IpoTesi | Zanirato

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T dida tesi

IPOTESI

CLAUDIO ZANIRATO



T dida tesi

La serie di pubblicazioni scientifiche DIDATesi ospita i risultati delle tesi di laurea condotte all’interno della Scuola di Architettura dell’Università di Firenze che, per l’interesse dei temi trattati, le peculiari modalità di ricerca adottate e l’originalità degli esiti conseguiti nell’ambito del progetto dell’architettura, del territorio, del paesaggio e del design, meritano di essere diffusi al di fuori delle aule universitarie. Le tesi di laurea, che sempre meno si connotano come esercizi accademici, sviluppano in molti casi la continua sperimentazione che unisce ricerca, formazione e progetto nel Dipartimento di Architettura. Spesso le tesi esprimono nel modo più efficace la relazione di cooperazione che il DIDA intrattiene sia con altre Università che con i territori, con le loro Associazioni, ONG, Amministrazioni, Enti ed imprese. Le pubblicazioni scientifiche DIDATesi sono soggette ad una procedura di accettazione e valutazione qualitativa basata sul giudizio tra pari, affidata ad un apposito Comitato Scientifico del Dipartimento, secondo i criteri della comunità scientifica internazionale e dell’editore Firenze University Press. Tutte le pubblicazioni sono inoltre open access sul Web, per favorire una comunicazione e valutazione più ampia ed effettiva, aperta a tutta la comunità scientifica internazionale.



IpoTesi Bologna


Le tesi contenute nel volume sono state realizzate con la collaborazione di: Comune di Bologna

Le tesi si sono sviluppate nell’ambito di Laboratori di Sintesi Finale del corso di Laurea in Architettura dell’Università di Firenze.

progetto grafico

dida labs

Laboratorio Comunicazione e Immagine Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze

© 2016 DIDA Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze via della Mattonaia, 14 50121 Firenze ISBN 9788896080528


IpoTesi Bologna Claudio Zanirato



Introduzione Se proviamo ad immaginare il paesaggio di Bologna questo ci appare quello di una città densa, annidata alle pendici di verdi colline ed arginata, quasi annodata, da nastri stradali e ferroviari. Ci sembra possedere una sua dimensione conclusa, satura in tutta la sua pulsazione. É evidente che ipotesi di crescita e di cambiamento possono scaturire solo dal suo interno, come evoluzione del modello urbano originario. Sui confini esterni ed interni della città, lungo le sue linee di contatto e di frizione con i bordi e le linee di attraversamento, si possono pertanto pensare scenari futuri. Forse proprio solo in questi luoghi ci potrà essere un’altra Bologna. I luoghi del cambiamento urbano sono anche quelli della sostituzione delle funzioni, delle attività che seguono il tempo ed i ritmi della città. La città, in generale, da tempo ha cessato di esistere come corpo coeso, derivato dall’accumulazione progressiva della storia, per apparire, al contrario, come il prodotto della sua disarticolazione temporale, composta di continue discontinuità. Così la città di oggi non è più città, non essendo più stratificazione ma sommatoria, non è fatta più di luoghi ma semplicemente di spazi, non è più luogo della comunità ma promiscuità di abitanti. E nella città così fatta per parti, il ruolo

ordinatore incontrastato è affidato alle reti stradali di connessione e non più di comunicazione urbana. Inoltre, la mancanza di costanti nei caratteri della formazione urbana, che costringe ad intervenire tramite episodi isolati e distanti, non permette più di concepire un progetto urbano nella città moderna. Il Piano di espansione a nord che Bologna, per esempio, aveva provato a fare con K.Tange nel 1970 si è subito arrestato, rimane solo un nobile frammento. I modelli urbani prevalenti di questi tempi dichiarano apertamente i limiti del pensiero modernista, con la rinuncia ad un progetto di città architettonica, nel tentativo di inventare una possibile evoluzione di città “nebulosa”. Il centro storico, bloccato in condizioni di congelamento, fa sì che la città nuova possa svilupparsi solo ai margini del centro stesso, per cui la città contemporanea subisce un processo di moltiplicazione di centri. Per esempio, il centro degli affari del Fiera District, il Centro Agroalimentare, i vari Centri Commerciali, raggiungibili più comodamente per strada e ferrovia. Uno dei modi tradizionali attraverso cui è interpretata la città moderna è la dialettica tra centro e periferia, ossia tramite il rapporto tra un luogo egemone e depositario della storia, paradigma dell’urbano, ed un esterno espresso come negazione del centro stesso, la cui aspirazione improbabile sembrerebbe diventare una emulazione della città antica. La moderna industrializzazione ha stimolato lo sviluppo per concentrazione attorno alle principali città del siste-

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ma, installando gli apparati produttivi in stretta prossimità dei centri, i quali a loro volta si sono ingranditi a dismisura per dover fornire mano d’opera, realizzando una sorta di città anulare. Con la deindustrializzazione, una città come Bologna si trova quindi proprio nella sua prima periferia grandi aree e contenitori industriali dismessi, da reinventare. La dissoluzione del sistema urbano è incentivato anche dalla formazione di margini interni, secondo un processo che insieme destruttura la centralità e disperde la periferia, stabilendo soglie di demarcazione e nodi resistenti. Ai grandi segni storici dell’antropizzazione come le mura, i fossati ed i canali, si sommano quelli confusi della modernizzazione, come le ferrovie, le ampie strade e le industrie, producendo ai margini di ogni città un caotico repertorio di aree interstiziali e di vere e proprie barriere interne. Così, la sovrapposizione e la giustapposizione di “segni” diversi sul territorio periurbano, come l’interruzione di una moltitudine di regole dispositive e aggregative, diventano portatori di una pluralità di limiti e frontiere, di luoghi di frizione fra intenzionalità diverse e contraddittorie, che obbligano oggi ad esprimere un nuovo senso. La complessità sociale contemporanea, infine, genera la proliferazione di

una moltitudine di identità, a loro volta portatrici di espressioni di autorappresentazione, per cui si viene a determinare una esplosione tipologica che tende sempre più a sfuggire alle abituali classificazioni, configurando una città come sommatoria di elementi indipendenti e spesso anche contrastanti. E non è detto che la ridondanza di situazioni generi sempre una grande evidenza, anzi. Così l’individualismo conseguente alla città diffusa pluralista, lascia emergere solo eventi dotati di una forte eccezionalità figurativa, in grado di guadagnarsi una identità macroscopica rispetto alle tonalità del contesto. Per questo oggi sono entrate decisamente in crisi proprio le relazioni tra le parti della città. Di fronte all’ingovernabilità dei continui processi di trasformazione dell’edificato, il “vuoto” si candida ad essere l’unica possibile risorsa per la ridefinizione dell’immagine della città, costretti come si è a pianificare in funzione di territori limitati. Il non governo della città obbliga a dettare poche regole comuni, a concentrare i progetti in pochi punti selezionati, nel tentativo di fare emergere l’ordine dal disordine. É questo lo scenario nel quale si sono mosse le tre sperimentazioni progettuali per Bologna: Via De’Carracci, Lazzaretto-Bertalia, Staveco-Caserme.


Effetti indotti dall’Alta Velocità: via de’Carracci

Effetti indotti dall’Alta Velocità: via de’Carracci Laboratorio di Sintesi Finale AA.AA. 2003/2005 La cittadella: centro di ricerca integrato Simone Innocenti, Pasquale Leo, Vito Longo Centro ricerca medica oncologica Vito Longo Centro ricerca mobilità urbana Simone Innocenti Polo Tecnologico Integrato Pasquale Leo Centro Musei Universitari Marco Benevelli e Morena Bertolani Nuova sede comunale Carlo Antonelli Movimenti del suono Monia Barzucchi Albergo del viaggiatore Carla Capelli e Claudia Casadei Centro Mediatico Andrea Borghi Centro Giovanile Simone Brusini Trasformazioni in corso Centro Complementare Saverio Napoletano



Effetti indotti dall’Alta Velocità: via de’Carracci Laboratorio di Sintesi Finale Università degli Studi di Firenze AA.AA. 2003/2005 titolare prof. L.G.Macci codocente coordinatore prof. C. Zanirato

Il nodo ferroviario di Bologna Centrale, in conseguenza dell’attuazione dell’A.V. (l’importante stazione è ancora solo un ambizioso progetto in superficie, a firma di A.Isozaki, ma già ultimata ed operativa nelle opere sotterranee, su progetto di R.Bofil) e della nuova mobilità metropolitana (è in attesa di vedere l’inizio lavori la linea metropolitana sopraelevata cittadina, il People Mover, tratta Aeroporto-Stazione), è andato a complessificarsi notevolmente. In previsione della definizione ultima degli interventi che saranno operati sul parco ferroviario cittadino (il più importante crocevia viario italiano) per insediare la stazione dell’A.V. in maniera autonoma ed integrata, congiuntamente alla realizzazione del capolinea della navetta automatica (esattamente sopra la fermata dell’Alta Velocità) ed al potenziamento della Stazione Centrale (oramai sono iniziati, per piccole fasi, i lavori di restyling, ampliamento, con l’auspicato interramento di viale Pietramellara ancora lontano dal divenire), l’area nodale della stazione è oggetto da tempo di studi mol-

to approfonditi sotto i profili trasportistico e viabilistico, mentre sembrano ancora trascurati i fenomeni urbani indotti da tali trasformazioni infrastrutturali, anche nel quadro del recente PSC comunale che non li contempla. La via de’ Carracci, posta parallelamente e tergale al parco ferroviario, è diventata protagonista di una parte significativa del potenziato sistema di mobilità, con nuovi accessi alle stazioni (ad Iniziare da quella nuova dell’A.V. su questa allineata), parcheggi interrati ed in silos, interramenti parziali e sottopassi stradali, ed è sul suo possibile sviluppo e ricadute urbanistiche che si accentra l’attenzione della ricerca condotta nell’ambito accademico, nei Laboratori di Sintesi. Lo studio intrapreso per alcuni anni all’interno dei corsi di studio della Facoltà di Architettura di Firenze, consente di confrontare le possibili modalità di trasformazione indotte in un tessuto urbano di diversa consistenza, a fronte del potenziamento del nodo d’interscambio ferroviario, posto problematicamente sul bordo della città storica. Questi lavori, confrontati an-

La storia urbanistica dell’area immediatamente a nord di Bologna è strettamente legata agli impianti ferroviari, allo sviluppo del quartiere Bolognina ed al suo arresto ad ovest conseguente alla realizzazione del Mercato Ortofrutticolo Centrale. Quindi una storia edilizia relativamente recente, risalente solo alla fine dell’Ottocento ed alla prima espansione moderna: prima solo il Navile, la via Ferrarese e campi coltivati. Il primo Piano di Espansione della città, del 1889, prevedeva un disegno compiuto di isolati residenziali e giardini a coronare la parte pianeggiante a nord, est ed ovest, interrotta solo in questo tratto.

che con quelli condotti per il nodo fiorentino dell’A.V. di S.M.N. e per lo scalo ferroviario di Prato, hanno fatto parte della ricerca interuniversitaria Cofin, denominata “IN.FRA-Forme insediative ed infrastrutture”, i cui risultati sono già stati pubblicati dalla Marsilio Edizioni con il trittico del Manuale, l’Atlante ed Esperienze, nel 2002 e 2004. La trasformazione della stazione ferroviaria di Bologna in un complesso nodo d’interscambio trasportistico (ferrovie metropolitane, locali, nazionali, alta velocità, people mover e parcheggi scambiatori) dotato di una idonea rete d’interconnessione urbana, consente di valutare le implicazioni sulla città consolidata di radicali inserimenti di nuove centralità, collegate alle reti di movimento e configurando un inedito spazio pubblico, fatto di strade a diverse velocità. Questi interventi stanno diventando indispensabili per ogni città di media e grande dimensione e rappresenteranno lo scenario di maggiore rinnovamento urbano ancora per i prossimi anni, per colmare un ritardo notevole accumulato dal Paese nei decenni passati.

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Il ponte di via Matteotti, scavalcando la ferrovia in prosecuzione della centralissima via Indipendenza, consente di affacciarsi sul parco ferroviario, le stazioni e di vedere per intero ed in modo panoramico tutto il fronte edificato della via de’Carracci, fino in fondo. Emerge chiaramente l’importanza di questo “affaccio” urbano, dell’esistenza quasi di due città che si guardano attraverso un vuoto. La demolizione dei magazzini e delle mura di delimitazione dell’area ferroviaria, che tendeva ad escludere ogni forma di rapporto “costruttivo” con i fronti e gli isolati del quartiere Bolognina di fronte, ha improvvisamente “squarciato” la scena, ha assegnato un ruolo urbano ad edifici che non se lo aspettavano. Dopotutto, questa era la strada tergale alla ferrovia, dove non avveniva nulla di nobile ed importante, anzi, avveniva tutto l’incontrario.


La natura essenzialmente residenziale e popolare della Bolognina ha concentrato solo alcune attività di servizio commerciale ai piani terra degli edifici lungo le strade più importanti, disconoscendo un ruolo attivo della via de’Carracci. Le uniche attività terziarie si trovano lungo la strada solo come risvolto degli innesti delle vie ortogonali più importanti. Cosa diversa invece per via Fioravanti, che prospettava il Mercato Generale, ben più attrattivo e vitale della Stazione. La costruzione del Mercato Ortofrutticolo ha “storicamente” arrestato ad ovest l’estensione del quartiere Bolognina, per cui ha anche rappresentato un vuoto urbano, per la perdita di continuità indotta. Proseguendo oltre, fino alla via Zanardi, appare subito un paesaggio del tutto diverso, frammentato ed assai eterogeneo: condomini isolati, stabilimenti e magazzini riconvertiti per attività terziarie intensive, attorno al vuoto del Navile.

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La compattezza del quartiere Bolognina, anche se con una storia relativamente recente, è stato comunque oggetto di molteplici interventi di sostituzione e ricostruzione di edifici all’interno dei suoi isolati. Questo anche in conseguenza di bombardamenti e di programmi di riqualificazione edilizia sociale. La conferma dell’impianto urbanistico ha resistito a molteplici possibilità ed occasioni di trasformazione, a testimonianza del valore riconosciuto dalla città. La proiezione in sovrapposizione dei grandi progetti pianificati inizialmente per quest’area della città sembrano non cogliere appieno le opportunità fornite dai nuovi scenari edificativi e di trasformazione: la Stazione A.V. ripropone una nuova “murazione” sul ciglio della via de’Carracci, senza neppure un accenno di arretramento per creare uno spazio di “respiro”; i nuovi edifici inseriti nel Mercato Navile sono isolati e solo parzialmente allineati con il quartiere.

La dimensione dell’intervento consentirà di risolvere molti problemi di disegno urbano irrisolti da tempo, primo fra tutti il collegamento fisico tra due parti di città, separate storicamente dall’impianto ferroviario. Inoltre, la dismissione dell’attiguo Mercato Ortofrutticolo Generale, ha liberato un’area urbana molto estesa e collocata strategicamente nello scenario urbanistico complessivo, divenuta oggetto di un importante Piano Particolareggiato di recupero, in avanzato stato di attuazione. L’insieme di queste esperienze progettuali sperimentali qui presentate può fornire indicazioni sulle possibili potenzialità e modalità d’inserimento di nodi di scambio viabilistico a grande capacità all’interno di tessuti urbani consolidati, e di valutare di conseguenza il raggio d’intensità di trasformazione che questi sono in grado di ripercuotere nell’intorno, edificato e non. L’obiettivo è quello di fornire indicazioni su alcune modalità di disegno urbano, connesse all’intensificazione dei flussi di attraversamento, con implicazioni anche sulle reali possibilità di accessibilità delle nuove centralità, in contesti di alta densità insediativa. Si sono individuate quattro macro-aree lungo l’asse della via de’ Caracci, dotate di maggiore vocazionalità e disponibilità ad essere interessate, per


STRATIFICAZIONE STORICA Edifici al 1910

Edifici su sedime al 1910

Demolizioni al 1910

Strade inizio 900

Alta velocitĂ

Edifici al 1939

Edifici su sedime al 1939

Demolizioni al 1939

Edifici inizio 900

Stazione centrale

Edifici al 1951

Edifici su sedime al 1951

Demolizioni al 1951

Previsioni

Metropolitana

Edifici al 1964

Edifici su sedime al 1964

Demolizioni al 1964

Demolizioni previste

Edifici al 1985

Edifici su sedime al 1985

Demolizioni al 1985

Edifici da recuperare

Edifici al 2002

Edifici su sedime al 2002

Demolizioni al 2002

Nuove strade

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USO EDIFICI NEL 2004 Residenze Residenze/commercio Residenze/terziario Residenze/commercio/terziario

Commerciale Artigianale Ex-mercato ortofrutticolo Parco fluviale Navile


Autorimesse Strutture militari Ricreative/culturali Centri religiosi

Terziario Istruzione Sanitarie Edifici dismessi

Parco ferroviario Strutture ferroviarie Ricettive alberghiere Edifici demoliti

La non funzionalità residenziale della Bolognina, nata come quartiere popolare e conservando questo carattere oggi come quartiere multietnico, trova un relativo riscontro nel primo Piano Particolareggiato per il recupero dell’area del Mercato Ortofrutticolo, estendendone la maglia urbana regolare. Ad ovest domina invece lo scenario degli impianti produttivi e di servizio, stimolati dalla presenza della ferrovia, con il tracciato del Navile ed il parco posti a metà. Il progetto di recupero urbano dell’area del Navile insiste molto sulla continuità residenziale, anche non più di tipo prevalentemente popolare, proponendo inizialmente un disegno aperto, esattamente inverso rispetto la costruzione storica del quartiere, in cui sono dissiminate attività di servizio e terziarie in maniera puntuale. Non emerge una centralità, una gerarchia funzionale e d’impianto, come neppure una densità, di pieni e di vuoti, solo eterogeneità.

Parcheggio pubblico Stazione autobus

prime ed a medio termine, da interventi di trasformazione e valorizzazione, conseguenti agli interventi infrastrutturali in corso ed in progetto. Sono appunto questi gli effetti indotti sull’organismo urbano che si intende sondare come derivazioni di scelte viabilistiche-trasportistiche che operano entro logiche separate e poco interconnesse con l’intorno costruito. Queste sperimentazioni progettuali

hanno di poco anticipato i tempi delle trasformazioni “imponenti” che hanno iniziato a coinvolgere l’intero asse stradale di via de’Carracci, cercando di proiettare lo scenario oltre le sue episodicità in una sua possibile forma definita e non già occasionale. Quello che sta accadendo sembra invece proprio ignorare ogni possibile strategia urbana compiuta. I due grandi progetti in corso, l’area del Mercato del Navile ed il sistema delle Stazioni a fatica riescono ad interfacciarsi, il tracciato stradale non subisce alcuna trasformazione ma solo piccoli adattamenti localizzati, nessun intervento di sostituzione edilizia di sta prospettando. Così, la strada e gli edifici che già vi si affacciavano sembrano attoniti spettatori di spettacolari eventi urbani che vedono attuarsi attorno a loro, ma senza essere chiamati a partecipare.


Il diagramma progettuale del Masterplan individua tre principali scenari operativi: trasformare e rendere impermeabili gli isolati immediatamente interfacciati con la nuova stazione dell’A.V., proponendo una strada interna parallela alla via de’Carracci che confluisce in una piazza, sulla quale si incardina il Polo Istituzionale nell’area dell’ex Mercato; infine si evidenzia il valore autonomo e di testata rappresentato dalla terza area, più ad ovest e unico oggetto di interventi a sud.

Aree ad uso residenziale (mantenimento stato attuale) Aree di sviluppo per servizi di quartiere Aree di sviluppo per servizi stazione TAV Aree inedificate/piazze Aree verdi (quinte di protezione)

Il Masterplan prodotto nei Laboratori di Sintesi Finale dei Corsi di laurea in Architettura della Facoltà di Firenze, negli A.A. 2003-04-05, individua le aree, edificate e non, lungo la via de’ Carracci suscettibili di più immediate trasformazioni, indotte dagli allora imminenti insediamenti della Stazione dell’A.V. e della Sede Unica del Comune; in particolare, si evidenziano quattro macroaree, all’interno delle quali sono stati prodotti delle specifiche proposte progettuali. Il fronte compatto degli isolati edificati, della griglia ortogonale del quartiere Bolognina, si propone permeabile ad interventi di sostituzione, attraverso demolizione e ricostruzione di quelle parti che, per valore strorico-tipologico, per dimensione del costruito, per assetto proprietario e valore posizio-

Flussi principali (rilievo funzionale o comunicativo)

Polarità del sistema parco

Fasce di attraversamento navile

Polarità del polo istituzionale Fasce verdi di penetrazione

Sistemi connettivi di penetrazione Fasce di protezione/schermature (movimenti terra, alberature, verde...)

nale, possono essere sensibili a subire interventi di trasformazione nell’immediato, compatibilmente agli assetti urbani consolidati. Una strada pedonale interna, parallela alla via de’ Caracci, organizza una viabilità tutta introversa alternativa, che parte dal teatro Testoni sulla via Matteotti, attraversa separando in due gli isolati per sfociare in via Fioravanti, nella piazza della futura Sede Unica Comunale. Per l’asse di via de’ Carracci, si ipotizza un suo depotenziamento quale percorso di attraversamento, con la possibilità di essere del tutto sgravato dal traffico privato veicolare, qualora si attuasse il suo parziale o totale interramento, con una viabilità profonda collegata alla stazione, ai parcheggi scambiatori ed agli adduttori di connessione urbana, da via Zanardi fino al complesso dei

Salesiani. Soprattutto questo intervento risolutivo sarebbe in grado di stimolare la nascita, lungo l’asse viario, di una parte di città profonda capace di dare un significato rinnovato all’uso del suolo urbano. Il programma distributivo del Masterplan interviene nel tratto iniziale della via de’Carracci, dal ponte Matteotti fino al passante ferroviario dell’Arcoveggio: l’interramento della viabilità consentirebbe di trasformare la sede stradale in corso pedonale. Tutte le nuove uscite della Stazione A.V. sarebbero in questo modo assistite con spazi idonei, favorendo così pure la permeabilità del rinnovato fronte della Bolognina e valorizzando l’insediamento del Municipio. Sono cinque le entrate/uscite previste per la Stazione A.V. sulla via de’Carracci, corrispondenti ad altrettanti sottopassi ferroviari pedonali, di collegamento con la Stazione Centrale ma anche direttamente con il Viale Pietramellara e la Piazza di Porta Galliera: è evidente la funzione di “ponte” che viene ad assumere il potenziamento ferroviario, tra le due parti della città, ragion per cui tali sbocchi dovrebbero avvenire su spazi di relazione, pedonalizzati insomma.



Lo schema funzionale della nuova Stazione dell’Alta Velocità, in quanto le fermate si troveranno alla quota sotterranea di -24m, si organizza per strati. Conservando la presenza dei binari del parco ferroviario in superficie potranno essere utilizzati anche per il terminale del People Mover. Alla quota immediatamente inferiore è prevista l’estensione e l’incremento dei sottopassaggi pedonali di adduzione ai binari e che funzioneranno pure per collegare la nuova stazione con la “vecchia” Stazione Centrale, preposta per le linee nazionali. Più in profondità una strada interna longitudinale consente di servire alcuni parcheggi interrati e l’area di carico/scarico del kiss&ride, il tutto senza appesantire il traffico su via de’Carracci, con adduzioni con altra viabilità di progetto per il traffico di scavalcamento e di servizio specifico.

Andrea Borghi immagina uno spazio prevalentemente sotterraneo, ipogeo, in cui ospitare in parte una città dei giovani attorno al teatro dei bambini ed alla scuola esistenti, come testa di ponte sulla via Galliera, di fronte al polo religioso-formativo dei Salesiani. Simone Brusini reinterpreta la densità elevata del quartiere storico ottocentesco con un edificio che satura completamente, con una spazialità tutta interna e porosa, lo spazio interstiziale liberabile dall’esistente, in cui ospitare

una città cibernetica dell’innovazione digitale e della comunicazione globale. Claudia Capelli e Carla Casadei operano una sostituzione strategica in una parte di isolato di residenza fatiscente con una dotazione alberghiera per i nuovi utenti della città portati dall’A.V.; una costruzione che rispetta le regole compositive del quartiere ma ne ribalta le regole funzionali facendosi attraversare al suo interno con un vortice di flussi di percorsi e di persone.

Carlo Antonelli ripropone la sede del municipio della città come casa dei cittadini, in cui la massa del costruito si destruttura e si frammenta in individualità, quale metafora palese della comunità. Monia Barzucchi completa la polarità della sede civica della città con la progettazione di un auditorium polifunzionale, in grado d’integrarsi con la ricettività alberghiera e costituire la testata pubblica del rinnovato comparto dell’ex mercato.

Simone Innocenti, Pasquale Leo e Vito Longo trasformano completamente l’area delle officine ferroviarie, integrandola con il parco del Navile, in cui insediare un polo scientifico e dove la mobilità urbana, con tutte le sue problematiche, è il denominatore comune dell’amalgama funzionale che si organizza autonomamente avvolgendosi in una spirale: la “Cittadella”. Nell’insenatura delle due bretelle ferroviarie che attraversano la via de’ Carracci, Pasquale Leo adagia un centro di


studi e ricerche sulle nuove modalità di trasporto veicolare urbano, con tanto di laboratori, sovrapposti alla prima fermata interrata della linea metropolitana che collega la stazione ferroviaria al quartiere fieristico. La forza centripeta che rivitalizza l’insediamento specialistico proietta sulla via de’ Carracci una cortina edificata in evidente tensione, un tratto della quale diventa per Simone Innocenti il centro di monitoraggio, studi e governo della mobilità urbana.

L’altro tratto contiguo sulla strada ospita la proposta di Vito Longo del centro di studi oncologico sulle nuove metodologie di cura delle patologie indotte dalla qualità ambientale urbana, che sfuma nel parco e protegge i padiglioni delle degenze più interni. Marco Benevelli e Morena Bertolani riprogettano l’area mercantile, stretta tra il parco ferroviario e la via de’ Carracci e che si attesta sulla via Zanardi e vede riaffiorare al suo centro il Navile: l’idea è di trasferire e concentrare in

un’unica architettura tutti i musei universitari sparsi per la città, immaginando uno spazio espositivo-didattico evocativo delle dimensioni altre della conoscenza. Infine, nel senso anche di ultimo temporalmente, Saverio Napoletano si confronta già con le prime trasformazioni e le modifiche/aggiornamenti programmatici, definendo alcuni edifici specialistici del Polo Istituzionale.

Conformemente alle scelte strategiche per la valorizzazione dell’asse urbano di via de’Carracci e delle trasformazioni ferroviarie, le architetture proposte nel Masterplan si fanno interpreti delle diverse condizioni ambientali del tratto in cui si trovano: incastrandosi tra le preesistenze nel tratto orientale; estendendo il disegno della Bolognina nel tratto centrale; in maniera organica e naturalistica nel tratto occidentale. Quindi, un disegno libero e “naturalistico” per l’area sud-ovest, di testata al Parco Navile; la possibilità di trasformare liberamente gli impianti produttivi siti a nord-ovest della via de’Carracci; l’organizzazione attorno ad una piazza importante del Polo Istituzionale,dalla quale prende avvio il programma di sostituzione/riqualificazione di tutta la prima fila di isolati del quartiere Bolognina, da congiungere alla nuova Stazione A.V.

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LA CITTADELLA 6_Centro ricerca nuovi mezzi di trasporto 7_Architettare la ricerca 8_Centro ricerca medico oncologico

VIA CARRACCI 9_Nuova linfa per i musei universitari


VIA CARRACCI 1_EspressivitĂ giovanile 2_Sperimentare la comunicazione 3_Viaggiatore contemporaneo 4_Cineteca urbana e nuovo municipio 5_Movimento del suono

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Simone Innocenti, Pasquale Leo, Vito Longo, Laboratorio di Sintesi Finale UniversitĂ degli Studi di Firenze A.A. 2004/2005 titolare prof. L.G.Macci codocente coordinatore prof. C. Zanirato


La cittadella: centro di ricerca integrato

L’area è situata tra l’ex mercato ortofrutticolo, dove è prevista ed in attuazione una sua completa trasformazione con nuove attività urbane pregiate, dominate dalla nuova sede comunale, e il canale Navile. Nel complesso l’area non presenta strutture di particolare interesse storico, se non il corso d’acqua artificiale e le sue pertinenze, dominata com’è da un grande stabilimento elettrico-ferroviario di R.F.I. (O.N.A.E.), con caratteristiche quindi di un’architettura puramente industriale, tipica degli anni ‘50 del

secolo scorso, senza pregio particolare. Una prima lettura di confronto ha indagato le centralità complesse presenti nella città, quali la Stazione, gli Ospedali, la Fiera, l’Aeroporto e l’Università. Queste infrastrutture, a livello urbano, creano condizioni di interscambio funzionale d’eccezione. Seconde, ma non per importanza, sono le centralità semplici, più numerose e diffuse, quali per esempio il C.N.R. e l’IPPODROMO nel quadrante di città in esame. Queste ultime sono raccordate alle prime da un sistema viario che si

Simone Innocenti Pasquale Leo Vito Longo

configura come un sistema ad alta intensità di traffico, per le loro evidenti capacità attrattive. Di rilevante importanza in questo intreccio è la rete ferroviaria la quale si delinea come un taglio urbano tra il cuore della città storica e i quartieri a nord. Ulteriore segno è assunto dal corso del Canale Navile che vede conformarsi lungo le sue sponde il parco di Villa Angeletti, saldandosi con il verde pubblico che sarà realizzato nell’area attigua dell’ex-mercato. La contemporanea presenza di un tes-



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suto architettonico industriale, del parco di Villa Angeletti, del Navile, il contesto del quartiere, il forte segno di via de’ Carracci, la stazione, hanno generato l’idea di inserire nell’area, estesa ed omogenea, una nuova destinazione d’uso, dettata da attente riflessioni e determinata da una forma urbana in grado di abbracciare il territorio e lo stesso progetto. L’intento è di determinare, con un segno dinamico, la possibile risposta architettonica alle cause indotte dall’inquinamento urbano. In sostanza, si pone l’uomo al centro di un sistema: per mezzo della “ricerca”, troverà una risposta spaziale configurata. Da ciò: “Architettare per la Ricerca”. Il Polo Tecnologico Integrato prende il nome dall’interazione di tre centri differenti che sinergicamente si muovono per un unico obiettivo. L’idea del Polo parte, per una forza inversa, dall’effetto sull’uomo alla sua causa. L’effetto sull’uomo viene determinato da forme di malattie, oggi alcune ancora non


1.Degenza a servizio del CRMO 2. Centro di ricerca nuovi materiali 3. Centro di ricerca biotecnologico 4. Centro di ricerca biomedico 5. Centro di ricerca biomedico

6. Servizi PTI 7. Uffici direzionali 8. Centro di ricerca medico oncologico 9. Centro di ricerca per sistemi di viabilitĂ 10. Centro di ricerca nuovi mezzi di trasporto 11. Metropolitana 12. Parco 13. Residenze a servizio del PTI


curabili, effetto che richiede una conoscenza a fondo della sua origine. É proprio dalla volontà di conoscere e, al tempo stesso, combattere queste malattie che al Centro Medico Oncologico si collegano rispettivamente il Centro di Ricerca nuovi mezzi di Trasporto e il Centro di Ricerca per Sistemi di Viabilità. Il progetto prevede la riqualificazione del parco urbano di Villa Angeletti, mantenendo le sue linee naturali ed integrando così il costruito con l’esistente. Un ulteriore intervento con-

siste nella riqualificazione dell’edificio centrale a carattere industriale (Officine delle Ferrovie), nella demolizione degli elementi trasversali di unione tra e nella conseguente definizione di tre edifici distinti ma comunicanti, tramite un’unica copertura aerea. Lungo il perimetro dell’area sono state lasciate intatte le residenze esistenti (lungo la ferrovia per l’Arcoveggio), con uno spazio circoscritto. Dalla conformazione naturale del Canale Navile, del Parco e della maglia ortogonale del quartiere, nasce sponta-

nea la ricerca di un disegno planimetrico concentrico che, concorde con il sistema delle funzioni, definisce la presenza di nuovi edificati, l’integrazione di nuovi spazi verdi con l’esistente, i percorsi pedonali e stradali a servizio del Polo. L’elemento di filtraggio tra il nuovo insediamento e la via de’Carracci è determinato dall’utilizzo di quinte architettoniche unitarie, che riprendono idealmente il concetto dei portici bolognesi. Il forte segno a spirale che amalgama il masterplan si conclude nel cuore dell’impianto con una torre

alta 25 metri, attorno alla quale si sviluppa una grande piazza. I tre edifici di uno studio successivo, approfonditi dal punto di vista architettonico in sede di Tesi, si impostano lungo l’asse di via de’ Carracci, ponendosi come testate al polo, chiusura lungo la strada ed elemento di raccordo tra stazione dell’alta velocità, le aree del Polo ed il parco. É previsto inoltre l’inserimento di una metropolitana leggera, che colleghi la nuova stazione all’area del quartiere Bolognina e la zona Fiera-Lazzaretto-Aeroporto.


Infine, per ovviare alle problematiche del traffico, è stato introdotto un sottopasso che raccorda il quartiere Bolognina con i viali di circonvallazione. Si definisce così un punto notevole di coagulo urbano, una “CITTADELLA” appunto. Nel suo complesso il masterplan della Cittadella della Ricerca propone una relativa compattezza nella parte centrale, ereditata dal complesso industriale esistente conservato e trasformato, “diradato”, reso cioè permeabile, frazionato in parti autonome.

Allontanandosi dal centro aumenta però la rarefazione costruita, le architetture si diradano ed acquistano maggiore caratterizzazione architettonica, s’integrano con il verde del parco, fino a confondersi con esso, senza soluzione di continuità. La quinta architettonica su via de’ Carracci addensa su di sé il ruolo di protagonista, quale fronte privilegiato d’ingresso al Polo, sua immagine celebrativa ed interfaccia obbligata con la città, verso cui si rivolge con grande forza espressiva.

Nell’impianto planivolumetrico del Masterplan della Cittadella coesistono le due principali propensioni del progetto: le linee flessuose ed organiche del fronte stradale, del disegno degli spazi pubblici e di alcuni intagli volumetrici, con il tracciato ippodameo dei distacchi tra gli edifici principali e della viabilità di servizio. ll primo tema guarda al Parco del Navile, ossia la natura, il secondo al quartiere della Bolognina, quindi la città. La trama compositiva è quindi un intreccio tra linee spiraliformi e un reticolo ortogonale: sia il disegno degli spazi aperti che gli edifici appartengono ad entrambi i sistemi formali, in maniera osmotica. Si sancisce così un connubio indissolubile tra architettura e natura, con un gesto progettuale unico e centripeto che idealmente si proietta ben oltre gli ambiti dell’area, lungo il corso del Navile, nel quartiere Bolognina.

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Vito Longo, Tesi di Laurea Bologna: architettare per la ricerca. Polo Tecnologico Integrato. Centro di Ricerca Medico Oncologico UniversitĂ degli Studi di Firenze, 2006 relatore prof. L.G.Macci correlatore prof. C. Zanirato


Centro ricerca medica oncologica

La morfologia del progetto prende le mosse dalla dimensione microscopica cellulare del microrganismo, che genera il fluire della vita tramite lo scambio. Proprio come le cellule staminali basilari si evolvono in forme più mature, l’edificio da un’iniziale semplicità compositiva si evolve verso una sua più complessa definizione architettonica. La destinazione funzionale di Centro di Ricerca medica applicata ha, infatti, nello studio delle cellule staminali l’attività principale. In questo modo, svincolati dall’associazione abituale con i

reparti ospedalieri di cura e degenza, quest’attività prende chiaramente visibilità, con una propria immagine, imponendosi nella scena urbana con evidenza. L’immagine della costruzione sulla via de’ Carracci è dominata dalla parziale sovrapposizione di tre pareti ricurve, tre settori di vela perfettamente conformati con i segni ricurvi che contradistinguono per intero il materplan del Polo. É questa l’estrema proiezione della forza centrifuga dell’impianto urbanistico che si proietta nella città,

Vito Longo

evocando uno scavalcamento dell’asse stradale, come se una spinta interna spingesse l’edificio oltre l’impianto, un “vento del nord” che soffia verso la città e rigonfia le architetture, forzandone la resistenza innata. Le superfici omogenee, materiche e prive di dettaglio di queste tre “quinte” sono disegnate solo da alcune aperture irregolari e tondeggianti: sono queste delle cellule viste al microscopio, per cui le facciate sono altrettanti vetrini di laboratorio. Il Fronte del Polo di Ricerca su via de’


Anche le strutture si “piegano” alla volontà di sfuggire alla staticità, per rincorrere un dinamismo continuo, in modo plastico. Si configura così un’esperienza spaziale integrale, che ha origine nel disegno paesaggistico della Cittadella e riesce ad entrare in ogni componente dell’architettura, con pieno senso di appartenenza. Tutto vive di continuo di una “vibrazione”, che si trasforma in una piena esperienza spaziale. Il sistema di crescita ed evoluzione cellulare ha generato indirettamente la morfologia, fluida e dinamica, dell’edificio specialistico, sia nella planimetria sia nel suo andamento altimetrico. Il senso dell’accrescimento informa ogni sua parte. É un’evidente inversione di scala quella proposta nel disegno della facciata stradale, dove la grande superficie incontra la visione cellulare del microscopio.

Carracci è una linea sinuosa, un grande e spesso paravento architettonico, il “manico di una frusta” avvolta su stessa, la sua parte d’eccezione insomma. Si scompone in tre segmenti perfettamente contigui, di cui il presente settore medico ha il ruolo di “sfumare” direttamente nel parco e nelle sponde del vicino Canale Navile, insinuandosi nel terreno. Si configurano così altrettante “porte” di accesso della Cittadella. La matericità “compatta” del trattamento materico delle facciate della costruzione si ripropone in parte anche al suo interno, come elemento strutturante ed unico dell’intera architettura. Le bucature informali intaccano solo minimamente questa unitarietà, perchè sembrano non appartenere al mondo delle costruzioni bensì a quello biologico. La relativa “ermeticità” che si evidenzia rispecchia il tipo di attività contenuta all’interno dell’edificio: i laboratori di ricerca sono spazi raccolti, tutti proiettati sulle strumentazioni, “affacciati” su altri mondi. Il raccordo tra i vari blocchi di laboratori avviene tramite rampe inclinate e le partizioni fisse dei nuclei strutturanti assumono una conformazione tondeggiante, distintiva, che rimanda anch’essa al mondo cellulare di riferimento.


DALL’IDENTITÀ... ALLA MATERIA “...è nel segno che il punto acquista una sua corposità, la linea taglia il piano, il piano ci orienta nello spazio e proprio lì, dove la mano marca il segno, la sua forza, la sua decisione, è lì che bisogna trasformarlo in architettura”.

“...nell’errore, se è onesto, c’è la speranza. Essa invece non c’è più nella gelida perfezione dello stile”. C.R. Mackintosh

“...le vele hanno una facciata omogenea, garantita dalla loro rotondità, forata in un’apparente casualità da un sistema di aperture ispirate alle forme naturali di una composizione di cellule ingrandite su un vetrino da un microscopio”.

Prospetto su Via de’ Carracci


La linearità del fronte stradale urbano, dall’incerta e voluta indefinizione di scala architettonica, propone un’ambigua rappresentazione di due realtà estreme, una grandezza apparentemente infinita ed una “punteggiatura” in modo informale e dilatato. É un segno di arginatura, verso la strada, che si confronta con i macrosegni dell’impianto ferroviario che gli sta di fronte, tendenzialmente infiniti. La struttura lineare che anticipa il Centro di Ricerca s’insinua con pienezza nel terreno del parco. L’edificio, così, non ha una evidente terminazione ma sembra generato dalla natura del giardino. É un invito esplicito a salire sulla sua copertura, per guardare oltre, per sormontare i varchi di accesso al Polo, per connettersi con le altre strutture, per cambiare di ruolo e guardare “oltre”. La grande risalita del “belvedere” presenta un disegno maculato, fatto di isole verdi, “cellule” vegetali che intarsiano la rampa inclinata pavimentata definendo una trama di sentieri. Nella parte più elevata il percorso si ristringe e consente di entrare nell’edificio o di proseguire sulle altre costruzioni. I punti d’ingresso a terra corrispondono ai tracciati stradali, autonomamente. La forma convessa del fronte stradale comporta un’accelerazione prospettica che infonde dinamismo alla visione, spesso veloce del transito automobilistico. Ne deriva pure una dilatazione spaziale percettiva verso un infinito opposto a quello della ricerca praticata all’interno. La corposità dell’edificio è stratificata nelle tre superfici ricurve che delimitano le facciate interna ed esterna e la spina divisoria mediana. Ne deriva uno spazio interno con una dinamica assai accentuata, data dalla presenza di una doppia curvatura, sia in pianta sia in alzato, che orienta il visitatore in qualsiasi ambiente si possa trovare, fornendo le coordinate del suo preciso rapporto con la struttura intera ed il suo esterno.

Pianta del Primo Livello

Sezione Trasversale sul tratto Finale dell’edificio


Sezione Trasversale sul tratto iniziale dell’edificio

37 Pianta del Livello Terminale


Simone Innocenti, Tesi di Laurea Architettare per la Ricerca: Researching Mobility UniversitĂ degli Studi di Firenze, 2007 relatore prof. L.G.Macci correlatore prof. C. Zanirato


Centro ricerca mobilità urbana

Il Researching Mobility si propone come un centro di ricerca e di controllo per sistemi di viabilità terrestri intelligenti. Lo scopo è di creare dei modelli interattivi della mobilità per gestire in tempo reale i flussi di traffico e le situazioni critiche, al contempo di sviluppare dei sistemi di tele rilevamento e trasmissioni dati specifici. Attraverso lo studio e l’elaborazione dei dati raccolti, si cercherà, grazie alla robotica applicata ai trasporti, di fornire alla mobilità un sistema interattivo di monitoraggio e gestione del traffico. Il

R.M. sarà capace di simulare e prevedere anche scenari futuristici virtuali in caso di calamità naturale, incidenti, condizioni climatiche estreme, diventando così anche un valido sistema di protezione civile. Nasce così l’idea per un edificio caratterizzato da infiltrazioni ed invasioni, con carattere d’instabilità e di modellazione in divenire, un organismo architettonico generato dalla percezione nello spazio tempo, che si adatta alle molteplici situazioni a contorno e che diventa parte di un tutt’uno. Il Cen-

Simone Innocenti

tro di Ricerca attiva ambisce ad essere tutto questo, un edificio dove si lavora per un mondo in divenire, un luogo di passaggio tra una realtà naturalistica come il parco del Navile ed una meccanica come il percorso della linea metropolitana; un edificio di relazioni col pubblico ed incontri professionali, un centro di osservazione strategico, unico nel suo genere per le tematiche di ricerca affrontate ed in parte applicate in tempo reale sulla vita della città, la sua mobilità. Due forme embrionali, si sviluppano e



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Viste dinamiche e prospettiche su via de’Carracci

generano due volumi separati tra loro, contenitori delle attività lavorative e di relazione del R.M. Tali volumi sono sovrastati, per circa metà della loro superficie in pianta, da una vela metallica con sezione arcuata che corre lungo via dè Carracci seguendo una linea curva. Dalla parte interna al Polo, invece, i volumi sono “bloccati” dalla linea delle vele del C.R.M.O. e da una quinta scenica costituita da una parete in vetro strutturale incorniciata in un telaio metallico, continuazione della linea a terra del progetto di masterplan: insomma da questa parte prevale la trasparenza assoluta, diversamente che sulla strada. La connessione tra i due volumi avviene per mezzo di una passerella che diventa, nel suo sviluppo, la continuazione del percorso a verde iniziale e che

qui trova il suo culmine e ritorna a terra con una serie di tornanti interni. Il R.M. ingloba al suo interno la prima fermata della linea metropolitana di superficie di Bologna-Arcoveggio, posta in questo tratto interrato e strettamente connessa con lo stesso edificio di ricerca, i parcheggi interrati e tutta la Cittadella. L’edificio in oggetto è anche il terminale del percorso ascensionale dal parco alle coperture dell’allineamento stradale. La controfacciata ricurva sulla via de’ Carracci protegge gli spazi interni e conferisce una precisa immagine all’edificio, in piena autonomia: una successione di intagli verticali consente alla luce ed alle viste di intuire la vera consistenza costruita. Le funzioni interne si organizzano in due distinti blocchi: il maggiore contiene i laboratori e le parti amministra-

tive, quello minore servizi comuni e di rappresentanza. Nel vuoto tra i due blocchi ed il guscio si sviluppano in maniera fluida la distribuzione orizzontale e verticale, il tutto con grande fluidità e valorizzando lo spazio di connessione e relazione. Il guscio architettonico funge da scenografia e prima copertura del Centro di Ricerca, “proteggendo” l’organizzazione delle attività in blocchi autonomi. Non esiste mai un contatto diretto tra le due parti, per cui vuoti e camminamenti consentono giustapposizioni di due scale dimensionali che non entrano mai in contatto diretto. Anche il verde pensile contribuisce a costruire questo paesaggio della “comprensione”. Un piano inclinato parte da terra, lambisce i due blocchi edificati principali nei quali si organizzano le attività, sa-

le di quota collegando i livelli sovrapposti, fino ad approdare sulle coperture attrezzate. Si configura pertanto come una strada interna, un percorso architetturale che condensa in sè la maggior parte dei flussi di collegamento. Il R.M. si colloca, rispetto alla Cittadella della Ricerca, sul tratto centrale del fronte su via de’ Carracci, tra il Centro Medico ed il Centro per i Nuovi Veicoli. É evidente il legame di genesi tra questi tre edifici specialistici derivati dal Mastreplan d’insieme, che concorda le tematiche comuni delle architetture di “testata”. Sono esclusivamente le linee curve, seppur decliniate in modi diversi, a contraddistinguere l’intera scena prospettica. Si sono oramai consolidati gli studi sull’evoluzione del traffico veicolare, mediante la previsione di grandezze, quali la velocità, il flusso e la densità, con precisi modelli matematici di riferimento, in grado anche di mettere in relazione le interazioni tra veicoli, guidatori ed infrastrutture. Non solo per la progettazione stradale, pure per problematiche ambientali e sociologiche, in una nuova disciplina che lavora su tutte queste interazioni.



Leo Pasquale, Tesi di Laurea Bologna: architettare per la ricerca. Polo Tecnologico Integrato. Centro di Ricerca nuovi Mezzi di Trasporto. UniversitĂ degli Studi di Firenze, 2006 relatore prof. L.G.Macci correlatore prof. C. Zanirato


Polo Tecnologico Integrato

Il Centro di Ricerca Nuovi Mezzi di Trasporto nasce come integrazione del Polo per la risoluzione delle problematiche ambientali e gli effetti indotti sulla salute umana. Si tratta di una sede in grado di studiare, progettare e produrre nuovi mezzi di trasporto alternativi per la risoluzione del problema con il quale la città di Bologna e migliaia di cittadini ogni giorno convive. I preoccupanti livelli di inquinamento atmosferico sono causati, per buona parte, dal traffico veicolare che in

città rappresenta la principale fonte di emissione di sostanze inquinanti. Inoltre, i lunghi tempi di percorrenza, di distanze anche molto brevi, dimostrano come in città l’automobile ha fatto il suo tempo e dimostrano sempre più di non essere assolutamente il mezzo più adatto per spostarsi da un posto all’altro. La Provincia di Bologna, in questa direzione, ha promosso l’attuazione del progetto Servizio Ferroviario Metropolitano. L’idea progettuale nasce da alcune ri-

Pasquale Leo

flessioni fatte sul tracciato generale del Masterplan e sulle tematiche dell’“Architettura Fluida”. La conclusione cui si è giunti tramite una analisi dei flussi, delle reti informatiche e dello scambio dinamico, è definito “Effetto Riverbero”. L’insieme di questi elementi che sinergicamente si muove, crea un diagramma che si tramuta velocemente per effetto dinamico in un disegno fluido, che lascia la sua traccia determinando un segno che man mano viene modellandosi per mezzo di un campo forse irreale.



Prospetto/Sezione verso la parte interna della Cittadella

Il corpo monolitico del basamento si spacca e prendono forma quattro grandi flussi che per conformazione morfologica dell’area rimangono imbrigliate tra il passante ferroviario e la Via de’ Carracci. Per esigenze di carattere funzionale, il segno planimetrico si conforma come dei grandi “tubi” nei quali prende corpo il Centro Ricerca nuovi mezzi di Trasporto. Il progetto è costituito da quattro edifici fuori terra e distribuiti su tre livelli, nei quali sono localizzate le divisioni del Centro Ricerca Trasporti, quali l’As-

set (centro direzionale), il centro Style Design, il centro Engineering e il centro Motori. Nei piani interrati trovano localizzazione l’Area Produzione e i Parcheggi pertinenziali. Annessa al C.R.T. vi è una fermata della metropolitana bolognese. Una grande piazza interrata funge da raccordo tra la Stazione Tav e il Centro Ricerca Integrato e trova gli ingressi al C.R.T.: la conformazione degli edifici è strutturata in modo da ottenere delle soluzioni a sbalzo nella zona di testa su via de’ Carracci, caratterizzando un percorso protetto di accesso.

Tramite la teoria topologica, o meglio teoria dei nodi, nascono dei grandi “tubi” che al loro interno ne contengono degli altri, che scorrendo su se stessi e districandosi, conformandosi e assestandosi, trovano il modo di risolvere tutte le problematiche topologiche riscontrate: il passante ferroviario, la via de’ Carracci e dalla volontà di riallacciare l’area al centro cittadino ed alla nuova stazione dell’alta velocità, condizionano, di fatto, molto la progettazione. Le forme architettoniche sperimentano un tipo di “superficie” o “involucro” che possa essere “soglia” invece che “barriera”, che possa paradossalmente arrivare a “negare” la sua stessa accezione: aprire invece di chiudere, estendere oltre che contenere. Una superficie che possa, in qualche modo, diventare un accesso ad un’altra realtà con la sovrapposizione tra superfici topologiche complesse. La superficie esterna e degli edifici è stata trattata con un rivestimento dogato e zincato che, grazie alla sua forma, tende ad aumentare l’accelerazione prospettica orizzontale. Il risultato ottenuto è quello di quattro grandi elementi fluidi e dinamici che con grande leggerezza si posano su una piattaforma monolitica ed entrano in “vibrazione” tra loro.




Marco Benevelli e Morena Bertolani, Tesi di Laurea Bologna: nuova linfa per i musei universitari UniversitĂ degli Studi di Firenze, 2005 relatore prof. L.G.Macci correlatore prof. C. Zanirato


Centro Musei Universitari

I limiti urbani dell’area sono via dé Carracci (l’unica posta a sud), fino all’incrocio con via Zanardi, via Zanardi fino al tracciato ferroviario, e lungo il lato sud la ferrovia, che limita l’area anche ad est. É quindi contrassegnata da forti limiti, che non le permettono di confrontarsi con le aree adiacenti, ma anzi la isolano. Nelle immediate vicinanze sono presenti anche due elementi naturali: il Parco del Navile a nord e il tratto del canale che riemerge proprio qui a cielo aperto: ha tutte le potenzialità per diventare l’elemento aggre-

Marco Benevelli Morena Bertolani

gante di tutte le realtà disomogenee che si sviluppano lungo via dé Caracci. Bologna è una città ricca di MUSEI di ogni genere e tipo: i musei universitari, sono lasciati all’abbandono, sempre chiusi e praticamente inaccessibili. Pur ubicati tutti nell’area universitaria, non esiste fra di loro nessun elemento di connessione spaziale ed espositiva. Nasce cosi l’idea di sfruttare l’area come il luogo per ridare nuova linfa al sistema museale dell’ateneo bolognese, diviso in tre sezioni: esposizione, ricerca e didattica. Dall’analisi quantitati-

va è emersa l’esigenza di spazi di notevoli dimensioni per contenere particolari collezioni. Gli attuali spazi espositivi potrebbero essere utilizzati dall’Ateneo per incrementare le aule didattiche agli studenti o una riconversione a favore dei relativi dipartimenti che potranno avere così spazi più idonei. Nascerà un rapporto relazionale e biunivoco tra il nuovo polo museale e i rispettivi dipartimenti universitari. Ogni museo dovrà quindi essere diverso dall’altro, e diventare esso stesso la rappresentazione delle sue opere.


Il processo di rigenerazione funzionale è iniziato da una composizione logica di una frammentazione degli attuali musei. Per unire si è dovuto FRAMMENTARE. Ogni museo universitario è formato da tre grandi sottoinsiemi, che sono la RICERCA, la DIDATTICA, e l’ESPOSIZIONE. Ognuna di questi tre è indipendente dall’altro e soprattutto sono rivolti a tre tipi di fruitori diversi. Questi tre percorsi si ritrovano in ogni museo e possono vivere in maniera indipendente l’uno dall’altra, con qualche punto di connessione. L’idea funzionale si basa proprio sulla frammentazione in questi tre insiemi e la loro successiva ricomposizione non sarà sulla totalità del museo, ma si faranno tre unioni distinte dalle quali nasceranno tre percorsi indipendenti. Questo permetterà la percezione di un elemento unico, nel quale si ritroverà la stessa scomposizione dei precedenti (didattica, ricerca ed esposizione). I tre percorsi essendo l’unione di vari musei, dovranno avere una loro logicità in modo che si possa vivere l’esperienza culturale in maniera fluida. L’idea formale è nata da una analisi morfologica dell’area, in contrapposizione con l’i-

dea funzionale di museo universitario. Una prima forma allungata si affaccia sul lato della futura Stazione dell’A.V.; la seconda è il Navile con i suoi argini, ideale per creare il nuovo orto botanico; la terza è un’area trapezoidale fortemente delimitata su tutti i lati. Si è poi individuata una forma per consentire un collegamento tra la prima e la terza zona, lasciando nella seconda spazio al verde, al canale e alla natura: nasce così l’immagine di “una foglia unita ad un tronco”. La foglia oltrepassa il Navile a ponte, lasciando lo spazio per l’orto botanico. La linfa scorre ed è assorbita dalle radici, per passare al tronco, ai rami, alla foglia. La NATURA comanda e genera il progetto. La didattica, l’esposizione e la ricerca diventano tre percorsi linfatici che si trasformano in forme naturali, e che scorrono longitudinalmente nell’area. NUOVA LINFA per i musei universitari, che avranno finalmente una sede adeguata alle loro esigenze e alla loro storia. Nuova linfa per tutta l’università, alla città di Bologna ed al processo di riqualificazione. Tutti i passeggeri dei treni, in sosta e in transito, sarebbero colpiti da questa nuova presenza. Il Parco del Navile potrebbe essere valorizzato dalla presenza di nuove funzioni sull’argine del canale, proprio in coincidenza del punto in cui ritorna ad emergere in superfice dopo avere attraversato la città. Il progetto prevede molte zone di spazio comune, sia all’interno sia all’esterno: queste permettono anche un suo inserimento urbano di carattere sociale.



Schemi funzionali e Distributivi dei Musei

Il programma espositivo consente un apprendimento progressivo: Mineralogia, Geologia, Paleontologia, Zoologia, Anatomia Umana, Antropologia, Anatomia Comparata, Botanica, Fisica, Astronomia. Il polo museale non è solo momento di cultura ma anche di incontro, svago e per questo vi sono anche spazi per esposizioni temporanee, sale congressi e la biblioteca universitaria la cui fruibilità sarà accentuata dalla presenza di una Mediateca. La configurazione dell’area ha suggerito la divisione del complesso in due parti, una di storia naturale l’altra scientifica, l’elemento di unione è l’orto botanico, che sfrutta la presenza del canale Navile. La parte di storia naturale, la FOGLIA, darà l’avvio al percorso, e ciò è determinato anche dalla presenza della stazione dell’alta velocità la quale fa supporre che l’affluenza di pubblico sarà maggiore da quella direzione.


L’effetto ricercato per questo polo museale sul contesto è sicuramente molto forte e, sorgendo in un immenso vuoto urbano circondato dal parco, ferroviario permetterebbe di dare una nuova immagine a Bologna.

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É previsto l’utilizzo dell’ORTO BOTANICO come parco pubblico, unito al parco del Navile da un percorso a livello del fiume, proponendosi come sua porta privilegiata d’ingresso. Inoltre, è previsto un PERCORSO BOTANICO, didattico e pedonale, sopra la nervatura della foglia: da qui si potrà osservare lo stupendo panorama dei colli bolognesi e osservare la città dall’alto, con il profilo delle sue torri. Sopra la foglia, e accessibili a tutti dal percorso sulla nervatura, vi sono delle “gocce” di vetro, dove all’interno sono posti: la serra tropicale, nella un bar-ristorante e un book-shop. Queste attività sono tutte accessibili anche dall’interno del museo. Il percorso è praticabile attraverso una scalinata, posta in testa-

ta alla foglia, o da una serie di ascensori panoramici, collocati nell’orto botanico. Il polo può essere vissuto in più modi: c’è la possibilità di partecipare al viaggio nella storia naturale per poi proseguire con quello nella scienza, oppure entrambi possono essere vissuti in maniera indipendente, e per finire all’interno di ciascuno si possono effettuare esperienze formative isolate. Il percorso può seguire la logica di affrontare il mondo naturale per poi meravigliarsi di fronte a quello scientifico, oppure essere tortuoso per potersi perdere nel modo più libero nella cultura. Al piano stradale si ha una serie di percorsi che indirizzano il visitatore alle 3 hall. Una piazza inclinata e

coperta dalla foglia accompagna con una pendenza il visitatore alla Hall principale, quella della foglia. Questa piazza è stata studiata per essere vissuta 24 ore su 24. Dalla piazza inclinata posta sul lato est dell’area, verso la futura stazione dell’alta velocità, si accede alla prima hall d’ingresso. Da qui partono i tre percorsi linfatici posti a quote differenti. La disposizione delle tre Hall può consentire la possibilità di accesso a qualsiasi parte del progetto come se ciascuna fosse autonoma. La prima, all’inizio della “foglia”, che introduce alle sezioni di esposizione, ricerca, e didattica è il punto di partenza del percorso logico e da questa si accede indipendentemente a tutte e 3. La seconda hall, a livello dell’orto botanico

a quota -5 m, indirizza i visitatori verso le aree di mostre temporanee, Fisica ed Astronomia. La terza hall, in corrispondenza del taglio sul TRONCO a nord, porta alla biblioteca, al planetario, alla mediateca, a uffici e depositi librari. Il visitatore potrà immergersi nell’ esperienza culturale offerta estraniandosi dal contesto cittadino perché il polo tende ad esaudire i desideri di chi ha fame di sapere, ma anche di colui che vuole solamente fare luce su una curiosità, vedere un film, prendere un caffè, trovare un libro o semplicemente e comodamente, rilassarsi.

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Carlo Antonelli, Tesi di Laurea Bologna: cinematica urbana ed il nuovo municipio UniversitĂ degli Studi di Firenze, 2004 relatore prof. A. Baratelli correlatore prof. C. Zanirato


Nuova sede comunale

La proposta d’inserimento del Polo Istituzionale nell’area dell’ex Mercato Ortofrutticolo conferma le previsioni della municipalità, per accogliere la nuova sede degli uffici comunali, un archivio municipale ed una sala congressi. L’edificio dovrebbe ospitare circa 1.500 dipendenti su una superficie totale di oltre 30.000 metri quadrati, ospita esclusivamente uffici pubblici, lasciando inalterata la collocazione degli spazi istituzionali, governativi e di rappresentanza, nel Palazzo d’Accursio in centro città.

Carlo Antonelli

Quella che si è sviluppata è l’idea di un edificio sensibile alla vita che vi scorre all’interno, un’architettura capace di coniugare la fissità dei propri elementi alle dinamiche pulsanti della comunità cittadina. Stratificazione e modulazione dei pieni e dei vuoti, di calcestruzzo armato e cristallo, incisione dei tessuti strutturali, forte connessione verticale ed orizzontale dei percorsi pubblici, variabilità percettiva dello spazio interno: sono questi gli elementi attraverso cui il progetto si sintetizza ed espri-

me; in queste risiede la duplice volontà del divenire assieme luogo fisico e luogo delle relazioni. La stratificazione continua dei nastri vetrati nelle due facciate principali, lascia trasparire la vita che si svolge all’interno dell’edificio, in tale modalità l’opacità dell’architettura, la sua stessa “ars combinatoria” è interamente affidata alla presenza fisica di ogni individuo, che è assieme ospite e parte integrante del costruito. Ne deriva un’architettura composta per evidenti “aggregazioni”.


L’architettura del luogo pubblico rispetta quelli che ne sono i primi referenti, coloro che in quello spazio vi trovano un’identità, una casa da abitare o semplicemente un paesaggio nel quale perdersi e ri-trovarsi: un edificio integralmente composto da persone; da persone di diversa età, altezza, peso, sesso, abbigliamento, aggregati tra loro come fossero elementi architettonici. L’edificio che perde la finalità esplicitamente estetica per rivelarsi nel valore universale di “contenitore”. L’edificio si libera della propria mono-funzionalità e diventa oggetto complesso, parte di città, dover si condensano relazioni spaziali squisitamente architettoniche ma ancor più di carattere urbano. La possibilità di far co-esistere assieme uffici, negozi, spazi di rappresentanza, gallerie espositive e luoghi pubblici ha richiesto un particolare approfondimento delle capacità distributive e ha posto la città come ulteriore referente progettuale.

Il municipio, quindi, è concepito come “casa della cittadinanza”, sempre aperta, come luogo dell’identità collettiva, dove ognuno potrebbe entrarvi e, secondo i propri interessi, trovare la giusta “collocazione”. La capacità principale dell’edificio è perciò legata all’accoglienza, alla possibile esperienza di essere presenti e rappresentati, offerta ad ogni singolo individuo di Bologna. La stessa città si rivela nei medesimi termini, indicandosi come città aperta, composizione di singoli individui, società del rispetto e della tolleranza nell’immaginario comune dei più, per cui l’architettura per eccellenza ne vuole essere il ritratto autentico. La necessità con la quale l’edificio mostra se stesso è inscindibilmente connessa al concetto di indeterminato, in

cui la struttura architettonica funge solo da comune denominatore alle infinite configurazioni possibili, pertanto la conformazione è “aperta”. Alla città si mostra una parte ridotta eppure significante della funzionalità interna: l’architettura si manifesta sua assenza, nel semplice spazio che essa avvolge, definisce e che senza timori è esibito nella più completa nudità. Ne deriva una apparente assenza di “facciate”, di simbolismo architettonico, in una visione nella quale prevalgono le trasparenze, i vuoti e le cavità, gli spazi delle persone insomma. Il sistema delle relazioni urbane non si perde alla presenza dell’edificio, anzi queste sono compresse e importate al proprio interno, secondo una scansione verticale corrispondente ai vari livelli.


Seppur unico nelle sue dimensioni, il nuovo municipio non è monumento, non richiama memoria, non trasferisce valori, bensì è presente come possibilità, come una delle infinite forme fisiche della città. La rappresentatività che ineluttabilmente coinvolge qualsiasi corpo, con la sua carica segnica, è qui affidata non al partito architettonico bensì alle campiture, alle fluttuazioni, alle dinamiche che in esso si realizzano, magari solo per un attimo. La Sede Unica Comunale si colloca in testata dell’area da trasformare dell’ex Mercato Ortofrutticolo, allineandosi con gli edifici degli isolati della Bolognina, conservando uno spazio significativo di piazza di rappresentanza e di separazione

dalla via de’ Carracci. In questo vuoto urbano confluisce anche il percorso pedonale interno agli isolati e parallelo la via, che delimita il parco ferroviario; sul confine della linea dell’Arcoveggio si dispongono gli Archivi. In questo disegno s’intrecciano simbioticamente gli edifici con gli spazi vuoti, le piazze ed i percorsi stradali, dando naturale continuità ai tracciati del quartiere di espansione moderna. I parcheggi si trovano negli interrati, integrati con la bretella stradale che sottopassa la via de’ Carracci e si connette direttamente con la Stazione dell’Alta Velocità,i suoi parcheggi pertinenziali e gli attraversamenti correlati.


Sezione Trasversale


L’impianto planimetrico generale prevede un ordine di suddivisione secondo tre fasce funzionali. Ogni livello dell’edificio segue tale schema: La fascia più esterna dell’edificio è adibita a SPAZI LAVORO, la fascia mediana alla localizzazione di SERVIZI GENERALI (quali archivio uffici, servizi igienici, ascensori, spazi attesa), mentre l’ultima fascia, quella più interna, accoglie la CONNESSIONE sia orizzontale (ballatoi, passerelle) che verticale (scale, rampe). Ai piani inferiori trovano spazio funzioni di interesse esclusivamente pubblico, come il servizio delle poste, una banca o il ristorante self-service. Ai piani superiori sono invece collocati gli ambienti di lavoro degli organi di governo, spazi di rappresentanza, aree verdi ed un eliporto. La grande mole dell’edificio è attraversata a terra da un percorso pedonale che è anche l’ingresso principale dai due fronti principali: una galleria interna, vera e propria “strada urbana” spacca e collega longitudinalmente e verticalmente tutte le attività degli uffici pubblici, la cui frammentazione e composizione diviene anche l’immagine stessa dell’edificio. L’intenzione è quindi quella di pensare e vedere l’edificio come “frammento” di città.

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Planimetria piano secondo + Sezione longitudinale X1 (1/200)



Planimetria piano quinto + Prospetto frontale (1/200)


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Monia Barzucchi, Tesi di Laurea Bologna: i movimenti del suono UniversitĂ degli Studi di Firenze, 2008 relatore prof. C. Zanirato


Movimenti del suono

L’inserimento di un Auditorium Polifunzionale si frappone tra la via de’ Carracci e la piazza istituzionale della nuova sede comunale, diventando, di fatto, la porta d’ingresso a tutto l’intervento di trasformazione dell’area dell’ex Mercato Ortofrutticolo Generale. Nel progetto si cerca il connubio tra suono, spazio e paesaggio, all’insegna del movimento: inteso come spostamento di persone, funzioni, ma anche come qualcosa di più profondo, più intimamente collegato alle viscere della terra.

Monia Barzucchi

Si delineava così l’idea del suono nella sua accezione dinamica: quella dell’onda sonora è l’immagine più eclatante di tale pensiero, che insieme ai movimenti del suolo riconducono alla teoria della tettonica; una forza generatrice, una spinta dalle profondità della terra, un crogiolo magmatico di talenti che corruga prepotentemente il suolo. L’auditorium è un prodotto di tale corrugamento, la scossa tettonica e il suo macigno, l’onda sonora e la sua cassa armonica, divisi ma uniti sin dal primo pensiero. Nascono così le forme del

progetto. Quasi fosse un movimento del suolo o un’onda sonora che emerge dalla terra, il primo edificio, che vuole essere uno spazio per conoscere e vivere la musica a più livelli; introduzione, nonché filtro rispetto all’asse stradale di via de’Carracci, dello spazio auditorium sede dell’espressione più alta dal punto di vista dell’immediatezza comunicativa e partecipativa tra artista e pubblico quale è il concerto.


Il progetto cerca di ottenere una spazialità che solleciti lo spirito umano e risvegli la sensibilità. Analizzando il tema della sound art e della sperimentazione elettronica attraverso installazioni audio-video, dove la contaminazione della ricerca estetica con l’intreccio di suoni e immagini, oggetti, visioni, si fa portatrice di nuove dinamiche concettuali, e live set, perché vedere e sentire dal vivo gli artisti installatori sono un’esperienza che arricchisce l’opera esposta. Pensando ai profondi cambiamenti che interessano l’area, grazie alla nuova stazione, è stato naturale concentrarsi sull’aspetto di questa trasformazione: il movimento, compreso quello del suolo che nelle espressioni più radicali arriva a voler amalgamare in un tutt’uno l’edificio con il terreno. Innegabile è l’influenza dei lavori della land art che testimoniano come i movimenti di terra possano elevarsi a configurazioni dall’evidente carattere architettonico. Il piano interrato si collega grazie ad un percorso ipogeo all’Hotel e ripropone in profondità l’asse superficiale che segna l’area. Si tratta di un piano comune ai due edifici progettati, quasi a voler ricordare che nascono entrambi da un’unica idea. In esso si trovano spazi legati alla produzione materiale della musica: studi di registrazione, negozi e librerie specializzati, sala computer, uno spazio per piccole esibizioni estemporanee. Si accede al piano terra dei due edifici da un percorso esterno, interno all’area, e attraverso un piano ammezzato con il Desk informazioni. Al piano interrato troviamo il Foyer, con la biglietteria, guardaroba, depositi. Tramite una scalinata si accede al piano superiore occupato quasi interamente dal deposito. Su questo piano troviamo zone di ristoro. Al secondo piano si trova la sala dell’Auditorium da 1200 posti, divisa in platea e galleria. La forma del contenitore dell’auditorium è strettamente connessa al movimento sussultorio, generato dal primo spazio, difatti vuole evocare l’immagine di una roccia, una grande pietra espulsa dalla spaccatura del suolo. Una pietra intesa come materiale originale e usata in modo originale. Quasi come fissato in un’istantanea, il dinamismo violento della terra si traduce in uno spazio comune sotterraneo, una fucina di talenti ed espressioni. Un contenitore è come immagine di un “diventare”, uno spazio come occasione di comportamento, vasto, dove è possibile interpretare e tradurre noi stessi e la musica; nell’altro contenitore si vuole evocare nella sua pesantezza formale il legame con il suolo. Nascono così due edifici, dipendenti ma connessi, disponibili a fornire un’esperienza musicale a tutti i livelli, esplorandoli entrambi, o parziale a seconda delle esigenze del fruitore.


L’intervento si confronta con lo sviluppo lineare del costruito esistente, accentuato dall’asse di via de’Carracci, su cui si attestano il quartiere della Bolognina, la nuova stazione dell’Alta Velocità, ma anche con le altre proposte progettuali: a destra l’Hotel, a Nord il Municipio e la sua piazza attrezzata. Proprio la continuità con il fronte dell’Hotel crea il segno planimetrico del primo edificio. L’edificio si sviluppa parallelamente a via de’Caracci e segna i limiti dimensionali proposti dal percorso pubblico realizzato nella piazza interna: questo è portato all’esterno, dividendo lo spazio aperto comune, riproponendo l’asse stradale all’interno dell’area, pedonale. L’inclinazione della facciata anteriore crea una passeggiata riparata contigua a quella dell’Hotel. Quella posteriore, perpendicolare al suolo, si scontra in sommità con il secondo contenitore.


All’organicità del disegno del suolo attrezzato a piazze e giardini, si contrappone distintamente quella dei due edifici del Centro Culturale Musicale: l’onda del suono e del movimento delle cose, persone e del terreno con quello della precarietà del monolite. La differenza tra le due architetture è tale che si spinge fino alla contrapposizione di forme, materiali, trasparenze e colori, il tutto in un accostamento tanto stretto da diventare una reciproca attrazione, con le ombre del giorno e le luci della notte. Prospetto lungo via Fioravanti

Prospetto verso la Piazza


L’intervento si presenta dapprima come un fronte compatto, che si frammenta nel percorso centrale ai due edifici e si dissolve nell’area circostante all’Auditorium, in un disegno organico che accarezza e ingloba la piazza del Municipio. La spazialità interna dei due edifici esalta la presenza del vuoto, delle cavità, immaginando uno spazio “avvolgente” come il suono della musica, in cui si trovano sospesi dei volumi ridotti nei quali si svolgono le attività più importanti ed organizzate. Gli spazi di servizio e dei laboratori al piano interrato rendono sinergici i due edifici, accumunati da soluzioni strutturali dissimulate all’interno ed indipendenti dai due temi di “guscio” esterni proposti.

Pianta Primo Livello

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Carla Capelli e Claudia Casadei, Tesi di Laurea Bologna: i percorsi ed i luoghi del viaggiatore contemporaneo UniversitĂ degli Studi di Firenze, 2005 relatore prof. A. Baratelli correlatore prof. C. Zanirato


Albergo del viaggiatore

La vicinanza del luogo di progetto alla futura Stazione dell’Alta Velocità, fa immaginare questo luogo come ad uno spazio dinamico e in continua evoluzione, attraversato continuamente da flussi di persone senza sosta, come la stazione che è un luogo di transito ed un crocevia di binari, un luogo dove un movimento vorticoso diventa calma per un attimo e poi ricomincia in divenire. Questo intricato reticolo di strade che rappresenta idealmente dei flussi, suggerisce di pensare all’architettura come ad una scatola, attraversata da vettori

Carla Capelli Claudia Casadei

in movimento, così come una stazione è attraversata da masse/flussi di persone e fasci di binari. Riportando questo concetto all’interno del progetto, immaginando di tracciare le traiettorie delle persone in movimento e generando così dei percorsi matrice che danno vita all’edificio. L’idea principale e generatrice del progetto è basata sulla contrapposizione di una situazione estremamente dinamica e transitoria della stazione ad alta velocità e quella più statica di un albergo, luogo di sosta e punto di arrivo. Si è

cercato quindi di confrontare la materialità e la forma di un edificio con i concetti di movimento e dinamismo, partendo dal presupposto che lo spazio architettonico è inteso come luogo di eventi e movimenti. Per questo si è utilizzato un “involucro” compatto ed uniforme all’interno del quale gli spazi sono definiti dagli elementi destinati alla circolazione, come una scatola bianca, neutra e stereometrica al cui interno prendono vita, si incontrano e si intrecciano le linee ideali del movimento.


É possibile attraversare la “parte pubblica” dell’edificio dal piano interrato all’ultimo piano, come lungo un unico vettore di movimento che attraversa tutti i piani dell’edificio, per moltiplicarne i punti di vista: passando da una conoscenza relativa ad una assoluta, cioè dall’esterno all’interno dell’edificio. Si prevede di sospendere dal suolo i volu-

mi delle varie funzioni (hotel, uffici, ristorante, palestra) e lasciare al piano terra il sistema degli ingressi ed uscite alle varie attività e la galleria commerciale, introducendo uno spazio pubblico di libertà, costruito a partire dalle linee di attraversamento, in modo da creare un sistema di piani inclinati.

L’idea che l’architettura si basi su concetti di vettori in movimento è rappresentata all’interno del progetto tramite rampe (i percorsi), che attraversano l’edificio e sono resi visibili grazie alla trasparenza del vetro, divenendo componenti fondamentali anche dal punto di vista formale. Le rampe non sono, solo concepite come attraversamento, ma come collegamenti delle varie funzioni diverse ad ogni piano.


La permeabilità urbana e la circolazione pedonale del quartiere diventano le mete della composizione dell’edificio, concepito come un sistema aperto, che si lascia attraversare. L’albergo si sviluppa su cinque piani, in cui la hall vera e propria si localizza al primo piano mentre il piano terra è stato adibito a semplice atrio di ingresso, con una funzione più pubblica e non esclusiva, come una piazza.


Una particolare attenzione è stata data alla progettazione del corridoio di distribuzione, in cui si è voluta evitare la classica disposizione centrale e le stanze disposte a pettine lungo i lati. Per far questo lo stesso modulo (camera) è stato ripetuto alternativamente in orizzontale e in verticale, questo ha creato un altro dinamismo ed ha lasciato liberi spazi poi occupati

da teche di vetro che ospitano opere d’arte. Avendo previsto un’utenza di tipo manageriale, alcune statue sono state progettate in modo da essere trasformabili in piccoli uffici, dove ricevere gruppi di tre o quattro persone; questo rispecchia le esigenze della società moderna, che ha sempre più bisogno di flessibilità e di luoghi ibridi.


L’inclinazione delle rampe (percorsi) ha determinato la forma della controfacciata in rame dotata di aperture che, tramite pannelli scorrevoli, si aprono e si chiudono a seconda delle esigenze dell’ospite, come una vera e propria tenda. Questo conferisce alla facciata un aspetto sempre nuovo e mai uguale. In questo modo si è cercato d tradurre il concetto di continuo dinamismo su un elemento architettonico di facciata.

Sezione Trasversale

Prospetto lungo via De’Carracci


Andrea Borghi, Tesi di Laurea Sperimentare la comunicazione: centro per la informatizzazione dei media a Bologna UniversitĂ degli Studi di Firenze, 2006 relatori prof. L.G. Macci e prof. U. Tramonti correlatore prof. C. Zanirato


Centro Mediatico

Il progetto di trasformazione con sostituzione di un brano di isolato urbano lungo via de’ Carracci e prospiciente gli ingressi/uscite della futura Stazione dell’Alta Velocità, indaga il legame tra il mondo dei cybernauti e quello dei viaggiatori. La protagonista è quindi l’informatica, che ha rivoluzionato in senso lato il mondo della comunicazione, inducendo profonde trasformazioni tanto sui media, quanto sulla cultura ed il divertimento, riorganizzandone i linguaggi, cambiandone gli approcci ed allargandone le prospettive ed il ba-

Andrea Borghi

cino di utenti, con continui e reciproci condizionamenti. Da qui l’idea della creazione di un Centro che si occupi dell’istituzionalizzazione di certe pratiche già in essere relative all’uso e fruizione dei media, che promuova e metta a conoscenza del pubblico i nuovi ritrovati tecnologici, sviluppando la ricerca e divulgandone i frutti a quanti più utenti possibili. La contiguità con la Stazione intercetta quelle categorie sociali più vitali e dinamiche, come i giovani, gli studenti, studiosi, imprenditori ed i metropoli-

tan managers, disposti tutti a viaggiare in quanto “cityusers”. Tale intervento insiste pertanto non solo nella trasformazione morfologica urbana, ma anche nei caratteri funzionale e sociali dell’intorno, “mediando” anche tra parti di città altrimenti incomunicanti. Ne deriva un unico organismo architettonico in cui convivono tanto lo spazio pubblico quanto quello più riservato e specialistico, i percorsi urbani con quelli funzionali il Centro e la Stazione.


Centro culturale per la formazione e la ricerca sulle tecnologie informatiche Direzione del Centro per l’informatizzazione dei maedia Info-store centro per la fruizione dei media a supporto digitale Info-teca: mediateca a supporto esclusivamente informatico Internet Cafè Internet Point Media-world: centro per l’informazione e testing delle nuove tecnologie informatiche Ristorante Collegamenti verticali ed orizzontali Virtual World: centro per l’esperienza della realtà virtuale Involucro di contenimento esterno in vetro e acciaio Parcheggio sotterraneo

Il progetto concepisce uno spazio architettonico costituito da tre elementi distinti ma fortemente correlati: un percorso urbano attrezzato, ideato come una piazza cittadina; un agglomerato di edifici destinati ad accogliere le attività del Centro, con un sistema organizzativo direttamente collegato con lo spazio pubblico; un involucro esterno che funga da elemento sovraordinato e filtri i rapporti con il contesto circostante.


Così facendo, è possibile operare su due diversi ordini di scala: quella prettamente urbana della città e della Stazione, e quella dell’edilizia residenziale della Bolognina. Si capiscono così la presenza del grande contenitore “asettico” semitrasparente e la minuzia degli oggetti ivi contenuti. Essendo la destinazione funzionale assai mutevole nel tempo, ha indotto la scelta di un processo compositivo “astratto”, che attinge ad un immaginario ancestrale, al di fuori del tempo, in grado di operare su un piano evocativo piuttosto che su quello descrittivo. L’organizzazione interna del Centro racchiude, sotto lo stesso involucro, una serie di funzioni tra loro anche assai eterogenee, ma legate comunque da un unico denominatore comune, individuabile nel supporto informatico, attraverso il quale vengono fruite da gruppi di utenti con esigenze ed aspettative diverse. Ne è derivata la scelta di disgregare il volume in vari frammenti monofunzionali, riassemblati poi in modo tale da costituire una sorta di cittadella all’interno di uno spazio

vuoto, contenuto in un involucro che ne determina il microcosmo. Si cerca quindi l’imitazione di un ambiente urbano astratto ed onirico, dov’è possibile l’esercizio delle specifiche funzioni ed evitando al contempo l’isolamento, attraverso una fitta rete di intrecci e percorsi. Sono riprodotte le componenti salienti di una città: la piazza con le sue aree di sosta; il giardino con i suoi padiglioni; in centro direzionale sovrastante.

La morfologia spaziale insiste sul tema dei vuoti, di uno spazio urbano aperto, in cui la folla si possa riversare e che costituisca anche elemento di congiunzione con il nuovo percorso pedonale interno ai primi isolati di via de’ Carracci, costituendo una soglia d’accesso.


Pianta del Piano Terra Prospetto lungo via De’Carracci


Pianta del Primo Livello Sezione Trasversale

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Simone Brusini, Tesi di Laurea L’espressività giovanile: polo per lo scambio culturale a Bologna Università degli Studi di Firenze, 2007 relatori prof. L.G. Macci e prof. U. Tramonti correlatore prof. C. Zanirato


Centro Giovanile

Il progetto di uno spazio dedicato ad attività formative extra-scolastiche è suggerito dalla presenza nel quartiere di due edifici: il teatro “Testoni” e la scuola elementare “Federzoni”, nell’isolato iniziale di via de’ Carracci, sulla via Matteotti. Mentre la seconda è stata destinata a perdere la sua funzione di edificio scolastico, mantenendo comunque un legame con la funzione educativa in quanto edificio rivolto ad ospitare laboratori extra-scolastici, il teatro “Testoni” rappresenta per gli abitanti del quartiere e della città un

Simone Brusini

punto di riferimento ben saldo in quanto è uno dei primi teatri italiani dedicati esclusivamente alla drammaturgia infantile, sede di rassegne che hanno risonanza anche a livello europeo. L’isolato, oggetto dell’intervento, ha al suo centro una piccola piazza: su di essa prospettano il teatro e la scuola elementare che, insieme ad un terzo edificio dedicato all’insegnamento della musica, andranno a costituire un unico complesso culturale rivolto all’infanzia ed all’adolescenza, mentre l’angusto spazio pubblico si arricchirà di una nuo-

va porzione di area aperta con l’intento di ospitare ed organizzare gli elementi di connessione tra i tre edifici permettendo ad essi di essere collegati l’un l’altro attraverso una serie di percorsi sospesi ed in trincea. L’estensione della piazza è la copertura di una sala espositiva ipogea che è ricavata sfruttando il sottosuolo dell’area retrostante il teatro “Testoni”; il nuovo spazio pubblico si va quindi a disporre su due livelli principali raccordati da rampe e scalinate.


Gli elementi essenziali che costituiscono il progetto hanno come riferimento le forme e le qualità con cui i minerali si presentano in natura. Il tessuto urbano esistente subisce l’inclusione di nuovi manufatti architettonici, che come il quarzo, si fanno spazio nella roccia formando aggregazioni e cristalli isolati di varia grandezza e forma. Questi elementi vogliono manifestare un’unità di intervento, tesa a migliorare la qualità urbana che lambiscono.

I “cristalli” sono nella parete vetrata che riveste la facciata della scuola “Federzoni”; si aggrappano, nella nuova torre scenica del teatro “Testoni”; si appoggiano, prolungando il corpo della torre del teatro; o si prendono tutto lo spazio necessario alla loro visibilità, come l’osservatorio che si innalza nel cortile della scuola che funziona come un periscopio; per competere con le preesistenze e divenire i nuovi punti di riferimento visivo nel panorama urbano.


L’area libera all’interno dell’isolato urbano trasformato, assume il ruolo di perno compositivo del Centro Giovanile: una piazzetta attrezzata per spettacoli che collega così anche funzionalmente i tre edifici del Teatro, dei Laboratori e della Scuola di Musica. Sono, gli elementi di connessione verticale ed orizzontale, a fungere da “legante” anche visivo tra le parti costruite messe in sinergia tra loro in un insieme unico. Il vetro, le lastre di cristallo, assieme ai telai di acciaio, definisce una serie di piccole costruzioni, funzionali o solo scenografiche, nelle quali prevale l’immaterialità delle trasparenze, l’indefinizione dei ruoli. Sono “incrostazioni” cristalline che caratterizzano totalmente le nuove costruzioni ed evidenziano la trasformazione delle preesistenze, evocando un paesaggio urbano inedito, che sembra debordare e colonizzare tutto l’intorno.

Considerando il contesto in cui ci si cala ed avendo l’intervento una funzione di pubblico interesse, questo deve necessariamente operare sulla stessa scala della stazione della TAV e confrontarsi direttamente con questa, sia per questioni di vicinanza, sia per visibilità e capacità attrattiva. È così che la facciata dell’edificio, dedicato alla musica, che si attesta su via de’ Carracci, prevede l’installazione di pannelli di vetro dicroico. Sfruttando questa qualità, caratteristica di molti minerali, e l’esposizione rivolta verso sud della facciata, quindi illuminata in qualsiasi ora diurna, la volontà è di dissolvere lo schermo stesso creando un’immagine cinematica mentre si manifestano i fenomeni della variazione cromatica e di proiezione dell’ombra dei prismi che emergono perpendicolarmente dallo schermo vetrato. La percezione dell’oggetto in questo modo varia secondo la posizione del punto di vista dell’osservatore e l’effetto mobile e mutevole, risolvendo l’esigenza di realizzare un’architettura visibile e riconoscibile. Le dimensioni dei vari oggetti obbediscono ad un modulo che governa l’intero intervento, la sua ripetizione in pianta e in alzato, con un suo sottomultiplo per determinare lo spessore dei solai, tende così al controllo dimensionale dello spazio ed a proporre, come per i minerali, un reticolo cristallino che nella sua moltiplicazione nelle tre direzioni cartesiane determina forma e grandezza dei vari elementi.


Pianta del Piano Terra


Pianta del Primo Livello

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Trasformazioni in corso

Il Piano Particolareggiato Navile, per la trasformazione dell’area ex Mercato Ortofrutticolo Generale, è stato approvato nel 2006 ed è una rielaborazione di un piano precedentemente attivato nel 2002 il quale, incontrando il parere negativo dell’Arpa e del Quartiere, è stato sottoposto ad una completa revisione attraverso lo strumento del laboratorio partecipato. I principali criteri che hanno ispirato e guidato il nuovo Piano sono stati la continuazione del reticolo urbano della Bolognina all’interno del comparto e la localizzazione di un grande parco centrale a ridosso di via Fioravanti come “tassello verde” nella maglia regolare del costruito, un parco quindi a servizio del nuovo insediamento e della Bolognina storica, da sempre carente di spazi verdi. Molta importanza è stata data alle condizioni di limite del comparto, cercando di trasformare ove possibile i confini con la Bolognina storica in connessioni. Si garantiscono inoltre continuità e percorribilità ciclopedonale internamente al comparto, e attraverso la connessione con le piste già esistenti ai suoi margini e/o previste dal PGTU. Il tema del verde e più in generale dei servizi e dello spazio pubblico è emerso come prioritario nel confronto con i cittadini, integrando il verde del Piano con il Parco di Villa Angeletti e del Navile.

Il Piano prevede una quota di usi pubblici: oltre alla Sede Unica Comunale, Parcheggi intensivi, Poliambulatorio, Centro Sociale-Culturale, Palestra, Piazza Coperta, Polo Scolastico, Studentato. Il nuovo insediamento è costituito, quindi, principalmente di case ma anche di servizi alla casa come commercio e pubblici esercizi, e si attesta tutt’attorno allo spazio verde, arrivando sino a via Gobetti e a via de’ Carracci. Con particolare riguardo alla zona sud del comparto, quella adiacente via de’ Carracci e la Stazione ferroviaria, il Piano prevede la realizzazione di una piazza urbana sulla quale si affacciano attività pubbliche: commercio, uffici e un ostello, oltre al parcheggio pubblico multipiano. I criteri progettuali che ispirano il nuovo insediamento sono: la distanza tra i fronti costruiti e il rapporto diretto strada-edificio non mediato da recinzioni; ogni agglomerato ha a disposizione un “cortile”, uno spazio verde interno; la presenza nel tessuto di percorsi carrabili di attraversamento locale, separati da quelli ciclabili e pedonali; tutti i parcheggi pertinenziali a servizio delle case sono interrati; i piani terra di alcuni edifici potranno essere destinati ad attività, i cosiddetti “servizi alla residenza”, che non abbisognano della “visibilità commerciale” ma che rendono sicura e viva una strada di quartiere.

La nuova Sede Unica Comunale, la piazza ribassata ed il parcheggio multipiano, su progetto di MCA, è stata ultimata nel 2005; la vicina tettoia di P.L.Nervi è in attesa di essere trasformata in piazza coperta. Lo Studentato universitario è stato ultimato nel 2013. I primi interventi residenziali, Trilogia Navile, su progetto di CZA, sono stati ultimati nel 2013, mentre sono in fase di realizzazione altri comparti e diverse opere di urbanizzazione primaria.

La nuova sede degli uffici comunali, avviata nel 2003 con la fase di progettazione e nel 2005 con l’esecuzione, nasce in risposta alla necessità di raggruppare presso un’unica sede i diversi servizi municipali. Il nuovo edificio si sviluppa su una superficie complessiva di 33.000 metri quadrati ed è situato dietro la stazione ferroviaria centrale. Con la realizzazione di spazi commerciali e di servizio al quartiere (negozi, uffici, servizi e impianti sportivi), l’intervento contribuisce alla riqualificazione dell’area, che è ricongiunta al centro della città mediante la ricomposizione della cesura costituita dal tracciato ferroviario e dal muro del mercato. Il concetto di design si articola sul frazionamento di una singola massa in tre blocchi distinti e destinati ad attività diverse. I tre blocchi di diversa altezza sono uniti da una tettoia ombreggiante ripiegabile, un atrio d’ingresso sviluppato su quattro piani e un nuovo spazio pubblico digradante verso una piazza scavata che accoglie ed indirizza i flussi pedonali e visivi tra via Fioravanti e il quartiere della Bolognina. Elemento connotante del progetto, l’ampia tettoia unica si ripiega come un gigantesco “origami” posato sui vari edifici e sovrastante un terrazzo panoramico. Vero e proprio “brise soleil”, la tettoia ombreggiante ha la doppia funzio- 95



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LEGENDA edifici compresi nel piano particolareggiato

verde pubblico

la nuova Sede Unica degli Uffici Comunali

proposte progettuali

La Fermata sotterranea dell’Alta Velocità, su progetto di Ricardo Bofil, è entrata in funzione nel 2012: direttamente collegata con la Stazione Centrale tramite sottopassi, ha accesso da via de’ Carracci con una piccola costruzione “provvisoria”, in attesa che possa essere realizzata la Stazione dell’Alta Velocità, su progetto di Arata Isozaki. Congiuntamente dovrà anche essere realizzato il Terminal del People Mover, su progetto di Iosa Ghini Associati. Nel 2014 saranno realizzate la sistemazione del tratto prospiciente di via de’ Carracci e il collegamento stradale sottoviario della via, dall’area del Navile, per accedere ai parcheggi interni la stazione ed al kiss&ride. L’unico intervento architettonico sulla via de’ Carracci realizzato è un edificio per attività terziarie, su progetto di JSWD Architekten, dietro il quale s’intravede il parcheggio intensivo e la Sede Unica Comunale, su via Fioravanti. Il masterplan prodotto nei Laboratori di Sintesi del Corso di Laurea in Architettura di Firenze, alla luce delle nuove programmazioni ed attuazioni urbanistiche, è stato aggiornato nel 2010 solo nella sua parte centrale, recependo le previsioni del nuovo Piano Particolareggiato Navile e proponendo altri interventi architettonici conseguenti e coerenti.

ne di proteggere dalle radiazioni solari e dare un senso di coesione architettonica al complesso. Attraverso questa copertura è creata anche una connessione visiva e simbolica con il parcheggio multipiano immediatamente a sud del nuovo edificio, creando un cluster di edifici che diventa una presenza imminente nel paesaggio bolognese. Nel 2007 Grandi Stazioni ed RFI hanno indetto il Concorso Internazionale per la progettazione della Nuova Stazione dell’Alta Velocità a Bologna. É dichiarato vincitore il progetto di Arata Isozaki. Il punto focale del progetto è la ricucitura tra città storica e quartiere Navile. Il progetto di Isozaki, in collaborazione con Ove Arup & Partners International Ltd e con lo studio italiano M+T & Partners, si propone di ricostruire la maglia urbana interrotta dalla ferrovia. La

10 Centro Complementare

nuova stazione è intesa come un condensato di città, sia per gli usi sia per l’organizzazione degli spazi interni. La scelta del progetto è realizzare tutti gli edifici di pari altezze, rapportata a quella delle costruzioni circostanti, senza edifici emergenti. Una Piastra, un Tubo e un’Isola sono i tre elementi che ospitano le funzioni di stazione. La Piastra è la stazione ponte, volume centrale di passaggio: una nuvola a bassa quota, cortina di nebbia posatasi dietro la stazione. Una serie di corti interne vetrate e bucate ha la funzione di portare e diffondere luce all’interno della scatola e sotto, verso i binari. La scatola è un grande spazio commerciale su due livelli, con il secondo ad altezze diverse che offrono spazi variati, terrazze; uno spazio articolato come quello dei centri storici. All’inter-

no una sala polifunzionale multiuso. Il bianco è il colore dominante: intonaco all’esterno, ghiaia per il tetto, resine bianche per gli interni. Il Tubo funziona da collegamento tra la Piastra e l’Isola. Si sviluppa su due livelli come ponte intermodale; il movimento è garantito da tapis roulant che attraversano spazi commerciali. L’Isola è l’edificio che si affaccia sulla nuova sede comunale e si integra con il passaggio del People Mover. Quest’ultima infrastruttura è stata appaltata nel 2010 con una progettazione ispirata dallo studio Iosa Ghini.

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Saverio Napoletano, Tesi di Laurea Un Centro complementare per Bologna UniversitĂ degli Studi di Firenze, 2010 relatore prof. C. Zanirato


Centro Complementare

Il Polo Civico a sud dell’area dell’ex Mercato Ortofrutticolo, come visto all’interno del Piano Particolareggiato Navile, si configura come una aggregazione di servizi e funzioni al limitare inferiore del nuovo parco, attraversata dai flussi connettivi vicinali e lambita dal sistema di infrastruttura “pesante” nord-sud relegato in trincea ad una quota inferiore. La nuova polarità comprendente la scuola, il poliambulatorio e l’ostello, si configura come snodo visivo e distributivo principale del piano.

Saverio Napoletano

La creazione del parco centralizzato, se da un lato ha apportato un tema comune tra le varie unità del comparto, dall’altro ha diradato la maglia urbana ponendosi come vero tema dominante del piano. La collocazione di tutto il polo civico conclude il lato meridionale del parco centrale ed in tale posizione traguarda visivamente gli isolati residenziali posti sul lato di ponente verso nord, quale “barriera” alla discesa della vegetazione verso la città. Il complesso scolastico si pone come

conclusione a sud del tessuto abitativo del piano. Il Verde pubblico s’insinua e crea un percorso giardino che si richiude su se stesso, ritagliando all’interno un bosco “residuale” introspettivo ad uso esclusivo dei bambini. L’ostello è situato oltre la cortina verde, non è direttamente investito ma solo lambito dal verde. La facciata dell’edificio è parte integrante delle infrastrutture, attraverso un sistema di rampe percorribili la pista ciclabile sale e si proietta verso il parcheggio adiacente alla sede comunale.


LEGENDA Polo scolastico Poliambulatorio Ostello Percorsi ciclo-pedonali Assi viari principali

Il complesso scolastico integrato è formato da asilo nido, scuola materna, scuola elementare e palestra ad uso misto pubblico-scolastico. L’architettura del plesso si conforma al percorso di crescita compiuto dall’individuo, nascendo, crescendo e racchiudendo all’interno di sé il giardino della propria infanzia. La permeabilità delle unità didattiche verso l’inner space verde creatosi, crea un ambiente all’aperto complementare; le lamelle che formano il giardino-bosco interno delimitano lo spazio di pertinen-

za esclusiva del complesso didattico. Il volume della palestra si distacca dalla scuola elementare creando un percorso pubblico verso il giardino sopraelevato. Le tre scuole si configurano in modo differente seguendo il percorso di crescita del giardino soprastante e il rapporto di permeabilità con l’ambiente esterno. In ordine crescente c’è il nido, il quale è caratterizzato da una chiusura accentuata verso l’esterno, il lato ovest, infatti, è rivolto verso l’asse nord-sud

trincerato e la ferrovia. e deve offrire riparo da fonti di rumore e inquinamento. Su questo fronte si assestano gli ambienti di servizio mentre le aule e le nursery insistono verso il giardino interno. Il nido dispone anche di un giardino “esterno” sul lato sud. L’ingresso è localizzato adiacente al giardino a sud. Il passo successivo del percorso di crescita è la scuola materna. L’ingresso è a sud e le unità didattiche sono rivolte verso il giardino interno e hanno una zona di pertinenza all’aperto e un bloc-

Il Poliambulatorio si colloca come fondale meridionale del grande parco centrale, rettangolare, ed idealmente si frappone alla sua prosecuzione e al congiungimento con il verde della collina, alle spalle della città storica. Il fatto poi di avere un’altezza pressoché simile alle tante alberature con cui si formerà il parco, rende il volume della Casa del Navile quasi “integrato” con la massa arborea del parco stesso, un virtuale tutt’uno. Si propone il disegno dei fronti del Poliambulatorio chiaramente “orientati” dalla direzionalità del parco, allungato da nord a sud. Tale direttrice attraversa per intero il corpo da edificare, quasi “fessurandolo” di continuo, salendo da terra per raggiungere la copertura, sul fronte nord, a diretto contatto con il parco, e scendendo dalla stessa sul fronte sud, per dissolversi nelle aiuole del piazzale di parcheggio antistante.


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Vista prospettica — lato est

É come se il parco trovasse una sua ipotetica “verticalizzazione”, con terrazze inverdite ai vari piani, che culminano con un grande giardino pensile in copertura ed altri tappeti di “tetto verde”

Pianta del Piano Terra

LEGENDA Asilo nido Scuola materna Scuola elementare Palestra Accessi pubblici principali

disseminati in più punti, non solo sulla copertura. Il tema è sottolineato dall’impiego diffuso di vetrate colorate, in pasta o semitrasparenti, verdi. Non solo all’esterno ma anche nella corte interna. Così l’edificio si dissolve nel verde.

La conformazione anulare del Polo Scolastico interpreta le indicazioni morfologiche date dal Piano e che appartengono marcatamente agli isolati residenziali. La forma chiusa, quasi ermetica all’esterno, trasmette il dovuto senso di protezione


Prospetto Esterno Stradale

che la struttura deve garantire, proteggendo e valorizzando così anche il suo cuore verde, appena percepibile dall’esterno. Le due sezioni scolastiche e la palestra pubblica definiscono architettonicamente il perimetro.

Differenti soluzioni per le facciate degli edifici ne denotano la specificità interna, con materiali e colori diversi. Il tema della parziale permeabilità diffusa consente di non intersecare più di tanto le

continuità delle superfici, con piccoli intagli verticali o orizzontali, impiegando così la luce come elemento unico del disegno dei fronti esterni, con una evidente inversione nella corte interna, dove prevale la trasparenza.

Pianta del Piano Primo

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Sezione Prospettica dell’Ostello


co di servizi e un vestibolo ciascuna. La scuola è caratterizzata da unità didattiche aperte. Le zone comuni di mensa e gioco sono un grande spazio aperto delimitato dall’involucro esterno in legno che si curva in corrispondenza dell’attacco alla copertura. La scuola elementare, lo step successivo, si articola su due piani. L’ingresso è localizzato a nord; al piano terra troviamo le classi del primo ciclo nell’ala ovest e la mensa e gli uffici nell’ala sud. Al piano superiore troviamo le classi del secondo ciclo e il passaggio sospeso verso la palestra e gli spogliatoi ad uso esclusivo della scuola. Il giardino sopraelevato segue la scansione delle scuole sottostanti. All’inizio di ogni “passaggio” troviamo una Lo sviluppo periferico dei corpi edificati consente pure di articolare un percorso che conduce il verde della corte sulle coperture in un crescendo di piani inclinati, dalla quota del giardino fino al punto più alto della struttura. Analogamente, la palestra è scolpita da una serie di rampe a tornanti che prende avvio sempre in tangenza del percorso ciclabile radente il tracciato ferroviario dell’Arcoveggio. L’Ostello si propone come una struttura ricettiva urbana fortemente integrata con l’infrastruttura ciclopedonale che la caratterizza anche funzionalmente. La sua distribuzione verticale si genera dalla traslazione e sopraelevazione della adiacente pista ciclabile e crea un percorso fruibile dai cicloturisti dando la possibilità di raggiungere gli alloggi direttamente in bicicletta e parcheggiare il mezzo in apposite aree adiacenti alle stanze. Al piano terra si trovano i servizi di reception, gli uffici e le aree di svago e ristoro: ai piani superiori le unità abitative sono organizzate in moduli di due stanze e un blocco di servizi comune. Ogni ambiente funzionale ha un suo riverbero all’esterno, dove si configura come un container standard indipendente e sfalsato rispetto ai blocchi adiacenti. I “containers” sono rivestiti di lamiera grecata microforata.

Piante del Piano Tipo e Terra dell’Ostello

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piazzetta di sosta. Dopo le elementari comincia il percorso di discesa che delimita il volume della palestra, che attraverso rampe digradanti riporta il percorso al livello del parco. Il ruolo attribuito alle coperture configura una “promenade” ciclopedonale di libera fruizione, che non interferisce con il funzionamento delle scuole e della palestra, consentendo quindi a chiunque ed in qualsiasi momento di beneficiare di questo verde “panoramico”. Il tema dei percorsi pedonali e ciclabili, unitamente a quello del verde pubblico, tanto importanti nel P.P.Navile, diventano in queste soluzioni pro-

Prospetto Interno alla Corte

gettuali gli elementi stessi di costruzione dell’architettura, mai disgiunta dallo spazio pubblico e dai sistemi di relazione cittadina.

LEGENDA Area reception-lounge Unità ricettiva Collegamenti verticali Rampe ciclo-pedonali Collegamenti orizzontali

La facciata del ciclo-ostello, rivolta a nord ed al Poliambulatorio, è materialmente disegnata in modo plastico dalle rampe, che si diramano dalla pista ciclabile e conducono alle stanze. Alla conclusione della salita, all’ultimo piano, il percorso continua in quota collegandosi con il parcheggio multipiano, in cui è prevista la possibilità di un servizio di bike-sharing.


OpportunitĂ e nuove infrastrutture: il Lazzaretto

OpportunitĂ e nuove infrastrutture: il Lazzaretto Laboratorio di Sintesi Finale A.A. 2007/2008 La stazione dei Prati Francesca Briozzo Centro per la cultura digitale Radenkovic Snezana

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Opportunità e nuove infrastrutture: il Lazzaretto Laboratorio di Sintesi Finale Università degli Studi di Firenze A.A. 2007/2008 titolari prof. A. Capestro, prof. C. Zanirato

Il comparto Bertalia–Lazzaretto, a nord-ovest di Bologna, è costituito da aree delimitate da linee ferroviarie e caratterizzato dall’uso recente di cave e discariche. Quest’immagine “degradata” conserva però ancora i segni di un passato di periferia agricola. La sua immediata raggiungibilità, rendono strategica l’area dal punto di vista urbano, economico e sociale. L’area è al centro di grandi cambiamenti, in parte già avvenuti ed in parte innescati, quali la dismissione di una bretella ferroviaria, l’apertura del tunnel sottopassante i binari della Ferrovia Bologna-Milano e più in generale i grandi lavori legati alla realizzazione dell’Alta Velocità, che proprio in questo tratto inizia l’interramento, infine anche la realizzazione prevista di due stazioni del Sistema Ferroviario Metropolitano. Il fatto che il comparto sia compreso fra Stazione Ferroviaria ed Aeroporto, lo rende inoltre cruciale per i trasporti ed i collegamenti infrastrutturali. Esattamente in questo comparto si incrociano l’Asse Sud-Ovest e l’Asse dell’89; è qui che è previsto un nuovo svincolo sulla tangenziale; è ancora

qui in previsione il collegamento della Metropolitana Automatica fra il Centro storico e l’Aeroporto. A tutto ciò va aggiunta la presenza di antichi tracciati stradali (Via delle Lame ora Via Zanardi, Via di Bertalia, Via Agucchi) e di una parrocchia (San Martino) che da oltre mille anni è il centro di vita sociale e civile. Il Bando di Concorso Internazionale, indetto nel 2000 da FBM su mandato dell’Amministrazione Comunale e dell’Università di Bologna, esprimeva l’essenza del futuro insediamento, prevalentemente residenziale ed universitario. Il progetto vincitore, guidato dal Prof.P.Sartogo, propone un criterio di base che mutua dalla città storica di Bologna i motivi–guida di impostazione del Masterplan del nuovo insediamento urbano/universitario. Essi sono contenuti in alcuni principi basilari, quali l’edificazione diffusa organizzata per “insulae”, con impianto tendenzialmente compatto, e un sistema continuo di “cavità” urbane, ottenuta come sottrazione di pieni che sono primariamente le piazze, i portici e le strade. L’impianto così formato, as-

sume una forma compatta che ricorda la città storica. Entro questa situazione di fluidità, una dorsale, inclinata est-ovest e che si struttura a bretella di connessione delle due principali piazze, costituisce l’elemento di riconoscibilità come asse portante urbano sul quale il reticolo delle strade minori si affaccia e scambia. In posizione baricentrica rispetto alle due piazze, da ambo i lati dell’asse viario, una forte concentrazione di strutture universitarie. Cerniera tra il nuovo insediamento ed il popoloso quartiere di Bertalia è il parco urbano che utilizza la vasta area delimitata dal sistema storico dei canali e dalla linea ferroviaria dismessa. É il vero e proprio tessuto connettivo tra le zone limitrofe preesistenti ed il nuovo insediamento e su di esso si attestano tutti i nuovi dipartimenti universitari. Il Progetto recepisce le indicazioni programmatiche cittadine per il completamento della grande viabilità (Sussidiarie Sud–Ovest e Asse dell’89) e nel tracciato dalla nuova Metropolitana della Fiera fino all’Aeroporto.

Le soluzioni proposte s’intrecciano fortemente con le infrastrutture diversamente programmate ed in parte già attuate con la realizzazione del sottopasso del Ravone. Il sistema della mobilità di quartiere è fortemente integrato con il trasporto su ferro: 2 stazioni del Sistema Ferroviario Regionale e Metropolitano sono ubicate in punti strategici del nuovo impianto di cui costituiscono altrettanti capisaldi funzionali. La nuova stazione prevista su via Zanardi della linea Bologna–Padova viene infatti collegata, mediante un sistema di percorsi pedonali coperti, alla nuova sede universitaria di Ingegneria ed ai grandi parcheggi pubblici e privati collocati nelle sue adiacenze. Analogamente la nuova stazione prevista sulla direttrice Bologna–Milano è collegata sempre con percorsi protetti integrati al sistema ciclopedonale, alla viabilità interna di scorrimento ed ai parcheggi di attestamento previsti sull’asse interquartiere. L’ipotesi di tracciato della nuova linea sopraelevata Fiera-Aeroporto 111 (People Mover) interessa diret-


Relazioni tra il nuovo insediamento Bertaliail centro e il piano del 1889 penetraLazzaretto, nell’insediamento pas-storico pressoché inedificata per lungo tempo tamente il Comparto, prevedendo una vone fermata al centro del Parco, vicinissimo agli edifici della Facoltà di Ingegneria. Anche la previsione di realizzare una Metrotranvia cittadina (Fiera-Stazione-Centro-Lazzaretto) interessa il comparto: dalla rotonda interrata Ra-

sando a fianco di due edifici universitari, passa lungo e sotto la stazione del People-mover e termina la sua corsa “di testa”, in corrispondenza della Stazione Ferroviaria “Zanardi”. L’area del Lazzaretto è rimasta vuota e

semplicemente perché circondata da infrastrutture importanti (fiume, ferrovie), quindi emarginata, e questo sistema ferreo di condizionamenti doveva, nello spirito dell’attualità, diventare invece un suo punto di forza e non

tanto un ostacolo come pare interpretato nel Piano Particolareggiato. Interessante è la concezione dell’insediamento universitario visto come sistema urbano-residenziale, non un campus tradizionale e monotematico ma un insieme più articolato anche nelle funzioni. Necessaria sembra anche la concezione di un’inevitabile realizzazione con apporti plurimi ma ben organizzati, fissando regole precise di disposizione, in grado di conservare almeno unitarietà negli interventi. In questo nuovo scenario urbano si inserisce straordinariamente la progettazione affidata a Richard Meier di un edificio della Facoltà d’Ingegneria: recenti scenari economici-congiutturali hanno purtroppo portato alla rinuncia di realizzare e questo e tutti gli altri edifici universitari, portando ad una modifica del Masterplan verso un’inevitabile monofunzionalità residenziale. Anche la Metrotranvia è un’opera cui la città ha rinunciato. Relazioni tra il nuovo insediamento BertaliaLazzaretto, il centro storico e il piano del 1889


TAV.: P.04.1 Planivolumetrico

LEGENDA Perimetro di progetto R6-R7 Nuclei edilizi esistenti Insule: ambiti di edificazione Elementi puntuali a torre Verde pubblico Verde pubblico sportivo

TAV.: P.04.1 Planivolumetrico privato TAV.: Verde P.04.1 Planivolumetrico TAV.: P.04.1 Planivolumetrico TAV.: P.04.1 Planivolumetrico TAV.: P.04.1 Planivolumetrico Parcheggi pubblici alberati (P1) Parcheggi pubblici (P1) Tracciato People Mover Tracciato Metrotramvia Parco Urbano

TAV.: P.04.1 Planivolumetrico TAV.: P.04.1 Planivolumetrico TAV.: P.04.1 P.04.1 Planivolumetrico Planivolumetrico NUOVI INSEDIAMENTI FACOLTÀ DI INGEGNERIA TAV.: D.I.S.T.A.R.T. Mensa universitaria D.A.P.T.

TAV.: TAV.: P.04.1 P.04.1 Planivolumetrico Planivolumetrico Il modello urbano di riferimento per il Piano Particolareggiato, quello della città storica e densa, impone un indubbio contrasto con l’ariosità dell’area. Il verde pubblico che circonda il comparto edificato assume quasi un ruolo di “fossato” di separazione piuttosto che di sistema di relazione con gli altri insediamenti vicini. Allo stesso modo, le linee delle infrastrutture rimarcano i bordi come dei tracciati di separazione, delle “murazioni” divisorie. In questo contesto di “autosufficienza” urbana, la presenza delle tre stazioni di trasporto pubblico, assolutamente non interconnesse tra loro, appaiono come dei “satelliti” che gravitano attorno, che possono abbreviare le lunghe distanze ma accentuano pure le brevi distanze tra le parti. In questo modo, le infrastrutture sono solo delle “protesi” urbane, tant’è che non appartengono assolutamente alla visione di città immaginata.

Aula Magna-Presidenza-Biblioteca-Segreteria D.I.E.M.-D.I.E.N.C.A. Aule comuni di Facoltà Edifici esistenti Facoltà di Ingegneria, Ingegneria Chimica e Laboratori

TAV.: P.04.1 Planivolumetrico TAV.: P.04.1 Planivolumetrico TAV.: P.04.1 Planivolumetrico TAV.: P.04.1 TAV.: P.04.1 Planivolumetrico Planivolumetrico

TAV.: P.04.1 Planivolumetrico

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I contorni del Comparto sono caratterizzati dalla presenza impattante di importanti infrastrutture viarie e ferroviarie e da insediamenti produttivi che escludono quest’area dal contesto urbano allargato e relegandola come una “enclave” di cui si fa fatica a percepirne l’esistenza. I tracciati viari che l’attorniano o l’attraversano sono però anche degli importanti vettori che possono unire e non solo dividere i loro lati. L’interno del Comparto conserva brandelli di campagna ancora autentici, grazie all’isolamento imposto, caratterizzati dalla presenza di un corso d’acqua e di campi


coltivati. Prevale comunque l’abbandono, causato anche dalla presenza di cave di ghiaia abbandonate nella zona ovest, vicino al Fiume Reno. Il vuoto urbano tanto esteso consente di beneficiare di vedute profonde e lontane, verso le emergenze della città e delle colline retrostanti. I tracciati delle infrastrutture si sono sovrapposti in più tempi a quelli agrari dell’area: dapprima le reti ferroviarie, poi gli elettrodotti di servizio a queste ed infine le strade di attraversamento veloci, con tutti i portati indotti conseguenti (servitù, rotatorie, barriere, sottopassi).

Operando sugli stessi bordi del Comparto, questi tracciati non hanno fatto altro che ribadire l’isolamento di questo spazio “dimenticato” e solo sfiorato. L’intrico di flussi che interessano l’area rappresenta però anche una formidabile risorsa: la facilità di accesso, implementata anche dalla previsione di nuove modalità di trasporto pubblico (Metrotranvia, People Mover) rende gli stessi spazi estremamente facili da raggiungere, anche dal centro città. É per questo che ci sono i presupposti per vedere l’intervento di trasformazione capace di creare una nuova centralità urbana, se le funzioni sono stimolanti.

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Il groviglio di tracciati viabilistici che interessa il comparto è davvero eccezionale, per numero, portata e tipologia, tanto quanto l’incapacità di scambiarsi, di avere una intermodalità, perchè pensati in momenti diversi, per soluzioni urbane differenti, con gestori svariati. Quindi è più il fastidio reciproco che queste infrastrutture si arrecano reciprocamente, che il beneficio indubbio che l’intreccio sinergico potrebbe contribuire. La prevalenza dei vuoti in questa parte della città è evidente e molti di questi sono attribuibili alla forza divisoria ed inibitoria delle infrastrutture, ma se visti assieme, rappresentano un formidabile collante.

Tema del Laboratorio di Sintesi non è stato assolutamente la ridefinizione del Masterplan adottato dalla città di Bologna, bensì un lavoro di ricerca soprattutto sui suoi bordi per aprirlo fattivamente alla città. L’impianto edilizio è diventato quindi un dato di fatto, si è lavorato sulle aree libere, sugli interstizi, sulle infrastrutture soprattutto, per farne elemento protagonista del nuovo quartiere, e non già presenze marginali, solo utilitarie. L’attenzione posta alla definizione delle Tre Stazioni, le loro aree pertinenziali ed i percorsi di connessione con il comparto e le aree limitrofe, è stata quindi centrale. Proprio queste tre presenze, utili e necessarie, ma quasi misconosciute nel Piano, sono state prese a pretesto per togliere il quartiere dallo “splendido isolamento” in cui è stato immaginato, per renderlo pienamente partecipe della vita cittadina. Non già un fram-



fiumi parco fluviale verde urbano verde sportivo alberato parco ferroviario infrastruttura

mento urbano ma una parte della città piena di dinamismo, occasionato positivamente dalla presenza-coinvolgimento di importanti e moderne infrastrutture di trasporto urbano delle persone. La collocazione strategica occupata da molti luoghi urbani come questo, da tempo sottratti al coinvolgimento cittadino, ne fa delle formidabili occasioni per ripensare la città nel suo complesso e nella proiezione futura, individuando in queste sue risorse interne materiali di “scambio”, fisico e culturale. Operando dal suo interno o dai suoi margini la città potrà quindi ripensarsi e crescere in qualità, proponendo nuovi punti e modalità d’incontro, nuove infrastrutture relazionali. Esiste infatti la possibilità, attraverso un processo di riqualificazione-reinvenzione che queste grandi aree “emarginate” possano essere ripensate come spazi da restituire alla città e diventare sistemi urbani complessi, generatori di relazioni e spazi rinnovati, luoghi di espressione di nuove identità urbane. L’implementazione del Masterplan individua nelle tre polarità delle Stazioni la sua essenza e si sviluppa con i percorsi di collegamento, nelle due direzioni. Verso l’interno del comparto questi passano per le strade e le piazze principali e si legano tra loro in una sorta di tridente. Verso l’esterno del comparto, comunque l’interno della città, i percorsi s’indirizzano a cercare altre polarità di riferimento per promuovere altre relazioni. L’integrazione stretta con il sistema del verde attrezzato facilita l’azione ricercata e conferisce evidenza simboli-



Il Masterplan scaturito dal Laboratorio di Sintesi si sovrappone a quello del Piano come una sua doverosa estensione: è un sistema tentacolare che s’innerva sottilmente nel nuovo Comparto edificato o lo proietta oltre i suoi spessi confini marginali, verso altri e significativi luoghi di approdo. Tre ampie brecce urbane che fanno scorrere flussi di persone attraverso le tre nuove stazioni ipotizzate, interconnesse tra loro per quanto possibile e senza spostarle significatamente da dove sono state previste, anche se la modifica dei tracciati potrebbe consentire un loro avvicinamento e parziale coincidenza. Le tre radiali del progetto si configurano pure come parchi lineari, “tiranti” verdi fortemente caratterizzati a giardino: pensile, coperto, scavato. La fermata del People Mover cerca di legare a terra, nelle sue profondità, un tracciato aereo, immaginando la presenza di un letto di fiume in secca d’indirizzo. Il ridisegno del Masterplan Lazzaretto-Bertalia opera esclusivamente sugli spazi vuoti ed inedificati, quindi soprattutto sulla fascia marginale dell’insediamento urbano “isolato”. La “penetrazione” accentuata che si è voluta conferire all’intervento pianificato si è quindi assunta il compito di ridisegnare, in maniera organica, tutto il sistema di verde pubblico, in quanto è proprio questo a strutturare, formalmente e funzionalmente, le direttrici di “evasione”. La Stazione prevista sulla linea ferroviaria BolognaModena-Verona si dovrebbe collocare “a ponte” sul parco binari, in questo tratto ancora molto esteso, nei pressi del tunnel stradale che sottopassa il piano del ferro, la linea dell’A.V. interrata e sul cui tracciato scorre anche la Metrotranvia. É così possibile pensare un sistema scambiatore tra diversi vettori, collegando fisicamente le diverse quote di scorrimento, il nuovo comparto e il quartiere Saffi. Il tracciato del People Mover si sviluppa per intero in quota sopraelevata, essendo una monorotaia a guida automatica: quindi anche il comparto è attraversato dal conseguente viadotto, con impatto amplificato. Il progetto della fermata cerca di dare risalto ambientale a tutto il manufatto e di enfatizzare il punto di connessione con una plasticizzazione che lo collega al disegno “scavato” del tratto sottostante del parco, accentuando l’“effetto ponte”.

ca ai manufatti delle “infrastrutture”, estesi e dilatati nei loro ruoli. Il sistema delle Tre Stazioni diventa pertanto un meccanismo di collegamento esso stesso, configurandosi come altrettanti ponti di scavalcamento delle reti infrastrutturali che chiudono il comparto, isolandolo, quindi congiungendolo di nuovo alla vita complessiva della città. L’infrastruttura, che promuove la città, è stato l’incipit del Laboratorio. La fermata del People Mover, tramite un “canyon” verde si scava un solco per entrare nel cuore del comparto e raggiungere il borghetto storico con la chiesa, a nord. La fermata del Servizio Ferroviario Locale di via Zanardi si estende con tentacoli per legarsi con le altre due stazioni e si proietta anche ad est, verso il Navile. La Stazione Prati di Caprara, della linea ferroviaria nazionale si propone come porta d’ingresso ovest alla città ed in maniera poderosa scavalca tutto il parco di binari per insinuarsi in un nuovo parco, tra l’Ospedale Maggiore e la via Emilia. Un uguale atteggiamento progettuale per amplificare al massimo il risultato urbanistico perseguito: rompere l’accerchiamento e trovare relazioni ed occasioni di scambio diffusamente, all’interno di un modello di città moderna, quindi “aperta”.



Francesca Briozzo, Tesi di Laurea Bologna_La stazione dei Prati UniversitĂ degli Studi di Firenze, 2010 relatori prof. A. Capestro, prof. C. Zanirato


La stazione dei Prati

Francesca Briozzo

Una stazione oggi è un insieme di funzioni, è uno spazio vissuto anche da persone non interessate a viaggiare, è un luogo di incontro e per questo dev’essere dotato di servizi urbani ricettivi. L’inserimento della Stazione dei Prati diventa l’occasione per strutturare un asse urbano che dal centro del Lazzaretto, scavalca la ferrovia, si connette all’Ospedale Maggiore, raggiunge la via Emilia e prosegue idealmente lungo l’Asse Attrezzato.

La stazione a Prati di Caprara nel progetto di Sartogo è lasciata a livello solo indicativo, per cui è stata sviluppata in concomitanza con l’approfondimento del rapporto con la città, attraverso il posizionamento delle fermate e della stazione della metro tranvia, la sistemazione del parco adiacente alla ferrovia e della zona circostante l’Ospedale Maggiore. Gli obiettivi posti con la realizzazione di questo progetto sono di creare una connessione tra parti attualmente slegate di città e un sistema di verde con-

tinuo e funzionale, in modo da inglobare l’infrastruttura, affinché possa essere percepita come parte di un luogo e non crei situazioni di degrado ed abbandono. Essendo un progetto legato alla relazione tra l’infrastruttura e la città, è interessante un’analisi del concetto di mobilità, tenendo conto del periodo che stiamo vivendo e del fatto che la città è in continua evoluzione e che le soluzioni che apportate per rendere gli spazi più vivibili, devono essere dotate di una certa dinamicità.

Nel caso specifico, la ferrovia è attualmente vista come una frattura tra il quartiere Lazzaretto ed il parco che si affaccia sulla Via Emilia ed è a sua volta solcato dal tunnel carrabile sotterraneo. L’intera area è frammentata e le sue parti non riescono a dialogare tra loro, necessitano perciò di un intervento in grado di conferire loro l’organicità e la funzionalità ottimale.







Dopo i percorsi a terra, zone di sosta e relax, una rampa nel Parco si stacca dal suolo, si alza e attraversa la ferrovia e riscende nel quartiere Lazzaretto, ospitando al di sotto i locali della stazione e varie attività. La rampa è un oggetto imponente, dalle linee decise che supera l’obiettivo scontato di attraversare la ferrovia, genera degli spazi: di sopra, per le attività commerciali, la stazione, e sotto, dove ci sono uno spazio espositivo, una postazione internet e negozi. La rampa è orientata in senso ortogonale rispetto ai binari, per cui si crea una sorta di asse urbano, inteso come collante di relazioni sociali. Sono stati pensati anche degli edifici da disporre lungo quest’asse urbano, facilmente permeabili dal senso di percorrenza principale. I temi cardine sono due: riqualificazione del verde urbano, con il progetto del parco, e l’attraversamento, inteso come flusso, passaggio, movimento (dei treni, delle persone), che a loro volta conferiscono il ritmo nello spazio che li circonda. L’intenzione è di rendere l’infrastruttura parte del paesaggio, fare in modo che la sensazione di frattura e di limite sia conseguenza dell’estrapolazione dell’infrastruttura e non dell’inserimento. Il manufatto della stazione indica la velocità in maniera simbolica: è spaziosa ma non dispersiva, facilmente individuabile nel contesto urbano, in modo che possa svolgere anche ruolo di punto di riferimento, ma non invasiva, deve poter evocare l’idea di un’occasione e non di un obbligo a recarsi in un luogo. La stazione dei Prati è composta da un portale metallico attraversato dalla rampa nel senso longitudinale.

Il progetto si propone di creare un unico sistema di collegamento i cui componenti hanno il ruolo di unire il quartiere di Lazzaretto con il centro di Bologna. Un fattore facilitatore è avere a disposizione una considerevole area verde proprio tra il parco ferroviario e la via Emilia, acquisendo molteplici funzioni: un polmone verde in città, proteggere l’impianto dell’Ospedale, nascondere in parte alla vista la ferrovia ed il rumore. É stata ristabilita la connessione interrotta dal tunnel, tramite fasce boscate e orti urbani, diventando l’aggancio fisico e virtuale del progetto.

La rampa principale rimane ortogonale alla ferrovia, quindi anche ai binari, i flussi di persone, piuttosto che dai treni, assumono forza, perché non sono mai nello stesso verso e creano movimento. Al livello zero, quello del parco, ci sono i binari con le panchine per l’attesa e gli scambiatori verticali. Al livello superiore ci sono le attività strettamente legate alla stazione, come la biglietteria, gli uffici per il personale ed i servizi. Gli elementi forti sono le partizioni orizzontali, che generano e delimitano gli spazi ed i due lati corti sono aperti, per favorire l’attraversamento. Parallelamente all’andamento dei treni, sono stati disposti i gusci delle scale, che attraversano la stazione, lacerando l’involucro che ricopre l’edificio, così come i teli che ricoprono la struttura interna, lasciando intravedere solo una parte di questa, perche tutto si muove e si trasforma. Ciò che era visto come frattura o barriera, la ferrovia, che separava il quartiere di Lazzaretto dalla restante città, le aree trascurate e dismesse, come il parco, sono diventate dei veri e propri sistemi. In quanto tali questi elementi sono stati dotati, sia di autonomia gli uni rispetto agli altri, sia delle attrezzature necessarie a svolgere il ruolo di connessione tra le varie parti di città. Il parco, non più diviso dal tunnel carrabile, è diventato un elemento continuo. La ferrovia è protetta da fasce boscate ed è attraversata dalla rampa in qualità di infrastruttura abitata. Proseguendo verso il quartiere di Lazzaretto, la rampa diventa basamento e copertura di attività commerciali, spazi espositivi, luoghi di incontro per i cittadini ed i viaggiatori, come se fosse un’estensione della stazione stessa, come elemento fondamentale del processo di costruzione e di riqualificazione del paesaggio.


Radenkovic Snezana, Tesi di Laurea Da infrastruttura a cittĂ : Il centro per la cultura digitale a Bologna UniversitĂ degli Studi di Firenze, 2009 relatori prof. A. Capestro, prof. C. Zanirato


Centro per la cultura digitale

La linea ferroviaria Bologna-Verona rasenta l’area del Lazzaretto ad est e nei pressi dell’intersezione a raso con la via Zanardi, l’antica via delle Lame, sono previsti la realizzazione di una fermata per il servizio ferroviario locale, congiuntamente ad un parcheggio scambiatore. L’area identificata stretta tra la ferrovia e la bretella stradale, nei pressi della futura fermata, si propone ad ospitare una funzione urbana importante, per fare da ponte tra il nuovo comparto edilizio e la prima periferia della città,

seguendo la traccia di un percorso verde che si fa strada tra gli altri interstizi inedificati per collegarsi al Parco del Navile. Per favorire le relazioni tra le parti da connettere, il progetto propone un ribassamento del piano di vita del nuovo inserimento, quindi con una quota inferiore a quella stradale e ferroviaria, con uno scavo che si estende al parco. Una delle prerogative della città di Bologna risiede nel ruolo importante che si è ritagliata nelle nuove forme di espressione artistica, anche legate al

Radenkovic Snezana

mondo digitale (ArteFiera, DAMS, Cineteca Comunale). In quest’area potrebbe trovare adeguata sistemazione un Centro per la Cultura Digitale, capace di coagulare ed organizzare tutti gli eventi e le produzioni riferibili a queste discipline. Questa dovrebbe diventare un’istituzione riconosciuta come punto di riferimento prestigioso, con offerta di spazi attrezzati, per l’espressione e la ricerca.



Il segno compositivo principale della rampa inclinata che si fa copertura dell’edificio, culmina con un grande aggetto volumetrico che incornicia un mega-schermo, diventando la parte di facciata protagonista del Centro, dove proiettare in continuo i “contenuti” della struttura culturale. Con questo gesto scenografico s’intende sottrarre

Sezione Trasversale

Pianta del Livello Inferiore e Sezione Longitudinale

la mediateca dal ruolo passivo di contenitore, proiettandosi verso l’esterno in maniera non solo ideale. La Stazione di via Zanardi si colloca pertanto ad una quota inferiore a quella della ferrovia, per essere così ben accessibile da entrambi i lati del tracciato, dalla stessa via Zanardi, dal nuovo comparto, con

percorsi pedonali che coinvolgono direttamente il Centro di cultura Digitale. Buona parte dei parcheggi scambiatori e pertinenziali si collocano a loro volta di sotto di strutture e piastre di ambientazione. La Mediateca vuole essere vitale in ogni sua componente e, come un organismo vivente, la sua “pelle” è la parte più estesa ed attiva. Nell’edificio,

l’involucro esterno è costituito da lastre di alluminio preforate a geometria variabile, che lasciano trasparire la luce sia all’interno sia all’esterno, durante il ciclo giorno-notte. In corrispondenza degli spazi di proiezione di video i fori sono quasi assenti e saranno prevalenti invece dove ci sono attività amministrative.


Dal punto di vista architettonico, la tematica funzionale suggerisce d’interpretare il concetto di interattività “in-formando” le scelte compositive principali. La Mediateca intende interagire prima di tutto con il contesto urbano d’inserimento, configurandosi come il risultato di una scelta morfologica suggerita dal luogo, ossia una specie di svincolo stradale: si motiva così la forma avvolta ed avvolgente e la presenza di rampe di risalita, a più livelli, dal parco alla copertura, dall’esterno agli interni.


La luce del mondo esterno è ricondotta all’elemento base del pixel e così filtrata all’interno, proprio come le immagini proiettate sugli schermi: così, l’involucro dell’edificio si trasforma a sua volta in una sorta di schermo digitale. Con la stessa logica si “scompongono” le trame delle pavimentazioni della piazza, che ripropongono frammenti d’immagini “digitalizzate” che sfumano e contaminano pure le sistemazioni del verde. Pianta degli Ultimi Livelli



Ex-Staveco: un nuovo green-front per Bologna

Ex-Staveco: un nuovo green-front per Bologna Laboratorio di Sintesi Finale A.A. 2007/2008 La collina e la cittĂ : un incontro Martino Rocco Riabilitare la cittĂ : centro benessere Martina Botti e Antonella Valeriano

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Ex-Staveco: un nuovo green-front per Bologna Laboratorio di Sintesi Finale Università degli Studi di Firenze A.A. 2007/2008 titolari prof. A. Capestro, prof. C. Zanirato

L’area STAVECO si è strutturata nel tempo con successive edificazioni, andando a strutturare un tessuto ordinato di costruzioni intervallate da viali alberati, perpendicolari e paralleli alla collina, che ne rendono facile la percorribilità interna in continuità con il sistema verde. La stratificazione storica delle costruzioni che si sono succedute da quando è iniziato l’impegno militare dell’area, consta in più di due secoli di evoluzione. S’impone una necessaria riflessione sul valore di testimonianza storica, tipologica ed ambientale dei tanti edifici oggi esistenti nell’area: definire in pratica quali assoggettare al restauro o da ristrutturare e quali invece da demolire, perché di scarso valore o irrecuperabili per il degrado subito, in funzione dei progetti di recupero. La superficie utile esistente è di circa 40.971mq e dall’analisi condotta si è desunto che si potrebbero demolire al massimo poco più della metà di edifici, circa 23.442mq, per la maggior parte corrispondente allo stabilimento pirotecnico-veicolare militare, il più recente, e potere così insinuare maggiormente il verde.

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Le aree militari costituiscono una grande opportunità strategica di riqualificazione, offerta al territorio comunale che l’Amministrazione Comunale bolognese ha inteso cogliere per concretizzare una significativa crescita quantitativa e qualitativa del sistema dei servizi. Pertanto Bologna, di concerto con l’Agenzia del Demanio, ha inteso partecipare attivamente al processo di razionalizzazione, ottimizzazione e valorizzazione dei beni di proprietà dello Stato, in una visione organica di sviluppo del tessuto urbano, in coerenza con le strategie del PSC e con gli strumenti di programmazione economico-finanziaria, utilizzando quanto disposto dalla Legge n.296/2006. Esiste infatti la possibilità, attraverso un processo di riqualificazione-reinvenzione, che questi grandi aree e contenitori dismessi possano essere ripensati come spazi da restituire alla città. Sono ben 19 le aree militari e le Caserme distribuite su tutto il territorio comunale ad essere state oggetto di ridefinizione e valorizzazione, tra queste i due casi più rilevanti sono costituiti dall’area Ex-Staveco/Caser-

ma San Mamolo/Chiesa e Convento SS.Annunziata, posta a sud della città storica ed alle pendici della collina della quale può costituire la principale porta d’accesso, e le aree di Prati di Caprara est ed ovest, dove si andrà ad attestare una nuova importante stazione ferroviaria, a contatto con il nascituro quartiere del Lazzaretto. L’area Ex-Staveco è interamente compresa tra le Porte Castiglione e San Mamolo, misura circa 15 ettari, per circa metà edificati e risulta suddivisa in tre unità ben identificabili: il Convento della SS.Annunziata con relativa chiesa, di cui circa un terzo occupato da una caserma dei Carabinieri; l’ex Cavalleria; lo stabilimento STAVECO. L’area è una sorta di giardino proibito, stretto tra la città storica e la collina bolognese. Il recente PSC ha cercato di valorizzare il paesaggio e l’ambiente in tutte le sue forme, sforzandosi d’individuare nuovi accessi e nuovi percorsi per la “riscoperta” dei colli bolognesi. L’individuazione e l’apertura di nuove porte e di nuovi varchi nella zona pedecollinare cittadina, permetteranno molteplici e comodi accessi ad un pa-

trimonio tanto vicino e presente quanto sconosciuto ed inaccessibile ai suoi cittadini. I nuovi percorsi programmati li condurranno direttamente in un’“immensa terrazza verde” affacciata sulla città, con cui immaginare diverse attività all’aperto ed in contatto con la natura. Questo progetto si chiama “la città della collina” ed è uno dei sette scenari che compongono il PSC, ha lo scopo di fare riappropriare il grande patrimonio collinare al ruolo metropolitano. Con l’dea della “città della collina” si afferma una nuova identità per questa particolare situazione territoriale, rompendo il tabù degli usi residenziali e ricostruendo un sistema di connessioni e nodi in grado di diversificare e qualificare variamente l’accessibilità urbana e metropolitana. In questa strategia s’inquadra l’individuazione di luoghi da riprogettare come raccordi-parco con le aree densamente urbanizzate: delle “porte” in sostanza. Una di queste è senz’altro l’area STAVECO, che si propone come cerniera tra la città storica che lambisce e l’emergenza di San Michele in Bosco che la domina dall’alto.

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L’area ex-STAVECO appare come una cittadella a se stante accostata alla grande città, assorta nel suo silenzio, con tante architetture immerse nel verde, ben protetta per più di un secolo dalla sua destinazione militare, scavata nel pendio collinare. Una città della guerra che ha saputo mantenere preservato uno spazio di respiro dilatato nel denso tessuto urbano che gli sta di fronte. Un elemento che ha nella storia caratterizzato il territorio bolognese è stato il fitto sistema di relazioni visive, sapientemente create attraverso i traguardi di campanili e torri della città ed i conventi, posizionati come capisaldi sulle colline immediatamente vicine. Una attenta regia delle vedute, ancora tutto in essere, che ha il suo fuoco principale proprio in questo quadrante.


Una volta dismessa la funzione di importante polo produttivo bellico, l’ampia area pedecollinare si è via via progressivamente appartata dalla città: cintata, si è resa invisibile, si è fatta ignorare, dimenticare dai suoi cittadini, sottratta dagli stretti rapporti visivi un tempo instaurati. Solo il parziale uso recente a parcheggio pubblico ha sollevato questo velo d’indifferenza, prefigurando una grande riscoperta. Il senso di incomunicabilità tra la città e l’area, come avviene del resto per tutte le aree militari, si percepisce in maniera forte dalla chiusura fisica sui viali, con alte murazioni di recinzione e con un imponente edificio di barriera, a segnare un netto limite invalicabile e di separazione, non sola fisica. É quindi relativamente facile ristabilire i contatti tra le parti, semplicemente rimuovendo gli ostacoli, “guardandosi” di nuovo.

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Il parco urbano che si potrebbe realizzare, facendo leva sulle principali aree libere rimaste, soprattutto nei pressi della Cavalleria e suoi maneggi pertinenziali, dovrebbe misurare non meno di 25.000mq.

Con una attenta progettualità si dovrà restituire un grado di efficienza e funzionalità ad un luogo molto esteso quanto abbandonato, che introduca al mondo della collina, per farne una conquista davvero vissuta e valorizzata da tutti. L’area STAVECO rappresenta quindi un’opportunità unica per Bologna ed ha tutti i requisiti per trasformarsi in un luogo qualificante l’intera città metropolitana, quindi anche ben oltre i confini cittadini, assumendo una valenza territoriale. L’area, oltre ad essere lambita dai viali di circonvallazione cittadina sul fronte urbano, è anche interessata da due importanti radiali che escono dalla città e risalgono la collina, le vie Castiglione e San Mamolo, che si diparto-

no dalle omonime porte cittadine. Alle spalle, alle pendici della collina passa la via Codivilla, detta anche via Panoramica, di particolare valore vedutistico, nata come percorso panoramico: il punto panoramico di San Michele in Bosco fornisce infatti una veduta globale sulla città e la sua campagna, ieri come oggi. Il traffico intenso dei viali, unica importante via di accesso all’intera area, rappresenta anche una cesura fisica tra il centro storico e la collina e quindi un ostacolo alla sua piena fruizione pedonale. Il vuoto urbano che rappresenta l’insediamento dismesso della STAVECO si trova in posizione sia fragile sia strategica per il futuro sviluppo della città: assai appetibile per molte forme d’in-

La collocazione urbanistica analizzata presenta i seguenti punti di forza: vicinanza al centro storico, al sistema esteso del verde collinare, la presenza nelle vicinanze di poli di interesse importanti come le sedi universitarie ed il parco urbano dei giardini Margherita. I punti di criticità possono essere: la lontananza dalla viabilità principale extraurbana, nonché dalla stazione, la difficoltà di accesso e sosta veicolare. La messa a punto di un possibile masterplan progettuale ha proceduto con l’individuazione ed interrelazione di sistemi relazionali su cui fondarsi. Una volta individuati, si è cercato di fare confluire nell’area i molti aspetti della città, operando un vero e proprio intreccio fra sistemi, al fine di interrompere l’isolamento del comparto, per farne un grande catalizzatore, per diventare cerniera tra due grandi realtà caratterizzate: il sistema naturale ed il sistema urbano.


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La creazione di una rete di percorsi ciclopedonali può essere sostenuta dal parziale interramento del viale cittadino, ottenendo così un collegamento diretto a raso tra il centro storico, l’area e quindi la collina. Si recupererebbero in questo modo l’immagine ed il ruolo della prima passeggiata “extramoenia” cittadina, solo con un’inversione di direzione, per immaginare il riconquistato “sbocco a mare” della città. L’area da riprogettare dovrebbe anche essere “rinaturalizzata” e non già essere vista come un’estensione, un’appendice della città storica edificata, anche se ci sarebbero le condizioni architettoniche per farlo guardando in questa direzione. La praticabilità di questa ipotesi “metaforizzata” è stata affrontata cercando la congruenza con un realistico piano delle nuove funzioni da insediare.


sediamento (soprattutto residenziale) è anche indispensabile per qualsiasi politica di riappropriazione del verde collinare per i bolognesi. Una priorità progettuale che emerge per ogni ipotesi di recupero e trasformazione dell’area è senz’altro quella di rendere più diretto il collegamento tra città e collina, attraverso la ricostruzione di una serie di connessioni e nodi in grado di diversificare e qualificare il sistema di accessibilità. Questo “contatto” da progettare ha suggerito di prendere ad esempio le tematiche affrontate nella progettazione dei waterfront, trattandosi comunque di relazioni che si instaurano tra due diverse realtà confinanti, offrendo occasioni di riorganizzazione dello spazio urbano, traendo vantag-



La soluzione dei dislivelli ora esistenti alle pendici più meridionali, creata brutalmente con sbancamenti durante la vita militare dell’area, dev’essere rimarginata con la creazione di terrazze in grado di conferire forma e funzione al parco, con il recupero della sua continuità ambientale. Si possono così creare punti panoramici multipli, valorizzando al massimo la percezione crescente della città storica, per culminare con il belvedere di San Michele.

Il bosco che domina le alture, irregolare e spontaneo, scendendo dalle pendici collinari, può diventare più articolato e regolare, fino a organizzarsi in filari lineari e saldarsi all’anello alberato della circonvallazione cittadina. Così la collina scende in città, lambendola come un tempo. Allo stesso modo, il torrente Aposa avvicinandosi alla città si geometrizza progressivamente, si tramuta in vasche d’acqua, diventa disegno urbano per poi scomparire sotto la città. Il disegno del parco risente di questo incontroscontro tra la città ed il suo mare verde anche attraverso il colore delle coperture delle nuove edificazioni, che da inclinate si regolarizzano in terrazzamenti, così come il colore della vegetazione conserva nel contatto la coloritura bruna dei laterizi. In questo amalgama si concretizza il disegno di un paesaggio da proporre alla città.

gio dalla presenza dell’elemento naturale, uno specchio d’acqua come un mare di verde: il “greenfront”. Così come il “sistema naturale” lambisce la città consolidata, allo stesso modo la città volge il suo sguardo verso la collina, vedendo in questa il suo naturale completamento, come poche altre città hanno saputo preservare in tale mirabile dualismo. L’esaltazione del suo passato industriale, del suo forte impianto geometrico conventuale prima e militare poi, possono essere ulteriori fattori fondamentali su cui fare leva. Un po’ come nelle città portuali, l’industrializzazione ha portato su quest’area prima inedificata i suoi impianti produttivi (pirotecnici e militari), impedendo lo sviluppo residenziale, spazzando via l’incontro paesaggistico della città, con la costruzione di spazi segregati ed interclusi. Il rapporto con la collina è diventato così a distanza, oltre l’ingombrante ostacolo che ne ha interrotto il contatto diretto, con l’intromissione di uno spesso confine di separazione (un po’ come è avvenuto esattamente all’opposto nord della città con gli impianti ferroviari). E proprio come i porti commerciali hanno abbandonato di recente il contatto con la città storica che si è riappropriata di quelli affacci privilegiati e sottratti, così anche Bologna si può riappropriare di tale assenza, ritornando ad essere semplicemente un luogo di confronto e di passaggio. Il coinvolgimento dell’area nel sistema universitario, da sempre risorsa importante per la città, e del sistema ospedaliero, già insediato sull’altura più prossima (Ospedale Ortopedico Rizzoli), possono essere i punti di forza per la creazione di una nuova identità funzionale, imperniata sulla cultura ed il benessere fisico delle persone. Per migliorare l’accesso alla collina, ma anche per sostenere l’insediamen-

to di nuove funzioni, è indispensabile potenziare l’offerta dei parcheggi, dal momento che l’area rimane al momento esclusa dall’influenza dei mezzi di trasporto pubblico più capaci. Si possono pertanto ipotizzare un sistema di parcheggi sotterranei, organizzati almeno in tre distinti settori (quante sono le aree insediative principali), con adduzioni dai viali cittadini in punti distanziati, favorendo così anche l’avvicinamento della collina dalle varie provenienze con tali punti d’interscambio. Questo sistema di accessibilità e parcamento sarebbero di gran lunga favoriti dal parziale interramento del viale. La nuova architettura fa parte integrante di un parco, ne definisce il limite della città, genera un argine che organizza la visione della collina e la fruizione del parco stesso ne anticipa l’esplorazione. Il Masterplan configura quindi l’intervento di trasformazione e recupero dell’area alla stregua di un grande progetto paesaggistico, con gli edifici di nuovo inserimento che si dissimulano nel terreno del pendio e si insinuano tra gli edifici storici reinventati.

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Martino Rocco, Tesi di Laurea La collina e la cittĂ : un incontro a Bologna UniversitĂ degli Studi di Firenze, 2011 relatori prof. A. Capestro, prof. C. Zanirato


La collina e la città: un incontro

Tra i “flussi” che coinvolgono l’area viale XII Giugno conduce direttamente al centro storico della città: da piazza Cavour, diritto a Piazza dei Tribunali e poi con un andamento sinuoso giunge a Piazza di Porta Castiglione, ovvero a ridosso del grande edificio Staveco che si affaccia su Viale Panzacchi. Proprio questa costruzione, con la sua lunghezza imponente, vero e proprio muro, in aggiunta al traffico intenso dei viali, può sembrare tanto insuperabile da pensare che l’unico modo per rendere accessibile l’area sia “lanciarsi ol-

Martino Rocco

tre”. Da queste considerazione nasce l’idea di una strada (Viale XII Giugno) che si solleva da terra fino ad arrivare in maniera graduale alla quota della “barriera” e possa creare una fruizione dell’area delle caserme. La strada sopraelevata è un approccio progettuale che si potrebbe definire “archeologico”, in quanto valorizza le preesistenze: passa attraverso il nucleo centrale della ex STAVECO per poi continuare in direzione della collina e dissolversi. Infatti, dopo aver disegnato un portale, la “strada abitata” torna

a terra, fondendosi letteralmente con il paesaggio naturale circostante, creatosi dopo l’eliminazione di buona parte delle preesistenze che ivi si trovavano. Così come la città con forza si inserisce in un contesto naturale analogamente il verde della collina cerca di inserirsi all’interno della stessa città per articolare maggiormente il dialogo: sono queste le “infiltrazioni verdi” che vanno a compensare quelle edificate, delineando quindi una doppia insinuazione.


Il diagramma progettuale enuncia chiaramente i sui presupposti, per cui le connessioni tra città e collina avvengono con tre specifiche modalità: ridare evidenza al tracciato del Torrente Aposa; fare arrivare il verde delle pendici boscata fino alla barriera del viale; innestare un percorso “urbano” che dal viale alberato interno al centro storico porta direttamente le persone in quota ed anticipa le vedute panoramiche.

Il progetto si presenta come una soluzione flessibile a varie funzioni. Bologna, città universitaria, necessita di sempre più spazi e luoghi d’incontro: il progetto è pensato in funzione di un intreccio di varie realtà; da quella più accademica dei laboratori di ricerca in collina alla più quotidiana delle strade della città. Un’unione di cui l’interprete è il piano sospeso che collega Via XII Giugno alll’Orto Botanico, all’Auditorium ai piedi della collina. La parte iniziale del piano sospeso è quella che più di tutte cerca un legame forte con il contesto in cui è collocata: ciò è dato dalla estrema gradualità con cui dalla quota zero si arriva alla quota +6, indispensabile per permettere un completo attraversamento del viale senza rischi per la circolazione. All’interno del percorso abitato troviamo una serie di spazi multi uso per la realizzazione delle più svariate attività, non solo necessariamente universitarie. Inoltre, grandi aperture vetrate permettono punti di vista privilegiati verso San Michele in Bosco o verso le sottostanti coperture della Staveco o le emergenze del centro storico. Gli indirizzi funzionali all’interno dell’area sono molteplici. Nella seconda parte del percorso, un ambiente molto particolare frutto dell’intersezione con l’orto botanico posto al livello sottostante, in cui inserire le funzioni complementari a questo. La terza parte, che precede l’auditorium, enfatizza ancora di più la funzione di svago e relax, dal momento che sfruttando le pendenze del percorso si creano delle sedute a gradoni utilizzabili an-

che per piccole conferenze o incontri. Una maglia fitta di “infiltrazioni verdi” fa da sfondo a tutta l’area di progetto: è l’incontro della collina con la città. Un canale delinea un lato della piazza centrale: è l’espressione in superficie del percorso sotterraneo del torrente Aposa. Queste presenze sono il simbolo di una natura che pretende di essere la protagonista all’interno della vita e degli eventi. Un incontro tra città e collina dove il cemento coesiste con il prato, con il verde, con gli elementi naturali. Dove gli elementi trovano un equilibrio nel confronto e nella rottura di linguaggi classici e omogenei. L’idea è quella del movimento, del dinamismo di una città in continua trasformazione. Alla ricerca di una identità imprescindibilmente legata al primitivo, alla biodiversità, alla natura. Seguendo il percorso del percorso sospeso si ha la possibilità di entrare nell’Orto Botanico, ricavato tra le campate di un edificio dello stabilimento.

Sono quindi i tratti naturali a dettare anche le regole compositive del progetto. Il percorso rialzato che diventa edificio sospeso sulle preesistenze assume un andamento sinuoso, al pari del torrente e del viale interno da cui si genera. Le “infiltrazioni” del verde della collina all’interno di tutta l’area Staveco conformano una trama reticolare che mutua i tratti del tessuto urbano storico con cui entra in contatto, attivando un’inversione dei ruoli. La strutturazione del percorso abitato, una sorta di suolo artificiale che si eleva e diventa vero e proprio edificio, una macroarchitettura che si impone sul contesto dei capannoni in piena autonomia, geometrica ed espressiva, cerca di rimanere indipendente ed autosufficiente anche dal punto di vista costruttivo, limitando al massimo i punti visibili di appoggio a terra, diventando inevitabilmente struttura reticolare tridimensionale. L’ingegnerizzazione del nuovo edificio sovrapposto all’impianto industriale storico si traduce anche nella stessa immagine dell’architettura: le maglie triangolari del traliccio, che seguono l’irregolarità dello stesso, diventa anche il sostegno di una “pelle squamata”, dalla quale si ricavano pure gli affacci e le prese di luce interna, senza mai intaccare assolutamente il disegno complessivo, quasi privo di dettagli minuti. Il percorso urbano termina dissolvendosi nel pendio della collina e tra le linee del parco, con la copertura dell’auditorium che enfatizza questo “incontro”.


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Pianta del Livello Terra

Prospetto interno al complesso delle Caserme

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Il tetto dell’edificio industriale è stato “bucato” in alcuni punti, per permettere l’ingresso della luce e la coltivazione di piante da esterno, ottenendo chiostrine e serre. Si crea così anche una comunicazione diretta con il percorso sovrastante, di connessione non solo visiva.

Sezione interna al complesso delle Caserme

Sezione Longitudinale sull’auditorium Terminale


Pianta del Livello Superiore


Martina Botti e Antonella Valeriano, Tesi di Laurea “Riabilitare” la città Università degli Studi di Firenze, 2010 relatori prof. A. Capestro, prof. C. Zanirato


Riabilitare la città: centro benessere

Riabilitare la città afferma la pretesa di restituire un grado di efficienza e di funzionalità ad un luogo attraverso la ricostruzione di un sistema di connessioni e nodi in grado di diversificare e qualificare l’accessibilità urbana verso la collina. Riabilitare quindi soprattutto un rapporto territoriale perduto ma che coniuga anche con l’attività di riabilitazione motoria in senso stretto, per la vicinanza con l’Istituto Ortopedico Rizzoli. La presenza “strutturante” del parco nasce come mediazione morfo-ge-

Martina Botti Antonella Valeriano

netica tra la città e la collina, in cui natura ed architettura si guardano e si contaminano reciprocamente, creando un paesaggio ibrido. L’irregolarità del bosco, scendendo in città dai pendii si geometrizza, acquista regolarità fino a smaterializzarsi in filari, come sui viali cittadini. Anche la riscoperta del torrente Aposa subisce una “geometrizzazione” entrando in città, fino a tramutarsi in vasche d’acqua in cui si specchia l’architettura urbana. La “teoria delle placche”, più concettuale ed astratta, ha guidato l’organiz-

zazione principale degli spazi, costruiti e non. L’area disponibile per l’inserimento del Centro Benessere, sulla prima fascia del versante collinare, al centro di tutto il comparto, è stata trattata come una crosta terrestre e che presenta fenditure superficiali e spaccature profonde. La rivalorizzazione del Torrente Aposa, oltre ad imperniare il disegno del parco, struttura anche il percorso naturalistico di accesso al sistema collinare.


Gli spacchi della crosta ideale formano fratture e generano placche distinte, le quali iniziano ad assumere una propria autonomia, a muoversi planoaltometricamente, creando così un paesaggio “stratificato”, un luogo abitabile in una nuova topografia. Gli stessi intagli assecondano i bisogni organizzativi dei flussi che interessano l’area estesa, individuando percorsi di attraversamento nella direzione est-ovest (pedecollinare) e nord-sud (di pendio). Le coperture delle parti edificate e dei giardini pensili seguono pure loro il tema della contaminazione, col tramite dei colori: il bruno del laterizio si tramuta in rame e manti vegetali rossicci, poi finalmente verdi ed infine masse arbustive e boschi, perseguendo così quella continuità di paesaggio e forma insediativa enunciata. La presenza di questo Centro Servizi, specie con viste dall’alto e dalla retrostante collina, è senz’altro dissimulata nel disegno del parco.


La “tettonica” che si è ricreata offre una serie di terrazze belvedere sulla città e le pendici collinari, anticipando entrambi ed “avvicinandoli”. Tra queste, la via Codivilla si trasforma in strada-parco, attrezzandosi con spazi di sosta (due parcheggi coperti a valle, in coincidenza delle placche superiori), affacci vedutistici ed accesso a varie strutture pubbliche. Una “capillarizzazione” dei percorsi principali (due architettonici e due naturalistici) consente il pieno e facile accesso ad ogni parte del parco e delle strutture ivi insediate. Il parco è distinto in fasce tematizzate, a quote differenti, con l’alternanza di pendii e terrazzamenti, componendo uno spazio aperto e dilatato, di forte relazione visiva e sociale: il Centro Benessere Salutistico si colloca nella parte più alta e dominante.

Nel Centro di Riabilitazione la modellazione plastica è stata ispirata dal tema dell’Innesto, quindi una simbiosi tra natura ed artificio, conservando ad entrambe la propria identità. É l’edificio che più si impone nel paesaggio e nei confronti della città, proponendo un “prospetto urbano” che fronteggia le ex Scuderie: una grande vetrata che lascia ammirare per intero tutta la spazialità interna e da cui intravvedere i tetti della città storica. La copertura è spezzata in due piani, per sottolineare ed illuminare la hall dell’ingresso a tutta altezza. L’interno si organizza in tre blocchi funzionali distinti (raggruppano i box specialistici terapeutici), impiegando pareti verticali che si avvolgono a definire altrettante zone d’uso, scavate nel pavimento, citano chiaramente i “cret-

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ti”di Burri. Il tutto è dotato di un’unica altezza interna variabile, attraversata solo da un soppalco aperto sulla hall d’ingresso, per sdoppiare alcune attività. Il Centro Benessere si modella secondo il principio del “roofscapes”, come accentuazione delle risorse offerte dal tetto giardino, proteso verso la dimensione piena del paesaggio. Ne deriva un’architettura fatta di pochi segni, sostanzialmente ipogea, non priva per questo di complessità perchè riesce ad amplificarla, tramite la laconicità ed enigmaticità del gesto architettonico. L’edificio penetra nel ventre della collina e si smaterializza nel sottosuolo. Un lucernaio continuo fende per intero la copertura creando una spaccatura e forti chiaroscuri interni. Quattro aree tematiche interne corrispondono ai quattro elementi naturali: fuoco, terra, aria, acqua; ognuna di queste è racchiusa nel guscio di un “cretto” e si trova ad una quota differente, con le pavimentazioni inclinate che raccordano il tutto. Il tema delle fratture-placche acquista una particolare evidenza nel sistema costruito: un lungo ed ampio percorso inclinato suddivide le due parti del Centro. Al visitatore si trasmette la sensazione di entrare nel suolo, come attraverso un canyon, inizialmente stretto e poi si allarga a formare uno spazio di mediazione tra gli edifici. É soprattutto tramite questa “faglia” che si attinge luce naturale per gli spazi interni.

Proseguendo il suo percorso in quota, la strada pedonale confluisce nell’Aposa e si riempie d’acqua in un laghetto. L’incrocio dei due percorsi principali (ascendente-discendente, pedecollinare) genera tre “placche” abitate che ospitano tre funzioni diverse seppur fortemente relazionate tra loro: il Centro di Riabilitazione, il Centro Benessere vero e proprio, la Piscina. Un tema compositivo associato agli edifici è quello dello sprofondamento del terreno. I volumi architettonici si “crepano” si distaccano e scorrono l’uno rispetto all’altro, posizionandosi a quote diverse, sprofondano trovando una propria stabilità. La spinta verso il basso è generata anche dal peso stesso del terreno che rende plastica la superficie dell’intradosso, in alcuni tratti più timidamente, in altri in maniera assai scultorea e spettacolare, nascondendo la presenza imponente delle strutture necessarie per il sostegno delle coperture. Il tema della metamorfosi ha guidato il disegno della Piscina, con la quale si trasforma una cosa in un’altra, l’artifi-

ciale nel naturale e viceversa; è un processo prima di offuscamento e poi di estinzione dell’opposizione tra natura ed artificio, per cui si mescolano, si confondono e si attraversano. Il terreno si fa tetto, le linee del paesaggio si rincorrono in rampe, declivi e piani inclinati, diventano facciate; l’edificio si fa aggredire dalla natura e diventa parete rocciosa, si metamorfizza in natura. L’edificio è parzialmente interrato e fuoriesce dal suolo come elemento aggettante con la copertura fratturata in due parti. Una parete rocciosa sullo sfondo degli interni avvolge gli spalti e le sedute del pubblico; gli ambienti di servizio sono raccolti in “isole” chiuse, come delle masse rocciose scavate.


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Indice Introduzione

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Effetti indotti dall’Alta Velocità: via de’Carracci La cittadella: centro di ricerca integrato Simone Innocenti, Pasquale Leo, Vito Longo

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Centro ricerca medica oncologica Vito Longo

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Centro ricerca mobilità urbana Simone Innocenti

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Polo Tecnologico Integrato Leo Pasquale

45

Centro Musei Universitari Marco Benevelli e Morena Bertolani

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Nuova sede comunale Carlo Antonelli

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Movimenti del suono Monia Barzucchi

71

Albergo del viaggiatore Carla Capelli e Claudia Casadei

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Centro Mediatico Andrea Borghi

83

Centro Giovanile Simone Brusini

89

Trasformazioni in corso

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Centro Complementare Saverio Napoletano

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Opportunità e nuove infrastrutture: il Lazzaretto La stazione dei Prati Francesca Briozzo

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Centro per la cultura digitale Radenkovic Snezana

131

Ex-Staveco: un nuovo green-front per Bologna La collina e la città: un incontro Martino Rocco

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Riabilitare la città: centro benessere Martina Botti e Antonella Valeriano

157

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T dida tesi

Finito di stampare luglio 2016 DIDA | Dipartimento di Architettura UniversitĂ degli Studi di Firenze via della Mattonaia, 14 www.dida.unifi.it



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