21 minute read

Umberto Zingoni

Next Article
Nicola Giordano

Nicola Giordano

Specie e Razza (1ª parte)

di U. ZINGONI (ITALIA ORNITOLOGICA in più parti annate 1986-1987)

Talora si è fatta una certa confusione fra diversi aspetti attinenti alla classificazione in genere ed al concetto di razza in particolare, nonché all’evoluzione e selezione. Vi sono state anche forti critiche su taluni articoli, nonostante puntualizzazioni, ritenute insufficienti, tanto che abbiamo deciso di riprendere un vecchio ed importante articolo del prof. Zingoni, che nonostante la data è ancora molto valido. Certo vi possono essere aspetti discutibili, come quello della consanguineità, ma le discussioni sono sempre utili, specialmente su temi oggetto di dibattito. Ora riteniamo utile segnalare che il concetto di razza, molto discusso, oggi si tende a riservarlo solo a diversificazioni avvenute allo stato domestico, in seguito a selezioni opera dell’uomo. Buona lettura.

La Redazione

In Ecologia qualunque gruppo di animali (e piante), in qualche modo affini fra loro, viene abitualmente definito con il termine di popolazione, implicante il concetto di tempo e di luogo, poiché i connotati di essa, per il continuo variare di qualunque patrimonio genetico e per le condizioni ambientali di norma mutevoli, possono variare sia col trascorrere del tempo che da un ambiente all’altro. Si sente dire per esempio: la popolazione delle Taccole (Corvus monedula) cittadine è molto aumentata in questi ultimi decenni (l’ecologo cercherà di individuarne le ragioni). La popolazione delle Mosche italiane è divenuta adesso insensibile a certi insetticidi. La popolazione di ungulati del Parco dello Stelvio è in aumento. La popolazione di Trote dei Lago di Garda è composta da queste certe Specie in concorrenza fra loro. Potremmo anche dire che la popolazione italiana di Arricciati di Parigi o di Gloster è diversa da quella francese per queste e queste ragioni, ma occorrerebbe fare delle precisazioni... In Genetica il termine popolazione viene soprattutto usato in riferimento alle frequenze alleliche e alla eventuale loro selezione in animali (o piante) costituenti Specie o Razza, tanto allo stato selvaggio quanto domestico o di laboratorio, sia per motivi di studio che di reddito di allevamento. Il Lettore penserà che sarebbe stato uguale dire: le Mosche, anziché la popolazione delle Mosche.... ma non sempre è così, poiché nel termine popolazione vi è compreso il concetto essenziale di un insieme di animali

che senza eccezioni sono tutti liberi

di incrociarsi fra loro, con tutte quelle implicazioni legate a questo concetto che esamineremo nelle prossime pagine, prima fra tutte la eventuale suddivisione di grandi popolazioni in più piccole sottounità. Qualunque popolazione animale, anche la più selezionata, comprende soggetti fra loro differenti per connotati e comportamento. L’entità di queste differenze, sia qualitative che quantitative, cioè la struttura di una popolazione è oggetto di studio dei genetisti. Le conseguenti maggiore o minore omogeneità (o eterogeneità) dei singoli connotati di una popolazione vengono espresse mediante curve della variabilità (sin. di frequenza, a campana, Gaussiane, ecc.). Queste curve non riguardano caratteri mendeliani, poiché questi appaiono in rapporti prettamente discontinui (ad esempio, 25%, 50%, 25% nel caso della 2 a Legge di Mendel), riguardano invece i caratteri quantitativi, dipendenti, come è noto, dai giuochi di combinazione di molti alleli. Fra questi caratteri, il peso e la lunghezza del corpo, la lunghezza delle piume, l’intensità del colore, ecc., tutti connotati che possono essere facilmente misurati con una qualche unità di misura (grammo, metro, ecc.). Facciamo un esempio. Vogliamo avere un’idea quanto più possibile esatta del peso di una certa Razza di Canarini. Sarà allora opportuno tenere distinti i risultati dei rilevamenti fatti in differenti periodi dell’anno, distinguere i maschi dalle femmine, i giovani dai vecchi, e così via. Si osserva che il peso medio di un Arricciato di Parigi è di 25-26 grammi, ma la curva di variabilità è assai diversa se si restringe il campo di indagine. Se non facciamo alcuna distinzione fra sesso, stagione, età, ecc., questa curva è fatta in un certo modo. Se si considerano i due sessi separatamente si hanno due nuove differenti curve. Se si rilevano i pesi in novembre o in maggio si hanno ancora risultati differenti. La figura 1 mette in evidenza alcuni di questi fatti. La curva A, ottenuta da oltre cento misurazioni su quasi tutte le Razze di Canarini più diffuse, può essere riferita all’intera popolazione di Canarini esistenti al mondo, dal piccolo Canarino selvatico al grosso Parigino. Sostanzialmente è la curva che dà il peso medio dei Canarini domestici senza distinzione di Razza; perciò la variabilità è massima, andando dai 14 grammi (Canarina selvatica, ecc.) ai 29-30 (Parigino novello maschio in luglio) con un valore medio di 21-22 grammi, corrispondente al peso di un “Sassone” di lieve o media adiposità.

Figura 1

L’importanza genetica di questa curva è esigua, perché questa grande popolazione di Uccellini è divisa in tante sottounità che non vengono incrociate fra loro, ma aumenterebbe di importanza se volessimo accertare quanto del peso dei soggetti più grossi (a destra della curva) spetta ai depositi di grasso, o mettere in relazione il peso con la lunghezza, ecc. Se restringiamo il campo di indagine considerando il peso dei soli Parigini maschi novelli nel periodo compreso fra lo svezzamento e l’inizio della muta, troviamo i dati espressi nella curva C con valore medio di quasi 27 grammi e valori massimi che rasentano i 30 grammi. Se consideriamo il peso dei Parigini maschi adulti in maggio troviamo la curva B con valore medio di 24 grammi. Tutto ciò è variabilità, tutto ciò è studio della struttura di una popolazione. Nel caso degli Arricciati di Parigi da noi studiati, la variabilità espressa dalle curve B e C (Parigini maschi) è da attribuire allo sviluppo delle masse muscolari (influenzabile dalla vita in gabbia o in voliera), alla quantità di piumaggio e, soprattutto, ai depositi di grasso. Se volessimo sapere il contributo spettante a ciascuno di questi fattori dovremmo deplumare completamente un soggetto (il peso dell’intero piumaggio di un Parigino deceduto per cause naturali è risultato di 2,8 grammi), o estrarre il grasso (coi Soxhiet, ad esempio) e pesarlo. Tutto ciò riferito al Canarino farà certamente sorridere il Lettore, ma se lo riferiamo agli animali da reddito il discorso è ben diverso, perché lo studio del peso delle carcasse, del grasso, delle ossa, della pelle e di tutti gli altri “componenti” di una “bestia” è di grande importanza nell’allevamento condotto con i moderni metodi razionali finalizzati al massimo reddito. Per il pollame di allevamento esistono studi del genere, rapportati soprattutto all’alimentazione, di una vastità, di un livello e di una precisione (per non dire pignoleria) tali che verrebbe fatto di dire che se ne sa di più sul Pollo che sull’Uomo. I capitali che l’industria mette a disposizione dei ricercatori di questi problemi sono enormi, naturalmente per motivi di reddito. Ci sia tuttavia permesso di dire che, specialmente in riferimento all’alimentazione e alla terapia, se invece di applicare pari pari al Canarino i risultati ottenuti nel pollame qualcuno (ma chi e con quali fondi?) cominciasse a fare studi sistematici anche sui Canarini, l’allevamento di questa diffusissima Specie se ne avvantaggerebbe non poco. Ne sono lodevolissimi esempi il vaccino antivaioloso preparato dal nostro mai abbastanza “laudato” Istituto Zooprofilattico di Brescia e l’interessamento ai problemi della terapia del Canarino degli istituti di Patologia Aviaria di Bologna e di Parma. Tutta la multiforme variabilità sempre presente in qualunque popolazione di animali dipende sia dal patrimonio genetico che dall’ambiente (condizioni di crescita, malattie, alimentazione, clima, ecc.). È di alcuni aspetti della variabilità dei patrimoni genetici che noi ci occuperemo in seguito.

Le classificazioni

Tutti gli uomini che in ogni tempo, con intenti razionali, hanno cercato di capire la “strutturazione” della Natura, per rendere più facile a sé e agli altri il compito, si sono trovati nella necessità di fare delle classificazioni. Per esempio: Regno vegetale, Regno animale, Regno minerale. Piante con e senza clorofilla. Animali con e senza ossa, grosso modo, Vertebrati e Invertebrati. È facile constatare che nell’ambito dei Vertebrati non è stato difficile rendersi conto che esistevano differenti animali con alcuni caratteri morfologici e comportamentali comuni. Una prima fondamentale classificazione fu quella che divide questi Vertebrati nei ben noti 5 gruppi - Pesci, Anfibi, Rettili, Uccelli, Mammiferi ai quali fu dato il nome di Classi (con la lettera maiuscola, come si deve fare con tutti i nomi che la Scienza ha attribuito ai vari gruppi: Famiglia, Genere, Specie, Razza, ecc.). Diamo un cenno di qualcuno fra i criteri seguiti per stabilire questa prima divisione in Classi. Pesci - Vertebrati senza polmoni; respirazione a mezzo di branchie, per cui vita solo acquicola; corpo coperto da squame ossee. Anfibi - Vertebrati con branchie nel periodo iniziale della vita, indi con polmoni (anfi-bios = due-vite); perciò costretti a vivere in ambiente aericolo, talché una Rana adulta tenuta mezz’ora sotto l’acqua muore affogata. Pelle nuda e ricca di ghiandole. Rettili - Con polmoni sin dalla na-

scita; corpo coperto da scaglie cornee. Uccelli - Corpocoperto da penne; temperatura mantenuta costante da complessi meccanismi termoregolatori. Mammiferi - Temperatura costante come gli Uccelli, ma riproduzione del tutto diversa (utero, placenta, mammelle, ecc.). Corpo coperto da peli o loro derivati. Considerando alcuni connotati analoghi, gli studiosi di Ornitologia, come gli studiosi delle altre quattro Classi, si sono trovati ben presto di fronte alla necessità di riunire in gruppi tutti gli Uccelli che mostravano fra loro maggiori affinità. Così, per esempio, è apparso logico riunire in un unico gruppo tutti gli Uccelli acquatici con il becco piatto e farne il gruppo degli Anseriformi (Anàtidi, Anatre), oppure riunire quelli che hanno perduto la facoltà di volare, creando il gruppo dei “Corridori” (Struzzo, ecc.). Col perfezionarsi degli studi certi gruppi in auge un tempo, come quello dei Rapaci, dei Trampolieri, ecc., hanno perduto di significato classi-

ficativo (tassonomico o sistematico,

direbbero gli esperti) e sono rimasti come semplici gruppi generici tuttora molto utili per indicare con un solo termine animali in qualche modo affini fra loro per connotati molto appariscenti e per comportamento. Tralasciando la storia, diciamo pure tuttora travagliata, di quegli animali “intermedi” che alcuni studiosi preferiscono includere in un certo gruppo ed altri in un altro (ciò che è comprensibilissimo, perché basato sulla affinità di certi caratteri anziché di altri), diciamo subito che la Classe degli Uccelli è divisa in un certo numero di Ordini più o meno accettati da tutti (classificazione del Wetmore), fra cui quello vastissimo dei Passeriformi, con caratteri simili a quelli dei Passero preso come prototipo per la sua diffusione, e dei Galliformi con caratteri simili a quelli del Gallo (Fagiani, Pernici, ecc.). Evidentemente a noi interessa solo l’Ordine dei Passeriformi ed anche questo, come gli altri, è diviso a sua volta in Famiglie, ognuna delle quali comprende un certo numero di Generi che a loro volta comprendono un certo numero di Specie che a loro volta comprendono un certo numero di Sottospecie (Varietà o Razze). La classificazione del Canarino è la seguente: Regno ANIMALE Tipo VERTEBRATI Classe UCCELLI Ordine PASSERIFORMI Famiglia FRINGILLIDI Genere SERINUS Specie CANARIUS Razze .............

Risulta evidente che, partendo dalla Classe, con il procedere delle suddivisioni, si deve giungere al gruppo che caratterizza specificatamente un certo animale, per esempio il Canarino o il Corvo fra i Passeriformi, il Cane o il Gatto fra i Carnivori. Questo gruppo è la Specie. Il gruppo subito superiore, il Genere, non caratterizza ancora un animale, benché sia evidente che tutti gli animali appartenenti allo stesso Genere debbano essere molto simili fra loro, talvolta quasi uguali, ma dissimili ancora di quel tanto di differenziazione che solo con la definizione di Specie trova il suo definitivo completamento. Spetta al naturalista svedese Carlo Linneo (1707-78) aver introdotto la razionale nomenclatura bínomia per indicare un animale o una pianta; per questo il Linneo è considerato il fondatore della moderna Sistematica (Tassonomia). In base a questa nomenclatura, successivamente perfezionata ed estesa a tutti gli esseri viventi, bacteri compresi, ogni animale è contraddistinto da due nomi, il primo che indica il Genere a cui appartiene, il secondo che indica la Specie ed è esclusivamente suo; un po’ come il nostro cognome e nome. Per queste ragioni, quando si parla di un certo animale si preferisce spesso parlare di quella certa Specie animale. Nell’Ordine dei Passeriformi, Famiglia Fringillidi, il Serinus (Genere) canarius (Specie) è il Canarino, il Serínus serinus è il Verzellino (vedremo fra un momento che è in uso anche una classificazione lievemente differente), il Serinus citrinella (o Carduelis citrinella) è il Venturone, ecc. Il Corvus frugliegus è il Corvo comune, il Corvus monedula è la Taccola, oggi comune in tutte le città. Tra i Mammiferi l’Equus caballus è il Cavallo, l’Equus asinus è l’Asino, l’Equus zebra è la Zebra di montagna, ecc. Un eventuale terzo nome indica la Sottospecie che viene considerata tipica. Ad esempio, Serinus canarius canarius (Canarino) rispetto al S. canaríus serinus (Verzellino), Pyrrhuiy p.p. (Ciuffolotto settentrionale) rispetto a P.p. nesa (C. meridionale). Uno dei criteri più comuni e tuttora più validi per stabilire se due animali piuttosto simili fra loro possono essere ascritti alla stessa Specie, è di accertare se sono indefinitamente fecondi fra loro. Se lo sono, qualunque loro differenza estetica o comportamentale passa in seconda linea, perché è razionalmente evidente che la possibilità di procreare figli normali, in quanto fecondi a loro volta, esiste solo se i caratteri genetici fondamentali non presentano differenze. Pertanto una definizione di Specie può essere quella di un insieme di individui illimitatamente e spontaneamente interfecondi (comunità ri-

produttiva).

In questa definizione sono comprese anche popolazioni più o meno isolate fra foro. Abbiamo detto spontaneamente per escludere animali che generano prole fertile, sia solo in condizioni sperimentali o in cattività, ma che allo stato selvaggio non si ricercano o addirittura si combattono (Lupo e Cane), sia solo per intervento sperimentale, non essendo, per ciclo biologico o caratteri somatici o comportamentali in condizione di accoppiarsi con successo. È chiaro che il problema non presenta difficoltà se due popolazioni vivono nello stesso luogo senza mai incrociarsi. Un criterio pratico importante è anche quello di considerare appartenenti alla stessa Specie due gruppi (popolazioni) di animali non perfettamente simili fra loro, ma nei quali sussista la possibilità che qualche soggetto sia attribuibile con ugual ragione all’uno o all’altro; il che significa che fra gli individui delle due popolazioni vi è tutta una serie di minime differenze che ne fanno non

Figura 2

Figura 3 due popolazioni, ma una sola, sia

pure alquanto eterogenea.

Per rendersi conto della validità dei criteri sopradetti, si pensi al Cane. Fra un minuscolo Yorkshire (oggi molto di moda) ed un gigantesco Alano vi è una differenza estetica enorme, tuttavia essi sono fra loro fecondi all’infinito e fra di essi esiste realmente una serie continua di individui (tutte le molte altre Razze canine) che collegano gradualmente l’uno all’altro. Certamente un profano troverebbe maggiori affinità fra un Lupo ed un Cane lupo (Cane da Pastore Tedesco) che fra questo ed uno Yorkshire, ma, come si è detto, non è così. Non per niente Yorkshire ed Alano sono entrambi Canis canis, mentre il Lupo è Canis lupus. Per aggiungere una nota un po’ “bizzarra”, non è difficile sentire qualcuno a cui scappa di dire che la Balena, o il Delfino, sono pesci. In effetti un Delfino assomiglia assai più ad un grosso pesce che, per esempio, ad un Cervo; eppure le differenze fra un pesce e un Delfino sono addirittura di Classe: il che vuol dire che, partendo dalla evoluzione dei Pesci, alcuni di essi sono rimasti tali fino ad oggi (o si sono trasformati in qualche modo, pur rimanendo sempre pesci), altri si sono trasformati in Anfibi e alcuni di questi in Rettili e alcuni di questi in Mammiferi e, infine, alcuni di questi si sono differenziati nei vari Ordini fra cui quello dei Cetacei (comprendente la Balena, ecc.) e quello degli Erbivori artiodattili (comprendente il Cervo, ecc.). In casi del genere le differenze estetiche sono esigue, ma le differenze evolutive, e perciò sistematiche, sono enormi. Per questo il sistematico si preoccupa di trovare le affinità dovute a reali parentele, cioè a comuni basi genetiche, piuttosto che a somiglianze dovute a convergenze di forma, causate dal fatto che due organismi diversi hanno, indipendentemente fra loro, trovato soluzioni simili ad un identico problema di adattamento. In altre parole oggi la Scienza integra i due sopradetti criteri, sempre validissimi, con criteri di affinità citologica (affinità strutturali delle cellule di certi tessuti, soprattutto delle cellule del sangue), di affinità sierologica (affinità di natura immunitaria, affinità di certe caratteristiche delle proteine del sangue, ecc.), con criteri evolutivi, ecc. Insomma si cerca con ogni mezzo di valutare per il meglio il reale grado di affinità di due popolazioni di animali. Purtuttavia, come abbiamo già accennato, qualche rara volta può accadere che, non risultando i vari criteri tutti concordanti fra foro, vi sia discordanza nell’ascrivere un certo gruppo animale ad un Genere piuttosto che ad un altro o ad una Specie o Sottospecie piuttosto che ad un’altra. Tutto ciò non deve stupire se si pensa al modo graduale col quale si sono formate le Specie, ed è di questo che adesso vogliamo parlare.

L’evoluzione

Quando in una popolazione di animali (o piante), per le più varie ragioni, la variabilità è tale che si differenziano due o più nuove popolazioni, accade di norma che il loro destino evolutivo segua strade nettamente differenti. Si può rappresentare il cammino percorso nel tempo me-

Figura 4 Figura 5

diante un albero genealogico nel quale i vari rami ne rappresentano le tappe. Un esempio di questi alberi genealogici (alberi filogenefici, filogènesi, dendrogrammi) ce lo dà la figura 2 che ci mostra la evoluzione del Tipo (Filum) dei Vertebrati nel corso delle ere geologiche (a sinistra). Questo albero filogenetico mette in evidenza che attualmente la Classe dei Rettili è più esigua di quanto lo fosse nel Permiano (circa 200 milioni di anni fa) e nel Cretacico (100 milioni di anni fa), mentre sono in grande espansione i Pesci ossei e gli Uccelli. Ciò dipende evidentemente dal fatto che molte Specie di Rettili si sono estinte alla fine del Cretacico, mentre Pesci e Uccelli stanno fornendo attualmente un gran numero di Specie estremamente simili fra loro, come i Passeri, i Luì, le Cincie, gli Uccelli di Ripa, ecc., per citarne solo alcuni. La stessa figura ci mostra che la Classe degli Uccelli è l’ultima ad essersi formata, poiché quando dai Rettili già si era delineata la Classe dei Mammiferi, di animali con il corpo coperto di penne non ne erano ancora comparsi sulla scena della Vita. La figura 3 (la foto è stata ritoccata per mettere meglio in risalto i vari dettagli) ci mostra il reperto fossile di uno dei vari “anelli di congiunzione” fra Rettili e Uccelli oggi conosciuti, il famoso Archaeopteryx, vissuto nel periodo Giurassico (150 milioni di anni fa). Le figure 4 e 5 ci mostrano rispettivamente la ricostruzione e l’ala dell’Archaeopteryx confrontate con il Piccione. La figura 6 ci mostra, infine, il confronto fra l’Archaeopteryx e l’Ichthyornis, Uccello primitivo, ma ormai già vero Uccello, vissuto nel periodo successivo (Cretacico), nel quale dei primitivi caratteri rettiliani sono rimasti essenzialmente solo i denti. A tal proposito, l’assenza dei denti nel tratto distale della mascella superiore fa pensare che questa fosse già coperta da un astuccio corneo che preludeva al becco attuale. L’esiguo numero di reperti fossili di Uccelli primitivi non permette di costruire l’albero genealogico di questa Classe con lo stesso grado di attendibilità di quello delle altre. In certi casi (molto numerosi nel caso delle piante) l’abbondanza dei fossili di alcuni animali ha permesso di ricostruire esattamente il loro albero genealogico, come è il caso dei Cavallo che dall’Eocène (50 milioni di anni fa) ad oggi ha subito delle modificazioni veramente strabilianti (fig. 7). Dal piccolo Eohippus, dalle proporzioni di un gatto, si sono formati due rami evolutivi, uno che ha dato luogo all’Hipohippus estintosi quando ancora aveva tre dita e denti a tubercoli come quelli umani (bunodonti), l’altro che successivamente si è suddiviso nell’Hipparion, già più evoluto, per avere, fra l’altro, i denti simili a quelli dei cavalli viventi (lofiodonti) e nelle varie forme che sono divenute il Cavallo attuale. Si tratta dunque di “rami secondari” che si estinguono e di un ramo principale nel quale il processo evolutivo si realizza su tutti i caratteri che favoriscono la vita di prateria (selezione naturale!), come l’adattamento alla corsa, la pastura prativa a base prevalente di graminacee, ecc. Alle volte i rami secondari evolvono per un certo tempo e poi rimangono stazionari fino ai nostri giorni (si parla in tal caso di “rami precoci”), altre volte il “ramo tardivo” ha evoluzione lenta, altre volte rapidissima (relativamente!). insomma lo studio della evoluzione degli esseri viventi ci mostra ancora una volta una “variabilità” estesissima.

Figura 6 Figura 7

Mutazioni

Per concludere, è fuori dubbio che gli organismi viventi attuali si sono formati a spese di altri in tempi di milioni di anni per minime variazioni genetiche fra genitori e figli (mutazioni) le quali, sommandosi di generazione in generazione, hanno finito per determinare grandi differenze nel fenotipo delle tante popolazioni animali. Questa è l’evoluzione. Che tali minime variazioni, riguardanti in primo luogo la costituzione dei DNA dei cromosomi, siano le mutazioni è ormai di dominio pubblico. Aggiungeremo che la genetica ha dimostrato che le mutazioni che si verificano ad ogni generazione sono alquanto numerose. In Drosophìla, ad esempio, più dell’uno per cento degli spermatozoi è portatore di mutazioni in qualche modo letali. Alcune mutazioni incidono sui caratteri esteriori; per averne un’idea, sullo spessore dei nostri capelli o dello smalto dei nostri denti, o sullo spessore di un’unghia di un Canarino. Altre incidono sugli infiniti caratteri interni; ad esempio, sullo spessore dei vari legamenti del ginocchio o di un dito. Altri sugli infiniti caratteri fisiologici e comportamentali, e così via. Sono queste mutazioni che, sommandosi nel tempo e con il contributo degli “smistamenti” che avvengono durante la meiosi fanno tutti gli uomini o tutti i Canarini differenti fra loro, anche se apparentemente non sembra. Come è noto, solo i gemelli monocoriali e pochi altri fanno eccezione. Se una mutazione dà luogo ad un carattere incompatibile con la vita, l’individuo che la eredita muore nel grembo materno o nel guscio e tutto finisce lì; se dà luogo ad un carattere appena compatibile con la vita, nasce un figlio malato, se dà luogo ad un carattere “anomalo”, nella lotta per l’esistenza l’individuo che lo porta risulta perdente e generalmente non procrea, per cui la mutazione scompare da quella certa popolazione, o resta latente se è carattere geneticamente recessivo. Lo studio della distribuzione degli alleli recessivi letali nelle popolazioni (specialmente umane) è di grande interesse eugenetico, ma il discorso ci porterebbe troppo lontano. La stragrande maggioranza delle mutazioni che avvengono in una popolazione animale passa inosservata, ma in qualche raro caso l’effetto di una di esse è estremamente appariscente, ad esempio la mutazione che blocca la formazione di un certo enzima implicato nella sequenza delle reazioni che conducono alla formazione della melanina o del lipocromo, ha dato luogo rispettivamente ai Canarini bruni e bianchi. Diciamo pure che mutazioni ad effetto così appariscente sono statisticamente molto infrequenti. Continua sul prossimo numero

This article is from: