Tessuto è Prato | Lisa Da Rold

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lisa da rold

Tessuto è Prato Trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci



tesi | architettura design territorio


Il presente volume è la sintesi della tesi di laurea a cui è stata attribuita la dignità di pubblicazione. “La tesi esplora un tema di riqualificazione di edificio industriale dismesso con particolare sensibilità e capacità immaginifica e matura proposizione progettuale anche a scala urbana e paesaggistica”. Commissione: Proff. L. Chiesi, M. De Santis, T. Matteini, A. Valentini, F. M. Lorusso, P. Di Nardo, R. Nudo, M. De Vita, M. Zambelli

Ringraziamenti Al Maestro Paolo Di Nardo, professore, relatore e amico, per avermi saputo trasmettere il suo entusiasmo coinvolgente e la sua passione instancabile. Alle mie persone, per essere il mio esercito quotidiano, le mie costanti, la mia forza più grande. Grazie.

in copertina Foto Area Ex Banci Memoria storica e elementi paesaggistici.

progetto grafico

didacommunicationlab Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze Susanna Cerri Federica Giulivo

didapress Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze via della Mattonaia, 8 Firenze 50121 © 2020 ISBN 978-88-3338-129-9

Stampato su carta di pura cellulosa Fedrigoni Arcoset


lisa da rold

Tessuto è Prato Trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’Area Ex Banci



Presentazione

Il progetto Tessuto è: Prato si muove all’interno di salti di scala che passano da quello territoriale, fino alla scala architettonica, all’interno di una ricerca culturale che riesca a valorizzare quello che già il Comune di Prato sta attuando e i possibili sviluppi futuri di attuazione di un programma operativo più ampio. La tesi quindi, al di là dell’ottimo risultato finale, si evidenzia soprattutto a livello metodologico dimostrando una maturità culturale che riesce a spaziare, attraverso differenti layer di intervento, nel rispetto delle azioni operative già in atto, ma con un orizzonte più ampio di posizione di futuri scenari ambientali e culturali nella città di Prato. L’indirizzo del Piano Operativo di interrare la declassata al fine della creazione di parchi cittadini strategici per una ricucitura nord e sud della città divisi dalla declassata è quindi diventata la spina dorsale di un progetto capace per osmosi di coinvolgere l’ex lanificio Banci, la connessione territoriale della Calvana e del Museo Pecci fondata sul rapporto a vocazione pubblica fra natura/costruito, la connessione culturale del museo diffuso e la vocazione sociale di coinvolgimento attraverso gli orti sociali e gli spazi di aggregazione. Ma l’aspetto maggiormente contemporaneo del progetto risiede nell’attuazione e soprattutto nell’ampliamento, delle indicazioni di Stefano Boeri e Stefano Mancuso per una città che accolga la sfida della ‘forestazione urbana’ e dei conseguenti ‘Green Benefit’. Ne nasce conseguentemente un ‘terzo paesaggio’ fatto di salti di scala e di temi culturali, in cui tutti i tasselli naturali e non contribuiscono alla definizione di una nuova città che ambisca ad essere il riferimento contemporaneo di valorizzazione di ciò che già esiste e che rappresenta la storia recente e passata di Prato accogliendo anche ciò che è stato rifiutato o abbandonato nel tempo come la ciminiera che viene valorizzata a ricordare la vocazione industriale e artigianale della ‘città delle cento ciminiere’. Infine l’architettura assume un ruolo strategico come volano di nuove interpretazioni funzionali ripristinando i volumi della ex Banci, episodio architettonico di spicco nel territorio pratese e metropolitano, noto per le influenze wrightiane e l’estroflessione verso la natura. L’ulteriore riprova della capacità di sintesi metodologica a tutti i livelli di intervento è rappresentata dal tema del Centro del Tessuto Contemporaneo inserito come ulteriore approfondimento della relazione del ‘fare’ e del ‘pensare’ pratese indirizzandolo verso l’aspetto del ‘design del Tessuto’ come ulteriore occasione di approfondimento delle radici culturali della città di Prato. Il sottotitolo del progetto in fondo dichiara, fin dall’inizio della sua lettura, l’intenzione e la capacità, visto il risultato finale, di riannodare ‘trama e ordito per la riqualificazione del paesaggio urbano dell’area Ex Banci’ dando nuovi spunti di riflessione concreti e attuabili pur riuscendo a lavorare all’interno di una ricerca in cui l’utopia possa dare linfa vitale alle idee di città contemporanea. Paolo Di Nardo Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze

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Area campione Viale Nam Dinh

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Area campione Tangenziale / Via Casale Fatticci

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PROGETTO Parco San Paolo

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Premessa Il Nuovo Piano Operativo

pagina precedente Ecologia 2 - La simbiosi ecologica Fonte: Barberis V., Cattaneo E., Prato Fabbrica Natura, Il Nuovo Piano Operativo, 2019, Skira, Milano in basso Timeline evolutiva del PO a Prato

Piano Regolatore Bernardo Secchi 1993-1996

Legge Regionale 5/1995 > adozione PO La Toscana è la prima regione italiana ad adottare il PO Percorso partecipativo 2015-2017

Adozione Nuovo Piano Operativo Il 7 Settembre 2018 Prato adotta il nuovo PO ai sensi della Legge Regionale 65/2014 ’Prato Fabbrica Natura’ Volume di racconto del PO, pubblicato nel Maggio 2019

Spunto di riflessione iniziale sulle tematiche progettuali è stato il nuovo Piano Operativo della città di Prato. Il Piano Operativo1 (PO) è lo strumento di pianificazione urbanistica le cui previsioni hanno una durata di cinque anni e stabilisce nel dettaglio dove, come e quanto intervenire nella trasformazione, valorizzazione e tutela del territorio comunale, partendo dalla visione generale di sviluppo sociale, culturale ed economico.

ne tra ecologia, tecnologia e ambiente antropico, sostituendo le logiche ecologiche a quelle urbane, inserendo Prato al centro delle tematiche attuali. Si costituisce così una nuova tecnologia della natura, tramite consulenze tra le quali quella di S. Mancuso sui ’Green Benefits’ e di S. Boeri sulla ’Forestazione Urbana’, ponendo così le basi dello sviluppo sull’ecologia, rispondendo alle sfide globali – climate change – e locali – benessere del cittadino –.

“Prato Fabbrica Natura, Il nuovo Piano Operativo” Il Piano Operativo trova la sua forma comunicativa attraverso un’attenta pubblicazione (Barberis V., Cattaneo E. C., 2019, Prato Fabbrica Natura, Il nuovo Piano Operativo, Skira, Milano) nella quale si racconta come la città di Prato, da sempre luogo di sperimentazioni urbane d’eccellenza (B. Secchi, 1993, Piano Regolatore), sia oggi un laboratorio permanente di strategie di rilevanza internazionale, dove la pianificazione, affiancata da un percorso partecipativo parallelo, inscrive Prato nella parentesi disciplinare del Landscape Urbanism. Del Landscape Urbanism il Piano Operativo raccoglie l’ibridazio-

I grandi obiettivi strategici Tra i sei grandi obiettivi strategici si trova il ’sistema della declassata’, ovvero l’arteria centrale di collegamento dell’area vasta, che oggi divide trasversalmente la città in Nord e Sud. Principale obiettivo del Piano Operativo è l’interramento della declassata, con creazione di un nuovo spazio pubblico, un parco urbano alla quota della città, dove possa svilupparsi la sinergia tra le scelte urbanistiche e le azioni mirate di marketing territoriale. Ed è proprio in questo obiettivo strategico che si inserisce l’area Ex Banci: l’obiettivo della ricerca progettuale di tesi è quindi quello di dare una risposta approfondita su questa area.

La regione Toscana è stata la prima Regione italiana ad adottare questo modello, con la Legge regionale n. 5 del 1995. Il nuovo Piano Operativo di Prato è stato adottato il 17 Settembre 2018, ai sensi della Legge regionale 65/2014.

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Tempo di fabbrica Storia dell’Area Ex Banci a Prato

pagina precedente Foto Lanificio Ex Banci Settembre 2015 in basso Walter Banci Fondatore e ideatore del lanificio

Tutta a Prato va a finire la storia d’Italia e d’Europa: tutta a Prato, in stracci (...) Per anni i pratesi han filato, tessuto, cardato gli stracci di Marengo, di Austerlitz, di Waterloo (...) È questo da tenere a mente: che Prato è città operaia, tutta operaia, la sola in Italia, che sia operaia da capo a piedi. (C. Malaparte, 1956) 1940-2020: 80 anni di storia che raccontano la vita di un uomo e di luogo, entrambi emblemi della storia della città di Prato. Abbattimento di frontiere culturali, viaggi oltreoceano, creazione di un sistema produttivo articolato, attenzione ai più contemporanei aspetti di una cultura ecologica e sostenibile: tali sono i temi chiave che caratterizzano la storia dell’Ex Lanificio Banci. Walter Banci Storia di un imprenditore - sognatore Walter Banci, giovane pratese dalle umili origini, decise di intraprendere la strada dell’imprenditore tessile1. L’inizio della sua fortuna si attesta agli inizi degli anni ’50, quando decise di

1 Nel 1949, insieme ad un amico fiorentino, divenne co-fondatore del lanificio pratese ’Star’, realizzato a partire da un motore a scoppio prelevato da un’automobile Fiat 501. La cooperazione non durò a lungo, in quanto il sentimento di devozione e sacrificio che caratterizzava la persona di Walter Banci non era condiviso con da i suoi collaboratori.

allontanarsi da casa e di voler girare il mondo, cogliendo il momento favorevole del mercato in cerca di occasioni speciali. Nel 1952 il grande salto: Walter Banci acquistò i 21 ettari e mezzo di terreno agricolo della Contessa Baciocchi Roselli del Turco di Firenze, che andavano dall’odierna questura fino a dove oggi sorge l’ex Lanificio Banci. Si trattava di un immenso podere agricolo che Walter Banci desiderava non esaurire di costruito, bensì di edificarne solo una ristretta porzione: l’obiettivo era quello di mantenere un sistema vegetativo articolato, formato da vivai e piantagioni in parte visibili ancora oggi. La natura, per Walter Banci, era vista come un’entità da proteggere, conservare, valorizzare, ricreare e con la quale costruire un legame in forte equilibrio. Walter Banci credeva fortemente che un ambiente esterno curato potesse migliorare il lavoro stesso, la produzione in ogni sua fase, la qualità della vita di chi ci avrebbe lavorato, con una visione estremamente evoluta per gli anni in oggetto e che anticipa alcune delle tematiche contemporanee più affrontate.

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Il progetto iniziale del quale rimane un plastico di studio è simile al progetto del Centro Ricerche Union Oil Company

Il progetto realizzato ha quantità di costruito inferiori rispetto a quanto previsto nel progetto iniziale

Porzioni ricostruite a seguito dei danni degli incendi

Il progetto architettonico Il bisogno di creare un forte legame con la natura, un organismo architettonico estroflesso verso la natura stessa, il grande sogno americano del self made man, dell’uomo che grazie alla sua volontà avrebbe potuto modificare il proprio destino: queste furono le suggestioni con le quali Walter Banci tornò in Italia e tra il 1952 e il 1962 costruì l’omonimo lanificio. Non una fabbrica classica quindi, ma un oggetto unico nel suo genere: spazi aperti e non luoghi angusti per lavorare, interconnessione all’ambiente esterno, smaterializzazione dei perimetri tramite l’utilizzo del vetro, utilizzo di pietra alberese locale in blocchi. Un gioco di similitudini architettoniche che ci ricordano l’architettura del Maestro F. L. Wright. Il progetto del Lanificio Banci prende spunto, infatti, dal progetto del Centro ricerche Union Oil Company che fu costruito a Brea, vicino a Los Angeles (California), progetto di ispirazione Wrightiana. La lungimiranza di Walter Banci, innata e arricchita dall’esperienza americana, fa sì che l’omonimo lanificio costituisca dal punto di vista urbanistico, paesaggistico e architettonico un caso isolato nel panorama pratese e nazionale: non una costruzione in serie, ma uno spiccato episodio architettonico; non un isolato saturo, ma del co-

struito immerso in un bosco progettato; non una serrata catena di montaggio, ma ambienti dettati dalla socialità e dal benessere del lavoratore. Tre temi chiave nelle riflessioni contemporanee sulle città italiane. I lavori iniziarono nel 1952 e furono seguiti da i giovani ingegneri Forasassi e Taiti, che interpretarono e fecero loro quell’idea innovativa e per molti all’epoca incomprensibile di Walter Banci. Presero quindi vita le prime costruzioni, disposte sia perpendicolarmente che parallelamente all’attuale Viale Leonardo da Vinci, all’epoca tratto autostradale Firenze-Mare, poi declassato a tangenziale (da qui il termine declassata). L’impianto leggibile oggi è attestabile al 1971, diverso solo in minima parte rispetto all’impianto originario del 1952. Leggendo l’architettura nel dettaglio non si può non porre attenzione sull’utilizzo della pietra alberese, tanto legata al territorio di Prato, che costituisce i terminali in pietra, che stringono tra loro le lunghe pareti vetrate. Queste ultime, fortemente inclinate, evocano l’idea di cascata architettonica, scandite da una ritmica di infissi modulari, ed enfatizzano la proiezione verso l’esterno, verso il paesaggio urbano progettato. Le coperture, realizzate in laterocemento, anch’esse inclinate, con il compluvio centrale.

Gli interni progettati per implementare il concetto di pianta libera, con gli appoggi ridotti ai minimi termini per l’epoca, con uno spazio capace di essere organizzato in funzione della produzione tessile e modificato in futuro a seconda delle esigenze. Un organismo organico, dinamico, all’interno come all’esterno. Walter Banci riteneva, infatti, che il paesaggio avesse un ruolo predominante nell’architettura, con un’ottica prematuramente sociologica rispetto alle condizioni nella quali versava il lavoratore tessile: credeva fermamente che un ambiente curato e sano, immerso nella vegetazione, avrebbe migliorato la qualità della città e della vita di chi lavorava al suo interno. Per questo una grande porzione del lotto fu destinata ad impianti vivaistici, dove furono piantate alcune specie arboree scelte da Banci stesso, che sono andate a creare poi il bosco nel quale è attualmente immersa la parte costruita. Le specie arboree che costituirono il disegno del paesaggio sono il Cedrus Atlantica Glauca, Cedrus Libani, Pinus Pinea, Cupressus Arizonica Gestruema. È interessante leggere nella storia della progettazione del Lanificio Banci, nelle permanenze attuali, come la compenetrazione tra architettura e paesaggio fosse totale e totalmente progettata: la distanza tra i diversi pa-

Porzioni non originali Porzioni non recuperabili

diglioni è data da tematiche di sicurezza antincendio, onde evitare che un incendio si trasferisse da un padiglione all’altro, e questo fa sì che nella piazza che si crea internamente ai volumi ci sia una commistione tra architettura e paesaggio; per non intaccarla, Walter Banci progettò dei percorsi interrati, di collegamento tra i vari padiglioni, percorsi da piccoli trasporti elettrici che veicolassero i materiali, un sistema di comunicazione sicuro, riparato che non intaccasse il paesaggio urbano. Si rileva costantemente una sensibilità tipica dei grandi maestri architetti del ‘900 e anche nelle scelte progettuali minori si riscontra il genio di F. L. Wright, modello d’ispirazione costante per Walter Banci, umile figlio di Prato che ha lasciato in eredità alla città un esempio di buona architettura, da preservare e valorizzare.


pagina precedente Fasi di progettazione/realizzazione a destra Foto aerea - Volo IGM GAI 1954 Foto aerea - Volo 1978 Foto aerea - Volo 1996 Foto aerea - Volo 2007 Foto aerea - Volo 2010 Foto aerea - Volo 2016

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Principi di resilienza Agli anni ’70 si deve il declino della fortuna che fino a quel momento aveva avuto il Lanificio Banci: lotte sindacali e scioperi politici, a seguito delle rivolte del 1968, costrinsero Walter Banci ad un rientro forzato in Italia. Al suo ritorno trovò una situazione non più sotto controllo e l’azienda fortemente in crisi: di lì a poco l’imprenditore decise quindi di fermare la produzione e chiudere l’azienda. Walter Banci però, da sognatore quale era, cominciò subito a pensare ai passi successivi, al futuro che avrebbe potuto avere quell’area tanto progettata nei minimi dettagli per essere potenzialmente versatile e convertibile, anticipando ancora una volta una tematica fortemente contemporanea, come quella della resilienza. Fu così che iniziò a concretizzare il suo sogno, ovvero quello di creare un network di contatti, di investitori, di stakeholders, che avrebbe fatto sì che si realizzasse un cambio di destinazione d’uso, da fabbrica a grande polo fieristico del tessuto, della moda: riconvertire la fabbrica e spostare la grande esposizione fiorentina Pitti a Prato. Gli spazi e la centralità dell’area lo permettevano già allora, in primis per la vicinanza dell’autostrada e delle principali stazioni ferroviarie.

A causa di motivi politici, non è stato possibile realizzare, almeno allora, tale grande obiettivo. Fu così che l’area fu definitivamente abbandonata, per l’impossibilità alla conversione d’uso, e la rumorosa produzione lasciò spazio ad un sacrale silenzio, e il degrado e l’abbandono presero così il sopravvento. Nell’Ex Lanificio Banci ha preso così vita il cosiddetto Terzo Paesaggio, come fu definito da Gilles Clément: Luoghi abbandonati dall’uomo [...], i parchi e le riserve naturali, le grandi aree disabitate del pianeta, ma anche spazi più piccoli e diffusi, quasi invisibili, le aree industriali dismesse dove crescono rovi e sterpaglie. (G. Clément, 2005, Il manifesto del terzo paesaggio) La pubblicazione di Clément mostra i meccanismi evolutivi e le connessioni reciproche tra le parti abbandonate, e impone così degli interrogativi sul futuro: Terzo paesaggio rinvia a Terzo stato. Cos’è il Terzo Stato? Tutto. Cosa ha fatto finora? Niente. Cosa aspira a diventare? Qualcosa. (G. Clément, 2005, Il manifesto del terzo paesaggio) E tale è il principale obiettivo della ricerca progettuale oggetto di tesi: il futuro dell’Area Ex Banci.

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Lettura interpretativa Connessioni e spazi aperti

pagina precedente Inquadramento aereo Settembre 2019 in basso Illustrazione Prato Città Fabbrica Il concetto di mixitè Illustrazione Prato Città Fabbrica Gli spazi aperti

Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d’una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, nei corrimani delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, ogni segmento rigato a sua volta di graffi seghettature, intagli, svirgole. (I. Calvino, 1972) Bernardo Secchi1, Architetto, Urbanista e Ingegnere italiano, è stato il padre del Piano Regolatore della città di Prato. Al Professor Secchi Prato deve la creazione del concetto di mixitè, la mescolanza tra edifici industriali e residenziali, elemento che contraddistingue la città, e l’attenzione al concetto di spazio aperto, di area, di porosità, di vuoto. Prato è mixitè, è città-fabbrica, è casa-lavoro, è tessuto: tale identità della città va preservata e rinnovata e fondamentali sono i progetti di recupero degli edifici industriali Nel 1993 l’amministrazione comunale decide di procedere alla completa revisione del Piano Regolatore. L’incarico viene assegnato al Prof. Ing. Bernardo Secchi, docente universitario e saggista in materia urbanistica, che a quel tempo ha già redatto numerosi piani urbanistici della cosiddetta ’Terza Generazione’. Secchi adotterà la strategia definita poi “dell’ascolto e del rilievo”. L’ascolto viene inteso come contatto diretto con la quotidianità della vita urbana, così come viene vissuta e raccontata dagli stessi cittadini, annotando esigenze e bisogni, ma anche desideri e aspirazioni. Il rilievo costituisce lo studio particolareggiato dei luoghi entro i quali la vita urbana si svolge, come strade, piazze, giardini, case, negozi e fabbriche, annotandone i caratteri materici, tipologici e lo stato manutentivo.

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ormai in disuso e abbandonati; l’obiettivo è quello di preservare tale identità cittadina, trasformando le destinazioni d’uso secondo le esigenze del tempo: da edificio industriale a polo museale, biblioteca, mercato urbano, complesso residenziale, con fondamentale attenzione al sistema degli spazi aperti, del collegamento tra città e architettura. Un esempio di questo indirizzo è costituito dalla recupero di un ex fabbrica tessile posta in Via del Romito trasformata nella Nuova Sede della Camera di Commercio di Prato, ad opera dello studio di architettura MDU. Un intervento rispettoso dell’architettura preesistente, che rappresenta concretamente il tentativo di recuperare pezzi di città attraverso il ri-considerare e ri-progettare il patrimonio esistente. La sfida colta dagli architetti è stata quella di creare una nuova immagine esterna, conservando memoria della preesistenza. La nuova pelle progettata da MDU Architetti si configura in una pannellatura di rete stirata metallica con finitura anodizzata, che riveste interamente l’edificio, ne esalta la volumetria e richiama con la sua trama l’idea tessile. Infine, attraverso i tre profondi tagli nella massa volumetria si creano spazi aperti ad uso pubblico, in collegamento diretto con la città.

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Lettura interpretativa | Connessioni Se gli spazi aperti costituiscono le aree, le porosità e i vuoti, le connessioni costituiscono le linee, i collegamenti, fisici e ideali, all’interno della città. Si è reso quindi necessario una lettura interpretativa delle connessioni della città, con focus sull’area Ex Banci che si pone al centro del sistema-città.

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si ciclo-pedonali, di sistemi di aggregazione. Tale catalogazione e lettura interpretativa degli spazi aperti è stata estesa al resto della città. Per ognuna di queste categorie si è andati ad interpretare la qualità, secondo parametri quali la densità sul territorio, i collegamenti, l’attrattiva, la cura, l’utilizzo che ne viene fatto, la resilienza, lo diffusione del fenomeno della quarta natura, giungendo infine ad un giudizio qualitativo. Dall’analisi svolta appare che la tendenza al recupero di ex edifici industriali negli ultimi anni sia in aumento, in particolar modo in aree limitrofe al centro storico, come nel ’Macrolotto Zero’, quartiere simbolo del concetto di ’mixitè’. Il fattore più interessante però riguarda la qualità degli spazi aperti associati a tali interventi di recupero/trasformazione: si riscontra la costante volontà di creare degli spazi aperti fortemente permeabili e ad uso pubblico, con attenzione alla qualità della vita del cittadino.

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Lettura interpretativa | Spazi aperti Visti i buoni modelli esistenti, nell’ambito di progetto di architettura del paesaggio urbano, si è resa necessaria un’attenta catalogazione degli spazi aperti della città di Prato: un’analisi inter-scalare, data dalla sovrapposizione dei diversi layer che costituiscono la città. L’obiettivo è stato quello di interpretare il sistema degli spazi aperti connessi al tema dell’industria, così forte all’interno della città di Prato, indagando la loro evoluzione, connessa allo stato e all’attuale utilizzo degli edifici industriali stessi. Si delinea così un panorama costituito da edifici industriali in uso, in disuso abbandonati e in disuso convertiti. Gli spazi aperti industriali in uso si mostrano non modificati nel tempo, con un indice di qualità relativamente basso; gli spazi aperti industriali in disuso abbandonati si mostrano, invece, caratterizzati dal fenomeno della quarta natura, un fenomeno di crescita spontanea vegetativa connesso ad un periodo di abbandono e degrado, configurandosi con un indice di qualità molto basso; infine, gli spazi aperti industriali ri-convertiti si mostrano qualitativamente elevati, con una progettazione dell’architettura sempre attenta alla progettazione del paesaggio urbano, con particolare attenzione alla creazione di verde pubblico, di sistemi permeabili, di percor-

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Connessioni viarie Prato, terza città del Centro Italia per numero di abitanti, si pone in una posizione di snodo viario importante in Toscana e nel Centro Italia, grazie alla presenza di due accessi autostradali, tre stazioni ferroviarie, un interporto e un importante sistema di viabilità secondaria, pedonale e ciclabile. La città è infatti servita da molteplici sistemi di percorrenza, anche lenti, come un’importante rete di percorsi ciclo-pedonali che negli anni è andato implementandosi e che permette da molte zone di raggiungere il centro storico senza l’impiego di mezzi motorizzati. In questo sistema si inserisce centralmente l’Area Ex Banci, a Sud di Viale Leonardo Da Vinci (ex tratto autostradale Firenze-Mare, poi declassato a tangenziale). Tale area dista dal casello autostradale più vicino appena 3 km; una distanza ancora inferiore la separa delle mura cittadine e dalla stazione ferroviaria principale, Prato Centrale. L’area ha attualmente nelle vicinanze un parcheggio a raso con una capacità di 800 posti, che da solo assolverebbe gran parte del carico di posti del nuovo intervento. La creazione di una viabilità secondaria ben studiata permetterebbe con facilità l’integrazione totale dell’area Ex Banci nel sistema viario esistente facilitandone gli accessi, le percorrenze diffuse sull’area.

Connessioni visuali Le connessioni visuali della Città di Prato si articolano secondo un gradiente di visualità, aperto, chiuso o filtrato, del quale l’analisi interpretativa analizza la valenza rispetto al progetto: si ha un gradiente di visualità aperta in corrispondenza del Fiume Bisenzio e della catena collinare e montuosa della Calvana, filtrato in corrispondenza della declassata e chiuso in corrispondenza della ferrovia. Altro ambito caratterizzato da gradiente di visualità chiuso è il centro storico, all’interno delle mura cittadine, articolando l’area del centro storico come nucleo insediativo con particolare rilevanza visuale. Ci sono poi molti fulcri visivi importanti, come le principali piazze del centro storico, il Centro Pecci, l’ambito collinare, il Fiume Bisenzio, ed altri punti di vista sopraelevati, come le mura, i bastioni e il Castello dell’Imperatore. L’area di progetto si caratterizza invece per i suoi margini, che appaiono chiusi, aperti e filtrati a seconda della direzione: sono aperti in direzione Nord-Sud, verso la piana ed il Monte Calvana; nella direzione Est-Ovest appaiono chiusi, dove il costruito circostante occlude la visualità intorno all’area di progetto facendosi più denso, ad eccezione della direzione verso il Centro Pecci; infine appaiono filtrati in corrispondenza della declassata, che delimita l’area.

Connessioni idrogeologiche Il sistema delle connessioni idrauliche della città si sviluppa su due dimensioni: una prima dimensione visuale e concreta ed una seconda dimensione storica e sotterranea. Rientra nella prima dimensione il fiume Bisenzio, che caratterizza la città con qualità estetiche ed ecologiche molto elevate: il Bisenzio è al centro di un percorso di valorizzazione, il progetto Riversibility, che permetterà una migliore fruizione dello stesso, con l’arricchimento di zone di sosta. La seconda dimensione comprende invece il tessuto delle gore pratesi, ormai interrate al di sotto dello sviluppo della città moderna. Il sistema gorile, ancora leggibile nel tessuto della città, ha rappresentato il punto di partenza dell’espansione urbanistica della città. Il connubio tra queste due componenti, quella attualmente visibile e quella della memoria storica, è sinonimo di Prato stessa, poiché corrisponde all’identità della città. Continui progetti passati hanno avuto il fine di una messa in rete di questi due sistemi, in modo tale da portare avanti un racconto necessario per la memoria futura della città. Dal punto di vista territoriale geologico emerge il ruolo fondamentale del Monte Calvana, sfondo di ogni corridoio visuale e cono ottico all’interno della città e principale serbatoio di naturalità del territorio.

Connessioni paesaggistiche Le connessioni vegetali rappresentano una grande ricchezza della Città di Prato. Esse si differenziano inter-scalarmente a seconda del tessuto cittadino che viene preso in considerazione: si parte dalla quasi totale assenza di alberature in centro storico, dove il tessuto edificato è molto denso, ad una presenza sempre maggiore dove il tessuto edificato si allarga. Prato è una città che da sempre ha prestato particolare attenzione all’architettura del paesaggio; negli ultimi anni tale attenzione è sempre cresciuta, fino ad arrivare all’approvazione del recente Piano Operativo, dove il ruolo dell’ecologia e del landscape urbanism fa da padrone, come dimostra l’esperienza condivisa dal Comune con l’Architetto Stefano Boeri ed il Neurobiologo Stefano Mancuso, il cui fine è quello di aumentare la ricchezza dell’ecosistema della città, tramite un miglioramento dell’aria con assorbimento di gas nocivi. Tale piano investe la totalità della città e della sua periferia inter-scalarmente, con dimensioni che cambiano a seconda del tessuto urbano: capillarità vegetale, corridoi ecologici, filari alberati, boschi.

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Le ciminiere di Prato Esplorazione a tema

pagina precendente Ciminiere esistenti/Ciminiere demolite in basso Ciminiera dell’Ex Fabbricone Ciminiere di Prato Ciminiera dell’Ex Cimatoria Campolmi

Ciminiere esistenti

Prato, La cittĂ dalle cento ciminiere. (B. Secchi, 2000)

Ciminiere demolite

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Trama e Ordito Il progetto di masterplan

Una nuova città a maglie larghe, che prende forma dal disegno degli spazi aperti. Una nuova struttura dello spazio e del tempo. (B. Secchi, 2000)

pagina precedente Inquadramento aereo Concept di progetto in basso Illustrazione Trama e Ordito Concept di progetto

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TRAMA

Bernardo Secchi, grande architetto, urbanista e ingegnere, che conosceva bene Prato, visto la redazione del Piano Strutturale e del Regolamento urbanistico del 1993-1996, riassume in toto in questa citazione l’idea progettuale e i principi alla base del recente Piano Operativo per la città di Prato. Il Piano Secchi, infatti, aveva al centro il tema ambientale, che oltre strumento di analisi e di conoscenza del territorio, divenne anche tema progettuale: il piano proponeva, infatti, il riconoscimento dei caratteri specifici delle diverse parti del territorio per ristabilire la continuità del sistema ambientale e per migliorare i collegamenti tra gli spazi interni ed esterni della città. Si venne così a creare uno studio particolareggiato dei luoghi entro i quali la vita urbana si svolgeva, come strade, piazze, giardini, case, negozi e fabbriche, quindi spazi aperti e costruito. Tali antefatti, uniti alla lettura interpretativa degli spazi aperti e delle connessioni attuali della città di Prato, vanno a costituire l’idea progettuale in merito all’Area Ex Banci. Un nuovo tessuto, una nuova trama e ordito.

Il concept progettuale L’Area Ex Banci si pone in una condizione di unicum, per conformazione urbanistica e formale architettonica rispetto al resto del costruito della città. Un grande spazio aperto, permeabile, non saturo di costruito, dove sono alloggiate le permanenze dei padiglioni del lanificio abbandonato. Tali padiglioni ricalcano l’inclinazione dei 29° rispetto agli assi cardinali1 e volgono lo sguardo verso la Calvana, che fa da sfondo alla città. Dall’analisi della città a larga scala emerge come la maglia paesaggistica necessiti di una ricucitura delle sue componenti primarie. Si vuole quindi utilizzare la rete paesaggistica esistente come ordito, che viene cucito insieme ad un’idea, quella di creare una nuova identità vegetale, una rete interscalare che si allaccia alla città esistente, al fiume e alla collina, un insieme contemporaneo, basato sull’ecologia e sulla condivisione. Una trama e un ordito, quindi, che risponda alle esigenze dettate dal PO e che dia una risposta maggiormente approfondita su una delle zone di maggior valore della nostra città. Una trama e un ordito, un filo, in memoria di Walter Banci. 1 L’inclinazione di 29° corrisponde alla prima centuriazione della città di Prato e ricalca il tessuto gorile pratese.

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La declassata e i suoi landmark Nello specifico del progetto di masterplan il primo grande obiettivo, essenziale alla ricucitura del territorio, è costituito dall’interramento di Viale Leonardo Da Vinci, sposando la direzione del Piano Operativo, operazione finalizzata alla creazione di nuovi spazi aperti pubblici, annientando la divisione sostanziale della città tra la parte Nord e la parte Sud. Nel progetto proposto la porzione di Viale Leonardo Da Vinci interrata è costituita da un tratto lungo circa 640 metri, dalla rotatoria della Questura alla rotatoria di Via Fiorentina-Via Valentini. Si andrebbe così a creare una nuova porta di accesso alla città, la porta Est: tale asse di penetrazione, vista la posizione del Centro Pecci, si configurerebbe come un incubatore di eccellenze contemporanee, un hub lineare di ricerca e sviluppo, rendendo Prato, ancora una volta, ‘laboratorio permanente’. Il secondo attore di questa direttrice di contemporaneità è l’Ex Lanificio Banci riconoscibile anche a grande distanza grazie al suo forte elemento di riconoscibilità, un landmark della tradizione: la ciminiera. Il patrimonio di archeologia industriale della città-fabbrica di Prato permane nonostante molte delle fabbriche che costituirono la fortuna della città non

siano più in funzione, alcune demolite, altre abbandonate ed altre ancora riconvertite e trasformate con cambi di destinazione d’uso. La testimonianza, la memoria di questo passato è costituita dalle ciminiere della città, la quale fu definita “La città dalle 100 ciminiere”. Tale testimonianza, che si fonda sulla tradizione tessile pratese fin dal Medioevo, necessita di essere valorizzata e ripensata, come già è stato fatto nel progetto di ampliamento del Centro Pecci, a cura dell’Architetto Maurice Nio, completato nel 2016: in quel caso il landmark che svetta dalla copertura, ‘antenna’ com’è stato definito dallo stesso progettista, si configura come rivisitazione in chiave contemporanea del concetto di ciminiera, camino che svetta verso il cielo di Prato. Siamo quindi già di fronte ad un intreccio di riferimenti forti che ha ragion d’essere valorizzato ed enfatizzato, quello già presente tra il Centro Pecci e l’ex lanificio Banci, uniti da un messaggio di riconoscibilità, a soli 800 metri di distanza l’uno dall’altro, una riconoscibilità culturale, nella quale questi landmark dovrebbero essere, citando il pensiero di Maurice Nio, “delle sonde che captano i movimenti culturali, alla ricerca continua di nuove correnti e tendenze”, e quindi un grande centro di innovazione dove i soggetti sono il Centro Pecci e l’ex lanificio Banci.

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pagina precedente Declassata 2.0 Prima e dopo pagina precedente Landmark Tradizione / Contemporaneità

Il progetto paesaggistico Il progetto paesaggistico nasce da un processo di analisi strutturato in tre fasi: lo studio visuale dell’area di progetto inserita nel suo contesto, il censimento delle specie arboree presenti sul territorio e il censimento delle specie presenti nell’area di progetto. L’analisi delle connessioni visuali è stata condotta attraverso lo studio del gradiente di visualità. Nell’area di progetto si verifica un gradiente di visualità aperta in corrispondenza del cono ottico verso il Fiume Bisenzio e la Calvana, serbatoi di naturalità della città di Prato, nella direzione nord; un gradiente di visualità filtrato in corrispondenza della declassata, che divide attualmente l’area in due parti; e infine un gradiente di visualità chiuso in corrispondenza dei margini-confini di progetto verso est ed ovest, dove il costruito si fa più denso. Tale considerazione è input progettuale, secondo la lettura interpretativa del contesto, che spinge naturalmente quindi nella direzione progettuale di enfatizzare come asse ecologico quello in direzione NordEst–SudOvest. Il comune di Prato, al fine della stesura del Piano Operativo, ha operato il censimento delle specie arboree presenti sul territorio, dal quale emerge che le specie più diffuse sono il tiglio, il pino domestico, il platano, il frassino, il

bagolaro, il leccio e il pioppo e che tali specie costituiscono il 68,8 % della popolazione arborea esistente. Questi dati costituiscono l’analisi ecologica della città, ovvero le specie maggiormente presenti sul territorio sono quelle resistenti alle variabili ambientali della zona di analisi, quindi le più importanti da mantenere e da implementare. Conseguentemente allo studio dell’analisi prodotta dal Comune di Prato, si è eseguito un censimento delle specie arboree presente nell’area di progetto, tramite analisi visiva sul posto, dal quale è emerso che le specie presenti sono l’acero, il tiglio, l’olmo, il frassino e l’olivo, alcune di recente piantumazione ed altre più radicate: si tratta quindi di specie arboree rilevanti dal punto di vista ambientale ed ecologico, nella lotta al climate change, dando prova di una buona tendenza già in atto. Sulla base di queste tre analisi è stato stilato il progetto di paesaggio, con la scelta delle specie arboree e arbustive e la loro messa a sistema in strutture e tematismi vegetali. Le specie arboree e arbustive di progetto sono state scelte per associazione alle specie esistenti quindi, per famiglia, per condizioni ambientali, per necessità di manutenzione e soprattutto secondo i valori stimati di capacità di abbattimento dei gas nocivi, dovuti alle emissioni dei mezzi veicolari e delle

fabbriche. Come specie con particolari caratteristiche di abbattimento di gas inquinanti si riscontrano Acer Platanoides (Acero Riccio), Celtis Australis (Bagolaro), Tilia x Vulgaris (Tiglio Europeo), Ulmus Minor (Olmo Minore), Fraxinus Ornus (Frassino Orniello). Il progetto di masterplan, nella sua articolazione in strutture vegetali, si deve all’analisi della visualità dello stato attuale, in virtù dell’incentivazione del cono ottico e della ricucitura con l’area Nord – per estensione con il monte Calvana e il fiume Bisenzio –, e la chiusura verso le aree limitrofe di costruito. Si articolano quindi le strutture vegetali in margini boscati, ovvero le aree di margine/confine est-ovest, dove l’obiettivo è quello di mascherare il contesto poco pregevole, tramite l’utilizzo di specie arboree con chioma folta, altezza differenziata, prevalenza di sempreverdi; le fasce alberate, ovvero le linee di tensione di progetto, assi di direzionalità visuale Nord Est-Sud Ovest, in direzione della Calvana, tramite l’utilizzo di specie caducifoglie ad altezza uniforme; le fasce arbustive, ovvero le linee di separazione visiva e acustica dal traffico urbano, tramite l’utilizzo di bassa vegetazione arbustiva e specie arboree di piccola dimensione; i parcheggi alberati, ovvero le aree di utilizzo con elevata presenza di gas nocivi dati dall’inquinamen-

to dei mezzi veicolari, tramite l’utilizzo di specie arboree con elevati indici di assorbimento di gas nocivi, con altezza uniforme e tale da creare ombreggiatura; le alberature isolate, ovvero gli spazi aperti situati tra le linee di tensione progettuali, tramite l’utilizzo di specie arboree di dimensioni maggiori. Parallelamente alle strutture vegetali si sviluppano i tematismi vegetali, le attività che si sviluppano all’interno del parco urbano. Si trovano quindi il parco didattico espositivo, dove si uniscono architettura ed architettura del paesaggio, tessuto ed intrecci vegetali; si trovano poi i percorsi tematici e i percorsi di biodiversità, che differiscono per larghezza e tipologia di percorrenza, dove è possibile osservare e studiare la biodiversità vegetale; la strada-parco, che nasce dall’interramento della tangenziale; gli orti sociali urbani condivisi, come simbolo dell’unione tra la memoria e la contemporaneità del luogo, con particolare attenzione agli usi attuali, in orti didattici, terapeutici, riabilitativi.

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Landmark Tradizione / Contemporaneità

Centro Pecci

Parco Orti sociali

Asse Ecologico

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Asse di Contemporaneità

Ex Banci Piana

I percorsi e il progetto architettonico Nel nuovo grande spazio aperto riunificato, i percorsi si inseriscono come attori principali e si configurano seconda una inter-scalarità, dividendosi in ordito e trama. L’ordito del progetto è costituito dalle linee di tensione progettuali, da tutti quei percorsi reali o ideali che provengono dal contesto e si accostano all’area di progetto: l’ordito costituisce, quindi, il prolungamento di questi segni, un’estensione volta ad enfatizzare quell’orditura caratteristica della città ed attraversano quindi in direzione NordEst-SudOvest l’intero lotto di progetto, creando una connessioni lineare tangibile con il resto della città, dalla quale fin’ora l’area è rimasta separata. Come si può vedere dal progetto di masterplan, l’ordito progettuale lo si ritrova nei lunghi corridoi vegetali e nei filari alberati che enfatizzano la direzionalità Nord-Sud, permettendo di ricucire insieme l’area a Nord della Declassata 2.0 e l’area a Sud, permettendo anche i istituire un collegamento con il nuovo parco. La trama del progetto è invece costituita dai percorsi principali, quel nastro conduttore del racconto, con l’obiettivo di cucire insieme l’ordito e le diverse aree, assolvendo due compiti: sono quelli che segnano gli accessi, che si riconducono alle arterie principali viabilistiche, ai parcheggi, ma sono anche

quelli che tracciano i principali coni ottici, il collegamento con il Centro Pecci e con il monte Calvana. A livello di trama si istituiscono quindi un nuovo asse ecologico, con cono ottico verso la Calvana, e un nuovo asse di contemporaneità, con cono ottico verso il Centro Pecci. Questo sistema trova un suo perfetto equilibrio nella sua duplice componente, quella architettonica e quella paesaggistica, che fanno perno sulla ciminiera esistente. È nella piazza principale che dipartono due strade: da un lato quella del parco e dall’altro quella del Centro Tessuto Contemporaneo.

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Centro Tessuto Contemporaneo

pagina precedente Lo spazio pubblico del Centro Tessuto Contemporaneo

Niente passa tanto di moda, come la moda. (B. Munari, 1982) Centro Tessuto Contemporaneo, un nome nel quale riecheggiano i riferimenti premessi: ‘Centro’, come il Centro Pecci, a significare la volontà di essere hub di aggregazione, un nuovo luogo simbolo per la città; ‘Tessuto’, per la storia di Prato, nella memoria di Walter Banci e dell’omonimo lanificio; ‘Contemporaneo’, come la città di Prato, come laboratorio permanente di sperimentazione. L’architettonico L’idea del Centro Tessuto Contemporaneo si sviluppa in memoria della preesistenza, dell’indirizzo produttivo li presente, andando a proporre un vero e proprio centro di incubazione di eccellenze dell’ambito del design del tessuto contemporaneo. La volontà principale nell’approccio progettuale è quella di conservazione, tutela, ripristino degli elementi di pregio e quindi, viste le condizioni di conservazione degli immobili, si propone il recupero totale dei padiglioni A e C (rif. schema pagina seguente), la demolizione con conseguente ricostruzione in sagoma del padiglione B e il recupero parziale del padiglione D. Il padiglione A, dove in passato avvenivano le operazioni di

filatura e cardatura, viene proposto per la realizzazione al suo interno del Nuovo Museo del Design del Tessuto Contemporaneo. La città di Prato, conosciuta nel mondo per la sua tradizione tessile, ospita già il pregiato Museo del Tessuto, attualmente situato nell’antica ‘Cimatoria Campolmi Leopoldo e C.’: si tratta dell’unica fabbrica ottocentesca all’interno delle mura medievali, un monumento di archeologia industriale tessile, finemente ristrutturato con un’ottica di restauro conservativo volto a trasformare un contenitore industriale in un contenitore culturale. L’area museale attualmente si estende per circa 4000 mq, capacità massima funzionale dell’Ex Cimatoria Campolmi. Si propone, quindi, l’Ex Banci come nuova sede del Museo del Tessuto, in particolare il Padiglione A, garantendo una superficie di allestimento di 15000 mq. Il Padiglione B, accesso carrabile dell’Ex Banci, dove avvenivano le operazioni di carico/scarico materiali e spedizioni, è quello che versa in condizione di conservazione peggiori e di conseguenza se ne propone la demolizione.

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BLOCCO A > MUSEO DEL DESIGN DEL TESSUTO

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CENTRO TESSUTO CONTEMPORANEO

CENTRO TESSUTO CONTEMPORANEO

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BLOCCO D > SPAZIO EVENTI

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CENTRO TESSUTO CONTEMPORANEO

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Planimetria di progetto, scala adattata

Sezione ambientale, scala adattata

Legenda funzionale

A. Museo del Tessuto Contemporaneo

B. Accesso (BI)Direzionale - Accesso piazza/parco

C. Design Ateliers - Coworking per artisti

D. Spazio eventi

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Render di progetto Lo spazio pubblico del CTC

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Se ne propone quindi la ricostruzione in sagoma, proponendolo come padiglione di accesso bi-direzionale, filtro tra il parco e la piazza. Le funzioni proposte sono quelle di accoglienza, book shop, spazi condivisi, servizi ed archivio. Il Nuovo Accesso Bi-Direzionale funge anche da accesso ai percorsi sotterranei, costruiti da Walter Banci per il trasporto della merce da un padiglione all’altro nelle fasi di lavorazione, consentendo così uno sguardo ravvicinato alla memoria nascosta del sito. I Padiglioni C, dove rispettivamente un tempo venivano effettuate lavorazioni come stracciatura, preparazione stacci e fibre e rifinizione, si trovano attualmente in buono stato di conservazione. Si propone qui la realizzazione di Design Atelier, coworking per artisti nel campo della moda e del design del tessuto. Uno spazio versatile e mutevole, a diretto contatto con il Nuovo Museo e l’archivio storico, con la possibilità di esposizioni temporanee e sfilate nello spazio pubblico antistante. Il Padiglione D, un tempo magazzino filati e telai, fu oggetto di ricostruzione parziale negli anni ’70. Se ne prevede , quindi, il rifacimento di tale parte, non essendo pregevole come il resto della costruzione storica. Qui si propone uno spazio eventi, caratterizzato da grandi spazi liberi di essere modellati sulla base del contenuto versatile.

La spazio pubblico La Nuova Piazza, racchiusa all’interno dei padiglioni, fa perno sulla ciminiera, il landmark della tradizione dell’area. L’attenzione progettuale maggiore è costituita dai percorsi, materiali nel senso di percorrenze e accessi e immateriali nel senso di coni ottici. Come si vede, infatti, fanno centro sulla ciminiera due percorsi: uno trasversale alla piazza, che attraversa il Padiglione di Accesso, e l’altro, inclinato, che attraversa il Nuovo Museo del Design del Tessuto Contemporaneo. Il primo enfatizza l’orditura della città e dell’area, con un cono ottico continuo e progressivo sul Monte Calvana, continuo sfondo dell’area, motivando l’osservatore a percorrere il lotto in quella direzione. Il secondo percorso enfatizza, invece, il rapporto tra il CTC e il Centro Pecci, ricalcando l’asse di collegamento tra l’antica ciminiera e l’antenna del Museo Pecci. Tali percorsi, come una vera e propria trama, si intrecciano più e più volte nel lotto di progetto, dando vita a slarghi e soste contemplative e funzionali dell’intera area.

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Il Nuovo Museo del Design del Tessuto

pagina precedente Render di progetto Cono ottico sulla ciminiera in basso Concept di progetto Ieri, oggi, domani

Ieri

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Domani

mormorio

movimento

fabbrica

immobilità

silenzio sacrale

museo dinamismo

E, se non possono comunicare, questi spazi restano inerti. Però se solo potessero affacciarsi l’uno sull’altro: ci sono così gli elementi per imbastire una storia, con protagonista lo spazio. (F. Lambertucci, 2013) All’interno del Centro Tessuto Contemporaneo sorge il Nuovo Museo del Design del Tessuto1: una nuova sede per l’esistente e pregevolissimo Museo del Tessuto della città di Prato, con una superficie d’allestimento di circa 15000 mq, sviluppata su tre livelli, dando nuova vita ad uno dei padiglioni della Ex Banci, anche nel suo percorso sotterraneo, fin’ora nascosto. Il concept Pensando a quello che era il ’Tempo di fabbrica’ degli anni ’50-’60 ci si immagina un ricco insieme di persone, un lavoro simultaneo per fasi di lavorazione, uno continuo scambio di competenze. Ci si immagina, quindi, il movimento: movimento di persone, movimento di balle, pezze, filati, cardati, tessuto. E ci si immagina anche il rumore: rumore dei telai, delle macchine, delle voci delle persone. L’attuale Museo del Tessuto si trova nell’antica Cimatoria Campolmi Leopoldo & C, un monumento di archeologia industriale ottocentesco situato all’interno delle mura medievali della città di Prato. La superficie di allestimento è di soli 4000 mq, non più sufficiente alla portata del Museo.

Questo era ciò che faceva da padrone nel Lanificio Banci. Attraversando oggi quest’area abbandonata, la percezione che si ha è del tutto diversa: si respira l’immobilità, come se il tempo si fosse fermato agli anni del boom economico. Tale immobilità ha fatto si che prendesse vita un vero esempio di quarta natura, crescita spontanea vegetativa disuniforme che si verifica in contesti di abbandono e di degrado degli spazi aperti. Attraversando i ‘corridoi vegetali’ tra un padiglione e l’altro, si percepisce un silenzio quasi sacrale, di rispetto, per ciò che c’era e non c’è più, ma che meriterebbe di essere rispristinato, conservato, valorizzato. Nasce da qui il concept di un ripristino di movimento, dinamismo, mormorio: una nuova vita in uno spazio che di tessuto ha molto da raccontare, un museo quindi centrato sul tema del design del tessuto, con degli spazi museali dinamici e tessili, in forte connessione al suo contesto di giovane contemporaneità, così come è la stessa città di Prato.

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pagina successiva Render di progetto Il Nuovo Museo del Design del Tessuto

Il progetto architettonico Il progetto architettonico si fonda su tre principi di complementare importanza: da una parte la logica della conservazione dell’involucro, della struttura principale portante e dei terminali in blocchi di pietra alberese; in secondo luogo si fonda sul recupero degli elementi di pregio esistenti, distrutti o ammalorati negli anni, lavorando per consolidamenti strutturali e ripristini; infine la logica della contemporaneità, che si materializza in episodi di innesti architettonici. Si noti quindi come esternamente si è deciso di ripristinare le lunghe pareti vetrate, scandite dalla ritmica degli infissi modulari, tenute insieme dai terminali in blocchi di pietra alberese locale consolidati. Tale cortina trasparente viene però interrotta dall’inserimento di un cannocchiale dorato, che sfonda l’edificio da una parte all’altra, costituendo quell’asse di contemporaneità che unisce in termini visuali il Centro Tessuto Contemporaneo, con la sua ciminiera, al Centro Pecci, con la sua ’antenna’, le sonda che captano i movimenti culturali e le nuove tendenze in atto nella città (M. Nio, 2016). Si costituisce così un legame materiale e immateriale, di percorrenza e visivo, che fa perno sulla contemporaneità. Il cannocchiale, materializzazione dell’Asse di Contemporaneità, si confi-

gura da un lato come in imbuto per le correnti pedonali, enfatizzando le percorrenze, e dall’altro si configura come un ’bypass’ tra tradizione e contemporaneità, unendo due emblemi di due momenti storici architettonici distantu tra loro. Per questo motivo all’interno ci si trova di fronte ad un’articolazione di allestimento da un lato riservato al design del tessuto tradizionale e dall’altro riservato al design del tessuto contemporaneo. All’interno del padiglione la chiave del recupero sposa sempre di più la chiave dell’innesto architettonico contemporaneo: si conserva così la struttura principale portante, adeguatamente consolidata, e si vanno ad inserire degli spazi museali contraddistinti da dinamismo, leggerezza e aleatorietà. Si tratta di cubi smussati, che attraverso un modulo generatore si sviluppano in diverse conformazioni adatte ad ogni tipo di esposizione, da quella temporanea, a quella permanente o archivistica, ma anche laboratori di conservazione e restauro. I cubi sono collegati da una passerella continua, un nastro dorato che in alcuni casi li attraversa e in altri si poggia sopra, capace di far comunicare tra loro gli spazi. La passerella, che si apre e si chiude nelle scale spiraliformi, si configura come la trama progettuale dorata che entra all’interno del padiglione.

Il progetto di allestimento Il progetto di allestimento museale si basa sulle linee guida dall’attuale allestimento del Museo del Tessuto, nel quale principalmente si trova una divisione tra tessuto tradizionale e tessuto contemporaneo. Nel Nuovo Museo del Design del Tessuto tale divisione è data dal bypass che si crea per mezzo del cannocchiale di accesso, come collegamento ideale e materiale tra il Centro Tessuto Contemporaneo e il Centro Pecci. Si ha così una parte riservata al design del tessuto della storia e della tradizione e una parte riservata all’approccio moderno al design del tessuto. La parte tradizionale è costituita da una prima area di accesso e accoglienza (servizi, coll. verticali), segue la sala ‘Prato è tessuto’, incentrata sul racconto del tessuto nella storia di Prato, seguita poi dalla ‘Sala dei tessuti antichi – Nuclei collezionistici’, ‘Sala dei materiali – Processo di familiarizzazione con i tessuti’, ‘Area dei processi – Dalla filatura alla nobilitazione’, ‘Sala ludica – Caffetteria, servizi, collegamenti verticali’, ‘Sala conservazione e restauro – Memoria per il futuro’, e infine ‘Laboratorio di conservazione e restauro – Ieri, oggi e domani’. La parte contemporanea si apre sempre con un primo padiglione di accesso e accoglienza (servizi, coll. vertica-

li), che dà accesso alla ‘Sala dei tessuti contemporanei – Il tessuto oggi’, segue l’auditorium per esposizioni e presentazioni, seguito poi da una parte dedicata ai laboratori sperimentali per tutte le età: ‘Laboratorio didattico per bambini – Esperienze tattili’, ‘Laboratorio didattico per ragazzi – Il tessuto di domani’, ‘Laboratorio didattico per adulti – Tradizione e contemporaneità’, e infine una parte dedicata alle mostre temporanee. L’allestimento si sviluppa quindi su più livelli. A piano terra, con una superficie di sviluppo maggiore, abbiamo circa 6000 mq di superficie libera per l’allestimento, con la possibilità di sfruttare integralmente lo spazio. Al piano primo, dove la superficie di allestimento è minore, l’allestimento si sviluppa all’interno dei cubi in ETFE e nelle aree lungo le passerelle, per un totale di circa 3000 mq di allestimento. Infine, il percorso museale si sviluppa anche nel piano interrato. I percorsi interrati furono costruiti da Walter Banci per consentire lo spostamento dei materiali senza intralciare i percorsi pavimentati in piazza, così da non interferire con gli altri usi: si propone quindi di recuperare il percorso sotterraneo che diventa a tutti gli effetti parte del percorso museale, anch’esso per un totale di circa 6000 mq. L’idea è quella di un percorso continuo in ognuna delle due ali.


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N 7

15

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7

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7

7

7

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6

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5

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3

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2

2

3

I H G F E D C B A

2

1

2

CC - Prospetto longitudinale architettonico

1

12

DD - Sezione longitudinale architettonica

1

13

CC CC - Prospetto longitudinale architettonico

I H G F E D C B A

1

5

R Q P O N M L I H G F E D C

1

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3

C

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9 20

16

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DD DD - Sezione longitudinale architettonica

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- 3.45 m | piano interrato

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+0.00 m | piano terra

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+3.30 m | piano primo

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S R Q P O N M L I H G F E D C B A

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+ 8.70 m | copertura

+ 0.00 m | piano terra

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1 9

8 10

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1

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19 9

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11 12


N

pagina precedente Prospetto longitudinale CC, scala adattata Planimetria di progetto, piano terra, scala adattata Planimetria di progetto, piano primo, scala adattata Sezione trasversale AA, scala adattata in basso Sezione trasversale BB, scala adattata

BB - Sezione trasversale architettonica

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+3.30 m

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pagina successiva Render di progetto Allestimento interno

5m

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+3.30 m

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+3.30 m

+3.30 m

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10.00

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+8.70 m | copertura

+3.30 m | piano primo

+0.00 m | piano terra

35 - 3.45 m | piano interrato



37


Legenda tecnologica

50

100 cm

11. piastra di irrigidimento . sp. 15 mm

02. piastra di irrigidimento . sp. 15 mm

12. profilo IPE 150. 75 x 150 mm

03. tirafondi . Ă˜ 30 mm

13. lamiera grecata . 60 mm

04. profilo scatolare . 600 x 600 mm

14. sottostruttura - lastra metallica . 15 mm

05. alloggio scatolare in acciaio . 640 x 640 x 450 mm

15. barriera al vapore . 2 mm

06. piastra di ancoraggio saldata . 90 x 90 x 15 mm

16. pavimentazione in resina autoliv. sp. 10 mm

07. rivestimento in membrana di etfe

17. profilo a u per rivestimento . 40 x 160 x 80 mm

08. profilo in alluminio -> vd. dettaglio 02

18. profilo angolare metallico . misure speciali

09. sottostruttura in alluminio per rivestimento etfe

19. pannello di rivestimento interno . 15 mm

10. profilo IPE 300 . 150 x 300 mm

20. profilo a ‘C’ per sottostruttura . 65 x 40 mm

3.00

0 10

01. piastra di ancoraggio . 2000 x 2000 x 15 mm

20

13 14 15 16

5 6 7

19 17 18

8 9 10 11 12

2.95

SEZIONE TECNOLOGICA

4 3 2

1


Quello dell’architetto è un mestiere d’avventura: un mestiere di frontiera, in bilico fra arte e scienza. Al confine tra innovazione e memoria, (...) mi piace pensare all’architetto come a colui che usa la tecnica per creare un’emozione: un’emozione artistica, per l’appunto. (P. Renzo, 1997)

pagina precedente Keyplan di inquadramento Sezione tecnologica, scala adattata in basso Caratteristiche dell’ETFE

ETFE C2H4 POLIMERO

RICICLABILE 100 %

INFIAMMABILITÀ

CLASSE B1 TRASLUCENZA

90 % RESISTENZA

3/5 KN/m LUCE DIFFUSA

12 % PESO

300/1500 g/mq

COSTO

100 € mq VITA

50-100 ANNI

Così recita Renzo Piano nel suo Giornale di bordo nel 1997, inaugurando una nuova tendenza dell’architettura delle costruzioni, ovvero quella emozionale, sfatando i miti secondo i quali costruttivo non possa essere sinonimo di bello. I materiali Il Museo si articola secondo una linea e delle aree: la linea è costituita dall’accesso e dalla passerella, un vero e proprio nastro che si attorciglia su di sé a creare gli appoggi, le scale spiraliformi che ne permettono l’utilizzo; le aree sono costituite invece dagli spazi museali, i cubi smussati. Si è deciso, quindi, di utilizzare un approccio materiale diverso nelle due articolazioni del museo. L’accesso e la passerella sono progettati mediante l’utilizzo di lastre in alluminio anodizzato dal carattere dorato, in forte richiamo al rivestimento che contraddistingue in Centro Pecci: si vuole porre l’attenzione sull’importanza della creazione di un asse di

contemporaneità, dove tutto ciò che è percorso viene contraddistinto dall’oro, dentro e fuori il Museo. I cubi dell’allestimento museale sono stati pensati, invece, per richiamare l’idea del tessuto come idea madre del contenitore e del contenuto: sono stati progettati mediante l’utilizzo di pellicole ETFE (Etilene Tetra Fluoro Etilene), un polimero del tutto riciclabile che può essere riprodotto in qualsiasi forma e assemblato secondo qualsiasi trama, materiale delle contemporaneità leggero, performante e con una valenza concettuale molto forte. Il rivestimento in ETFE è stato progettato secondo una maglia composta da triangoli equilateri, che si compongono a formare degli esagoni – richiamando, quindi, il concetto di micro e macro trama tessile. I triangoli smussati sono quindi costituiti da profili in alluminio con sezione tale da permettere di inserire una membrana di ETFE per lato, poi gonfiati creando l’effetto cuscino che li caratterizza. Dal punto di vista del sistema costruttivo, dal lato interno del profilo viene alloggiata una piastra quadrata in acciaio che ospita i sei profili che vi si poggiano, nascosta dai cuscini d’ETFE, dalla quale emerge solo un bottone dorato. Il disegno della trama vuole quindi richiamare l’idea di un antico tessuto bottonato.

39



Accesso (BI) Direzionale

Lo spazio esiste per come lo vediamo e lo pensiamo. Senza qualcuno che lo attraversi lo spazio rimane inerte, lo attiviamo dunque con la nostra presenza e con l’esperienza che ne facciamo. (F. Lambertucci, 2013) Il padiglione centrale dell’ex lanificio fungeva da accesso carrabile all’area, per il carico e scarico dei materiali e come padiglione di spedizione per il prodotto finito. Si trattava quindi della porta dell’intera area, un centro di smistamento materiali bidirezionale. Attualmente le condizioni di tale padiglione appaiono però fortemente ammalorate e conseguentemente se ne propone quindi la totale demolizione. Il concept Nell’ottica progettuale del ripristino, conseguentemente alla demolizione, si propone la ricostruzione in sagoma, mantenendo quindi la stessa volumetria dell’edificio esistente. Vista la posizione del padiglione e la memoria storica, si propone nuovamente la funzione di accesso, proponendone però una versione bi-direzionale. Il padiglione funziona infatti da filtro tra la parte Nord e la parte Sud, tra il parco e il Centro Tessuto Contemporaneo. Il concept si basa quindi sul cono ottico materializzato nella figura del cannocchiale materico che incanali e spin-

ga l’utente al movimento bi-direzionale, abbattendo definitivamente la distinzione tra le due aree, dettata nello stato attuale dei luoghi, dalla presenza della tangenziale, unificando l’intera area. Come ha scritto Filippo Lambertucci “Lo spazio esiste per come lo vediamo e lo pensiamo. Senza qualcuno che lo attraversi lo spazio rimane inerte, lo attiviamo dunque con la nostra presenza e con l’esperienza che ne facciamo”: ad avvalorare la sfera sensoriale e dell’esperienza del luogo, viene proposto l’impiego di un rivestimento in membrana di ETFE che renda il Nuovo Accesso una vera e propria ‘lanterna urbana’. In questo modo l’edificio si articola in due componenti: il cannocchiale, che fa da attore principale nella scena urbana, e il rivestimento, che fa da attore sulla scena architettonica.

pagina precedente Render di progetto Il Padiglione di Accesso (BI)Direzionale a sinistra Concept di progetto

41


Gli spazi interni e le funzioni Per quanto concerne il progetto degli spazi interni ci si trova in una condizione di pianta libera, con ingombro degli appoggi minimo, quindi spazi capaci di essere versatili e resilienti a seconda dell’uso. Per quanto riguarda l’aspetto funzionale, il Padiglione di Accesso si articola in due ali. Nell’ala di sinistra troviamo l’accoglienza all’intero complesso del Centro Tessuto Contemporaneo, con il punto informazioni, la biglietteria museale, la prenotazione degli spazi dei Design Atelier (coworking); troviamo poi il principale shop, centro vendita, del Centro Tessuto Contemporaneo, con una parte dedicata alla vendita dei campioni di tessuto e vendita al dettaglio e alle opere dei giovani designers. Nell’ala di destra troviamo invece la parte legata ai servizi per i visitatori e i fruitori e un grande punto ristoro pensato per chi usufruisce degli spazi di coworking, con una piccola ludoteca per bambini come sostegno al lavoro. Gli accessi ad entrambe le ali, designati con macro-scritte a parete, sono situati lungo il cannocchiale di accesso, con una conformazione rientrante rispetto alla parete, ricercando una dimensione di privacy rispetto all’ambito urbano. Dal Padiglione di Accesso è altresì possibile accedere al livello interrato, usufruendo dei percorsi realizzati da Wal-

ter Banci negli anni ‘50-’60, potendo osservare la ciminiera da un punto di vista diverso, con la possibilità di girare intorno al suo basamento.

pre

s i d io s o c i a l e h 24/7

giorno

zioni percorribili, garantendo una comunicazione costante sulla posizione e la funzione all’interno dell’intero insieme Parco e Centro. Morfologicamente il padiglione è stato progettato per richiamare la soluzione scatolare di quelli esistenti, ma esteticamente si configura con l’accezione di ‘lanterna urbana’. Essendo la prima porta di accesso al nuovo progetto, in ambedue le direzioni, si è deciso di rendere l’esperienza sensoriale ed emozionale, costituendo così un segno di riconoscimento anche notturno dell’intera area. È stato così progettato un rivestimento uniforme in macro-moduli triangoli in membrana di ETFE, materiale opaco di giorno e trasparente di notte: è così possibile illuminare dall’interno il padiglione, reso dalla luce immateriale e inconsistente, dove attore diventa il fruitore e non più l’architettura in sé. Ciò garantisce non solo un segno di riconoscibilità nel paesaggio urbano, ma anche un presidio sociale: illuminando il padiglione anche nelle ore notturne, è possibile rendere maggiormente sicura e utilizzabile tutta l’area del Centro Tessuto Contemporaneo, garantendo un’estensione degli orari per le attività di Design Atelier, le attività museali e le attività espositive in sicurezza.

notte

Il progetto architettonico Dal punto di vista progettuale è stato quindi pensato un nuovo reticolo strutturale, costituito da travi e pilastri in acciaio, con una maglia strutturale di 7x7 m, costituita da un’orditura principale ed un’orditura secondaria. Nella mezzeria del nuovo padiglione la maglia strutturale si raddoppia, diventando 7x14 m, consentendo l’inserimento del cannocchiale: un cono ottico filtro tra il parco e la piazza. Il cannocchiale si presenta come un imbuto bidirezionale, vero protagonista della scena urbana del progetto, convogliando l’utente all’attraversamento e all’accesso in un nuovo sistema, portatore di informazioni grafiche contenutistiche e direzionali sia a parete che a terra. La pavimentazione si mostra uniforme, senza soluzione di continuità, con quella della piazza, riportando le lastre di pietra alberese in questo ambiente interno/esterno, appunto una zona di filtro, volto ad essere considerato parte integrande del paesaggio urbano. Qui troviamo nuovamente l’utilizzo del rivestimento metallico con finitura oro per il cannocchiale del Padiglione di accesso: questo materiale di progetto segna, come visto precedentemente, i percorsi, gli accessi, il filo conduttore del racconto, volto a comunicare al fruitore le possibili dire

lant erna urbana


BB

CC

BB - Prospetto trasversale architettonico

N

a sinistra Planimetria di progetto, piano terra, scala adattata in basso Prospett trasversale AA, scala adattata Prospett trasversale BB, scala adattata

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14.40

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3

pagina successiva Render di progetto Il Padiglione di Accesso (BI)Direzionale

4

B

B

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1

+10.00 m | cannocchiale

7.00

+7.50 m | copertura

02

0.00

0.00

0.00

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C

C

01

7.00

+0.00 m | piano terra

7.00

D

D

+50.00 m | ciminiera

0.00

E

B

0.00

0.00

04

21 20

E

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7.00

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F

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5

4

7

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11

10

+10.00 m | copertura

0.00

0.00

0.00

7.00

03

G

G

01

+0.00 m | piano terra

1

7.70

AA - Prospetto trasversale architettonico

2

14.40

I

CC - Sezione longitudinale architettonica

I

7.00

H

H

02

3

7.70

4

01 AA

5

10 m

43



45


Per comprendere cosa si intende oggi con ‘orto sociale’ o ‘orto urbano’, è stato fondamentale ripercorrere attraverso un’accurata analisi storica il ruolo degli orti a partire dalla civiltà antica, fino ad arrivare alla nostra età contemporanea. In origine era il paradiso perduto: un giardino o orto delle delizie in cui l’umanità viveva in pace, a stretto contatto con la divinità. All’epoca della civiltà antica questa rappresentazione è comune a molti popoli antichi: uno spazio concluso in cui la natura benigna fornisce spontaneamente ogni cibo già commestibile, frutta e verdura, latte e miele tra alberi ombrosi, fiori di ogni genere, sorgenti e corsi d’acqua. I giardini più antichi, di cui abbiamo diverse testimonianze, sono quelli risalenti agli egizi (circa 1600-1400 a.C.). Nell’antico Egitto, il giardino era un luogo simbolo di vita e il lago era sempre presente in quanto rappresentava l’oceano primordiale. Accanto ai giardini-orti di tradizione orientale, ci sono da sempre anche gli orti-giardini, quelli che in città le famiglie con disponibilità di terra coltivano per l’autoconsumo o per il mercato locale. In questi casi il fine principale è l’utile. Fanno esempio gli orti della Macedonia nel V secolo a.C., dove questi vennero introdotti nei palazzi privati. In seguito, nell’epoca romana, tro-

viamo che la parola latina hortus, dal greco chortos, ha la stessa radice che ha generato la parola giardino (garten, garden, jardin) e che rimanda all’idea di ‘spazio recintato’. L’originario hortus romano era in effetti un piccolo appezzamento di terreno chiuso e annesso alla domus. Si tratta di uno spazio strettamente destinato alla produzione di ortaggi, frutta e qualche fiore, che era un’estensione dell’abitazione, una sorta di dispensa a cielo aperto, tutelata dalle stesse divinità che proteggevano la casa, i Lari. L’antico romano amava rappresentarsi come un ancestrale rustico che amava mangiare ortaggi e frutti, considerati i cibi più civilizzati perché prodotti dalla terra più vicina e addomesticata, quella dell’orto, perennemente lavorata e mai ciclicamente lasciata a riposo come quella dei campi. Successivamente il concetto di hortus romano si alterò per mezzo delle influenze orientali. Il piccolo appezzamento di terreno legato alla domus lasciò allora il posto a sofisticati peristili, micro-paradisi imitativi delle nobili dimore ellenistiche, dando vita ai precursori delle grandi ville ancora presenti a Roma. Per designare questo nuovo grande spazio urbano, i romani volsero il nome al plurale; si iniziò, quindi, a parlare di ‘horti’: Horti Luculliani, cui seguirono quelli di Sallustio, di Cesare,

Civiltà antica

Paradiso perduto

Giardino-Orto

Orto-Giardino

Epoca romana

Hortus romano

Horti romani

Medioevo Hortus conclusus


Gli orti nella storia Esplorazione a tema

Rinascimento

Ville Medicee

Età Moderna

Il giardino di Versailles

Età Contemporanea

di Mecenate e che attirarono le critiche dei conservatori, in virtù del fatto che non venivano coltivati. Nella città medievale, sul retro delle case, sorgevano angusti orti in cui si coltivavano, in ordinati riquadri, erbe aromatiche, generi di prima necessità, a volte anche vigneti e frutteti. L’hortus conclusus (latino, traducibile in italiano come ‘giardino recintato’) è la forma tipica di orto-giardino medievale, legato soprattutto a monasteri e conventi. Come dice il nome stesso si trattava di una zona verde, generalmente di piccole dimensioni, circondata da alte mura, dove i monaci coltivavano piante e alberi per scopi alimentari e medicinali; era anche uno spazio adibito alla lettura, alla preghiera e alla meditazione mentre pressoché sconosciuta era la funzione decorativa. Intorno al 480 a Norcia, in Umbria, nasce San Benedetto, ispiratore della famosa regola ‘Ora et labora’, che dette inizio all’insediamento dei benedettini: tale evento costituisce un capitolo fondamentale per lo sviluppo dell’agricoltura occidentale. I cosiddetti ’monaci neri’, in ragione al colore della veste che indossavano, favorirono a partire del VI secolo il radicamento di una nuova cultura agraria, attenta alla coltivazione dei campi, all’introduzione di tecniche più avanzate, alla gestione dei corsi d’acqua con la costruzione di

mulini, alla cura degli orti, all’insegnamento delle tecniche legate alle attività agricole, formazione del saper fare. Nel Rinascimento si vede l’evoluzione di un nuovo modello di orto-giardino, quello delle ville medicee. Cosimo de’ Medici, diventato Duca di Firenze nel 1537, fu un grande appassionato di botanica e agricoltura, e gli orti e i giardini realizzati nel Cinquecento rimangono una delle sue migliori espressioni. Nel 1543 Cosimo fondò a Pisa il primo orto botanico del mondo e due anni dopo, nel 1545, inaugurò il Giardino dei semplici di Firenze. Tra il 1537 e il 1609 fu portata a compimento la rete delle ville medicee che vennero circondate da importanti orti-giardini. Nella Villa di Castello e nella Villa La Petraia si trovano coltivazioni particolari, che erano molto gradite per due motivi: non impedivano la vista dei panorami circostanti e, poiché venivano citate nei trattati di agricoltura di epoca romana, potevano essere prese ad esempio per ricreare gli orti-giardini all’antica. Nell’epoca moderna l’emblema degli orti-giardini è il giardino produttivo realizzato per l’approvvigionamento della corte di Versailles, il giardino che circondava la reggia di Re Sole, che non badava a spese: della gestione degli orti, delle serre e dei 12.000 alberi da frutto si occupavano a tempo pieno 47 trenta giardinieri esperti.



pagina precedente Render di progetto I pergolati vegetali

Ordire una trama/Tramare un ordito Progetto di architettura del paesaggio

I nuovi parchi urbani devono basarsi sulla cultura e l’educazione e non più su una utilizzazione estetica e passiva. (...) È la fine del concetto di parco come spazio aperto, sostituito da quello di parco culturale. (B. Tschumi, 1984) L’evoluzione degli orti sociali urbani Durante il periodo della Rivoluzione Industriale in Europa un elevato numero di lavoratori e le loro famiglie emigrò dalle zone rurali verso le città in cerca di lavoro nelle fabbriche. Vivendo in condizioni economiche precarie, ognuno allestì degli orti in appezzamenti di proprietà varia per alleviare la situazione economica con la coltivazione di frutta e ortaggi. La prima associazione ufficiale di singole persone dedite alla coltivazione di orti urbani fu costituita in Germania nel 1864, dove gli orti urbani prendono il nome di Schrebergarten. L’utilità e la diffusione degli orti urbani divenne ancora più importante nella prima metà del XX secolo, durante le due Guerre Mondiali. Molte città infatti erano isolate dalle zone rurali periferiche cosicché i prodotti agricoli non riuscivano più a raggiungere i mercati cittadini ed erano venduti a prezzi molto alti. Tra gli anni ’70 e ’80 del XX secolo, periodo caratterizzato da una forte espansione industriale, gli orti urbani si sono sviluppati soprattutto dove era in atto un massiccio processo di

inurbamento, connesso a fenomeni di immigrazione di massa. Gli orti urbani fornivano un prodotto che serviva in maniera preponderante all’autoconsumo, ma serviva anche da elemento di identificazione per gli immigrati e dava, inoltre, opportunità di svago. A partire dagli anni ’90, il crescente benessere nei paesi industrializzati ha collocato in secondo piano la produttività dell’orto. L’orticoltura urbana si è oggigiorno spesso evoluta svolgendo funzioni estetico ricreative, educative, sociali o terapeutiche in relazione alle mutate condizioni economiche e socio-culturali. I community gardens dei paesi anglosassoni sono paradigmatici di questa evoluzione. Si tratta di appezzamenti di terreno che sono curati collettivamente da un gruppo di persone. La maggior parte dei community gardens sono aperti al pubblico per la fruizione di spazi verdi in aree urbane con diverse opportunità di relazioni sociali, ricreazione, formazione. I piccoli appezzamenti di terreno in ambito urbano adibiti ad orti amatoriali sono una realtà diffusa in tutto il mondo. L’agricoltura sociale comprende una pluralità di esperienze accomunate dalla caratteristica di integrare nell’attività agricola attività di carattere sociosanitario, educativo, di formazione e inserimento lavorativo.

49


in basso Schemi di concept pagina successiva Sezione di dettaglio. Il parco e il sistema di pergolati vegetali, scala adattata Sezione di dettaglio. Il parco e le rimesse sociali condivise, scala adattata pagina successiva in basso Rimessa condivisa come presidio sociale

SUFFICIENTI A PRODURRE FRUTTA E VERDURA

mq

20

per il fabbisogno annuale di una persona

DIMENSIONE MINIMA

40

1000

mq

sabilità verso il nostro territorio. Gli orti di progetto, ognuno della dimensione minima di 40 metri quadri, seguono le direttrici del territorio e rimembrano l’attività passata: divisi secondo una maglia regolatrice danno vita ad un insieme capace di fornire un miglioramento sostanziale alla qualità della vita. Un vero e proprio polmone verde che non sia solo parco (urbano, didattico, conoscitivo), ma un insieme di biodiversità. Tale sistema complesso di orti prevede delle rimesse sociali, delle costruzioni leggere di circa 25 metri quadri l’una da condividere con i vicini, come rimessa per l’attrezzatura, secondo il concept principale del progetto: unione, memoria e futuro della città di Prato. Si crea così un insieme comunitario, al servizio della popolazione pratese.

singolo appezzamento

Il progetto degli orti sociali urbani Lo sviluppo degli orti sociali urbani è un fenomeno in continua crescita negli ultimi anni in Italia. L’obiettivo delle amministrazioni è la tutela della biodiversità agricola e la riduzione della produzione di rifiuti, ma non solo. Gli orti sociali urbani costituiscono un’azione possibile e alla portata di tutti contro i problemi climatici, consentono di combattere l’esclusione sociale e la solitudine tipica degli agglomerati urbani, permettendo a gruppi di persone attive di usufruire di un ambiente accogliente e a stretto contatto con la natura. Tale fenomeno è di rilevante importanza anche per lo sviluppo economico della persona e quindi, per estensione, del territorio: basti pensare che sono sufficienti 20 metri quadri di terreno per produrre sufficiente frutta e verdura per una persona per un anno intero. Tali assunti si pongono quindi alla base dell’idea progettuale che fonda le sue radici in un’area da sempre segnata dall’utilizzo agricolo: l’area anteriore alla Ex Banci, separata da Viale Leonardo Da Vinci, è infatti da sempre utilizzata a fine agricolo e ancora oggi permangono degli appezzamenti di terreno. Tali orti sono stati integrati in un insieme più ampio, capace di ospitare fino a 7 ettari di orti sociali urbani che possano unire i cittadini aumentando la socialità e la respon-

di una singola unità agricola in appezzamenti

CAPACITÀ MASSIMA DIMENSIONALE

7 ETTARI

del lotto di progetto


2

5m

Legenda tecnologica 1. terreno compatto

13. panchina in cemento con seduta lignea attr.

2. strato di ghiaia grossa - 400 mm 0 1 3. strato di ghiaia fine - 200 mm

14. strato di terra battuta stabilizzata

4. strato di sabbia - 100 mm

16. strato di magrone - 100 mm

5. congl. natura con inserti in pietra alberese

17. pavimentazione in blocchi di cemento - 40 mm

6. strato di base - 200 mm

18. appoggio in acciaio con micro regolazione

7. binder - miscela di leganti - 180 mm

19. trave in legno lamellare - 300x300x5000 mm

8. tappeto di usura e strato di asfalto dren. - 60 mm 250x250x5000 mm - piatti di acciaio - sp. 10 mm 9. appoggio in acciaio con micro regolazione

20. assi di legno lamellare 550x5000 mm

10. pergolato mod. formato da trave in legno lam.

22. isolante termoacustico in fibre tessili 100 mm

15. pannello informativo luminoso - orti sociali

I pergolati vegetali nel sistema orto Nell’antichità i pergolati vegetali si trovavano sempre in prossimità di un orto-giardino: per questo si propone nel progetto l’inserimento di un sistema di pergolati vegetali che accompagnino il percorso all’interno del parco. I pergolati, quindi indicano i percorsi principali di collegamento all’interno del parco, ma garantiscono anche un riparo dal sole per chi usufruisce degli appezzamenti di terreno. Si propone un pergolato composto da una struttura a secco, mediante l’utilizzo di travi in legno lamellare, tra due piatti di acciaio, verniciati di bianco. I pergolati si basano su un appoggio in acciaio con micro-regolazione, con tirafondi che costituiscono una fondazione leggera, e sono uniti da tubolari metallici con finitura oro sui quali crescono i rampicanti.

21. sottostruttura assi di legno 23. supporto/divisorio pav. interna in legno

11. sistema di smaltimento delle acque

24. pav. in assi di legno

12. cordolo di contenimento in pasta cementizia

25. disp. di audio video sorveglianza e infotainment

6 7 8 9 10 11 12

1 2 3 4 5

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presi

di o s o ci ale 12 h

0.16

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in basso Sezione ambientale di dettaglio del paesaggio, scala adattata Planimetria di dettaglio del paesaggio, scala adattata pagina successiva Legenda delle specie arboree, arbustive, erbacee, minerali di progetto 0

10

20

50 m

Il concetto di parco culturale Nella Parigi del 1982 Bernard Tschumi realizza Le Parc de la Villete, capolavoro della poetica dei layer, episodio rimasto nella storia dell’architettura poiché a lui si deve l’introduzione del concetto di ‘parco culturale’: il parco si presenta infatti come un contenitore di attività, con funzioni legate non solo al divertimento ma anche all’educazione, integrando molte attività. L’obiettivo del progetto dell’Area Ex Banci sposa questa tendenza, ovvero l’idea di creare un contenitore vegetale, paesaggistico, di interesse culturale, volto ad ospitare ed integrare in sè un nuovo sistema, quello del Centro Tessuto Contemporaneo. Questo è possibile con l’inserimento di tematiche didattiche-culturali, come ad esempio gli orti sociali urbani, che possono diventare didattici, terapeutici, riabilitativi, aree tematiche di approfondimento sulle specie vegetali di progetto anti-inquinamento, percorsi minerali con riutilizzo di materiali del territorio, che raccontano la storia del sito di progetto, aree studio delle tessiture vegetali e minerali. Quindi, un insieme vegetale didattico, incentrato sulla storia dell’area, con sguardo attento al futuro, incentrato sulla tematica dell’ecologia e che si sviluppa tramite l’utilizzo di nuove trame urbane, intrecci culturali e vegetali.

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pagina successiva Render di progetto I pergolati vegetali

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Ac. Acer Campestre

Pn. Populus Nigra

Ap. Acer Pseudoplatanus

Fa. Fraxinus Angustifolia

Ap. Acer Platanoides

Fo. Fraxinus Ornus

Ca. Celtis Australis

Qi. Quercus Ilex

Cb. Carpinus Betulus

Qr. Quercus Robur

Cc. Corylus Colurna

Um. Ulmus Minor

Pa. Populus Alba

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Struttura arborea

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M1. Tipo ‘Nova Flore, M1’

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M2. Tipo ‘Nova Flore, M2’

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P3. Asfalto colorato drenante per pista ciclabile

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P4. Terra battuta stabilizzata

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Struttura erbacea

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Cf. Cornus Florida

Struttura minerale P1. Congl. natura misto con inserti in pietra alberese

P4

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P2. Profilo di rifinitura in alluminio anodiz. - 150 mm

P5. Asfalto carrabile drenante P6. Autobloccante drenante grigliato

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55



Fabbrica di biodiversità vegetale Un progetto pilota per Prato 2050

pagina precedente Render fotoinserimento del progetto territoriale in basso Schemi di concept Dalla produzione di CO2 alla produzione di O2

CO2 CO2 CO2

CO2 CO2

CO2

O2

O2 O2

O2 O2

O2

I parchi urbani, così come tutti i luoghi del collettivo urbano (...) sono quei luoghi dove traspare (...) il pubblico, esaltando il privato, sono quei luoghi cerniera dove il singolo cittadino diviene comunità e trova il contatto diretto con gli altri; sono i luoghi dello stare e del divenire. (A. M. Ippolito, 2006)

l’effetto ‘isola di calore’. Un movimento globale sulla forestazione urbana, operata coscientemente, potrà aiutare ad impedire che la temperatura globale del Pianeta cresca sopra al tetto dei 2 °C, considerata la soglia massima accettabile dagli accordi di Parigi del 2015.

Climate change Nel 2030 il 60% della popolazione mondiale vivrà nelle città, secondo un fenomeno di inurbamento progressivo sempre maggiore. Già oggi le città consumano il 75% delle risorse naturali e sono responsabili di oltre il 70% delle emissioni globali di CO2. Le emissioni cumulative di anidride carbonica, insieme a quelle di gas metano e di altri gas serra, determinano il surriscaldamento globale del Pianeta, che è causa a sua volta dello scioglimento dei ghiacciai, della perdita di biodiversità e dell’innalzamento crescente del livello degli oceani. È fondamentale considerare un altro fattore: le foreste e gli alberi assorbono ogni anno quasi il 40% delle emissioni di combustibili fossili prodotte in larga parte dalle nostre città. Quindi, se un unico albero può portare notevoli benefici alla città e ai suoi abitanti, un bosco o una foresta urbana possono essere un aiuto straordinario, riducendo drasticamente l’inquinamento, il consumo energetico e

Emissioni e assorbimento forestale Ai fini della stesura del recente PO, il Comune ha eseguito il censimento delle specie arboree, dal quale risulta un totale di 29151 alberi, del quale il 18% è costituito da Tilia Europea, il 15% da Pinus Pinea, il 6% da Platanus Acerifolia e la restante si trova divisa in percentuali minime. Conseguentemente è stato calcolato l’abbattimento di CO2 operato da tali specie esistenti: emerge, infatti, che queste assorbono 3586000 kg di CO2 ogni anno. In virtù delle considerazioni in merito al climate change e dei recenti dati, appare necessario implementare la vegetazione della città, attraverso la creazione di nuovi spazi aperti, grandi parchi, vegetazione capillare, di margine. Nel progetto dell’Area Ex Banci si stima la piantumazione di 2300 nuovi alberi e arbusti. Secondo i dati forniti dal CNR (Centro Nazionale Ricerche) si stima di ridurre 322420 kg di CO2 all’anno con l’intervento proposto.

57


Le specie di progetto La scelta delle specie di progetto è stata dettata da molteplici fattori. Come visto precedentemente, ai fini della messa a sistema in strutture vegetali, la fase di analisi si è costituita secondo lo studio visuale del territorio articolato secondo gradienti di visualità, secondo il censimento delle specie arboree presenti sul territorio e, infine, secondo l’analisi delle specie presenti nell’area di progetto. In risposta a tali analisi si è proceduto quindi alla scelta delle specie arboree ed arbustive in base al principio di compatibilità paesaggistica, compatibilità ecologica e in termini di resilienza e quindi climate change. Le specie scelte in base alla compatibilità paesaggistica rispettano la struttura del paesaggio esistente e le categorie preesistenti, soddisfacendo quindi anche i gradienti di visualità di progetto nelle diverse direzioni, elemento insito nel paesaggio, in modo tale da nascondere parti di contesto e orientare lo sguardo verso i landmark e i serbatoi di naturalità del nostro territorio. Le specie definite in base alla compatibilità ecologiche, invece, rispettano i suoli, gli ambienti e l’ecosistema più generale, operando la scelta su quelle specie per le quali è già comprovato che resistano ai fattori ambientali del territorio.

Infine, la scelta operata in base alla resilienza, al climate change, per la bonifica dei suoli inquinati. Sono stati quindi analizzati gli indici di assorbimento di gas nocivi, come la CO2, secondo i dati di assorbimento forestale recentemente diffusi dal CNR. Secondo la ricerca presa ad esame gli alberi che assorbono maggiormente i gas inquinanti sono Acer Platanoides (Acero Riccio), Celtis Australis (Bagolaro), Tilia x Vulgaris (Tiglio Europeo), Ulmus Minor (Olmo Minore) e il Fraxinus Ornus (Frassino Orniello), i quali presentano un indice di assorbimento da 120 a 190 kg all’anno: si stima, ad esempio, che l’Acer Platanoides in 20 anni possa assorbire 3800 kg di CO2, il Celtis Australis 3600 kg, l’Ulmus Minor e il Tilia x Vulgaris 2800 kg, il Fraxinus Ornus 2400 kg. Con un totale di oltre 2000 nuovi alberi, si andrebbero ad assorbire oltre 300000 kg di CO2 all’anno, operazione che, assieme ad un’adeguata sensibilizzazione in materia, potrebbe essere un vero punto di inizio nella lotta al cambiamento climatico, rendendo la città più vivibile e più vissuta.

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pagina precedente Specie arboree e arbustive di progetto Ac. Acer Campestre Ap. Acer Pseudoplatanus Ap. Acer Platanoides Ca. Celtis Australis Cb. Carpinus Betulus Cc. Corylus Colurna Pa. Populus Alba Pn. Populus Nigra Fa. Fraxinus Angustifolia Fo. Fraxinus Ornus Qi. Quercus Ilex Qp. Quercus Pubescens Qr. Quercus Robur Um. Ulmus Minor Tv. Tilia x Vulgaris Au. Arbutus Unedo Ca. Corylus Avellana Cf. Cornus Florida Cm. Cornus Mas Cm. Crataegus Monogyna Cs. Cornus Sanguinea Mc. Myrtus Communis Lc. Ligustrum Vulgare Vt. Viburnum Tinus

Un progetto pilota Il progetto di riqualificazione del paesaggio urbano proposto per l’Area Ex Banci è solo un primo passo in una nuova direzione. Se il landscape urbanism costituisce la premessa sia del Piano Operativo che dell’approfondimento di tesi, si può dire che questo si costituisca anche come conclusione. L’obiettivo è quello di un progetto pilota, che possa essere input per ampliarsi e diffondersi all’interno della città, a macchia d’olio e capillarmente, affinché si verifichi la creazione di una nuova identità degli spazi aperti urbani, trasformando quelli abbandonati secondo il principio della resilienza, sostituendo il concetto di produzione di CO2 con quello di produzione di O2, sensibilizzando al tema dei cambiamenti climatici. “Una nuova struttura dello spazio e del tempo”, citando Bernardo Secchi, un nuovo modo di fare landscape urbanism, pianificazione, riqualificazione del paesaggio urbano più adeguato al nostro tempo, dove la creazione di un nuovo parco urbano diventi cerniera della comunità, luogo dello stare e divenire.

59



Bibliografia

Bibliografia Barberis V., Cattaneo E. 2019, Prato Fabbrica Natura, Il Nuovo Piano Operativo, Skira, Milano.

Piano di indirizzo territoriale (PIT), con valenza di Piano Paesaggistico Sitografia

Calvino I. 1972, Le città invisibili, Einaudi, Torino.

<www.regione.toscana.it> (12/19)

Guanci G. 2009, I luoghi storici della produzione pratese, Edicit, Prato.

<www.cittadiprato.it> (01/20)

Ippolito A.M. 2006, Il parco urbano contemporaneo, Alinea, Firenze.

<www.comune.prato.it> (05/19) <www.pratomusei.it> (10/19) <www.museodeltessuto.it> (11/19)

Lambertini A., Corrado M. 2011, Atlante delle nature urbane, Compositori, Bologna.

<www.beyondtheboundary.it> (06/19)

Malaparte C. 1956, Maledetti toscani, Adelphi, Firenze.

<www.maps.google.com> (01/20)

Munari B. 2008, Verbale scritto, Corraini, Mantova.

<www.mduarchitetti.it> (05/20)

Munari B. 1981, Da cosa nasce cosa, Laterza, Bari.

<www.macotechnology.com> (01/20)

Piano R. 1997, Giornale di bordo, Passigli.

<www.stefanoboeriarchitetti.net> (11/19) <www.bing.maps.com> (01/20) <www.centropecci.it> (12/19) <www.tuscanartindustry.com> (01/20)

Secchi B. 2000, Prima lezione di urbanistica, Laterza, Roma-Bari. Trivellin E. 2019, Textile Design, DIDA, Firenze. Tschumi B. 1984, L’invention du Parc de La Villette, Orlandini, Paris. Normativa Piano Operativo (PO) Disciplina dei suoli e degli insediamenti Sistema ambientale (PO) Piano strutturale (PS) Regolamento edilizio (RE) Regolamento del verde pubblico/privato Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS)

61



Indice

Presentazione Paolo Di Nardo

5

Premessa Nuovo Piano Operativo

7

Tempo di fabbrica Storia dell’Area Ex Banci

9

Lettura interpretativa Connessioni e spazi aperti

15

Le ciminiere di Prato Esplorazione a tema

19

Trama e ordito Progetto di masterplan

21

CTC Centro Tessuto Contemporaneo

27

Nuovo Museo del Design del Tessuto Centro Tessuto Contemporaneo

31

Accesso (BI)Direzionale Centro Tessuto Contemporaneo

41

Gli orti nella storia Esplorazione a tema

47

Ordire una trama/Tramare un ordito Progetto di architettura del paesaggio

49

Fabbrica di biodiversitĂ vegetale Progetto pilota per Prato 2050

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Bibliografia

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Finito di stampare per conto di didapress Dipartimento di Architettura UniversitĂ degli Studi di Firenze Dicembre 2020



La città di Prato, da sempre luogo di sperimentazioni urbane d’eccellenza, è oggi un laboratorio permanente di strategie territoriali, fondate sulla teoria del Landscape Urbanism. L’ibridazione tra ecologia, tecnologia e ambiente antropico e la sostituzione delle logiche ecologiche a quelle urbane mettono al centro le tematiche di re-use, re-cycling e climate change, focalizzando l’indagine sui vuoti della città, sulle porosità e sul loro valore di resilienza nel processo di trasformazione urbana e architettonica. In questo ambito strategico si inserisce l’Area Ex Banci, emblema di una prematura attenzione ai più contemporanei aspetti di una cultura ecologica, sostenibile, resiliente. Un organismo architettonico estroflesso verso la natura, il grande sogno americano del self-made man: queste furono le suggestioni con le quali Walter Banci costruì l’omonimo lanificio tra il 1952 e il 1962, secondo un gioco di similitudini architettoniche che ci ricordano l’architettura contemporanea del maestro F. L. Wright. Oggi abbandonata da oltre 40 anni, se ne propone il recupero in un progetto di riqualificazione del paesaggio urbano, che comprenda le permanenze di archeologica industriale e lo spazio aperto limitrofo: una ricucitura della maglia paesaggistica intelaiando l’ordito delle preesistenze con una nuova trama progettuale di percorsi, volta alla creazione di un nuovo asse ecologico verso la Calvana e un asse di contemporaneità con il Centro Pecci. L’obiettivo è la creazione di un progetto pilota, input per diffondersi all’interno della città, tessendo la trama identitaria degli spazi aperti urbani, trasformando quelli abbandonati secondo il principio della resilienza, sostituendo il concetto di produzione di CO2 con quello di produzione di O2: “Una nuova struttura dello spazio e del tempo”, citando B. Secchi, una nuova strategia per la riqualificazione del paesaggio urbano, dove questo diventi cerniera della comunità, luogo dello stare e divenire. Un ordito ed una trama che formano un nuovo tessuto urbano, perché in fondo Tessuto è Prato. Lisa Da Rold. Lisa Da Rold. Prato, 1994, Architetto. Si forma presso la Scuola di Architettura di Firenze, laureandosi con lode nel corso di Laurea Triennale in Scienze dell’Architettura e successivamente nel corso di Laurea Magistrale in Progettazione dell’Architettura, discutendo la tesi presentata in questo volume. Esperta di interior design e computer grafica, lavora come architetto di interni in ambito residenziale e hospitality.

ISBN 978-88333-8-129-9


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