Relazioni sullo stato e sull'ipotesi di restauro della chiesa dell'Annunziata a Suvereto

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Indice

1) Inquadramento Storico-Geografico 1.1) Inquadramento territoriale 1.2) Ricerca storica 2) Descrizione morfologica dell’edificio 3) Analisi 3.1) Analisi Materica 3.2) Analisi delle apparecchiature murarie 4) Rilievo degli stati di degrado 4.1) Degrado strutturale 4.2) Degrado non strutturale 5) Ipotesi costruttive 6) Considerazioni finali 7) Bibliografia e sitografia

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Chiesa della Santissima Annunziata Sita nel comune di Suvereto (Li), Loc. Fonte dell’Annunziata IGM 119 III-NE Lat 43°6’20N Long. 10°38’48E

1) Inquadramento Storico-Geografico 1.1) Inquadramento territoriale Il nostro oggetto di studio per il laboratorio di restauro I è la chiesa sconsacrata della Santissima Annunziata. Si tratta di un edificio appartenente alla diocesi di Massa-Piombino ubicato ad una quota di 268 m. s.l.m nel comune di Suvereto, in Loc. Fonte dell’Annunziata (IGM 119 III-NE Lat 43°6’20N Long. 10°38’48E).

Figura 1 Inquadramento generale

Si trova molto al di fuori dei centri abitati, distante 2,3 km dalla frazione di Prata e 7,2 km sia da Sassetta che da Suvereto, lungo una strada moderna di mezza costa che collega Castagneto a questi due comuni. Ci troviamo nella parte più meridionale della provincia di Livorno, sui colli della val di Cornia, zona di confine fra l’alta maremma e la maremma grossetana. Si tratta di una zona formata da una vallata fluviale, un tempo paludosa, circondata da colline coperte prevalentemente da boschi con insediamenti in massima parte di origine medievale che si sono formati sulle alture. Attorno alla fine del XII secolo sono stati costruiti numerosi edifici sacri nella zona e nell’arcipelago, con caratteristiche similari fra loro. Nella carta ne abbiamo mostrati solo 4 oltre alla nostra chiesa, i più vicini e meglio conservati.

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Partendo dall’alto:

In azzurro, Monastero di San Pietro in Palazzuolo presso Monteverdi (riscostruito XII secolo) [1] In rosso, Chiesa della Santissima Annunziata (fine XII inizio XIII secolo) [2] In verde chiaro, Chiesa di San Silvestro nella Rocca di S. Silvestro presso Campiglia M.ma (XII secolo) [2] In giallo, Chiesa di San Giusto a Suvereto (1189) [fonte epigrafica] In verde, Pieve di San Giovanni a Campiglia Marittima (1173) [fonte epigrafica] In viola, Chiesa di San Pietro D’Acquaviva a Venturina Terme (datato XI secolo) [2] [1] (Belcari, Bianchi, Farinelli 2003, 93) [2] (Belcari 2009, 90, 108, 186)

Figura 2 Quattro delle chiese citate

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L’attuale strada per raggiungere l’edificio è, come abbiamo già detto, una strada di mezza costa con molte curve e tornanti dettati dalla morfologia collinare della zona. Confrontandoci con le carte del catasto leopoldino abbiamo potuto appurare che quella strada è di epoca successiva alla sua stesura e i precedenti percorsi che attraversavano quel territorio erano percorsi di crinale. Uno partendo da Suvereto passava per il villaggio di Belvedere e si collegava a Sassetta mentre l’altro da Campiglia Marittima, costeggiando monte Calvi, confluiva nell’altra strada poco prima di giungere a Sassetta.

Figura 3 Percorso moderno

percorso presente nel catasto ottocentesco

Si nota così che la nostra chiesa non fosse almeno nell’800 nei pressi di una viabilità principale ma giaceva in posizione marginale, collegata tramite una deviazione (chiamato “stradello” sul catasto leopoldino) all’asse Suvereto-Belvedere-Sassetta. Probabilmente la sua marginalità rispetto agli assi principali è precedente e possiamo leggere fra le righe che se Bernardino Accarigi, in una visita episcopale nel 1661, preferì raggiungere direttamente Sassetta non passando da questo edificio (Maria Teresa Lazzarini 2012,100), si può desumere che non fosse di strada ma già nel XVIII secolo comportasse una deviazione. Questo suo isolamento ha fatto ipotizzare ad alcuni studiosi che si trattasse di un edificio non preposto alla cura delle anime (Galeotti-Peperini 2013,193) ma piuttosto un eremo o un ospedale per i pellegrini, il che spiegherebbe la posizione isolata che ha sempre avuto rispetto ai centri abitati (Belcari 2009,108, Landolfi- Lombardi 1990, 78).

Figura 4 Ingrandimento della zona su carta del catasto storico

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L’edificazione in particolare è avvenuta in una piccola valle attraversata da un fosso, arretrata di alcuni metri dalla strada attuale sulla quale volge una delle fiancate. Il terreno tra l’edificio e la via è abbastanza pianeggiante mentre attorno è variamente scosceso anche a causa del dilavamento delle colline. Nei suo pressi è presente una fonte nella quale sono incanalate le acque sorgive che sgorgano più a monte e dei ruderi più o meno mantenuti di essiccatoi per le castagne. Ci sono inoltre altri ruderi parzialmente interrati e in cattivo stato di conservazione di elementi collegate all’attività della chiesa variamente interpretati dalla storiografia.

Figura 5 CTR della zona scala 1:5000

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1.2) Ricerca storica Non esiste una documentazione scritta o degli elementi epigrafici che possono far risalire con certezza ad una data di edificazione dell’edificio, non è nemmeno chiaro quale fosse il suo reale utilizzo. L’ipotesi che ha preso più campo fra gli studiosi è che si trattasse di un edificio non preposto alla cura delle anime (Galeotti-Peperini 2013,193) ma piuttosto un eremo o un ospedale per i pellegrini, il che spiegherebbe la posizione isolata che ha sempre avuto rispetto ai centri abitati (Belcari 2009,108, Landolfi-Lombardi 1990, 78) L’impianto comunque, in accordo ad altri studi si può far risalire a fine XII inizio XIII secolo (Belcari 2009,108; Galeotti-Peperini 2013,193), epoca in cui furono costruite diverse altre chiese romaniche nella zona, fra le quali spiccano la pieve di San Giusto a Suvereto (1189) e la pieve di San Giovanni a Campiglia (1173), anche se la volta a botte spezzata e ogivale ne fanno un unicum nella zona, essendo, o essendo state, tutti gli altri edifici sacri del comprensorio coperti con una copertura lignea a capriate. È un elemento particolare e degno di nota in quanto raro in tutta la regione ed è stata per questo collegata da alcuni studiosi all’eremo di San Guglielmo di Malavalle nel comune di Castiglione della Pescaia dove si ripresenta la stessa tipologia di volta. (GaleottiPeperini 2013, 197), (Pozzessere 2002, 164)

Figura 6 Volta eremo S. Guglielmo in Malavalle

Figura 7 Volta chiesa SS. Annunziata

Le fonti che parlano del nostro edificio sono molto scarse, non viene menzionata ne’ negli elenchi delle decime del 1298, ne’ nel 1264 con la definizione dei confini da parte del pievano di San Cipriano con la comunità di Suvereto, ne’ nel 1318 con la definizione dei confini da parte dei signori di Sassetta. La prima menzione che si ha è nel 1530, nella Tavola degli Officiali, dove vengono nominati due operai “Sopra la Nonziata”. C’è da fare tuttavia una precisazione in quanto le liste delle decime della diocesi di Massa oltre a non essere organizzate secondo il criterio delle pievanie, sono lacunose in varie parti, ma può anche darsi che l‘ente a cui apparteneva l’edificio potrebbe essere stato esente dal pagare le decime alla curia locale, che è ritenuta essere l’ipotesi più probabile (Galeotti-Peperini 2013, 193). Sappiamo però che già nel 1587 gli Anziani di Suvereto descrivevano la chiesa, in una supplica rivolta al Signore di Piombino Alessandro d’ Appiano, come “diventata alloggio dei bestiami”, probabilmente esagerando, a causa dei 200 scudi sottratti dal padre Jacopo VI ai luoghi di culto suveretani, confraternite e all’ospedale di sant’Antonio a favore pag. 7


nuovo Ospedale della Trinità di Piombino. La sua criticità si può percepire per l’improvviso cambiamento di programma del vescovo Bernardino Accarigi nel 1661 che preferì nella sua visita episcopale raggiungere direttamente Sassetta. Undici anni dopo, nel 1672, il vescovo Niccolò della Ciaia, della diocesi di Massa-Populonia denuncia il degrado e l’impossibilità di effettuare le celebrazioni liturgiche poiché mancano i suppellettili e i vasi sacri, rivelando anche che la chiesa è affidata ai monaci ospedalieri del San Giovanni di Dio quali probabilmente la ricevettero da un altro ente ecclesiastico fra quelli soppressi nel 1564 (Maria Teresa Lazzarini 2012,100; GaleottiPeperini 2013, 193). Andando avanti con gli anni si perde in toto la funzione liturgica tanto da diventare ricovero per il bestiame e venir venduta a privati assieme ai boschi che la circondano. Nel 1928 tramite il prefetto, i suveretani chiedono di intervenire per salvare l’” antichissima e bella” costruzione “austera e suggestiva” conservante ancora i resti dell’altare maggiore. Fu eseguito un sopralluogo nel 1929 da parte di Egisto Bellini ma si concluse con un nulla di fatto (AGSPi 1928-1936, D/126; Maria Teresa Lazzarini 2012,100). Dalle caratteristiche del degrado provocato da colpi di arma da fuoco è possibile evincere che questa chiesa ebbe un ruolo all’interno del secondo conflitto mondiale durante la ritirata tedesca ma purtroppo non siamo riusciti a trovare fonti attendibili che ci spiegassero l’accaduto nel particolare. Nel testo di Galeotti-Paperini Figura 8 Foto d'epoca (2013, 196) viene detto genericamente che l’edificio fu un punto di resistenza delle truppe tedesche in ritirata e a guerra finita furono effettuati scavi clandestini nel piano di calpestio interno, mancante di pavimentazione e estratti diversi conci dal muro. Nel 1950 il proprietario, Francesco Filippi risanò la copertura e Landolfi-Lombardi (1990,77-79) ricordano ulteriori riparazioni del tetto negli anni ’80. Nella zona absidiale esterna e Figura 9 Colpo di arma da fuoco sulla crepa passante della controfacciata è stato tentato un intervento di consolidamento con una gettata di cemento, probabilmente sono stati effettuati nello stesso periodo anche in Landolfi-Lombardi (1990,77-79) è menzionato solamente l’intervento sull’abside. Recentemente la chiesa è stata donata dai privati alla curia di Massa ed è in attesa di un intervento di restauro. Sarebbe dovuto partire a breve i lavori di consolidamento che avrebbero previsto un cordolo di calcestruzzo armato al di sotto della copertura ma a causa di problemi sulla cupola del duomo di Massa è stato rimandato.

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Figura 10 Alcuni dei frammenti ritrovati

Duranti i lavori di scavo diretti da Fabio Redi nel 2009 sono stati rinvenuti 24 frammenti di affresco che per la loro estrema frammentarietà dell’intonaco recuperato e le dimensioni molto contenute è verosimile ipotizzare che l’originaria collocazione sia stata su una parete posta in alto nell’area presbiteriale. Dai reperti si può intuire che si trattasse di una madonna con bambino, soprattutto dai pezzi della veste blu tipici dell’iconografia mariana (Maria Teresa Lazzarini 2012,100).

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2) Descrizione morfologica dell’edificio

La chiesa è formata da un'unica aula (circa 10,9x5.8) monoabsidiata divisa in due campate di forma approssimatamente quadrate delineate da due lesene. La copertura è formata da una volta a botte archiacuta poggiante su un cornicione liscio che corre lungo tutto il perimetro della chiesa, sulle lesene poggia un arco acuto di irrobustimento della volta. Sono presenti 2 entrate, una principale in facciata e una sul lato destro, c’era anche una terza ma è stata chiusa in tempi storici. Il portale in facciata è semplice, costituito da un arco a tutto sesto che sgrava dal peso della muratura l’architrave sottostante poggiante su due mensole di stipite modanate e la stessa configurazione è usata per il portale destro. Gli elementi del portale occluso sono stati tolti dalla muratura esterna mentre permangono in quella interna. Sono presenti 5 aperture attualmente nella chiesa, 3 monofore a doppia strombatura sul lato destro ad altezza non uniforme, una finestra rettangolare anch’essa a doppia strombatura sulla facciata e un'altra monofora sulla parete al di sopra dell’abside, forse era anch’essa a doppia strombatura ma essendo crollata la muratura esterna non è possibile determinarlo. Partendo Figura 11 Pianta 1:200 dall’abside la prima monofora ha sia la quota inferiore che quella superiore più basse rispetto alle altre due. Ha internamente un archetto monolitico come la seconda ma per tutte e tre all’esterno ci sono delle semplici aperture rettangolari. La seconda e la terza monofora hanno una corrispondenza nella quota inferiore ma per quanto riguarda la parte alta vi è una difformità di quota oltre al fatto che la terza, elevandosi fino alla modanatura Figura 12 Sezione longitudinale scala 1:200 manca dell’archetto monolitico. Queste diversità sono probabilmente frutto di diverse fasi di cantiere e del rimaneggiamento quando fu costruita la volta. Là in facciata è presente una finestra di forma rettangolare, doppiamente strombata sui lati, con la parte bassa discendente verso l’interno. L’architrave della finestra probabilmente in origine era alla stessa quota sia internamente che esternamente, ma adesso pur mantenendo la quota originaria all’interno, a causa del monolite di forma triangolare che funge di architrave, verso l’esterno ha avuto una frammentazione delle pietre che fanno sì che si registri una quota più alta. I rilievi di questo elemento sono resi difficili dalla presenza di un albero ad alto fusto radicatosi fra il

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tetto e la sommità della finestra. Sopra l’abside si apre un'altra monofora che, come abbiamo precedentemente detto, allo stato attuale è visibile solo internamente in quanto la parete è mancante dello strato murario più esterno. Nell’abside si trova un ulteriore apertura ma non ci è dato sapere se fosse anch’essa una monofora in quanto adesso la zona absidiale risulta interrata esternamente. All’interno della muratura della volta sono stati inseriti degli archetti monolitici, probabilmente o avanzati nella fase di cantiere o più plausibilmente frutto di rimaneggiamenti e modifiche dell’apparato murario. Le murature sono formate da un muro a sacco di spessore omogeneo lungo tutto l’edificio con uno spessore variabile intorno a 1,07 m tranne poco al di sopra della quota fuori terra dell’abside dove c’è una mancanza della muratura esterna di rifinitura che mostra lo strato interno e portando lo spessore a poco più di mezzo metro. Sono presenti nelle murature interne alcune nicchie di forma quadrangolare, alcune originarie ed altre frutto di azione di vandalismo. All’esterno in facciata è presente una discontinuità con arretramento del muro ma pur essendo evidente una colorazione diversa dovuta alle patine presenti in modo maggiore sulla parte inferiore più aggettante, non è riscontrabile una differenza con l’apparecchiatura muraria delle prime file di conci subito al di sopra, il che può far ipotizzare che prima della costruzione della volta fosse già presente questo arretramento e avesse un suo significato. Sul lato sinistro si può notare la presenza di un basamento sporgente che va a interrandosi dopo poco Figura 13 Sezioni trasversali scala 1:200 nella collina, questo elemento non ha corrispondenza ne’ sull’altro lato ne’ in facciata e non è chiaro come si raccordi con l’abside essendo interrato di oltre due metri nella terra. Sul retro poi ci sono ruderi parzialmente interrati, evidenza di preesistenti strutture ma per il loro degrado e mancandoci le competenze non siamo in grado di definire le loro funzioni. Per quanto riguarda la pavimentazione Figura 14 Sezione longitudinale scala 1:200 questa è mancante, all’interno della chiesa c’è soltanto terra battuta con un dislivello di circa 90 centimetri fra l’ingresso e l’abside. A causa di attività di scavo, prima clandestino e poi per lo studio sono visibili nella parte presbiteriale le fondazioni. Dall’andamento del dente sporgente dalle murature laterali (il quale corre per tutto il perimetro interno) si può ipotizzare che il presbiterio fosse più alto rispetto al resto della pavimentazione interna. Il tetto è a due falde di fattura moderna e versa in terribili condizioni, non essendo stato manutenuto per moltissimo tempo vi sono cresciute molte piante anche ad alto fusto che oltre a

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far penetrare le acque che bagnano la volta mettono a rischio la volta stessa nel caso vi penetrassero le radici.

Figura 15 Vista della chiesa

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2) Analisi 2.1) Analisi materiali Matericamente la chiesa è molto omogenea, è costituita per la maggior parte da conci squadrati di fattura più o meno pregevole, a seconda dei punti, di calcare marnoso di approvvigionamento locale identificato da noi con lo stesso tipo di materiale con cui sono edificate molte delle case del paese di Sassetta, conosciuto come Rosso di Sassetta o Rosso Rosa di Suvereto. La sua formazione è riferibile cronologicamente al Sinemuriano ed occupa, all'interno della Successione Toscana non metamorfica, la posizione tra il Calcare Massiccio ed i Calcari ad Angulati alla base, ed il Calcare con selci chiare a tetto. Figura 16 Edificio di Sassetta con Ad un primo livello massiccio cantonale in calcare rosa dello spessore reale valutabile, nei casi più favorevoli, in 10-15 m, seguono livelli ben stratificati con numerose intercalazioni di marne di colore rosso scuro e violacee. Litologicamente come abbiamo già detto sono calcari e calcari marnosi a grana fine, di colore variabile dal rosa al rosso scuro; la colorazione è dovuta ad un pigmento ematitico e limonitico, l'aspetto è generalmente nodulare e segnato dalla presenza di giunti stilolitici di colore rosso scuro. Il colore della parte massiccia è variabile da un rosso scuro ad un rosa pallido mentre nella facies stratificata il colore varia dal rosa pallido al giallo chiaro. Il passaggio Figura 17 Interno della chiesa della SS. Annunziata con i sovrastanti calcari con selci chiare avviene generalmente per alternanze su un intervallo di 30 -50 m. Al giorno d’oggi sono tre i luoghi nelle vicinanze dai quali si estrae questo materiale: -a N-E di Campiglia Marittima (Li); -a N-E di Sassetta (Li); -a S-E di Suvereto (Li); Questo calcare a straterelli con aspetto nodulare e giunti stilolitici di colore rosa venato è stato usato in passato sia come pietra ornamentale sia per bozze e conci da costruzione (P.R.A.E.R., 2007). In legenda abbiamo contrassegnato gli elementi più scuri di questo tipo di calcare in quanto ci potrebbero essere stati degli effetti di bicromia come sembrerebbe nell’arco del portale di sinistra. Figura 18 Particolare dell’arco del portale sinistro

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Per la fascia immediatamente sopra le fondazioni è usata un altro tipo di calcare grigio di grana diversa. L’ipotesi più plausibile sembra quella dell’identificazione con il flisch calcareo estratto nella zona di Suvereto, ma essendo questo tipo di pietra cavata sporadicamente e marginalmente non abbiamo elementi sufficienti per esserne certi. È localizzabile, come abbiamo già detto, principalmente nella parte bassa dell’edificio, nell’apparecchiatura muraria di primo tipo, ma lo si può trovare alcune delle pietre angolari e in alcuni conci del portale. Nella parte alta della chiesa è stato utilizzato in seguito a Figura 19 Calcare grigio rimaneggiamenti. Oltre a queste due tipo di pietre sono state usate nelle murature rocce di varie tipologie con forme prevalentemente casuali e dimensioni varie. Si ritrovano sotto forma di conglomerato nel nucleo del muro a sacco e impiegate in rimaneggiamenti e tamponamenti successivi, specialmente nella parte alta e nel portale del lato nord-ovest. Presumibilmente si tratta di materiale trovato in loco o nelle immediate vicinanze. L’uso di materiale fittile è limitato fondamentalmente alle tegole del tetto ma sono comunque presenti dei laterizi di varie epoche anche se il loro uso è limitato quasi esclusivamente alla parte al di sotto della copertura. La maggior parte dei mattoni perciò è formato da mezzane Figura 201 Tamponamento con pietre irregolari del portale di di epoca recente, poste diagonalmente a sbalzo a sostegno delle nord-ovest tegole, le quali abbiamo incluso nella legenda nella dicitura tetto poiché presumibilmente da rifare insieme alla copertura. Il legante è rappresentato quasi esclusivamente da calce aerea molto magra, a tratti quasi terrosa che ha in alcune zone stilatura del giunto. In epoca moderna è stato invece usato come legante una malta cementizia per interventi di consolidamento localizzati nella fessurazione passante della facciata e nella parte esterna dell’abside, collocabili in base alle nostre fonti negli anni ’80 ad opera di privati. Figura 212 Interno dell'arco del portale coperto di cemento

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2.2) Analisi delle apparecchiature murarie La chiesa pur essendo matericamente molto omogenea presenta evidenti discontinuità nella muratura riferibili a fasi di cantiere, riprese e rimaneggiamenti. La muratura in generale si presenta in conci squadrati di pietra calcarea di varie dimensioni e proporzioni ma con lavorazioni e rifiniture molto differenti, passando da conci molto regolari presentanti nastrino (anatirosi) realizzati con scalpello a lama piana a conci appena sbozzati. I tipi di apparecchiature diverse possono essere ricondotte a dieci a cui si sommano le fondazioni, gli elementi speciali e la copertura. Il primo tipo di muratura (Muratura tipo I) riscontrabile partendo dal basso e visibile principalmente sul lato esterno destro è formato blocchi regolari di grandi dimensioni di calcare grigio. Le proporzioni sono approssimatamente quadrati con filari molto alti e i giunti sono abbastanza stretti con poca presenza di malta visibile tra giunto e giunto, specialmente per i filari inferiori dove in alcuni casi sono state poste delle scaglie di pietra. Questo tipo di muratura, posta sopra le fondazioni, corre lungo il lato destro e la parte destra della facciata interrompendosi all’ingresso per poi riprendere nella parte sinistra della facciata quasi in corrispondenza dell’angolo, è possibile vedere parte dello stesso tipo di apparecchiatura per quanto possibile in una parte non ancora interrata della fiancata sinistra ed è plausibile che corra lungo tutto il perimetro anche se al momento non è verificabile. Il secondo tipo di muratura (muratura tipo II) è presente sulla fiancata destra della chiesa nella parte più vicina all’abside subito al di sopra del primo strato, partendo dall’angolo e arrivando poco più in là del portale presente sul lato. Si compone di conci di dimensioni e filari di varie dimensioni, parecchio diverse tra loro con pietre sia di calcare rosa di colore tendente al giallo e che di calcare grigio. La caratteristica peculiare di questa apparecchiatura muraria sono i giunti riempiti di scaglie di pietra posti fra i conci rozzamente squadrati. Scorrendo sempre sulla fiancata destra incontriamo un terzo tipo di muratura (Muratura tipo III), che insieme a quella dell’abside è la più regolare. È localizzabile in una fascia che va da dove finisce la mutatura di tipo II fino al portale in facciata interrompendosi in corrispondenza di questa. I conci sono ben squadrati, lisci in superficie, con giunti strettissimi che non lasciano quasi vedere malta fra giunto e giunto. I filari hanno altezza medio-grandi con conci anche questi di grandezza medio-grandi. La cura di questo tipo di muratura può far suggerire un periodo di maggior disponibilità economica del cantiere. Al di sopra di queste apparecchiature murarie si trova la quarta tipologia (Muratura tipo IV) che prende la parte mediana della fiancata destra e della destra della facciata e la fascia inferiore di metà facciata e del lato sinistro. Internamente è riscontrabile nella parte mediana della controfacciata, nella metà superiore della prima campata e in parte del terzo superiore della prima campata di destra. La muratura si compone di conci di dimensioni inferiori rispetto alla tipologia III, squadrati ma lavorati più rozzamente. Proporzionalmente sono abbastanza omogenei fra loro ed i filari sono di altezza media, i giunti sono abbastanza larghi e lasciano vedere la malta fra concio e concio. Proseguendo sempre esternamente è possibile notare un cambiamento repentino dell’apparecchiatura muraria in corrispondenza della parte alta dell’edificio, questa muratura (Muratura tipo V) crea una fascia di altezza regolare attorno a tre dei 4 lati dell’edificio e, sovrapponendo i rilievi interni con quelli esterni è possibile vedere che questo stacco si trovi all’imposta della volta. I conci sono proporzionalmente disomogenei di grandezza variabile fra piccola e media, i filari generalmente sono stretti ma alcuni sono di altezza media e mentre i giunti pag. 15


sono larghi con abbondanza di malta visibile, in alcuni casi anche sulle facce delle pietre. La lavorazione è inferiore alla tipologia IV e i conci sono solo sbozzati. Passando al lato interno incontriamo l’apparecchiatura muraria di tipo VI, riscontrabile nella fascia inferiore della controfacciata e nei due lati più lunghi interni, in modo maggiore e più regolare nel lato sinistro. Le dimensioni dei conci sono molto variabili e vanno da grande a piccola e l’altezza dei filari varia con queste. I giunti sono molto larghi e c’è una sovrabbondanza di malta con presenza dove è rimasta di stilatura del giunto. I conci sono solo sbozzati, non hanno una rifinitura, questo assieme alla sovrabbondanza di calce in superficie può far ipotizzare che potessero essere coperti in passato. La corrispondenza tra esterno ed interno di questo tipo di muratura non è definibile con sicurezza a causa dell’estremo degrado della muratura fuori, si possono apprezzare delle piccolissime variazioni che però non abbiamo messo nella tavola della classificazione delle apparecchiature muraria in quanto non definibili con sicurezza, queste si ritrovano nel terzo inferiore delle murature esterne eccettuato l’abside. La zona dell’abside e in generale la seconda campata dell’edificio ha una muratura qualitativamente superiore rispetto al resto. Ci sono delle sottili differenze per quanto riguarda la dimensioni dei conci e dei filari tra i muri laterali e l’abside ma in generale possono essere annoverate entrambe nella tipologia di apparecchiatura muraria VII.a. La caratteristica principale di questo tipo di muratura è la cura nella sua lavorazione, tanto da presentare in alcuni conci anatirosi, e la posa in opera a giunti molto stretti, lasciando solo in pochi casi malta a vista. L’apparecchiatura muraria della volta presenta molte analogie con la tipologia precedente ma si differenzia soprattutto per la proporzione dei conci molto stretti ed allungati. È classificata come Muratura tipo VII.b e si ritrova oltre che nella volta, anche nella parte alta del muro della parete sopra l’abside. La lavorazione e le caratteristiche sono al tipo VII.a ma non sembra esserci la presenza di nastrino per quanto potuto osservare. La successiva tipologia di apparecchiatura muraria (Muratura tipo VIII) raggruppa dentro di se tutti gli interventi successivi o contemporanei alla realizzazione dell’edificio che presentano un’apparecchiatura spiccatamente irregolare, non è rappresentata dunque la differenziazione degli interventi ma l’assenza di regole nella posa del materiale. Principalmente sono tre le zone dove si ha quest’apparecchiatura, nella parte alta dell’edificio in prossimità del tetto in special modo in facciata, nel tamponamento della porta sul lato di nord-ovest e nell’abside. Le cause principali della presenza di queste irregolarità probabilmente sono riferibili nel primo caso a interventi di rifacimento della copertura, il secondo è riferibile ad un semplice tamponamento avvenuto in tempi storici per motivi a noi sconosciuti di un portale del quale esternamente sono state tolte le pietre lavorate che componevano l’elemento architettonico mentre il terzo è riferibile al distaccamento della faccia esterna della muratura a sacco. Si nota chiaramente nella parte esterna absidiale che in elevato sia presente solo una parte di muro in quanto visibile fino ad una certa quota parte della parete nella sua completezza. Anche internamente nella zona in alto a destra della parete sopra l’abside c’è una zona di muratura molto irregolare, indice anche questa di un probabile rifacimento con un intervento successivo. Il materiale che caratterizza quest’apparecchiatura è vario, si hanno sia pietre di vario tipo non lavorate, materiale di riuso già appartenente all’edificio, materiale fittile e conci forse lavorati ex novo. La posa in opera è a giunti molto larghi con un apparecchiatura più o meno caotica. In corrispondenza degli angoli, siano essi cantonali che angoli di monofore o portali si ha la presenza di conci appositamente lavorati. Quest’apparecchiatura (tipo IX) è composta da pietre squadrate con regolarità e lavorate con anatirosi e bocciardatura, i giunti sono molto stretti e il materiale non è omogeneo. Il fatto che ci siano pietre di diversa colorazione in corrispondenza specialmente dei portali può far ipotizzare una ricerca di un certo effetto bicromatico. Seppur

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molto regolari nella lavorazione i conci sono disomogenei per quanto riguarda proporzioni e dimensioni. Puntualmente nella muratura si trovano pietre appositamente lavorate che abbiamo deciso di classificare con elementi speciali. Questi sono formati, per esempio, dai conci degli archi dei portali e dai loro architravi, nonchÊ dalle parti curvilinee realizzate per le monofore, in generale per tutti gli elementi ad hoc difficilmente riconducibili ad un tipo di apparecchiatura. La presenza di scavi clandestini prima e di scavi per studi archeologici poi ha messo alla luce le fondazioni dell’edificio nella parte interna dell’abside. Queste sono formate da conci molto grezzi di calcare rosa in una muratura di spessore piÚ largo della muratura sovrastante.

Figura 22 Scheda analitica delle apparecchiature murarie

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3) Rilievo degli stati di degrado 3.1) Degrado strutturale L’edificio nel suo complesso presenta numerose fessurazioni ed elementi di criticità statica, dovuti sia alla scarsa o nulla attività manutentiva che a carenze costruttive originarie. Per quanto riguarda le fessurazioni passanti, l’unica chiaramente distinguibile è quella che attraversa la facciata, partendo dalla finestra e giungendo fino all’architrave del portale, nel suo procedere, la frattura, ha fatto ricalare alcuni conci degli archi del portale, sia da una parte che dall’altra. Non si tratta di una fessurazione recente e probabilmente il tentativo di consolidamento con il cemento è coevo con l’intervento che è stato tentato negli anni ‘80 sull’abside. La crepa visibile internamente sulla Figura 23 Interno ed esterno della fessurazione in facciata nuova gettata di cemento e l’assenza del concio ricalato esternamente in una foto d’epoca sono spie di un aggravamento della situazione. Sempre per quanto riguarda la facciata, si ha la presenza di due zone di fessurazione non passante nella parte alta dove ci sono stati probabilmente interventi successivi al completamento della chiesa. Nella controfacciata è presente una moderata fessurazione nella parte di congiunzione fra la parete e la volta, leggermente maggiore sul lato sinistro. I lati destro e sinistro presentano una situazione abbastanza buona tranne nella parte terminale in congiungimento con l’abside. A destra si hanno varie fessurazioni nella parte terminale, nei pressi dei punti dove si è avuto il distacco del rivestimento lapideo esterno. Il lato sinistro ha nel punto terminale una situazione più grave e preoccupante. È una zona che ha avuto già un crollo e una ricostruzione, adesso pur non presentando lesioni Figura 24 Fessurazione non passante sul lato destro della passanti vere e proprie, la sua situazione lascia facciata intuire un nuovo probabile distacco. Internamente la questione a livello statico dell’angolo nord ovest dell’edificio è aggrava dall’allargamento con asportazione di materiale di una nicchia situata in angolo e dalla famiglia fessurativa interessante l’abside in quella zona e, anche se ad oggi il distaccamento sembra interessare solo gli strati più esterni, urgono misure di consolidamento. Eccettuata questa parte, il lati più lunghi presentano internamente delle fessurazioni non passanti vicino la facciata, ambedue diagonali e simmetriche fra loro oltre che la presenza di bucature nel muro allargate in seguito ad atti di vandalismo. L’abside ha, grazie alla presenza della terra e alla sua forma, un piombo quasi perfetto, ma la parte più alta oltre ad aver una forte pendenza, ha anche diverse fessurazioni non passanti che all’interno si trovano sia fra la Figura 25 Lesione angolo nord

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parete e l’attacco della volta, sia nella zona di rifacimento, mentre all’esterno si trovano nelle due parti più esterne. La volta a botte presenta la situazione più grave e problematica. Ci sono delle ampie zone nei pressi dei due lati più corti che hanno la presenza di fratturazioni, alcune delle quali così gravi che per la loro larghezza lasciano quasi cadere i conci. La situazione è più grave nella parte absidiale, complice la forte pendenza dell’ultimo tratto di muro. Urge al più presto un intervento di consolidamento vista la gravità della situazione e Figura 263 Muro sventrato da atti l’attacco sia dell’acqua che filtra dalla volta a causa del tetto vandalici quasi inesistente che dalla presenza di radici che possono compromettere la struttura. I fuori piombo fanno ipotizzare che si è avuto uno spanciamento della chiesa nei punti mediani che ha causato l’abbassamento della volta. Questo a causa del peso non piccolo della volta lapidea che pur essendo ogivale crea una spinta sulle murature non sufficientemente contrastata. Si riscontrano dei fuori piombo generalmente minori in prossimità degli angoli per l’irrigidimento dovuto alle pareti più corte e la volta non spingendo sui lati perpendicolari ad essa fa sì che ci siano dei fuori piombo piccoli o nulli. Fa eccezione la parte alta dell’abside che essendo stata interessata dal distaccamento del rivestimento esterno lapideo, è più debole e molto inclinata mentre nella parte bassa l’inclinazione è nulla. Figura 27 Lesioni sulla volta verso l'abside

3.2) Degrado non strutturale Diversi sono i degradi che interessano la nostra chiesa, dovuti sia a cause antropiche che a cause naturali. Innanzitutto c’è da dire che si ritrova, in special modo esternamente alla chiesa, un degrado che abbiamo chiamato “generale” e che raggruppa scagliatura, erosione, fratturazione e alterazione cromatica. Infatti a causa di 800 anni di esposizione agli agenti atmosferici ed incurie hanno causato questi degradi nelle pietre esposte all’esterno, la gravità delle quali non è però troppo eccessiva. Gelività e intemperie sono le principali cause di scagliatura, erosione e fratturazione, la prima delle quali attacca in special modo il calcare grigio mentre, sempre a causa degli agenti atmosferici, c’è stato un certo grado di alterazione cromatica che ha fatto sì che il calcare rosa di Sassetta diventasse da rosa a un colore tendente al grigio. C’è però da rendere presente che pur essendoci sicuramente un alterazione del colore, la differenza fra le varie pietre è dovuta anche al diverso colore al momento della cavatura. Un altro tipo di degrado presente riguardante la pietra a livello materico sono le mancanze. Queste sono variamente distribuite nell’edificio soprattutto all’esterno, dove i conci sono più esposti alle intemperie, mentre dentro riguardano in special modo le nicchie dei muri, dove in alcuni casi si ha un asportazione dei conci anche intorno alla nicchia, mentre in altri la mancanza pag. 19


riguarda il fondo di questa, dove probabilmente si concludeva in altra maniera e non con l’interno del muro a sacco. Le cause principali di questo degrado sono dovute a atti vandalici, gelività e in generale all’esposizione agli agenti atmosferici. Per la sua posizione e per le caratteristiche morfologiche del terreno, la chiesa ha una vasta presenza di tre tipi di degrado legati a fattori biologici: patina biologica, licheni e vegetazione. L’edificio infatti essendo in parte interrato, mancando quasi del tetto e privo di pavimento, oltre a trovarsi a pochi metri da un fosso da cui passa per gran parte dell’anno acqua e in un luogo particolarmente umido, è il luogo ideale per lo sviluppo di agenti degradanti di natura biologica. La patina biologica ha una presenza diffusa e pressoché omogenea su tutta la chiesa. In facciata si trova in special modo nella parte inferiore, al di sotto della linea di arretramento del muro, oltre che nei pressi della vegetazione superiore, il lato sinistro ne è coperto quasi totalmente mentre in lato destro localmente nella parte inferiore della prima metà e al di sotto della vegetazione nella seconda metà. L’abside invece ne è ricoperto principalmente sul lato sinistro e nella parte bassa. Dentro la patina si distribuisce nei luoghi di maggiore umidità, quindi sulla volta nelle zone di infiltrazione (a causa del forte degrado del tetto che lascia penetrare l’acqua), nelle zone vicino al terreno a causa della capillarità e nei muri controterra sempre per capillarità. La presenza dei licheni ed il degrado da essi causato, si attesta all’esterno principalmente in facciata (sud/ovest) nella parte bassa e sull’angolo sinistro e sul lato destro (nord/ovest) nella metà inferiore. Gli altri due prospetti ne sono afflitti in maniera minore, si riscontra la presenza di licheni nel destro (sud/est) in prossimità dell’angolo in facciata e del portale mentre nell’abside (nord/est) sono quasi solo nella parte inferiore. Le cause di questo degrado sono da ricercarsi nella presenza di umidità e nelle caratteristiche del substrato. L’altro degrado biologico legato all’edificio è la presenza di vegetazione bassa ed ad alto fusto nonché di muschi. La vegetazione si trova all’esterno, per motivi chiaramente derivati dalla scarsità di luce interna. Sulle pareti negli interstizi delle murature si trovano diverse specie di piante erbacee ed oltre a queste, in special modo sulla parete di nord/ovest, si riscontra la presenza di specie rampicanti, anche se la maggior parte della vegetazione si trova sulla copertura. L’assenza di manutenzione del tetto ha fatto sì che i semi arrivati potessero germogliare distruggendolo nel tempo, questo ha comportato la crescita di piante ad alto fusto che porteranno se non tagliate a problemi statici nella volta. Nella parte absidiale insieme a altre specie vegetali ci sono diversi muschi che coprono gran parte della volta esterna. Molte parti interne dell’edificio e alcune esterne sono interessate da degrado antropico che nel nostro caso specifico trattasi di graffiti ad opera di vandali effettuati con bomboletta spray. Abbiamo scelto di rappresentarli in tavola per come si presentano in modo da dare un immagine veritiera dello stato attuale. Gli eventi bellici poi hanno causato anch’essi un altro tipo di degrado, derivato dall’utilizzo di armi da fuoco. Si notano sulla fiancata destra dell’edificio fori dove si è avuta la disgregazione della roccia ad opera di armi di grosso calibro e di granate utilizzate durante la ritirata tedesca. Gli ultimi due tipi di degrado riguardano in modo quasi esclusivo l’abside esterno, questa zona è stata interessata da un distacco dell’apparato murario esterno che ha lasciato in vista la parte sottostante e da un rappezzo incongruo cementizio. Il primo potrebbe avere come cause il cattivo ammorsamento fra gli strati della muratura e non è accaduto in tempi recenti mentre il secondo è stato causato da un cattivo tentativo di consolidamento operato negli anni ’80 tramite una gettata di cemento sopra la cupola dell’abside. All’interno del rappezzo incongruo rientra anche l’intervento in facciata e controfacciata che probabilmente è avvenuto insieme all’abside. pag. 20


Figura 28 Scheda dei degradi

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4) Ipotesi delle fasi di realizzazione Pur nell’abbondanza delle apparecchiature murarie, a causa soprattutto del cattivo stato di quelle esterne, della loro parziale non corrispondenza tra strato interno ed esterno e dall’omogeneità del materiale, è difficile discernere le varie fasi che hanno portato alla costruzione dell’edificio e soprattutto a capire se c’è stato in reale stacco nella costruzione o se si tratti di una mera fase di cantiere. Con molta probabilità dopo la costruzione delle fondazioni e della fascia sovrastante di pietre grigie la prima parte ad essere Figura 294 Foto con evidenziate 3 delle 4 macrofasi individuate realizzata è stata l’abside, corrispondente alla parte più elaborata e economicamente impegnativa. All’interno sulle pareti laterali si può vedere come esse siano composte da un’apparecchiatura muraria simile a quella usata nell’abside, ma l’esistenza di una fascia di muratura bassa diversa da quella superiore nella parete si sinistra può essere vista come una prosecuzione del cantiere dall’abside in senso orario interessando per primo il lato destro che anche esternamente ha una lavorazione dei conci migliore. Questa ipotesi è avvalorata anche dalla differente quota inferiore della prima monofora rispetto alle altre, forse indice di una sua prima realizzazione vista anche la sua combinazione di muratura interna ed esterna. Resta però il fatto che, con la nostra conoscenza, non possiamo definire queste come fasi costruttive ma piuttosto come fasi di cantiere. Un vero e proprio stacco, ben visibile per la misura minuta dei conci, lo si può vedere in corrispondenza della volta, su tutti e 4 i lati dell’edificio. Esternamente eccettuato l’abside, si ha la presenza dell’apparecchiatura muraria da noi classificata come di tipo V che internamente si vede anche nella controfacciata mentre sui lati è probabilmente dietro la volta. Pensiamo perciò che la volta appartenga ad una fase successiva, distaccata dalla prima che riguarda la parte bassa dell’edificio e che questa seconda fase abbia comportato anche un rimaneggiamento delle monofore presenti sul lato destro. Queste infatti hanno altezze diverse oltre che la presenza in alcune di archetto monolitico ed in altre di architrave. Quella che ha avuto più rimaneggiamenti sicuramente è la monofora verso la facciata che è stata alzata fino ad incontrare l’architrave il cui arco probabilmente è da ricercarsi fra quelli murati nella volta come pezzi di recupero. Il fatto poi che il numero totale di archi presenti sia nelle monofore che nella muratura della volta sia 6 Figura 30 Apparecchiature murarie con inserimento in induce a pensare che piuttosto che essere state in rosso degli archi presi dalla volta. All'esterno non sapendo la quota originaria sono stati inseriti al posto dell'architrave progetto 3 altre monofore sull’altro lato, i 3 archi (sono esclusi dal conto i 2 archi delle finestre più pag. 22


quello che per ipotesi appartiene alla monofora rialzata) siano stati tolti esternamente quando è cominciata la fase costruttiva che ha interessato la volta e la quale coincide, come differenziazione dell’apparecchiatura muraria, proprio con la sommità delle monofore esterne. Sovrapponendo gli archi alle monofore si trova una perfetta corrispondenza fra la loro Figura 31 5 Confronto fra apparecchiature. Si può vedere la ampiezza. corrispondenza dell'apparecchiatura colorata in lilla tra interno ed esterno al di sopra dell'arretramento È da precisare che la fase che ha interessato la costruzione della volta non corrisponde all’arretramento della facciata, infatti sopra di questo per alcuni filari si può ancora vedere un apparecchiatura corrispondente a quella inferiore oltre che esserci una perfetta corrispondenza fra le apparecchiature della controfacciata che avvalora questa ipotesi. Probabilmente in passato questo arretramento avrà avuto sicuramente un significato, forse poteva servire come appoggio per un eventuale copertura lignea che proteggeva l’ingresso, ma con le nostre conoscenze non ci è dato sapere quale fosse il suo scopo. Per quanto riguarda l’abside, essendo esternamente interrato e mancante del rivestimento, è più difficile capire il ruolo che abbia avuto nel passaggio dalla prima alla seconda fase, ma l’apparecchiatura muraria della parete alta, molto simile a quella della volta stessa fa ipotizzare che abbia avuto anch’essa un rimaneggiamento. Non è necessario però pensare che la volta a botte sia stata un progettata in un secondo tempo, poiché la presenza delle due lesene con un apparecchiatura coerente con quella delle pareti le posiziona nella prima fase Figura 32 Dettaglio costruttiva. Se nel progetto ci fosse stato una copertura lignea a capriate esse lesena dove si vede la coerenza fra le murature non sarebbero state costruite, coerentemente alle altre chiese della zona. che la compongono e Perciò è ipotizzabile che dopo la costruzione del recinto murario (fase uno) ci quelle limitrofe sia stato un periodo di stasi in cui probabilmente si andavano cercando fondi per la costruzione di una volta in pietra che richiedeva un certo sforzo economico e maestranze specializzate. Il periodo tra la prima fase e la seconda (costruzione della volta), che non ci è dato sapere quanto sia stato lungo, ci potrebbe essere stata una copertura provvisoria in legno od anche nessuna copertura. Dopo la conclusione della seconda fase ci sono stati ulteriori interventi difficilmente databili data la scarsità di documenti, che hanno interessato la zona al di sotto della copertura esterna, probabilmente nei vari rifacimenti del tetto, il tamponamento del portale di nord/ovest e i lavori in seguito del distacco del rivestimento esterno nella zona dell’abside, inquadrabili seppur in Figura 33 Tamponamento del portale tempi diversi in quella che potremmo definire terza fase o interventi e rifacimento dell'angolo, successivi al completamento non di epoca moderna. La quarta ed inquadrabili, seppur non con sicurezza ultima fase raggruppa gli ultimi lavori di cui abbiamo un effettiva cronologica, in quella che abbiamo definito come terza fase documentazione, della seconda metà del ‘900.

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6) Considerazioni Finali Dopo lo studio da noi effettuato su questa chiesa, innanzitutto siamo portati a sostenere, dal punto di vista storico, che, come affermato da GaleottiPaperini (2013) e da Paola Pozzessere (2002, 159-166) ci possa essere un’architettura eremitica toscana presente in maremma nel XIII e caratterizzata dalla presenza di volta a botte, nella quale rientra il nostro edificio. In special modo viste le somiglianze, anche nell’esterno, tra l’eremo di San Guglielmo di Malavalle a Castiglione della Pescaia e la chiesa da noi in esame Figura 6 Raffronto esterno fra i due edifici, per l’interno si rimanda alle fig. 6 e 7 della Santissima Annunziata a Suvereto. Questa ipotesi verrebbe anche avvalorata dal fatto che, il luogo ove sorge il nostro edificio era isolato rispetto alla viabilità e lontano dai centri abitati, oltre che spiegare l’assenza del pagamento di decime alla diocesi di Massa-Populonia in quanto gli eremi (Guglielmiti dall’ipotesi) erano direttamente soggetti alla Santa Sede (Pozzessere, 2002, 163). Per quanto riguarda invece lo stato proprio dell’edificio la situazione presenta un forte degrado e necessita immediati interventi di recupero:

1) Innanzitutto urge un’immediata eradicazione della vegetazione nata in copertura, per non compromettere ulteriormente dal punto di vista statico la volta. 2) È necessario un rifacimento totale del tetto che non è più in condizioni di svolgere la sua funzione, facendo penetrare l’acqua, la quale filtrando asporta la malta fra concio e concio. 3) C’è bisogno di un rafforzamento delle pareti contro le spinte statiche della volta per evitare un ulteriore spanciamento della parte mediana e una maggiore curvatura della copertura che la farebbe cedere nei punti più alti, ovvero dove la muratura è più rigida: abside e controfacciata (come evidenziato nella tavola delle lesioni). 4) È da consolidare l’angolo Nord della struttura che è in fase di distacco e la parte absidiale esterna. 5) È necessario rafforzare le murature là dove nel dopoguerra è stato asportato materiale. 6) Sono da ricoprire le fondazioni scoperte a causa di scavi abusivi. 7) Sono da correggere gli interventi di recupero effettuati negli anni ’80 con gettate cementizie con il conseguente intervento sulla fessurazione passante in facciata 8) Ultima in ordine di importanza, c’è la necessità di una pulizia del degrado antropico e delle patine, nonché un auspicabile manutenzione per quanto riguarda la vegetazione limitrofa.

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7) Bibliografia e sitografia Bibliografia Belcari R., 2009, Romanico tirrenico chiese e monasteri medievali dell’arcipelago toscano e del litorale livornese, Pacini editore, Pisa Landolfi G., Lombardi M., 1990, Suvereto. Guida ai beni storici e artistici, Belforte, Livorno Autori Vari, 2012, Le chiese di Suvereto e il museo d'arte sacra S.Giusto. Arte e storia dal Medioevo al Novecento, a cura di M.T. Lazzarini, Pacini, Pisa Pozzessere P., 2002, Ipotesi sull’esistenza di un’architettura degli ordini eremitici in Citter C. ( a cura di), Guida agli edifici sacri della Maremma, Nuova immagine editrice, Siena. pp. 159-178

Articoli Belcari R., Bianchi G., Farinelli R., 2003, Il monastero di San Pietro a Monteverdi. Indagini storico-archeologiche preliminari sui siti di Badiavecchia e Poggio della Badia (secc. VIII-XIII), in Gelichi S. (a cura di), Monasteri e castelli fra X e XII secolo. Il caso di San Michele alla Verruca e le altre ricerche storico archeologiche nella Tuscia occidentale, Atti del Convegno di Studi (Vicopisano 17-18 novembre 2000), Firenze, pp. 93 Galeotti G., Paperini M., 2013, Architettura e storia degli eremi in Maremma. Il caso di San Guglielmo di Malavalle e dell'Annunziata di Suvereto in Architettura eremitica. Sistemi progettuali e paesaggi culturali (Atti del quarto convegno internazionale di studi, La Verna 20-22 settembre 2013) a cura di Bertocci S. – Parrinello S., Edifir, Firenze, pp. 190-196

Documenti AGSPi, Archivio generale della soprintendenza di Pisa, D/126, 1928-1936, lettere del prefetto e del Soprintendente, 19 novembre 1928, 3 gennaio 1929, ibidem, D/132, lettere del proprietario, ingegnere Francesco Filippi, 6 settembre 1950 P.R.A.E.R., Piano regionale delle attività estrattive, Allegato F – Materiali storici, Delibera del 27 febbraio 2007 del Consiglio regionale della Toscana

Immagini Fig. 1 http://www.paesionline.it/images/cartografie_comuni/regioni/mappa_toscana.gif https://www.google.it/maps Fig. 2 Foto scattata sul luogo https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Campiglia_marittima,_pieve_di_san_Giovanni_02.JPG https://www.flickr.com/photos/giovanni_novara1/5618221509 Fig. 3 https://www.google.it/maps http://web.rete.toscana.it/castoreapp/ Fig. 4 http://web.rete.toscana.it/castoreapp/ Fig. 5 http://www502.regione.toscana.it/geoscopio/cartoteca.html

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Fig. 6 Pozzessere P., 2002, Ipotesi sull’esistenza di un’architettura degli ordini eremitici in Citter C. ( a cura di), Guida agli edifici sacri della Maremma, Nuova immagine editrice, Siena. pp. 159-178 Fig. 7 Foto scattata sul luogo Fig. 8 http://www.smart.toscana.it/ptc/ptc_2008/dvd_ptc_2008/Schede_invarianti/Luoghi_di_culto_e_dei_cimiteri_storici/CHIESE/sche de%20chiese%20PDF/scheda%2042%20Chiesa%20della%20SS.%20Annunziata%20SUVERETO.pdf Fig. 9 Foto scattata sul luogo Fig. 10 Autori Vari, 2012, Le chiese di Suvereto e il museo d'arte sacra S.Giusto. Arte e storia dal Medioevo al Novecento, a cura di M.T. Lazzarini, Pacini, Pisa Fig. 11 Disegni eseguiti tramite i nostri rilievi Fig. 12 Disegni eseguiti tramite i nostri rilievi Fig. 13 Disegni eseguiti tramite i nostri rilievi Fig. 14 Disegni eseguiti tramite i nostri rilievi Fig. 15 Foto scattata sul luogo Fig. 16 https://www.google.it/maps Fig. 17 Foto scattata sul luogo Fig. 18 Foto scattata sul luogo Fig. 19 Foto scattata sul luogo Fig. 20 Foto scattata sul luogo Fig. 21 Foto scattata sul luogo Fig. 22 Foto scattate sul luogo Fig. 23 Foto scattata sul luogo Fig. 24 Foto scattata sul luogo

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Fig. 25 Foto scattata sul luogo Fig. 26 Foto scattate sul luogo Fig. 27 Foto scattata sul luogo Fig. 28 Foto scattata sul luogo Fig. 29 Foto scattata sul luogo Fig. 30 Disegni eseguiti tramite i nostri rilievi Fig. 31 Disegni eseguiti tramite i nostri rilievi Fig. 32 Foto scattata sul luogo Fig. 33 Foto scattata sul luogo Fig. 34 https://it.wikipedia.org/wiki/Eremo_di_Malavalle#/media/File:Eremo_di_Malavalle_Chiesa.JPG Foto scattata sul luogo

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Stato di fatto Come già appurato nella prima parte del restauro, la chiesa versa in cattive condizioni. Prima di tutto bisogna dire che sorge in un luogo lontano da centri abitati e di non facile raggiungimento, questo ha reso difficile la fruizione nel corso dei secoli e la manutenzione, facendo sì sia sempre stata in condizioni non ottimali se non pessime. Nelle sue immediate vicinanze vi sono la strada che collega Suvereto con Sassetta e un fosso che raccoglie le acque delle colline circostanti, ma questi due elementi non sembrano arrecare problemi, critico piuttosto è il dilavamento della collina al di sopra di essa che ha provocato un interramento della chiesa sul suo lato sinistro con un conseguente infradiciamento delle murature aggravato dalla pendenza che tende a portare le acque superficiali contro di essa. Le murature esterne si trovano in uno stato tutto sommato buono anche se in pendenza più o meno accentuata verso l’esterno, eccettuato il retro dal cui è stato asportato metà paramento murario (comprensivo del rivestimento dell’abside nella parte superiore e l’angolo fra il lato sinistro e la parte absidiale in evidente fase di distacco. Internamente abbiamo anche qui una buona qualità del recinto murario eccettuate delle parti come l’angolo fra parete sinistra e abside in cui sono stati asportati numerosi conci lasciando un vuoto. Non vi è traccia del pavimento, vi è solamente un riempimento in terra battuta in pendenza con un dislivello fra entrata e zona absidiale di circa 95 cm. Preoccupante internamente è la volta, la quale sta avendo dei cedimenti nella zona dell’abside e vicino la controfacciata, aggravata dalle infiltrazioni d’acqua e dal peso che si è accumulato sopra il tetto. Quest’ultimo infatti, vista la mancanza di manutenzione e la vicinanza di alberi che hanno sparso sopra di esso i loro semi, ha ceduto, e non svolge più la sua funzione facendo penetrare l’acqua al suo interno. I degradi riscontrati nella struttura sono vari e verranno trattati nella sezione specifica dedicata ad essi.

Vincoli Acque Fascia di rispetto di tutela assoluta dei corsi d'acqua reticolo di riferimento del Piano di Bacino (art. 96 R.D. 523 del 1904) Fascia di salvaguardia volta alla tutela della qualità delle acque destinate al consumo umano (D.lgs 11 Maggio 1999, n. 152) (Fonte)

Stradali Fascia di rispetto stradale (D.lgs 30 Aprile 1992, n. 285, D.P.R. 16 Dicembre 1992, n. 495)

Normativa vigente sull'area Unità Territoriali Omogenee Elementari UTOE 1 - Colline di Suvereto Zone omogenee ai sensi del D.M. 1444/1968

E - aree destinate all'attività agricola e forestale

Limite

Territorio aperto

Ambiti residenziali, del territorio aperto

Ambiti a specializzazione funzionale dotazioni urbane: attrezzature e spazi per i culti religiosi ( D.M. n.1444/68 art.3 -


ed a specializzazione funzionale

lett. b) 1. Art. 91 Dotazioni urbane di interesse locale (Gn) Beni del territorio aperto: patrimonio edilizio di interesse storico oggetto di schedatura

1. Art. 42 Regole per la tutela dei beni territoriali del sistema rurale e aperto

Beni del territorio aperto: patrimonio edilizio di interesse storico oggetto di schedatura

Art. 42 Regole per la tutela dei beni territoriali del sistema rurale e aperto In applicazione di quanto disposto dalla Sezione III del Capo I del Titolo III delle Norme del Piano strutturale vigente, il presente Regolamento urbanistico detta disposizioni volte alla tutela dei beni territoriali del sistema rurale e aperto, individuati con apposita perimetrazione, grafica e/ sigla nelle tavv. 2: • • • • • • • • • •

- Aree boscate, individuate come zone E4, normate al successivo art. 82 delle presenti Norme; - Spiagge, normate di seguito; - Dune, normate di seguito; - Coste alte del promontorio, normate di seguito; - Aree aperte a vegetazione palustre, individuate come zone E5, normate al successivo art. 82 delle presenti Norme; - Aree di pertinenza fluviale, individuate come zone E2/fl, normate al successivo art. 82 delle presenti Norme; - Sito di preminente valore archeologico dei parchi di Populonia e San Silvestro, normato di seguito; - Nuclei storici nel territorio rurale e aperto, normati di seguito; - Edifici o manufatti di interesse storico, normati di seguito; - Viabilità storica, normata di seguito.

… Omissis Edificio o manufatto di interesse storico Il presente Regolamento urbanistico individua gli edifici ed i manufatti di interesse storico in territorio aperto tramite apposita perimetrazione nelle tav 1 e 2, comprensiva delle aree di pertinenza. Per gli edifici ed i manufatti presenti nella cartografia del Catasto Leopoldino (1830), il presente Regolamento urbanistico contiene apposita schedatura raccolta nel DOSSIER C - Rilievo del patrimonio edilizio di valore storico nel territorio rurale e aperto, a cui corrisponde apposita perimetrazione denominata “Patrimonio edilizio di interesse storico oggetto di schedatura” e numerazione progressiva nelle tav 1 e 2.Le caratteristiche morfologiche, strutturali, tipologiche e formali, e le relative aree di pertinenza, che attribuiscono a tali edifici e manufatti l'interesse storico, così come meglio documentato nella schedatura del DOSSIER C , e ne richiedono la


conservazione dei fattori percettivi, sono soggette a tutela. Pertanto per gli edifici ed i manufatti che hanno conservato integralmente o parzialmente le caratteristiche originali, così come individuati nella schedatura si dovrà operare mediante interventi di restauro e risanamento conservativo; mentre per gli edifici ed i manufatti che risultano sostanzialmente alterati o privi di valore si potrà operare con interventi di ristrutturazione edilizia r1, r3a, r3b. È prescritta comunque la conservazione integrale dei manufatti edilizi minori, e in genere dei reperti di valore storico-artistico o storico-testimoniale, quali tabernacoli, fontane, pozzi, lapidi, sculture, rilievi, edicole, dipinti e simili, siti in ogni parte del territorio, ancorché non individuati dal presente Regolamento urbanistico. Per gli edifici e manufatti di interesse storico architettonico non schedati nel Dossier C e individuati nelle tavole 1 e 2 del presente RU, si dovrà operare mediante interventi di restauro e risanamento conservativo, senza possibilità di cambio d'uso. Qualora si voglia proporre una diversa destinazione d'uso, si dovrà obbligatoriamente predisporre apposita schedatura secondo il modello a tal fine predisposto e parte integrante del Dossier C. Tale schedatura dovrà essere approvata dal Comune che riconoscerà il grado di conservazione delle caratteristiche originali ed il valore storico. Qualora la schedatura riconosca che i manufatti abbiano conservato integralmente o parzialmente le caratteristiche originali, si dovrà operare mediante interventi di restauro e risanamento conservativo. Tale schedatura andrà ad implementare il DOSSIER C . Nel caso in cui dalla schedatura non siano più rilevabili i caratteri storici architettonici originari del complesso edilizio, si potrà operare secondo quanto previsto dal Capo II del Titolo III delle presenti norme. Tale ultima tipologia di schedatura non costituirà implementazione sostanziale del DOSSIER C. All'interno delle aree di pertinenza di edifici di interesse storico, per i manufatti che risultano sostanzialmente alterati, privi di valore o precari, che costituiscono accessorio o risultino a servizio dell'edificio principale schedato, facente parte del Dossier C anche a seguito delle successive implementazioni, sono ammessi interventi anche di sostituzione edilizia fermo restando il carattere di accessorietà. Tale intervento dovrà essere comunque ricompreso nell'ambito di un progetto organico di riqualificazione dell'intero complesso edilizio. …Omissis

Art. 91 Dotazioni urbane di interesse locale (Gn) Il presente RU individua le diverse tipologie di attrezzature di interesse generale e di interesse comune di livello locale, di cui all'art. 3 del D.M. n. 1444/68. Per le attrezzature esistenti sono comunque ammessi interventi di adeguamento ed ampliamento, fatte salve le specifiche categorie d'intervento puntualmente individuate per complessi o edifici esistenti di interesse storico-architettonico. La nuova edificazione, qualora necessaria in relazione al potenziamento e all'adeguamento delle funzioni ospitate è comunque ammessa nel rispetto degli standard prestazionali stabiliti dalla specifica normativa di settore. Nelle aree libere sono ammessi percorsi pedonali e ciclabili, verde ornamentale e verde attrezzato. Sono ammessi inoltre servizi connessi e complementari alle funzioni principali quali servizi di ristoro e di accoglienza. Tali attrezzature si distinguono in: • • • • •

G1 attività ricreative e culturali locali (D.M. n. 1444/68 art. 3, lett. b) G2 attrezzature e spazi per i culti religiosi (D.M. n. 1444/68 art. 3, lett. b) G3 attrezzature e servizi pubblici e di interesse comune di livello locale (D.M. n. 1444/68 art. 3, lett. b) G4 servizi sanitari e assistenziali di interesse locale (D.M. n. 1444/68 art. 3, lett. b) G5 attrezzature scolastiche dell'obbligo (D.M. n. 1444/1968, art. 3, lett. a)


Nelle aree comprendenti tali attrezzature il Comune, i soggetti istituzionalmente competenti ed i privati, opereranno per singoli interventi o medianti piano attuativo ai sensi del presenti norme e della specifica normativa di settore.

Scelte e scopo Vista l’ubicazione, il ventaglio delle possibilità di scelta è molto ristretto. Abbiamo deciso di far sì che questo luogo possa essere una sosta ed un punto di interessa all’interno del circuito di trekking che è stato tracciato all’interno del territorio comunale. La chiesa dopo un attento restauro atto a risolvere sia i problemi strutturali che quelli del degrado, diventerà una sorta di museo di se stessa, ma con la possibilità di essere sia riconsacrata che utilizzata per attività culturali. Le scelte progettuali prevedono la costruzione di un pavimento galleggiante su 3 livelli che possa rendere fruibile lo spazio andando il parte a ricalcare l’andamento della pavimentazione originaria, questo sarà poi distanziato dalle murature perimetrali in modo da lasciare uno spazio di rispetto nel quale poter inserire l’illuminazione che valorizzino lo spazio interno, la differenza di altezza fra la zona absidiale e quella dell’aula potrà essere sfruttata in più modi, come in concerti, dibattiti od altro. Il tetto verrà completamente ricostruito, seguendo sempre le tecniche tradizionali, in modo che non possa più penetrare acqua ed umidità nella volta, questa assieme alle murature verrà rafforzata da catene che assicureranno il corretto scarico delle forze e la tenuta scatolare. Su quelle passanti per il lato corto, verranno poste delle luci in modo da assicurare la corretta illuminazione anche dall’alto. Per quanto riguarda l’esterno abbiamo scelto di pavimentare l’intono della chiesa mediante acciottolato in modo che si preservi la natura del luogo e facendo sì che vi sia anche un allontanamento delle acque. L’allontanamento delle acque superficiali e dell’umidità dall’edificio, verrà potenziata sul lato sinistro da un sistema di drenaggio in prossimità della muratura. Per la restante parte della zona verrà costituita una pavimentazione che unisca i sue edifici dall’altra parte del fosso, sulla quale verranno poste attrezzature per rendere fruibile la zona, quali griglie per il barbecue, tavolini, panche, eccetera. L’ex essiccatoio per le castagne, ad oggi allo stato di rudere, verrà messo in sicurezza e restaurato per diventare testimonianza dell’economia di sussistenza della zona. Questo verrà integrato di cartelloni integrativi e dagli strumenti che simili agli originari che facciano capire l’utilizzo di questo edificio.

Impianti L’impiantistica, non prevedendo servizi igienici vista l’impossibilità di manutenzione e pulizia, è molto semplice. Dalla cabina elettrica posizionata in prossimità della strada, partiranno i cablaggi che entreranno dell’edificio tramite una foratura già esistente in facciata. Da qui si avrà una scatola di derivazione sotto il pavimento, accessibile rimuovendo una mattonella del pavimento flottante. L’impianto elettrico alimenterà innanzitutto le illuminazioni lungo le murature, ubicate nella fascia di rispetto fra pavimento galleggiante, che saranno divise in due circuiti separati, uno riguardante la zona absidiale e l’altro il resto dell’aula. Poi si avrà dei diversi circuiti che andranno ad alimentare le illuminazioni superiori in modo che l’accensione delle varie luci possa essere indipendente ed un circuito che possa alimentare le attrezzature che eventualmente siano montate. Esternamene vi sarà un illuminazione a faretti che possa illuminare l’esterno quando sono previsti eventi serali. Non è previsto nessun nuovo impianto idraulico, verrà mantenuto l’esistente che consiste in una fonte posta ai margini stradali ed usata dagli abitanti come approvvigionamento di acqua potabile. Per lo smaltimento delle acque meteoriche, non saranno


previste gronde, in modo da rendere minima la manutenzione essendo un luogo che le porterebbe ad essere soggette a riempimento da parte di foglie e materiale organico, sarà invece data una pendenza alla pavimentazione in modo che allontani l’acqua dalla base dell’edificio portandola verso il fosso ed inoltre vi sarà un sistema drenante che porterà sempre nel fosso l’acqua e l’umidità che arrivano sulla muratura sinistra della chiesa che è parzialmente interrata.

Dettagli Tetto Il tetto sarà costituito fa materiali tradizionali, prevederà un intelaiatura in legno, un rivestimento in coppi ed embrici ed una finitura in mezzane riproponenti il motivo geometrico già presente. L’intelaiatura sarà costituita da 6 travi principali, esse saranno sostenute dai muri della facciata e dell’abside e nel mezzo verranno sorrette da appositi supporti in laterizio poggianti sull’arcone centrale. Al di sopra di esse saranno posti dei travetti che poggeranno sulle murature esterne, sorreggendo un manto di mezzane sul quale verranno posti gli embrici ed i coppi. Sul lato esterno della muratura verrà posta una mezzana a 45°, con il motivo già presente sull’edificio che andrà a sorreggere il dormiente, l’ultima tegola ed il coppino. Non sarà prevista la posa in opera di gronde, vista l’impossibilità di manutenzione. Vista l’impossibilità di effettuare un sopralluogo nella zona del tetto e del sottotetto, la costruzione di questo potrà avere delle variazioni anche sostanziali, benché non cambiandone la tipologia e l’aspetto esterno, in base a cosa sarà trovato nella fase di rimozione delle specie vegetali e dello smontaggio della vecchia copertura. A rinforzo della volta saranno posti degli appositi franelli, come esplicitato negli elaborati progettuali e per rendere più solida la struttura in caso di sisma verrà posta come cordolatura, sulla sommità dei muri perimetrali, una trave reticolare rivettata profondamente nel muro a sacco. Questa sarà fissata con i travetti tramite apposite cuffie in acciaio.

Pavimento Il pavimento sarà di tipo galleggiante su tre livelli diversi e sarà appoggiato su un massetto posto a due altezze differenti. Una volta tolto il terreno secondo le indicazioni di progetto, verrà costruito un muro di sostegno al terreno della parte alta. Si creeranno perciò due livelli di terreno costipato che verranno ricoperti da uno strato di massetto che fungerà da base per i supporti del pavimento galleggiante. Questi supporti in acciaio, seguendo le indicazioni di progetto, formeranno un ingresso ad un livello più basso posto all’ingresso principale, un livello più alto per quanto riguarda l’aula ed livello più alto, sul massetto superiore, nei pressi dell’abside. Sopra di essi sarà posta un intelaiatura in acciaio sulla quale sarà posta al pavimentazione in legno e l’intelaiatura formerà anche i gradini nei punti in cui ce n’è bisogno. La pavimentazione in alcuni punti sarà rimovibile per poter dare accesso alla cablatura sottostante. Tutta la struttura sarà distanziata di 15 cm da ogni parete della chiesa, eccettuate le zone delle porte, in questo spazio saranno inserite le illuminazioni che illumineranno le pareti dell’edificio.

Pavimentazione esterna La pavimentazione esterna verrà posta nei pressi dell’edificio sacro e dalla parte opposta del fosso. Questa sarà formata da acciottolato misto a strisce in pietra che andranno a formare un disegno che rimarcherà le entrate della chiesa e l’andamento naturale del corso d’acqua. Questo manto avrà la duplice funzione di creare un passaggio per i visitatori e di allontanamento delle acque superficiali. Sempre nell’ottica di una fruizione al pubblico è prevista la costruzione di un passaggio che colleghi le due sponde e le due zone pavimentate senza la necessità di passare dalla strada


asfaltata. Precedentemente ai lavori di pavimentazione, sarà effettuata un’opera di regimentazione delle acque tramite la modellazione del terreno, facendo sì che le acque si allontanino dall’edificio e vadano naturalmente nel corso d’acqua. Un area nelle immediate vicinanze della strada, verrà adibita a parcheggio.

Canale di drenaggio Sul lato parzialmente interrato della chiesa verrà effettuato uno scavo, seguendo le indicazioni progettuali, in questo, situato in prossimità delle murature, verrà posto un tubo drenante e sopra di questo verrà posto un riempimento in ghiaia. Il tutto sarà coronato da una rivestimento in pietra munito di grate che permetterà il filtraggio delle acque, le quali una volta incanalate, verranno riversate nel fosso prospicente.

Seccatoio Questo edificio attualmente allo stato di rudere sarà restaurato e diverrà testimonianza dell’economia rurale della zona. Attualmente versa in pessime condizioni, è mancante di parte delle murature che sono anche pericolanti e mancala maggior parte del tetto. Da questo piccolo edificio dovranno essere rimossi tutti i detriti che si sono accumulati nel corso degli anni, fatto questo tramite appositi tiranti e graffe in acciaio le murature verranno rese più stabili procedendo poi alla reintegrazione muraria delle parti mancanti. Una volta sanato il recinto murario si procede poi alla ripavimentazione e alla copertura tramite un tetto tradizionale poggiante su una trave centrale e sulle pareti perimetrali. Internamente verranno poi messe le ricostruzioni delle attrezzature che un tempo servivano per svolgere questa mansione, che coadiuvate da cartelloni esplicativi serviranno a spiegare le attività che vi si svolgevano un tempo.


ANALISI DELLE FORME DI ALTERAZIONE E MANIFESTAZIONI DI DEGRADO

Tipo di degrado: Vegetazione Scheda n°1 Localizzazione: Maggior parte delle murature esterne, maggiormente sul tetto e presso l’apertura in facciata

A ○ B ○ C Livello di degrado: ○ Degrado in legenda: Materiali interessati: Calcare rosa di Sassetta, coppi e tegole di terracotta Caratteristiche ambientali: Ambiente esterno esposto all’azione diretta dei fattori metereologici e climatici Descrizione fenomeno: Presenza di erba e di piante ad alto fusto su tutta la superficie del tetto. Vegetazione infestante presente sui giunti della muratura esterna, con presenza di specie rampicanti, e muschi. Oltre al danno estetico e all’appesantimento delle strutture il radicamento della vegetazione comporta danni strutturali che nel corso del tempo possono portare al cedimento della copertura e delle murature Cause: -

Esposizione agli elementi Accumuli di umidità Presenza di alberi nelle immediate vicinanze

Descrizione delle procedure di intervento: Eliminazione meccanica e chimica dei macrovegetali. Prima di effettuare l’eliminazione meccanica di questi agenti è opportuno provvedere all’accurata identificazione di questi che interagiscono nei diversi substrati coinvolti dall’infestazione. Occorre poi valutare la necessità e i modi di rimozione di detti vegetali cui il manufatto è soggetto. Per quanto riguarda le piante inferiori la rimozione può essere effettuata mediante l’utilizzo di spatole, bisturi e spazzole, e con l’eventuale ricorso all’uso di acqua nebulizzata per ammorbidire la superficie delle incrostazioni. Le piante superiori invece possono essere rimosse mediante taglio o tramite strappo (quest’ultimo solamente per quanto riguarda le erbe e vegetazione inferiore non arbustiva né tantomeno arborea per evitare danni al manufatto) impiegando talvolta contemporaneamente erbicidi specifici. La rimozione meccanica di microvegetali, attuata con spazzole, bisturi e/o microsabbiatura deve preferibilmente essere limitata a superfici coerenti e compatte, poiché questi strumenti e i modi in cui sono utilizzati potrebbero provocare raschiature, lesioni o altri danni al substrato.


Tipo di degrado: Patina biologica Scheda n°2 Localizzazione: Diffusa e pressoché omogenea in tutto l’edificio, in prevalenza all’esterno e sul lato destro esterno

C A ○ B ○ Livello di degrado: ○ Degrado in legenda: Materiali interessati: Calcare rosa di Sassetta Caratteristiche ambientali: Ambiente esterno esposto all’azione diretta dei fattori metereologici e climatici oltre che superfici interne umide a causa di infiltrazioni dalla volta e dalle murature Descrizione fenomeno: Strato sottile, morbido e omogeneo, aderente alla superficie e di evidente natura biologica, di colore variabile, per lo più verde ma si presenta in colorazione nera e di consistenza secca e dura quando i organismi che la formano sono morti. La patina biologica è costituita prevalentemente da microrganismi cui possono aderire polvere, terriccio, ecc. Oltre al mero danno di estetico può danneggiare il substrato su cui aderisce. Cause:

di

Umidità favorita dalla generalizzata presenza vegetazione infestante esterna Acque piovane Risalita capillare Infiltrazioni

Descrizione delle procedure di intervento: Pulitura con acqua nebulizzata Il trattamento per il degrado generale avrà come scopo quello di rimuovere e lenire le i degradi dovuti all’accumulo di sporcizia. L’acqua nebulizzata va usata solamente durante la stagione calda, evitando il tardo autunno, l’inverno e in generale quando i valori minimi della temperatura esterna sono inferiori a 17° centigradi. Si tratta di una precauzione necessaria per evitare che i materiali lapidei si deleterino a causa del gelo o della bassa velocità di evaporazione dell’acqua. I tempi di applicazione variano in funzione della consistenza dei depositi, oltre che dalla natura e delle condizioni di conservazione del substrato lapideo, sui calcari compatti i tempi possono raggiungere le 10-15 ore. Il protrarsi dei tempi di applicazione non dovrebbe provocare la comparsa di sbiancature o la rimozione di eventuali pellicole, patine e/o scialbature dalla pietra. Si provvederà poi ad una preliminare rimozione meccanica di eventuali depositi pulverulenti con spazzole e pennelli morbidi di setola o di nylon escludendo utensili che provochino un azione abrasiva. Al fine di facilitare lo smaltimento delle acque, se necessario, è opportuno allestire gli opportuni sistemi di scolo e drenaggio attorno alle aree e ai manufatti preventivamente protetti. L’acqua nebulizzata dovrebbe essere sufficientemente dolce, pura e a temperatura ambiente, è bene che la pressione non superi le 4 atmosfere. L’impianto va dimensionato in base all’estensione della superficie da trattare, e su paramenti estesi si possono utilizzare più impianti contemporaneamente. L’acqua verrà stipata in serbatoi con tutte le misure di sicurezza opportune. È bene sostituire od integrare il sistema di pulitura ove le incrostazioni opponessero tenace resistenza all’azione del getto nebulizzatore e richiedessero un protrarsi nel tempo d’azione. L’intervento infine, deve essere completato da un ultimo risciacquo. In particolare una pulitura con acqua di rete dovrebbe concludersi con un lavaggio a base di acqua distillata o deionizzata per agevolare la completa rimozione dei sali solubili prodotti dalla dissoluzione dei depositi carboniosi o rimati in superficie a seguito dell’utilizzo di tensioattivi.


Tipo di degrado: Licheni Scheda n°3 Localizzazione: Presenza di licheni all’esterno della chiesa, localizzata principalmente sulla facciata e sui due lati

A ○ B ○ C Livello di degrado: ○ Degrado in legenda: Materiali interessati: Calcare rosa di Sassetta Caratteristiche ambientali: Ambiente esterno esposto all’azione diretta dei fattori metereologici e climatici. Assenza interna a causa della scarsità luminosa. Descrizione fenomeno: Strato di licheni ancorato saldamente al substrato roccioso presente perlopiù in colorazione bianca ed esclusivamente presente all’esterno dell’edificio a causa della natura fotosintetica dell’organismo. Oltre al mero danno di estetico può danneggiare il substrato su cui aderisce. Cause: Umidità favorita dalla generalizzata presenza di vegetazione infestante esterna Acque piovane Caratteristiche morfologiche del substrato, (asperità, rientranze, scabrosità)

Descrizione delle procedure di intervento: Eliminazione della vegetazione inferiore mediante trattamenti chimici. Dove l’eliminazione meccanica non basta o nel caso non sia praticabile sarà opportuno provvedere al trattamento chimico per l’eliminazione della vegetazione inferiore. Questo metodo consiste nell’impiego di prodotti di sintesi (biocidi) che di prodotti di origine biologica (antibiotici) in base alle preventive analisi di laboratorio che diranno quale dei due metodi sia il più adatto per le specie infestanti presenti. Le prove di laboratorio dovranno altresì tenere in considerazione, per quanto riguarda la scelta del prodotto, l’efficacia, la tossicità e la non interferenza con il substrato. Le sostanze chimiche biocide, in relazione al tipo di organismi da eliminare si possono dividere in alghicidi, battericidi, funghicidi e lichenicidi, e possono essere applicati a spruzzo, a pennello o a impacco. I biocidi come alghicidi comprendono un ampio spettro di prodotti, essi dovranno essere applicati, in base alla specificità del prodotto e del substrato: -A pennello, in presenza di substrati porosi, consente un profonda penetrazione del biocida all’interno del manufatto da disinfestare, ove è lasciato agire per circa un’ora. Successivamente, esso è rimosso con abbondante risciacqui e con un’accurata spazzolatura, per poi essere nuovamente applicato a distanza di uno o più giorni (l’intervallo può estendersi fino a 10) -A spruzzo, è preferita per trattamenti di ampie superfici -Mediante impacchi, è eseguita ne caso si debbano rendere inerti e rimuovere incrostazioni piuttosto spesse. Nel trattamento di materiali lapidei in genere si dovrà applicare una sospensione della sostanza in polpa di carta applicata con impacchi per 24 ore, seguiti da altri impacchi disinfettanti Se in base alle analisi l’organismo che dovrà essere eliminato è un batterio o un fungo sarà opportuno procedere tramite impacchi da eseguirsi da parte dell’operatore con tutti gli accorgimenti protettivi del caso. Per quanto riguarda i licheni nel caso che l’eliminazione meccanica non sia sufficiente, si provvederà all’applicazione di Sali di ammonio quaternari a spruzzo, a pennello od ad impacco in base alla penetrazione nel substrato e alla consistenza di quest’ultimo. Si consiglia di eseguire di eseguire questi trattamenti in situazioni climatiche stabili in assenza di precipitazioni e di vento per evitare che il biocida sia rimosso prima di esercitare la sua azione e per non causare rischi agli operatori, vista la tossicità delle sostanze usate.


Tipo di degrado: Distacco murario Scheda n°4 Localizzazione Distacco dello strato esterno di una porzione della muratura a sacco presente nella zona absidiale esterna

A ○ B ○ C Livello di degrado: ○ Degrado in legenda: Materiali interessati: Calcare rosa di Sassetta, pietrame di varia natura Caratteristiche ambientali: Degrado non provocato da esplicite condizioni ambientali ma aggravato dalla presenza di umidità, ombra permanente e vicinanza della vegetazione Descrizione fenomeno: Distacco dello strato esterno della muratura a sacco della parete esterna dell’abside. In questa zona lo spessore murario passa da essere di circa un metro a circa mezzo metro. Diversamente dal resto della muratura dove sono presenti conci squadrati, qui sono presenti pietre di piccola pezzatura frammiste a malta, compatibili con l’interno della muratura a sacco dell’edificio. L’assenza dello strato esterno rende molto più vulnerabile la muratura all’ambiente e alla vegetazione. Cause: -

Spoliazione Crollo

Descrizione delle procedure di intervento: Integrazione di fratture e di piccole cavità con materiali in pasta.

L’intervento si attua in due fasi: 1)

2)

3)

4)

Prima di procedere al riempimento della mancanza, le sue superfici devono essere accuratamente pulite. È inoltre opportuno verificare che sulle superfici da integrare non vi siano strati o residui di protettivi. A volte è necessario stendere prima di applicare l’impasto della nuova stuccatura, un prodotto aggrappante per facilitarne l’adesione al supporto. Dopo aver preparato lo stucco nella consistenza voluta, si applica alle pareti della mancanza utilizzando spatole metalliche o di altro materiale, di dimensioni diverse, in ragione della quantità di prodotto da stendere, della forma e dell’estensione della lacuna da colmare. Durante la stesura, occorre esercitare una leggera pressione sulla pasta per facilitarne l’adesione al substrato. Per ovviare al problema del ritiro e per consentire ulteriori lavorazioni a secco, tra le quali vi è soprattutto la levigatura della superficie della stuccatura, è opportuno impiegare una quantità di pasta leggermente eccedente il volume da colmare. Qualora si intendessero risarcire mancanze ampie e profonde, occorre stendere lo “stucco” in strati sovrapposti, attendendo che asciughi lo strato precedente prima di passare alla stesura di quello successivo. Per migliorare l’adesione tra uno strato e l’altro, inoltre, è opportuno praticare incisioni incrociate sulla superficie di ciascuno di essi, prima del loro indurimento: lo strato successivo si aggrapperà meglio a quello sottostante, riducendo i rischi di distacchi tra l’uno e l’altro e tra l’intera stuccatura e la parte salda del manufatto riparato. A essiccazione riparata, è possibile procedere alla levigatura della superficie superiore della stuccatura, utilizzando carta smeriglio fine, pietra pomice o paste abrasive.


Tipo di degrado: Degrado antropico (vernici) Scheda n°5 Localizzazione Macchie di vernice e graffiti presenti all’interno e sul lato esterno destro dell’edificio

A○ B ○ C Livello di degrado: ○ Degrado in legenda: Materiali interessati: Calcare rosa di Sassetta Caratteristiche ambientali: Degrado provocato da vandalismo, non dipendente dalle caratteristiche ambientali Descrizione fenomeno: Strato di licheni ancorato saldamente al substrato roccioso presente perlopiù in colorazione bianca ed esclusivamente presente all’esterno dell’edificio a causa della natura fotosintetica dell’organismo. Oltre al mero danno di estetico può danneggiare il substrato su cui aderisce. Cause: -

Atti di vandalismo

Descrizione delle procedure di intervento: Rimozione di vernici e smalti con trattamenti chimici. La rimozione di vernici tramite sverniciatori chimici si avvale appunto di sostanze chimiche che, stese sulla superficie verniciata, ammorbidiscono lo strato di pittura facilitandone la rimozione. Dovrà essere utilizzato uno sverniciatore in gel da applicarsi puntualmente sulle varie macchie di vernice secondo quanto prescritto negli elaborati grafici.Dovrà essere conforme alla Decisione n. 455/2009/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 6 maggio 2009 ed alle altre norme comunitarie ed UNI, prima dell’applicazione dovranno essere fatti dei test in laboratorio per accertarsi della compatibilità del prodotto con il materiale lapideo.La lavorazione consisterà in una prima fase di stesura del prodotto, con pennelli, spazzole o spatole, in uno strato sottile (qualche millimetro) ed uniforme, lasciando agire per il tempo necessario ad ammorbidire la vernice, tempo variabile tra pochi minuti a qualche ora, in base alla temperatura ambientale, allo spessore degli strati di pittura presenti, del tipo di vernice da rimuovere, del degrado che caratterizza la finitura. Quando la vernice inizia a sollevarsi e ad ammorbidirsi, si provvede a rimuoverla con l’ausilio di spatole, raschietti, lana d’acciaio, spazzole, fino a portare alla vista la superficie del materiale. Occorre prestare attenzione a non danneggiare le superfici durante l’asportazione meccanica dei residui di pttura. Per rimuovere la vernice da punti difficili da raggungere, quali ad esempio, intagli e fessurazioni, si ricorrà all’uso di spazzolini, bastoncini di legno e punteruoli. Se lo sverniciatore non ha intaccato eventuali strati di pellicola inferiori occorre distenderne un nuovo strato e ripetere l’operazione.In base alle particolari prescrizioni del prodotto di sverniciatura occorrà un lavaggio mediante acqua o solventi per rimuovere eventuali residui di prodotto. Completata l’eliminazione delle pellicole di vernice, si spazzola e si carteggia accuratamente la superficie onde asportare ogni residuo di pittura rimuovendo infine la polvere formatasi


Tipo di degrado: Mancanze Scheda n°6 Localizzazione Presenza di una cospicua perdita di materiale lapideo localizzata ed evidente rispetto al degrado generale del materiale. Sono inoltre presenti mancanze dovute all’azione umana concentrate nella zona dell’abside interno e sul lato destro esterno

A○ B ○ C Livello di degrado: ○ Degrado in legenda: Materiali interessati: Calcare rosa di Sassetta Caratteristiche ambientali: Esposizione agli elementi, in particolar modo all’acqua, all’umidità e al gelo. Descrizione fenomeno: Perdita di materiale lapideo dovuto a cause multiple. Ben distinto per gravità dal degrado generale della chiesa, consta di mancanze meno gravi causate in particolar modo dalle infiltrazioni nel materiale e dalla gelività e mancanze ben più cospicue derivanti da vandalismo e spoglio di interi brani di murature. Cause: -

Atti di vandalismo Gelività Umidità Infiltrazioni Spoglio

Descrizione delle procedure di intervento: Integrazione di porzioni murarie e consolidamento mediante cuci scuci Ogni intervento d’integrazione di strutture murarie esistenti prevede sostanzialmente la seguente successione di fasi operative essenziali. Innanzitutto le zone di intervento saranno specificate dagli elaborati grafici di progetto, che avranno la funzione di andare a specificare la locazione esatta dell’integrazione. Nel caso la direzione dei lavori lo ritenga necessario saranno messe in opera delle opportune puntellature e sostegni provvisionali, nell’ottica di far rimanere stabile la struttura. Saranno poi rimossi gli eventuali elementi ammalorati presenti a margine delle strutture da integrare, onde preparare salde e sicure sedi di appoggio e di collegamento per i nuovi elementi, avendo cura di procedere dall’alto verso il basso, operando per sezioni successive di limitata estensione, per non porre in crisi la stabilità dell’elemento su cui si agisce. La rimozione può avvenire con mezzi manuali e con l’ausilio di semplici utensili, nell’ottica di arrecare il minor danno possibile al manufatto storico. Dopo ciò dovrà essere fatta la pulitura delle sedi e dei piani di appoggio e di connessione dei nuovi elementi, per rimuovere i detriti grossolani e quelli pulverolenti che potrebbero pregiudicarne la posa in opera e, soprattutto, il corretto ancoraggio delle strutture esistenti degli eventuali materiali leganti a questo scopo utilizzati. La pulitura è, in genere, eseguita con strumenti meccanici (spazzole, raschietti, con eventuale ausilio di aspirtatori) ma può richiedere anche l’impiego di acqua, la quantità di questa deve essere limitata al massimo, per evitare di infradiciare la muratura e innestare ulteriori processi di degrado. Si procede dopo alla “presentazione” dei nuovi pezzi, ovvero alla collocazione provvisoria nella sede prevista, per controllare l’accettabilità della loro forma e l’effettiva realizzabilità dell’intervento. In questa fase, si impiegano generalmente piccole zeppe o sottile liste di legno, per appoggiare provvisoriamente gli elementi nella loro sede di inserimento e poterli agilmente rimuovere. Fatto questo controllo si posano in opera i nuovi elementi nelle loro sedi e sui letti di inserimento, preparati e puliti nelle fasi precedenti, utilizzando malte tradizionali sull’esempio delle murature già esistenti, nonché eventuali perni o dispositivi di tipo passivo per migliorare la connessione fra i nuovi pezzi e quelli esistenti. L’ultima fase è quella della finitura e stilatura dei giunti posti fra gli elementi. Il materiale utilizzato dovrà essere lo stesso del resto dell’edificio diversificandosi però nella finitura superficiale in modo da rendere palese la differenziazione fra materiale originario ed integrato.


Tipo di degrado: Apposizione incompatibile Scheda n°7 Localizzazione: Rappezzo cementizio sulla copertura dell’abside esterno ed all’interno dell’arco sopra l’ingresso principale sia all’esterno che all’interno

A ○ B ○ C Livello di degrado: ○ Degrado in legenda:

Materiali interessati: Malta cementizia Caratteristiche ambientali: Degrado indipendente dalle condizioni ambientali, anche se le infiltrazioni d’acqua possono aggravare la situazione specialmente nell’abside. Descrizione fenomeno: Rappezzo incongruo fatto negli anni ’80 a seguito di un cattivo intervento di restauro, formato da uno strato di malta cementizia che è stato gettato sull’abside esterno e all’interno dell’arco della porta principale Cause: -

Restauro errato

Descrizione delle procedure di intervento: Demolizione e rimozione parziale dei manufatti architettonici. Innanzitutto la demolizione dovrà essere eseguita secondo le disposizioni degli elaborati progettuali e secondo le disposizioni della direzione dei lavori. Sinteticamente si procederà dapprima all’individuazione e all’analisi degli elementi o dall’oggetto da demolire, per conoscerne la consistenza fisica, lo stato di conservazione, l’equilibrio e la stabilità. Dopo si procede a capire i rapporti fra l’esistente e l’oggetto da demolire, in modo da capirne le reciproche connessioni ed influenze, si selezionano quindi i metodi, gli strumenti e i macchinari (se necessari) più adatti per svolgere la demolizione nell’ottica della maggior conservazione possibile delle parti intorno. In base agli elementi constatati in loco, si procederà poi alla redazione del programma di demolizioni ossia alla definizione delle diverse fasi operative e della loro corretta successione. Nel nostro caso in particolare, dopo la rimozione della malta cementizia, si dovrà proveddere alla pulitura da ogni residuo materico, messa in atto quest’ultima fase e completata dunque la demolizione, si provvederanno a mettere in opera gli elementi che da progetto andranno a sostituire il materiale demolito.


Tipo di degrado: Degrado generale Scheda n°8 Localizzazione: Degradi ampiamente diffusi su tutte le murature in special modo quelle esterne.

A ○ B ○ C Livello di degrado: ○ Degrado in legenda:

Materiali interessati: Calcare rosa di Sassetta Caratteristiche ambientali: Degrado derivante dall’esposizione agli agenti atmosferici, dall’umidità, dalla gelività e da tutti i fattori biologici e ambientali che si sono susseguiti nel corso dei secoli Descrizione fenomeno: Degrado generalizzato riguardante scagliature, alterazioni cromatiche, piccole mancanze, sporco, patine e tutti gli altri fenomeni non esplicitamente schedati di modesta entità dovuti alla Cause: -

Esposizione agli agenti atmosferici Umidità Agenti biologici Gelività Infiltrazioni

Descrizione delle procedure di intervento:

Risarcimento dei giunti di malta La stilatura dei giunti dovrà essere fatta con un tipo di malta (rilevandola tramite apposite indagini) con caratteristiche fisiche il più possibile simili alla malta originale, si utilizzerà perciò una calce aerea sotto forma di grassello di calce spenta maturato almeno tre mesi con sabbie silicee e calcaree granulometricamente variabili fra 1 mm e 3 mm, con aggiunta di malta idraulica. Le sabbie devono essere di fiume e il rapporto volumetrico degli inerti deve essere di 3 a 1, mentre il legante sarà costituito da acqua limpida di temperatura variabile fra i 14 e i 20 gradi. L’applicazione della malta dovrà essere effettuata a cazzuola, previa adeguata preparazione del supporto (da computarsi a parte), mediante la scarnitura dei giunti di malta, manualmente o con attrezzi meccanici, fino ad ottenere un supporto sano e compatto, privo di parti friabili e incoerenti, polvere e muffe, senza compromettere l’integrità del paramento murario. Eseguire l’idrolavaggio della muratura a bassa pressione al fine di eliminare eventuali efflorescenze e sali solubili presenti sulla superficie. Procedere alla saturazione con acqua del supporto, al fine di impedire che quest’ultimo possa sottrarre acqua alla malta, pregiudicandone le caratteristiche prestazionali finali. Rimuovere l’eventuale acqua in eccesso con aria compressa. Stendere la malta in più strati, a seconda della profondità e della lunghezza dei corsi da riempire, esercitando una leggera pressione per favorirne l’adesione al supporto. Rimuovere la malta in eccesso subito dopo la stesura, anche dagli elementi costruttivi la muratura. Eseguire la spugnatura dei giunti di malta con una spugna inumidita.



INDICE Capo 1 – Norme Generali 1. OGGETTO DELL’APPALTO 1.1 Generalità 1.2 Descrizione dell’intervento

2. MODALITA’ DI ESECUZIONE DI OGNI LAVORAZIONE Art. 1 Scavi 1.1 Scavi in genere 1.2 Scavi di sbancamento 1.3 Scavi di accertamento e ricognizione

Art. 2 Allestimento cantiere 2.1 Ponteggi esterni 2.2 Ponteggi interni Art. 3 Lavorazioni edili

3.1 Costruzione 3.1.1 Consolidamento tramite tiranti metallici 3.1.2 Costruzione copertura a tetto 3.1.3 Messa in sicurezza locale accessorio 3.1.4 Costruzione paretine contenimento terra interna all’edificio 3.1.5 Costruzione muro contenimento terra esterno 3.1.6 Consolidamento antisismico (trave reticolare) 3.1.7 Consolidamento antisismico (franelli) 3.1.8 Canale di drenaggio delle acque Art. 4 Opere di restauro 4.1 Puliture 4.1.1 Rimozione vernici o smalti con sverniciatori chimici 4.1.2 Eliminazione meccanica di agenti biodeteriogeni di natura vegetale (Parietaria e simili) 4.1.3 Eliminazione meccanica di agenti biodeteriogeni di natura vegetale (Edera ed alberi di alto fusto) 4.1.4 Eliminazione di vegetazione inferiore tramite trattamento chimico 4.2 Integrazioni 4.2.1 Integrazione e ripristino delle murature e consolidamento mediante cuci-scuci 4.2.2 Integrazione dei giunti di malta


4.2.3 Integrazione di fratture e piccole cavitĂ tramite materiali in pasta

4.3 Demolizioni e rimozioni 4.3.1 Rimozione e demolizione parziale di manufatti architettonici 4.3.2 Smontaggio e rimozione della copertura

Art. 5 Opere di finitura 5.1 Opere da elettricista 5.2 Pavimentazione interna 5.3 Pavimentazione esterna 5.4 Opere da lattoniere 5.5 Opere da fabbro


1 1.1

OGGETTO DELL’APPALTO Generalità

L’intervento in oggetto prevede il restauro conservitavo della Chiesa della Santissima Annunziata a Suvereto e la riconfigurazione e rifunzionalizzazione dell’area limitrofa ad essa. L’oggetto del restauro trova in una zona esterna al centro urbano ad alcuni chilometri dalla frazione Prata del comune di Suvereto. La chiesa presenta una sola navata senza transetto con un amplia volta a botte ogivale, divisa in due campate di forma approssimatamente quadrata, il lato destro presenta tre aperture ed è rivolto verso la strada, il lato sinistro è cieco nonché parzialmente interrato come l’abside, la facciata è rivolta verso un fosso prospicente l’edificio sacro. Nei pressi dell’edificio prIncipale vi sono diversi edifici minori quali: una fonte, un ex seccatoio per le castagne e diversi ruderi non identificabili nel retro della chiesa. Non sono mai stati eseguiti restauri scientifici ma nel corso dei secoli ci sono stati più rifacimenti, l’ultime opere che sono state fatte riguardano il rifacimento del tetto negli anni ’50 e alcune giustapposizioni di cemento degli anni ’80.

1.2

Descrizione dell’intervento

L’intervento consiste in una serie di lavorazioni che riguardano sia la risistemazione dell’esterno nonché del ex seccatoio sia della chiesa in se, comprendendo interventi interni, esterni e riguardanti la copertura. L’ex seccatoio verrà ripulito dai detriti e messo in sicurezza e riconfigurato diventando un attestazione dell’economia rurale di quei luoghi, l’area esterna tramite movimentazioni di terra, la previsione di una giusta attrezzatura e sistemazioni della pavimentazione diventerà un area per la sosta ed il ristoro per i turisti, in special modo per quelli che praticano il trekking, mentre sulla chiesa verrà fatto un restauro conservativo che consisterà nella sistemazione idrogeologica, nel rinforzo della volta e della struttura tramite apposite catene e strutture antisismiche, nel rifacimento della pavimentazione e della copertura, nella sistemazione dei vari tipi di degradi individuati nella prima fase di restauro ed in una nuova illuminazione. Alla fine avremo una area che si andrà ad integrare col sistema di percorsi esistenti, diventando una polarità ed un luogo di sosta. La chiesa sarà visitabile tramite gite organizzate di trekking che prenderanno le chiavi nell’ufficio turistico, mentre tutti gli altri che passassero per questo luogo potranno ammirare la chiesa attraverso la grata che avrà al di sopra un sensore di movimento, questo illuminerà la chiesa per un certo lasso di tempo permettendone la vista anche da fuori.


2

MODALITA’ DI ESECUZIONE DI OGNI LAVORAZIONE

Art.1 Scavi 1.1 Scavi in genere Gli scavi in genere per qualsiasi lavoro a mano o con mezzi meccanici dovranno essere eseguiti secondo i disegni di progetto e le particolari prescrizioni che saranno date all’atto esecutivo della Direzione dei lavori. Nella esecuzione degli scavi in genere l’Appaltatore dovrà procedere in modo da impedire scoscendimenti e franamenti, restando esso, oltre che totalmente responsabile di eventuali danni alle persone ed alle opere, altresì obbligato a provvedere a suo carico e spese alla rimozione delle materie franate. L’appaltatore dovrà inoltre provvedere a sue spese affinché, le acque scorrenti alla superficie del terreno siano deviate seguendo gli elaborati di progetto e in modo che non rechino danni a mezzi ed opere. Le materie provenienti dagli scavi in genere, ove non siano utilizzabili, o non ritenute adatte, a giudizio insindacabile della Direzione, ad altro impiego nei lavori, dovranno essere portate a rifiuto fuori dalla sede di cantiere, ai pubblici scarichi, ovvero su aree che l’Appaltatore dovrà provvedere a sua cura e spese. Qualora le materie prime provenienti dagli scavi dovessero essere utilizzate per rinterri esse dovranno essere depositate in un luogo adatto, accettato dalla Direzione dei lavori, per essere riprese a tempo opportuno. In ogni caso le materie depositate non dovranno riuscire di danno ai lavori, alle proprietà pubbliche o private ed al libero deflusso della acque scorrenti alla superficie. La Direzione dei lavori potrà far asportare, a spese dell’Appaltatore, le materie depositate in contravvenzione alle precedenti disposizioni. Ove si dovesse procedere all’interno di costruzioni o in adiacenza a murature, gli scavi andranno eseguiti con gli strumenti e le cautele atte ad evitare l’insorgere di danni nelle strutture murarie adiacenti. Il ripristino delle strutture, qualora venissero lese a causa di una esecuzione maldestra degli scavi, sarà effettuata a totale carico dell’Appaltatore. Questi scavi saranno applicati in generale in tutta l’area di intervento eccettuati i luoghi prescritti nelle voci 1.2 e 1.3.

1.2 Scavi di sbancamento Scavo di sbancamento per qualsiasi finalità, per lavori da eseguirsi all’esterno del perimetro del centro edificato, definito in base ai criteri previsti dal 2° comma dell’art. 18 della legge n. 865/71, eseguito con mezzo meccanico, anche in presenza d’acqua con tirante non superiore a 20 cm., inclusi la rimozione di sovrastrutture stradali e di muri a secco, il taglio e la rimozione di alberi e ceppaie, eseguito secondo le sagome prescritte anche a gradoni, compresi gli interventi anche a mano per la regolarizzazione del fondo, delle superfici dei tagli e la profilatura delle pareti, nonché il paleggiamento, il carico su mezzo di trasporto, il trasporto a rilevato o a rinterro nell’ambito del cantiere fino alla distanza di 1.000 m., il ritorno a vuoto, compreso l’onere per il prelievo dei campioni (da effettuarsi in contraddittorio tra la D.L. e l’impresa), il confezionamento dei cubetti da sottoporre alle prove di schiacciamento e le stesse prove di laboratorio, ed ogni altro onere per dare l’opera completa a perfetta regola d’arte. Questo tipo di scavo sarà effettuato principalmente nel lato sinistro dell’edificio sacro ed anche nella zona absidiale esterna.

1.3 Scavi di accertamento e ricognizione


Gli scavi per l’accertamento e la ricognizione dei piani originari e, quindi, per l’eliminazione dei detriti e dei terreni vegetali di recente accumulo, verranno effettuati sotto sorveglianza, con i tempi e le modalità indicate dal personale tecnico incaricato dalla D.L. Visto che questo tipo di scavi andranno effettuati all’interno dell’edificio, non potranno essere fatti con mezzi meccanici, si dovrà procedere manualmente ed una volta trasportato il terreno all’esterno si procederà a portarlo via con appositi mezzi. Qualora le materie provenienti dagli scavi dovessero essere utilizzate in tempo differito per rempimenti o rinterri, esse saranno depositate nell’ambito del cantiere e, in ogni caso, in luogo tale che non provochino danno od intralcio al traffico. Sarà prestata particolare cura all’eventuale rinvenimento di reperti di cui sarà preventivamente accertata al presenza tramite appositi scavi di saggio archeologico.

Art. 2 Allestimento del cantiere Prima di iniziare i lavori l’Appaltatore dovrà provvedere all’esecuzione del progetto dell’impianto di cantiere, l’allestimento, l’installazione di tutte le attrezzature e il relativo smontaggio, l’allacciamento alla rete idraulica pubblica e l’installazione di un quadro elettrico di cantiere. Per qualsiasi tipo di lavorazione dovranno essere rispettati tutte le regole imposte dalla normativa di sicurezza relative al D.P.R 07.01.56 n.164 e seguenti con successive modifiche e integrazioni. L’allestimento del cantiere comprende: la delimitazione dell’area di cantiere con reti, la creazione di ponteggi e castello di tiro, la creazione di depositi di stoccaggio, la postazione di macchinari fissi e sarà complessivo di: area di impasto e di stoccaggio materiali, servizio igienico di cantiere, esecuzione di impianto elettrico e di terra a norma per utilizzo macchine di cantiere con rilascio della dichiarazione di conformità e allacciamento alla rete idrica pubblica. È compito dell’appaltatore il riordino e pulizia delle superfici interessate dal cantiere per riconsegna nelle medesime condizioni iniziali. Il cantiere avrà inizio lungo la strada provinciale dei quattro comuni si avranno due ingressi principali al cantiere, uno nei pressi della fonte e l’altro sulla riva opposta del fosso e si avranno la sistemazione di piazzole di sosta, di aree fisse per le lavorazioni, dell’area per i parcheggi, dei servizi igienici e dei prefabbricati per la sistemazione dei servizi di cantiere, dei castello di tiro. Per la delimitazione dell’area di cantiere, esternamente dovrà essere realizzata una recinzione in ferro e rete di plastica. Dovranno essere installati dei cancelli di ferro che verranno chiusi durante le ore di inattività del cantiere. La delimitazione circonderà per interno la chiesa impedendone i regolari accessi. Tale recinzione dovrà essere non facilmente scavalcabile e accessibile solo per personale addetto muniti di mezzi personali di protezione (elmetto, guanti e scarpe). Per la creazione di depositi di stoccaggio, all’interno della recinzione saranno individuate le aree destinate allo stoccaggio dei materiali da montare, e materiali di risulta da portare in discarica o per certe lavorazioni in cantiere fuori opera. L’appaltatore dovrà individuare aree sono saranno collocate macchine a postazione fissa. Il cantiere dovrà essere collegato alle reti infrastrutturali essenziali. Il lavoro sarà svolto da personale qualificato e rilasciando una dichiarazione scritta.

2.1 Ponteggi esterni L’appaltatore dovrà occuparsi dell’approntamento, elevazione e smontaggio di opere provvisionali. Dovranno essere realizzati ponteggi metallici secondo la posizione indicata dall’appaltatore, ovvero lungo tutto il perimetro della Chiesa. I ponteggi esterni, completi di tavole su tutti i piani, tavole fermapiede, parapetti, scalette e teli di protezione in PVC, saranno installati su tutti i fronti per tutta l’altezza degli stessi e andranno a circondare anche il tamburo. In facciata il ponteggio


dovrà innalzarsi per almeno 1,50 mt altre la quota della gronda per permettere interventi di rimozione e/o modifiche. I ponteggi dovranno essere installati ad una adeguata distanza dalla parete, tenendo opportunamente conto delle sporgenze dei cornicioni. Sui ponti di servizio sarà vietato il deposito di materiale e di mezzi non strettamente necessari alla lavorazione in corso. Tutti i ponteggi e le altre opere necessarie alla conservazione, anche provvisoria, del manufatto ed alla sicurezza ed incolumità degli addetti ai lavori, saranno eseguiti nel rispetto delle norme di sicurezza della buona tecnica costruttiva ed ubicati secondo quanto richiesto dalla D.L.. L’appaltatore dovrà utilizzare strutture metalliche munite dell’apposita autorizzazione ministeriale che dovrà essere tenuta in cantiere. Le strutture saranno realizzate secondo i disegni, i calcoli e le disposizioni previste dall'Art. 14 del D.P.R. 07.01.56 n. 164 e successive modificazioni

2.3 Ponteggi Interni L’appaltatore dovrà occuparsi dell’approntamento, elevazione e smontaggio di opere provvisionali all’interno della Chiesa. I ponteggi verranno allestiti lungo la chiesa una volta sgombrata dalla terra in eccesso. I ponteggi dovranno essere installati ad una adeguata distanza dalla parete, tenendo opportunamente conto delle sporgenze.

Art. 3 Lavorazioni edili

3.1 Costruzione

3.1.1 Consolidamento tramite tiranti metallici Materiale Il consolidamento avverrà tramite 6 tiranti in acciaio S235 posti, come dettagliato negli elaborati grafici, 4 trasversalmente e 2 longitudinalmente ed avranno un capochiave del medesimo tipo di acciaio a paletto posto con un angolo di 45°. Il cavo avrà Tipo di sezione circolare e diametro di 24 mm mentre il capochiave sarà lungo 50 cm,

largo 5 cm ed alto 48 mm.

Modalità di prova e collaudo I tiranti dovranno essere calcolati seguendo le prescrizioni delle vigenti normative (D.M. 14/01/2008 e Circolare 617/2009)

Lavorazione


I tiranti metallici dovranno essere applicati all’interno della muratura e fissati all’estremità con apposti capochiavi atti a distribuire i carichi. Una volta segnati i livelli e gli assi dei tiranti l’Appaltatore dovrà preparare la sede di posa dei tiranti mediante l’utilizzo di sonde esclusivamente rotative del diametro prescritto al fine di evitare ogni possibile disturbo all’equilibrio della struttura dissestata. Nel caso si dovesse preparare la sede di posa dei tiranti in aderenza ai paramenti esterni, l’Appaltatore dovrà praticare nella muratura delle scanalature le cui sezioni, prescritte dagli elaborati di progetto, siano atte a contenere i piani di posa dei tiranti e delle piastre di ripartizione le cui aree d’appoggio dovranno essere spianate con un getto di malta antiritiro. I tiranti, una volta tagliati e filettati per circa 10 centimetri da ogni lato, andranno posti in opera e fissati ai capochiavi (dalle dimensioni prescritte) mediante dadi filettati. Dopo l’indurimento delle malte usate per i piani di posa dei capochiavi, l’Appaltatore, ove richiesto, metterà in tensione i tiranti mediante chiavi dinamometriche in modo che la tensione applicata non superi il 50% di quella ammissibile dal cavo di acciaio. Infine, si salderanno i dadi filettati. La sede di posa dei tiranti, se posta all’interno della struttura, potrà essere riempita, dietro prescrizione del D.L., ricorrendo a iniezioni di malte reoplastiche o di prodotti sintetici mentre le scanalature andranno sigillate con malta e rifiniti in modo da non compromettere l’aspetto del paramento murario. Per garantire alla struttura le migliori prestazioni statiche, i tiranti orizzontali dovranno essere posizionati in corrispondenza dei solai o di altre strutture orizzontali mentre lo spazio fra i due tiranti contigui dovrà essere ridotto al minimo. Il posizionamento gli ancoraggi dovrà essere effettuato secondo le prescrizioni del progetto o della D.L.. Per quanto riguarda i tiranti longitudinali, questi in caso l’ipotesi del sottotetto sia difforme dalle ipotesi fatte in sede progettuali, dovrà essere riposizionata in base alle direttive della D.L.

3.1.2 Costruzione della copertura a tetto

Materiali La copertura a tetto sarà costituita una grossa armatura in legno, il tutto con le dimensioni e disposizioni che saranno prescritte dai tipi di progetto o dalla Direzione dei lavori. Sulla grossa armatura saranno poi disposti i travicelli e i listelli di legno (piccola armatura) sulle quali sarà poi distesa la copertura di tegole alla romana con l’interposizione di pianelle in laterizio.

Modalità di prova e collaudo Prima della messa in opera andrà verificata l’integrità delle singole pianelle e della qualità del legname per le armature sottostante con l’eventuale estrapolazione di provini secondo le norme di legge

Lavorazioni

Sopra l’armatura posta in opera secondo gli elaborati di progetto e le regole dell’arte verrà posto un sottomanto di pianelle che si eseguirà collocando sui travicelli o correntini del tetto le pianelle una vicino all’altra, ben allineate e in modo che le estremità di esse posino sull’asse di detti legnami e le connessioni non


siano maggiori di mm. 6. Le dette connessioni saranno stuccate con mata idraulica liquida. Sopra di esse verrà posta una copertura di tegole alla romana (o “maritate”) composta da tegole piane (embrici) e di tegole curve (coppi) si eseguirà con le stesse norme della precedente, salvo che si poserà sulla superficie da coprire il primo strato di tegole pane debitamente intervallate e sovrapposte, e successivamente il secondo strato di tegole curve che ricopriranno i vuoti fra i vari filari di tegole piane. Anche per questo tipo di coperture a secco dovrà eseguirsi con malta idraulica mezzana la necessaria muratura delle testate e dei colmi, la calce a scarpa, ecc.. In corrispondenza delle gronde dovranno impiegarsi embrici speciali a lato parallelo. Per una questione di sicurezza antisismica verranno poste delle cuffie metalliche di consolidamento sulla parte del colmo dei travicelli e nell’incastro delle travi col muro. Quest’ultime saranno agganciate tramite la cuffia alla cordolatura metallica posta sulle murature nella parte sommitale.

3.1.3 Messa in sicurezza e restauro locale accessorio

Per quanto riguarda il rudere che aveva come funzione l’essiccazione delle castagne, posto in zona nord ovest dell’area di progetto, questo dovrà essere per prima cosa liberato dalla vegetazione che copre la rimanete parte del tetto, l’interno e le zone immediatamente limitrofe, fatto questo si dovrà procedere alla rimozione della rimanente parte della copertura e da tutti gli elementi pericolanti non sanabili in nessun modo. Una volta rimossi si procederà alla rimozione dei detriti che nel corso del tempo si sono accumulati all’interno ed all’esterno di esso per passare poi alla verifica di quali murature possano ancora mantenere la propria funzione e quali invece abbiano bisogno di rinforzi strutturali, effettuati con appositi elementi in acciaio atti a ripristinare il funzionamento scatolare della muratura e la stabilità delle stesse. Si procederà poi al livellamento del terreno interno e alla pavimentazione che dovrà sarà costituita da lastre in pietra di forma irregolare posate su un letto di sabbia mentre tra i giunti sarà posta della malta cementizia, tutto secondo le regole dell’arte. Sopra le pareti preesistenti dovranno essere poste nuove murature a completare la struttura originaria, con gli stessi materiali delle murature storiche ma dovranno essere differenziate mediante una rientranza di due centimetri sul lato esterno. La copertura sarà costituita da un tetto di tipo tradizionale con struttura portante in legno, formata da una trave di colmo posta dove si trova la trave già esistente ed una travatura secondaria di travetti di misura 8x8 distanti 31 cm tra interasse ed interasse e poggianti sulla trave di colmo e sulle murature. Sopra di questi sarà posta secondo le regole dell’arte un manto di mezzane di dimensioni 30x15x3 sul quale verrà posta la copertura in coppi ed embrici. Internamente il seccatoio dovrà essere ripristinato in modo che si sia possibile un arredo filologico per rendere l’edificio monumento/museo all’antica economia di sussistenza della zona, anche mediante appositi cartelloni esplicativi. Per evitare atti vandalici sarà posta una porta a grata all’ingresso.

3.1.4 Costruzione parete di contenimento terra interna all’edificio

Materiali La costruzione della parete di contenimento dovrà essere effettuata in calcestruzzo armato destinato per strutture in classe di esposizione ambientale XC2 secondo UNI EN 206-1 contraddistinto dai seguenti parametri caratteristici:


Dimensione massima dell'aggregato Dmax = 25 mm;

Classe di resistenza C25/30 da misurarsi secondo UNI EN 206-1 con prelievi effettuati immediatamente prima del getto;

Dosaggio minimo di cemento: 280 kg/m3

Consistenza S5, secondo UNI EN 206-1, per 90 minuti a 23 °C misurata immediatamente prima del getto;

Copriferro minimo 25 mm.

Modalità di prova e collaudo

I cementi dovranno rispondere ai limiti di accettazione contenuti nella legge 26 maggio 1965, n. 595 e nel D.M. 3 giugno 1968 (“Nuove norme sui requisiti di accettazione e modalità di prova dei cementi”) e successive modifiche. Gli agglomerati cementizi dovranno rispondere ai limiti di accettazione contenuti nella legge 26 maggio 1965, n. 595 e nel D.M. 31 agosto 1972. A norma di quanto previsto da Decreto del Ministero dell'Industria del 9 marzo 1988, n. 126 (“Regolamento del servizio di controllo e certificazione di qualità dei cementi”) (dal 11.3.2000 sostituito dal D.M.Industria 12 luglio 1999, n.314), i cementi di cui all'art. 1 lettera A) della legge 26 maggio 1965, n. 595 (e cioè i cementi normali e ad alta resistenza portland, pozzolanico e d'altoforno), se utilizzati per confezionare il conglomerato cementizio normale, armato e precompresso, devono essere certificati presso i laboratori di cui all'art. 6 della legge 26 maggio 1965,n. 595 e all'art. 20 della legge 5 novembre 1971, n. 1086. Per i cementi di importazione, la procedura di controllo e di certificazione potrà essere svolta nei luoghi di produzione da analoghi laboratori esteri di analisi. I cementi e gli agglomerati cementizi dovranno essere conservati in magazzini coperti, ben riparati dall'umidità e da altri agenti capaci di degradarli prima dell'impiego. L'acqua per l'impasto dovrà essere limpida, priva di sostanze organiche o grassi e priva di sali (particolarmente solfati e cloruri) in percentuali dannose e non essere aggressiva per il conglomerato risultante. I cementi e gli agglomerati cementizi dovranno essere conservati in magazzini coperti, ben riparati dall'umidita e da altri agenti capaci di degradarli prima dell'impiego. Gli aggregati per conglomerati cementizi, naturali e di frantumazione, devono essere costituiti da elementi non gelivi e non friabili, privi di sostanze organiche, limose ed argillose, di getto, ecc., in proporzioni non nocive all'indurimento del conglomerato o alla conservazione delle armature. La ghiaia o il pietrisco devono avere dimensioni massime commisurate alle caratteristiche geometriche della carpenteria del getto ed all'ingombro delle armature. La sabbia per malte dovrà essere priva di sostanze organiche, terrose o argillose, ed avere dimensione massima dei grani di 2 mm per murature in genere, di 1 mm per gli intonaci e murature di paramento o in pietra da taglio. Gli acciai per l'armatura del calcestruzzo normale devono rispondere alle prescrizioni contenute nel vigente D.M. attuativo della legge 5 novembre 1971, n. 1086 (D.M. 9 gennaio 1996) e relative circolari esplicative. Normativa di riferimento: UNI EN 206, UNI 11104, UNI 6126, UNI6131, UNI 6393, UNI 6132,UNI 7102+ FA 94, UNI 7103, UNI7105, UNI 8520/1, UNI 7101, UNI 7106, + FA 96, UNI 7109, UNI 8145, + FA 124

Lavorazione

Dopo aver effettuato lo scavo dovrà essere gettato in opera, secondo gli elaborati di progetto, uno strato di magrone. Su di esso verranno poste le casseformi secondo le geometrie di progetto, all’interno delle quali dovranno essere poste le armature sempre secondo gli elaborati progettuali. Prima di effettuare il getto, si e intervenuti sigillando sia i punti di contatto tra le diverse casseforme sia gli appoggi sulla fondazione delle stesse per evitare che si producessero fuoriuscite di acqua con trascinamento del materiale minuto e conseguente formazione dei cosiddetti “nidi di ghiaia”


sulla superficie della parete. Dopo sarà effettuata la gettata di calcestruzzo, opportunamente miscelato secondo le norme del presente capitolato e gettato secondo la regola d’arte. Le casseformi saranno poi rimosse appena il calcestruzzo avrà conseguito una resistenza sufficiente per sostenersi autonomamente, in base alle condizioni climatiche del momento e secondo le istruzioni del Direttore dei Lavori.

3.1.5 Costruzione parete di contenimento terra esterna

Materiali I materiali per la costruzione del muro di contenimento esterno della terra saranno costituiti da pietre locali, opportunamente scelte in modo da rendere agevole la costruzione a secco del muro.

Lavorazione

La muratura di pietrame a secco dovrà essere eseguita con pietre ridotte col martello alla forma più che sia possibile regolare, restando assolutamente escluse quelle di forme rotonde. Le pietre saranno collocate in opera in modo che si colleghino perfettamente fra loro, scegliendo per i parametri quelle di maggiori dimensioni, non inferiori a cm 20 di lato, e le più adatte per il miglior combaciamento per supplire così con l'accuratezza della costruzione alla mancanza di malta. Si eviterà sempre la ricorrenza delle connessure verticali. Nell'interno della muratura si farà uso delle scaglie, soltanto per appianare i corsi e riempire gli interstizi tra pietra e pietra. La muratura di pietrame a secco, per muri di sostegno di controriva o comunque isolati, sarà poi sempre coronata da uno strato di muratura con malta di altezza non inferiore di cm 30. Negli angoli con funzione di cantonali si useranno le pietre maggiori e meglio rispondenti allo scopo. Le rientranze delle pietre dovranno essere di norma circa una volta e mezzo l'altezza e mai comunque inferiori all'altezza. A richiesta della Direzione dei lavori si dovranno eseguire anche opportune feritoie regolari e regolarmente disposte anche in più ordini per lo scolo delle acque

3.1.6 Consolidamento antisismico (trave reticolare)

Materiali La trave reticolare sarà realizzata in acciaio con la geometria che seguirà l’andamento del bordo superiore del tetto

Lavorazione Dopo lo smontaggio della copertura e preventivamente alla costruzione di quella nuova sarà posta in opera la travatura reticolare. Questa sarà portata in cantiere smontata e si procederà al montaggio in quota. La travatura verrà stesa nel senso dello spessore sulla cima delle murature


precedentemente preparate, cercando di appianare la superficie, e opportunamente rivettatati con rivetti lunghi mezzo metro. La struttura, rivettata blocco per blocco verrà saldata direttamente in loco per creare una solida cordolatura che faccia comportare in modo sincrono le murature in caso di sisma.

3.1.7 Consolidamento antisismico (franelli)

Materiali I materiali saranno costituiti da mattoni forati e malta cementizia opportunamente miscelata secondo le regole dell’arte

Lavorazione I franelli verranno costruiti solamente dopo che il tetto è stato smontato, la zona del sottotetto pulita da eventuali residui e calcinacci e il posizionamento delle catene. Vista la condizione non ottimale della volta e l’angolo particolarmente acuto della stessa dovranno essere messi dei ponteggi adeguati atti a garantire la sicurezza sia degli operai che della struttura. I franelli saranno costituiti da murature perpendicolari alla volta che partiranno dal bordo interno della muratura esterna e andranno a sagomarsi sulla volta creando un ponte fra le dure strutture. Si partirà creando un sottofondo di malta dove appoggiare i la prima fila di mattoni e si proseguirà verso l’alto fino all’altezza stabilita dagli elaborati di progetto. Bisognerà prestare particolarmente attenzione al collegamento con le murature preesistenti le quali dovranno essere ben salde per garantire la tenuta come unica struttura al sisma.

3.1.8 Canale di drenaggio acque

Materiali Il canale di drenaggio sarà costituito da uno scavo al cui interno verrà posta un tubo filtrante ed intorno breccia di cava di varia grandezza fino al riempimento della stessa.

Lavorazione Il canale di drenaggio avrà bisogno delle seguenti fasi di lavorazione:

A) Lo scavo del terreno andrà fatto in aderenza alle murature, secondo le altezze e le pendenze determinate dagli elaborati di progetto B) Lo scavo va eseguito a tratti, per piccoli cantieri con scavatrice a braccio o mediante fori trivellati. La lavorazione richiede il puntellamento del terreno con robuste armature, in modo da prevenire i rischi di smottamenti. C) Segue la realizzazione, sul fondo dello scavo, di un basamento livellato in terreno costipato su cui verrà posta una guaina impermeabilizzante che risalirà le murature della chiesa


proteggendola dall’acqua e verrà posto anche del tessuto non tessuto per evitare che la terra penetri nella breccia. L’inclinazione del piano dovrà favorire il deflusso delle acque. D) Si procede, quindi, all’allettamento di un tubo drenante, di diametro pari a 20 – 40 cm, in materiale cementizio forato, avente la corona superiore molto permeabile e la parte inferiore compatte ed impermeabile. E) Si continua con il riempimento dello scavo con pietrame a secco, in modo da rendere minimo il contatto fra le pietre. Il materiale filtrante è costituito nello strato inferiore di ciottoli di grandi dimensioni, con diametro di 15-20 cm, poi da materiale a pezzatura progressivamente decrescente salendo verso la superficie, fino ad arrivare alla sabbia. È di fondamentale importanza la corretta e graduale progressione della granulometria, in modo che ogni strato sia di sostegno al sovrastante; un salto brusco nella pezzatura permetterebbe alle particelle degli strati superiori più fini di intasare gli strati inferiori riducendone la permeabilità. F) Il ciclo delle lavorazioni termina con la costruzione di una pavimentazione in acciottolato sopra la fossa drenante.

Art. 4 Opere di restauro

4.1 Puliture

4.1.1 Rimozione vernici o smalti con sverniciatori chimici La rimozione di vernici tramite sverniciatori chimici si avvale appunto di sostanze chimiche che, stese sulla superficie verniciata, ammorbidiscono lo strato di pittura facilitandone la rimozione. Dovrà essere utilizzato uno sverniciatore in gel da applicarsi puntualmente sulle varie macchie di vernice secondo quanto prescritto negli elaborati grafici.

Dovrà essere conforme alla Decisione n. 455/2009/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 6 maggio 2009 ed alle altre norme comunitarie ed UNI, prima dell’applicazione dovranno essere fatti dei test in laboratorio per accertarsi della compatibilità del prodotto con il materiale lapideo. La lavorazione consisterà in una prima fase di stesura del prodotto, con pennelli, spazzole o spatole, in uno strato sottile (qualche millimetro) ed uniforme, lasciando agire per il tempo necessario ad ammorbidire la vernice, tempo variabile tra pochi minuti a qualche ora, in base alla temperatura ambientale, allo spessore degli strati di pittura presenti, del tipo di vernice da rimuovere, del degrado che caratterizza la finitura. Quando la vernice inizia a sollevarsi e ad ammorbidirsi, si provvede a rimuoverla con l’ausilio di spatole, raschietti, lana d’acciaio, spazzole, fino a portare alla vista la superficie del materiale. Occorre prestare attenzione a non danneggiare le superfici durante l’asportazione meccanica dei residui di pittura. Per rimuovere la vernice da punti difficili da raggiungere, quali ad esempio, intagli e fessurazioni, si ricorrà all’uso di spazzolini, bastoncini di legno e punteruoli. Se lo sverniciatore non


ha intaccato eventuali strati di pellicola inferiori occorre distenderne un nuovo strato e ripetere l’operazione. In base alle particolari prescrizioni del prodotto di sverniciatura occorrà un lavaggio mediante acqua o solventi per rimuovere eventuali residui di prodotto. Completata l’eliminazione delle pellicole di vernice, si spazzola e si carteggia accuratamente la superficie onde asportare ogni residuo di pittura rimuovendo infine la polvere formatasi

4.1.2 Eliminazione meccanica di agenti biodeteriogeni di natura vegetale (Parietaria e simili) Prima di effettuare l’eliminazione meccanica di questi agenti è opportuno provvedere all’accurata identificazione di questi che interagiscono nei diversi substrati coinvolti dall’infestazione. Occorre poi valutare la necessità e i modi di rimozione di detti vegetali cui il manufatto è soggetto. Per quanto riguarda le piante inferiori la rimozione può essere effettuata mediante l’utilizzo di spatole, bisturi e spazzole, e con l’eventuale ricorso all’uso di acqua nebulizzata per ammorbidire la superficie delle incrostazioni. La tecnica dello strappo potrà essere usata solamente per quanto riguarda le erbe e vegetazione inferiore non arbustiva né tantomeno arborea per evitare danni al manufatto) impiegando talvolta contemporaneamente erbicidi specifici. La rimozione meccanica di microvegetali, attuata con spazzole, bisturi e/o microsabbiatura deve preferibilmente essere limitata a superfici coerenti e compatte, poiché questi strumenti e i modi in cui sono utilizzati potrebbero provocare raschiature, lesioni o altri danni al substrato.

4.1.3 Eliminazione di vegetazione inferiore tramite trattamento chimico (Edera e piante di alto fusto)

L’eliminazione delle piante ad alto fusto o comunque legnose, dovrà essere fatta con la maggior accortezza possibile, infatti le radici, ben più robuste e vitali di quelle delle piante erbacee tendono ad indebolire il manufatto se mal rimosse e rivegetare se non asportate od eliminate con erbicidi. L’operatore per prima cosa dovrà valutare se l’asportazione della pianta può compromettere o meno le murature (questo dovrà essere fatto puntualmente ed in loco). Se si ritiene che non vi siano problemi o l’intervento è da fare in un luogo che dovrà essere comunque smontato si procede direttamente con l’asportazione per strappo. Se invece si ritiene che le radici si siano insinuate troppo profondamente, che siano troppo grosse o che comunque non convenga rimuoverle si procederà prima al taglio e poi al trattamento chimico delle radici atto ad eliminarne la vitalità. Fatti questi passaggi, per sicurezza, si provvederà a sigillare le radici con malta in modo che non vi sia la possibilità di una successiva attività vegetativa.


4.1.4 Eliminazione di vegetazione inferiore tramite trattamento chimico Dove l’eliminazione meccanica non basta o nel caso non sia praticabile sarà opportuno provvedere al trattamento chimico per l’eliminazione della vegetazione inferiore. Questo metodo consiste nell’impiego di prodotti di sintesi (biocidi) che di prodotti di origine biologica (antibiotici) in base alle preventive analisi di laboratorio che diranno quale dei due metodi sia il più adatto per le specie infestanti presenti. Le prove di laboratorio dovranno altresì tenere in considerazione, per quanto riguarda la scelta del prodotto, l’efficacia, la tossicità e la non interferenza con il substrato. Le sostanze chimiche biocide, in relazione al tipo di organismi da eliminare si possono dividere in alghicidi, battericidi, funghicidi e lichenicidi, e possono essere applicati a spruzzo, a pennello o a impacco. I biocidi come alghicidi comprendono un ampio spettro di prodotti, essi dovranno essere applicati, in base alla specificità del prodotto e del substrato: -­‐

A pennello, in presenza di substrati porosi, consente un profonda penetrazione del biocida all’interno del manufatto da disinfestare, ove è lasciato agire per circa un’ora. Successivamente, esso è rimosso con abbondante risciacqui e con un’accurata spazzolatura, per poi essere nuovamente applicato a distanza di uno o più giorni (l’intervallo può estendersi fino a 10)

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A spruzzo, è preferita per trattamenti di ampie superfici Mediante impacchi, è eseguita ne caso si debbano rendere inerti e rimuovere incrostazioni piuttosto spesse. Nel trattamento di materiali lapidei in genere si dovrà applicare una sospensione della sostanza in polpa di carta applicata con impacchi per 24 ore, seguiti da altri impacchi disinfettanti

Se in base alle analisi l’organismo che dovrà essere eliminato è un batterio o un fungo sarà opportuno procedere tramite impacchi da eseguirsi da parte dell’operatore con tutti gli accorgimenti protettivi del caso. Per quanto riguarda i licheni nel caso che l’eliminazione meccanica non sia sufficiente, si provvederà all’applicazione di Sali di ammonio quaternari a spruzzo, a pennello od ad impacco in base alla penetrazione nel substrato e alla consistenza di quest’ultimo. Si consiglia di eseguire di eseguire questi trattamenti in situazioni climatiche stabili in assenza di precipitazioni e di vento per evitare che il biocida sia rimosso prima di esercitare la sua azione e per non causare rischi agli operatori, vista la tossicità delle sostanze usate.

4.2. Integrazioni


4.2.1 Integrazione e ripristino delle murature e consolidamento mediante cuciscuci

Ogni intervento d’integrazione di strutture murarie esistenti prevede sostanzialmente la seguente successione di fasi operative essenziali.

Innanzitutto le zone di intervento saranno specificate dagli elaborati grafici di progetto, che avranno la funzione di andare a specificare la locazione esatta dell’integrazione. Nel caso la direzione dei lavori lo ritenga necessario saranno messe in opera delle opportune puntellature e sostegni provvisionali, nell’ottica di far rimanere stabile la struttura. Saranno poi rimossi gli eventuali elementi ammalorati presenti a margine delle strutture da integrare, onde preparare salde e sicure sedi di appoggio e di collegamento per i nuovi elementi, avendo cura di procedere dall’alto verso il basso, operando per sezioni successive di limitata estensione, per non porre in crisi la stabilità dell’elemento su cui si agisce. La rimozione può avvenire con mezzi manuali e con l’ausilio di semplici utensili, nell’ottica di arrecare il minor danno possibile al manufatto storico. Dopo ciò dovrà essere fatta la pulitura delle sedi e dei piani di appoggio e di connessione dei nuovi elementi, per rimuovere i detriti grossolani e quelli pulverolenti che potrebbero pregiudicarne la posa in opera e, soprattutto, il corretto ancoraggio delle strutture esistenti degli eventuali materiali leganti a questo scopo utilizzati. La pulitura è, in genere, eseguita con strumenti meccanici (spazzole, raschietti, con eventuale ausilio di aspiratori) ma può richiedere anche l’impiego di acqua, la quantità di questa deve essere limitata al massimo, per evitare di infradiciare la muratura e innestare ulteriori processi di degrado. Si procede dopo alla “presentazione” dei nuovi pezzi, ovvero alla collocazione provvisoria nella sede prevista, per controllare l’accettabilità della loro forma e l’effettiva realizzabilità dell’intervento. In questa fase, si impiegano generalmente piccole zeppe o sottile liste di legno, per appoggiare provvisoriamente gli elementi nella loro sede di inserimento e poterli agilmente rimuovere. Fatto questo controllo si posano in opera i nuovi elementi nelle loro sedi e sui letti di inserimento, preparati e puliti nelle fasi precedenti, utilizzando malte tradizionali sull’esempio delle murature già esistenti, nonché eventuali perni o dispositivi di tipo passivo per migliorare la connessione fra i nuovi pezzi e quelli esistenti. L’ultima fase è quella della finitura e stilatura dei giunti posti fra gli elementi. Il materiale utilizzato dovrà essere lo stesso del resto dell’edificio diversificandosi però nella finitura superficiale in modo da rendere palese la differenziazione fra materiale originario ed integrato.

4.2.2 Integrazione dei giunti di malta

La stilatura dei giunti dovrà essere fatta con un tipo di malta (rilevandola tramite apposite indagini) con caratteristiche fisiche il più possibile simili alla malta originale, si utilizzerà perciò una calce aerea sotto forma di grassello di calce spenta maturato almeno tre mesi con sabbie silicee e calcaree granulometricamente variabili fra 1 mm e 3 mm, con aggiunta di malta idraulica. Le sabbie devono essere di fiume e il rapporto


volumetrico degli inerti deve essere di 3 a 1, mentre il legante sarà costituito da acqua limpida di temperatura variabile fra i 14 e i 20 gradi. L’applicazione della malta dovrà essere effettuata a cazzuola, previa

adeguata preparazione del supporto (da computarsi a parte), mediante la scarnitura dei giunti di malta, manualmente o con attrezzi meccanici, fino ad ottenere un supporto sano e compatto, privo di parti friabili e incoerenti, polvere e muffe, senza compromettere l’integrità del paramento murario. Eseguire l’idrolavaggio della muratura a bassa pressione al fine di eliminare eventuali efflorescenze e sali solubili presenti sulla superficie. Procedere alla saturazione con acqua del supporto, al fine di impedire che quest’ultimo possa sottrarre acqua alla malta, pregiudicandone le caratteristiche prestazionali finali. Rimuovere l’eventuale acqua in eccesso con aria compressa. Stendere la malta in più strati, a seconda della profondità e della lunghezza dei corsi da riempire, esercitando una leggera pressione per favorirne l’adesione al supporto. Rimuovere la malta in eccesso subito dopo la stesura, anche dagli elementi costruttivi la muratura. Eseguire la spugnatura dei giunti di malta con una spugna inumidita.

4.2.3 Integrazione di fratture e di piccole cavità mediante materiali in pasta

L’intervento si attua in due fasi: 1) Prima di procedere al riempimento della mancanza, le sue superfici devono essere accuratamente pulite. È inoltre opportuno verificare che sulle superfici da integrare non vi siano strati o residui di protettivi. A volte è necessario stendere prima di applicare l’impasto della nuova stuccatura, un prodotto aggrappante per facilitarne l’adesione al supporto. 2) Dopo aver preparato la malta nella consistenza voluta, si applica alle pareti della mancanza utilizzando spatole metalliche o di altro materiale, di dimensioni diverse, in ragione della quantità di prodotto da stendere, della forma e dell’estensione della lacuna da colmare. Durante la stesura, occorre esercitare una leggera pressione sulla pasta per facilitarne l’adesione al substrato. Per ovviare al problema del ritiro e per consentire ulteriori lavorazioni a secco, tra le quali vi è soprattutto la levigatura della superficie della stuccatura, è opportuno impiegare una quantità di pasta leggermente eccedente il volume da colmare. Essendo una lavorazione da eseguire principalmente nella zona absidiale esterna, dove sono presenti delle mancanze di materiale piuttosto profonde, la malta da utilizzare sarà malta idraulica, dello stesso colore della malta aerea originaria. 3) Qualora si intendessero risarcire mancanze ampie e profonde, occorre stendere la malta in strati sovrapposti, attendendo che asciughi lo strato precedente prima di passare alla stesura di quello successivo. Per migliorare l’adesione tra uno strato e l’altro, inoltre, è opportuno praticare incisioni incrociate sulla superficie di ciascuno di essi, prima del loro indurimento: lo strato successivo si aggrapperà meglio a quello sottostante, riducendo i rischi di distacchi tra l’uno e l’altro e tra l’intera stuccatura e la parte salda del manufatto riparato. 4) A essiccazione riparata, è possibile procedere alla levigatura della superficie superiore della stuccatura, utilizzando carta smeriglio fine, pietra pomice o paste abrasive.


4.3 Demolizioni e rimozioni

4.3.1 Demolizione parziale nei manufatti architettonici

Innanzitutto la demolizione dovrà essere eseguita secondo le disposizioni degli elaborati progettuali e secondo le disposizioni della direzione dei lavori. Sinteticamente si procederà dapprima all’individuazione e all’analisi degli elementi o dall’oggetto da demolire, per conoscerne la consistenza fisica, lo stato di conservazione, l’equilibrio e la stabilità. Dopo si procede a capire i rapporti fra l’esistente e l’oggetto da demolire, in modo da capirne le reciproche connessioni ed influenze, si selezionano quindi i metodi, gli strumenti e i macchinari (se necessari) più adatti per svolgere la demolizione nell’ottica della maggior conservazione possibile delle parti intorno. In base agli elementi constatati in loco, si procederà poi alla redazione del programma di demolizioni ossia alla definizione delle diverse fasi operative e della loro corretta successione. Nel nostro caso in particolare, dopo la rimozione della malta cementizia, si dovrà provvedere alla pulitura da ogni residuo materico, messa in atto quest’ultima fase e completata dunque la demolizione, si provvederanno a mettere in opera gli elementi che da progetto andranno a sostituire il materiale demolito.

4.3.2 Smontaggio e rimozione della copertura

Per le opere di demolizione della copertura, l’Appaltatore sarà obbligato a provvedere, con ogni cautela, alla dismissione del manto di copertura oltre che all’orditura o comunque alla struttura di sostegno in qualunque materiale essa sia, l’appaltatore dovrà altresì provvedere alla completa rimozione dei vari materiali e residui trovati al di sotto della copertura secondo le norme dell’art. 4.3.3 del presente capitolato. L’appaltatore dovrà altresì provvedere alla selezione dei coppi e degli embrici che possono essere riutilizzati in modo che questi possano essere reimpiegati nella nuova copertura. In presenza di cornicioni dovrà assicurarsi che siano ben ancorati alla struttura, in caso contrario prima della rimozione della copertura si dovrà provvedere al puntellamento dei cornicioni. Non essendovi accesso alla zona sottostante il manto di copertura ed essendo l’orditura sottostante in gravissime condizioni la rimozione dovrà avvenire tramite appositi ponteggi esterni provvedendo a fornire ai lavoratori delle regolari cinture di sicurezza complete di bretelle e funi per la trattenuta. Oltre a queste norme l’Appaltatore dovrà utilizzare le stesse norme già esplicitate nell’articolo 4.3.3 del presente capitolato. La rimozione della copertura dovrà essere fatta solamente dopo l’eliminazione della vegetazione al di sopra di essa secondo la voce di capitolato 4.2.

4.3.3 Rimozione strati critici di crollo


Le demolizioni relative a strati critici di crollo dovranno essere effettuate con ogni cautela al fine di tutelare i manufatti limitrofi di carattere storico. L’appaltatore dovrà provvedere, altresì al preventivo rilevamento e posizionamento di quei segnali necessari alla fedele ricollocazione dei manufatti. La zona dei lavori sarà opportunamente delimitata, i passaggi saranno ben individuati ed idoneamente protetti; analoghe protezioni saranno adottate per tutte le zone (interne ed esterne al cantiere) che possono comunque essere interessate alla caduta di materiali. Le strutture eventualmente pericolanti dovranno essere puntellate. Particolare attenzione si dovrà porre in modo da evitare che si creino zone di instabilità strutturale. I materiali rimossi dovranno essere immediatamente allontanati evitando il sollevamento di polvere ed incanalati verso il basso tramite apposite canalizzazioni ed il castello di tiro. Risulterà in ogni caso assolutamente vietato il getto dall’alto di qualsiasi materiale. Tutti gli sfabricidi provenienti dalle demolizioni, ove non diversamente specificato, resteranno di proprietà dell’Amministrazione appaltante. Competerà, quindi, all’Appaltatore l’onere della loro selezione, pulizia, trasporto e immagazinaggio nei depositi dell’Amministrazione o nell’accatastamento nelle aree stabilite dalla D.L., dei materiali riutilizzabili e del trasporto a discarica di quelli di scarto. Dovranno essere, altresì osservate, in fase esecutiva, le norme riportate del D.P.R. 07.01.1956, n. 164 (norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni) e nel D.M. 02.09.1968. Sarà tassativamente vietato il lavoro degli operai sulle strutture da demolire.

Art. 5 Opere di finitura

5.1 Opere da elettricista

L’Appaltatore è tenuto a presentare entro e non oltre i 30 giorni prima della realizzazione dell’impianto un progetto esecutivo, completo di relazione illustrativa, disegni particolareggiati e calcoli, a firma di un tecnico abilitato. Gli impianti elettrici a bassa tensione per interni o per esterni avranno origine nel punto di consegna dell’energia e comprenderanno, salvo diverse prescrizioni, le condutture elettriche con gli accessori, gli strumenti di protezione e di manovra, i circuiti fissi ed i dispositivi per l’inserimento degli apparecchi le cui caratteristiche tecniche di resistenza dovranno essere in regola con le normative europee. L’Appaltatore sarà responsabile della perfetta esecuzione degli impianti secondo quanto previsto dalla legge 186 del 1.3.1968 e dalle successive modifiche e integrazioni. Per quanto non specificato nel presente capitolato, sia la modalità di esecuzione degli impianti, sia le caratteristiche dei materiali e delle apparecchiature dovranno possedere requisiti corrispondenti a quelli richiesti dalla norma CEI vigenti alla data del presente contratto. Quando in uno stesso locale sono preisti circuiti destinati ad un diverso impegno, l’Appaltatore sarà tenuto a collocarli in tubazioni separate oppure provvederà ad isolare tutti i conduttori in base alla tensione più elevata e a munire le singole cassette di morsetti aventi diaframmi fissi ed inamovibili. Prema dell’esecuzione dei lavori, l’Appaltatore dovrà sottoporre all’approvazione del D.L. sia il tracciato delle tubazioni che il posizionamento delle singole apparecchiature e, se richiesto, suddividere il carico di ogni impianto in differenti circuiti


adeguatamente protetti da sovraccarichi di corrente e da eventuali corto circuiti. L’impianto dovrà essere progettato a firma di un tecnico abilitato e calibrato in relazione alla selezione dei conduttori ed al numero dei punti di presa in modo da consentire una corretta alimentazione degli apparecchi. Al fine di garantire un equilibrato dimensionamento dei circuiti le sezioni minime dei conduttori saranno le seguenti (norme CEI 315 2.2.04). In ogni vano dovranno essere istallate il numero prescritto di prese a 10/16 A. Per quanto concerne gli impianti centralizzati, all’inizio dell’impianto o all’entrata del montante dovrà essere collocato un interruttore magnetico onnipolare integrato con una protezione differenziale la cui corrente nominale di taratura dovrà essere proporzionata al carico presunto dell’impianto ed alla sezione dei conduttori. Negli impianti alimentati con bassa tensione direttamente dall’ente fornitore dell’energia, il sistema, salvo da di protezione dovrà essere formato da un impianto a terra centralizzato combinato a i vari dispositivi di protezione per le singole utenze. L’Appaltatore salvo diverse disposizioni, dovrà fornire i materiali occorrenti per la realizzazione delle linee, gli strumenti di comando, le prese, le derivazioni, le protezioni, le tubazioni, i materiali occorrenti per la realizzazione delle linee, gli strumenti di comando, le prese, le derivazioni, le protezioni, le tubazioni, i materiali accessori, le prestazioni d’opera, il trasporto di materiali in cantiere e tutto ciò che serve alla completa realizzazione dell’impianto. La D.L. sarà autorizzata ad eseguire in corso d’opera tutti gli accertamenti che riterrà necessari per valutare l’efficienza dell’impianto e la sua rispondenza ai requisiti di sicurezza richiesti dalla normativa vigente.

Operativamente l’impianto elettrico, come specificato negli elaborati grafici, sarà composto da 5 diversi circuiti elettrici. Uno provvederà all’alimentazione delle prese elettriche 10/16 A in tutta la chiesa, un altro alimenterà l’illuminazione della sola abside dal basso verso l’alto dallo spazio lasciato fra il pavimento galleggiante e il muro ed il resto dell’illuminazione bassa che illuminerà il resto della chiesa da quello spazio. Questa impiantistica bassa passerà sotto il pavimento galleggiante secondo la comodità per la manutenzione. L’impiantistica partirà dal quadro principale, posto nella zona della controfacciata e salirà fino al cornicione che sorregge la volta. Uno alimenterà tutte le luci poste sopra questa cornice, andando ad illuminare la volta, l’altro alimenterà i faretti posti sopra la catena individuata dagli elaborati grafici. Gli interruttori saranno 4 e posti vicino la porta principale. Sull’architrave della porta principale, sarà posto un sensore di movimento che illuminerà per un certo lasso di tempo l’edificio, facendolo ammirare anche da fuori. Fuori, in prossimità dei parcheggi sarà posta la cabina contenente il contatore, da qui l’alimentazione si collegherà ai circuiti interni attraverso un cavo che sarà fatto passare da una bucatura preesistente nella muratura. L’illuminazione, eccettuati i faretti, sarà costituita da strisce a LED.

5.2 Pavimentazione interna

La posa in opera dei pavimenti di qualsiasi tipo e genere dovrà venire eseguita in modo che la superficie risulti perfettamente piana ed osservandolo scrupolosamente le disposizioni che, di volta in volta, saranno impartite dal D.L. I singoli elementi dovranno combaciare esattamente tra di loro,


dovranno risultare perfettamente fissati al supporto e non dovrà verificarsi nelle connessioni dei diversi elementi a contatto la benché minima ineguaglianza. L’Appaltatore ha l’obbligo di presentare alla D.L. i campioni dei pavimenti che gli saranno prescritti. Tuttavia la D.L. ha piena facoltà di provvedere al materiale di pavimentazione. L’Appaltatore, se richiesto, ha l’obbligo di provvedere alla posa in opera al prezzo indicato nell’elenco ed eseguire il sottofondo giusto le disposizioni che saranno impartite dalla Direzione stessa. L’Appaltatore dovrà per prima cosa eseguire un massetto di sottofondo in magrone di altezza 5 cm opportunamente livellato in modo da avere una base opportunamente solida su cui poggiare i supporti della struttura. Una volta consolidato si provvederà al posizionamento dei piedini di supporto e della struttura metallica sovrastante. L’Appaltatore dovrà avere particolare cura di calibrare l’altezza dei supporti secondo le altezze decise negli elaborati progettuali e che anche la loro posizione corrisponda. Una volta montata la struttura si procederà al posizionamento del pavimento in gres porcellanato simil pietra color grigio scuro, facendo sì che, là dove per manutenzione dell’impianto elettrico sia necessario l’accesso alle cablature poste sotto la pavimentazione, la pavimentazione rimanga smontabile. Dovrà essere altresì posta attenzione alle giunzioni delle fughe in modo che non derivino problemi dalla dilatazione termica.

5.3 Pavimentazione esterna

La pavimentazione in acciottolato, sarà eseguita con ciottoli di fiume nell'aspetto e dimensioni a scelta della D.L., posati su un sottofondo dello spessore soffice di circa cm. 12 eseguito in sabbia a granulometria idonea , con spessore concordato con la D.L. L’impresa deve accollarsi l'onere per il trasporto in cantiere ed il prelevamento giornaliero di tutti i materiali occorrenti, la formazione delle pendenze stabilite nei particolari di progetto o indicate dalla D.L., la sigillatura degli interstizi eseguita con boiacca di cemento e sabbia, la successiva pulitura superficiale, le lavorazioni speciali (vani pozzetti e botole, spigoli, riseghe di manufatti, fabbricati e recinzioni), il trasporto a rifiuto del materiale di risulta. La superficie che verrà contabilizzata a misura sarà quella effettivamente pavimentata. La superficie da pavimentare sarà esplicata negli elaborati grafici e comprenderà tutta la zona perimetrale della chiesa, compreso l’abside oltre che un’ampia zona al di là del fosso. La perimetrazione delle zone pavimentate sarà eseguita tramite lastre di pietra in marmo bianco opportunamente forate per il filtraggio delle acque, queste seguiranno il disegno rappresentato negli elaborati progettuali. Verrà altresì posizionata la passerella in acciaio che permetterà il passaggio da una riva all’altra nella locazione specificata negli elaborati. Questa sarà realizzata da artigiani specializzata secondo gli elaborati progettuali e successivamente trasportata e montata in loco secondo le disposizioni del D.L.

5.4 Opere da lattoniere È prevista una copertura in lamina di piombo da apporre, dopo la rimozione dello strato cementizio incompatibile, sopra l’esterno dell’abside. Questa sarà posta in opera secondo le regole dell’arte e fisata con appositi rivetti in acciaio inossidabile alla struttura. Bisognerà prestare particolare cura al posizionamento della canalizzazione che abbraccerà tutta la parte bassa della copertura dell’abside e porterà le acque nell’angolo destro di questa.


5.5 Opere da fabbro Benché non siano previsti infissi, in virtù delle strombature delle finestre e dell’obbiettivo di lasciare la chiesa nello stato più simile allo stato originario, saranno comunque poste in opera delle nuove porte a grata simili a quelle già presenti, per far in modo che sia possibile la vista all’interno della chiesa quando questa sia chiusa.


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