Vicario | Conservazione e sostenibilità degli edifici storici

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margherita vicario

Conservazione e sostenibilitĂ degli edifici storici Il caso di Palazzo San Clemente a Firenze



tesi | architettura design territorio


Il presente volume è la sintesi della tesi di laurea a cui è stata attribuita la dignità di pubblicazione. “La tesi rappresenta una ricerca estesa ed innovativa su un importante complesso monumentale coniugando in maniera originale ed inedita conservazione e sostenibilità per un manufatto storicizzato”. Commissione: Proff. P. Bellia, V. Bonora, M. De Santis, M. De Vita, F. M. Lorusso, T. Matteini, R. Nudo, L. Zaffi

in copertina Fotopiano del Prospetto Nord-Ovest di Palazzo San Clemente, Degrado Superficiale, Termografico in B/N, Materico

progetto grafico Laboratorio Comunicazione Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze Susanna Cerri Gaia Lavoratti

© 2017 DIDAPRESS Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze via della Mattonaia, 8 Firenze 50121 ISBN 978-88-9608-086-3

Stampato su carta di pura cellulosa Fedrigoni Arcoset


margherita vicario

Conservazione e sostenibilitĂ degli edifici storici Il caso di Palazzo San Clemente a Firenze

Studia il passato se vuoi prevedere il futuro (Confucio)



pagina precedente Bartolomeo Neri, Leopardo animale araldico della famiglia Guadagni, piano mezzanino, XVII secolo Foto di Adriano Bartolozzi

Per un restauro autenticamente sostenibile

Un tema culturale che realmente rappresenta un aggiornamento dei principi, delle tecniche, dell’operatività sul campo del restauro è quello della conoscenza avanzata e condotta con tecniche di indagine diagnostica non invasiva. Ciò è vero se questa è mirata non solo al più minuzioso ed attendibile esame delle compagini murarie e più in genere delle componenti architettoniche di un edificio di interesse storico-artistico, ma già proiettata verso l’indagine del loro rapporto con l’ambiente, con quello del suo passato come con quello del suo presente, se calibrata con la logica della conservazione attiva, della manutenzione, dell’efficienza energetica scrupolosamente misurata con i gradi di compatibilità di questa con il manufatto storico e le sue parti, pregiate quanto fragili. Nella ricerca e nelle proposte cui queste riflessioni fanno da incipit tali interrelazioni sperimentali non solo sono presenti ma ne caratterizzano e formano la struttura con il dichiarato proposito di poggiare su criteri e principi restaurativi acquisiti criticamente dalla pubblicistica più alta e significativa, un pensiero quanto mai attuale ed urgente, spesso solo rivolto alle nuove edificazioni, rivolto in linea culturale ed anche tecnica e tecnologica non solo allo straordinario racconto di un edificio storico ma anche al suo problematico respiro. Il continuo vaglio critico incrociato delle fonti ai fini di una costruzione complessa ed operativa di un progetto della conoscenza qui si sostanzia sperimentalmente di ulteriori dati che vanno ad arricchire la complessità dell’indagine, per un reale programma integrato di restauro e, possiamo dirlo, valorizzazione di un edificio di grande pregio posto nel centro di Firenze. La storia, il senso spaziale, il dato materico, il valore artistico e decorativo, il possibile contenimento energetico ante litteram, ma anche le potenzialità ai sensi delle norme e delle necessità dei nostri giorni, vengono valutate elemento per elemento, orizzontamento per orizzontamento incrociando costantemente i dati archivistici, quelli dimensionali, le risultanze di termografie di ultima generazione, le notizie sulle dipinture e caratterizzazioni puramente decorative. Appaiono anche molto più chiare le trasformazioni, le aggiunte, gli accorpamenti, le sottrazioni che hanno determinato l’assetto del complesso monumentale quale esso oggi ci appare. Le modalità di intervento su forme di degrado e dissesti si intrecciano così con nuovi criteri e tecniche di lettura del dato energetico locale e complessivo, fornendo un quadro ampio ed estremamente interessante a qualsivoglia ipotesi di intervento e possibile nuovo uso. Il vaglio e la definizione del da farsi e delle potenzialità dell’edificio storico è e rimane eminentemente culturale e discende, nelle stesse premesse di questa ricerca, dalla capacità di lettura e di rispetto dell’esistente cui viene posta però la condizione di aggiornare ed incrementare le fonti ed i dati della conoscenza, per una declinazione al futuro non tanto e non solo del manufatto quanto dello stesso progetto di restauro, quindi di un fare architettura capace di attraversare, sapientemente e criticamente, il tempo. Maurizio De Vita Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze

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Restauro eTitolo sostenibilitĂ sezione



Restauro e sostenibilità

Restauro Il restauro è l’esecuzione d’un progetto d’architettura che si applica ad una preesistenza, compie su di essa tutte le operazioni tecniche idonee a conservarne la consistenza materiale, a ridurre i fattori intrinseci ed estrinseci di degrado, per consegnarla alla fruizione come strumento di soddisfazione dei bisogni, con le alterazioni strettamente indispensabili, utilizzando studio preventivo e progetto come strumenti d’incremento della conoscenza (Amedeo Bellini)1 S’intende per restauro qualsiasi intervento volto a conservare e a trasmettere al futuro, facilitandone la lettura e senza cancellarne le tracce del passaggio nel tempo, le opere d’interesse storico, artistico e ambientale; esso si fonda sul rispetto della sostanza antica e delle documentazioni autentiche costituite da tali opere, proponendosi inoltre, come atto d’interpretazione critica non verbale ma espressa nel concreto operare. Più precisamente, come opera critica e proposizione sempre modificabile, senza che per essa si alteri irreversibilmente l’originale. (Giovanni Carbonara)2 1 Amedeo Bellini, in “Che cos’è il restauro? Nove studiosi a confronto”, a curda di B. Paolo Torsello, Marsilio Editore, Venezia, 2005. 2 Giovanni Carbonara, in “Che cos’è il restauro? Nove studiosi a confronto”, a curda di B. Paolo Torsello, Marsilio Editore, Venezia, 2005.

In relazione al tema trattato è importante sottolineare, come il concetto di restauro proposto si basi sul riconoscere agli edifici storici un valore testimoniale, in quanto portatori di conoscenza, e che tale valore deve essere trasmesso alle future generazioni. Inoltre, riconoscere l’edificio storico come bene collettivo permette di considerare l’attività di restauro, e la conseguente fruizione del bene, come strumento di soddisfazione dei bisogni umani. Sviluppo sostenibile Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri3. Tale definizione, oggi largamente condivisa, si basa sull’idea secondo cui bisogna dar vita ad una forma di sviluppo presente che non intacchi però l’ambiente al punto da compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare le proprie esigenze di godimento delle risorse naturali. Ne consegue anche una nuova maniera di gestire le relazioni economiche tra Stati i quali dovranno garantire un uti3 Dal rapporto “Our commone future”, 1987, della WCED (World Commission on Environment and Development), nominata dall’ONU e presieduta dall’allora Primo Ministro norvegese Gro Harlem Brundtland.

lizzo “sostenibile” delle risorse naturali, in particolare sfruttando quelle non rinnovabili in modo tale da non causarne il rapido esaurimento e quelle rinnovabili tenendo in considerazione la loro capacità di rigenerazione e quindi evitando di determinarne il crescente logoramento. Per raggiungere una forma di sviluppo sostenibile è quindi necessario raggiungere un equilibro dinamico, che vada di pari passo con l’evoluzione della società umana e che soddisfi principi di qualità ambientale, sviluppo economico ed equità sociale. Definizioni a confronto Da queste definizioni, si capisce che coniugare le esigenze del restauro con quelle della sostenibilità non appare una forzatura. Se si riconosce il bene culturale come risorsa essa stessa non rinnovabile e limitata, la sua conservazione e salvaguardia diventano esigenze prioritarie della collettività. Inoltre è facile comprendere come le istanze del restauro possono completarsi e arricchirsi grazie a quelle della sostenibilità, favorendo la lettura, comprensione e conservazione del costruito storico. Oltre al dovuto rispetto delle risorse ambientali, il concetto di sostenibilità può offrire strumenti di interpretazione del costruito storico.

I concetti di sostenibilità, e quindi riduzione del consumo energetico, incoraggiati dalle Direttive Europee sono orientati quasi esclusivamente al settore delle nuove costruzioni. Conseguentemente, nel passaggio al costruito di valore storico, il pericolo consiste nella indiscriminata trasposizione di principi e indicazioni progettuali pensate per le nuove costruzioni o per la riqualificazione dell’edilizia contemporanea, senza una efficace riflessione sulla compatibilità con i valori culturali propri degli edifici storici. Il progetto di restauro è un progetto complesso che comprende molti aspetti e che si riferisce ad architetture uniche. La conservazione del valore e dell’autenticità dell’edificio è prioritaria ed è finalizzata a massimizzare il mantenimento della stratificazione della materia originaria senza alterarne la consistenza strutturale, formale e materiale. Dunque le affinità profonde che esistono tra conservazione compatibile e sostenibilità derivano dal comune campo di interesse per risorse limitate e degradabili, in un caso storiche e architettoniche e nell’altro economiche, sociali e ambientali. Nel coniugare i due campi è necessario intervenire con una visione globale dei due problemi che tenga conto delle specificità di entrambi 9


per arrivare ad una soluzione comune. Nello specifico le tecnologie sostenibili devono essere applicate al patrimonio storico solo dopo una attenta analisi della loro compatibilità con il contesto in cui andranno ad inserirsi. Questo atteggiamento critico nei confronti della sostenibilità è necessario per valutare le possibili conseguenze dell’applicazione di strategie innovative, come quelle per l’efficientamento energetico sugli edifici storici, così da non alterarne il valore testimoniale e la consistenza materiale. La sostenibilità in architettura e nel restauro Il settore dell’edilizia assorbe più del 40% delle risorse energetiche e i prodotti per l’edilizia consumano quantità sempre maggiori di risorse ambientali, prima fra tutte il suolo. Per questo il settore edilizio non si configura certamente come un’attività di per sé ecologica. Gli edifici consumano risorse durante l’intero ciclo di vita, dall’approvvigionamento delle materie prime alla dismissione. Considerando che il 90% del consumo complessivo di energia di un edificio nell’arco di 50 anni è rappresentato dall’illuminazione, dal riscaldamento dell’acqua e dai sistemi di climatizzazione, l’aspetto gestionale di una costruzione deve essere considerato nella progettazione per-

ché influisce notevolmente sull’impatto che essa avrà sull’ambiente. Per far fronte a questo fenomeno, l’architettura sostenibile si pone come obiettivo la costruzione e la gestione di edifici che limitino l’impatto ambientale, tramite l’efficienza energetica, il miglioramento della salute, del comfort e della qualità dell’uso degli abitanti. Riferendosi alla definizione generale di sviluppo sostenibile in architettura l’obiettivo è dunque costruire e gestire un’edilizia che tenga conto già dalla fase iniziale del progetto delle risorse naturali, senza comprometterne l’utilizzo futuro e dando priorità a interventi in grado di inserirsi in accordo con il contesto e con il riutilizzo di spazi e materiali. Se si parla di restauro architettonico i fattori che si legano con la sostenibilità aumentano ulteriormente in quanto si parla di un attività di per sé sostenibile, per la propria natura di recupero e valorizzazione dell’esistente che si oppone al consumo di risorse e di suolo. I tre aspetti della sostenibilità nel restauro Generalmente il concetto di sostenibilità viene inteso secondo tre diversi aspetti: economico, sociale e ambientale. Tali aspetti sono facilmente applicabili all’attività restaurativa e di re-

cupero del patrimonio architettonico esistente. L’aspetto economico In sostenibilità, l’aspetto economico, che si occupa dell’uso razionale ed efficiente delle risorse in relazione alla crescita economica, riguarda la diminuzione dell’utilizzo delle risorse non rinnovabili nell’ottica del rapporto costi/benefici. L’attività di restauro del patrimonio storico si inserisce in questa visione in quanto permette di “riusare” beni altrimenti destinati all’abbandono con benefici anche di carattere economico. Inoltre per le sue caratteristiche di unicità il patrimonio storico può diventare un motore trainante di attività economiche legate ad attività come il commercio e il turismo. L’aspetto sociale e culturale L’aspetto sociale e culturale si occupa di garantire condizioni di benessere umano in termini di vita collettiva (sicurezza, salute, istruzione) equamente distribuite. In questo contesto la conservazione del patrimonio non è solo la preservazione del manufatto in sé, ma l’attività che consente la trasmissione dell’identità culturale, intesa come riscoperta delle tecniche costruttive, del lavoro e delle pratiche e quindi della competen-

za e conoscenza dell’uomo. Inoltre favorisce l’interazione fra gli abitanti e la coesione sociale. Fonte di scambi, d’innovazione e di creatività, la diversità culturale è, per il genere umano, necessaria quanto la biodiversità per qualsiasi forma di vita […] la diversità culturale amplia le possibilità di scelta offerte a ciascuno; è una delle fonti di sviluppo, inteso non soltanto in termini di crescita economica, ma anche come possibilità di accesso ad un’esistenza intellettuale, affettiva, morale e spirituale soddisfacente. (UNESCO)4 L’aspetto ambientale L’aspetto ambientale pone la sua attenzione sulla consapevole gestione delle risorse naturali deperibili, sulla salvaguardia dell’ambiente naturale e sulla limitazione delle attività umane sull’ambiente. Una gestione ambientale sostenibile prevede di utilizzare le risorse senza pregiudicarne la loro capacità di rigenerarsi. L’architettura tradizionale è il risultato di una stratificazione complessa di culture del costruire che storicamente si sono dovute rapportare con l’ambiente circostante in termini di risorse disponibili per i materiali da costruzio-

4 UNESCO, 2001, Art. 1 e 3 della “Dichiarazione Universale sulla Diversità Culturale”.


Firenze, Palazzo Corsini, Sala quartiere estivo e sezione con particolare delle botole per la ventilazione naturale dalle cantine. Tratto da Balocco C., Farneti F., Minutoli G. 2009, I sistemi di ventilazione naturale negli edifici storici. Palazzo Pitti a Firenze e palazzo Marchese a Palermo, Alinea, Firenze.

ne e di esposizione alle condizioni ai rischi ambientali. Intervenire in maniera sostenibile in un edificio storico significa prima di tutto riconoscere questi caratteri per non pregiudicare il loro intrinseco funzionamento. La sostenibilità degli edifici antichi Gli edifici antichi hanno da sempre dovuto confrontarsi con il sito dove si trovavano. Molte caratteristiche dell’architettura sostenibile odierna erano alla base del costruire antico, al fine di raggiungere delle condizioni di comfort soddisfacenti, l’architettura storica ha da sempre fatto ricorso a strategie “bioclimatiche” che si sviluppavano in sinergia con l’ambiente circostante. I tradizionali modi del costruire, ovvero la scelta del sito dove edificare nuovi insediamenti, l’orientamento e la forma degli edifici, le tecniche costruttive e la scelta dei materiali sono sempre derivati dalla stretta relazione con l’area geografica e culturale. Per questi motivi si sono sviluppate delle tipologie costruttive con carattere regionale che rispondevano alla tipologia di clima della zona dove si trovavano e che avevano individuato delle soluzioni tecnologiche per rendere ottimali le condizioni di chi le abitava. I sistemi ideati per raggiungere livelli di comfort soddisfacenti erano molto in-

gegnosi e, come già detto, sfruttavano le caratteristiche naturali dell’ambiente circostante. La ventilazione naturale era uno dei fenomeni maggiormente sfruttati per diminuire la temperatura interna nelle stagioni estive ma anche nel periodo invernale per diffondere il calore che spesso veniva dalle cucine e dagli ambienti di lavoro posti ai piani bassi o interrati. Anche lo sfruttamento dell’inerzia termica delle murature era un principio molto utilizzato che permetteva di mantenere la temperatura interna a buoni livelli di comfort. La costruzioni di patii, corti interne e logge e l’utilizzo di schermature per contrastare la radiazione solare erano tutti accorgimenti che gli antichi conoscevano molto bene e che erano alla base dei tradizionali modi del costruire. A causa di interventi e restauri non accurati e in nome di tecnologie sempre più all’avanguardia talvolta tali caratteristiche sono state compromesse, alterando così il comportamento sinergico dell’edificio. Riconoscere il valore di questi sistemi e riscoprire i caratteri intrinseci di sostenibilità nella fabbrica antica è un elemento fondamentale per capirne a pieno il valore.

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Termogramma in B/N di Palazzo San Clemente, Fronte su via P.A. Micheli.

Il progetto di restauro sostenibile Facendo riferimento alle tematiche sopracitate, si evince come il progetto di restauro, che vuole rispondere alle sfide della sostenibilità, deve prima di tutto partire da una profonda comprensione del manufatto e dalla comprensione del suo funzionamento originario. È chiaro, che per comprendere e coniugare esigenze della conservazione e della sostenibilità in maniera compatibile è fondamentale considerare l’edificio storico, non solamente nella sua unicità, ma come parte di un sistema che si è saputo virtuosamente integrare e complementare con l’ambiente e il territorio. In questo caso più che mai, il progetto, deve contemporaneamente essere in grado di pensare globalmente e intervenire localmente, valutando attentamente tutte le caratteristiche dell’edificio per poi proporre caso per caso soluzioni specifiche. La prima fase del progetto di restauro sostenibile è quindi quella di analisi e comprensione del manufatto e del suo intorno e comprende varie tipologie di indagine. La ricerca storica è essenziale per stabilire la successione degli eventi che hanno caratterizzato la storia costruttiva dell’edificio, le indagini documentarie di archivio possono rilevare an-

che fondamentali notizie su materiali e tecniche costruttive adottate. Un attento rilievo fotografico e geometrico, l’inquadramento topografico del manufatto, il rilievo della struttura e dei suoi dissesti, l’indagine materica e dei fenomeni di degrado sono analisi imprescindibili per una buona comprensione del manufatto. Per avere una più profonda conoscenza dell’edificio, ai tradizionali metodi di lettura dell’esistente si affiancano anche le più recenti tecniche d’indagine, come la diagnostica per immagini. L’indagine termografica può rivelarsi molto utile nella comprensione delle tecniche costruttive, di elementi celati che altrimenti non sarebbero visibili, di fenomeni di degrado in atto e valutazioni sul comportamento energetico dell’involucro. In un’ottica di sostenibilità è indispensabile studiare anche i caratteri ambientali dell’edificio e del sito, le caratteristiche climatiche, l’esposizione, le relazioni con gli edifici circostanti, le tecniche costruttive e i materiali adottati. Inoltre va data importanza anche allo studio dei sistemi impiantistici e alla conoscenza del sistema edificio-impianto sia per quanto riguarda lo stato di fatto che per quanto riguarda tutti gli accorgimenti “bioclimatici” che venivano utilizzati nell’antichità. Nella redazione del progetto, i tradizio-


nali obiettivi del restauro, come la massimizzazione delle preesistenze, il minimo intervento, il rispetto dell’autenticità materica e della stratificazione storica, devono coniugarsi e integrarsi con gli obiettivi della sostenibilità. La sostenibilità del sito, la gestione delle acque, l’utilizzo di materiali ecocompatibili, l’impiego di energia rinnovabile, il risparmio energetico e l’aumento del comfort interno oltre ad essere le principali finalità dell’architettura sostenibile coincidono con gli obiettivi, che in maniera naturale, l’edificio antico cercava di raggiungere. Dopo un’attenta analisi e comprensione del manufatto, il progetto di restauro sostenibile deve quindi essere in grado di valorizzare le caratteristiche intrinseche attraverso il recupero delle stesse e l’impiego di tecnologie moderne cercando il giusto equilibrio fra conservazione e innovazione tecnologica. Riferimenti normativi Negli ultimi anni il problema del risparmio energetico, in generale e nello specifico caso del patrimonio edilizio esistente in maniera più rilevante, ha assunto un’importanza crescente, per questo le normative che si sono succedute in questo ambito a livello europeo e nazionale sono molte. Per quanto riguarda la normativa ita-

liana il primo riferimento da cui si deve partite risale al 1976 con la Legge 373/765 che venne poi abrogata dalla più famosa Legge 10/916 che, seppur con modifiche successive, è ancora in vigore e che introdusse la divisione del territorio in aree geografiche e introdusse il tema dell’impiego delle risorse rinnovabili. È successivamente alla ratificazione del Protocollo di Kyoto del 1997 che nel 2002 la Comunità Europea emana la Direttiva 2002/91/CE relativa al miglioramento dell’efficienza energetica nel settore edilizio e che richiede agli stati membri di adottare un metodo di calcolo del rendimento energetico degli edifici. La direttiva viene recepita in Italia con il D.lgs. 192/057 e insieme al D.P.R. 2/04/2009 e il D.M. 26/06/20098 modifica le modalità di calcolo delle dispersioni energetiche e introduce l’obbligatorietà della certificazione energetica. Tali norme hanno valore fino a che le Regioni non le recepiranno con i propri regolamenti attuativi. Legge 30 Aprile 1976 n. 373 recante “Norme per il contenimento del consumo energetico per usi termici negli edifici”. 6 Legge 9 Gennaio 1991 n. 10 recante “Norme in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia”. 7 D.lgs. 192 del 19 Agosto 2005 “Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia”. 8 Decreto del Ministero dello sviluppo economico 26 Giugno 2009, “Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici” 5

Relativamente al tema trattato è bene sottolineare come per gli edifici soggetti alle disposizioni di tutela di cui al D.lgs. 42/049, l’attuazione delle norme in materia di efficienza energetica è subordinata alla compatibilità con i principi di conservazione e tutela del patrimonio culturale. Per tali edifici, rimangono valide le disposizioni relative alla obbligatorietà della certificazione energetica e ai controlli sugli impianti termici, mentre le altre attività saranno valutate caso per caso. Nella stessa maniera gli edifici tutelati sono esclusi per esigenze di tutela e conservazione dagli obblighi di legge derivanti dal D.lgs. 28/1110 che definisce l’obbligatorietà di utilizzo delle fonti rinnovabili negli edifici di nuova costruzione e sottoposti a ristrutturazioni importanti Miglioramento e non adeguamento Come evidenziato dalle normative sopra citate, e nello specifico dal D.lgs. 192/05, l’applicazione delle norme relative al rendimento energetico nel caso di edifici soggetti alle disposizioni di tutela del “Codice dei beni culturali e del Paesaggio”, è subordinata alla Decreto legislativo 22 Gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137. 10 Decreto legislativo 3 marzo 2011 n° 28, Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili. 9

compatibilità con i principi di conservazione e tutela del patrimonio culturale. Tale questione presenta profili analoghi a quelli già affrontati nel contesto dell’accessibilità e del superamento delle barriere architettoniche11 e nel contesto della sicurezza nei confronti delle azioni sismiche12 negli edifici storici. Anche nell’ambito dell’efficienza energetica, nel caso si voglia intervenire, è necessario privilegiare strategie di miglioramento rispetto ad adeguamenti a parametri spesso relativi a edifici di nuova edificazione. Il concetto di miglioramento porta a definire interventi che valorizzino le potenzialità intrinseche dell’edificio storico senza stravolgerne l’assetto originario. Infatti, il tema acquista ulteriore rilevanza se le azioni mirate al miglioramento energetico sono inquadrate come forme più efficaci di tutela e valorizzazione tese alla conservazione e alla trasmissione al futuro dei beni architettonici storici.

Decreto Ministeriale 28 Marzo 2008, MiBAC, Linee guida per il superamento delle barriere architettoniche nei luoghi d’interesse culturale., Pubblicato in: Gazzetta Ufficiale n. 114, il 16 Maggio 2008. 12 Decreto Ministeriale 14 Gennaio 2008, MiBAC, Linee Guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale, allineate alle nuove Norme tecniche per le costruzioni di cui al decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti del 14 gennaio 2008, Pubblicato in: Gazzetta Ufficiale n. 47, 26 Febbraio 2011 suppl. ord. n. 54. 11

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Le esperienze in corso La necessità di soluzioni per l’efficienza energetica degli edifici storici trova crescente spazio nel dibattito nazionale e internazionale. Infatti, nonostante le normative prevedano di poter escludere i beni tutelati dal raggiungimento degli standard energetici, tale tema si pone come una fra le questioni più urgenti da trattare. Il consistente numero di progetti finanziati dall’UE a riguardo13 testimonia direttamente l’attenzione a livello europeo. Nel contesto Italiano, l’interesse crescente al tema e la necessità di definirne l’ambito di intervento è confermato dalla recente pubblicazione da parte del MiBACT delle “Linee di indirizzo per il miglioramento dell’efficienza energetica nel patrimonio culturale”14, che si aggiungono a precedenti indicazioni redatte da AICARR15 e da ENEA16. I vari casi di studio17 nel con3encult: Efficient energy for EU cultural heritage, www.3encult.eu, 2010-2014; Effesus: Energy Efficiency for EU Historic Districts’ Sustainability, www. effesus.eu, 2012-2016. 14 MiBACT, 2015, Linee di indirizzo per il miglioramento dell’efficienza energetica nel patrimonio culturale. 15 De Santoli L. (a cura di) 2014, III Guida Aicarr — Efficienza energetica negli edifici storici, AICARR, Milano. 16 Boriani M., Giambruno M., Garzulino A. 2011, Studio, sviluppo e definizione di schede tecniche di intervento per l’efficienza energetica negli edifici di pregio, ENEA, Roma. 17 Lucchi E., Pracchi V. 2013, Efficienza energetica e patrimonio costruito: La sfida del miglioramento delle prestazioni nell’edilizia storica, Maggioli Editore, Milano. Franco G., Magrini A., Cartesegna M., Guerrini M. 2015, Towards a systematic approach for energy refurbishment of historical buildings. The case stu13

testo Italiano, documentano analisi e interventi finalizzati al miglioramento dell’efficienza energetica di edifici storici. Inoltre per quanto riguarda l’ambito delle certificazioni energetiche LEED è stata recentemente resa disponibile la versione definitiva del protocollo di certificazione volontaria GBC Historic Building18 che valuta il livello di sostenibilità degli interventi di conservazione, riqualificazione, recupero e integrazione di edifici storici e costituisce il primo protocollo specifico nel settore. Di seguito sono riportati quattro recenti contributi sul tema ritenuti significativi. 1. MiBACT, Linee di indirizzo per il migliormaneto dell’efficienza energetica nel patrimonio culturare — Architettura, centri e nuclei storici ed urbani Le linee di indirizzo sono state emanate dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MiBACT) il 27 Ottobre 2015. Redatte da un gruppo di lavoro appositamente costituito con d.d.g del 20/08/2013, composto da dirigenti e funzionari del MiBACT e da docenti universitari, hanno l’intento di fornire informazioni operative e indicady of Albergo dei Poveri in Genoa, Italy., «Energy and Buildings» vol. 95, pp. 153-159. 18 Green Building Council (GBC) 2014, Protocollo di certificazione volontaria GBC Historic Building, GBC Italia, Rovereto.

zioni per la valutazione e per il miglioramento della prestazione energetica del patrimonio culturale tutelato, con riferimento alle norme italiane in materia di risparmio e di efficienza energetica degli edifici. Il testo fornisce alcune raccomandazioni necessarie per intervenire nell’ambito dell’edilizia storica e una consistente parte si sofferma sulla necessità di una approfondita analisi dell’edificio per intervenire nel rispetto dei caratteri storici e formali. La seconda parte del testo contiene alcune schede, utili per il progettista, che descrivono i principali materiali isolanti utilizzati in interventi di restauro, le caratteristiche e le modalità di impiego, e altre che descrivono alcune tipologie di interventi finalizzati al miglioramento dell’efficienza energetica nel patrimonio culturale con specifico riferimento al principio di funzionamento e all’applicabilità. Inoltre comprende anche alcune schede di interventi di restauro del patrimonio culturale con specifici riferimenti al miglioramento delle prestazioni energetiche.

2. ENEA e PoliMi, Studio, sviluppo e definizione di schede tecniche di intervento per l’efficienza energetica negli edifici di pregio La ricerca, parte del progetto “Tecnologie per il risparmio elettrico nel settore civile”, si inserisce nell’accordo di programma per il triennio ’09-’11 fra Ministero dello Sviluppo Economico e ENEA. Il progetto è stato svolto in collaborazione con il Politecnico di Milano e reso pubblico a settembre 2011. Il progetto è molto interessante in quanto individua e valuta interventi che garantiscano, al contempo, il miglioramento energetico e la salvaguardia dei caratteri morfologici, materici e architettonici degli edifici storici. Dopo aver messo a punto una metodologia generale, per darne una reale applicazione la ricerca si concentra su un caso studio che analizza in tutte le sue parti. Oltre gli interventi, che con i dovuti adeguamenti sono applicabili a una grande varietà di edifici, il progetto propone un’interessante metodo di valutazione degli stessi per definire una strategia allo stesso tempo efficiente e compatibile. Infatti, la maggiore problematica quando si interviene in questo ambito è riuscire a definire, volta per volta, la giusta soluzione che bilanci esigenze di conservazione con quelle di efficienza energetica.


Villa Astori (Torre de’ Roveri, BG), 2009-2011, Progetto pilota di conservazione sostenibile, GBC Historic Building, Studio Feiffer e Raimondi. Palazzo d’Accursio (Bologna), 2010-2014, Caso studio, Progetto Europeo 3encult. Casa della Pesa (Bolzano), 2010-2014, Caso studio, Progetto Europeo 3encult.

3. GBC Historic Building, Protocollo per il restauro e la riqualificazione sostenibile degli edifici storici GBC Historic Building è un protocollo di certificazione volontaria del livello di sostenibilità degli interventi di conservazione, riqualificazione, recupero e integrazione di edifici storici redatto da Green Building Council Italia. La versione beta del nuovo protocollo è stata rilasciata nel 2012, il programma è stato poi verificato e sperimentato attraverso alcuni casi pilota. Dopo la prima versione, da marzo 2016 è possibile registrare i progetti secondo questo sistema di certificazione. Il sistema di verifica GBC Historic Building misura la sostenibilità dell’edificio secondo le aree tematiche che caratterizzano i rating system LEED®/ GBC, aggiungendone una, specifica dell’ambito conservativo, ovvero la valenza storica del manufatto. Come tutti i sistema di valutazione LEED prevede un livello di certificazione a punteggi in base alla somma dei punti ottenuti in ogni categoria. L’introduzione della valenza storica del manufatto sicuramente avvicina il sistema LEED al riconoscimento della complessità intrinseca degli edifici storici, anche se permangono alcuni limiti legati

alla difficoltà nel raccogliere i dati necessari per la certificazione, che difficilmente si configura come un sistema integrato di progettazione. 4. 3encult, Efficient energy for EU cultural heritage Si tratta di un progetto dell’Unione Europea per lo sviluppo di soluzioni di retrofit energetico dell’edificio storico che ha il duplice fine del risparmio dei consumi e della conservazione del manufatto. Il progetto è iniziato a ottobre 2010 e si è concluso a marzo 2014. Essendo il progetto fortemente interdisciplinare, coinvolge esperti di differenti settori e ventuno partner da dieci paesi dell’Unione Europea. I partner italiani del progetto sono l’European Academy of Bozen, il Comune di Bologna e l’.Università di Bologna. Il progetto propone otto differenti casi studio con l’obiettivo di illustrare soluzioni che possano essere applicate alla maggioranza degli edifici tipici del patrimonio architettonico Europeo. Il progetto è molto interessante, in quanto i casi studio oltre a presentare un approfondito metodo di analisi, propongono anche una fase di monitoraggio e valutazione degli interventi eseguiti.

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Palazzo San Clemente Titoloa sezione Firenze



Il Palazzo

pagina a fronte Palazzo S. Clemente Foto di Adriano Bartolozzi.

Centro Storico di Firenze (area UNESCO).

Ortofoto dell’area del complesso di Palazzo San Clemente.

Foto aerea dell’area del complesso di Palazzo San Clemente — Nord.

Foto aerea dell’area del complesso di Palazzo San Clemente — Ovest.

Palazzo San Clemente e l’annesso giardino sono attualmente di proprietà dell’Università degli Studi di Firenze e ospitano la sede della Biblioteca e parte della Scuola di Architettura di Firenze. Il complesso è situato nel settore nord del centro storico di Firenze, in prossimità dei viali di circonvallazione, compreso tra via Pier Antonio Micheli, via Gino Capponi e via Venezia. Il Palazzo si trova nelle vicinanze di diversi edifici di rilievo, e nei pressi di Piazza Santissima Annunziata e Piazza San Marco, in un’area del centro storico caratterizzata dalla presenza di numerosi palazzi signorili e dei pertinenti giardini storici, quali il Giardino dei Semplici, il Giardino di Palazzo Capponi e il Giardino della Gherardesca. Inoltre l’area si distingue per la presenza di diversi edifici di proprietà e ad uso

dell’Università, fra cui il Rettorato e la Palazzina dei Servi, recentemente restaurata. Per questo la sua posizione risulta strategica e di grande valore per l’Università stessa.

per la riunificazione in una grande biblioteca dedicata agli studi umanistici, artistici e di architettura, permetterà di liberare molti degli spazi del Palazzo con rilevanti opportunità per l’Università. La scelta del caso di studio inoltre è stata condizionata dal voler considerare un edificio di proprietà e ad uso di una pubblica amministrazione. Dal 1° gennaio 2019 scatterà l’obbligo per tutti gli edifici della PA di rispettare il nuovo standard energetico, che prevede consumi molto bassi e l’impiego di fonti rinnovabili. Già dal 2014, come prevede la Direttiva europea 27/2012 sull’efficienza energetica e il decreto legislativo di recepimento 102/2014 le PA devono avviare progetti di riqualificazione energetica per una quota annuale pari al 3%

della superficie occupata. Gli immobili vincolati ai sensi del “Codice dei beni culturali e del paesaggio” sono esclusi da tali obblighi nel caso in cui il rispetto degli standard energetici richiesti modificherebbe in maniera inaccettabile il loro carattere o aspetto. In tal caso, per intervenire è necessario un adeguato percorso di conoscenza e di analisi del manufatto. Partendo da questi spunti, proprio per lo specifico ruolo esemplare che dovrebbero avere gli edifici pubblici e nello specifico quelli scolastici, ho voluto studiare il caso di Palazzo San Clemente al fine di individuare e valutare soluzioni che contribuiscano al miglioramento energetico e contemporaneamente alla conservazione e valorizzazione del Palazzo in un’ottica di sostenibilità. 19

La scelta del caso di studio La peculiare posizione e il valore storico artistico del complesso hanno contribuito alla scelta del caso di studio. Negli ultimi anni, in diverse occasioni, è stata manifestata, da parte della Scuola di Architettura, la volontà di vendere il Palazzo a causa della inadeguatezza funzionale e della scarsa manutenzione degli spazi. Tale scelta sarebbe una grave perdita per l’Università che ha l’opportunità di preservare e rivalutare un edificio di grande valore. Lo spostamento della biblioteca, nella sede di Piazza Brunelleschi, previsto


1 Il Palazzo Palazzo San Clemente è un complesso di grandi dimensioni che si sviluppa su quattro piani fuori terra e un piano seminterrato nella porzione a sud e su tre piani fuori terra e un piano interrato nella porzione a nord. L’ingresso principale del Palazzo si trova su via Micheli, un tempo ingresso delle carrozze. Il fronte su via Micheli è formato da due avancorpi laterali e un corpo centrale allineati con la strada al piano terreno, al piano superiore il corpo centrale interrompe la continuità del fronte con una terrazza e si estende per un ulteriore piano. Il fronte su via Gino Capponi, un tempo fronte principale del palazzo risulta allineato con la strada, il piano terreno è scandito dalle caratteristiche finestre inginocchiate con frontone spezzato mentre ai piani superiori le tipologie di finestra al piano sono più semplici con cornice. Il fronte a Nord sul giardino storico del palazzo è formato come l’opposto su via Micheli da due avancorpi laterali e

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presenta al piano terreno tre portali di ingresso in pietra. Il fronte interno risulta allineato al piazzale con finestre inginocchiate a edicola al piano terreno e finestre con cornici in pietra ai piani superiori. Al centro del prospetto si apre una loggetta con tre arcate a tutto sesto su pilastri con al piano superiore una grande finestra centrale a serliana. Gli spazi interni Per quanto riguarda gli spazi interni al piano terreno il palazzo ospita la portineria, alcuni ambienti di servizio, le sale lettura e consultazione e gli uffici della Biblioteca di Architettura, mentre il piano seminterrato ospita il vasto archivio della biblioteca. Essendo il palazzo nato per avere le sue sale principali al piano terreno queste risultano riccamente decorate. Attraverso le scale di servizio poste in corrispondenza degli avancorpi laterali sul fronte nord-est e sud-ovest si accede al piano mezzanino, che ri-

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pagina a fronte Vedute del Palazzo. 1. Fronte principale da via G. Capponi. 2. Fronte principale da via P. A. Micheli. 3. Fronte interno sul piazzale. 4. Fronte a Nord e parte del giardino storico.

a sinistra Sezioni trasversali. a destra Piante dello stato di fatto. sotto Interni del Palazzo. 5. Atrio di ingresso. 6. Sala lettura al piano terreno.

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sulta costruito in diverse epoche. Il piano ospita alcuni uffici e la cartoteca della biblioteca. In corrispondenza del portone, oggi tamponato, su via Gino Capponi si trovano le decorazioni che originariamente si trovavano all’ingresso del palazzo signorile. Negli anni ‘80 inoltre è stata realizzata anche una nuova scala che permette di accedere al piano mezzanino dal piano superiore. Dallo scalone principale posto dopo l’atrio di ingresso si accede ai piani superiori, il piano primo ospita parte dell’ex-dipartimento di urbanistica, alcuni uffici e l’archivio storico della biblioteca recentemente trasferito nell’aula magna. Il piano è decorato in maniera più sobria rispetto al piano terreno, fatta eccezione per la loggetta sulla terrazza. Il piano attico del palazzo si sviluppa solo nell’ala posta a sud e a differenza dei piani inferiori presenta soffitti piani con struttura lignea a vista. Il piano ospita l’ex-dipartimento di storia e i relativi uffici.

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pagina a fronte Bonsignori S. 1584, Nova pulcherrimae civitatis Florentiae topographia accuratissime delineata, dettaglio.

Palazzo San Clemente si presenta come un imponente complesso monumentale seicentesco, ma la sua storia inizia circa un secolo prima, quando nel 1548 l’Arte dei Mercanti acquista il terreno su cui edificherà dieci case a schiera per i propri lavoratori. Recenti studi1, promossi dalla Scuola di Architettura di Firenze, che attualmente è ospitata nel palazzo, hanno permesso di delineare con maggiore precisione le vicende che hanno interessato l’evoluzione del complesso. L’attuale conformazione del palazzo e del giardino di pertinenza è infatti da attribuire a una successione di passaggi di proprietà e di interventi che negli anni ne hanno modificato l’aspetto e la destinazione d’uso. L’evoluzione del palazzo e del giardino è andata di pari passo con quella della zona limitrofa che negli anni è stata teatro di significativi cambiamenti. Le case a schiera, elemento originario del palazzo, sorsero su via Salvestrina, oggi via G. Capponi, strada direttrice che dal centro della città arrivava fino alle mura cittadine, una zona che all’epoca era caratterizzata prevalen-

Dodi E., Salvetta B. 2003, Il palazzo “dietro la Nunziata” nel sistema residenziale fiorentino della famiglia Guadagni, in M. Bevilacqua, M.L. Madonna (a cura di), Residenze nobiliari. Stato Pontificio e Granducato di Toscana (Atlante tematico del Barocco in Italia), De Luca Editori d’Arte, Roma, pp. 363-376. Bevilacqua M., Insabato E. (a cura di) 2007, Palazzo San Clemente a Firenze. Architettura e decorazione dai Guadagni ai Velluti Zati, Polistampa, Firenze.

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Le vicende storico costruttive

temente dalla presenza di orti e giardini e grandi edifici ecclesiastici. La natura dell’area influenzò molto i successivi sviluppi del palazzo e dello spazio di pertinenza. Il giardino vedrà il suo maggiore sviluppo grazie a Don Luigi di Toledo che, visti i grandi spazi disponibili, decise di costruire in quell’area un imponente giardino monumentale. Anche per quanto riguarda il palazzo, la particolare tipologia proposta da Gherardo Silvani si deve proprio alla conformazione e allo sviluppo dell’area che portò alla costruzione di nuove residenze secondo una tipologia che univa le caratteristiche del palazzo urbano e della villa. Gli ultimi significativi cambiamenti del palazzo e del giardino risalgono alla fine del ‘800, in concomitanza dei lavori per ospitare la capitale a Firenze, viene deciso di costruire un nuovo quartiere ‘dietro l’Annunziata’. Il Palazzo e il giardino subiranno entrambi una riduzione per far spazio al nuovo sistema viario e con l’abbattimento delle mura l’area perderà definitivamente il carattere di confine che la aveva distinta. Attenendosi agli studi sopra citati1 e agli altri testi su Palazzo San Clemente riportati in bibliografia, di seguito vengono riportate sinteticamente le vicende che hanno contraddistinto la storia e l’evoluzione morfologica del palazzo e i principali proprietari che ne hanno segnato le fasi storiche.

Cartografia storica della città di Firenze Dettagli sull’area di Palazzo San Clemente, Piazza San Marco, Piazza SS. Annunziata. sopra F. Ruggeri, 1731, Archivio di Stato di Firenze. sotto Istituto Topografico Militare, 1873, Archivio di Stato di Firenze.


a sinistra in alto Ricostruzione delle dieci case a schiera dell’Arte dei Mercanti, 1555. Pianta del piano interrato con individuazione delle dieci case a schiera, Jaff M., Palazzo Guadagni. La struttura architettonica attraverso il rilievo, «Opus Incertum», a. II, n. 3, 2007. sotto Pietro di Gentile Diligenti, Case dell’arte dei Mercanti, 1586 Archivio di Stato di Firenze.

Fase 1 | Le case a schiera dell’Arte dei Mercanti (1548-1555) Il primo elemento rilevante che si ritrova in prossimità dell’area attualmente occupata dal complesso di Palazzo San Clemente è il convento delle suore domenicane intitolato a San Domenico e detto del Maglio. Il convento, fondato nel 1297, subì diverse modifiche dovute alla realizzazione di via Salvestrina nel 1403 e alla creazione del vicino Giardino dei Semplici nel 1543. Inoltre nel 1548 l’Arte dei Mercanti acquista un terreno di circa 12 stajora2, parte del podere delle monache per costruirvi, in più fasi, dieci case a schiera per i propri lavoratori. Antica unità di misura di superficie, definita come “Tanto terreno, che vi si semini entro uno staio di grano”.

Le case, composte di due appartamenti ciascuna, una al piano terreno e una “per di sopra” con “loggetta et horto” avevano una scansione tra le 8 e le 10 braccia fiorentine3. Le dieci case sono chiaramente visibili in una mappa schematica del 1586, redatta da Pietro di Gentile Diligenti. Ancora oggi l’analisi planimetrica del piano interrato di Palazzo di San Clemente e la disposizione delle aperture su via Gino Capponi permettono di individuare la scansione delle dieci case a schiera che sono rimaste nucleo originario del palazzo.

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Braccio fiorentino = 0.5836 metri.


a destra Ricostruzione del casone di Don Luigi di Toledo, 1571. sotto Pianta del giardino ricostruita sulla base della veduta di Firenze di Stefano Bonsignori, Cinti D. 1998, Giardini & Giardini. Francesco Camilliani, Fontana Pretoria, 1554-1570, Palermo.

Fase 2 | Il giardino e il “casone” di Don Luigi di Toledo (1551-1586) Nel 1551, mentre l’Arte dei Mercanti sta costruendo le case a schiera, Don Luigi di Toledo, fratello di Eleonora di Toledo, grazie alla protezione del cognato Cosimo I de’ Medici entra in possesso della restante parte del podere della dimensione di cento stajora, e s’impegna a pagare 2200 fiorini alle monache di San Domenico. Don Luigi fa realizzare il proprio giardino privato sul terreno e affitta le due case a schiera poste a settentrione per servirsene nella costruzione del sontuoso giardino. Al centro del giardino, Don Luigi fece erigere nel 1554 da Francesco Camilliani una fontana monumentale, che comprendeva 48 statue e aveva dimensioni inusuali, soprattutto dato che non era destinata ad uno spazio pubblico, ed era fronteggiata da una lunga pergola formata da 90 colonne di legno. In seguito, sempre grazie alla protezione della sorella, Don Luigi si impossessa delle case a schiera dell’Arte dei Mercanti, lasciando le quattro case a

sud inalterate e accorpando le sei case a nord in un unico “casone”, in cui realizza un grande salone e che decora di marmi e colonne. Nell’incisione di Stefano Bonsignori si può osservare la forma che dovevano avere il giardino e le case a schiera successivamente agli interventi di Don Luigi. Morta la sorella Eleonora, Don Luigi si ritrova senza protezione e sempre più indebitato. In seguito al mancato pagamento dei terreni alle monache e delle case all’Arte dei Mercanti, dovette cedere i possedimenti agli originari proprietari che li vendettero nel 1586 a Ugo della Gherardesca. Nel 1581, la grande fontana al centro del giardino venne smontata e trasferita in piazza Pretoria a Palermo dove si trova tutt’ora. È in questa fase che l’edificio subisce le prime modifiche, sia dal punto di vista morfologico, con l’aggiunta di una terza cella a settentrione, sia da quello tipologico, mutando la sua destinazione da case a schiera per i lavoratori a unico “casone” nobiliare.

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a sinistra Ricostruzione del casino di Tommaso e Ortensia Guadagni successivamente ai lavori di Gherardo Silvani. sotto a sinistra Baccio del Bianco, decorazioni riportanti i feudi e gli stemmi della famiglia Guadagni nella loggetta al primo piano, XVII secolo. a destra Baccio del Bianco, Putti con stemmi e il Feudo di Folle, Leopardo araldico della famiglia, Loggetta al primo piano, XVII secolo.

Fase 3 | Il “casino” dei fratelli Guadagni e Gherardo Silvani (1627-1776) Nel 1627, successivamente ad alcuni passaggi di eredità la parte settentrionale dei possedimenti diventa di proprietà di Ortensia Guadagni che nel 1636 acquista anche la restante parte insieme al fratello Tommaso. Riunificata la proprietà, Tommaso entrerà in possesso nel 1644 della parte a settentrione in cambio di un vitalizio alla sorella. Sono i fratelli Guadagni a cui si devono le trasformazioni più rilevanti del palazzo. L’11 Giugno 1636, è registrato un pagamento a Gherardo Silvani per aver fatto una “ricognizione” e i disegni del progetto, è a lui che si deve il disegno dell’impianto complessivo del palazzo, che trasforma gli edifici preesistenti in una doppia residenza nobiliare, la cui ala a mezzogiorno di proprietà di Tommaso e quella di tramontana di Ortensia. Gherardo Silvani, successivamente affiancato dall’architetto Felice Gamberai, sfrutta la regolarità delle case a schiera, le allinea anche sul lato del giardino, fonde alcune celle levando le scale esistenti e demolisce diversi mu-

ri di divisione. Così facendo distribuisce le sale del piano terra con una triplice infilata di assi longitudinali incrociati con due assi trasversali che definiscono i due ingressi principali posti ai lati del salone grande centrale. Per quanto riguarda le facciate, su via Salvestrina, oggi via Gino Capponi, le finestre del piano terreno sono ricavate dalle aperture preesistenti, con l’aggiunta delle cornici inginocchiate, e l’alternarsi dei pieni e dei vuoti è ottenuto tamponando circa la metà delle residue aperture. I nuovi ingressi sono disposti ai lati del salone centrale che aveva solo due finestre e divideva il palazzo in due dimore distinte. Il ritmo delle finestre del primo piano, invece, si raddoppia seguendo le originarie aperture delle case a schiera. Silvani inoltre aggiunge due corpi di fabbrica aggettanti alle estremità, nella parte nord pone le scale di servizio, e a sud l’ingresso delle carrozze in forma di galleria, nella stessa posizione dell’antico ingresso al giardino. Durante la proprietà dei Guadagni viene realizzato anche gran parte dell’ap-

parato decorativo del palazzo e ripristinato il giardino. È in questa fase che il palazzo assume, quasi nella sua totalità, la conformazione attuale, da “casone” di campagna si trasforma in “casino”, tipologia molto diffusa all’epoca che aveva allo stesso tempo le peculiarità di dimora cittadina e di villa suburbana, non avendo un piano nobile come i palazzi, la vita familiare aveva luogo prevalentemente al piano terreno in profondo contatto con il giardino.


a destra Ricostruzione del Palazzo dei Velluti Zati duchi di San Clemente. sotto Francolini Felice, Indicazione degli espropri per la costruzione del quartiere del Maglio, 1862-1865 Archivio Storico del Comune di Firenze — car. 402/001. Francolini Felice, Rilievo, Progetto di riduzione, Progetto di ampliamento, 1863-1865, Archivio Storico del Comune di Firenze — car. 02/003. pagina successiva Francolini Felice, Progetto di ampliamento, 1863-1865, Archivio Storico del Comune di Firenze — car. 402/004.

Fase 4 | Le trasformazioni per Firenze Capitale e i Velluti Zati Duchi di San Clemente (1863-1962) In seguito dell’estinzione del ramo della famiglia Guadagni, nel 1777 il palazzo venne venduta a Carlo Edoardo Stuart, conte d’Albany noto come il giovane Pretendente, nipote di Giacomo II d’Inghilterra e marito della principessa Luisa di Stolberg. A causa della sua morte nel 1788 la sua proprietà durò solo dieci anni e in questo periodo non si registrano modifiche né al palazzo né al giardino. In seguito alla morte di Carlo Edoardo Stuart il Palazzo venne acquistato nel 1788 da Simone Velluti Zati, duca di S. Clemente per il prezzo di ventimila scudi. Il Palazzo e il giardino rimasero di proprietà della famiglia per quasi due secoli fino all’acquisto da parte dell’Università degli Studi di Firenze. Una delle modifiche più significative del Palazzo e del Giardino durante questo lungo perido avvenne nel 1862 per i lavori per Firenze Capitale. Con Regio Decreto del 18 dicembre 1862 il progetto di realizzazione del

nuovo quartiere del maglio è dichiarato di pubblica utilità e il comune procede a redigere il progetto. Il giardino e il palazzo vengono ridimensionati per l’apertura di via Venezia che taglia il giardino nella parte nord e di via Micheli che porta il palazzo ad avere un nuovo affaccio sulla strada. Il fabbricato di servizio con le scuderie e le rimesse a sud vengono demoliti e la facciata a sud viene riprogettata in stile dall’architetto del comune Felice Francolini. In seguito a queste modifiche, la facciata principale del palazzo e il relativo ingresso diventano quelli rivolti a sud, determinando quindi una sorta di rotazione del fronte principale rispetto alla conformazione iniziale. Altra importante trasformazione avvenuta sotto la proprietà dei Velluti Zati sono i lavori di ristrutturazione, eseguiti in più fasi, nei quali è stato demolito il grande salone del Palazzo. La prima modifica avviene dopo il 1875 quando i proprietari riducono in lunghezza il grande salone costruendo un muro trasversale che sorreggeva il

piano mezzanino in modo da poter attraversare il palazzo anche a quel piano. Successivamente è avvenuta la demolizione della volta originaria, sostituita da una volta a tutto sesto in legno e stuoie nella zona rivolta verso il prato. Contro il parere dell’Ufficio Belle Arti del Comune nel 1928-29, venne concessa la demolizione della volta ritenuta ottocentesca e contemporaneamente fu accordata anche la suddivisione in altezza di quanto rimaneva del salone, con la realizzazione di un nuovo solaio che ne smezzava l’altezza. Di conseguenza venne sostituita la copertura originaria del tetto con una nuova orditura ad una quota più alta di quella preesistente formata da tre capriate. Nello stesso periodo, per dare luce ai nuovi ambienti risultanti dalla suddivisione del salone, venne concessa l’apertura sulla strada delle finestre del nuovo mezzanino, uguali a quelle vicine.

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Fase 5 | La Facoltà di Architettura di Firenze (1963-oggi) Nel 1963, il Palazzo venne venduto a una società e, successivamente, acquistato nel 1967 dall’Università degli Studi di Firenze. L’immobile viene destinato alla Facoltà di Architettura insieme all’annesso “Palazzetto”, al numero civico 8, che viene occupato dall’Istituto di Restauro dei Monumenti fondato da Piero Sanpaolesi. Il cambio di destinazione d’uso da residenza nobiliare a edificio scolastico e i lavori di adeguamento promossi dall’Università hanno però snaturato ulteriormente la natura del Palazzo. Alcuni degli ambienti interni sono stati ulteriormente parcellizzati a causa della necessità della Facoltà di Architettura di ricavare dalle grandi sale del Pa-

lazzo ambienti adatti alle proprie esigenze. Inoltre il Palazzo tutt’oggi verte in uno stato generale di incuria e cattiva manutenzione che non rende giustizia al grande valore storico-artistico che possiede. Per quanto riguarda gli spazi esterni del giardino l’ultima rilevante modifica risale al 1970 quando l’Università degli Studi di Firenze, per motivi di utilità decide di asfaltare il giardino antistante il Palazzo. Ad oggi, sia a causa dell’asfaltatura del piazzale che della cattiva manutenzione della porzione a nord del giardino, il palazzo ha completamente perso il contatto diretto con gli spazi esterni che lo ha caratterizzato in tutte le sue trasformazioni.

Negli ultimi anni inoltre è stata avanzata più volte la volontà da parte della Facoltà di vendere l’immobile in vista della necessità di spostare la biblioteca e per favorire il ricongiungimento delle sedi di Architettura.

in alto Contestazioni studentesche, Maggio 1968. nella pagina precedente in alto Contestazioni studentesche, Maggio 1968. al centro Il giardino prima dei lavori di asfaltatura Il piazzale durante i lavori di asfaltatura, Gennaio 1970. in basso Progetto di ristrutturazione, Marzo 1966 Archivio Storico del Comune di Firenze, car. 237/005.

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Fotopiano Prospetto Nord-Ovest sul giardino Materico, Termografico in B/N, Termografico in falsi colori, Degrado superficiale.

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Analisi dello stato attuale

Dopo aver acquisito i rilievi esistenti del palazzo si è proceduto a una fase di verifica degli stessi e alla restituzione grafica che ha permesso di procedere con un’approfondita analisi dello stato di fatto. L’indagine materica e diagnostica hanno permesso di definire i principali caratteri costruttivi del complesso, lo stato generale di conservazione e le prevalenti forme di degrado. Fondamentale al fine di una reale comprensione dello stato di fatto del manufatto è stata l’indagine termografica condotta sia negli ambienti interni che sui paramenti murari esterni. La termografia La termografia è una tecnica diagnostica non distruttiva e non invasiva che, misurando la radiazione infrarossa emessa da un corpo, è in grado di determinarne la temperatura superficiale. Attraverso l’utilizzo di una camera termografica vengono generate delle mappe in scala di grigio o in falsi colori chiamate termogrammi che rappresentano le zone analizzate associano la temperatura superficiale ad un colore corrispondente. La termografia nasce come tecnica diagnostica in campo medico ed è poi stata utilizzata anche in edilizia in quanto permette di rilevare:

• La tessitura muraria coperta dall’intonaco o dal rivestimento • vuoti, cavità o canne fumarie di camini occlusi nella muratura e celate dall’intonaco • ammorsature tra strutture murarie con tessiture e materiali differenti • elementi strutturali quali archi di scarico, pilastri, piattabande • centinatura di coperture voltate e strutture dei solai • elementi metallici nella muratura come capochiave o catene • presenza di umidità • stato di conservazione dei materiali • impianti idrici sanitari e termici in funzione e canalizzazioni di distribuzione di impianti elettrici • dispersioni dovute a deficienza di coibentazione • ponti termici I vantaggi principali della termografia applicata in edilizia e nello specifico nel restauro architettonico sono: • è una tecnica non distruttiva e non invasiva che si può ripetere nel tempo al fine di verificare i cambiamenti e quindi l’evoluzione di eventuali processi. • si può effettuare dalla distanza e non sono necessari ponteggi o sistemi di elevazione

• è una tecnica molto rapida che permette di analizzare vaste superfici in breve tempo consentendo di fare mappature complete senza che siano variate le condizioni al contorno • non interrompe le normali attività svolte dall’edificio analizzato Mentre i limiti prevalentemente riscontrati consistono in: • la mappatura della temperatura è indicativa unicamente dello strato superficiale • si può effettuare solamente in presenza di differenza di temperatura fra interno e esterno • è un indagine esclusivamente qualitativa e non quantitativa • le condizioni climatiche, l’orientamento dell’edificio e il soleggiamento delle superfici influiscono significativamente sull’esecuzione della prova termografica A seconda degli obiettivi che si vogliono raggiungere la termografia si divide in attiva e passiva. La termografia attiva è la tecnica di indagine finalizzata alla lettura della tessitura muraria o alla verifica della presenza di strutture non a vista poste sotto l’intonaco stesso. Un’altra applicazione della termografia attiva è la verifica dello stato di aderenza del rivestimento esterno al supporto.

T460

Termocamera utilizzata FLIR T460 Imaging and optical data IR resolution: 320x240 pixels Thermal sensitivity/NETD: <30 mK @ +30°C Focal length: 18 mm Measurement Temperature range: -20°C to 1,500°C Accuracy: ±1°C or ±1% of reading for limited temperature range ±2°C or 2%, whichever is greater, at 25°C nominal

La termografia passiva invece è la tecnica di indagine finalizzata alla verifica termoigrometrica della muratura, ossia la verifica della presenza di acqua all’interno della muratura stessa. Un’altra applicazione della termografia passiva è la verifica delle dispersioni energetiche dell’involucro edilizio e l’eventuale presenza di ponti termici. Le due tipologie di termografia vanno condotte in momenti differenti e per questo non si possono condurre contemporaneamente.


pagina a fronte Immagine nel visibile e relativo termogramma in falsi colori (scala di colori iron) in cui è possibile individuare la presenza di un arco di scarico e di una cavità nella muratura celati dall’intonaco. a destra Sezione longitudinale.

L’indagine termografica: le strutture voltate Gli orizzontamenti del palazzo, fatta eccezioni per gli ambienti al piano attico e per quelli in corrispondenza della zona centrale, che ha subito gli interventi più invasivi, risultano prevalentemente composti da strutture voltate. Al fine di avere una conoscenza più approfondita delle differenti strutture voltate e valutarne la tecnica costruttiva è stata utilizzata la camera termografica. La termografia, essendo una tecnica diagnostica non distruttiva e non invasiva ha permesso di determinare la tecnica costruttiva delle volte senza arrecare danno alla struttura e senza interromperne le attività quotidiane. L’indagine termografica è stata condotta nei mesi di giugno e luglio, non essendo attivo il sistema di riscaldamento e non essendo direttamente sollecitate termicamente tutte le strutture non è stato possibile raggiungere risultati validi in tutti gli ambienti. Il soleggiamento prolungato e l’effetto di sfasamento delle murature sono però stati sufficienti per ottenere dei buoni risultati e individuare le strutture voltate degli ambienti principali. Per gli ambienti in cui non è stato possibile ottenere dei risultati chiari attra-

verso la termografia è stata ipotizzata la tipologia costruttiva delle volte tenendo conto dei rilievi effettuati, delle analogie fra gli ambienti, degli elementi decorativi e dei documenti d’archivio. L’indagine termografica ha permesso di individuare due tipologie di volte presenti nel palazzo. Nella zona sud la struttura degli ambienti voltati risulta in muratura. Al piano terreno si hanno delle volte a botte lunettate così come al piano mezzanino. Buona parte delle volte del piano mezzanino erano inffatti le volte corrispondenti agli ambienti al piano terreno che sono stati poi successivamente suddivisi, per questo, nonostante gli ambienti presentano un altezza ridotta risultano riccamente decorati. Al piano primo invece, fatta eccezione per gli ambienti corrispondenti al grande scalone, si hanno volte a botte ribassata con teste di padiglione. Nella zona nord del palazzo la struttura degli ambienti risulta invece composta da false volte. Al piano terreno si hanno delle volte a padiglione riccamente decorate. Anche le volte del primo piano sono a padiglione ma in questo caso le decorazioni sono più semplici.

Volte in muratura rilevate con termografia

Volte incannucciate rilevate con termografia

Volte in muratura (ipotesi)

Volte incannucciate (ipotesi)

35 Tipologia tecnica costruttiva strutture voltate


Stanza P1

Stanza P1

Stanza P2

Stanza P3

Immagini nel visibile e relativi termogrammi in falsi colori, 8 luglio — ora: 16:05 (stanza P1)

Immagini nel visibile e relativi termogrammi in falsi colori, 8 luglio — ora: 16:28 (stanza P2+P3)

Ricostruzione della geometria visibile della volta e della struttura della volta successivamente all’indagine termografica (stanza P1)

Ricostruzione della geometria visibile della volta e della struttura della volta successivamente all’indagine termografica (stanza P2+P3)

Volte in muratura Attraverso l’indagine termografica è stato possibile rilevare, al piano primo nella zona sud del palazzo, la presenza di alcune volte in muratura a botte lunettate che sono state in seguito modificate all’intradosso. Il primo piano, non essendo il piano nobile, è stato decorato in una fase successiva rispetto al piano terreno e probabilmente le volte sono state ribassate per essere più facilmente decorate e per essere più adeguate al gusto del tempo.

ratura differente rispetto al resto della struttura voltata. Nella medesima maniera la volta di copertura della stanza P2 (Aula delle Pietre), situata al piano primo del palazzo, nell’ala sud, attraverso un rilievo diretto risulta essere una volta a botte con teste di padiglione asimmetriche. La volta dello spazio antistante risulta essere anch’essa a botte con una sola testa di padiglione.

Fra le volte prese in analisi, la volta di copertura della stanza P1, situata al piano primo del palazzo nell’ala sud, attraverso un rilievo diretto risulta essere una volta a botte con teste di padiglione. Successivamente all’indagine termografica si rileva la presenza di otto lunette sul lato lungo e tre sul lato corto che sono state tamponate in un’epoca successiva alla costruzione. Le lunette sono chiaramente visibili nei termogrammi in quanto l’area corrispondente risulta avere una tempe-

Successivamente all’indagine termografica si rileva la presenza di cinque lunette sul lato lungo e tre sul lato corto dei due ambienti, mentre nessuna sul fronte confinante. La volta di copertura risulta essere infatti unica e poi modificata in epoche successive per suddividere gli ambienti e creare una zona di collegamento con l’ala nord del palazzo e l’accesso all’attuale aula magna realizzata solo in tempi recenti.


Centina Corrente Stuoia in canne incrociate Intonaco

Stanza P4

Struttura lignea volta incannucciata (stanza P4)

Dettaglio struttura volta incannucciata

Volte incannucciate Attraverso l’indagine termografica è stato possibile rilevare la presenza di volte incannucciate al piano terreno e al primo piano. I termogrammi mostrano le centine e i correnti in legno della struttura della volta. Le volte incannucciate sono sistemi voltati di tipo leggero, chiamati anche false volte o volte “in camorcanna”, sono realizzate con stuoiati di canne, intonacate nell’intradosso e sorrette da centine lignee. Sullo strato di canne viene applicato poi uno strato d’intonaco di calce aerea e gesso che va ad infiltrarsi tra le canne e che una volta indurito costituisce un elemento unico. La struttura lignea principale è detta centina ed è ordita secondo il lato più corto dell’ambiente da coprire. La centina è formata dall’assemblaggio di più tavole collegate mediante sovrapposizione chiodata, spessa da 10 a 30 cm, le tavole per le centine sono sagomate ad arco. La struttura secondaria di controvento è formata dai correnti, elementi trasversali più piccoli a cui viene ancorato il sottostante stuoiato di canne. A volte è presente anche un’ulteriore orditura, formata da assi in legno di piccola dimensione, disposte parallelamente alle centine tra un corrente e l’altro, per aumentare la superficie di aggancio dello stuoiato.

Immagini nel visibile e relativi termogrammi in falsi colori, 8 luglio — ora: 16:50 (stanza P4)

Stanza T1

Ricostruzione della struttura delle volta incanucciata (stanza P4)

a destra Immagini nel visibile e relativi termogrammi in falsi colori, 8 luglio — ora: 16:50 (stanza T1-T2).

Gli ambienti posti al piano terreno nell’ala nord del palazzo (T1, T2, T3, fig. pag. 35) e quelli corrispondenti al piano primo (P4,P5) risultano avere una copertura a falsa volta, i relativi termogrammi permettono di individuare la geometria della struttura lignea della volta ad incannucciata che ha una differente temperatura rispetto alle canne incrociate. Fra le false volte rilevate si è scelto di ricostruire la struttura della stanza P4 in quanto l’immagine termografica risulta più chiara, questo è dovuto al fat-

to che la volta si trova in un ambiente posto all’ultimo piano e per questo maggiormente sollecitato al calore. Inoltre da una piccola apertura posta sulle scale di servizio è possibile scorgere parte dell’estradosso della struttura lignea. La volta di copertura della stanza P4, si presenta come una volta a padiglione ribassata, l’indagine termografica ha permesso di individuare e ricostruire la geometria della struttura lignea della volta incannucciata. Stanza T2


Tipologia A — Muratura in pietra sbozzata Ipotesi della sezione, del paramento murario esterno e degli elementi principali

Tipologia A — Muratura in pietra sbozzata

Localizzazione: Fronte Sud Ovest Via P.A. Micheli

Tipologia B — Muratura in pietra sbozzata, ciottoli e laterizi Ipotesi della sezione, del paramento murario esterno e degli elementi principali

Termogramma paramento murario

Tipologia C — Muratura in pietra sbozzata grossolanamente e ciottoli Ipotesi della sezione, del paramento murario esterno e degli elementi principali

Termogramma fotoraddrizzato

Elementi visibili nel termogramma

Fase di Costruzione: 4° Fase — 1863 Spessore: 85 cm Descrizione: Attraverso l’analisi dei termogrammi si ipotizza un paramento murario composto da blocchi sbozzati di forma squadrata, disposti secondo corsi orizzontali a spessore variabile.

L’indagine termografica: i paramenti murari L’indagine termografica è stata condotta anche all’esterno del palazzo con l’obiettivo di indagare le strutture murarie e il loro stato di conservazione. L’indagine è stata condotta nei mesi di giugno e luglio in due diversi momenti della giornata per confrontare i risultati. La prima campagna di rilievo è stata condotta il 29 Giugno nel pomeriggio quando le murature erano prevalentemente irraggiate e quindi in fase di riscaldamento, mentre la seconda campagna è stata condotta il 21 luglio di mattina presto prima che le murature fossero soleggiate e quindi, grazie al-

la capacità di sfasamento termico delle murature, in fase di raffrescamento. Lo studio delle tessiture murarie L’indagine termografica ha permesso di individuare le tessiture murarie del palazzo e di definire tre tipologie di muratura a seconda della apparecchiatura e della dimensione degli elementi. Le immagini termografiche selezionate sono state foto raddrizzate e messe in scala prendendo come riferimento i fotopiani precedentemente realizzati. Successivamente sono stati ricalcati a fil di ferro gli elementi visibili nel termogramma da cui è stato quindi possibile ipotizzare una tipologia di paramento murario.

Tipologia A Muratura in pietra sbozzata Descrizione Tipologia: Attraverso l’analisi dei termogrammi si ipotizza una muratura a doppio paramento composta da blocchi sbozzati di forma squadrata, disposti secondo ricorsi orizzontali a spessore variabile. Il paramento interno è intonacato di colore bianco o con decorazioni. Tale tipologia risulta essere quella di qualità migliore in quanto gli elementi sono di buone dimensioni e l’apparecchiatura è regolare.

Il paramento esterno è intonacato con finitura color ocra sui fronti Sud-Ovest e Sud-Est e finitura color giallo sui fronti Nord-Ovest e Nord-Est. Localizzazione Tipologia: Questa tipologia si riscontra soprattutto nella fascia bassa del palazzo sul fronte su Via P.A. Micheli e sul giardino.


Tipologia B — Muratura in pietra sbozzata, ciottoli e laterizi

Tipologia C — Muratura in pietra sbozzata grossolanamente e ciottoli

Localizzazione: Fronte Sud Est Via G. Capponi

Localizzazione: Fronte Nord Ovest Giardino

Termogramma paramento murario

Termogramma fotoraddrizzato

Elementi visibili nel termogramma

Termogramma paramento murario

Termogramma fotoraddrizzato

Elementi visibili nel termogramma

Fase di Costruzione: 1° Fase — 1548 Spessore: 54 cm Descrizione: Attraverso l’analisi dei termogrammi si ipotizza un paramento murario composto da blocchi sbozzati di forma squadrata, ciottoli e laterizi disposti secondo corsi irregolari a spessore variabile.

Fase di Costruzione: 3° Fase — 1636 Spessore: 40 cm Descrizione: Attraverso l’analisi dei termogrammi si ipotizza un paramento murario composto da blocchi sbozzati di piccole dimensioni e ciottoli disposti secondo corsi irregolari a spessore variabile.

Tipologia B Muratura in pietra sbozzata, ciottoli e laterizi Descrizione: Attraverso l’analisi dei termogrammi si ipotizza una muratura a doppio paramento composta da blocchi sbozzati di forma squadrata, ciottoli e laterizi disposti secondo ricorsi orizzontali a spessore variabile. Questa tipologia risulta quella di qualità intermedia, gli elementi hanno dimensioni variabili, ma sono disposti secondo ricorsi regolari.

Tipologia C Muratura in pietra sbozzata grossolanamente e ciottoli Descrizione: Attraverso l’analisi dei termogrammi si ipotizza una muratura a doppio paramento composta da pietrame grossolanamente squadrato e ciottoli disposti secondo ricorsi irregolari a spessore variabile. Questa tipologia di muratura risulta essere quella di qualità inferiore in quanto gli elementi sono di piccole dimensioni e

Il paramento interno è intonacato di colore bianco o con decorazioni. Il paramento esterno è intonacato con finitura color ocra sui fronti Sud-Ovest e Sud-Est e finitura color giallo sui fronti Nord-Ovest e Nord-Est. Localizzazione Tipologia: Questa tipologia risulta essere la più diffusa fra i paramenti analizzati, si ritrova su tutti i fronti del palazzo, prevalentemente nella fascia bassa e intermedia

disposti in maniera irregolare. Il paramento interno è intonacato di colore bianco o con decorazioni. Il paramento esterno è intonacato con finitura color ocra sui fronti Sud-Ovest e Sud-Est e finitura color giallo sui fronti Nord-Ovest e Nord-Est. Localizzazione Tipologia: Questa tipologia, interessa prevalentemente le fasce alte del palazzo nel piano attico e nel fronte a nord.

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pagina a fronte Fotopiano prospetto Nord-Ovest sul giardino, Materico, Degrado superficiale, Termografico in falsi colori, Termografico in B/N. sotto Documentazione fotografica da monografia “Palazzo di S. Clemente” R99-71 a.a. 1970-71 Attraverso il confronto con lo stato attuale si nota come alcune patologie di degrado si siano riproposte nella stessa forma e localizzazione.

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L’analisi del degrado superficiale Successivamente all’analisi dei paramenti murari, al fine di avere una maggiore conoscenza dell’edificio, è stato necessario eseguire sui quattro prospetti del palazzo l’analisi delle patologie di degrado superficiale. L’indagine è stata fatta sia catalogando le patologie di degrado superficiale secondo le raccomandazioni standard sia attraverso lo studio dei termogrammi. La sovrapposizione delle due analisi ha permesso di definire con più precisione alcune delle cause di degrado dei materiali e di individuare cavedi e elementi strutturali celati, umidità nelle murature, distacchi di intonaco in atto e ponti termici della struttura che altrimenti non sarebbero stati visibili. I fronti del palazzo presentano un degrado diffuso, dovuto sia a cause naturali che antropiche, che però non sembrano compromettere l’aspetto strutturale generale. 1. Termogramma in falsi colori, 21 luglio — ora: 7:40 Fronte Sud-Est su via G. Capponi Si riscontrano fenomeni di ammaloramento dell’intonaco e la presenza di umidità in corrispondenza della cavità del pluviale incassato

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2. Termogramma in falsi colori, 21 luglio — ora: 7:45 Fronte Sud-Est su via G. Capponi Si riscontrano fenomeni di risalita dell’umidità, la presenza di una cavità con presenza di umidità in corrispondenza del pluviale incassato, fenomeni di distacco dell’intonaco in atto e la presenza di ponti termici in corrispondenza dell’attacco della finestra inginocchiata. 3.Termogramma in falsi colori, 21 luglio — ora: 8:10 Fronte Nord-Ovest sul giardino Si riscontrano fenomeni di umidità di risalita e di ammaloramento dell’intonaco con distacchi parziali in atto, cavità o cavedi con diffusa presenza di umidità e la presenza di ponti termici in corrispondenza dell’attacco con la copertura.

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4.Termogramma in falsi colori, 21 luglio — ora: 7:20 Fronte Sud-Ovest su via P. A. Micheli Si riscontrano fenomeni di risalita dell’umidità, la presenza di ponti termici in corrispondenza dell’attacco del terrazzo e di fenomeni di distacco dell’intonaco in atto.

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sotto e nella pagina a fronte Patologie di degrado Le patologie di degrado sono state definite seguendo la classificazione della norma UNI NORMAL 1182:2006 e con l’integrazione delle patologie indicate nel manuale Dei “Il degrado dei materiali nell’edilizia. Cause e valutazione delle patologie”.

Le forme di degrado si concentrano soprattutto nella fascia bassa e nella fascia alta dei fronti e in corrispondenza degli elementi lapidei di pietra serena. La presenza di umidità, riscontrata anche attraverso l’analisi dei termogrammi, risulta essere la maggiore causa di degrado superficiale e risulta particolarmente visibile sul fronte Nord-Ovest dove l’analisi termografica ha permesso di individuare la presenza di molte cavità. I fronti a Nord-Est e Nord-Ovest che affacciano sul giardino sono i più colpiti da fenomeni di incrostazione biologica e efflorescenza salina mentre i prospetti Sud-Est e Sud-Ovest, ovvero i due fronti che si affacciano sulla strada, sono particolarmente colpiti da fenomeni di degrado antropico dovuti alla presenza di graffiti e di rappezzi incongrui di materiale e di colore. In corrispondenza della copertura e degli elementi di facciata in aggetto si trovano sui quattro prospetti fenomeni di percolamento dovuti all’acqua piovana. Gli elementi di pietra serena sono anch’essi colpiti da forme di degrado dovute all’azione dell’acqua meteorica e dell’umidità di risalita. Gli elementi presentano in maniera diffusa fenomeni di esfoliazione e nei casi più gravi il distacco e la mancanza di intere porzioni dell’elemento.

Percolamento Materiale interessato: Intonaco Localizzazione: Si presenta in modo diffuso sulla facciata sotto il cornicione del tetto e sotto i davanzali delle finestre Descrizione fenomeno: Patologia causata per effetto del ruscellamento delle acque meteoriche. I colaticci hanno, prevalentemente, andamento verticale ma il loro cammino è, sovente, sinuoso anche lungo superfici apparentemente lisce, a causa delle microasperità che deviano il percorso delle gocce. (DEI)

Patina — Incrostazione biologica Materiale interessato: Materiale lapideo, intonaco Localizzazione: Si presenta in modo puntuale sulla facciata Descrizione fenomeno: Strato sottile ed omogeneo, costituito prevalentemente da microrganismi, variabile per consistenza, colore e adesione al substrato.

Efflorescenza salina Materiale interessato: Intonaco Localizzazione: Si presenta in modo disuniforme sulla facciata Descrizione fenomeno: Formazione di sostanze, generalmente di colore biancastro e di aspetto cristallino, pulverulento o filamentoso, sulla superficie del manufatto. Nel caso di efflorescenze saline, la cristallizzazione può avvenire anche all’interno delle parti più superficiali: il fenomeno prende allora il nome di cripto efflorescenza o sub-efflorescenza. (UNI NORMAL 11182:2006)

Crosta nera Materiale interessato: Pietra Localizzazione: Si presenta in modo puntuale in corrispondenza delle modanature Descrizione fenomeno: Modificazione dello strato superficiale del materiale lapideo. Di spessore variabile, generalmente dura, la crosta è distinguibile dalle parti sottostanti per le caratteristiche morfologiche e spesso per il colore. Può distaccarsi anche spontaneamente dal substrato che, in genere, è disgregato e/o polverulento. (UNI NORMAL 11182:2006)

(UNI NORMAL 11182:2006)

Macchia Materiale interessato: Intonaco Localizzazione: Si presenta in modo puntuale sulla facciata in corrispondenza della copertura Descrizione fenomeno: Variazione cromatica localizzata della superficie, correlata sia alla presenza di determinati componenti naturali del materiale sia alla presenza di materiali estranei (ad es., acqua, prodotti di ossidazione di materiali metallici, sostanze organiche, vernici, microrganismi). (UNI NORMAL 11182:2006)

Distacco di intonaco Materiale interessato: Intonaco Localizzazione: Si presenta in modo puntuale sulla cortina muraria Descrizione fenomeno: Soluzione di continuità tra strati del materiale, sia tra loro che rispetto al substrato: prelude in genere alla caduta degli strati stessi. Il termine si usa in particolare per gli intonaci e i mosaici. (UNI NORMAL 11182:2006)


Fotopoiani degrado superficiale Prospetto Sud-Est su via G. Capponi Prospetto Sud-Ovest su via P.A. Micheli Prospetto Nord-Est su giardino storico.

Lacuna di intonaco Materiale interessato: Intonaco Localizzazione: Si presenta in modo puntuale in corrispondenza della parte bassa Descrizione fenomeno: Caduta e perdita di parti di un dipinto murale con messa in luce degli strati di intonaco più interni o del supporto.

Mancanza Materiale interessato: Pietra arenaria Localizzazione: Si presenta in modo puntuale sulle modanature degli elementi lapidei Descrizione fenomeno: Perdita di elementi tridimensionali (braccio di una statua, ansa di un’anfora, brano di una decorazione a rilievo, ecc.).

Rappezzo incongruo Materiale interessato: Intonaco Localizzazione: Si presenta in modo puntuale sulla facciata Descrizione fenomeno: Rappezzo o ricucitura eseguiti con materiale incongruo o non compatibile che risulta non coerente con il materiale limitrofo. (DEI)

Graffiti — Murales Materiale interessato: Intonaco Localizzazione: Si presenta in modo localizzato sulla fascia bassa della facciata Descrizione fenomeno: Simboli grafici o scritte vandaliche realizzate con vernici spray e pennarelli indelebili. (DEI)

Esfoliazione Materiale interessato: Pietra arenaria Localizzazione: Si presenta in modo puntuale sul paramento murario Descrizione fenomeno: Formazione di una o più porzioni laminari, di spessore molto ridotto e subparallele tra loro, dette sfoglie. (UNI NORMAL 11182:2006)

Rigonfiamento Materiale interessato: Intonaco Localizzazione: Si presenta in modo puntuale sulla facciata Descrizione fenomeno: Sollevamento superficiale localizzato del materiale di forma e consistenza variabili.

Rappezzo incongruo colore Materiale interessato: Intonaco Localizzazione: Si presenta in modo localizzato sulla facciata, in corrispondenza della fascia inferiore Descrizione fenomeno: Alterazione di superfici dipinte causata dalla sovrapposizione di più strati di vernice di natura incongrua. (DEI)

Elementi incongrui Localizzazione: Si presenta in modo puntuale sulla facciata Descrizione fenomeno: Oggetti diversi dai materiali originali, ma aderenti ad essi come perni, chiodi e staffe di ferro, materiali e residui di altri restauri, alloggiamento dell’impiantistica ecc.

(UNI NORMAL 11182:2006)

(UNI NORMAL 11182:2006)

(UNI NORMAL 11182:2006)

(DEI)

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Analisi del contesto climatico

POSIZIONAMENTO: Grande città

USO: Pubblico

MORFOLOGIA: Blocco

TESSUTO: Storico

PROMISCUITÀ: Isolato

Dati climatici Localizzazione: Firenze, Italia Latitudine: 43° 46’ 44’’ N Longitudine: 11° 15’ 48’’ E Altezza sul livello del mare: 50 metri Gradi giorno: 1821 Zona Climatica (D.P.R 412/93): D Temperatura max. media: 20,1 °C Temperatura min. media: 9,1 °C

Firenze ha un clima temperato umido con estati molto calde, e talvolta afose, ed inverni moderatamente freddi. Le temperature medie annue si attestano sui 15°, anche se all’interno dell’area urbana l’andamento delle temperature cresce a causa dell’inquinamento ambientale maggiore rispetto alle aree extra-urbane. Le precipitazioni medie annue sono intorno ai 900 mm e il mese più piovoso, secondo dati statistici, è quello di Novembre, mentre quello più secco è quello di Luglio. Le precipitazioni nevose avvengono quasi tutti gli anni ma con accumuli scarsi o nulli. La ventilazione durante il corso dell’anno risulta essere prevalentemente di media intensità,con possibili rinforzi fino a vento moderato nelle ore tardo pomeridiane dei mesi estivi. I venti prevalenti sono di tramontana o di bora nei mesi invernali, mentre nei mesi estivi la prevalenza dei venti è quella occidentale. Per la meno intensa ventilazione dovuta alla relativa lontananza dal mare ed all’ambiente urbano che la deviano o frenano, le temperature massime medie estive sono sensibilmente più alte di quelle che si registrano lungo la costa toscana. Nelle ore diurne, ma anche nelle ore notturne l’umidità relativa presente in città è mediamente inferiore rispetto al quella marittima.

Analisi climatica e ambientale mediante Autodesk Ecotect Analysis Attraverso l’utilizzo del software Ecotect Analysis è stata effettuata l’analisi climatica e ambientale del contesto allo scopo di acquisire informazioni basilari per uno sviluppo sostenibile del progetto. Il software consente di eseguire analisi approfondite sulle prestazioni energetiche e l’integrazione climatica dell’edificio, riproduce ombre e riflessioni complesse, necessarie per generare diagrammi solari per l’analisi dell’ombreggiamento, calcolare la radiazione solare e incidente utili per ottimizzare l’uso e l’installazione di schermature. Attraverso tale software è stato verificato l’andamento dei venti prevalenti, l’umidità e le temperature di riferimento. Sono stati anche realizzati gli schemi dell’andamento solare e le relative proiezioni di ombre negli equinozi e solstizi in 2 fasi del giorno (H 12.00/17.00). Dagli schemi si nota come le ombre cambino notevolmente soprattutto se confrontiamo il mese di giugno con quello di dicembre. I due mesi degli equinozi, invece, presentano all’incirca lo stesso andamento. Sono stati realizzati anche gli schemi dell’irraggiamento: i fronti S/O e N/O risultano maggiormente irraggiati di quelli S/E e N/E a causa dell’orientamento e delle ombre portate dagli edifici limitrofi e dagli alberi.

Schema andamento solare (Ecotect Analysis) Equinozio di Primavera — 21 Marzo ore 12:00.

Schema andamento solare (Ecotect Analysis) Solstizio di Estate — 21 Giugno ore 12:00.

Analisi Irraggiamento solare (Ecotect Analysis) Annuale — 1 Gennaio/31 Dicembre.


da sinistra a destra Schemi illustrativi strategie di mitigazione a scala dell’edificio | Captazione radiazione solare | Protezione dal freddo | Inerzia termica | Permeabilità al vapore | Resistenza alla dissipazione del calore. sotto Raffrescamento passivo — effetto camino.

Caratteri ambientali dell’architettura storica Al fine dello studio del comportamento termico dell’edificio, in aggiunta all’analisi del contesto climatico, è risultato fondamentale analizzare i caratteri ambientali tipici dell’architettura storica. Il comportamento energetico e ambientale dell’edificio antico è molto diverso da quello moderno, in quanto la progettazione era basata sull’utilizzo delle risorse disponibili. Lo sviluppo degli edifici antichi si è sempre basato sullo stretto legame con l’ambiente naturale, sullo studio di caratteristiche geometriche, variabili climatiche, parametri geografici, topografici. Tradizionalmente gli edifici storici sfruttano l’inerzia termica delle murature, sono costruiti con materiali che trattengono un’alta percentuale di umidità, sono concepiti per essere traspiranti al vapore e si avvalgono della ventilazione naturale per smaltire aria viziata e per il raffrescamento.

Per questo a seconda della zona climatica di appartenenza le caratteristiche insediative e costruttive degli edifici storici si sono evolute in maniera differente. Le caratteristiche principali del clima temperato sono l’alternanza di estati calde, con temperature medie intorno ai 25°C, e di inverni freddi con temperature medie intorno ai 12 °C. In queste aree climatiche le strategie di benessere ambientale più rilevanti per quanto riguarda la stagione estiva sono minimizzare la captazione solare e favorire la ventilazione interna. Per la stagione invernale sono minimizzare dispersioni termiche, massimizzare la captazione solare e limitare al minimo la ventilazione interna. La risposta costruttiva tipica degli edifici storici in zone a clima temperato prevede pareti perimetrali massicce, grandi aperture a Sud e piccole aperture a Nord e l’utilizzo di schermature solari. Attraverso l’analisi delle caratteristiche del complesso d Palazzo San Clemente sono state individuate le principali strategie di mitigazione a scala dell’edificio. Raffrescamento passivo: in questo caso la ventilazione naturale per effetto camino sfrutta il movimento dell’aria determinato dalla diversa densità dell’aria tra ambiente esterno ed interno. L’aria, in ambiente confinato, è più

calda e meno densa di quella esterna, per tale ragione tende a salire, attirando all’interno l’aria più fredda entrante da aperture poste in basso. L’apertura posta alla sommità del camino/cavedio produce un flusso in uscita dell’aria calda accumulatasi nella parte superiore del vano, innescando, il movimento convettivo. Captazione delle radiazioni solari: al fine di massimizzare la captazione del calore invernale, cioè convogliare il calore del sole nell’ambiente interno per ottenere un aumento della temperatura dell’aria, il fronte principale a sud presenta un numero maggiore di finestre che risultano di dimensioni maggiori. La loggia sulla terrazza permette la captazione della radiazione solare invernale e la schermatura di quella estiva. Protezione dal freddo: per difendersi dal freddo il lato verso nord ha poche aperture di piccole dimensioni ed è schermato da una zona filtro che contiene ambienti di servizio e scale con la funzione di filtro termico. Resistenza alla dissipazione del calore: il rilevante spessore dei paramenti murari permette la conservazione del calore, ovvero la capacità dell’involucro di limitare le dispersioni termiche dall’ambiente più caldo verso quello più freddo.

Inerzia termica: il rilevante spessore dei paramenti murari permette di assorbire e di rilasciare il calore del sole con un ritardo temporale ottimale rispetto alla presenza di irraggiamento solare diretto, cioè la proprietà di sfasamento termico e coefficiente di attenuazione dei materiali utilizzati. Permeabilità al vapore: l’utilizzo di materiali tradizionali traspiranti evita problemi igrometrici di condensa interstiziale, formazione di muffe e distacco degli intonaci. Di rilevante importanza sono anche le strategie di mitigazione a scala urbana. La struttura urbana compatta tipica dei centri storici con le caratteristiche vie strette sfrutta nei periodi freddi il fenomeno isola di calore e in quelli caldi crea ombreggiamento reciproco fra le facciate favorendo lo smaltimento del calore mediante ventilazione. Inoltre l’utilizzo di cromie prevalentemente chiare dei materiali di finitura, tipico dei paesi del mediterraneo, favorisce la riflessione della radiazione solare limitando il surriscaldamento e l’innalzamento della temperatura nei periodi più caldi. Anche la presenza di aree verdi contribuisce alla mitigazione del calore e all’assorbimento dell’acqua piovana. Inoltre la vegetazione contribuisce all’ombreggiamento e alla difesa 45 dai venti freddi.


sopra Sezione copertura. sotto Sottotetto, copertura con capriate lignee e staffe e catene metalliche.

• Manto di copertura in coppi e tegole

• Capriata in legno • Staffe metalliche

• Pianelle in cotto

• Catena metallica Dettaglio • 1:10

• Travi in legno • Travicelli in legno


Analisi degli elementi di involucro e ipotesi di intervento

Interventi per il miglioramento delle prestazioni energetiche A seguito dell’analisi dello stato di fatto dell’edificio e dell’analisi del contesto climatico si è proceduto all’analisi dei principali elementi di involucro e delle relative caratteristiche, simulandone le prestazioni energetiche. Trovandosi l’edificio in una zona climatica caratterizzata per avere inverni moderatamente freddi e estati calde e afose, gli interventi scelti sono mirati sia alla riduzione delle dispersioni termiche nel periodo invernale, sia alla limitazione dell’accumulo di calore nel periodo estivo. I diversi interventi sull’involucro proposti sono stati scelti e valutati seguendo le indicazioni riportate nelle “Linee di indirizzo per il miglioramento dell’efficienza energetica nel patrimonio culturale”4 e in “Studio, sviluppo e definizione di schede tecniche di intervento per l’efficienza energetica negli edifici di pregio”5. Gli elementi di involucro presi in analisi sono la copertura, il solaio controterra del piano interrato, le murature esterne e i serramenti. Tali elementi sono stati analizzati e ne sono stati in4 MiBACT, 28 Ottobre 2015, Linee di indirizzo per il miglioramento dell’efficienza energetica nel patrimonio culturale. 5 Boriani M., Giambruno M., Garzullino A. 2011, Studio, sviluppo e definizione di schede tecniche di intervento per l’efficienza energetica negli edifici di pregio, ENEA, Roma.

dividuati i possibili vincoli rispetto alla conservazione dei caratteri storici, materici e architettonici. Individuate le problematiche principali dell’elemento vengono proposti alcuni interventi volti al miglioramento delle prestazioni energetiche dell’edificio e alla conservazione dei caratteri del manufatto. L’analisi fatta in precedenze ha permesso di interpretare il funzionamento globale dell’edificio e gli interveni proposti sui singoli elementi d’involucro tengono comunque conto del comportamento complessivo dell’edificio. Metodo di valutazione degli interventi Gli interventi vengono valutati sia dal punto di vista del miglioramento delle prestazioni energetica sia per la compatibilità con i principi del restauro. In base alle potenzialità e alle criticità evidenziate ogni intervento viene valutato secondo quattro parametri, compatibilità, reversibilità, manutenibilità e invasività a cui viene assegnato un giudizio fra “basso”, “medio” e “alto” così da poter poi confrontare gli interventi fra di loro. Parametro 1: COMPATIBILITÀ L’intervento deve essere quanto più compatibile con la struttura originaria. I materiali utilizzati non devono costituire potenziale danno di tipo fisico e

estetico ai materiali originali, così da non incrementare i fenomeni di degrado. Inoltre l’intervento deve rispettare i caratteri formali originari.

Elementi d’involucro

Copertura

Parametro 2: REVERSIBILITÀ L’intervento deve essere quanto più possibile reversibile, anche a distanza di tempo. Deve incidere minimamente e in maniera non illimitata nel tempo, così da poter permettere l’eventuale rimozione dell’intervento in caso di necessità senza alcun danno alla struttura e ai caratteri originari dell’edificio.

Parete verticale verso l’esterno

Solaio controterra

Elemento finestrato Serramenti

Parametro 3: MANUTENIBILITÀ L’intervento deve essere quanto più possibile manutenibile nel tempo. Deve prevedere l’utilizzo di soluzioni progettuali, tecniche e materiali che permettano una facile ordinaria e straordinaria manutenzione, da prevedere già in fase di progettazione. Parametro 4: INVASIVITÀ L’invasività viene valutata in relazione all’utilizzo di materiali incongrui rispetto ai caratteri costruttivi dell’edificio, alle alterazioni formali dell’esistente e alla messa in atto di interventi che presentano impossibilità o difficoltà di manutenzione. L’invasività viene valutata sia prendendo in considerazione gli effetti tangibili che i potenziali rischi futuri.

Sistemi esterni

Strategie • Contenimento termico • Accumulo termico • Captazione luminosa • Schermatura • Dispersione termica

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STATO DI FATTO: Copertura esistente non coibentata

a sinistra Sezione e pianta delle coperture sulla zona della copertura presa in analisi.

MANTO DI COPERTURA (stratigrafia)

pagina a fronte Valutazione sintetica degli interventi proposti.

Coppi e tegole  30 mm Guaina impermeabilizzante 2,8 mm Pianelle in cotto 30 mm

l= 4,431 W/m2K

Copertura — Involucro opaco Il manto di copertura è formato da coppi e tegole e pianelle in cotto poggiati su una struttura in legno, costituita da un’orditura principale in capriate lignee con staffe e catena metalliche e da un’orditura secondaria di travi lignee. Le coperture dell’intero palazzo hanno subito modifiche e rifacimenti durante le diverse fasi costruttive dell’edificio al fine di adeguare le falde alla nuova geometria e al nuovo utilizzo dell’edificio, per questo non presentano forme gravi di degrado. Esternamente il manto di copertura si presenta infatti in buone condizioni e si evidenzia solo un degrado superficiale diffuso. La maggiore problematica riscontrata risulta essere la mancanza di un’adeguata coibentazione che rende la copertura una delle maggiori cause di dispersione del calore in inverno e di accumulo di estate. Al fine di non alterare le caratteristiche del manufatto i possibili vincoli per l’intervento sono il mantenimento della geometria e della forma della copertura, il mantenimento delle quote di copertura e il mantenimento dei materiali. Vengono quindi proposti e comparati fra loro tre interventi di coibentazione della copertura con tre modalità differenti di realizzazione.

1a. Copertura ventilata isolata all’estradosso Il primo intervento proposto prevede la creazione di una copertura ventilata formata da un pannello termoisolante più una camera ventilata, distanziata tramite listelli in legno. Nella parte superiore il pannello termoisolante viene coperto da una guaina sottotegola impermeabilizzante e nella parte inferiore da un freno al vapore traspirante. L’intervento prevede il riutilizzo dei coppi e delle tegole esistenti. Per la verifica termo-igrometrica effettuata con il software Pan 7.0 viene simulato l’utilizzo di tre diversi pannelli termoisolanti (ecoefficiente in fibra di legno, tradizionale in lana di roccia, innovativo in schiuma polyiso) del medesimo spessore di 120 mm per confrontare i risultati. Le principali potenzialità dell’intervento sono la notevole riduzione delle dispersioni, l’aumento della capacità termoisolante della copertura e grazie al loro buono stato di conservazione il riutilizzo degli elementi originari del manto di copertura. A fronte delle potenzialità dal punto di vista dell’efficacia, l’intervento ha però alcune criticità legate alla variazione della quota di copertura. Inoltre la necessità di rimuovere l’intero manto di copertura rende l’intervento laborioso e costoso e con un tempo di esecuzione lungo.

1b. Copertura isolata all’estradosso a basso spessore Il secondo intervento proposto prevede l’inserimento di un pannello termoisolante a ridotto spessore, nella parte superiore il pannello termoisolante viene coperto da una guaina sottotegola traspirante e nella parte inferiore da una guaina freno al vapore. L’intervento prevede il riutilizzo dei coppi e delle tegole esistenti. Anche in questo caso per la verifica termo-igrometrica effettuata con il software Pan 7.0 viene simulato l’utilizzo di tre diversi pannelli termoisolanti (ecoefficiente in fibra di legno, tradizionale, innovativo) del medesimo spessore per confrontare i risultati. Le principali potenzialità dell’intervento sono che permette una parziale riduzione delle dispersioni e aumenta la capacità termoisolante della copertura, inoltre vengono riutilizzati gli elementi originari del manto di copertura e grazie al basso spessore del pannello isolante non viene modificata la quota e la geometria della copertura. Dal punto di vista delle criticità l’intervento ha un tempo di esecuzione lungo e risulta un intervento laborioso, inoltre non è completamente efficace nel risolvere i problemi di dispersione e contenimento termico.

1c. Copertura isolata all’intradosso Il terzo intervento proposto prevede l’incollaggio di un pannello termoisolante ad alto spessore all’intradosso della copertura, nella parte inferiore il pannello viene coperto da un freno al vapore traspirante e da un pannello di osb per la finitura. L’intervento prevede la conservazione del manto di copertura in tutte le sue parti. Come negli interventi precedenti per la verifica termo-igrometrica effettuata con il software Pan 7.0 viene simulato l’utilizzo di tre diversi pannelli termoisolanti (ecoefficiente, tradizionale, innovativo) del medesimo spessore per confrontare i risultati. L’intervento permette un’ottima riduzione delle dispersioni e aumenta la capacità termoisolante della copertura, inoltre dato che l’intervento viene interamente effettuato dall’interno il manto di copertura rimane intatto e vengono conservati gli elementi originari, non vengono modificata la geometria dell’edificio e le quote di copertura. Non richiedendo l’utilizzo di impalcature e di rimozione totale del manto di copertura l’intervento è di facile esecuzione. La problematica maggiore è che l’isolamento non risulta continuo in quanto viene interposto fra le travi di legno della struttura di copertura.


Valutazione interventi Gli interventi risultano compatibili con i caratteri estetici del manto di copertura in quanto, nelle tre proposte, si prevede di conservare gli elementi originali. Inoltre dal confronto delle tre tipologie di pannelli isolanti emerge come i pannelli ecoefficienti, nonostante siano meno efficaci dal punto di vista dell’isolamento, risultano più compatibili con il funzionamento generale dell’edificio grazie alla maggiore traspirabilità e tempo di sfasamento. L’utilizzo di sistemi costruttivi a secco rende l’intervento altamente reversibile, ma la complessità di attuazione nella prima e nella seconda tipologia proposta ne riduce la reversibilità generale. Il sistema risulta invece altamente reversibile nel terzo caso. I tre interventi, se ben eseguiti, non richiedono particolari e frequenti operazioni di manutenzione negli anni successivi, che risulterebbero complesse nel caso di coperture isolate all’estradosso in cui è possibile intervenire solo dall’esterno. Nella prima soluzione proposta, pur essendo molto efficiente, l’intervento risulta altamente invasivo a causa della alterazione della geometria dei prospetti e dell’altezza della quota di gronda, nella seconda soluzione risulta mediamente invasivo in quanto modifica in minima parte l’altezza della quota di gronda, lasciando i prospetti inalterati. Dal punto di vista dell’invasività l’intervento migliore risulta il terzo in quanto lascia inalterato il manto di copertura e interviene all’intradosso in corrispondenza di un sottotetto non praticabile. Nel caso di Palazzo San Clemente, il terzo intervento risulta sicuramente il più adeguato, in quanto non altera le caratteristiche dell’edificio, permette di raggiungere buoni livelli di isolamento e risulta di facile realizzazione potendo intervenire dall’intradosso.

INTERVENTO 1A: Copertura ventilata isolata all’estradosso MANTO DI COPERTURA (stratigrafia) 30 mm Coppi e tegole  50 mm Camera ventilata 0,45 mm Guaina traspirante 120 mm Pannello Termoisolante 0,23 mm Guaina freno al vapore 30 mm Pianelle in cotto

l= 0,274 W/m2K l= 0,272 W/m2K l= 0,183 W/m K 2

VALUTAZIONE INTERVENTO 1. Compatibilità

Reversibilità

B M A

B M A

B M A

B M A

B M A

B M A

Manutenibilità

Invasività

B M A

B M A

B M A

B M A

B M A

B M A

INTERVENTO 1B: Copertura isolata all’estradosso a basso spessore MANTO DI COPERTURA (stratigrafia) Coppi e tegole  30 mm Guaina traspirante 0,45 mm Pannello Termoisolante 40 mm Guaina freno al vapore 0,23 mm Pianelle in cotto 30 mm

l= 0,823 W/m2K l= 0,682 W/m2K l= 0,368 W/m K 2

VALUTAZIONE INTERVENTO 2. Compatibilità

Reversibilità

B M A

B M A

B M A

B M A

B M A

B M A

Manutenibilità

Invasività

B M A

B M A

B M A

B M A

B M A

B M A

INTERVENTO 1C: Copertura isolata all’intradosso MANTO DI COPERTURA (stratigrafia) Coppi e tegole  30 mm Guaina traspirante 2,8 mm Pianelle in cotto 30 mm Pannello Termoisolante 180 mm Guaina freno al vapore 0,23 mm Pannello OSB 22 mm

l= 0,185 W/m2K l= 0,172 W/m2K l= 0,118 W/m2K

VALUTAZIONE INTERVENTO 3. Compatibilità

Reversibilità

B M A

B M A

B M A

B M A

B M A

B M A

Manutenibilità

Invasività

B M A

B M A

B M A

B M A

B M A

B M A

Tipologie di pannelli isolanti confrontate Ecoefficiente Tradizionale Innovativo

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Piano Interrato — Involucro opaco Si considera il piano interrato come elemento di involucro in quanto, data la configurazione dell’ambiente, il volume d’aria interrato, essendo dotato di aperture verso l’esterno, può essere considerato come un’intercapedine ventilata che evita la formazione di condensa e, durante la stagione estiva, facilita la formazione di moti convettivi che dissipano il calore delle strutture, contribuendo al raffrescamento passivo degli ambienti. Per questo si considera l’ambiente come elemento unico e si cerca di sfruttarne le potenzialità. Il piano interrato presenta un solaio contro terra pavimentato e una struttura di copertura con volte a botte intonacate. Gli ambienti, di dimensioni ridotte, risultano essere areati e illuminati da finestre a bocca di lupo su entrambi i lati. I locali al piano interrato venivano in passato utilizzati come cucine e lavanderie e per questo la loro conformazione e la posizione delle finestre permetterebbe una buona areazione, l’attuale destinazione d’uso ad archivio della biblioteca, l’eccessivo numero di scaffalature e di materiale immagazzinato non permettono però una buona areazione trasversale, così da creare problemi di condensa e accumulo di umidità nelle murature.

Le maggiori problematiche riscontrare in questo ambiente risultano essere il cattivo stato di conservazione degli intonaci (mancanze, distacchi), la risalita di umidità, la mancanza di coibentazione e l’eccessivo accumulo di materiale. Al fine di non alterare le caratteristiche del manufatto i possibili vincoli per l’intervento sono il mantenimento della geometria e della forma del manufatto e la conservazione dei materiali storici delle murature. 2. Isolamento al intradosso della struttura voltata Le strutture voltate rendono impossibile prevedere l’utilizzo di pannelli isolanti posizionati all’intradosso, perciò si prevede di applicare sulla superficie un intonaco termoisolante dello spessore di 4 cm circa. La stesura dell’intonaco permette di ridurre le dispersioni termiche e favorisce una corretta traspirabilità della struttura. Data la facilità di realizzazione, l’intervento ha buone potenzialità in quanto non altera le caratteristiche estetiche dell’edificio e riduce le dispersioni termiche e la creazione di condensa superficiale. Il maggior limite è dovuto al ridotto spessore dello strato isolante che rende l’intervento non molto efficace dal punto di vista dell’isolamento.

3. Favorire i fenomeni di ventilazione naturale L’intervento consiste nell’attivazione di cavedi esistenti o vani di distribuzione per innescare una ventilazione naturale dell’edificio del tipo “effetto camino”. L’effetto camino sfrutta la differenza di temperatura dell’aria tra interno ed esterno per estrarre l’aria viziata dagli ambienti ed espellerla verso l’alto. Si può ricorrere all’effetto camino ponendo le aperture sia in basso che alla sommità: l’aria calda salirà naturalmente e uscirà dalle aperture in alto mentre l’aria fredda entrerà attraverso le aperture alla base. I camini di ventilazione possono essere attivati in edifici che per conformazione sono dotati di cavedi con sezioni sufficientemente ampie, vani scala, atri, corti chiuse o ulteriori sistemi di connessione verticale. I sistemi di ventilazione naturale controllata permettono di regolare il comfort termo-igrometrico e ventilativo degli ambienti interni di un edificio. Inoltre sono molto utili per evitare stratificazioni d’aria calda nella parte alta degli ambienti interni e questo è importante soprattutto nel caso di spazi con una grande connessione verticale. Si può accoppiare con un camino solare in sommità che aumenta la temperatura nella parte alta dell’edificio. Uno dei maggiori problemi di questo intervento è quello relativo alla sicurezza antincendio, infatti se tali ambienti non vengono dimensionati correttamente l’effetto camino può favorire l’evoluzione dell’incendio.

in alto Piano interrato: foto e sezione longitudinale. in basso Foto dei vani scala di servizio. Schema di ventilazione naturale (effetto camino).


a destra Valori della trasmittanza delle tipologia di murature esistenti Valutazione sintetica degli interventi proposti

Muratura in pietra sbozzata (tipologia A)

Muratura in pietra sbozzata, ciottoli e laterizi (tipologia B)

l= 2,075 W/m2K

Muratura in pietra sbozzata grossolanamente e ciottoli (tipologia C)

l= 1,962 W/m2K

l= 2,202 W/m2K

INTERVENTO 4: Rifacimento intonaco esterno

VALUTAZIONE INTERVENTO

Intonaco termoisolante a base di calce

Compatibilità

Manutenibilità

B M A

B M A

B M A

B M A

B M A

B M A

B M A

B M A

l= 1,218W/m2K Intonaco di cocciopesto

Reversibilità

Invasività

l= 1,943 W/m K 2

Muratura — Involucro opaco Come rilevato attraverso l’indagine termografica, la muratura perimetrale esterna risulta essere composta da elementi di differenti dimensioni e tipologia disposti secondo varie apparecchiature in base alla fase storica a cui ne risale la costruzione e alla collocazione. Le maggiori problematiche evidenziate per quanto riguarda le murature perimetrali risultano essere il cattivo stato di conservazione degli intonaci, la mancanza di coibentazione, la presenza di umidità di risalita e di quella formatasi nei cavedi, la presenza di ponti termici in corrispondenza dell’attacco del tetto e degli elementi in aggetto (terrazze, finestre inginocchiate). Al fine di non alterare le caratteristiche del manufatto i possibili vincoli per l’intervento sono il mantenimento della geometria e della forma del manufatto e delle finestre, il mantenimento dei materiali storici delle murature e il mantenimento delle decorazioni interne. Per valutare gli interventi proposti, attraverso il software Pan 7.0 è stata effettuata la verifica termo-igrometrica delle tre tipologie di murature ipotizzate in seguito all’analisi termografica. Per facilitare il confronto i calcoli sono stati eseguiti su di uno spessore medio di 50 cm.

4. Rifacimento Intonaco esterno L’intervento prevede il rifacimento dell’intonaco esterno a causa del suo stato di conservazione e della sua scarsa compatibilità con le murature in pietra. L’intonaco esterno non garantisce un’adeguata traspirabilità aggravando i problemi di umidità e condensa all’interno della muratura. Viene simulato l’utilizzo di due differenti tipologie di intonaco (termoisolante, cocciopesto) del medesimo spessore sulla muratura di tipologia C per confrontarne i risultati. 4a. Intonaco termoisolante a base di calce La realizzazione di un intonaco di tipo termico è molto utile nei casi in cui non è possibile intervenire in maniera differente su edifici con numerosi vincoli, in quanto permette il mantenimento delle geometrie e delle forme, migliorando comunque l’isolamento dal punto di vista termico. Oltre alla diminuzione delle dispersioni, contribuisce anche ad una maggiore traspirabilità delle murature avendo un comportamento termoigrometrico simile. L’intonaco termoisolante scelto è composto da pura calce naturale e additivi termoisolanti come scaglie di sughero che ne aumentano anche le proprietà fonoassorbenti e la traspirabilità.

4b. Intonaco di cocciopesto La realizzazione di un intonaco di cocciopesto permette il mantenimento delle geometrie e delle forme, migliorando significativamente le capacità di traspirabilità delle murature e, in maniera ridotta, l’isolamento termico. La struttura macroporosa conferisce una maggiore traspirabilità che contribuisce al risanamento dei muri umidi. L’intonaco di cocciopesto è composto da grassello di calce, sabbia e polvere di laterizio. Valutazione interventi L’intervento risulta altamente compatibile in quanto il comportamento termoigrometrico degli intonaci proposti è compatibile con quello delle murature esistenti e non ne altera le caratteristiche. L’utilizzo di calci naturali e di isolanti naturali come additivi nel primo caso e di calci naturali e di polvere di laterizio come additivo nel secondo non altera il comportamento igrometrico delle murature, evitando la formazione di condensa interstiziale, macchie di umidità o muffe. Perciò si ha una diminuzione dell’umidità della muratura, protezione dagli agenti atmosferici della facciata, miglioramento dell’inerzia termica dell’edificio, elevata traspirabilità della muratura.

L’intervento risulta, perciò, poco invasivo in quanto ripristina le caratteristiche termoigrometriche e estetiche dell’edificio non alterandone il valore estetico. Se le murature vengono risanate adeguatamente l’intervento ha una lunga durata e non richiede particolari operazioni di manutenzione inoltre è di facile esecuzione e può inserirsi nelle comuni attività di manutenzione delle facciate. Dal punto di vista dell’efficientamento energetico a causa del ridotto spessore le capacità isolanti sono inferiori rispetto a sistemi di isolamento come il cappotto esterno. L’intonaco termoisolante naturale a base di calce, a fronte dei pochi centimetri di spessore, ha comunque delle buone prestazioni riducendo significativamente i valori della trasmittanza della muratura. Nel caso di Palazzo San Clemente, dove l’intento è quello di risanare le murature e ridurre le dispersioni si predilige quindi l’utilizzo della soluzione con intonaco termoisolante a base di calce.

51


5. Risanamento cavedi e pluviali incassati Attraverso l’indagine termografica sono stati rilevati un numero cospicuo di cavedi all’interno della muratura. Tali cavedi oltre a costituire una discontinuità nella tessitura muraria creando punti di dispersione evidenziano anche gravi problemi di umidità. L’intervento da effettuarsi in concomitanza del rifacimento dell’intonaco prevede l’eliminazione delle cause che generano umidità e il risanamento dei cavedi stessi tramite sistemi di isolamento.

6. Isolamento interno muratura L’isolamento sulle pareti interne dell’edificio consente di migliorare la coibentazione dell’involucro, ma non garantisce l’eliminazione delle discontinuità termiche con possibile formazione di condensa interstiziale, macchie di umidità o muffe. L’isolante interno rappresenta un’alterazione delle pareti interne dell’edificio e può quindi essere realizzato solo nel caso in cui sia compatibile con i caratteri estetici e tecnologici dei rivestimenti interni. Nel caso di Palazzo San Clemente se ne prevede l’utilizzo solo in alcuni ambienti del secondo piano in cui si evidenzia un ridotto spessore della muratura e l’utilizzo di elementi irregolari di piccole dimensioni, inoltre, in quest’area, l’analisi termografica ha permesso di determinare la presenza di ponti termici con l’attacco del tetto. In aggiunta, negli ambienti del secondo piano non sono presenti decorazioni sul paramento interno e il solaio di copertura risulta piano con orditura lignea a differenza dei piani inferiori dove le coperture voltate non avrebbero permesso tale intervento. Viene simulato l’utilizzo di due diverse soluzioni (basso spessore e medio spessore) sulla muratura di tipologia C per confrontarne i risultati.

6a. Isolamento interno a basso spessore in canne palustri L’intervento prevede la realizzazione di un cappotto interno a basso spessore in pannelli di canne palustri. La canna palustre è un materiale che ha buone capacità termoisolanti, è traspirante, favorisce la diffusione del vapore e svolge funzione di equilibrio igroscopico, risultando quindi adatta alle caratteristiche della muratura. Le canne palustri inoltre non essendo conduttori di umidità, assicurano anche un’eccellente durata nel tempo. L’intervento è di facile e rapida esecuzione, aumenta la capacità di isolamento della muratura e ne assicura un’adeguata traspirabilità. L’intervento viene associato all’utilizzo di intonaco termoisolante a base di calce per aumentarne le capacità isolanti. 6b. Isolamento interno a medio spessore in fibra di legno L’intervento prevede la realizzazione di un cappotto interno a medio spessore in pannelli di fibra di legno. I pannelli in fibra di legno hanno buone capacità termoisolanti e traspiranti. Il sistema è protetto verso l’interno da freno al vapore igrovariabile per consentire lo smaltimento dei flussi di umidità e da una lastra di finitura in argilla e fibra di legno intonacata con in-

tonaco in argilla per garantire traspirabilità e regolazione dell’umidità interna. Questa tipologia di isolamento aumenta notevolmente la capacità di coibentazione della muratura e ne assicura un’adeguata traspirabilità. Tutti gli strati sono posati a secco. Valutazione Intervento L’isolamento interno non risulta essere un intervento completamente compatibile in quanto limita l’assorbimento del calore da parte delle masse termiche, aumentando gli sbalzi di temperatura e impedendo il raffrescamento passivo radiativo delle pareti. Inoltre, seppur in minima parte, riduce il volume utile interno e presenta maggiori discontinuità rispetto all’isolamento esterno, per questo si necessita di uno sviluppo maggiore delle superfici da rivestire per la riduzione dei ponti termici. Al fine di contrastare queste problematiche si è deciso infatti di utilizzare sistemi a basso e medio spessore costituiti da elementi che permettono comunque di sfruttare le caratteristiche termoigrometriche proprie delle murature. Inoltre la posa di elementi a secco rende l’intervento altamente reversibile in quanto gli elementi utilizzati sono completamente rimovibili senza comportare modificazioni permanenti dell’edificio.


INTERVENTO 6a: Isolamento interno a basso spessore in canne palustri

INTERVENTO 6b: Isolamento interno a medio spessore in fibra di legno MURATURA (stratigrafia) Intonaco esterno in cocciopesto Muratura Tipologia C Pannello in canne palustri Intonaco Termoisolante interno

MURATURA (stratigrafia) Intonaco esterno in cocciopesto Muratura Tipologia C Pannello in fibre di legno Intonaco Termoisolante interno Guaina freno al vapore Pannello di finitura Intonaco interno in argilla

30 mm 500 mm 50 mm 20 mm

30 mm 500 mm 80 mm 20 mm 0,23 mm 25 mm 10 mm

VALUTAZIONE INTERVENTO Isolamento interno a basso spessore in canne palustri

l= 0,602 W/m2K

Isolamento interno a medio spessore in fibra di legno

l= 0,373 W/m2K

Compatibilità

Manutenibilità

Reversibilità

Invasività

B M A

B M A

B M A

B M A

B M A

B M A

B M A

B M A

sopra Individuazione del piano attico dove si prevede la realizzazione dell’isolamento interno. pagina a fronte Fotopiano Termografico in B/N con l’individuazione dei cavedi

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C4

C4

C4

C4

C4

C4

C4

A1

A1

A1

A1

A1

A1

B1

B1

B1

B1

B1

A1

B2

B2

B2

A2

A2

A2

A2

C2

D2

B2

G1

D2

C2

Serramenti — Involucro trasparente Nel bilancio energetico dell’involucro i serramenti rappresentano un punto critico per le loro caratteristiche costruttive e funzionali, in quanto devono bilanciare le esigenze di isolamento termico, controllo solare, contatto visivo, comfort microclimatico e acustico e sicurezza degli utenti. Nel caso degli edifici storici inoltre devono mantenere anche le caratteristiche legate al valore storico e testimoniale. Nel caso di Palazzo San Clemente è stato fondamentale iniziare con la catalogazione dei serramenti, che ne ha evidenziato una grande varietà di struttura, forma, dimensione e stato di conservazione. La maggioranza dei serramenti ha infisso ligneo con vetro semplice, fatta eccezione per le due porte antincendio sul giardino che sono in materiale metallico. Una consistente parte dei serramenti risulta essere composta da finestre accoppiate a diversa distanza fra di loro. L’edificio presenta un numero elevato di serramenti in cattive condizioni e con inadeguate prestazioni di isolamento. Inoltre dato che molti sono stati sostituiti nel tempo, la maggioranza dei serramenti non presenta caratteristiche storiche, né dal punto di vista materico, né dal punto di vista estetico.

C2

G2

C4

G2

Un elevato numero di serramenti è dotato di persiane esterne lignee e oscuranti interni. Nonostante tali elementi siano in un buono stato di conservazione e contribuiscano alle prestazioni energetiche del serramento, risultano non funzionali alle attività ospitate dall’edificio non permettendo l’entrata della luce naturale. Le maggiori problematiche evidenziate quindi risultano essere, la presenza di infissi sostituiti nel tempo che non rispettano l’estetica della facciata, le prestazioni inadeguate dei serramenti, il diffuso utilizzo di doppi serramenti, il degrado diffuso delle parti lignee e le schermature interne ed esterne che risultano inadeguate alla funzione Al fine di non alterare le caratteristiche del manufatto i possibili vincoli per l’intervento sono il mantenimento dei materiali originali lì dove sono ancora presenti, il mantenimento della geometria e della forma e dell’aspetto dell’edificio. Data la grande varietà di finestre e del relativo stato di conservazione si propongono tre interventi mirati a risolvere le differenti problematiche riscontrate.

D2

G1

B1

B1

E1

C3

G1

D2

B1

B1

C2

B1

B1

B1

C2

Doppia finestra a due ante quadrettata

B1

L x H (cm)

126x208

Telaio

legno + legno

Vetro (cm)

singolo - 0,4

Persiane

si

Scuri interni

si

Esposizione

SE-NE

Unità totali

15

Trasmittanza termica (W/m2K) Persiane Esterna Est+Int chiuse 4,669 2,386 2,087

Finestra a due ante quadrettata con sopraluce

D2

L x H (cm)

135x210

Telaio

legno

Vetro (cm)

singolo - 0,4

Persiane

no

Scuri interni

si

Esposizione

SE

Unità totali

4

Trasmittanza termica (W/m2K) Totale 4,714 Due delle ventotto tipologie di finestre catalogate Le finestre sono state catalogate in funzione del numero e della tipologia delle ante, della dimensione, della tipologia di telaio e di vetro, della presenza o meno di persiane e scuri interni e dell’esposizione. Sono stati inoltre calcolati i valori della trasmittanza termica.


pagina a fronte Fotopiano del Prospetto Sud-Est su via G. Capponi con individuazione delle tipologie di finestre. a destra Fotopiano del Prospetto Sud-Ovest su via P. A. Micheli e del Prospetto Nord-Est sul giardino storico con individuazione delle tipologie di finestre.

D4 B4

B4

sotto Tipologie di finestre del Palazzo.

E2 A3

H1

D3

L2

D3

H1

G2

B1

E2

G2 G2

B1

G2

E2 G2 C2

B1

A3

G2

G2

C2 I1

7. Sostituzione dei serramenti con modelli ad alta prestazione energetica L’intervento prevede la sostituzione delle finestre esistenti con serramenti simili a quelli originari ad alta prestazione energetica. L’intervento è da attuare nel caso in cui il recupero risulti molto difficile a causa del cattivo stato di conservazione degli elementi che compongono l’infisso originale. L’intervento permette la riduzione delle dispersioni termiche dovute a scambi d’aria tra interno ed esterno ed è molto efficace dal punto di vista energetico. I punti più critici dell’intervento sono che non mantiene gli elementi esistenti modificando parzialmente l’architettura dell’edificio, inoltre la sostituzione degli infissi risulta molto costosa e poco sostenibile. La trasmittanza totale che si riesce a raggiungere con serramenti ad alta prestazione risulta inferiore a 1,5 W/m2K, con una riduzione perciò tra il 40% e il 80 % rispetto ai serramenti esistenti e quindi con ottime prestazioni dal punto di vista dell’efficientamento energetico.

G2

G2 G2

8. Recupero dei serramenti esistenti L’intervento prevede il recupero del serramento originario (telaio, controtelaio e vetro). In questo caso l’intervento non altera l’estetica degli elementi, permettendo di ottenere una minima riduzione delle dispersioni termiche. L’intervento è da attuare nel caso il serramento venga considerato come elemento di pregio che contribuisce al valore dell’edificio. Il recupero di scuri e persiane aiuta a ridurre le dispersioni di calore durante la notte. Grazie a questo intervento l’architettura dell’edificio non viene modificata e gli elementi originali vengono conservati. L’intervento, però, può risultare molto laborioso e non sempre possibile a seconda dello stato di conservazione degli elementi esistenti. L’intervento riduce la trasmittanza di circa il 12 % rispetto ai serramenti esistenti grazie alla diminuzione delle dispersioni.

I1

I1

9. Installazione di schermi interni L’intervento prevede l’inserimento di tende oscuranti a caduta avvolgibili per ridurre il surriscaldamento e controllare l’abbagliamento visivo negli ambienti interni che attualmente non presentano un sistema di oscuramento adeguato. Essendo posto internamente l’intervento non altera i caratteri estetici dell’edificio. In minima parte contribuiscono anche alla riduzione delle dispersioni termiche invernali costituendo un ulteriore strato di protezione. L’efficienza del sistema di oscuramente è maggiore se si prevede un sistema di avvolgimento meccanico. La maggiore potenzialità dell’intervento è la riduzione degli apporti termici estivi e il miglioramento del comfort visivo interno. L’intervento riduce di circa il 30% il fattore di trasmissione dell’energia solare.

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5

6

3B

3A

2

1


57 4


Ipotesi di riuso

Piano Terzo +3

Oltre agli interventi finalizzati al miglioramento delle prestazioni energetiche del palazzo, in previsione di un futuro spostamento della biblioteca, si propone un ipotesi di riuso volta a valorizzare gli spazi del palazzo e del giardino di pertinenza. L’attuale utilizzo del palazzo ha negli hanno aumentato la parcellizzazione degli ambienti e limitato la loro fruibilità. I collegamenti verticali risultano insufficienti per garantire una completa accessibilità, l’unico ascensore presente è di ridotte dimensioni e non ne consente l’utilizzo da parte di persone disabili. Inoltre la disposizione degli arredi, soprattutto al piano terreno tende a compromettere la conservazione delle decorazioni murali. Negli anni il palazzo ha perso progressivamente il contatto con il giardino, elemento caratterizzante di tutte le fasi evolutive del complesso. L’asfaltatura del piazzale e il graduale abbandono del giardino storico nella parte nord hanno reso non fruibile questi spazi di grande valore. Per questi motivi, gli obiettivi principali che si persegue di raggiungere con il progetto di riuso del complesso di Palazzo San Clemente sono: • Accessibilità • Flessibilità spaziale • Recupero del rapporto esterno interno • Collegamento del giardino con l’esterno

Per quanto riguarda le nuove funzioni del palazzo, la volontà è quella di conservare l’utilizzo della struttura da parte dell’Università. Il complesso è infatti in una posizione centrale e strategica, nei pressi del Rettorato e di altre strutture dell’Università come la vicina Palazzina dei Servi recentemente restaurata. Il progetto propone di inserire al piano terreno spazi destinati a piccole conferenze e attività dell’Università aperte al pubblico. Tale struttura oltre ad avere un accesso dedicato su via Gino Capponi è attrezzata con adeguati spazi ricettivi, quali reception, guardaroba, caffetteria, servizi igienici. Al piano mezzanino vengono inseriti gli spazi per gli uffici dell’amministrazione, mentre ai piani superiori il progetto propone di inserire spazi dedicati al terzo ciclo d’istruzione, Master, Scuola di Dottorato, Scuola di Specializzazione. Il Palazzo Le scelte progettuali sono state guidate dalla volontà di non alterare le caratteristiche formali dell’edificio. Per questo si è scelto di intervenire in quelle zone del palazzo che hanno subito più modifiche nel corso del tempo e che sono state snaturate da interventi precedenti. Si è scelto inoltre di eliminare, dove possibile, le eccessive parcellizzazioni.

Piano Primo +1

Piano Secondo +2

Piano Mezzanino +1/2

Piano Terra 0

Piano Interrato -1


pagine 56-57 Progetto piano terra e giardino. pagina a fronte Esploso nuove funzioni. a destra Vista giardino con pedana di legno. sotto Sezione longitudinale.

Collegamenti verticali Nuovi Collegamenti verticali Collegamenti orizzontali

Bagni

Reception/Portineria

Depositi/Archivi

Uffici amministrazione

Guardaroba

Caffetteria

Aule docenti

Sala conferenze

Aule didattica

Sala computer

Aule studio

Sala riunioni Aula lavoro di gruppo

Biblioteca/Riviste

Area relax

Spazio espositivo Laboratori

1. Nuovo accesso Il progetto prevede di riaprire il portone su via Gino Capponi, un tempo accesso principale del palazzo, così da poter utilizzare lo spazio conferenze indipendentemente dal resto dell’edificio. La riapertura del portone inoltre crea un asse trasversale che facilita la riconnessione fra la strada e il giardino. 2. Nuova collocazione della scala Il progetto prevede l’inserimento di una nuova scala nei pressi dell’ingresso su via Gino Capponi e la demolizione dell’attuale scala che collega il piano primo con il piano mezzanino, realizzata negli anni ottanta. La scala permette di connettere il piano terra, il piano mezzanino e il piano primo. 3. Nuova collocazione ascensore Il progetto prevede di inserire due nuovi ascensori in quanto quello esistente risulta inefficiente e non accessibile ai disabili. 3A. L’ascensore situato nei pressi dell’ingresso su via Gino Capponi connette il piano terra, il piano mezzanino

Schema accessi e percorsi giardino

e il piano primo permettendo di accedere ai piani superiori anche nella parte a settentrione. 3B. L’ascensore situato in corrispondenza dell’aula magna connette tutti i piani dell’edificio rendendo accessibile anche il secondo piano. La posizione individuata, nonostante obblighi a una riduzione dimensionale della sala al piano terreno e al primo piano, permette di connettere i piani senza alterare le caratteristiche formali dell’edificio.

Il Giardino Le scelte progettuali sono state guidate dalla volontà di ridare vita al giardino storico del palazzo, permettendone una maggiore fruibilità. 4. Nuovo accesso Il progetto prevede di riaprire il grande cancello su via Gino Capponi così da rendere indipendente l’accesso al giardino storico. 5. Riconversione del piazzale a prato Il piazzale antistante il palazzo storicamente è sempre stato destinato a

giardino fino agli anni ‘70, quando, per motivi di utilità, venne asfaltato. Il progetto prevede di riconvertire il piazzale in prato, aumentando così anche la permeabilità del suolo e riducendo l’effetto isola di calore. 6. Pedana di legno Per rendere accessibile il giardino e favorire la riconnessione del palazzo con l’area esterna, il progetto prevede l’introduzione di una pedana di legno che crea un percorso intorno al prato e collega l’edificio alle zone verdi.

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Bibliografia

pagina a fronte Baldassarre Franceschini detto il “Volterrano”, San Martino che dona il mantello a un povero, piano terreno, XVII secolo. Foto di Adriano Bartolozzi.

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Indice

pagina a fronte Archivio Alinari Una veduta del giardino.

Per un restauro autenticamente sostenibile Maurizio De Vita

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Restauro e sostenibilitĂ Restauro e sostenibilitĂ

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Palazzo San Clemente a Firenze Il Palazzo Le vicende storico costruttive Analisi dello stato attuale Analisi del contesto climatico Analisi degli elementi di involucro e ipotesi di intervento Ipotesi di riuso

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Bibliografia

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Finito di stampare per conto di didapress Dipartimento di Architettura UniversitĂ degli Studi di Firenze Luglio 2017



Le problematiche legate all’efficienza energetica del patrimonio edilizio esistente sono un tema molto attuale. Come riportano anche recenti direttive europee, il settore edilizio è responsabile del 40% del consumo globale di energia dell’UE e pertanto la riduzione del consumo energetico da parte di tale settore risulta una misura necessaria e prioritaria. Applicato ai beni architettonici storici, considerevole parte del nostro patrimonio edilizio, il tema diventa ancora più complesso e rilevante. In questo caso infatti gli interventi relativi all’efficienza energetica devono essere subordinati alla compatibilità con i principi di conservazione e tutela del patrimonio culturale. Il primo passo per un progetto di restauro in grado di rispondere alle sfide odierne è riconoscere negli edifici antichi il carattere intrinseco di sostenibilità. Come nel contesto dell’accessibilità e in quello del rischio sisimico, anche in questo ambito è necessario privilegiare strategie di miglioramento rispetto a quelle di adeguamento, proponendo interventi volti a valorizzare le potenzialità intrinseche dell’edificio storico senza stravolgerne l’assetto originario. Attraverso un adeguato percorso di conoscenza e di analisi del manufatto, non solo è possibile intervenire con azioni mirate al miglioramento delle prestazioni energetiche, ma il tema acquista ulteriore rilevanza se valutiamo tali azioni come forme più efficaci di tutela e valorizzazione. Questi interventi infatti risultano essenziali per conseguire fini di conservazione e trasmissione al futuro e per ridare funzionalità e importanza nel tessuto sociale agli edifici storici. Il monumentale complesso di Palazzo San Clemente, attuale sede della Biblioteca e della Scuola di Architettura, coniuga aspetti di rilevante valore storico e problemi di inefficienza funzionale. Lo studio vuole individuare e valutare soluzioni che contribuiscano al miglioramento energetico e contemporaneamente alla conservazione e valorizzazione del Palazzo in un’ottica di sostenibilità. Margherita Vicario è nata a Firenze nel 1989. Si forma presso la Scuola di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze dove si laurea nel 2016 con relatore il Professore Maurizio De Vita.

ISBN 978-88-9608-086-3

9 788896 080863


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