6 minute read
Rapportarsi con gli altri
di GIOVANNI CANALI
Ho più volte espresso la valutazione secondo la quale ci dovremmo rapportare maggiormente verso l’esterno: quella che spesso viene chiamata “società civile”, con una definizione opinabile, ma recepita e alla moda. I vantaggi sono evidenti: una migliore conoscenza, il superamento di pregiudizi negativi, la reciprocità di scambi culturali con associazioni o enti e certo la possibilità di avere più adepti. Un tentativo è stato fatto con la FOI scuola, che ben ricordo, visto che anni or sono ero fra quanti illustravano il comportamento da tenere e gli argomenti a coloro che venivano selezionati per tale bisogna. Non saprei dire se il progetto abbia dato i frutti sperati, certo qualcosa si fece. Io stesso sono andato in una scuola elementare per esporre temi attinenti al nostro hobby, così ampio di motivazioni. Abituato a tenere corsi per allievi giudici, il mio primo punto di attenzione fu quello di adeguarmi ai giovanissimi interlocutori. Poi mi premurai di coinvolgere anche gli insegnanti. Sempre rimanendo a livelli elementari, più che altro per suggerire argomenti accattivanti e semplici da ribadire in futuro. Certo, in una scuola per periti agrari mi sarei trovato meglio, potendo affrontare temi più pregnanti culturalmente. Tuttavia, anche a livelli elementari una certa soddisfazione c’è, quando si riesce ad interessare gli ascolta tori. Un aspetto che mi stupì fu il comportamento dei bambini; infatti, c’era una foresta di manine alzate per chiedere di intervenire, al fine di domandare spiegazioni o anche per contestare. Ai miei lontanissimi tempi delle elementari c’era molta più timidezza e ben pochi, in casi del genere, si azzardavano ad alzare la mano. Non so se oggi sia tutto meglio, ma allora non si dava del tu al maestro chiamandolo per nome, ma si diceva “signor maestro”, e quando prendevo uno scapaccione mi guardavo bene dal dirlo alla mamma, altrimenti rischiavo che me ne arrivasse subito un altro e poi avrei dovuto dare spiegazioni e magari subirne così un terzo. Quindi, “zitto e mosca”, rimanevo nel primo danno. Oggi i maestri rischiano proteste, talora facili. Ho fatto questa digressione perché penso che oggi vi siano aspetti migliori, ma non tutti. Ognuno può valutare come meglio crede. Ovviamente, sono cosa del tutto diversa i veri maltratta menti, che vanno condannati senza riserve e puniti adeguatamente. Di certo, attualmente, i bambini hanno meno remore ed intervengono a tutto campo. Nel caso di cui sopra, alcuni intervenivano a sproposito, magari solo per dirmi che un certo loro zio aveva un canarino, altri con domande più mirate su come tenere gli uccellini, altri ancora contestavano, parlando di sottrazione al cielo degli uccellini. Non sono certo digiuno di dibattiti, tuttavia dico di averci dovuto mettere un certo impegno; non sempre era una passeggiata. Fu importante sottolineare che i nostri uccellini sono nati in gabbia, non sono di cattura e che con l’allevamento si possono fare tanti studi e proteggere i selvatici, rendendo sempre meno interessanti gli episodi di bracconaggio. Certo, ho citato come sempre l’esempio delle specie salvate dall’estinzione grazie all’allevamento, classico il caso dell’oca nene. Il modo di spiegare deve essere a livello degli ascoltatori, come dicevo; inoltre, bisogna cercare di colpire la fantasia ed attirare l’interesse. Esemplificando: quando un maestro, anzi per me un “signor maestro”, mandò una diapositiva attinente ad uno scheletro di uccello chiedendomi di dare spiegazioni, fra le altre cose non esitai ad agitare le braccia come ali, spiegando che le ali corrispondevano alle braccia e con un certo sforzo (sfidando il ridicolo, non sono certo Bolle), mi alzai anche sulle punte per far capire che se gli uomini sono plantigradi come gli orsi, cioè camminano sulle piante, gli uccelli sono digitigradi, cioè camminano sulle dita, come i cavalli. Le scuole a volte vengono da noi per visitare il museo ed anche qui devono avere spiegazioni adeguate e proporzionate al loro livello, possibilmente con aspetti divertenti. So che Guglielmo Petrantoni se la cava benissimo come illustratore a tutto campo, anche quando ci sono scuole elementari; infatti, i bambini sono entusiasti, ho letto temi in tal senso. Spero di essermela cavata bene pure io in altri casi, sia con istituti che gruppi e specialmente quando è venuta la televisione di Canale 5, spiegando esaurientemente il contenuto delle varie vetrine, nei tempi brevi indicati e, se richiesto, pure con un aneddoto. Il segreto è capire ciò che desiderano gli interlocutori, facile da dire, ma non sempre da realizzare. Praticamente impossibile se si tratta di un gruppo eterogeneo con persone aventi livelli diversi e quindi esigenze diverse. In questo caso non
Immagine tratta da: medium.com
resta che passare, per salto, dall’elementare all’elevato, rischiando di scontentare tutti e, se va bene, di essere accettabili a tutti. Un aspetto sempre o quasi sempre utile è quello di inserire nel discorso motti di spirito o immagini suggestive per sollecitare l’attenzione. Non manco mai, ad esempio, di recitare qualche verso della “Cavalla storna” davanti allo storno, per dire che da lì deriva il termine “storno”, riferito al mantello del cavallo, in analogia con la livrea dello storno. Vale a dire che nel cavallo il mantello grigio classico è bianco a punti scuri e il mantello storno è scuro a punti bianchi. Allo stesso modo recito qualche verso de “Il passero solitario” davanti allo stesso. Una cosa che considero utile è quella di fare analogie fra le diverse specie, sia per evidenziare aspetti simili come anche diversi. Questo metodo, però, richiede una preparazione profonda ed interlocutori di un certo livello, quindi non è sempre fattibile. Per valutare l’attenzione è bene osservare l’atteggiamento delle persone, gli sguardi annoiati sono spesso evidenti. Un buon metodo è quello di coinvolgere i presenti in una sorta di conversazione per farli partecipare attivamente. Questo aiuta anche ad affrontare i temi che sono per loro più interessanti e che emergono dalla conversazione stessa. Salvo pochi casi, è bene evitare di fare domande per non creare imbarazzo. A volte l’ignoranza rasenta livelli “sublimi” anche in persone che qualcosa dovrebbero sapere. Vanno
bene le domande per conoscere gli argomenti che si vorrebbero approfondire. Il mio sogno sarebbe quello di rapportarmi con l’università, ma temo che rimarrà una chimera. Non che ci sia carenza di argomenti, tutt’altro, ma vi sono altre difficoltà che ritengo insuperabili. Forse all’estero ci potrebbe essere una situazione diversa, ma comunque ci sono sempre difficoltà, in questo caso anche linguistiche. Ovviamente, occorre avere disponibilità verso i visitatori delle nostre mostre di ogni livello, mettendo a disposizione accompagnatori che si rapportino come indicato per le scuole. Non facile trovare sempre persone idonee, ma ritengo sia possibile almeno nella maggior parte dei casi. Utilissimi gli inviti a visitare le mostre rivolti alle scuole. Se poi ci fosse un insegnante di biologia interessato sarebbe il massimo. A me è capitato una volta ed è venuto fuori un incontro veramente interessante. Venivo sollecitato da domande acute e questo mi dava l’occasione di approfondire temi che, senza la presenza di quell’in segnante, forse non avrei neppure toccato, essendo molto impegnativi. Tuttavia, devo aggiungere che la scolaresca (mi pare di ricordare liceali) per la maggior parte sembrava seguire con interesse, direi non simulato. Del resto, avevo cura di non trasformare l’incontro in un dialogo a due e mi rivolgevo spesso agli studenti, magari con semplificazioni abbastanza comprensibili. È importante non trascurare, in caso di incontri collettivi, la maggioranza. Accade talora che siano sempre solo 2 o 3 persone ad intervenire, e questo rischia di far sentire esclusi gli altri. Certo, quando si parla in pubblico è abbastanza facile che si guardi maggiormente una persona particolare, che diventa come un riferimento. Può essere utile ma se, come spesso accade, questi è di livello superiore alla media, si crea uno scollamento con la maggioranza che è bene non accada. Di conseguenza, è bene cercare di estendere l’attenzione. Se l’uditorio è poco numeroso, anche interpellando persone magari conosciute su qualche esperienza o sull’interesse che suscitano gli argomenti usati, eventualmente anche modificandoli o cercando di esemplificare. In effetti, l’esempio aiuta moltissimo. Non tutti hanno doti di comunicazione, ma se l’argomento è ben conosciuto e non si vuole strafare, di solito si riesce ad uscirne abbastanza bene, magari con qualche accorgimento come quelli che ho cercato di indicare. Preciso che non sono un esperto di comunicazione; quello che ho indicato corrisponde ad esperienze personali e alle mie opinioni. Chi, più esperto di me, volesse fare os - servazioni, sappia che sarebbero molto gradite.