Ustica...Stato disperso

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“L’Italia è un paese senza memoria e verità ed io per questo cerco di non dimenticare”

Per saperne di più vi segnaliamo il sito: http://www.stragi80.it/ Museo: http://www.museomemoriaustica.it/ Associazione Parenti delle Vittime della Strage di Ustica: http://www.stragediustica.info/

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Le vittime

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Ustica: perché? di Salvo Ognibene Gli anni 80 di Ustica di Diego Ottaviano Storia di un processo mai nato... di Valeria Grimaldi Mig libico: coincidenza o depistaggio? di Valeria Grimaldi I radar che "videro"

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Il rumore del silenzio di Francesca De Nisi Le morti sospette Secondo l’inchiesta del giudice Rosario Priore Testimonianza di Elisabetta Lachina Paolini racconta Ustica di Danilo Palmeri Ustica: il museo nato grazie alla determinazione dei familiari di Giulia Silvestri La redazione: redazione@diecieventicinque.it http://www.diecieventicinque.it/

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Le vittime L’elenco dei 77 passeggeri del volo Itavia IH-870 e dei quattro membri dell’equipaggio, tra parentesi la loro età:

Andres CINZIA (24), Andres LUIGI (32), Baiamonte FRANCESCO (55), Bonati PAOLO (16), Bonfietti ALBERTO (37), Bosco ALBERTO (41), Calderone MARIA VINCENZA (58), Cammarata GIUSEPPE (19), Campanini ARNALDO (45), Casdia ANTONIO (32), Cappellini ANTONELLA (57), Cerami GIOVANNI (34), Croce MARIA GRAZIA (40), D’Alfonso FRANCESCA (7), D’Alfonso SALVATORE (39), D’Alfonso SEBASTIANO (4), Davì MICHELE (45), De Cicco GIUSEPPE CALOGERO (28), De Dominicis ROSA (Allieva Assistente di volo Itavia) (21), De Lisi ELVIRA (37), Di Natale FRANCESCO (2), Diodato ANTONELLA (7), Diodato GIUSEPPE (1), Diodato VINCENZO (10), Filippi GIACOMO (47), Fontana ENZO (Copilota Itavia) (32), Fontana VITO (25), Fullone CARMELA (17), Fullone ROSARIO (49), Gallo VITO (25), Gatti DOMENICO (Comandante Pilota Itavia) (44), Gherardi GUELFO (59), Greco ANTONINO (23), Gruber BERTA (55), Guarano ANDREA (37), Guardì VINCENZO (26), Guerino GIACOMO (19), Guerra GRAZIELLA (27), Guzzo RITA (30), Lachina GIUSEPPE (58), La Rocca GAETANO (39), Licata PAOLO (71), Liotta Maria ROSARIA (24), Lupo FRANCESCA (17), Lupo GIOVANNA (32), Manitta GIUSEPPE (54), Marchese CLAUDIO (23), Marfisi DANIELA (10), Marfisi TIZIANA (5), Mazzel Rita GIOVANNA (37), Mazzel Erta Dora ERICA (48), Mignani MARIA ASSUNTA (30), Molteni ANNINO (59), Morici PAOLO (Assistente di volo Itavia) (39), Norrito GUGLIELMO (37), Ongari LORENZO (23), Papi PAOLA (39), Parisi ALESSANDRA (5), Parrinello CARLO (43), Parrinello FRANCESCA (49), Pelliccioni ANNA PAOLA (44), Pinocchio ANTONELLA (23), Pinocchio GIOVANNI (13), Prestileo GAETANO (36), Reina ANDREA (34), Reina GIULIA (51), Ronchini COSTANZO (34), Siracusa MARIANNA (61), Speciale MARIA ELENA (55), Superchi GIULIANA (11), Torres PIERANTONIO (32), Tripiciano GIULIA MARIA CONCETTA (45), Ugolini PIERPAOLO (33), Valentini DANIELA (29), Valenza GIUSEPPE (33), Venturi MASSIMO (31), Volanti MARCO (36), Volpe MARIA (48), Zanetti ALESSANDRO (18), Zanetti EMANUELE (39), Zanetti NICOLA (6). Da www.stragi80.it

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Ustica: perché? "Perché chi sapeva è stato zitto? Perché chi poteva scoprire non s'è mosso? Perché questa verità era così inconfessabile da richiedere il silenzio, l'omertà, l'occultamento delle prove? C'era la guerra quella notte del 27 giugno 1980. C'erano 69 adulti e 12 bambini che tornavano a casa, che andavano in vacanza, che leggevano il giornale, che giocavano con una bambola. Quelli che sapevano hanno deciso che i cittadini, la gente, noi, non dovevamo sapere: hanno manomesso le registrazioni, cancellato i tracciati radar, bruciato i registri; hanno inventato esercitazioni che non erano mai avvenute, intimidito i giudici, colpevolizzato i periti e poi hanno fatto la cosa più grave di tutte: hanno costretto i deboli a partecipare alla menzogna, trasformando l'onestà in viltà... Perché?” Scena finale del film "il Muro di Gomma" diretto da Marco Risi, dedicato alla strage di Ustica.

americano. Ipotesi, solo ipotesi. E una domanda che forse in questi 33 anni non ci siamo fatti. Ci siamo chiesti come andarono le cose nei cieli di Ustica senza chiederci il perché. Numerose indagini, decine di perizie, strani ritrovamenti, registri scomparsi, di Salvo Ognibene pagine dei rapporti radar strappati. I morti per la strage di Ustica sono quasi cento tra 27 giugno 1980, dopo due ore di ritardo il i passeggeri del DC9, i suicidi che si volo IH870 alle 20:08 decolla da impiccano prima di essere sentiti dal Bologna, destinazione Palermo. Un aereo giudice, gli incidenti stradali e aerei e le altre morti avvenute in circostanze poco che non giungerà mai nel capoluogo chiare e misteriose. Dubbi e misteri siciliano. avvolgono quella notte del 27 giugno Uno squarcio nel cielo ed 81 innocenti 1980. che affonderanno insieme al DC9 nel mare di Ustica. Un’andata senza ritorno. Di depistaggi la storia del nostro paese è piena ma su Ustica i pezzi mancanti sono Un disastro mai chiarito. Bologna e Palermo, due città unite dal tanti, troppi. destino di quell’aereo ed una verità che In Italia ci sono state tredici stragi, escluse ancora oggi manca. quelle di mafia. In tutte non si è arrivati Una storia tutta italiana questa, una storia ai mandanti, in tutte abbiamo avuto i servizi segreti che hanno cercato di fatta di servizi segreti di tutto il mondo, depistare. alti ufficiali, politici, morti improvvise. Una sola volta, per via giudiziaria, si è Un aereo “disperso” e troppi punti avuta la condanna dei mandanti: nel caso interrogativi, domande a cui mancano, della strage di Bologna. Ma anche lì la ancora oggi, dopo trentatre anni, delle verità è un miraggio. risposte. Le prime voci nei giorni successivi al L’Italia è un paese con la fobia della disastro parlavano del DC9 come verità ma Ustica, forse, rappresenta un abbattuto da un missile francese o quadro fuori posto nella stanza dei misteri.

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“L’incidente è occorso a seguito di azione militare di intercettamento, il DC9 è stato abbattuto, è stata spezzata la vita a 81 cittadini innocenti con un’azione, che è stata propriamente un atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata, operazione di polizia internazionale coperta contro il nostro Paese, di cui sono stati violati i confini e i diritti. Nessuno ha dato la minima spiegazione di quanto è avvenuto” scrive nell’ordinanza-sentenza il giudice istruttore Rosario Priore. Uno scenario militare che è stato sempre negato da tutti, nonostante il documento Nato del ’97 abbia certificato che quella sera in volo c’erano 21 aerei militari, di cui 5 sconosciuti, e gli altri americani e inglesi. La Nato parla anche di “tracce radar” di una portaerei nel Mediterraneo. Nelle scorse settimane un ex pilota Alitalia (all’epoca Ati) aveva raccontato ai magistrati di aver visto "Una flottiglia di navi con una portaerei e almeno altre tre-quattro navi”, tutto confermato poi anche da un ex hostess Itavia “vedemmo quella nave circondata da altre, il giorno prima della sciagura”. La Saratoga a stelle e strisce, secondo il Pentagono, è rimasta ormeggiata a Napoli ed anche i francesi, hanno sempre negato che le loro portaerei fossero nella zona


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dove si è inabissato l’I-Tigi. In entrambi i casi però ci sono delle stranezze nei diari di bordo inerenti alla data del 21 giugno 1980. Sulla vergogna di Stato che è Ustica, la magistratura italiana, ha prodotto enormi sforzi: 4.000 testimoni, diverse rogatorie (che hanno evidenziato una mancata collaborazione internazionale) e quasi trecento udienze processuali. L’unica tesi accertata, tra quelle sulle quali hanno indagato gli inquirenti, è che il DC-9 è stato abbattuto da un missile sparato da un aereo militare. La prima verità su Ustica dopo il niente di fatto dei processi penali è stata decretata dalla Cassazione lo scorso gennaio: è “abbondantemente e congruamente motivata la tesi del missile”. Lo Stato ha anche condannato se stesso a risarcire i familiari delle vittime per non aver garantito, con sufficienti controlli dei radar civili e militari, la sicurezza dei cieli. Con buona pace di Giovanardi e dei sostenitori della teoria della bomba a bordo del DC9. Ma se si è arrivati ad una prima verità è innegabile che i buchi da riempire sono ancora tanto grandi quanto lo è il mare che circonda l’isola di Ustica. I Ministeri della Difesa e dei Trasporti sono stati condannati perché "non garantirono la sicurezza del volo e depistarono l'accertamento dei fatti", si macchiarono di “omissioni e negligenze”. La presenza di altri aerei nei cieli quella sera è data per certa, quanti e quali impossibile saperlo. Alle 20:58 prima che sparisse il segnale, in una conversazione tra due operatori radar a Marsala si sente: “... Sta' a vedere che quello mette la freccia e sorpassa!” Nel 1988 durante la trasmissione televisiva “Telefono giallo”, un anonimo chiama in diretta e si qualifica come

aviere in servizio al radar di Marsala. L’uomo afferma di aver esaminato le tracce radar e che “ci avevano ordinato di stare zitti”. Paolo Borsellino, aprirà un’inchiesta e durante gli interrogatori, tutti i militari in servizio a Marsala la sera del disastro, eccetto uno, riferiscono di non aver visto al radar ciò che avvenne nei cieli di Ustica. Il muro di gomma si rompe con le dichiarazioni del maresciallo Luciano Carico: “mi soffermai su due aerei che scendevano perpendicolarmente verso Punta Raisi, ad un certo punto uno dei due venne a mancare”. Il DC9 è stato abbattuto all’interno di un episodio di una guerra aerea, da un missile. Questa è l’unica verità. Forse un giorno sapremo se quel missile era americano, francese o addirittura italiano. Cos’è successo realmente? Comporre questo puzzle è difficile: il Presidente del Consiglio dell’epoca, Cossiga, nel 2007 (dopo 27 anni! ) sostenne la tesi del “missile francese” destinato ad abbattere l'aereo su cui si sarebbe trovato Gheddafi che “si salvò perchè il Sismi, appresa l’informazione, lo informò quando lui era appena decollato e decise di tornare indietro”. Misteri su misteri ed il Mig libico ritrovato in Calabria il 18 luglio successivo non fa altro che aumentare i sospetti, oltre alle innumerevoli incongruenze registrate nella vicenda dopo il ritrovamento. L’autopsia sul corpo dell’aviatore rileverà che si trattava di un cadavere in stato di decomposizione avanzato da circa venti giorni, tanti quanti ne erano passati dal disastro aereo. Il medico cambierà improvvisamente idea e l’inchiesta sull’aereo ritrovato verrà chiusa in fretta e furia circa dieci giorni dopo il ritrovamento. Il 2 luglio 1980 il Consolato libico a

Palermo pubblica un particolare necrologio e gli interventi e le dichiarazioni di Gheddafi si susseguiranno sostenendo che gli Usa, nel tentativo di abbattere il suo aereo, avrebbero preso un tragico abbaglio colpendo l’aereo italiano e uno libico. Perché le operazioni di recupero iniziarono con 7 anni di ritardo? La ditta francese, Ifremer, che concluderà le operazioni di recupero dopo un anno, verrà accusata di essere legata ai servizi segreti d’Oltralpe. Tra i vari resti verranno trovati anche cose che non appartenevano al DC9, 2 salvagenti ed una sonda metereologica. Un serbatoio supplementare di un aereo militare venne trovato, nel 1992, durante la seconda operazione di recupero (5 anni dopo la prima) da parte di una ditta inglese. Perché la sera del disastro a tutti gli aerei militari che si muovevano nello spazio percorso dal DC9, fu impartito l’ordine di spegnere il transponder che avrebbe consentito la loro identificazione? Perché sostenere con forza (soprattutto da parte dell’Aeronautica militare) l’illogica ipotesi alternativa della presenza di una bomba a bordo? Queste e tante altre domande ancora oggi aspettano risposta, a trentatré anni di distanza. Ad oggi ci resta solo una piccola verità, il dolore e il ricordo. Non solo il 27 giugno di ogni anno, ma ogni giorno: un ricordo tangibile, che, per chi, come me, nel 1980 non esisteva, è possibile vivere e affrontare nella città in cui DIECI e VENTICINQUE è nato, Bologna, grazie al Museo per la memoria di Ustica, allestito nel 2007. Un museo che consente a chiunque di mantenere vivo il ricordo, e trasformarlo in impegno: per un paese più giusto, senza più segreti.

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Gli anni 80 di Ustica 20:08, quando il volo DC9 della compagnia Itavia, matricola I-TIGI, nominativo radio IH-870 lascia finalmente Bologna, direzione scalo Punta Raisi, Palermo, Sicilia, orario previsto alle ore 21:13. E’ il 27 Giugno del 1980, ore 20:59. Il di Diego Ottaviano volo DC9 con i suoi 77 passeggeri, di nazionalità italiana, ed i 4 membri E’ il 1980. Il Presidente democristiano dell’equipaggio, scompare. Scompare dai della Regione Sicilia, Mattarella, è ucciso radar, sul mar Tirreno, a nord di una dalla mafia. Nella ex-Jugoslavia il piccola isola, dove un certo Antonio dittatore Josi Broz, ai più Tito, muore Gramsci fu già confinato, e che oggi è all’età di 88 anni, mentre, il mondo apre conosciuta per la ‘Strage di Ustica’. Da le porte a PacMan e al secondo episodio Martina Franca parte il primo Comando Star Wars. Questo è un anno particolare, del soccorso aereo. Le ricerche sono in cui il calcio italiano conosce la dura difficili. E’ notte e la visibilità è minima. realtà delle scommesse illegali. Il 1980 è E’ infatti solo alle ore 11:00 del mattino un anno po’ così, di fatti, di relazioni seguente che arrivano importanti internazionali, di focolai e di guerre avvistamenti, tra i quali 39 corpi. fredde, di servizi segreti. Il 1980 è un Una telefonata anonima raggiunge il anno che l’Italia non può dimenticare. Corriere della Sera fa inizialmente E’ il 27 Giugno. Siamo all’aeroporto G. pensare ad un attacco terroristico di Marconi di Bologna. L’estate è da poco matrice nostrana, fascista. Uno di quegli iniziata. La temperatura è piacevole, il attacchi, freddi, duri, di ‘piombo’. Sono i cielo è chiaro ed abitato da qualche NAR a rivendicare l’accaduto: “Siamo nuvola estiva. Un temporale è appena stati noi, è stata una bomba. Il nostro passato. All’aeroporto c’è di tutto, gente obiettivo era Marco Affatigato, un in viaggio per lavoro, chi per piacere, terrorista, un latitante, un uomo del magari una vacanza. All’aeroporto Sismi”. La rivendicazione è subito Marconi ci sono anche 77 passeggeri che smentita. Si tratta di un depistaggio, ma aspettano. Aspettano di esser imbarcati su depistaggio da cosa? un aereo, uno dei tanti. L’attesa è lunga, di Le prime ipotesi non tardano. Si parla di due ore. Un ritardo che finisce alle ore cedimento strutturale dell’aereo, forse di

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un’ala, di uno dei portelloni, di uno dei motori. Altri credono in un’anomalia nei valori di pressurizzazione, come capitava agli aerei COMET negli anni 50’. C’è chi sostiene la collisione in volo e chi la bomba nella toilette dell’aereo. Ma tra le molte ipotesi, nessuna convince e trova conferme. Mancano gli indizi, e la compagnia romana Itavia è accusata di far volare aerei in pessime condizioni. Salvatore Formica, già membro di rilievo dell’allora Partito Socialista Italiano e a capo del Ministero dei Trasporti del secondo Governo Cossiga, nomina una Commissione Straordinaria d’inchiesta, alla cui guida è chiamato l’allora direttore dell’Aeroporto di Alghero, oggi presidente della Sogeal (Società di Gestione Aeroporto di Alghero), Marco Luzzati. Saverio Rana è invece un uomo che lavora per lo Stato. Lui, generale, lavora in ciò che è oggi un ente pubblico poco conosciuto. Un ente come tanti altri, fatto di carte e controlli, di numeri ed elenchi. Il generale Rana è il presidente del Registro dell’Aeronautica Italiana ed è un uomo chiave, quello che consegnerà il tracciato radar da cui tempo dopo emergerà uno scenario surrealista: il DC9 è stato colpito da un missile. Passano pochi giorni ed il mistero sulla ‘scomparsa’ del DC9 s’infittisce. E’ il 3 Luglio 1980. La Procura di Palermo apre


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un'inchiesta a cui capo vi è il Pubblico Ministero Giorgio Santacroce, oggi Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione. Il giornale ‘L’ora’ del direttore Nicola Cattedra, pubblica uno strano necrologio del Consolato Libico di Palermo. Un necrologio, a favore delle vittime di Ustica, che per qualche tempo rimane inosservato “Il Consolato Generale della Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista partecipa sinceramente al dolore che ha colpito i familiari delle vittime (...)”. Il perchè di quell’epigrafe, trova battute e pensieri che si intensificano nella tarda mattinata del 18 Luglio 1980. Castelsilano, Calabria. Resti di un MiG 23 libico sono ritrovati dal Corpo Forestale e dai Carabinieri. Tra i rottami dell’aereo anche il corpo del pilota, che l’autopsia dichiarerà in fase avanzata di decomposizione da circa una ventina di giorni. Le ipotesi porteranno ad una violazione dello spazio aereo nazionale italiano e proprio durante esercitazioni NATO. L’addestramento aereo è il “Natinad - Demon Jam V” che si estende nell’area del 3° ROC di Martina Franca e prevedeva l’impiego di velivoli, volti a simulare operazioni di penetrazione del territorio italiano. E’ il Novembre 1980 e il caso Ustica è lontano dalla verità. John Macidull, esperto del National Transportation Safety Board americano, dichiara che il tracciato del radar di Ciampino mostra chiaramente la presenza di un altro velivolo oltre al DC9. Non un velivolo qualunque, ma di tipo militare che compie una classica manovra d’attacco. Per l’esperto americano, il DC9 è colpito da un missile. Maggio 1981. La compagnia aerea Itavia ha dichiarato lo stato di insolvenza. L’Europa, allora CEE, ha già dato il benvenuto alla Grecia, l’America da il benvenuto al nuovo presidente Ronald Regan e a casa Gelli, gli allora giudici istruttori Colombo e Turone scoprono le liste della Loggia P2. Il processo Ustica quando perde uno dei suoi testimoni chiave: Maurizio Gari. Un uomo giovane, di soli 32 anni, stroncato a Grossetto da un infarto. Un uomo che forse sapeva. Un uomo che la sera del 27 Giugno del 1980 è in servizio presso la sala operativa del centro radar di Poggio Ballone, uno dei quattro centri radar posti anche a controllo della zona tirrenica. Un uomo la cui morte è oggi elencata tra quelle sospette legate al caso di Ustica, che per il ministro della Difesa Giovanni Spadolini dipese dalla defragrazione di un ordigno esplosivo T4 che si trovava

sull’aereo. E’ ormai il 1984 e per il giudice Santacroce, il caso Ustica è ufficialmente ‘una strage aviatoria’, che nel 1986 si arricchirà dei resti del DC9, sin ad allora rimasto un relitto ad oltre 3700 metri di profondità nel mar Tirreno. Sarà l’allora sotto segretario alla Presidenza del Consiglio Giugliano Amato ad annunciare in Parlamento l’intenzione di recupero dell’aereo. Un’operazione complicata. Un appalto costoso, di circa 10 miliardi di Lire, che il 28 Aprile 1987 é affidato alla ditta francese Ifremer, in seguito accusata di collaborazioni con la Direction Générale de la Sécurité Extérieure, i servizi segreti d’oltralpe. Ma il 1987 non è solo l’anno del recupero del relitto del DC9. Il 1987 è anche l’anno di un’altra morte sospetta. Una morte che scuote, strana, forse legata a presunte dichiarazioni. Dichiarazioni scottanti, difficili, di un intrigo internazionale che chiama di nuovo in causa la Libia e Muammar Gheddafi. Queste sono dichiarazioni che accusano, che costano oro e che possono esser pagate con la vita. Questa è la strana morte del maresciallo dell’Aeronautica Mario Alberto Dettori, che la notte del 27 Giugno 1980 è in servizio presso la sala radar di Poggio Ballone e che il 31 marzo è trovato impiccato sul greto del fiume Ombrone, nei pressi di Grosseto. I misteri aumentano e s’intrecciano, proprio quando la ditta francese Ifremer dichiara finite le operazioni di recupero del DC9. Maggio 1988, studi televisivi RAI. Corrado Augias conduce uno speciale sulla strage di Ustica all’interno del programma ‘Telefono Giallo’. La trasmissione è nel pieno svolgimento quando una chiamata anonima raggiunge lo studio: “... Io ero un Aviere in servizio a Marsala la sera dell’evento della sciagura del DC9, gli elementi che comunico sono molto pesanti, ad ogni modo noi abbiamo esaminato le tracce, i dieci minuti di trasmissione di cui parlate, le registrazioni che non sono stati visti nell’interno perchè noi li abbiamo visti

perfettamente, soltanto che il Maresciallo responsabile del servizio ci disse praticamente di farci gli affari nostri e di non avere più seguito in quella questione, dopo dieci anni rivedendo la trasmissione ho avuto questo fatto emotivo interiore di dover dire la verità, anonimamente perché cado nel nulla, la verità è questa, ci fu ordinato di stare zitti...”. Sarà il procuratore di Marsala, Paolo Borsellino ad aprire un inchiesta in merito, inchiesta che porterà all’identificazione di tutti i militari in servizio a Marsala la sera del 27 Giugno. Tra questi è presente Luciano Carico l’ufficiale che penetrerà il così denominato ‘Muro di Gomma’. Luciano Carico è l’uomo che affermò la presenza di un secondo velivolo nei cieli insieme al DC9. E’ il 28 Agosto 1988 e altre due pedine chiave del processo Ustica perdono la vita. Sono i tenenti colonnello Mario Naldini e Ivo Naturelli, morti durante uno spettacolo acrobatico della Nato a Ramstein, in Germania. Un incidente strano, farraginoso che vede protagonisti i due ufficiali che la notte del 27 Giugno 1980, sono in volo su di un TF-104, un intercettatore decollato da Grosseto. Due avieri per la Procura a conoscenza di fatti e situazioni importanti. Maggio del 1989. La commissione governativa d’indagine, nominata nel Novembre del 1988 dal Presidente del Consiglio, Ciriaco De Mita, giunge alla conclusione che ad abbattere il DC9 potrebbe esser stato un missile. Qualche settimana dopo le prime condanne per falsa testimonianza e favoreggiamento, sono emesse dal giudice Bucarelli ed il pm Santacroce. Il caso Ustica è ancora avvolto nel mistero. Gli anni 80’ sono ormai conclusi. La Germania si accinge ad abbattere il muro di Berlino, la guerra fredda è giunta al termine, ed il dittatore Ghedaffi scrive al Capo di Stato Francesco Cossiga definendo il caso Ustica un delitto ed una tragedia in cui hanno perso la vita 81 civili italiani.

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bomba a bordo? Il collegio si ritroverà sempre spaccato a metà, fino alla fine dei lavori della Commissione. In ogni caso, nelle sue conclusioni, il presidente Gualtieri ribadisce le profonde responsabilità e connivenze degli apparati militari coinvolti nella vicenda: "I vertici dell'Areonautica hanno sempre saputo che l'inchiesta giudiziaria su Tutto è cominciato quella sera del 27 Ustica è rimasta aperta dal giorno della giugno 1980. sciagura ad oggi, e che pertanto Nell'etere immenso che sovrasta il mar permaneva il dovere di preservare tutti gli Tirreno: lì sono stato concepito. elementi di prova e di documentazione, Un bagliore e poi un tuffo in mare. Un liquido amniotico che mi accoglie: freddo, dovunque essi fossero depositati, a disposizione di tutte le eventuali esigenze salato. Non ha niente a che fare con la del magistrato. vita, anzi puzza di morte. Mi chiamo "Procedimento penale n. 527/84"...e sono un processo mai nato. Una sentenza-ordinanza di più di cinquemila pagine. Carta, inchiostro, cartelle: le mie braccia, le mie ossa, la mia pelle. Sono tutto questo, esisto...ma non sono nato.

La massiccia distruzione di prove di ogni tipo, giustificata con il fatto che regolamenti interni, passato un certo lasso di tempo, la prevedevano come normale consuetutine burocratica, ha costituito da parte dell'Areonautica un comportamento inammissibile, al limite della censura penale". Numerose spaccature anche tra periti, dicevamo. Il collegio internazionale Misiti, seguendo rigorosamente gli schemi raccomandati dalla International Civil Aviation Organization, supportano la tesi della bomba a bordo, esplosa all'interno della toilette posteriore.

Storia di un processo mai nato...

di Valeria Grimaldi Tutte le 81 persone, io le ho viste, me le porto dentro: 81 persone che fra l'etere immenso e l'acqua del mare, hanno perso la loro vita. Proprio lì, dove io sono stato concepito. Una gestazione lunga vent'anni. Interrogatori, perizie, sopralluoghi, commissioni. Vent'anni di dolore, menzogne, urla soffocate, verità mancate. Un muro di gomma sul quale tutto rimbalza e torna indietro, senza lasciar traccia, come se non fosse mai esistito. Il giudice Rosario Priore, negli ultimi dieci anni di attività istruttoria (prima compiuta dal giudice Vittorio Bucarelli), mi ha costruito pezzo dopo pezzo. Secondo Priore, le cause più probabili del disastro di quella sera sono da ricercarsi nell'onda d'urto di un missile o di una quasi collisione con un altro velivolo militare che sfiora il DC-9 Itavia. Molte furono le tesi portate avanti sul disastro: un cedimento strutturale, una bomba a bordo, una collisione, un missile. Da periti di parte a politici, letteralmente divisi, ognuno con una propria verità. Il 29 giugno 1989 la Commissione Stragi presieduta dal senatore Libero Gualtieri apre il fascicolo su Ustica. In particolare al collegio Blasi viene chiesto di rispondere al quesito essenziale: missile, o

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"secondo l'analisi compiuta i dati registrati rendono plausibile l'ipotesi di un velivolo nascosto nella scia del DC-9" La principale novità di questa perizia radaristica è una: la sera del disastro è stato impartito l'ordine, a tutti gli aerei militari che si muovevano nello spazio percorso dal DC-9, di spegnere i transponder che consente la loro identificazione. Secondo Priore dunque, quella sera, il DC-9 si è trovato coinvolto all'interno di "un'azione militare di intercettamento" innescata nei confronti di un aereo nascosto sotto la pancia dell'aereo civile italiano. In volo aerei americani, francesci, inglesi, libici e italiani. Io, mai nato, ho un fratello che invece ha visto la luce in un aula di tribunale. Su Ustica si è svolto un processo sui possibili depistaggi compiuti dall'Areonautica militare per i comportamenti successivi al disastro. Falso ideologico, abuso d'ufficio, falsa testimonianza, favoreggiamento, falso, dispersione di documenti. E alto tradimenti, per aver impedito, tramite comunicazioni errate, lo svolgimento delle indagini. Imputati i generali Bartolucci, Ferri, Melillo e Tascio. Il processo iniziò il 18 settembre 2000, e si concluse in Cassazione il 10 gennaio 2007: in primo grado assolti per alto tradimento Melillo e Tascio "per non aver commesso il fatto", mentre Bartolucci e Ferri sono ritenuti colpevoli, ma il reato è ormai caduto in prescrizione. Parti civili e imputati non sono soddisfatti e ricorrono all'appello, con decisione poi ripresa in

Cassazione, dove vengono confermate le assoluzioni, salvo il cambio di formula perché "il fatto contestato non è più previsto dalla legge come reato" (l'alto tradimento viene modificato con decreto riguardante i reati d'opinione). Ma responsabilità dell'Areonautica ce ne sono. Sono state rilevate all'interno della Commissione Stragi, rilevate dalle indagini, rilevate anche dall'ultimo procedimento, questa volta in sede civile, che ha visto una condanna nei confronti dello Stato. Il 28 gennaio 2013 la Corte di Cassazione conferma la condanna del tribunale civile di Palermo nei confronti dei ministeri italiani della Difesa e dei Trasporti ad un risarcimento dei danni ai familiari delle 81 vittime della strage. Motivo: non aver fatto abbastanza per prevenire la tragedia.

despistaggi da parte dell'Areonautica per omissione e mancata collaborazione nel fornire documenti e prove per le indagini, costituendo un favoreggiamento in favore degli autori della strage. "L'incidente al DC9 è occorso a seguito di azione militare di intercettamento, il DC9 è stato abbattuto, è stata spezzata la vita a 81 cittadini innocenti con un'azione, che è stata propriamente atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata, operazione di polizia internazionale coperta contro il nostro Paese, di cui sono stati violati i confini e i diritti.” Queste le ultime parole scolpite su di me dal giudice Rosario Priore. Il processo mai nato. Un'azione di guerra, 81 vite spezzate: volti che io conservo, che io ricordo. I volti dei responsabili, invece, rimangono ignoti. foto tratta dal sito www.stragi80.it

Nessuna traccia di altri velivoli, nessuna traccia di missili: l'I-Tigi, quella notte, era solo nel cielo. Ma all'interno dello stesso collegio, i professori Casarosa ed Held ipotizzano invece l'idea della quasi collisione, accolta dai magistrati che respingono quella ufficiale dell'intero collegio Misiti, apparsa nella sua quasi totalità, piena di contraddizioni immotivate. Arriva la perizia dei consulenti di parte Itavia, Di Stefano e Cinti: essi sostengono che l'aereo è stato abbattuto da corpi inerti di due missili che, proseguendo nella loro corsa avrebbero oltrepassato la parte anteriore della fusoliera dell'aereo causandone la caduta. Ma le conferme sulla tesi finale del giudice Priore provengono dalla perizia radaristica effettuata dagli esperti Dalle Mese, Tiberio e Donali:

"Tutti gli elementi considerati consentono di ritenere provato che l'incidente occorso al Dc9 si sia verificato a causa di un intercettamento realizzato da parte di due caccia, che nella parte finale della rotta del Dc9 viaggiavano parallelamente ad esso, di un velivolo militare precedentemente nascostosi nella scia del Dc9 al fine di non essere rilevato dai radar, quale diretta conseguenza dell'esplosione di un missile lanciato dagli aerei inseguitori contro l'aereo nascosto oppure di una quasi collisione verificatasi tra l'aereo nascosto ed il Dc9" Il giudizio civile fornisce dunque una sua visione dei fatti: conferma la tesi di Priore su un velivolo nascosto in prossimità del DC-9 per non essere rilevato dai radar; conferma come più probabili ipotesi quella del missile o della quasi collisione con un altro velivolo; conferma avvenuti

Mamma Italia fa fatica a darmi alla luce, ha sempre fatto fatica: ci sono tanti embrioni di verità custoditi nel suo grembo, che graffiano e scalciano per uscire. Il tunnel verso la luce sembra sempre troppo buio e infinito, e quando uno di noi tenta con tutte le sue forze di uscire fuori, c'è sempre qualche mano che ci ricaccia dentro con violenza e connivenza. Mamma Italia non ha il coraggio di dare uno schiaffo per la verità, per sentire i miei vagiti, di far crescere un figlio che a pieni polmoni può respirare aria pulita di giustizia. Come sostiene l'Associazione dei familiari delle vittime: "la verità è un prezzo che vogliamo pagare". Il prezzo è alto, ma qualcuno lo vuole. Perché la verità esiste, ed è dentro di me. Anche se non sono mai nato.

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Mig libico: coincidenza o depistaggio? datata a cinque giorni prima, viene poi modificata con una memoria aggiuntiva dagli stessi medici legali, che la fanno risalire a una quindicina di giorni prima, proprio intorno alla data del 27 giugno. di Valeria Grimaldi

La memoria scompare, insieme alle uniche foto che provano il reale stato del cadavere del pilota.

La mattina del 18 luglio 1980 a Il relitto del Mig 23 Libico non sarà mai Castelsilano, in provincia di Crotone, viene avvistato da più testimoni oculari la sottoposto a sequestro, e già il 26 di luglio il caduta di un aereo: un Mig 23 Libico. pm richiede Molte sono le coincidenze rilevate con la l'archiviazione del tragedia del 27 giugno 1980: contatti con caso. la CIA e l'Areonautica, testimonianza di Le carte ufficiali ex soldati di leva, una commissione addurranno come italo-libica non del tutto convincente sui motivi per cui un Mig-23 libico si trovava motivazione dell'accaduto a un nei nostri cieli. malore del pilota, uno stato emotivo alterato o Una fra tutte è quella che collega Castelsilano a Ustica: la perizia effettuata l'esaurimento del sul corpo del pilota, in un primo momento combustibile.

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Ma Rosario Priore, nella sua istruttoria sulla caduta del Mig Libico, scrive che avvenne "in un tempo tale da consentire il rinvenimento del relitto, il contatto Tascio-Clarridge, la preparazione e l'esecuzione della missione CIA. L'evento dunque non si verificò assolutamente quel 18 luglio, ma in data di gran lunga precedente se non coincidente con la data di caduta del DC-9 Itavia".


I radar che "videro" RADAR DI MARSALA I tracciati segnalano la presenza di uno o due velivoli, oltre a quella del volo IH870, echi che per alcuni periti sono evidenti errori del radar. Per gli esperti incaricati dai familiari, rappresentano l’evidenza della presenza di altri velivoli in quello spazio aereo. I registri del 35° Gruppo Radar dell’Aeronautica Militare di Marsala (TP) sono stati strappati proprio il giorno dell’incidente e il sottufficiale in servizio durante quel turno risponde che non sa cosa dire di quella mancanza. RADAR DI LICOLA Il registro del 22° Gruppo Radar dell’Aeronautica Militare di Licola (NA) è sparito misteriosamente. I tracciati radar non venivano registrati e il registro era l’unica prova a disposizione. RADAR DI GROSSETO Il registro del 21° Gruppo Radar dell’Aeronautica Militare di Poggio Ballone (GR) riporta una piccola descrizione delle tracce, mentre i nastri con le registrazioni sono spariti. Quanto trascritto dai militari fa riferimento a due aerei supersonici sulla rotta dell’Itavia e a due caccia in volo di intercettazione dalla Corsica. RADAR DI CIAMPINO Le tracce del 22° Gruppo Radar dell’Aeronautica Militare di Ciampino (RM) riportano una manovra di avvicinamento da parte di alcuni velivoli al volo Itavia. RADAR FIUMICINO Le tracce dell’Aeroporto di Fiumicino (RM) seguono il volo fino alla scomparsa, registrando l’accaduto. AWACS Un aereo radar "AWACS" è in volo su Grosseto e i suoi sistemi sono in grado di controllare un'area che comprende tutta la Sicilia. Il Boeing E3A Sentry è in forza alla Nato. Anche in questo caso le registrazioni avrebbero dovuto fornire prova dell'accaduto. PORTAERI "SARATOGA" I registri e i tracciati radar della Saratoga della US NAVY, in rada a Napoli, sono spariti. CIVILAVIA DI BOLOGNA Responsabile delle registrazioni di tutti i voli civili e militari. I dirigenti dell'Ente inizialmente confermano l'abbattimento, poi......... SATELLITE RUSSO I servizi segreti russi avevano un radar in Libia che utilizzava un satellite "spia" per monitorare l'Italia. Il Generale Yuri Salimov ha dichiarato, nel 1993, di aver seguito in diretta l'abbattimento da parte degli USA, del volo Itavia IH870

Dal libro "Storia del volo Itavia 870" - Breve saggio di J.K.Larson

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“Io non credo che qualcuno di voi creda che i militari siano ancora quelli delle barzellette. Perché se è così, non meravigliatevi che esista Ustica da 10 anni”. E’ l’ex-colonnello pilota Sandro Marcucci a parlare, in un appassionato intervento del 1991 all’assemblea toscana del movimento politico “La Rete” fondato da Leoluca Orlando. Non è un militare qualunque, l’Ufficiale Marcucci, non tanto per le capacità di dialettica e retorica che faranno seguire a quell’intervento un applauso scrosciante, né per la bravura da Pilota qualificatissimo (“con Marcucci si torna sempre a casa”, ripetevano negli anni i colleghi e i subordinati).

dispotica spesso pervadente delle Forze Armate e la messa in discussione degli ordini che gli venivano impartiti dall’alto quando ravvisava in essi qualche irregolarità lo resero inviso a quegli stessi Ufficiali che fino a qualche mese prima vedevano in lui una sorta di garanzia auto conservatrice: “Intralcia la policy di comando”, s’iniziò a leggere sui rapporti. Un “intralcio alla policy” che, tra le altre cose, gli inibì la possibilità di candidarsi alle prime elezioni di rappresentanza militare: era il 1980, l’anno di Ustica. La convinzione della necessità di Forze

per presentarsi spontaneamente) confermeranno che il MIG libico in realtà è decollato da Pratica di Mare”. Il rallentamento dovuto all’arresto, il suo conseguente abbandono dell’Aeronautica, i due anni passati a lavorare in Svizzera e il nuovo impiego da sorvegliante dei fuochi boschivi presso un’azienda toscana non fermeranno la lucida determinazione del Marcucci nel voler far luce sulla vicenda di Ustica. Col tempo, anzi, egli intuisce di dover approfondire la questione sfruttando la sinergia tra differenti movimenti democratici, e a tal fine promuove l’organizzazione di un

Il rumore del silenzio

di Francesca De Nisi L’ufficiale Marcucci si distingue sopratutto per il suo percorso di “conoscenza della democrazia”, iniziato nel 1976. Per l’aerobrigata di Pisa quello fu un anno intenso: il Circolo dei sottoufficiali venne pacificamente “occupato” dagli stessi per iniziative di apertura alla società civile e Marcucci fu mandato dal proprio Comando a dialogare con questi sottoufficiali considerati rivoltosi, tentando di metterli “al loro posto” dall’alto dei suoi gradi. Non immaginavano, i suoi superiori, che quello sarebbe stato un incontro fatale per il Sandro che conoscevano loro, fedele seguace di quel principio di disciplina che incarna la vita dei militari e spesso, le loro contraddizioni. Quel giorno l’Ufficiale Marcucci conobbe la Costituzione, invitato a leggerla dall’allora suo subordinato Mario Ciancarella, che diverrà suo compagno di battaglie e disonori. Lo studio della Carta fondamentale darà il via al processo di democratizzazione che Marcucci porterà avanti in tutte le declinazioni della sua carriera militare. Questo nuovo Sandro, però, non piace ai suoi superiori; la forte critica all’ideologia

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Armate trasparenti e libere e il suo attaccamento alla Carta Costituzionale da lui minuziosamente studiata dal 1976, sono componenti fondamentali per capire l’abbraccio che legherà Sandro alla terribile tragedia di Ustica. E’ proprio Ciancarella a contattarlo per avere un suo parere riguardo alle informazioni a lui date dal Maresciallo Dettori: “Siamo stati noi, qui mi uccidono”, avrebbe detto il Maresciallo al Ciancarella. Inizia così da parte di entrambi un’affannosa ricerca della verità, interrotta dall’arresto di Marcucci in seguito a un procedimento per Falso e Truffa, per il quale ottenne la piena assoluzione in appello. Solo qualche mese prima Sandro avrebbe confidato a Ciancarella: “Mario li abbiamo in pugno. Ho i nomi di due colleghi, un pilota e un controllore che, se riusciremo a farli convocare dal Magistrato (sono troppo impauriti, infatti,

evento dal titolo tanto profetico quanto beffardo: “Dare voce al silenzio degli innocenti”. Non immaginava il Marcucci che proprio lui, di lì a qualche tempo, avrebbe avuto bisogno di una voce prematuramente


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strappatagli. Il 2 febbraio 1992, infatti, Sandro Marcucci muore in un presunto incidente aereo all’interno di un velivolo antincendio. Le conclusioni ufficiali della Commissione tecnica occupatasi del caso furono di morte per ustioni da rogo in seguito ad incidente, dovuto alla sopravvalutazione da parte del Marcucci del velivolo, alla sua poca avvedutezza nel volare troppo basso e alla sottovalutazione delle condizioni meteo di forte vento.

cadavere con quelle di una morte per ustioni. 3) il corpo di Sandro appare carbonizzato e senza né mani né piedi, ma né i resti dell’aereo attorno a lui né gli alberi sui quali il velivolo è precipitato appaiono interessati da residui d’incendi.

4) insieme con il corpo di Sandro è rilevato un pezzo di cruscotto con due tubicini di plastica perfettamente intatti. La circostanza non è entrata negli atti Le conclusioni di Commissione e Procura della commissione. non convincono però Mario Canciarella, che da subito si fa delatore di una contro 5) il forte vento di cui si parla nelle conclusioni della commissione non trova tesi mai accolta in sede giudiziaria. riscontro in nessuna delle testimonianze. Questo fino al 22/02/2013, quando il Sostituto Procuratore di Massa Vito Per questioni di spazio non è possibile Bertone ha deciso di riaprire il caso in analizzare in questa sede le altre seguito ad un esposto dell’ass. antimafia circostanze prese in considerazione Rita Atria. La tesi portata avanti dall’esposto, né è stato possibile tracciare dall’associazione è di quelle un quadro dettagliato dei rapporti che impronunciabili a voce troppo alta: legavano a doppio filo l’ex Colonnello e omicidio volontario per “far fuori” un alcuni dei personaggi coinvolti testimone scomodo. L’esposto ruota attorno a una serie di punti fondamentali nell’inchiesta di Ustica. La storia di Sandro Marcucci, però, non che denoterebbero l’approssimazione merita di essere ricordata con una sfilza di delle indagini: nomi a lui legata, né con l’elencazione 1) le quote di riferimento cui ci si è riferiti delle stranezze che hanno circondato la sua vita militare e personale. L’ex per addurre il “volare troppo basso” del Marcucci sono quelle predisposte per un ufficiale Marcucci merita di essere ricordato per il suo percorso di velivolo normale (VFR), non per uno conoscenza, per la sua necessità antincendio.

democratica di andare oltre le rigide regole di disciplina che gli erano state insegnate all’inizio della sua carriera. Sandro merita di essere ricordato con le sue parole da “costruttore di pace sociale” quale amava definirsi portando avanti un’idea progressista di forze armate, idea di cui la società odierna avrebbe un bisogno infinito, soffocata com’è dall’idea di un noi-voi che altro non ha fatto che inceppare la funzione costituzionale delle Istituzioni.

“Fino a quando il sangue dei figli degli altri varrà meno del sangue dei nostri figli, fino a quando il dolore degli altri per la sorte dei propri figli, varrà meno del nostro dolore per la sorte dei nostri figli, ci sarà sempre qualcuno pronto ad organizzare stragi in piazze, stazioni, o nei cieli, avendo la speranza se non la certezza della impunità” Sandro Marcucci

2) sul corpo di Sandro non è stata eseguita alcuna autopsia, e il tecnico dell’obitorio Per saperne di più: ha sollevato forti perplessità riguardo alla http://www.ritaatria.it/LeStorie/Dimenticati/SandroMarcucci/ChieraSandro.aspx compatibilità delle condizioni esterne del http://archiviosandromarcucci.oneminutesite.it/

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28 agosto 1988. In servizio presso l’aeroporto di Grosseto all’epoca dei fatti, la sera del 27 giugno erano in volo su un F104 e lanciarono l’allarme di emergenza generale. Erano certamente a conoscenza di fatti inerenti al volo Itavia. La loro testimonianza sarebbe stata utile anche in relazione agli interrogatori del loro allievo, in volo quella sera sull’altro F104, durante i quali è «apparso sempre terrorizzato». Appare sproporzionato – tuttavia non inverosimile – organizzare un simile incidente, con esito incerto, per eliminare quei due importanti testimoni; • Maresciallo Antonio Muzio: omicidio, 1 febbraio 1991. In servizio alla torre di

Le morti sospette Le morti sospette secondo l’inchiesta del giudice Rosario Priore: «La maggior parte dei decessi che molti hanno definito sospetti, di sospetto non hanno alcunchè. Nei casi che restano si dovrà approfondire – e in tal senso non mancheranno le magistrature competenti per territorio, che già hanno preso in considerazione comportamenti dolosi – giacchè appare sufficientemente certo che coloro che sono morti erano a conoscenza di qualcosa che non è stato mai ufficialmente rivelato e da questo peso sono rimasti schiacciati». (Ordinanza-Sentenza Priore, P.P. n°527/84 A G.I. “Le morti sospette” capo 4, pag. 4674)

Per 2 dei 12 casi di decessi sospetti permangono indizi di relazione al caso Ustica: • Maresciallo Mario Alberto Dettori: trovato impiccato il 31 marzo 1987 in un modo definito dalla Polizia Scientifica innaturale, presso Grosseto. Mesi prima, preoccupato, aveva rovistato tutta la casa alla ricerca di presunte microspie. Vi sono indizi fosse in servizio la sera del disastro e che avesse in seguito sofferto di «manie di persecuzione» relativamente a tali eventi. Confidò alla moglie: «Sono molto scosso…Qui è successo un casino…Qui vanno tutti in galera!». Il giudice Priore conclude: «Sui singoli fatti come sulla loro concatenazione non si raggiunge però il grado della prova»; • Maresciallo Franco Parisi: trovato impiccato il 21 dicembre 1995, era di turno la mattina del 18 luglio 1980, data dell’incidente del Mig libico sulla Sila. Proprio riguardo alla vicenda del Mig erano emerse durante il suo primo esame testimoniale palesi contraddizioni. Citato a ricomparire in tribunale, muore pochi giorni dopo aver ricevuto la convocazione. Non si riesce a stabilire se si tratti di omicidio. Gli altri casi presi in esame dall’inchiesta, sono: • Colonnello Pierangelo Tedoldi: incidente stradale, 3 agosto 1980. Avrebbe

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in seguito assunto il comando dell’aeroporto di Grosseto; • Capitano Maurizio Gari: infarto, 9 maggio 1981. Capo controllore di sala operativa della Difesa aerea presso il 21° CRAM (Centro Radar Aeronautica Militare) di Poggio Ballone, era in servizio la sera della strage. Dalle registrazioni telefoniche si evince un particolare interessamento del capitano per la questione del DC9 e la sua testimonianza sarebbe stata certo «di grande utilità all’inchiesta» visto il ruolo ricoperto dalla sala sotto il suo comando, nella quale, peraltro, era molto probabilmente in servizio il maresciallo Dettori. La morte, appare naturale, nonostante la giovane età; • Sindaco di Grosseto Giovanni Battista Finetti: incidente stradale, 23 gennaio 1983. Era opinione corrente che avesse informazioni su fatti avvenuti la sera dell’incidente del DC9 all’aeroporto di Grosseto. L’incidente in cui perde la vita, peraltro, appare casuale; • Maresciallo Ugo Zammarelli: incidente stradale, 12 agosto 1988. Era stato in servizio presso il SIOS di Cagliari, tuttavia non si sa se fosse a conoscenza di informazioni riguardanti la strage di Ustica o la caduta del MiG libico; • Colonnelli Mario Naldini e Ivo Nutarelli: incidente di Ramstein,

controllo dell’aeroporto di Lamezia Terme nel 1980, poteva forse essere venuto a conoscenza di notizie riguardanti il Mig libico, ma non ci sono certezze; • Tenente colonnello Sandro Marcucci: incidente aereo, 2 febbraio 1992. Non sono emerse connessioni con la tragedia di Ustica, a parte le dichiarazioni di un testimone; • Maresciallo Antonio Pagliara: incidente stradale, 2 febbraio 1992. In servizio da controllore della Difesa Aerea presso il 32° CRAM di Otranto, dove avrebbe potuto avere informazioni sulla faccenda del Mig libico. Le indagini propendono per la casualità dell’incidente; • Generale Roberto Boemio: omicidio, 12 gennaio 1993 a Bruxelles. Da sue precedenti dichiarazioni durante l’inchiesta, appare chiaro che «la sua testimonianza sarebbe stata di grande utilità», sia per determinare gli eventi inerenti al DC9, sia per quelli del Mig libico. La magistratura belga non ha risolto il caso; • Maggiore medico Gian Paolo Totaro: trovato impiccato ad un’altezza di poco superiore al metro, il 2 novembre 1994. Le indagini partono a causa dalla strana modalità d’impiccagione, tuttavia concludono che si sia trattato di un’azione suicida. Era in contatto con molti militari collegati agli eventi di Ustica, tra i quali il maresciallo Dettori. Da: http://ilgraffionews.wordpress.com


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Testimonianza di Elisabetta Lachina a 31 anni dal quel 27 giugno 1980 Una testimonianza che vi riproponiamo qui, nel 33° anniversario della Strage di Ustica Mi chiamo Elisabetta Lachina e appartengo alla strage di Ustica. La sera del 27 giugno 1980 a bordo del DC9 IH870 c'erano anche i miei genitori: Lachina Giuseppe e Reina Giulia. Quel lontano venerdì 27 giugno 1980 avevano deciso in tarda mattinata di recarsi in Sicilia. Erano partiti da Padova per l'aeroporto Marconi di Bologna senza prenotazione, speravano di avere fortuna, speravano di trovare posto sul volo delle 18.15 per Palermo, erano stati inseriti nella lista d'attesa, sperando nella rinuncia di qualcuno. E quel qualcuno in aeroporto non arrivò mai e senza saperlo cedette loro il proprio destino. All'epoca io avevo 18 anni ed ero a casa con mia sorella Linda che, a giorni, avrebbe compiuto quattordici anni. Linda era molto arrabbiata con mamma e papà perché avrebbe dovuto partire per la Sicilia anche lei: era il regalo per la sua promozione scolastica. Mio papà, alle 17.30, mi telefonò dicendo che non c'era posto su quel volo e che erano stati inseriti nella lista d'attesa, se nessuno avesse rinunciato a quel volo, sarebbero andati all'aeroporto di Roma. Ero in attesa di notizie ... Alle 23.30 ricevetti la telefonata di mia zia che, urlando come impazzita, mi disse di accendere la televisione e riattaccò. Spiegarvi cosa ho provato in quei momenti è difficile, non capivo cosa

stesse succedendo o forse mi rifiutavo di farlo; era tardi e ancora non avevo avuto nessuna notizia del loro arrivo. Quella telefonata, ma soprattutto quel silenzio, erano la prova che qualcosa di tremendo stava succedendo, anzi era già successo. Mi precipitai in sala da pranzo e accesi la televisione, ma non vidi e non sentii nulla e così la richiamai e con voce tremante e il cuore in gola le chiesi spiegazioni. Mi disse che l'aereo partito da Bologna alle 20.08 per Palermo, era scomparso dai radar e che aveva ancora tre ore di autonomia. Tranquillizzai mia zia dicendo che su quel volo non c'era posto e che con molta probabilità avevano preso un altro aereo. A volte, quando l'evidenza è così evidente, ci nascondiamo da essa, ci illudiamo. Il loro silenzio era una evidente prova che erano a bordo di quell'aereo ma io allontanavo quel pensiero. Mia sorella Linda, appresa la notizia, si sedette sulla sedia dove di solito si sedeva la mamma. Mi avvicinai a lei per rassicurarla; era seduta in totale silenzio, aveva lo sguardo perso nel vuoto, le labbra serrate come una cesoia, nessuna espressione colorava il suo viso, era diventata fredda, di marmo, le braccia penzoloni le scendevano sul corpo che sembrava privo di vita, le dita incrociate come a scongiurare una tragedia imminente.

Le dissi che, di sicuro, avrebbero chiamato a momenti per avvisarci che erano arrivati a Palermo, era questione di pochi minuti. Iniziai a telefonare all'aeroporto di Bologna, di Palermo, di Roma, ma avevano staccato tutte le linee, non riuscivo a mettermi in contatto con nessuno, nessuno rispondeva. Aspettai l'arrivo di mio fratello Riccardo che partì subito per Bologna; dovevamo sapere se erano a bordo di quel maledetto aereo. Alle 2.30 di notte mio fratello mi telefonò dall'aeroporto e mi disse: “Elisa, la macchina di papà e mamma è in parcheggio … torno a casa.” Ricordo molto bene quella lunga e interminabile notte, ricordo quel silenzio che ci circondava, ricordo ogni nostro movimento, respiro, speranza, illusione, lampi di luce e di buio. Soli, in attesa di notizie, mentre il buio ci avvolgeva e gli spettri della paura ci divoravano lentamente... Il giorno dopo la televisione annunciò il disastro mostrando i corpi che galleggiavano privi di vita in mare. Mio fratello partì subito per Palermo in cerca di mamma e papà. Mio padre venne trovato e riconosciuto il lunedì mattina e mia madre il giovedì: quello che restava di lei. La loro telefonata non arrivò mai ... La mia famiglia era una famiglia come

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tante, come la vostra, come quella del vostro vicino di casa e in un attimo venne distrutta; avevo la vostra età e tutto il mondo mi era crollato addosso. Vi ho raccontato brevemente le prime ore della nostra tragedia di 31 anni fa, quelle ore che hanno cambiato la mia, la nostra vita per sempre. Quotidianamente veniamo bombardati da notizie di guerre, omicidi, stupri, rapine e quant'altro, spesso apprendiamo queste notizie dal telegiornale mentre pranziamo o ceniamo, le immagini ci scorrono davanti senza che noi ce ne accorgiamo, ci scivolano addosso senza toccarci minimamente: siamo diventati sordi e ciechi davanti alla brutalità della vita, probabilmente è perché non ci appartengono: è successo agli altri e non a noi! Viviamo le nostre giornate nell'indifferenza totale senza mai guardare dentro gli occhi delle persone che incontriamo. Potremmo essere coinvolti! Meglio evitare. La strage di Ustica … che cos'è? La strage di Ustica è l'incidente aereo più tragico e misterioso della nostra storia italiana. A bordo di quell'aereo c'erano 81 persone che persero, oltre alla loro vita, anche la loro identità perché da quel momento non furono più chiamate con i loro nomi, ma furono solo denominate: “le 81 vittime”. Ogni persona a bordo di quel maledetto aereo aveva un nome e un cognome; a casa ad aspettarli c'erano dei fratelli, delle sorelle, dei figli, dei mariti, delle mogli, dei genitori. Noi, parenti delle vittime, noi siamo “gli invisibili”. Noi, che in questi 31 anni abbiamo vissuto cercando di capire cosa era

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successo ai nostri familiari, perchè sono morti e in che circostanze sono stati uccisi. Perché? Da chi? Noi, che abbiamo lottato contro un mostro nascosto nel buio che ci ha tormentato ogni momento della nostra esistenza. Il mostro della menzogna! Perché? Perché la strage di Ustica è un insieme di bugie, di depistaggi, di reticenze, di omissioni, di false testimonianze, di indagini, di processi e assoluzioni e … di verità dell'ultimo minuto, ma soprattutto la strage di Ustica è fatta anche di speculatori della verità. Noi “invisibili” siamo stati prigionieri per 31 anni di una verità negata, non abbiamo mai potuto elaborare il lutto e questo ha condizionato tutta la nostra vita, incidendo su ogni scelta presa. Non abbiamo potuto seppellire i nostri cari dignitosamente, era un nostro diritto come è un diritto di tutti i cittadini italiani. Appartenere alla strage di Ustica è come indossare un abito stretto che toglie il respiro, un abito che ci hanno cucito addosso senza che noi volessimo; è un marchio che ci portiamo nell'anima. In questi lunghi ed estenuanti 31 anni, ogni giorno, ogni mese, ogni anno, ma, sopratutto ogni anniversario, ci siamo illusi che qualcuno o per meglio dire: “i custodi della verità” abbiano il coraggio di parlare, di confessare quella verità così scomoda e difficile da dire, da raccontare, così difficile da sconvolgere tutto il sistema in cui viviamo. Una parte di verità noi l'abbiamo conquistata con il grande ed estenuante lavoro del giudice Rosario Priore che ha concluso la sua indagine nel 1999, con una sentenza ordinanza. Ora, malgrado ci manchino solo i nomi

degli assassini, ci sono ancora persone che ignorano quella sentenza e gettano fango sul lavoro del Dottor Priore riproponendo la tesi della bomba collocata nella toilette del DC9, tesi scartata dai periti, cosa impossibile, visto che il water e la tavoletta del water sono stati ritrovati integri. E' chiaro ed evidente che quello che è successo quella maledetta sera del 27 giugno 1980 è difficile da confessare, ma noi abbiamo diritto si sapere che cosa è successo ai nostri familiari, abbiamo il diritto di conoscere la verità. E' successo a noi ma poteva e potrebbe capitare a chiunque. Non fermatevi mai alle apparenze, documentatevi sempre e ragionate con la vostra testa. Sul caso di Ustica troverete in rete molti documenti originali sulla strage, andate a curiosare sul sito www.stragi80.it, oppure sul sito www.stragediustica.info, lì troverete le foto del famoso e tanto discusso water, troverete le registrazioni di quella sera degli addetti ai radar, lì troverete tutte le risposte ai vostri quesiti. Alla domanda che mi è stata posta, se odio le persone che hanno ucciso i miei genitori, rispondo che, malgrado questa mia orribile esperienza, ho ancora una grande fiducia nella giustizia italiana e concludo dicendo che chiunque abbia anche solo depistato o nascosto la verità è colpevole della morte di 81 persone ed è come se li avesse uccisi con le proprie mani. Io non li odio ma provo pena e vergogna per loro: la verità vi e ci rende liberi.


Paolini racconta Ustica

di Danilo Palmeri Il teatro è democratico. Lo è più della televisione e del cinema. A teatro l’attore può rifarsi. In un film, no. “I-TIGI a Gibellina Racconto per Ustica” è, invece, un ibrido: la trasposizione cinematografica dello spettacolo teatrale dove Marco Paolini, nella suggestiva ambientazione del Cretto di Burri, narra la tragedia del DC9 ITAVIA precipitato il 27 giugno del 1980.

Il teatro è ricordo, “perché Piazza Fontana, Brescia, la stazione di Bologna eccetera, eccetera, eccetera”. Se il teatro-canzone di Gaber ha un’ironia con retrogusto di irrisolto, il teatro civile di Paolini ha il merito di ricordare. Non per indignare, per resistere. Una resistenza figlia della frustrazione, che nasce da un confronto impari tra vittime e potere. Perché le vittime, come sembra emergere dal racconto, sono l’unica cosa certa della vicenda: ottantuno tra passeggeri ed equipaggio. Per quanto accaduto l’indignazione non è concessa. Ci fa male. E poi è risaputo che “a noi italiani dura meno dell’orgasmo, e dopo viene sonno”.

Questo è il motivo per cui Paolini ricostruisce. Per chiedere, per domandare con cortesia. Quella raccontata è la ricostruzione Per bisogno. dell’istruttoria condotta dal giudice Priore. Alle ore 20:59 i radar del sistema Per abbattere quel muro di gomma che da anni, tramite mille rimbalzi, ostruisce la di difesa aereo smettono di ricevere dati verità. Eppure basterebbe poco. del volo IH870, in viaggio da Bologna a Palermo. Da quel momento poche sono le Basterebbe sottrarre le reticenze, le false testimonianze, le incongruenze, le certezze, molte le zone d’ombra.

omertose coperture. Basterebbe che qualcuno tornasse a ricordare, o a rispondere. Anzi, no. Troppe volte, in questi anni, lampi improvvisi di memoria hanno permesso di insabbiare maggiormente la vicenda. Per ogni ricordo affiorato un controcanto ha fatto la sua comparsa, come una regola sul contraddittorio della bugia. Infine, basterebbe capire che su quell’aereo c’erano persone normali, con lavori normali, e normali vite. Per ricordare, forse, basterebbe sapere che su quell’aereo c’eravamo noi. Perché I-TIGI siamo noi ogni volta che voliamo. E mi sembra ancora di sentire quella voce che alle 20:58 risuona dentro le cuffie. DC9 Itavia, mi sentite? Rispondete, mi sentite? No, non vi sentiamo. Siamo morti. Sipario.

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USTICA:

il museo nato grazie alla determinazione dei familiari precipitato tra Ustica e Ponza.

di Giulia Silvestri

Christian Boltanski ha installato sul soffitto 81 lampadine la cui luce si affievolisce e poi torna forte senza mai spegnersi: sono i respiri delle 81 vittime di questa tragedia.

Nel 2007 a Bologna è stato aperto il Museo per la Memoria di Ustica. Si chiama proprio così: museo per la memoria. Lì, dove il relitto dell’aereo è stato ricostruito dai vigili del fuoco e dai volontari, è nato un luogo per ricordare. Il museo lo hanno voluto i familiari delle 81 vittime, che si sono mobilitati, dopo gli accertamenti per il processo, perché ciò che restava di quel 27 Giugno 1980, non venisse gettato nella spazzatura. L’Associazione dei Parenti delle Vittime della Strage di Ustica si è impegnata prima per far conservare i resti del DC9, poi per trasferirne i pezzi a Bologna, da dove tutto ha avuto inizio. Il ricordo è proprio il fondamento di tutta la struttura costruita attorno al relitto

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Matteo Monti foto

Intorno all’aereo ci sono 81 specchi neri, ognuno dei quali, emette sussurri. Ascoltando attentamente le parole sussurrate da anziani, giovani, bambini, adulti, si intuisce come quelle voci rappresentino pensieri che ci attraversano nel quotidiano perché tutti loro


Matteo Monti foto

continuavano a progettare piani per i giorni seguenti e che nessuna di quelle persone ha potuto realizzare. E quegli specchi neri? Non so quale significato Boltanski abbia voluto dare loro, ma il mio pensiero è andato subito all’oscurità di questa vicenda: ai documenti nascosti, ai testimoni che sono morti, a quel cielo troppo trafficato in quella notte d’estate,

al fatto che ad oggi non esistano colpevoli.

oggetti sono intrisi di storie, non solo quelle delle persone che sono morte durante questo volo, ma anche quelle delle loro famiglie, dei loro amici. Storie che non vanno dimenticate, mai.

Se una persona conosce qualcosa della strage di Ustica, vedendo i resti del velivolo, osservandoli attentamente, prova sconforto, rabbia, tristezza, indignazione. Il padre di Boltanski era ebreo, e allora c’è un solo grido che oggi dobbiamo farci Ecco che abbassando gli occhi, ai piedi entrare nel cuore e nel cervello, perché del DC9, ci sono nove casse nere: in esse, diventi parte di noi: invisibili ai visitatori, sono contenuti gli “Meditate che questo è stato. oggetti appartenenti alle vittime. Quegli Vi comando queste parole”.

Qui il sito del museo della memoria di Ustica www.museomemoriaustica.it

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Stazione Bologna Centrale

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Copertina: Flavio Romualdo Garofano Sito web realizzato da Carlo Tamburelli Impaginazione e grafica: Ida Maria Mancini

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