Impronte.
un progetto per Magliano in Toscana, Grosseto
sguardi reciproci
in copertina
La grande casa d’oro - Ana Kapor olio su tela, 80 X 90 cm, 1986
Laboratorio di Progettazione dell’Architettura V Progettazione Urbana Atelier of Building Construction Laurea magistrale a ciclo unico in architettura anno accademico 2016-2017 prof. Fabrizio F.V. Arrigoni collaboratori Valerio Cerri arch. phd Alessio Palandri arch. Francesco Polci arch. Antonio Salvi studenti Vieri Ferrucci Diego Fiorenzani Leonardo Meini
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centro civico konzept progetto spazio costruzione quaderni
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bibliografia
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“Chi entra in Toscana si accorge subito di entrare in un paese dove ognuno è contadino. Ed esser contadino da noi non vuol dire soltanto saper vangare, zappare, arare, seminare, potare, mietere, vendemmiare: vuol dire sopra tutto saper mescolare le zolle alle nuvole e far tutt’una cosa del cielo e della terra… Uno specchio il cielo toscano, così vicino che lo appanni col fiato: monti e poggi e nuvole, e tra quelli le ombrose valli, i prati verdi, i campi dai solchi diritti e quando è terso vedi nel fondo, come in un’acqua limpida, le case, i pagliai, le strade, le gore, chiese” Curzio Malaparte, Maledetti Toscani
“usare gli edifici come fossero un plastico a scala naturale su cui lavorare per realizzare un edificio nuovo, quasi nella stessa giacitura di quelli esistenti, con lo stesso allineamento e di altezza solo leggermente differenteâ€? Fernando TĂ vora
luogo
Possesso degli Aldobrandeschi, Magliano appare citata per la prima volta come Sulla sommità di una collina, in mezzo agli olivi, a 128 metri sul l.m., circondato dalle poderose mura medioevali, ben conservate ed in parte ristrutturate, sorge il centro storico di Magliano. Magliano è uno dei paesi più interessanti della Maremma, ricco di monumenti medioevali e rinascimentali. Nelle campagne vicine numerosi i resti dell’antiche civiltà Etrusca e Romana. Storia I primi ritrovamenti storici documentati sono del 1081, (una citazione come fundus” (fattoria) (Maliano - Trifone 1908 - Le carte del Monastero di S. Paolo in Roma), e del 1097, con contratto Aldobrandesco, dove viene citato come “curtis”. Ciò non esclude una esistenza di Magliano in un periodo molto più antico, anche se forse solamente come pago della vicina città romana di Heba. L’origine del nome potrebbe infatti derivare dalla famiglia dei Manli che in questa zona avevano possedimenti, come dal maglio che è tutt’ora nello stemma e che era l’attrezzo usato da una congregazione di scalpellini che abitava la collinetta e lavorava il travertino abbondante nella zona. Lasciando a parte il periodo etrusco-romano, Magliano dall’ XI secolo in poi è stato dominio degli Aldobrandeschi, per poi passare ai Senesi, e nel 1558 ai Medici che lo diedero in feudo ai Bentivoglio che lo tennero, come feudatari e poi marchesi, fino al 1789, per cui anche sotto i Lorena, che erano succeduti ai Medici nel granducato di Toscana. Durante la parentesi Napoleonica, (1808/1814) Magliano fece parte con la Toscana del regno d’Etruria e poi dell’Impero Francese. Per tornare ai Lorena dopo la caduta di Napoleone. Con la fine del Granducato di Toscana, nel 1861 venne annesso al regno d’Italia. Durante il periodo etrusco l’agro di Magliano era densamente popolato, come risulta dai notevoli ritrovamenti archeologici risalenti al VII - VI sec. a.C., come densamente abitata risultava un po’ tutta la bassa Maremma Toscana e alto Laziale. Numerose le città etrusche, e tutte di grande importanza, come Heba (vicinissima all’attuale Magliano), Caletra, Kalousion, Cosa, Rusel, Vatl(una), Tlamu. Per quanto riguarda Heba etrusca, ci sono molti dubbi sulla sua esistenza, difatti, per adesso, non sono
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stati trovati resti, le necropoli non sono molto grandi, forse vi erano alcuni insediamenti minori nel territorio maglianese a corollario della città di Kalousion, mentre è certa la presenza della Heba Romana. Comunque questa terra era molto popolata, probabilmente a quei giorni non era malarica, viste le grandi opere di bonifica fatte dagli etruschi, ma ricca di coltivazioni: cereali, viti ed olivi, e nelle prime collinette castagni e boschi. Questa non è solamente una opinione mia, leggiamo ciò che il Repetti, nel suo Dizionario, scrive: “La contrada per altro di Magliano nei tempi antichi fosse più coltivata, più salubre e conseguentemente più popolata che oggi non lo è, e anche di quello che lo fu nei secoli bassi” Che il colle dove oggi sorge Magliano fosse abitato, non siamo in grado di dimostrarlo storicamente, lo possiamo però supporre per una serie di motivi. Nel paese, sotto il corso principale, ed anche sotto alcune case, vi sono delle grotte, delle fosse per cereali, anche di notevoli dimensioni, venute alla luce durante i lavori di rifacimento delle fognature e del manto stradale dal 1956 in poi. Strutture probabilmente di origine medioevale, ma chi sa forse più arcaiche, sarebbe interessante farle oggetto di uno studio approfondito. A favore di un probabile, anche se piccolo, insediamento in età arcaica, potrebbe avere peso la notevole presenza, specialmente nel passato, di acqua sorgiva, che tutt’oggi, anche se in misura ridotta, sgorga dal colle di travertino in ben tre punti, la Fontaccia, il Pozzarello, il Pisciolo. Comunque sono tutte supposizioni, prove documentate non ve ne sono. L’etimologia del nome porta sicuramente al periodo romano, ma due sono le ipotesi che vengono formulate. Prima di esporle mi viene spontanea una domanda: Magliano ha nello stemma un maglio d’argento su sfondo giallo; sarebbe interessante sapere a che periodo risale questo stemma, per vedere se è il Malleus (maglio in latino) che ha dato il nome a Magliano oppure se è stato adottato il maglio per via del nome. Veniamo alle due ipotesi che forse aiutano, oppure rendono ancora più difficile rispondere alla precedente domanda. 1^ ipotesi: -Il nome deriva dal maglio, cioè il martello che è nello stemma, lat. Malleus, attrezzo utilizzato dai cavatori di pietra o comunque nell’attività mineraria. Mi torna in mente quando a scuola, narrandoci la storia di Magliano, ci dicevano che su questo colle si era probabilmente stabilita una congregazione di scalpellini, che lavoravano il travertino di Banditaccia e che avevano per stemma un maglio. La cosa potrebbe essere possibile data la presenza, nelle immediate vicinanze, di una
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città come Heba, in espansione nel periodo iniziale romano. Anche la città etrusca di Kalousion era ad appena 5 km. La 2^ ipotesi è molto più suggestiva, e per certi aspetti potrebbe risultare più fondata, visto che a questa ipotesi si sono dedicati molti studiosi sia antichi che recenti. Dobbiamo risalire alla conquista dell’Etruria da parte dei Romani. Dopo la conquista dell’Etruria e la guerra tra Mario e Silla, i Consoli Romani che erano soliti ricompensare i veterani, i patrizi, e quanti altri avevano contribuito alla vittoria, con appezzamenti di terreno, provvidero anche in Etruria alla colonizzazione dei territori. “Nel 183 aC, secondo quanto afferma Tito Livio (Hist.XXXIX ,55) il nostro territorio diventò “Colonia Civitum Romanorum” per opera dei “tresviri agris adsignandis: C. Afranio Stellone, Q. Fabio Labeone, Sempronio Gracco, i quali assegnarono 10 jugeri di terreno ai legionari più meritevoli. Questa data è molto importante perché ebbero allora origine i vari “fundi” e “praedia” denominati dalle famiglie Romane che li possedevano. Sorsero così: Praedium di Petilianum – Pitigliano, dalla famiglia Petilia Praedium di Mancianum – Manciano, dalla famiglia Mancia Praedium di Sempronianum – Samprugnano (oggi Semproniano) dalla Gens Sempronia Predium di Manlianum –Magliano dalla famiglia Manlia, etc (cfr.Alfio Cavoli – D. Ippolito Corridori “Samprugnano e la sua vicaria” pag. 9) Su questo argomento è intervenuto anche il Pecci nel suo manoscritto della metà del XVIII sec., credo che sia opportuno riportare fedelmente quello che scrive lo storico “Più scrittori concorrono nel sentimento di credere Magliano antichissima, né io sono lontano a crederlo, perché, oltre alle ragioni che essi aducono, più volte in quella Corte sono state ritrovate medaglie e monete di consoli di Imperatori Romani, la onde, con ragione Francesco Patrizi, vescovo di Gaeta (dal 1461/ al 1492), che fioriva nei tempi di Pio II (1458/1464) (per cui lo scritto è databile dal 1461 al 1464), in quel suo erudito discorso “De vitis senensibus origine”, inedito, scrisse che Magliano prendesse nome e cominciasse a essere abitato nella guerra fra Mario e Silla, allorché da Pompeo fu presa e messa al sacco la Toscana, e che nelle parti di Maremma rimanessero alcuni soldati veterani, dove da Silla erano stati remunerati col dono dei campi, “et precipus circa Populoniam, Volaterras, Fesulas, atque Arni fluentia, alios vero permultos in Maritimas colonias, quorum nonnulle et nome servat, verum illas a nominibus, cognominibus
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eorum, qui illas deduxerunt denominats fuisse, ut Sempuoniana (Samprugnano) a Sempronio, et Malliana (Magliano) a Mallio.” (e principalmente intorno Populonia, Volterra, Fiesole, e gli affluenti dell’Arno, inoltre moltissimi altri territori nelle colonie marittime, dei quali nessuno conserva il nome, invece altre furono denominate dai nomi delle famiglie di coloro che vi dominarono, come Samprugnano da Sempronio e Magliano da Manlio) Il Pecci continua:- Giuranta Tommasi (storia di Siena P.I, libro I° carte 22/23) approva il detto del Patrizi e soggiunge “Magliano è la Magliana da Manlii, supponendo che i manlii potessero abitare in quei contorni, inviativi dalle possessioni loro, poste, forse, tra Siena e Arezzo, le quali Tolomeo Geografo, pone tra la mediterranee di Toscana, nominate “Manliana” e quanto si è detto si conferma con l’autorità di un marmo, ritrovato in Siena, nel quale a lettere Romane si legge: Le mura Venendo da Grosseto, la prima cosa che colpisce il visitatore sono le mura che cingono il paese. Sono mura medioevali, in parte aldobrandesche (XII-XIV sec.) ed in parte senesi (XV sec.) Le Mura Aldobrandesche sono ben visibili a sud-est, porta S. Giovanni fino al primo bastione (sud) semicircolare senese. Sono corredate da due residue torri quadrate. In quella vicina a Porta S. Giovanni vi è in alto lo stemma degli Aldobrandeschi. Al retro della stessa torre vi è la targa che indica la fine dei lavori nel 1323. Della cinta Aldobrandesca fa parte anche la Porta di S. Martino posta a nord, alla fine del corso, si apre su uno splendido panorama classico della campagna Toscana. Forse era la prima porta di accesso al castello, ristrutturata dai senesi, conserva ancora la merlatura guelfa degli Aldobrandeschi. Le mura Senesi, sono più poderose di quelle aldobrandesche, sono state edificate nel corso della seconda metà del XV sec. I lavori iniziarono nel 1448, quale opera di ricostruzione delle vecchie mura abbattute dagli stessi Senesi. Cingono il paese da sud/ovest a nord/ovest, collegandosi da ambo i lati alle vecchie mura aldobrandesche. Hanno sette torrioni circolari, veri e propri baluardi difensivi, sono munite di feritoie.(le tattiche di guerra erano state modificate dalla polvere da sparo).
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Su queste mura si apre una sola porta, detta Porta Nuova, così chiamata perché appena costruita (2^ metà del XV sec.) venne chiusa, forse per problemi difensivi e la troviamo chiusa fino al 1850, poi in seguito riaperta. Da Porta San Giovanni a Porta San Martino Il centro di documentazione archeologica Lungo il corso, prima del Palazzo di Checco Bello, c’è il centro di documentazione archeologica, dove si possono ammirare alcuni reperti rinvenuti negli scavi fatti nella campagna maglianese, e il plastico della tomba etrusca detta delle Chimere rinvenuta nella zona di S. Andrea, con il contributo audio-visivo dell’archeologa D.ssa Paola Rendini Purtroppo i reperti archeologici di maggior valore, come il Piombo di Magliano e la Tabula Hebana, possono essere ammirati solamente in fotografia, in quanto trovasi rispettivamente nei Musei di Firenze e di Grosseto Palazzo di Checco Bello Penso che la migliore descrizione di questo palazzo è stata fatta dal Nicolosi nel suo libro “La Montagna Maremmana” del 1911, per cui crediamo opportuno riportare la stessa in questa guida: “La via principale, che attraversa il paese in tutta la sua lunghezza, prosegue poi verso la piazza maggiore, presentandoci un altro aspetto della stessa epoca. A poco a poco la pietra sostituisce il mattone, gli edilizi cessano di esser case per diventare palazzi e raggiungono il massimo dell’eleganza e della ricchezza in quello aldobrandesco che il popolo battezzò come palazzo di Checco Bello, molto sciupato, ma ancor tale da imporsi all’ammirazione. Ed anche in questo caso quanta semplicità di mezzi per raggiungere lo scopo ! Tre sole bifore, elegantissime per dire il vero, una cornice lungo tutta la facciata a formar davanzale, segnando dov’esse si impostano, e a sorreggerne i colonnini ; una seconda più in alto, parallela alla prima tra l’una e l’altra finestra, incurvantesi a rinchiudere di un arco tondo i due archetti gotici in corrispondenza d’ognuna; qualche mensola sporgente, uno stemma e null’altro. Ma che mirabile effetto ottiene questa parca decorazione marmorea sulle ruvide bozze e che reciso contrasto fra il candore luminoso del marmo e la tinta calda, ocracea e sanguigna, della pietra, specialmente quando il sole vi picchia festevole e la vivifica tutta !”
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Lo stemma nella facciata dovrebbe essere dei Monaldeschi, che, come qualche storico asserisce, avevano qui una loro residenza di caccia. Il nome effettivo del palazzo non è di Checco il Bello, ma di Checco Bello, così difatti, per la prima volta, lo ha chiamato il Nicolosi, su indicazione di un cittadino di Magliano. Checco Bello ( al secolo Francesco Salvi morto suicida nel 1919) non è un personaggio storico, ma semplicemente il soprannome del proprietario del Palazzo nel 1910; quando il Nicolosi passò da Magliano. Bene subito precisare che il Salvi NON era un donnaiolo, come qualche autore continua a scrivere. Il soprannome era dovuto alla sua prestanza fisica. Chiesa di San Giovanni Battista Di fondazione romanica con qualche elemento gotico, costruita nel XIII sec. Ampliata successivamente, ha una bellissima facciata del 1471, come si legge nella lapide posta sulla stessa. Per la facciata vale il discorso fatto per le mura senesi, è forse opera di Francesco di Giorgio Martini, o della di lui scuola, vista la sua somiglianza con Santa Maria delle Nevi a Siena. All’interno possiamo ammirare oltre gli affreschi che vanno dal XIV sec. in poi, anche bellissime pale di altare, un fonte battesimale in travertino del 1493, colonne romaniche con capitello del XIII sec., nel coro due tabernacoli incassati nella parete del XIII sec. e due sottili colonne con capitello dello stesso periodo. All’ingresso della Chiesa è affisso un foglio con cenni storici sulla stessa e indicazione delle opere d’arte da vedere. Palazzo di giustizia e palazzo del podestà (oggi abitazioni private) In p.za della Libertà,che è la piazza medioevale di Magliano, adiacente alla Chiesa di S. Martino, troviamo il Palazzo del Jusdicente, la torre dell’orologio e il Palazzo del Podestà, sono tutti edifici costruiti intorno al 1420/25, sicuramente su edifici pre-esistenti, forse il Palazzo Aldobrandesco, distrutti assieme alle mura dai senesi pochi anni prima. Guardando la Piazza nel suo insieme possiamo ammirare l’armonia medioevale delle costruzioni che vi si affacciano. Dietro al Palazzo di Giustizia sorgeva il vecchio Cassero Aldobrandesco, completamente perduto. Il Palazzo del Podestà, opera di un recente restauro, mostra la sua bellezza, particolarmente con la facciata adorna degli stemmi dei Podestà e Capitani del Popolo, che qui avevano il loro ufficio
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amministrativo. La cisterna in mezzo alla piazza è un’opera recente: rifacimento di una cisterna costruita nel 1892, poi demolita, quando finalmente giunse a Magliano l’acqua potabile. Prima vi era una cisterna poco elevata da terra, sempre del 1425, coperta da una grata. Chiesa di San Martino Di forme romaniche, è stata eretta, almeno in parte verso l’anno 1000, ed in parte nel XV secolo. La facciata in conci di travertino è adorna di un portale decorato, negli stipiti da due draghi, uno dei quali è cavalcato da una figura umana. In alto una bifora con una colonna senza capitello. Al suo interno affreschi di scuola senese del XV secolo. La chiesa potrebbe essere stata, secondo Maurizio Santi nel suo Libro “Monaci e cavalieri nel grossetano” una Domus dei Templari con annesso convento. Ex convento camaldolese o Palazzo de La Carla (oggi abitazione privata) Adiacente alla Chiesa di S. Martino vi è uno stabile rimaneggiato in epoca recente che nel XVIII secolo ha ospitato i Camaldolesi, essendo stato a loro “affittato” dal Marchese Bentivoglio, e che poteva essere stato, a suo tempo, il convento dei Templari (ibidem Santi) Porta di San Martino E’ la porta nord dove termina Via Garibaldi, segnando un giunto tra le mura nuove, senesi, e quelle vecchie aldobrandesche. Porta nuova la porta più particolare di Magliano, con i suoi archetti mensolati, le grandi caditoie, e, nella volta interna, le tracce di un affresco, sbiadito dal tempo, raffigurante la Madonna. Proseguendo da porta Nuova verso sinistra si procede verso Porta San Giovanni e incontriamo l’ingresso del camminamento sulle mura. Per accedervi si può fare un piccolo percorso sul vecchio camminamento di ronda ed ammirare la bellezza di tutta la Maremma Grossetana che si stende davanti a noi.
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atmosfera
paese-paesaggio
paesaggio-piedistallo Magliano erge sul colle sopraelevato ed é circondata da una vasta piana che ne fa leggere il rilievo. Anch’esso costruito, il paesaggio, é caratterizzato da campi agricoli e piane verdi, alzandosi dolcemente a disegno dei colli. paese Magliano è un paese nel quale tutte le vie interne si affacciano su un pieno, eccezione fatta per i punti d’ingresso nelle strade principali: San Martino, San Giovanni, Porta Nuova. La frana è un episodio che genera un vista atipica per il paese, rompendo quello che è il distacco tra pese e paesaggio. [il muro] Il paese incontra il paesaggio, anch’esso costruito come il paese, ma cresciuto in maniera diversa. Mentre il paese si stratifica, svuotando i pieni e sovrapponendo i volumi, l’orografia costruita erge sotto il paese.
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paese-paesaggio Magliano erge sul colle sopraelevato ed é circondata da una vasta piana che ne fa leggere il rilievo. Anch’esso costruito, il paesaggio, é caratterizzato da campi agricoli e piane verdi, alzandosi dolcemente a disegno dei colli. E’ un paese nel quale tutte le vie interne si affacciano su un pieno, eccezione fatta per i punti d’ingresso nelle strade principali: San Martino, San Giovanni, Porta Nuova. La frana è un episodio che genera un vista atipica per il paese, rompendo quello che è il distacco tra pese e paesaggio. [il muro] Il paese incontra il paesaggio, anch’esso costruito come il paese, ma cresciuto in maniera diversa. Mentre il paese si stratifica, svuotando i pieni e sovrapponendo i volumi, l’orografia si erge, ergendo anch’esso.
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Inquadramento Magliano catasto Leopoldino
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Sedimentazione Durante la mostra del ‘78 fatta sul restauro dei disastri post alluvione del ‘66 il laboratorio presentò quello che considerava l’emblema ed il simbolo del suo lavoro. L’opera, del XIII secolo, aveva subito tra il XVIII e il XIX sec. due completi rifacimenti della sua immagine. Al tempo del secondo dipinto si credette opportuno intervenire “traducendo” quel linguaggio antico in uno moderno. Non fu quindi eseguita un’opera nuova ma fu un adeguamento della sua sintassi antica a costruzione moderna. E così Magliano mostra ogni sua fase, vivendo: il marmo, la pietra e il mattone, trasformandosi e strati candosi eterogeneamente nel tempo. Così le mura diventano edifici, i camminamenti per la ronda percorsi panoramici, le torri dei mirador.
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Firenze Restaura, Catalogo della mostra del ‘72. Firenze, depositi delle gallerie, Maestro della maddalena (anno XIII). Madonna col bambino (tavola). A metĂ restauro con prove di pulitura.
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centro civico koncept
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Magliano si erge, disegnando il paesaggio, come un’isola di salvezza, sull’alto della sua collina, prosecuzione ideale della roccia su cui poggia. Il paese sovrasta e spicca tra i colli circostanti, racchiuso dalle sue alte mura che lo differenziano in modo sostanziale dai centri vicini. Al suo interno le vie si affacciano sul pieno con le eccezioni per i punti d’ingresso delle strade principali: San Martino, San Giovanni, Porta Nuova. L’avvenimento della frana è un episodio atipico per il paese, che genera un vuoto verso il paesaggio. L’incontro è l’incipit del progetto, dove la relazione tra spazio cinto e sguardo cieco viene stravolta. Adesso si è creata un’eccezione, un’apertura nel pieno che ne rompe la massa e crea uno sguardo, nuovo punto di incontro fra paese e paesaggio. Nella frattura dell’unitarietà del paese si attesta il progetto, dove il vuoto è derivato dal naturale, il pieno viene costruito. Ci troviamo così nella situazione di avere un nuovo evento, una nuova apertura verso la campagna con la quale abbiamo deciso di dialogare senza saturarla. Il progetto dialoga con questi due piani attraverso due sintassi differenti, la prima che si rapporta con il paesaggio è più plastica, rapportandosi con esso con l’orizzontalità delle linee e l’uso di terrazzamenti, il secondo si confronta con il paese seguendo la verticalità del costruito con volumi pieni, in linea con quelli adiacenti. La dualità permane nel materiale stesso; i due piani inferiori sono costruiti in calcestruzzo misto ad inerti derivati dallo scavo, lisci, invece i due piani superiori sono disegnati da fughe che ne scandiscono le aperture dandogli una forma urbana. I due linguaggi si riflettono anche negli spazi pubblici, su via Garibaldi l’edificio si arretra creando una piazza, un nuovo spazio donato alla città in cui il paese si affaccia sul paesaggio, al contrario nel secondo piano interrato si ha un ribaltamento, il paesaggio entra nel paese attraverso la sala polivalente. Tra questi due livelli vi sono due elementi di contatto. Il primo è la torre, perno progettuale, la quale funge da collegamento verticale e termine prospettico, il secondo è formato dagli spazi pubblici e semi pubblici posti nel piano intermedio. Questi sono tre spazi diversi uniti in modo organico: una corte che porta luce ed aria ai piani sottostanti, una terrazza, situata sopra la copertura della sala polivalente sempre aperta al pubblico ed un foyer con funzione di spazio filtro tra interno ed esterno che ci permette di gestire al meglio la fruizione della sala conferenze anche con la chiusura del resto dell’edificio.
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centro civico progetto
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quota +4.80m 1. uffici 2. servizi 3. laboratorio
quota 1.50m paese
1. hall 2. servizi 3. sala espositiva
quota -6.50m
1. foyer 2. servizi 3. emeroteca 4. sala conferenze 5. terrazza
quota -11.00m spazio eventi
1. sala polivalente 2. servizi 3. magazzino 4. piazza eventi 5. sistema di risalita
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piante 1:500 1. pianta del secondo piano interrato livello della piazza eventi 2. pianta del primo livello interrato
sotto il paese Una delle volontà di progetto è stata quella di progettare uno spazio fruibile occasionalmente da utilizzare durante gli eventi. Così la piazza mercatale è in relazione alla sala polivalente, pensata come uno spazio in aggiunta ed allestibile ad hoc. Sempre in connessione con la piazza eventi si trova una scalinata che porta al piano -1 del progetto, dove si trova la terrazza panoramica coperta da una pensilina dalla quale si accede ad uno spazio filtro, il foyer, dal quale si può accede in maniera indipendente alla sala conferenze o allo spaio della sala lettura, fruendo anche della corte che porta areazione ed illuminazione indiretta agli ambienti circostanti. Attaccata allo spazio del mercato si innesta anche la torre, elemento freddo di risalita verticale, disegnata e progettata per consentire due punti di vista, all’ingresso e sulla cima. Questa collega tutti i piani dell’edificio consentendo una fruizione semplice e veloce dello spazio pubblico. La progettazione degli spazi sotto la quota del paese ha previsto uno studio attendo dell’illuminazione, non solo in maniera tecnica ma anche sintattica. Gli ambienti per la loro natura sono progettati con illuminazioni mai dirette ma sempre diffuse, focalizzando l’attenzione dei fruitori all’interno degli ambienti e non verso l’esterno. Lo sguardo orizzontale dalla terrazza e dalla sala polivalente verso il paesaggio si pone in contrapposizione con quello verticale verso il cielo nella corte.
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piante 1:500 1. pianta al livello di Via Garibaldi 2. piano primo
sopra il paese Lo spazio pubblico su Via Garibaldi si genera seguendo come regola quella dell’episodio. La situazione atipica della frana che fa scoprire il paesaggio è il punto di partenza per la progettazione della terrazza che assume una spazialità prospettica, ad enfatizzare l’atmosfera, dove il termine è la torre. La piazza è delimitata da una parte dalle preesistenze e dall’altra dal progetto, ma non sono paralleli, il nostro edificio si arretra andando verso il paesaggio, lo spazio cosi viene dilatato all’allontanarsi dalla via di Magliano. Sul fondo c’è la torre, elemento verticale di collegamento. Questa collega tutti i piani dell’edificio esternamente e prosegue in altezza fino ad avere una terrazza sulla sua cima, diventando anch’essa un mirador come le torri senesi della cinta. La terrazza non prende però tutta la superficie, i solai sono arretrati facendo sì che vi sia un’illuminazione zenitale per tutta l’altezza della torre.
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sezione e prospetto 1:500 1. fronte Via Garibaldi 2. lungo la terrazza
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sezioni 1:500 1. lungo la torre 2. lungo la corte
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centro civico spazio
ingresso
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sistemazione paesaggistica
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affaccio sul paesaggio
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hall
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uffici
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laboratori
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terrazza
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foyer
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sala conferenze
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emeroteca
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Direttamente connessa allo spazio della piazza mercatale, estensione di questa, la sala polivalente è progettata in modo tale che lo spettatore viva uno spazio orizzontale che si apre verso il paesaggio sempre percependo però la verticalità del paese. La differente illuminazione, riflessa e diretta dal paese, in contrapposizione a quella diffusa e radente proveniente dalla corte, enfatizza la differente spazialità di cui vive il progetto. Lo spazio è pensato in relazione a quello pubblico, non solamente privato. Completamente apribile, con un sistema di vetrate a quattro binari, prevede un setto mobile che, scorrendo su due binari, diventa un padiglione temporaneo, con tutte le attrezzature comprese per l’allestimento. Previa la volonta di connettere l’esterno all’interno, anche il materiale usato è continuo. La materia che caratterizza il paesaggio è la terra lavorata dei campi circostanti, così il calcestruzzo è composto da inerti derivati dal luogo, cercando di mantenerne la pigmentazione.
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sala polivalente
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ingresso sala polivalente
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centro civico costruzione
struttura La struttura del nostro edificio è stata progettata con lo scopo di ottenere due risultati: mantenere la corte libera da pilastri ed avere ampie luci in modo da non far cadere pilastri all’interno degli ambienti. Per fare questo abbiamo arretrato la pilastratura, facendo sì che la parte più prossima alla corte funzioni come un balcone e per evitare che i pilastri cadano dentro gli spazi li abbiamo posti agli estremi di ogni singolo volume. Questi così sono o inglobati all’interno del muro o vengono sfruttati per creare arredi o librerie. Un esempio è la sala polivalente, dove, a causa della maglia strutturale, a circa 2/3 della stanza vi sono due pilastri. Questi sono stati sfruttati creando una parete per il bar e un mobilio scorrevole con il quale gestire gli eventi che saranno tenuti nella sala polivalente e nel quale inserire gli arredi. Matericamente la struttura è formata da un telaio in cemento armato, le cui travi principali sono parallele allo sviluppo in lunghezza dell’edificio mentre nell’altro verso è ordito con travetti tralicciati in laterocemento. Le luci sono ampie e possono essere superate grazie al discreto spessore di queste. Il tamponamento è formato da blocchi in laterizio ed è usato come coibentazione dell’isolante poliuretanico. Per evitare di dover effettuare delle tracce nel muro e per una maggior facilità di posa degli impianti, sono state previste delle contropareti in cartongesso.
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materiali di progetto: 1. calcestruzzo con inerti derivati dallo scavo 2. listellato in noce 3.ottone acidato
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sala espositiva
materia Il progetto si compone di tre materiali principali: il calcestruzzo, il legno e l’ottone. Quello più usato è il calcestruzzo, questo ha come inerti i materiali di scavo estratti durante i lavori. L’uso di queste rocce, quelle su cui poggia il paese e di cui sono fatte le abitazioni stesse, oltre ad avere un valore simbolico, ci aiuta a amalgamare meglio il progetto con il luogo. L’edificio avrà così quel caratteristico colore che caratterizza il terreno, la nuda pietra e le antiche mura, una rielaborazione moderna della continuità materica. Il calcestruzzo avrà due lavorazioni diverse, la parte inferiore che si rapporta con il paesaggio è formalmente più plastico ed è gettato in casseforme lisce, mentre la parte superiore di forma più urbana ha delle fughe orizzontali che scandiscono le facciate le quali inquadrano le finestre. L’altro materiale è il legno, derivato dalla ruralità del luogo, è usato principalmente per gli arredi la interni e per le porte, in special modo nei pannelli della sala espositiva. Qui il legno è esterno, usato in pannelli scorrevoli che possono essere regolati in base alle esigenze dell’esposizione. Guardando da dentro l’ambiente, come nella vista qua a fianco, possiamo vedere la corrispondenza fra il legno delle aperture delle abitazioni dall’altra parte della strada con le nostre pannellature in un rimando fra tradizione e modernità. L’ultimo materiale è l’ottone. Non si tratta di un materiale del luogo, non è neanche fra i più utilizzati in architettura ma lo abbiamo scelto per dare una sorta di nobiltà alle finiture degne di un edificio pubblico pensato per essere il nuovo centro della comunità.
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A_solaio di copertura - manto di coppi ed embrici su letto di malta - guaina impermiabilizzante - massetto collaborante con rete elettrosaldata sp. 5 cm - solaio in laterocemento con pignatte ( sp. 25x20x45 cm) e travetti tralicciati - isolante termico in Polistirene espanso estruso sp. 4 cm - barriera al vapore - controsoffitto in cartongesso B_chiusura verticale - trave in calcestruzzo armato dimensione 60x40 cm - getto in calcestruzzo con inerti locali derivati dallo scavo di rivestimento sp. 10 cm - isolante termico in polistirene espanso estruso sp. 10 cm - barriera al vapore - tamponamento in blocchi di laterizio 20x19x40 cm - camera d’aria per il passaggio degli impianti sp. 4cm - controparete in cartongesso C_solaio - pavimentazione in cemento resina - massetto portaimpianti - barriera al vapore - Isolante termico in stiferite sp. 4 cm - massetto collaborante con rete elettrosaldata sp. 5 cm - solaio in laterocemento con pignatte ( sp. 25x20x45 cm) e travetti tralicciati - intonaco civile sp. 3 cm - controsoffitto in cartongesso D_chiusura verticale - trave in calcestruzzo armato dimensione 60x40 cm - binario in acciaio per porte scorrevoli fissato su scatolare in acciaio - rivestimento in ottone acidato - porta in noce verniciato sp. 10 cm con finiture in ottone acidato - infisso a taglio termico Skyframe - guida in acciaio con spazzole - soglia in pietra Santafiora E_solaio - pavimentazione in cemento autolivellante - massetto portaimpianti - barriera al vapore - isolante termico in stiferite sp. 4 cm - massetto collaborante con rete elettrosaldata sp. 5 cm - solaio in laterocemento con pignatte ( sp. 25x20x45 cm) e travetti tralicciati - intonaco civile sp. 3 cm - controsoffitto in cartongesso F_solaio - lastre in pietra preesistenti
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- getto di chiusura orizzontale in cemento armato G_chiusura verticale - trave in calcestruzzo armato dimensione 60x40 cm - tamponamento in laterizi forati sp. 8 cm - isolante termico in polistirene espanso estruso sp. 4 cm - barriera al vapore - tamponamento in blocchi di laterizio 20x19x40 cm - camera d’aria per il passaggio degli impianti sp. - controparete in cartongesso - scannafosso - parete di controterra in calcestruzzo armato - guaina per pareti controterra
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centro civico quaderni
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bibliografia _Fernando Espuelas, Madre Materia, Marinotti, 2012 _Fernando Espuelas, Il Vuoto, Marinotti, 2004 _Antonio Esposito, Giovanni Leoni, Fernando TĂĄvora. Opera completa, Mondadori Electa, 2005 _Massiliano Savorra, La forma e la struttura. FĂŠlix Candela, gli scritti, Mondadori Electa, 2013 _Vittorio Baccetti, Castrum Malleanum: Magliano in marittima, ora MAgliano in Toscana, 2017
Vieri Ferrucci ferruccivieri@gmail.com 366 3186254 Diego Fiorenzani diego.fiorenzani@gmail.com 347 6040236 Leonardo Meini leomeo.meini@gmail.com 333 3370563