città in grado di evolversi senza aumentare il proprio volume suggerisce la necessità di intervenire per riempimento e consolidamento della struttura, attirando su questi nuovi edificati tutte le tensioni in grado di propagare un’idea di Architettura di nuovo e orgogliosamente ritenuta al centro del fenomeno urbano. L’ipotesi di dar luogo a nuove realtà di vita dedicate al lavoro, alla socializzazione, al turismo e all’abitare temporaneo studentesco, ha prodotto esperienze compositive dal carattere volutamente potente ed evocativo. In queste è racchiuso per frammenti il ripristino di un dialogo con gli elementi costitutivi l’Architettura della città precedente nella sfera compositiva, sia essa aggregativa, tettonica, distributiva o di recupero di alcuni puntuali caratteri che dell’architettura del tessuto urbano componendo un sottotesto definibile solo attraverso l’analisi di livelli più nascosti di lettura. Su questa traccia nasce l’idea di oggetti congegnati per essere in grado di assecondare le esigenze della vita quotidiana svolgendo il loro ruolo di strumenti per lavorare, educare, abitare, manifestare le arti ed accogliere il turismo nelle sue più recenti declinazioni di informalità. Una palestra pubblica, un teatro, un luogo per realizzare ed esibire l’arte, luoghi per lo studio, l’educazione collettiva e trasversale alle età possono essere risposte concrete, minime e semplici agli interrogativi che questa città pone.
duced design experiences with deliberately powerful and evocative character. Is enclosed in these, by fragments, the restore of a dialogue with the constitutive elements of the previous city’s architecture in the compositional sphere, whether it’s aggregative, tectonics, distribution or recovery of some specific characters that of the architecture urban fabric itself are just a subtext, definable only through the analysis of the most hidden levels of reading. On this track born the idea of objects made to be able to meet the needs of daily life playing their role of tools for work, teach, live, show the arts and welcome tourism in its most recent forms of informality. A public gym, a theater, a place to create and exhibit art, places for study, for collective and transversal education, may be the real answers, minimal and simple, to the questions that this city has. Each project comes from the awareness to be, first of all, a paradigm ready to be refuted, but that offers in itself a different way, perhaps a further one, to define its relationship with the urban context. This new architectural apparatus should aspire to be items for discussion, cells of a beneficial virus which, inoculated into the urban texture of the Old City, should propagate a new perspective on the opportunity to interact with it, according to new rules based on the quality of living and the sense of appearance that this community has to find in the architecture forms of which are the expression. Only architec-
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Ogni progetto nasce dalla consapevolezza di voler essere innanzitutto un paradigma pronto ad essere confutato ma che in sé propone un modo diverso, forse ulteriore, di definire il proprio rapporto con il contesto urbano. Questi nuovi apparati architettonici dovrebbero ambire ad essere elementi di discussione, cellule di un virus benefico che inoculato nel tessuto urbano della Città Vecchia, dovrebbe propagare un nuovo punto di vista sulla possibilità di interagire con essa secondo nuove regole basate sulla qualità dell’abitare e sul senso di apparenza che questa comunità deve ritrovare nelle forme dell’Architettura che ne sono espressione. Solo l’Architettura può superare la perdita di fiducia nella sfera pubblica e solo la sfera pubblica può essere motore di una nuova Città Vecchia che di vecchio dovrà avere solo il nome. I risultati potranno essere giudicati solo dal tempo e dal coraggio che amministrazioni ed architetti avranno nel perseguirle fino in fondo restituendo la città ai suoi abitanti secondo regole condivise e dinamiche che rimettano al centro l’Architettura perché come scrisse Carlo Aymonino “il giudizio finale o il risultato conclusivo spettano sempre ai progetti e alle realizzazioni di architettura, che possono confermare o negare le ipotesi iniziali”5.
ture can overcome the loss of confidence in the public sphere and only the public sphere can be the engine of a new Old City that could have the word Old just in the name. The results can be judged only by the time and by the courage with whom the municipalities and architects will pursue them in all the way by returning the city to its inhabitants according to agreed rules and dynamics that put the architecture at the centre because “the final judgment or final results always belong to the architectural projects and creations, who can confirm or deny the initial assumptions”5.
Aymonino A. 1977, Lo Studio dei fenomeni urbani, Officina, Roma.
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Aymonino A. 1977, Lo Studio dei fenomeni urbani, Officina, Roma (translation from italian edition).
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Il Golfo di Taranto Rizzi Zannoni, Giovanni Antonio, 1812
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imparare dalla città vecchia | learning from the old city Monica Bercigli
I bambini della Città Vecchia partecipano alle revisioni del Laboratorio di Rilievo coordinate dal prof. Stefano Bertocci
Arrangiato in un piccolo spiazzo, tra i palazzi imbrattati e senza intonaco, c’è un campetto di calcio di cemento dove i bambini si rincorrono e si divertono sognando di vincere la Coppa del Mondo. Qualcuno ha provato a rendere ‘seducente’ la Città Vecchia, arricchendo con murales i muri spogli. Le strade, vivaci di giorno, col calare del sole si impigriscono e si svuotano lasciando intravedere solo ombre sfuggenti che camminano svelte nel silenzio per sparire dietro ai portoni. La città bassa al mattino albeggia guardando il Mar Piccolo ed è gremita di pescatori che vendono fresche prelibatezze. La sera solo il piccolo ristorante Mena Mena me si riempie di persone che assaporano le cozze che ancora profumano di mare. La Città Vecchia di Taranto è vecchia dentro. Fuori è soltanto sporca, degradata. Le travi di acciaio sorreggono ciò che resta degli edifici crollati per mano del disinteresse diffuso. La comunità non ha rinnovato il proprio modo di pensare, di guardare al futuro, non si è aperta alla ricerca del bello e del sicuro, del pulito e del funzionale. La Città Vecchia di Taranto aspetta di essere ricostruita, riprogettata e resa fruibile, vivibile.
Università degli Studi di Firenze
Arranged in a small clearing, among the smeared and without plaster palaces, there is a football field in the concrete where children chase each other and have fun dreaming of winning the World Cup. Someone tried to make “seductive” the Old City, enriching the bare walls with murals. The streets, lively during the day, with the sunset makes their selves lazy and empty revealing only fleeting shadows walking fast in silence to disappear behind the doors. The lower town, that faces the Small Sea, in the morning dawns is crowded with fishermen selling fresh delicacies. In the evening only the small restaurant “Mena Mena me” is full of people who savour the mussels that still scent as the sea. The Old City of Taranto is old inside. Outside it is just dirty, degraded. The steel beams holding up what remains of collapsed buildings caused by the widespread disinterest. The community did not renew their way of thinking, it didn’t look to the future, it is not open to the pursuit of beauty and safe, clean and functional. The Old City of Taranto expects to be rebuilt, redesigned and made accessible, liveable.
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Fotopiano realizzato tramite tecniche di rilievo SFM (Structure from motion) ed esportazione di ortoimmagini su una base bidimensionale derivata da rilievo Laser Scanner. L’elaborato è stato realizzato da Giulia Giannetti, Chiara Livi e Viola Mugnai.
L’esperienza sul campo del Laboratorio di Rilievo dell’Architettura in parallelo con il Laboratorio di Progettazione, ha reso possibile, in parte, la comprensione delle dinamiche sociali della Città Vecchia e dei disagi che si nascondono tra i vicoli. Un gruppo di una trentina tra docenti e studenti ha trascorso alcuni giorni a contatto con la strada, con gli abitanti e con i bambini, vogliosi di dimostrare le loro passioni. Qualcuno ha nascosto il proprio viso alla macchina fotografica. Qualcun’altro, orgoglioso, ci ha mostrato i propri passi di danza, qualcuno i disegni sproporzionati. Il disegno, da sempre potentissimo mez-
The experiment carried out in the field from the University of Florence by the Laboratory of Surveying Architecture in parallel to the Design Studio, had the aim to make possible, in part, the understanding of the social dynamics of the Old City and the hardships that lurk among the petty alleys. A group of about thirty teachers and students spent a few days in contact with the streets, with the people and with children, eager to demonstrate their passions. Someone hide his face from the camera. Someone else, proud, showed us his dance moves, and somebody else, his disproportionate drawings.
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zo di comunicazione, rivela quanto sia importante comprendere i luoghi per poterli rappresentare. “La funzione del disegno è […] di assegnare agli edifici e alle parti che li compongono, una posizione appropriata, un’esatta proporzione, una disposizione conveniente e un armonioso ordinamento, di modo che tutta la forma del la costruzione riposi interamente nel disegno stesso”1. Il modo di osservare gli edifici di un occhio allenato da ‘aspirante architetto’ non è poi troppo diverso da quello di chi vive la cit-
The drawing, always a very powerful means of communication, reveals how important it is to understand the places to be able to show them. “The function of drawing is […] to assign to buildings and their component parts, an appropriate location, an exact proportion, a convenient arrangement and a harmonious arrangement, so that the whole shape of the building rests entirely in the design itself”1. The way to observe the buildings from an ‘aspirant architect’ eye-trained is not too different from that of those who live in the
1 Alberti L.B., De Re Aedificatoria, in R. Bonelli, P. Portoghesi (a cura di) 1966, Trattati di Architettura, il Polifilo, Milano, p. 76.
1 Alberti L.B., De Re Aedificatoria, in R. Bonelli, P. Portoghesi (a cura di) 1966, Trattati di Architettura, il Polifilo, Milano, p. 76. (translation from italian edition).
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tà ogni giorno. Oggi la comunicazione e la valorizzazione del patrimonio culturale sono sostenute da un approccio metodologico integrato che utilizza tecnologie digitali. Questi strumenti usati per rappresentare la variopinta Via di Mezzo hanno permesso di acquisire nel dettaglio la geometria delle case, o di quello che ne rimane. Quello che si ottiene dal rilievo è un corpus documentario di fondamentale importanza ai fini della conoscenza e comprensione del luogo, e alla sua successiva ed eventuale riqualificazione. Una nuvola di punti, rappresentazione tridimensionale della realtà, e gli elaborati bidimensionali che vi si ricavano, riescono a descrivere tutti gli aspetti degradanti e ci rivelano la stessa fragilità della città, sia architettonica che sociale, disegnata dai bambini. Nella Città Vecchia il tempo sembra essersi fermato e l’utilizzo di tecnologie digitali innesca un processo di rafforzamento della conoscenza del patrimonio identitario così da promuovere lo sviluppo socio-economico, flussi turistici consapevoli e la coscienza collettiva rispetto ai beni culturali. Ogni abitante, ogni bambino, immagina tutti i giorni il luogo in cui vorrebbe vivere. Quella del virtuale “è una delle dimensioni più antiche e feconde dell’architettura e fra i principali alimenti culturali della creatività contemporanea.”2 Tutto ciò che può essere immaginato
city every day. Today, communication and promotion of cultural heritage are supported by an integrated methodological approach that uses digital technologies. These tools, used to represent the colourful Via di Mezzo, allowed to acquire in details the geometry of the houses, or what’s left of them. What we get from the survey is a documentary database of fundamental importance in terms of knowledge and understanding of the place, and its subsequent and eventual redevelopment. A cloud of points, which is a three-dimensional representation of reality, and the two-dimensional elaborated that we obtained can describe all aspects degrading and reveal the fragility of the city, both architectural and social, the same that has been designed by children. In the Old City of Taranto, time seems to stand still so that the use of digital technologies triggers a process of strengthening of the knowledge of the unique heritage so as to promote the socio-economic development, conscious tourism flows and the collective consciousness of the cultural heritage. Every inhabitant, every child, imagine every day the place where they would like to live. That of virtual “is one of the oldest and fruitful dimension of architecture and one of the main cultural nourish of contemporary creativity.”2 Anything that can be imagined can be drawn and repre-
2 Unali M. 2014, Atlante dell’abitare virtuale, Gangemi, Roma, p. 18.
2 Unali M. 2014, Atlante dell’abitare virtuale, Gangemi, Roma, p. 18 (translation from italian edition).
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può anche essere disegnato e rappresentato. L’esperienza di ricerca svolta a Taranto ha permesso agli studenti di sviluppare proposte progettuali sulla base di rilievi precisi ed accurati, relazionandosi con un luogo che hanno vissuto e conosciuto in maniera approfondita giorno dopo giorno. Come ci suggerisce Pierre Lévy, “il virtuale tende ad attualizzarsi, senza essere tuttavia passato a una concretizzazione effettiva o formale. L’albero è virtualmente presente nel seme”3. Il rinnovamento che la città vecchia ci chiede e di cui ha bisogno è già visibile nella città stessa, nei suoi edifici crepati, nel suo asfalto sconnesso e nell’entusiasmo dei bambini che la vivono.
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Lévy P. 1996, Il virtuale, Raffaello Cortina, Milano, p. 5.
sented. The experience of research conducted in Taranto has allowed students to develop project proposals on the basis of precise and accurate surveys, engaging with a place that they have lived and known in depth day by day. As suggested by Pierre Lévy, “the virtual tends to actualize itself, without being switched to an effective or formal concretization. The tree is virtually present in the seed”3. The renewal that the Old City is asking us and that it needs is already visible in the city itself, in its cracked buildings in its uneven asphalt, and in the enthusiasm of the children who live there.
3 Lévy P. 1996, Il virtuale, Raffaello Cortina, Milano, p. 5 (translation from italian edition).
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anime e rosari | souls and rosaries Vincenzo Moschetti
Università degli Studi di Firenze Via Cariati Taranto, 2016
Ma il meglio della vita di Taranto Vecchia è all’aperto, sulla banchina, tra la muraglia delle case e il Mar Piccolo. È uno dei posti più vivaci dell’Italia del Sud, e non saprei trovarne di paragonabili; sembra illustrare una novella orientale, di quelle dove i pesci parlano e sputano anelli preziosi. Forse perché la merce si espone e si vende con i vecchi metodi, vi è qui una vera comunione tra il porto, la gente che grida e i fondi marini. […] Questo porticciolo orientale, questa popolazione di pesci e molluschi, è uno dei migliori ricordi italiani; è così nell’insieme il ricordo di Taranto, città di mare tersa e lieve, tanto che passeggiandovi sembra di respirare a tempo di musica1.
But the best of the Old Taranto life is outside on the dock, between the walls of the houses and the Ma Piccolo. It is one of the liveliest places in southern Italy, and I could not find a comparable; it seems to illustrate an Eastern tale, the kind where the fish speak and spew precious rings. Perhaps because the merchandise is exposed and sold with the old methods, here there is a true communion between the port, people screaming and the seabed. […] This eastern harbour, this population of fish and shellfish, is one of the best Italian memories; so it is, the whole memory of Taranto, a clear and mild seaside town, and when we walk through it, it seems to breathe in time with music1.
Sono queste alcune delle parole che Guido Piovene dedica alla città di Taranto nello straordinario Viaggio in Italia, il cui litorale che si affaccia sul Mar Piccolo diviene protagonista di quella e di questa storia. Pagine folgoranti che possono dare il senso di ciò che c’era lungo quel fil di costa che separava la città bassa dal piatto seno del mare in cui venivano allevate — del resto come oggi — le cozze. Quel mare che col tempo è divenuto la terra da ‘coltivare’ e su cui riflettersi.
These are some of the words that Guido Piovene dedicated to the city of Taranto in the beautiful Viaggio in Italia, whose coastline overlooking the Mar Piccolo becomes the protagonist of this story. These extraordinary pages can give a sense of what it was along that edge of the coast that separated the ‘lower city’ from the flat sea in which the mussels were raised — and fortunately they’re still rise today —. The sea that today has become the land of ‘cultivate’.
1 Piovene G. 1966, Viaggio in Italia (viaggi eseguiti tra il 1953 e il 1956 su incarico della RAI, splendida rappresentazione del Belpaese), Arnoldo Mondadori, Milano, pp. 607-608.
1 Piovene G. 1966, Viaggio in Italia, Arnoldo Mondadori, Milano, pp. 607-608. (translation from italian edition).
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Ed effettivamente è proprio questo il luogo prescelto per le case, senso e sentimento estremo dell’abitare, tra il limite costituito dalla fitta cortina di edifici che sembrano fare da perpetuo basamento alla parte alta della città. L’abitato come un’antica archeologia ha assorbito le stratificazioni del tempo, dove le patine ben visibili hanno lasciato le impronte degli uomini che lo hanno toccato anche solo sfiorandolo silenziosamente.2 L’evoluzione morfologica però, ha voluto che questi territori densi diventassero il luogo delle piccole case, dei piccoli spazi, di minuscoli lembi di terra saturati da spesse mura di bianco tufo completate da una purissima malta di calce. La stessa calce che, mescolata ad opachi colori, serviva ad intonacare e a proteggere dalla violenza del mare posto soltanto al di là della via. Molto di questo oggi è andato perduto e i pochi frammenti raccontano di una storia sospesa tra passato e presente, di una città di pietra scavata, in cui la desolazione e l’abbandono accompagnano, sovrapponendosi alla purezza mediterranea, i poveri elementi appartenuti ad un passato non così dannatamente lontano. I materiali provenienti dalla terra costrui2 Appare interessante chiarire la potenza archeologica con cui alcune architetture si manifestano nell’età contemporanea, o comunque nei tempi successivi ai quali sono state costruite. L’idea della patina del tempo deriva se non altro dalla poetica dell’architetto messicano Luìs Barragán (1902-1988). I muri infatti, come segni della vita che scorre intorno o tra di essi avevano — anzi hanno — il merito di raccogliere tutti i tempi e le cose che avvengono. La patina quindi serve a raccontare il trasudante passato.
And actually this is the place chosen for the coast houses, on the edge of the curtain of buildings that seem to act as a perpetual stand to the top of the city. The town, like an ancient archaeology, has absorbed the layering of time, where the visible patinas have left imprints of the bodies that have also touched it, even just skimming silently2. The morphological evolution, however, wished that this area became the site of the small houses, small spaces, tiny strips of land saturated by thick walls of white sandstone. The lime that was used to plaster and to protect them from the violence of the sea, located just across the street. Much of that is now lost and the few fragments tell a story suspended between past and present, in which the desolation and abandonment colour the poor items that belonged to a past not so damn far, superimposing the Mediterranean purity. The materials coming out from soil constructed with few as much that served as a housing, destined for the precious household to create the scenery of the prospecting spaces, the sea limit that traverses the entire stone island emerging from the waters. This appearance, like the small votive tabernacles of which Aldo Rossi would probably have been fascinated, brought with it the jealous gift of being able to be 2 (translation from italian edition) Architecture landscape as a ruin. This concept comes from Luìs Barragán’s poetry (1902-1988).
anime e rosari • vincenzo moschetti
vano con poco il tanto che serviva all’abitare, destinato nella preziosa domesticità a creare la scenografia degli spazi prospicienti il limite marino che circuisce l’intera isola di pietra emergente dalle acque. Tale apparizione, come i piccoli tabernacoli votivi di cui Aldo Rossi ne sarebbe stato probabilmente affascinato, portando con sé il geloso dono di poter essere completati dai cristalli di salsedine che su di essi si sono depositati rendendoli brillanti. L’assoluta lentezza del mare ha aggiunto quindi capacità narrativa all’intero profilo, accentuando così la profonda differenza tra le parti di città e le divergenze culturali fondamentali tra gli abitanti della parte bassa e di quella alta, quest’ultima spesso destinata ai ricchi signori e agli uomini di chiesa. L’atavica oppressione della stratificazione urbana che si trova al di sopra della parte bassa ha sganciato il proprio destino da ciò che la circonda, abbandonando all’orizzonte le inferriate ancora rimaste salde ai polverosi conci di tufo che uno sull’altro resistono alla pressione immaginaria di ciò che (pesantemente) le sovrasta. Si tratta di case fatte da uniche stanze che ne costituivano l’inizio e la fine, di camere in cui un tempo riposavano in un unico grande letto tutte le persone della famiglia. Di elementi ad un unico ambiente uniti in più sistemi complessi e complementari per dar spazio ai ‘tempi’ che le famiglie avrebbero accolto. Si tratta di una moltitudine di oggetti, di reveries essenzialmente mediterranee nella percezione e costruzione compositiva le quali, a segui-
completed by the salt crystals that have deposited on them making them brilliant. The absolute slowness of the sea has therefore added the narrative capacity to the whole profile, thus accentuating the profound difference between the parts of the city and the fundamental cultural divergences between the inhabitants of the lower and the lower part, the latter often destined for the rich lords and churchmen. The age-old oppression of the urban stratification that is located above the upper town dropped their destiny by what surrounds it, abandoning at the horizon the railings still remained steadfast to the sandstone that one over another resist to the imaginary pressure of what (heavily) is above them. Houses made up of tiny spaces, rooms in which along time ago has rested more and more people. It is a multitude of items that, after the dismemberment of collapsed facades, tell the most intimate of the stories. These are places where the hearth was guarded by wooden floors, that separated the shop on the ground floor from the private place upstairs. These are houses found their sort of serenity looking out through the narrow wires of the balconies towards the sea. Houses that women guarded waiting for their husbands that before sunrise crossed the sacred threshold and plunged themselves in the water trying to find ‘their daily bread’.
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Case B Taranto
to dello smembramento delle facciate crollate, hanno raccontato per immagini le più intime e neorealiste delle storie. Si tratta di luoghi il cui focolare era custodito da solai lignei che separavano la bottega al pian terreno dal luogo privato posto al piano superiore, collegato da massicce scale scavate nel càrparo o nel tufo. Case che trovavano la loro serenità affacciandosi attraverso gli stretti fili dei balconi verso il mare o un giardino di pietra. Di case che le donne proteggevano tenendo nelle mani consumati rosari in attesa dei loro mariti che, ancor prima del sorgere del sole attraversando la sacra soglia, si immergevano nelle acque alla ricerca del ‘loro pane quotidiano’. Tradere Gli straordinari acquerelli dei viaggiatori del Grand Tour, di cui si fanno memoria quelli dello svizzero Louis Ducros3, tramandano la grande ricchezza paesaggistica abitata e creata dalle bianche case dei pescatori. Raccontano di una strada — ribattezzata poi Via G. Garibaldi — che aveva ed ha il compito di separare di qualche metro la fitta schiera dal piatto mare. I prospetti ancora oggi si rifletto dall’interno verso l’esterno, per rivivere il passato glorioso di questa città prima dell’ar-
3 Tra il 2008 e il 2009 il MArTa (Museo Nazionale Archeologico di Taranto) ha ospitato una memorabile mostra dal titolo “Gli acquerelli di Louis Ducros”. Gli scenari prestati dal Rijksmuseum di Amsterdam misero in mostra la ricchezza paesaggistica e divenirono testimonianza della realtà con cui la città si presentava alla fine del XVIII secolo.
Tradere The watercolours of Grand Tour, I remember the Louis Ducros ones3, handing over the great landscaped wealth built and created by the white fishermen’s houses. Tell about a road — later renamed Via Garibaldi — that has the task of separating the dense array of several meters from the sea flat. The fronts still today reflect themselves for reviving the glorious past of this city before the arrival of the steelwork plant that cleared the traces of olive trees in the surrounding countryside.4 These are not isolated case, we are not at the presence of the clear Mediterranean beauty in which the perched house stands on the infinite and eternal horizon; but we are in an urban part where the continuous temporal comparison has initiated a densification that — each one in their own way — recalls with the sea. The difference between the topographic layers, coupled by consumed scales from the Greek or Byzantine fragments as new geography, is clear in the direction of architecture and in its alternating typology where the presence of the garden leaves space for stone slabs excavated from the backdrops. Some of these houses are closed, other ris-
3 Between 2008 and 2009, the MArTa (National Archaeological Museum of Taranto) hosted a memorable exhibition titled “Louis Ducros Watercolors”. 4 G. de Troia 1988, Piante e vedute della Puglia cinquecentesca, Stamperia Schena, Fasano.
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rivo dell’acciaieria che cancellò le tracce degli ulivi presenti nelle campagne circostanti.4 Non si tratta di casi isolati, non si è in presenza della netta bellezza mediterranea in cui la casa arroccata si staglia sull’orizzonte infinito ed eterno; ma siamo di fronte ad una visione urbana in cui il continuo confronto temporale ha dato avvio a densificazioni che, ognuna a proprio modo, si rapporta con il mare. La differenza tra i livelli topografici, raccordati da consumate scale ricavate tra i frammenti greci o bizantini come nuove geografie, è netta nella direzione dell’architettura e nella sua
4 G. de Troia 1988, Piante e vedute della Puglia cinquecentesca, Stamperia Schena, Fasano.
ing as much as possible, others derive resting balconies it is the diversity and the idea of recycling that gave life to this extraordinary piece of landscape. The houses, in fact, do not give up to their vocation or rather their mission of transmitting the tradition of the place and its atmosphere. The new living houses receive inside their self the street and the sea that permeate it, greatly participating to the sense of composition and construction and definition of space throughout. The relationship with the horizon is enriched by the expectation of the discovery that it is often revealed at the top level, that of
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Tabernacolo votivo SS. Cosma e Damiano Posteria Via Nuova, Taranto
variazione tipologica alternata, in cui la presenza del giardino quale verde lascia spazio a lastre di pietra cavate dai fondali. Alcune di queste (case) si chiudono, altre si elevano il più possibile, altre ricavano balconi poggiati su splendide mensole di spoglio ed è proprio la diversità e l’idea di riciclo, come nella Cattedrale, che hanno dato la vita a questo straordinario pezzo di paesaggio. Osservando lo stato della città, le architetture racchiudono e istituiscono lo spazio comune come valore aggiunto dell’abitare in cui condividere e guardare al sogno futuro che cercano faticosamente di costruire. Le case non rinunciano alla loro vocazione o meglio alla loro missione di trasmettere la tradizione del luogo e la propria atmosfera. Il nuovo abitare accoglie al suo interno la strada e il mare che lo permeano, partecipando notevolmente al senso compositivo e alla costruzione e definizione dello spazio tutto nell’incessante scavare di ricordi. Il rapporto con l’orizzonte è arricchito dall’attesa della scoperta che spesso si svela all’ultimo livello, quello della terrazza: paradigma mediterraneo. È una vera questione di attese che aumentano il significato semantico a cui questi progetti fanno sempre riferimento nel recupero dei più estesi caratteri del luogo. L’idea di metastasis trasferisce significato e senso a quello che è andato perduto e che con affanno le nuove architetture cercano di riprendere. L’abitare così si offre come annuncio di un nuovo tempo (possibile) ri-
a big terrace: a Mediterranean paradigm. It is a real matter of expectations that participates in the semantic meaning that these projects always make reference to in the recovery of the largest characters of the place. The spaces on which the operation is made, almost osteological, is to generate contemporary anatomies capable of holding it by transmitting it, the sacred trident consisting of threshold, wall and window. The new places, through the constant atmosphere of this land, create spaces of living and landscapes of life where the alternation of squares, cinemas and gardens brings attention to what is no longer but can be again. The idea of metastasis transfers meaning and meaning to what has been lost and that new architectures are trying to resume. Living like this is offered as an announcement of a new time (possible) by tracing the traces of what was in order to be again, or perhaps to be able to continue to be. The houses are then located in that new suspension between the earth and the sky, turning to the sea, but they do not forget their close relationship with the Old Town, which is still alive in its yellow colors and in its total silence. So, just crossing the elements that make up the city — the real one made of homes and people — you can fully understand the truth of this land. There, where meeting the children on the roads to kicking an improvised balloon, you can stop by their screams that they say “Taranto is not just
anime e rosari • vincenzo moschetti
percorrendo le tracce di ciò che era per poter nuovamente essere, o forse per poter continuare ad essere. Le case si collocano quindi in quella nuova sospensione tra la terra e il cielo volgendosi al mare ma non dimenticano il loro stretto rapporto con la Città Vecchia che alle proprie spalle è ancora viva nei suoi gialli colori e nel suo più totale silenzio. Così, solo attraversando gli elementi che
ILVA”; those that have been born since they are hoping for new access to reality. It was only this apparition made of bodies, words and images in Via di Mezzo which overtaken the forgetfulness and made everyone understand how the dream of this piece of the Mediterranean is to return to live to dwell among those absent walls where the sound of the soul is still perceptible.
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Case A Via Cariati, Taranto
compongo la città — quella reale fatta di case e di persone —, è possibile comprendere a fondo la verità di questa terra. Lì dove incontrando i bambini per le strade intenti a tirare i calci ad un pallone improvvisato, è possibile essere fermati dalle loro urla che raccontano come “Taranto non
During a certain season in Texas, at dusk, some tree trunks seem to be phosphorescent… they give off a dull, blazing light. Upon close scrutiny it is found that the trunk of the tree is completely covered with discarded shells that were the outer body of certain insects. The startling fact is that the shell is intact, the form is exactly as it was when its original inhabit-
anime e rosari • vincenzo moschetti
sia solo ILVA”; loro che da quando sono nati sperano in nuovi accessi alla realtà. Fu solo questa apparizione fatta di corpi, di parole e di immagini in Via di Mezzo che fece superare la dimenticanza e fece comprendere a tutti come il sogno di questo pezzo di Mediterraneo fosse quello di tornare a vivere per abitare tra quei muri assenti in cui il suono dell’anima è ancora percepibile.
ant was inside, with one difference. The inside has left, leaving the outer form, which looks like an x-ray, producing the luminous effect. Suddenly we hear a chorus of sound coming from the dark leaves above. It is the sound of the insects hidden in the tree in their new metaphysical form. What is strange about the phenomenon is that we can see the insects’ shell forms clinging to the tree, empty shells, a form that life has abandoned. While we fix our eyes on these apparitions, we hear the sound of the insect in its new form hidden in the trees. We can hear it but we cannot see it. In a way, the sound we hear is a soul sound.5
Durante una certa stagione dell’anno in Texas, al tramonto, alcuni tronchi degli alberi sembrano fosforescenti… emanano una luce opaca e fiammeggiante. Ad uno sguardo più attento si scopre che il tronco degli alberi è completamente ricoperto di gusci abbandonati, che costituivano il corpo esterno di alcuni insetti. Il fatto sorprendente è che il guscio è intatto; la forma è esattamente la stessa di quando il suo originario abitanti era ancora all’interno, con una differenza. L’interno è andato via, lasciando la parte esterna, simile a una radiografia, che produce l’effetto luminoso. Improvvisamente sentiamo un coro di suoni provenire dalle scure foglie sovrastanti. È il suono degli insetti nascosti tra gli alberi nella loro nuova forma metafisica. Ciò che è strano di questo fenomeno è che si possono vedere i gusci degli insetti aggrappati agli alberi, gusci vuoti, una forma abbandonata della vita. Mentre fissiamo i nostri occhi su queste apparizioni, sentiamo il suono dell’insetto nella sua nuova forma, nascosto negli alberi. Possiamo sentirla ma non possiamo vederla. In un certo senso, il suono che noi sentiamo è un suono dell’anima.5
5 J. Hejduk 1988, Preface, in J. Hejduck, R. Henderson, Education of an architect. The Irwin S. Chanin School of architecture, Rizzoli, New York, p. 8.
J. Hejduk 1988, Preface, in J. Hejduck, R. Henderson, Education of an architect. The Irwin S. Chanin School of architecture, Rizzoli, New York, p. 8.
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Architetture Comporre le case
Architectures Houses design
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• Case di costa [a | b] • Case di strada [c | d] • Case di borgo [e]
i luoghi del progetto | the project places Michelangelo Pivetta
Università degli Studi di Firenze
Le narrazioni progettuali tentate su queste specifiche aree, individuate a seguito di un piano d’intervento previsto dal Comune di Taranto già nel 2011, mirano a ricucire il tessuto frammentato, abbandonato e degradato della Città Vecchia intervenendo in cinque luoghi segnati da differenze determinate. La riaffermazione di alcuni caratteri è stata innescata dall’esigenza di dover recuperare e rigenerare un concetto di urbanità attraverso uno sguardo ai miti ormai perduti. Per questo ogni architettura evolve a seconda delle necessità e delle richieste che gli stessi abitanti hanno proposto. La rinnovata presenza dell’Università nell’ex monastero di San Francesco ha riacceso la speranza per alcuni di creare una città nuova o ulteriore, oltre il dramma, e ancora innescata dall’Architettura e dalle dinamiche che in essa trovano luogo. Gli studenti dopo un lungo percorso, fisico e intellettuale, alla scoperta di questa terra distante nel tempo e nello spazio, hanno potuto osservare con i propri occhi la realtà ristabilendo quel collegamento in cui la casa è fulcro portante, mezzo con cui narrare una nuova storia possibile.
The concepts, as a result of an intervention plan provided by the Municipality of Taranto in 2011, aim to mend the fragmented, abandoned and degraded pattern of the Old City intervening in five places marked by determining differences. The reaffirmation of some design issues was triggered by the need to recover and regenerate an idea of urbanity by the sight to the lost lands and seas. Every house will evolve depending on housing needs and demands that the inhabitants themselves have proposed. The presence of the University in the former monastery of San Francesco has rekindled the hope to create a new city beyond the drama and still devoted to Architecture and the dynamics that it finds in it… Students, after a long journey to discover this land, far in time and space, could see with their own eyes the reality, restoring that lost connection of which the house became its fulcrum, a vehicle to tell a new story The need for students, for who was involved in this research, is more than the operation of the design itself, the detailed knowledge of the attributes of the city and its territory.
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Via di Mezzo Taranto, 2015
L’aspetto necessario per gli studenti, e per tutti coloro che in questa ricerca hanno operato, è stato più che l’operatività del progetto in sé, la dettagliata conoscenza degli attributi propri della città e del suo territorio. La città è lo scrigno in cui l’Architettura risiede e dove essa si definisce secondo tutte le sillabe che ne costituiscono il significato. Conoscere l’Architettura e saperne comporre la melodia deriva l’approfondimento dei significati, plurimi e complessi, della città. Gli innesti architettonici presentati nelle pagine seguenti provano a raccontare undici storie, ognuna singola ma tutte collegate, testimoni di una realtà immaginaria o immaginifica che gli studenti, attraverso le loro menti libere da pre-costruzioni, hanno escogitato verificandone volta per volta l’applicabilità, attraverso l’indagine diretta dei luoghi, il rilievo e il contatto antropologico con il vasto ed eterogeneo ambiente degli abitanti. Da qui, nonostante la presenza costante del fil rouge della casa come strumento dell’abitare in sé, anche l’inserimento di ulteriori attività che con l’abitare possono non solo interagire ma soprattutto ampliarne il significato.
The city is the casket where architecture resides and where it defines itself according to all the syllables that make up its meaning. It is impossible to think to have the knowhow of architecture and are able to make melody without knowing deeply the complex and multifaceted town meanings. The architectural grafts presented in the following pages try to tell about eleven stories, each one singular but all linked, witnesses of an imaginary reality that students, through their minds free from pre-construction, have devised by verifying their applicability, through direct site study, through the survey and the direct anthropological contact with vast and heterogeneous environment of the inhabitants. From here, despite the constant presence of the housing fil rouge as an tool of living in itself, the insertion of additional activities that with the housing could not only interact but especially expand the meaning of it.
i luoghi del progetto • michelangelo pivetta
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analogie e innesti| analogies and grafts Michelangelo Pivetta
Università degli Studi di Firenze Via Duomo Taranto, 2016
All’interno del profondo cretto che costituisce il disegno della Città Vecchia i solchi nello spesso carapace pietroso dell’isola, cesellati dal tempo e dall’azione umana, formano il sistema nervoso di questo corpo urbano. Uno dei tratti significativi che emergono da questo tessuto connettivo è la condizione del rapporto inverso tra massa degli edifici e gli interstizi e le strade che li alimentano. Le distanze sono annullate dalla germinazione autonoma e ormai storicizzata dell’edilizia secondo una regola piuttosto comune alle città del Mediterraneo. Gli edifici come un tessuto biologico sembrano riprodursi secondo logiche di autonomia rispetto ad un panorama architettonico altrove eterotomico. Non solo si riproducono ma anche determinano amputazioni e cicatrizzazioni che nel medesimo tessuto lasciano segni evidenti. Ma avviene anche qualcosa di ulteriore quando ci si accorge che l’ombra e non il sole, al contrario di quanto potrebbe essere atteso, è la vera discriminante nei volumi d’aria lasciati liberi dagli edifici. Un’ombra ideata nel progetto autonomo e spontaneo della città che appiana qualsiasi differenza cro-
In the deep cretto that forms the Old City’s design, the grooves in the rocky shell of the island, chiseled by time and human action, form the nervous system of this urban body. One of the significant traits that emerge from this connective tissue is the condition of the inverse relationship between the mass of buildings and the interstices and the roads that feed them. The distances are canceled by the autonomous and historical building germination according to a rather common rule in the Mediterranean towns. Buildings like a biological tissue seem to reproduce according to the logic of autonomy over an architectural landscape elsewhere heterotrophically. Not only they reproduce themselves but they also cure by amputations and scarring that make visible signs in the same tissue. But there is also something further when we realize that the shadow and not the sunlight, in contrast to what can be expected, is the real discriminant in the air volumes released from the buildings. A shadow conceived in the autonomous and spontaneous project of the city that faces any color difference, any form of mutation and formal revo-
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matica, qualsiasi mutazione e rivoluzione formale nel susseguirsi dei fronti. Questi, non più o difficilmente governati nel loro esprimersi attraverso la luce e quindi da quell’ombra che ne dovrebbe definire precisamente la forma, divengono i veri soggetti di un’architettura topografica e non più tipologica1, sublimando il concetto di scala e proporzione verso condizioni ulteriori, dove il rapporto con il mito viene svolto senza compromessi, in condizione di continua invenzione. Fatto questo peculiare dell’urbanità del Meridione dove il fattore di scala trascende le modalità di rapporto con il paesaggio, sia naturale che costruito, inseguendo un’autorità legata alla questione del rapporto tra l’ideale e le forma dove la molteplicità incostante e auto-riproduttiva dell’uno prelude alla sofisticata autonomia dell’altra. Così i bugnati divengono straordinariamente profondi, le cornici e le trabeazioni si configurano attraverso espressività sconosciute, gli archi nella loro declinazione aragonese ribassata contornano profonde cavità che attraggono verso ventri edilizi oscuri e ignoti. Archi gotici di notazione crociata si svelano nelle sezioni di edifici svelate dai crolli, misure geometriche perfette di unghie disegnate precisamente attraverso la composizione di conci escava-
lution in the fronts succession. These, no longer or hardly governed in their expression through the light and hence the shadow that should precisely define the form, become the real subjects of a topographical architecture and no more typological1, sublimating the concept of the scale and proportion to conditions, where the relationship with the myth is carried out without compromise, in the state of continuous invention. A fact, this peculiarity, of the South Italy where the scale factor transcends relationships with the landscape, both natural and constructed, pursuing an authority linked to the question of the relationship between the ideal and the form where the incoherent multiplicity and self-reproductive of the first prelude to the sophisticated autonomy of the second. Thus the ashlar become extraordinarily deep, the frames and the entablatures shapes through strange expression, the arches in their lowered Aragonese declination encircle deep cavities that attract to obscure and unknown building wombs. Gothic arches reveal themselves in the sections of buildings uncovered by collapses, perfect geometrical measurements of nails drawn precisely through the composition of block excavated directly from the spartan underground.
Purini F.2008, La misura italiana dell’architettura, Laterza, Roma, p. 66.
1 Purini F.2008, La misura italiana dell’architettura, Laterza, Roma, p. 66. (translation from italian edition).
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analogie e innesti • michelangelo pivetta
ti direttamente dalle latomie del sottosuolo spartano. Il colore, dove questo rimane nonostante l’abbandono è un linguaggio ulteriore. Le case divulgano la loro statura sociale attraverso la levigatezza e il pigmento della superficie delle proprie facciate. Il bianco della calce che semplicisticamente può determinare la memoria della città mediterranea, qui nella Città Vecchia, è prosaicamente relegato alle pur numerose case povere. La struttura dei lessici utilizzati in queste aree di progetto è quella della critica e della sovrapposizione, anche parassitica, lavorando su sintagmi architettonici tali da ricostituire, ove questo corpo ha già provveduto ad imperfette cicatrizzazioni, un dialogo di unitarietà anamorfica. Non semplici analogie ma re-interpretazioni analogiche di uno stato delle cose che difficilmente può rinnovare il proprio statuto architettonico privandosi al contempo della necessaria proposta di una radicale modernità critica. Regole, forme, tipologie, topografie son ri-editate in assemblaggi inediti ma silenziosamente noti secondo un metodo di scrittura veloce secondario solo alla porzione iniziatica, molto complessa, di conoscenza dei palinsesti all’interno dei quali sono contenute le pagine, cancellate, soppresse, del testo urbano. La Città Vecchia abbonda di brani frammentati di un complessivo testo architettonico pronto e disponibile ad essere ricomposto
The color, where it remains despite the abandonment, is a further language. Houses reveal their social stature through the smoothness and pigmentation of the surface of their façades. The white lime that can plainly determine the memory of the Mediterranean city, here in the Old City, is prosaically relegated to the many humble houses. The linguistic structure of the used vocabulary in these project areas is that of criticism and overlapping, even parasitic, by working on architectural syntax to rebuild, where this body has already performed imperfect scarring, an anamorphic unitarity dialogue. Not just analogies but analogue re-interpretations of as it is that can hardly renew their architectural status while depriving the necessary proposition of radical critical modernity. Rules, shapes, typologies, topographies are re-edited in original but quietly known assemblies according to a fast writing method secondary only to beginner part of knowledge of the palimpsest within which the pages are contained, deleted, abolished, of urban text. The Old City abounds with fragmented of a complete architectural text ready and available to be re-assembled according to its state of the previous landscape. The latomies, the stone, the narrow passages, the alleys, the fractures, the contiguities, the holes excavated in the full mass of the building are the available material. The word house is used in the widest sense and comprehensively in the reality of var-
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Case dei pescatori Vicolo San Gaetano, Taranto
secondo la propria condizione di paesaggio antecedente. Le latomie, la pietra, gli stretti passaggi, i vicoli, le fratture, le contiguità, gli antri scavati nel pieno della massa edilizia, i fuoriscala della Fortezza Aragonese, del Palazzo del Governo e delle navi militari alla fonda, sono il materiale a disposizione. Il termine casa è utilizzato nel senso più ampio possibile e comprensivo nella realtà di svariate funzioni suggerite dai programmi insediativi dell’Amministrazione, vagliati ed ampiamente corretti dalle necessità reali rilevate grazie ai cittadini che con iniziale diffidenza, successiva curiosità ed in fine sincero interesse hanno dischiuso i loro luoghi accompagnandoci per mano alla ricerca di ciò che potesse essere utile alla ri-composizione di quel ritratto di città necessario. L’uso del termine casa prelude ad un passaggio ulteriore rispetto alla superficiale lettura del termine in sé: casa qui è il luogo dell’abitare ma non solo nei termini funzionalistici che possono esprimere un ristretto ambito. Casa è ben altro, è il luogo della vita e dell’essere in senso umanistico e antropologico, dove il compiersi dell’agire umano in tutte le proprie forme, sociali e private trova luogo. Casa è la scena sulla quale la vita esibisce il proprio spettacolo, spesso drammatico, a volte tragico. Per questo motivo si è provato ad affrontare la questione del come mantenere ciò che ancora garantisce alla Città Vecchia una
ious functions suggested by the Municipality outlines, screened and widely corrected by the real needs detected by the citizens who with initial distrust, subsequent curiosity and at the end sincere interest, opened up their places accompanying us in search of what might be useful in re-composition of that necessary city portrait. The use of the term house prelude to a step further than the superficial reading of the term itself: house here is the place of living but not only in the functionalistic terms that can express a narrow scope. House is far more, it is the place of life and being in a humanistic and anthropological sense, where human action in all its forms, social and private, takes place. House is the scene on which life performs its, often dramatic, sometimes tragic, show. For this reason, we tried to deal with the question of how to maintain what still guarantees the Old City a life elsewhere in similar conditions that have already disappeared: the one-to-one axis between places of real housing and places of work for example. This often short-lived path, solved within a few meters of a room or passing from one courtyard to another, which, beyond the activities that can be found there, often illegal, keeps the interest of people about their places. So likewise the projects have been dialogue with this structure by proposing possible site use alternatives, where the work
analogie e innesti • michelangelo pivetta
vita altrove in condizioni analoghe già scomparsa: l’asse biunivoco tra luoghi dell’abitare veri e propri e luoghi del lavoro ad esempio. Un percorso questo oggi spesso brevissimo, risolto nei pochi metri di una stanza o nel passaggio da un cortile ad un altro, che al
could also (legally) propose itself in the past and new forms of a possible contemporaneity. From craft to student and tourist hospitality, to the prediction of places where younger generations, but not only, approve and identify themselves, could converge by conduct-
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Case D Posteria Via Nuova, Taranto
di là delle attività che vi si possono trovare, spesso illegali, mantiene fermo l’interesse della gente per i propri luoghi. Così altrettanto i progetti hanno dialogato con questa strutturazione proponendo alternative possibili di insediamento, dove il lavoro potesse proporsi (legalmente) anche nelle nuove forme della contemporaneità e delle vocazioni passate e future possibili. Dall’artigianato all’accoglienza studentesca e turistica, alla previsione di luoghi dove le generazioni più giovani, ma non solo, appropriandosene e identificandocisi, possano convergere svolgendo quegli impegni propri di una società civile, connotato di salubrità sociale. Contenitori per l’insegnamento, la creazione di un magazzino produttivo per la street art, cinema, teatro, palestre popolari, sono i soggetti ulteriori su cui si è soffermata l’attività compositiva al fine di trovare un luogo dove ciò che non avviene o avviene destrutturato possa identificarsi all’interno di un contesto architettonico. In definitiva il sogno perseguito è quello di un possibile cambio di pelle di questo corpo, pur mantenendone la struttura ossea, meditando su tutti i valori presenti e sul modo in cui questi dovranno trovare luogo e riemergere nel futuro.
ing those commitments of a civil society, a mark of social harmony. Places for the teaching, the creation of a creation warehouse for street art, cinema, theater, and popular gyms are the additional subjects on which the design activity has been focused in order to find a place where what does not happen or happens without form could identify itself within an architectural context. Finally, the dream of a possible skin change of of this body, while maintaining its bone structure, meditating on all the present values and how it shall be and reemerge in the future.
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Case di Costa
Tra via Cariati e la Chiesa di San Giuseppe
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Case di Costa il ‘basamento’ della parte bassa su cui ‘poggia’ la parte alta della Città Vecchia visto da Mar Piccolo, Taranto
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Sintesi Il progetto vuole portare in sé l’anima della città: i vicoli che soffocano e che allo stesso tempo invocano sempre il mare. L’indagine sulla stereotomia conduce alla necessità di comprendere le modalità con cui i linguaggi della composizione reiterano le radici più remote del costruire. Il quadrato tridimensionale, il cubo, è un carattere basilare dell’alfabeto delle forme della composizione: con la propria complessa semplicità partecipa alla costruzione di una sintesi fino alla definizione di unità compositive tridimensionali moltiplicabili e aggregabili. Qui due cubi definiscono l’involucro geometrico, in alternanza l’uno all’altro. Traslano in altezza rimanendo sospesi su un piano terra svuotato, spazio pubblico compresso e definito, come i vicoli della Città Vecchia. Il cubo di mare, massivo con i suoi fronti intagliati è il pensiero, l’altro la sua critica, la sua rovina. I ballatoi svolgono la funzione di cucitura fra i due volumi disegnando uno spazio intermedio fra il pubblico e il privato. Nella risultanza, il vuoto centrale vuole essere uno spazio a vocazione teatrale. Salendo di quota la sfocata lontananza dell’orizzonte sfuma nella nitidezza del Mar Piccolo e al piano attico, rinnovato spazio collettivo, la compressione svanendo lascia spazio soltanto alla luce.
The design wants to bring inside itself the soul of the city: the alleyways that suffocate and at the same time always invoke the sea. The investigation about stereotomy leads to the need to understand the ways in which languages are born in their most remote roots. The three-dimensional square, the cube, is a particularly precious character of the alphabet of the composition forms: with its complex simplicity, participates in the construction of a synthesis to the definition of three-dimensional multiplicable and aggregable compositive units. Here, two cubes define the geometric casing, alternating one to the other. They move uphill and remain suspended on a ground floor emptied, crowded and defined public space, such as the Old Town alleys. The sea cube, massive with its carved faces is thought, the other is its criticism, its ruin. The balconies perform sewing function between the two volumes defining an intermediate space between public and private. In the result, the central empty space wants to have a theatrical vocation. Going up the blurred horizon distance blend in the sharpness of the Mar Piccolo and the penthouse, renewed collective space, the fading compression leaves room only in the daylight.
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studenti:
Martina Ancillotti Mattia Baldini Mikhail Fabiani
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Sipario La traslazione di alcuni elementi ricorrenti nel lessico della Città Vecchia è il tentativo alla base di questo progetto. Tra questi il vuoto come luogo che si definisce per interiorizzare e fare proprio l’ambiente circostante, per realizzare zone di relazione urbana. Nella Città Vecchia, in particolare nella porzione che guarda al Mar Piccolo, è evidente l’abbandono dell’Architettura come soluzione dei fatti urbani. Il fronte a mare si impone con la continuità del suo malessere, con la ripetizione ossessiva di uno stesso modulo architettonico del quale il progetto qui vuol divenire porzione alternativa. La sezione longitudinale è caratterizzata da tre moduli autonomi, ognuno dei quali ad ogni piano è composto da un’unità abitativa affiancata da un proprio blocco servizi. Il sipario posto come fronte effimero dell’edificio, svincola la macchina dell’abitare dalla logica di facciata etimologicamente così ricorrente nella Città Vecchia. Il piano terra dell’edificio è un mercato: un ambiente aperto, libero, intervallato soltanto da scale per accedere alle abitazioni. Luogo del lavoro per gli abitanti del medesimo edificio. Accessibile a tutti, al piano attico è situata una terrazza, in parte coperta e disponibile ad essere ritrovo, stenditoio, belvedere su mare.
The translation of some recurring elements in the Old City language is the underlying attempt at this concept. Among them, the empty space as a place that is defined to internalize and to do just the surrounding environment, to create urban relationship. In Old City, in particular the front facing the Mar Piccolo, the abandonment of Architecture as a solution to urban events is evident. The waterfront with the continuity of its malaise, with the obsessive repetition of the same architectural form of which the project here wants to become an alternative portion. The longitudinal section is characterized by three autonomous modules, each of which on each floor is made up of a housing unit side by side with its own service block. The curtain placed as a false front of the building, releases the housing machine from the ephemeral logic of the etymologically so recurring facade concept in the Old City. The ground floor is a market: an open space, interrupted only by stairs to access to the houses.This is a place of work for the inhabitants of the same building. In the attic floor, accessible to everyone, there is a terrace, partly covered and available to be a meeting place, a drying room, a overlook to the sea.
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Giulia Giannetti Virginia Marini Viola Mugnai
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Misure L’Architettura ha bisogno di misura. A pochi metri di distanza dall’area, svettano le due colonne doriche del tempio greco di Poseidone; sentinelle possenti e maestose, vigilano sulla composizione, regolandola attraverso misure e rapporti. L’impianto del tempio viene ripreso nelle geometrie del progetto. La maglia così composta regola anche l’alzato mediante multipli e sottomultipli. Il frammento fornisce la misura del tutto. Taranto è una città di scavo da qui un progetto che si possa rivelare anche per sezione. Un parallelepipedo scavato da arcovoli, il prospetto diviene così vera e propria sezione, tale da disvelare la struttura. Lo stilema dell’arco è suggerito dalla stessa Città Vecchia dove si ripete più volte. La strada, scenario quotidiano della sua vita collettiva, viene accolta, integrata nell’edificio. Lo spazio coperto diviene filtro tra l’accentuata assialità delle vie tarantine e la profondità della piazza che si apre verso il mare, spazio di aggregazione pubblica che introduce il dialogo con la scena della città. L’edificio scenografico al limite della piazza ha funzione pubblica ed espositiva, è scena. Parzialmente ipogeo, la sua copertura diviene propaggine della gradonata che degrada verso il mare.
Architecture needs measures. Few meters away from the area, the two Doric columns of the Greek temple of Poseidon stand; mighty and majestic sentinels, watch over the design, ruling it through measures and relationships. The temple plan is resumed in the design geometries. The grid composed by it also rules the fronts by multiples and sub-multiplexes. The fragment provides the whole measure. Taranto is a city of excavation from here the idea of a project that can be revealed by section. A parallelepiped excavated by arcovoli, the front becomes in this way real section that reveals the structure. The manner of the arch is suggested by the same Old City where it is repeated several times. The street, the daily scenario of its collective life, is integrated into the building. The covered space becomes a filter between the accentuated axiality of the alleys of Taranto and the depth of the square that opens itself to the sea. A public aggregation space that introduces the dialogue with the city scene. The scenic building at the edge of the square has public and exhibition function, it is an another scene. Partially underground, its cover becomes the slope of the staircase that runs down to the sea.
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studenti:
Jessica Russotto Gianluca Stefanini
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Scavo In questa ricerca della mediterraneità risulta imprescindibile correlare quell’interno ed esterno che costituiscono insieme lo spazio architettonico. Taranto, città monolitica, scolpita dalla luce e corrosa dal tempo suggerisce l’operazione di scavo della materia, vero testo nel quale rileggere il progetto. Lo spazio non è altro che materia da elaborare: dalla massa compatta, dal blocco litico, primigenio, al suo scavo per lasciar luogo ad ambienti inediti. Il vuoto è inteso come il luogo delle relazioni, la dimensione all’interno del quale si svolge la vita dell’uomo. Questo tipo di spazi scavati, definiti da una logica di continuità, ripropongono soluzioni note nella tavolozza urbana della città. Il vuoto è da abitare oltre ad essere luogo di passaggio tra la condizione della strade quella della casa. Questa tensione è amplificata nel progetto dalla presenza di uno spazio ulteriore: un terrazzo che diviene sorta di palco dal quale assistere e prendere parte alla vita che si svolge nella strada sottostante. La scalinata su cui è addossato l’edificio, che comunica con la terrazza, è parte integrante del progetto e assottiglia il confine indefinibile tra il dentro e il fuori. La facies materica dei volumi manifesta le loro qualità scultoree: le bianche sagome di calce si stagliano dal giallo del càrparo.
In this investigation, it is indispensable to correlate that interior and exterior that together made the mediterranean architectural space. Taranto, monolithic city, sculptured by light and corroded by time, suggests the way of excavation of matter, a true text in which to reread the design concept. Space is nothing more than a matter to be processed: from compact mass, from lithic block, primogenous, to its excavation to give way to unprecedented spaces. Empty space is understood as the place of relationships, the dimension within the man’s life takes place. This kind of excavated space, defined by a logic of continuity, repossesses well-known solutions in the urban palette of the city. The space is to be lived in addition to being a place of transition between the streets and houses. This tension is amplified in the design by the presence of a further space: a terrace that becomes a sort of stage from which to attend and take part in the life that takes place in the street below. The stairway on which the building is tied, that communicate with the terrace, is a part of the design and tapering the indefinable boundary between the inside and the outside. The look of the volumes reveal their sculptural qualities: the white plaster shapes stand out from the yellow of the càrparo sandstone.
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studenti:
Clelia Nanni Paola Orlando Beatrice Viotti
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Tra Posteria via Nuova e via di Mezzo
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Un Muro Un muro si pone come elemento di mediazione e ricucitura tra il costruito circostante e il progetto. Nel disegno vi è la volontà di attuare la conservazione dei connotati del paesaggio urbano: bianchi erano i prospetti delle vecchie case dei contadini del mare, rivestiti di calce, un tempo candida oggi ricoperta da una patina grigia indice di quel senso di resa proprio dello stato in cui Taranto giace. A fronte di questa perduta cognizione di identità la nuova bianca cortina muraria vuole suggerire familiarità e rinnovata riconoscibilità. Attraverso questi prospetti il progetto si relaziona con l’intorno assumendo la funzione di quinta teatrale. Laddove non vi è possibilità di restauro ma è concretizzata la necessaria demolizione, vi è l’intenzione di conservare le giaciture degli edifici di Via Nuova. Le preesistenze sono chiamate a fornire le fondamenta fisiche del progetto in cui memoria e futuro si fondono intrecciandosi a delineare una bellezza nuova. Oltre la ricomposizione del palinsesto prospettico il sistema abitativo si sviluppa per corpi indipendenti ma connessi da un sistema di ballatoi in modo che luoghi dell’abitare, del lavoro e dei servizi urbani possano coesistere distinti ma partecipando al medesimo sistema insediativo.
A wall stands as an element of mediation and mend between the surrounding area and the design concept. In the design there is the will to implement the preservation of the features of the urban landscape: white were the fronts of the old houses of the sea peasant, lined with pure white plaster in the past, now covered with a gray glaze mark of that sense of give up of Taranto. Against this lost identity cognition, the new white wall curtain wants to suggest familiarity and renewed recognizability. Through these fronts the design relies around the circle assuming the theatre stage function. Where there is no possibility of restoration, but the necessary demolition is concretized, there is the intention to preserve the old footprints of Via Nuova. Pre-existences are called upon to provide the physical foundations of the design in which memory and future merge interspersed to delineate a new beauty. Apart from reconciliation of the prospective palimpsest, the housing system is developed for independent blocks but connected by a system of balconies in the way to allow places of living, work and urban services to coexist clear but participating in the same settlement.
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Marta Galletti Maria Chiara Masetti
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Il Teatro La piazza è un vuoto nel fitto tessuto urbano, un luogo di riposo, di svago e di socializzazione in un contesto in cui questi spazi sono assenti. Luogo dell’incontro, dello scambio e della quotidianità dove cultura e storia, simboli e tradizioni, rivivono in una forma armonica. Il fruitore della piazza è avvolto dagli edifici circostanti. Il suo sguardo è vincolato. La percezione prospettica forza lo sguardo attraverso la facciata, verso il teatro. Analogamente, dal teatro lo sguardo è diretto verso la piazza, creando uno spazio unico e bidirezionale, in cui una parte è il completamento dell’altra. La facciata preesistente riassume la storia della Città Vecchia, che prepotentemente si inserisce nel nuovo, a testimoniare il legame indissolubile tra il popolo e la propria terra. Non quindi una spasmodica ricerca di un possibile futuro, non una classificazione del passato come un tempo lontano e irrecuperabile, bensì una manifestazione del presente. Monumentale frammento che si erge isolato nello spazio e diventa protagonista, rendendo il progetto un organismo unico fungendo da scena per entrambe le parti. Il teatro si propone come luogo in cui possano svolgersi innumerevoli attività. È una costruzione costantemente aperta, fruibile da chiunque in qualsiasi momento. Un cantiere aperto appartenente in ogni sua parte alla società tarantina. La scelta di uno spazio aperto è conseguente
The square is empty in the dense urban texture, a place of rest, leisure and socialization in a context where these spaces are missing. Place of meeting, exchange and everyday life where culture and history, symbols and traditions, live in a harmonious way. The square’s user is surrounded by buildings. His gaze is bound. Perspective perception spins through the fronts, towards the theater. Similarly, from the theater, the look is directed to the square, creating a unique and bidirectional space, in which one part is the completion of the other. The preexisting front summarizes the history of the Old City, which is predominantly part of the new, witnessing the indissoluble link between the people and their land. Not a spasmodic quest for a possible future, not a classification of the past as a long and unrecoverable time, but a manifestation of the present day. Monumental fragment that is isolated in space and becomes a protagonist, making the design a single body acting as a stage for both sides. The theater is a place where countless activities can take place. It is a constantly open building, accessible to anyone at any time. An open construction site belonging to the people in all its parts. The choice of an open space is due to the fact that the design fits into an already saturated urban context. Entering unexpected public and collective functions within
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al fatto che il progetto si inserisce in un contesto urbano già saturo. Inserire inaspettate funzioni pubbliche e collettive all’interno di un tessuto urbano marginale e quasi completamente privato offre la possibilità di donare alla collettività spazi e luoghi inaccessibili. Linguisticamente il progetto riprende il carattere di massività e solidità tipica delle abitazioni tarantine: appare all’esterno come un unico volume, intagliato da brecce controllate. La monumentale scalinata che si interpone fra i due corpi del teatro è un’ideale prosecuzione del vicolo che ha origine in Via Duomo. L’affaccio sul mare alla stessa quota di Via Duomo garantisce una prospettiva continua lungo il percorso: un percorso che non altera l’originale tessuto degli stretti vicoli in modo da mantenere lo stretto legame prospettico tra la città e il mare.
a marginal, almost completely private urban texture offers the opportunity to donate to the community inaccessible spaces and places. The concept resumes linguistically the character of massiveness and solidity typical of the Old City housing: it appears on the outside as a single volume, carved by controlled breaches. The monumental staircase, interfering between the two bodies of the theater, is an ideal continuation of the alley that originates in Via Duomo. The sea view at the same section of Via Duomo dues a continuous perspective along the path: a path that does not change the original pattern of narrow alleys in order to maintain the close prospective connection between the city and the sea.
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studenti:
Matteo Faceti Simone Palmieri Debora Simeone
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Faro L’obbiettivo iniziale è quello di rispondere alle necessità delle nuove generazioni: una biblioteca per giovani, ambiente libero e flessibile, luogo di studio e di crescita, ma anche punto di riferimento sociale, incontro e svago anche per generazioni trasversali d’età. Di fronte alla biblioteca, un teatro all’aperto, costituito solamente da due pareti e protetto sui lati rimanenti dagli edifici esistenti. Creare una nuova zona pubblica, che faccia respirare l’agglomerato di edifici chiuso su se stesso. Il piccolo teatro è risultato dello svuotamento di un antico palazzo in rovina mantenendo due pareti perimetrali. Sui lati esterni le antiche pareti mantengono tutti gli elementi della tradizione costruttiva. Balconi, davanzali e finestre, privati della loro funzione originaria, congelano i loro dettagli e la loro disposizione, inquadrando il cielo. All’interno, collegato solo dal vuoto delle stesse aperture, le nuove controfacciate parlano un linguaggio matericamente contemporaneo e contrappongono alla complessità formale delle facciate esterne un linguaggio pressoché muto. Un basamento pieno, estruso esattamente sul sedime della vecchia preesistenza, si imposta come base per una teca, nuovo faro verso il limite finito del Mar Piccolo.
The starting goal is to respond to the needs of the new generations: a library for young people, a free and flexible space, a place to study and to grow, but also a social, meeting and leisure point for cross-generations of ages. Opposite the library, an open-air theatre, consisting only of two walls and protected on the remaining parts of existing buildings. Create a new public area that breathes the agglomeration of closed buildings on itself. A small theatre was the result of the emptying of an ancient ruined palace, keeping two perimeter walls. On the outside, the ancient walls retain all the elements of the building tradition. Balconies, windowsills and windows frames, deprived of their original function, freeze their details and their arrangement, framing the sky. Inside, connected only by the space of the same openings, the new fronts speak a contemporary language of materials and contrast to the formal complexity of the exterior fronts silent language. A full basement, extruded exactly on the old pre-existence boundary, is set as the stand for a showcase, a new lighthouse towards the finished limit of the Mar Piccolo.
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studenti:
Marta Goracci Andrea Martini Marco Petretti
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Muri Dipinti Questa città ha una sua fantasia, ha un carattere pieno di spigoli, fatto di rovine e di un crollo lento e orgoglioso che si insinua in ogni crepa nella roccia, in ogni finestra rotta, nella ruggine e nella polvere. Un carattere che nelle fantasie dell’arte di strada si svela. Per questo tale arte diviene il soggetto di questa prosa. Un elemento muto veste il ruolo di protagonista su questo palcoscenico disegnando la geometria del luogo come un innesto nella città. Un contenitore per la street art forse sarà in grado di portare a galla una cultura diffusa ma ancora underground già ovunque protagonista dei vicoli. Ciò che è mantenuto delle rovine sono i muri perimetrali che ora fungono da recinto. Essi stabiliscono le geometrie e le regole spaziali, mantenendo salda la contiguità parassitaria con la Città Vecchia. L’alternanza di pieni e vuoti costituisce due spazi analoghi per forma e dimensioni, ma profondamente diversi. Il primo è una piazza a cielo aperto, in pendenza, il secondo un pieno scavato. Nessuna apertura ad eccezione del pertugio di ingresso. Un terzo spazio è dedicato agli allestimenti e alle mostre della scuola; un ambiente ipogeo che sfrutta l’inclinazione del piano esistente facendosi teatro.
This city has its own fantasy, its character is full of edges, made by ruins and a slow and proud collapse that creeps in every crack in the rock, in every broken window, in rust and dust. A character that unfolds in the fantasy of street art. This is why this art becomes the subject of this prose. A mute element plays the leading role on this stage by designing the geometry of the site as a graft in the city. A container for street art will perhaps be able to spark a widespread but still underground culture wherever the streets of the alleys are. What is kept of the ruins are the perimeter walls that now act as a fence. They establish geometry and space rules while maintaining the parasitic contiguity with the Old City. The alternation of full and empty forms two similar spaces by form and size, but profoundly different. The first one is an openair square, sloping, the second a block excavated. No opening except for the entrance narrow opening. A third space is dedicated to school outfitting and exhibitions; an ipogeous space that exploits the inclination of the existing flat becoming a theatre.
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Francesca Foroni Arianna Giulianelli Vittoria Panullo
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Nuova Stoà L’area adiacente alla scalinata di Via Nuova che da Via Duomo scende verso il mare sagomando lo spazio con la sua irregolarità. Massivo, l’antico palazzo nobiliare la comprime nella sua ombra. È lungo questa scala, riscrivendo il tracciato e la misura delle preesistenze demolite ma allo stesso tempo denunciando la sua nuova geometria, che si genera il progetto della nuova residenza universitaria. Edificio pensato per assecondare la volontà, già attuata, di rinascita della Città Vecchia attraverso la traslazione, all’interno dell’isola, di un nuovo polo Universitario, tra le mura di un antico convento. Una grande piazza, a metà scalinata, tiene insieme nella sua geometria i due nuovi edifici, la residenza universitaria e la mensa a monte, biblioteca e auditorium a valle, orientati verso il mare. Due distinti elementi compositivi che dialogano tra sé e con la città attraverso la propria massa volumetrica creando un ulteriore spazio urbano riedizione a misura di quelli che già disegnano il corpo della città. La massa dei volumi modifica la propria materia nel verso della contemporaneità non più espressa quindi attraverso la pietra ma con il calcestruzzo. Una nuova stratificazione della città che con i suoi fronti muti vuole essere nuovo parametro.
The area next to Via Nuova staircase from Via Duomo goes down to the sea shaping the space with its irregularity. Massive, the ancient aristocratic palace compresses it in its shadow. It is along this stair, rewriting the track and the measure of demolished preesistences but at the same time denouncing its new geometry, that the concept of the new university residence in caused. A building designed to support the already-revived Old City through the translation, inside the island, of a new university pole, between the walls of an ancient monastery. A large square encloses in its geometry the two new buildings, up the university residence and the dining hall, and down the library and the auditorium, facing the sea. Two different elements that communicate between themselves and with the city through its volumetric mass, creating a further urban space new issue of those that already draw the body of the city. The mass of volumes modifies their matter in the direction of contemporaneity no longer expressed through stone but with concrete. A new stratification of the city that with its mute fronts wants to be a new parameter.
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Luciano Giannone Jacopo Lorenzini Federico Molendi
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Verso San Cataldo una sosta in vicolo Serafico
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Per Mimesi Mimesi come scelta di interazione con il tessuto esistente interagendo con forme e misure della città cristallizzando il limite della preesistenza. Il risultato è un blocco in grado di confondersi con gli edifici circostanti mantenendo silenziosamente la propria identità. Muovendosi attraverso una griglia dimensionale si è attivato un processo di scavo all’interno della massa volumetrica data dall’estrusione dei limiti planimetrici. Ciò che all’esterno ripropone la massa volumetrica della città internamente nasconde un complesso sistema distributivo e connettivo. Ogni piano risulta scavato da tortuosi corridoi che simulano i vicoli della Città Vecchia e fungono da collegamento tra i blocchi. Al piano terra sono presenti laboratori d’arte, luoghi del lavoro e spazi sociali. Le abitazioni, ai piani superiori, si distribuiscono internamente attraverso logiche complesse che rievocano le connessioni spontanee presenti nelle abitazioni della Città Vecchia. In quota la copertura offre un ultimo livello di lettura che snodandosi nella massa muraria ripropone le consuete terrazze degli edifici storici dalle quali si può godere delle qualità di uno spazio ulteriore e inatteso.
Mimesis like the choice of interaction with the existing pattern, interacting with forms and measures of the city, crystallizing the limit of pre-existence. The result is a block that could be confused with the surrounding buildings while silently maintaining its identity. Moving through a dimensional grid has been activated a excavating process inside the volumetric mass given by the extrusion of the planimetric boundaries. What from outside proposes again the volumetric mass of the city, internally hides a complex distribution and connective system. Each floor is excavated by winding corridors that simulate the Old City alleys and serve as a link between the blocks. On the ground floor there are art workshops, places of work and social spaces. Houses, on the upper floors, are distributed internally through complex reasonings that recalls the spontaneous connections found in Old City housing. The height of the roof offers a last level of reading that winds up in the massive wall reposing the usual terraces of historic buildings from which one can enjoy the qualities of an additional and unexpected space.
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Irene Giani Alice Giordano Chiara Livi
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Soglie Inedite La reinterpretazione tipologica del concetto di soglia è origine di questo disegno definendo in via sperimentale inediti limiti (per il luogo) tra pubblico e privato. Mantenendo gli ingombri delle rovine che oggi giacciono nell’area si ridisegnano i limiti attraverso la loro ridefinizione geometrica creando nuovi spazi di relazione tra gli edifici esistenti. Il progetto affronta il problema dell’ospitalità temporanea di tipo turistico, liberandosi in qualche modo delle necessità proprie dell’abitare collettivo individuando nella frammentazione in blocchi distinti una propria via alla necessaria individualità formale. Il muro come limite e soglia, la deformazione planimetrica come presa d’atto di una propria fragile identità. Fronti diversi in cui la casualità controllata delle aperture può lasciare improvvisamente posto a sorprendenti sventramenti. Così i prospetti svuotati sveleranno il meccanismo interno degli edifici, lasciando trapelare la loro natura funzionale. Il programma abitativo si sviluppa in tre piani in cui le piante sfalsate accolgono diverse tipologie e si conclude anche qui con una terrazza o chambre à ciel ouvert, disponibile a divenire ciò che ognuno vorrà.
The typological reinterpretation of the concept of the limit is the origin of this design by defining in an unprecedented experimental boundary (for the place) between public and private. Keeping the bulk of the ruins that lie today in the area, the limits are redesigned through their geometric redefinition, creating new relationships between the existing buildings. The design deals with the problem of temporary tourist hospitality, freeing, in some way, the needs of the collective housing by identifying in its separate blocks its own path to the necessary formal individuality. The boundary wall as the limit, the planimetric deformation as the act of its own fragile identity. Different fronts in which the restrained casualty of the openings could suddenly leave unexpected breachings. So the emptied fronts will reveal the internal mechanism of the buildings, letting their functional nature leap down. The housing program spreads over three floors where the staggered plants welcome different typologies and ends, also here, in a terrace or a chambre à ciel ouvert, available to become what everyone will want.
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studenti:
Francesca Manfreda Matilde Ragazzini
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bibliografia
Bibliografia specifica | profilo storico e architettonico AAVV 1983, La città al borgo. Taranto fra ’800 e ’900, Mandese, Taranto. AA.VV 1986, Taranto. Da una guerra all’altra, Mandese, Taranto. AAVV 1992, Il castello di Taranto immagine e progetto, Catalogo della mosta documentaria, Galatina. Carducci C. 1771, Delle delizie tarantine di Tommaso Nicolò D’Aquino, Stamperia Raimondana, Napoli. Cippone N. 2006, Taranto il borgo prima del borgo, Edizioni Archita, Taranto. De Luca P. 1998, Il Centro Storico di Taranto — l’isola, Scorpione editrice, Taranto. De Vincentiis D.L. 1878, La storia di Taranto, Tipografia S. Latronico, Taranto. Gagliardo G. 1811, Descrizione topografica di Taranto, Tipografia A. Trani, Napoli. Giovine G. 1589, De antiquitate et varia tarentinorum fortuna, Horatzium Salvianum, Napoli. Merodio A. 1680, Istoria tarantina raccolta da molti scrittori antichi e moderni, e fedelissimi scrittori, manoscritto, Napoli. Morelli G.P. 1623, Compendio della descritione dell’antica e fedelissima città di Taranto, Ed. I. Valery, Trani. Pacichelli G.B. 1703, Il Regno di Napoli in prospettiva divisa in dodici provincie, Ed. Mutio & Parrino, Napoli. Peluso G. 2009, Storia di Taranto, Scorpione Editrice, Mottola. Pignatelli F. 2012, Il progetto dello scarto, Maggioli editore, Milano. Porsia F., Scionti M. 1989, Le città d’Italia: Taranto, Laterza, Bari. Ricci F. 2012, Francesco di Giorgio e il Castello Aragonese di Taranto, Scorpione editrice, Taranto. (Von) Salis (De) Marchlins C.U. 1906, Nel Regno di Napoli. Viaggi attraverso varie provincie nel 1799, Vecchi Editore, Trani. Speziale G.C. 1930, Storia Militare di Taranto negli ultimi cinque secoli, Laterza e Figli, Bari.
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Letteratura specifica | profilo scientifico Ciaranfi N., Pieri P., Ricchetti G. 1988, Note alla carta geologica delle Murge e del Salento (Puglia centromeridionale), «Memorie Società Geologica Italiana» n. 41, pp. 449-460. Coordinatori del Manifesto della Città Vecchia (a cura di) 2015, Manifesto della Città Vecchia e del Mare, Comitato per il Manifesto della città Vecchia e del Mare, Taranto. ITACA — Istituto per la trasparenza l’aggiornamento e la certificazione degli appalti, Valutazione della sostenibilità ambientale protocollo itaca sintetico edifici residenziali, Le Aree di Valutazione e le Schede, Aggiornamento 2, Roma, 11 aprile 2007. Bibliografia generale Abalos I. 2009, Il buon abitare. Pensare le case della modernità, Christian Marinotti Edizioni, Milano. Ballard J.C. 2007, Il Condominio, trad. di P. Lagorio, Feltrinelli, Milano. Blaser W. 1991, Mies van der Rohe, Zanichelli, Bologna. Boeri S. 2011, L’anticittà, Laterza, Bari. Branzi A. 2003, Verso una modernità debole e diffusa, Skirà, Milano. Cacciatore F. 2008, Il muro come contenitore di luoghi. Forme strutturali cave nell’opera di Louis Kahn, LetteraVentidue, Siracusa. Campo Baeza A. 2012, L’idea costruita, LetteraVentidue, Siracusa. Castrignanò M. 2004, La città degli individui: tra crisi ed evoluzione del legame sociale, Franco Angeli, Milano. Corbellini G. 2012, Housing is back in town, LetteraVentidue, Siracusa. Cornoldi A. 1994, L’architettura della casa, Jaca Book, Milano. De Pasquale G. 2016, Viaggio nel Mediterraneo, LetteraVentidue, Siracusa. Espuelas F. 2004, Il Vuoto, Christian Marinotti Edizioni, Milano. Grassi G. 2008, La costruzione logica dell’architettura, Franco Angeli, Milano. Heidegger M. 2011, Essere e Tempo, Mondadori, Milano. Heidegger M. 1995, Lettera sull’Umanismo, Adelphi, Milano. Loos A. 1992, Parole nel vuoto, Adelphi, Milano. Mantese E. 2011, Abitare con. Ricercario per un’idea collettiva dell’abitare, Canova, Treviso. Martí Arís M. 2002, Silenzi eloquenti, Christian Marinotti Edizioni, Milano. Martí Arís M. 2007, La centina e l’arco, Christian Marinotti Edizioni, Milano. Molinari L. 2016, Le case che siamo, Nottetempo, Milano. Mumford L. 1997, Storia dell’Utopia, Donzelli Editorie, Roma. Norberg-Schulz C. 1984, L’abitare, l’insediamento, lo spazio urbano, la casa, Electa, Milano.
bibliografia
Piovene G. 1966, Viaggio in italia, Arnoldo Mondadori, Milano. Purini F. 2000, Comporre l’architettura, Laterza, Bari. Purini F. 2013, Sette tipi di semplicità in architettura, O. Amaro (a cura di), Libria, Vico Villafranca. Quaroni L. 2001, Progettare un edificio. Otto lezioni di architettura, Edizioni Kappa, Bologna. Rossi A. 2011, L’architettura della Città, Quodlibet, Macerata. Scarano A. 2006, Identità e differenze nell’architettura del Mediterraneo, Gangemi, Roma. Taut B. 1983, Costruire: la nuova edilizia abitativa, Zanichelli, Bologna. Venezia F. 1990, Scritti Brevi, CLEAN, Napoli. Vidler A. 2006, Il perturbante dell’architettura, Einaudi, Torino. Vitta M. 2008, Dell’Abitare, Einaudi, Torino.
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bibliografia
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taras. abitare la città vecchia • michelangelo pivetta Workshop Taranto 158 5-8 novembre 2015
Un sentito ringraziamento a tutti gli studenti senza la cui curiosità e dedizione questa ricerca non sarebbe stata possibile
Giovanni Fabbri Stefania Schirò Chiara Vulcano Anna Zampolli
Allegra Meucci Andrea Martini Marta Goracci Marco Petretti
Elia Iozzelli Giovanni Favilli
Morgana Hipòlito Fabiana Mazzante
Andrea Pierozzi Riccardo Panichi Lidia Quarantini
Luciano Giannone Federico Molendi Jacopo Lorenzini
Francesca Manfreda Matilde Ragazzini
Clelia Nanni Paola Orlando Beatrice Viotti
Giada Germanà Alessandro Rappuoli
Arianna Giulianelli Francesca Foroni Vittoria Pannullo
Matteo Faceti Debora Simeone Simone Palmieri
Jessica Russotto Gianluca Stefanini
Daniele Iacobucci Vittoria Ghiselli Francesco Gugliotta
Roberto Miglionico Enrico Lamacchia Federica Mazzaglia
Camilla Soldani Lorenzo Malasoma
Alice Giordano Irene Giani Chiara Livi
Luigi Marri Giulia Michelini Carlotta Roselli
Marina Dominguez Nariana DeFilippo Felipe Chagas
Marta Galletti Maria Chiara Masetti
Sara Fiorani Micheal Marcucci Claudia Giordano
Matteo Fancello Giacomo Gargiulo
Sara Ferretti Sara Gavazzi
Laura Fideli Matilde Ivagnes Agnese Trincia
Giulia Giannetti Virginia Marini Viola Mugnai
Federico Noli Tomaso Pistolesi Gregorio Ninci
Elisa Mazzoni Francesca Giachini Laura Mannucci
Gianluca Fenili Marco Franchini Giorgio Ghelfi
Tommaso Pallari Andrea Valentini Simone Venturelli Martina Ancillotti Mattia Baldini Mikhail Fabiani Alexie Buti Enrico Capanni Margherita Di Nasso Valerio Antichi Rebecca Grazzini Stefano Leonardi
Finito di stampare per conto di didapress Dipartimento di Architettura UniversitĂ degli Studi di Firenze Giugno 2017
Taranto alla stazione ferroviaria sembra una città come tante, ma è ciò che avviene appena prima della fermata del treno che davvero impressiona. Le parole di Pasolini — a tale proposito — appaiono folgoranti quando nell’avvicinarsi alla città da ovest si determina perfettamente la comprensione dell’opera della mano industriale che ha plasmato la città che è, o per meglio dire, era. Il treno scorre lentissimo attraverso siti produttivi fuori scala rispetto al paesaggio che li circonda, intagliato invece, nella roccia e nel mare, con il cesello di un artista. Qui i contrasti del meridione mediterraneo trovano la loro epica consacrazione. Le emergenze architettoniche e sociali della Città Vecchia appaiono come concreta opportunità su cui tessere l’esperienza dell’abitare mediterraneo. Quei luoghi, le strade, i cortili, ci hanno insegnato molto e, pur nella difficoltà operativa, hanno formato un apparato di conoscenza di notevole spessore, realizzando quei principi di militanza e servizio a cui l’Architettura non può sottrarsi nel suo essere arte utile. La sintesi tra la constatazione della malattia e la folle propensione a dar retta al proprio eros creativo non permettono, a chi di Architettura si occupa o almeno tenta di occuparsi, di rimanere immobili, silenti.
Michelangelo Pivetta, laureato presso lo IUAV di Venezia con Franco Purini. Ricercatore e Dottore di Ricerca in Progettazione Architettonica dell’Università degli studi di Firenze. Docente nel Laboratorio di Progettazione dell’Architettura. Affianca alla didattica un’attività di ricerca che si concretizza in concorsi e progetti. Alcuni realizzati o in corso di realizzazione sono pubblicati in ambito nazionale e internazionale. Consulente Regione Veneto e ONU per progetti di recupero e sviluppo, scrive saggi e articoli.
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