Pellegrinaggio e religiositĂ popolare
Tesina di Antonio Giannone
Pellegrinaggio e religiositĂ popolare
Antonio Giannone
Pellegrinaggio e religiosità popolare Tesina di Antonio Giannone
Il Pellegrinaggio, pratica molto antica, comune a tutte le religioni e classi sociali, ha assunto in seno al Cristianesimo forme e modalità diverse non sempre riconducibili ad un‟unica tipologia per la diversità delle motivazioni, dei luoghi, delle culture popolari nelle quali s‟è incarnato o da cui è scaturito. Per pellegrinaggio (d‟ora in poi p.) s‟intende il recarsi, per devozione o penitenza, per catarsi o per ex-voto, in un luogo che la pietas popolare considera sacro; un luogo in cui generalmente sorge una Chiesa (o Santuario) che custodisce reliquie o immagini miracolose o è stata edificata nei luoghi della vita e passione di Nostro Signore Gesù o vi è apparso, come la Madonna o i Santi, o vi è nato od operato un Santo. Si pensi a luoghi come Gerusalemme, Nazaret, Betlem, Roma, Santiago de Compostela, Padova, Lourdes, Fatima, Loreto, Medjugorie, Czestochowa, S. Giovanni Rotondo, stando a quelli di fama internazionale; ma ve ne sono altri, meno noti e legati a un p. che potremmo definire locale o regionale. Procediamo con ordine. Nell‟antica Grecia un gran numero di santuari davano vita a qualcosa di molto simile ai p.. Il più famoso santuario era quello di Delfi, dedicato al culto di Apollo, dove si arrivava in processione secondo un itinerario prescritto e dove si ascoltava il responso della Pizia, sacerdotessa e profetessa del “dio dell‟arco d‟argento” e del sole (Pytho era l‟antico nome di Delfi). Altro santuario famoso era quello d‟Asclepio, dio della medicina, ad Epidauro (oggi famosa soprattutto per il suo splendido anfiteatro). Ai due dei gli Elleni si rivolgevano per guarire da talune malattie. Nel greco antico non esiste un termine che traduca il nostro p., quello che più gli si avvicina è theoria (processione sacra). Per gli Ebrei il p. consisteva nell‟ascesa a un luogo sacro per celebrarvi, poi, una festa. I luoghi erano diversi e ognuno era riservato a una particolare tribù. Dall‟età dei re in poi, Gerusalemme divenne il centro spirituale di tutti i figli d‟Israele, che vi si recavano, per obbligo, per tre feste l‟anno: Pasqua-Azzimi, Pentecoste e Capanni (o Tabernacoli).
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Tra i santuari più famosi: Galgala, Mispa di Beniamino, Gabaon, Ofra, Dan e Silo, dove per lungo tempo era stata custodita l‟Arca dell‟Alleanza. Nel mondo biblico si trovano notizie che afferiscono al p., meglio definibile deambulazione sacra o religiosa, per distinguerla da processione, che può avere sì carattere religioso ma anche civile, laico. Le caratteristiche della deambulazione sacra erano almeno quattro1: 1) il pellegrinaggio, cioè il cammino per raggiungere il luogo della festa; 2) il ritiro, al quale, tuttavia, non partecipavano tutti i convenuti ma solo determinate persone; 3) il corteo, un percorso più breve, che aveva una dimensione cultica o sacra; 4) la processione, che non è funzionale al trasloco ma è essa stessa atto di culto. I dati che l‟Antico Testamento “offre per ciascuno di questi modelli sono di ampiezza e valori diversi. Mentre per il pellegrinaggio i testi sono numerosi, per le altre deambulazioni le conoscenze sono piuttosto limitate per l‟esiguità dei dati stessi”.2 1) Nella fase di partenza del p. ciò che conta è la parola di Dio, che invita a compiere il viaggio: «Dio disse a Giacobbe:”Alzati, va‟ a Betele e abita là; costruisci in quel luogo un altare…”», (Gn 35,1). Avviene, quindi, il rito della purificazione, il cambio delle vesti in segno di purificazione e santificazione interiore, e il seppellimento degli idoli degli stranieri in segno di rinnegamento. La seconda fase è quella del cammino, cui segue quella dell‟arrivo; quindi l‟adorazione, il sacrificio e un pasto sacro di tipo familiare. “Subito dopo veniva lasciato spazio alla pietà individuale e all‟incontro col clero locale”3. I riti di partenza, arrivo e ritorno si possono ricomporre attraverso la testimonianza dei salmi delle ascensioni al tempio (Sal. 120-134) e dei salmi di p. (Sal 15, 84, 91, 122). - I riti di partenza si possono intravedere nei salmi 120-121. nel primo si vede come qualche cosa di angoscioso e di crudele spinga il gruppo a intraprendere il p. in modo ampio e partecipato. Nel secondo si possono cogliere i saluti dei parenti.
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Cfr. R. De Zan, Le forme di “cammino sacro” nell‟Antico Testamento, in Credere oggi, 87/1995, pag. 34 e sgg. R. De Zan cit., pag. 34. 3 R. De Zan cit., pag. 37. 2
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-I riti di cammino non sono testimoniati, anche se si possono pensare come riti che ricordano la marcia trionfale e militare dell‟esodo. - I riti d‟arrivo sono ben descritti nel Sal 84; ci sono acclamazioni di gioia (vv.1-4) e i saluti tra gli arrivati e i leviti che li accolgono (vv.56.13). Segue immediatamente una catechesi (cf. v. 12 e Sal 15,1-5b) e il disbrigo di qualche affare giuridico di pertinenza sacerdotale (Sal 122,5). Subito dopo s‟innalza una preghiera per Gerusalemme (Sal 123; cf.64,9-19) e un ringraziamento per essere giunti alla città santa (sal 124). Dopo questi riti ufficiali veniva lasciato spazio alla pietà individuale, della quale il Sal 125 potrebbe essere un esempio. I Sal 126-132 presenterebbero i vari riti di offerta dei raccolti, delle preghiere di benedizione e di maledizione (contro i nemici e gli increduli), i riti di espiazione per i peccati contro l‟alleanza, le espressioni di fiducia in Dio e la lode a Gerusalemme in attesa del Messia. -I riti di ritorno si possono trovare nei Sal 133-134. Si tratta di un sobrio bilancio del p. dove si è vissuta la benedizione dello stare insieme come fratelli. Ci sono i saluti ai leviti e l‟ultima benedizione sacerdotale ai partenti.4 2) Il ritiro è un rito che spinge all‟appartarsi per compiere un atto di celebrazione e/o di commiserazione e di pianto (cfr.gdc 11,29-49, episodio di Jefte e figlia). 3) Nel corteo sembra ci sia poco di religioso e nella Bibbia vi sono solo due rimandi (L‟unzione di Salomone a re – 1Re 1, 32-40 – e un corteo nuziale). La “sacralità” deriverebbe dal fatto che alla gioia umana partecipa lo stesso Dio. 4) Partecipare alla processione (la processione di Giosuè per la presa di Gerico e quella con cui Davide trasportò l‟Arca dell‟alleanza a Gerusalemme) significa sentirsi coprotagonisti della fatica e della benedizione di quanti avevano conquistato la terra promessa. *** Nell‟era cristiana il p. è espressione della religiosità popolare perché non regolamentato dall‟autorità ecclesiastica. Il p. ha come meta la Palestina, luogo dove si compì quanto annunciato dalle Scritture. Il traffico verso Gerusalemme aumenta nel IV secolo con la pax costantiniana. Verso la fine dello stesso secolo inizia un‟altra forma di p., diretto alle tombe o ai luoghi di martiri e confessori, che “coinvolge i fedeli 4
R. De Zan cit., pag. 38.
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in celebrazioni ove si fondono riti liturgici ed esplosioni di religiosità popolare. Radicato nel territorio, diventa compensativo per chi non può – o non può permettersi di – andare nei luoghi santi”5. Questi luoghi, sia ad Occidente che ad Oriente, erano frequentatissimi e le chiese, illuminate a giorno, restavano aperte costantemente, mentre i predicatori parlavano a una folla eterogenea che non riusciva ad intendersi. Stracolmi erano i ricoveri per i pellegrini stranieri (xenodochia). Nei secoli successivi, alla tradizionale forma di p., se ne aggiunge una nuova: quella penitenziale, espressione dei tempi mutati e delle insidie dei luoghi, infestati da briganti e da orde barbariche. Nell‟Europa occidentale, per influsso del monachesimo irlandese (San Colombano), nasce “il servizio di Dio nella penitenza detta anche pellegrinaggio”6 e, in questa connotazione ascetico-penitenziale, lasciare il sicuro nucleo familiare per avventurarsi nel p. diventa la forma più perfetta di penitenza. Il p. penitenziale veniva assegnato dai confessori per mondare alcuni gravi peccati. Caduti i luoghi santi in mano musulmana, la meta diventa Roma, luogo dove è conservato il velo della Veronica e di martirio dei principi degli Apostoli, Pietro e Paolo. I pellegrini che puntano su Roma sono detti Romei. Non c‟è contrasto tra eremitismo e p. perché entrambi presuppongono una separazione per andare lontano a cercare in solitudine un più intimo rapporto con Dio; meglio se il viaggio si coronava con il martirio. Molti eremiti-pellegrini, abbandonati i loro luoghi solitari, si diffusero per città e campagne predicando il Cristianesimo delle origini e tuonando contro la corruzione e la mondanità del clero, attirandosi i suoi strali. Se il loro fervore spirituale era senz‟altro lodevole, essi non erano immuni da ignoranza e il movimento sarebbe sfociato talvolta nell‟eresia. Il loro, spesso, diventava un vero e proprio peregrinare e in taluni casi si sarebbe trasformato in autentico vagabondaggio, tale da indurre le comunità cristiane a guardare con occhio preoccupato a questi “scansafatiche”. *** In qualche modo le stesse Crociate, predicate dal movimento eremitico (Pietro d‟Amiens, detto L‟eremita), possono essere considerate dei p.. 5 6
Vincenzo Bo, Il pellegrinaggio cristiano nella storia, in Credere oggi cit, pag. 6 In V. Bono cit..
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Il crociato è un pauper, che affronta rischi e pericoli, sfida la morte, si sottopone a veglie, digiuni e penitenze e partecipa a processioni di ringraziamento. I cristiani partecipano alle crociate realizzando “un vero e proprio p. collettivo, non solo perché vi prendono parte insieme, ma anche perché essi provengono da ogni classe sociale. Nobili e popolani, ricchi e poveri si uniscono in un solo sforzo realizzando una certa parità e uguaglianza, fraternizzando in una povertà comune che è occasione e simbolo d‟umiltà e carità”7. Meta delle crociate è Gerusalemme, la città che appare come l‟immagine della Gerusalemme celeste ma che è anche il luogo dove Gesù Cristo verrà a giudicare i vivi e i morti nel giorno del giudizio. La crociata diventa, quindi, un ultimo esodo verso il luogo dell‟appuntamento finale con Dio. Ricordiamo che nel 1071 Gerusalemme era stata conquistata dai turchi selgiuchidi e che solo la prima crociata ebbe esito favorevole. Alla fine del XIII secolo, sulla spinta delle richieste popolari volte ad ottenere indulgenze mediante le quali si acquisiva la remissione dei peccati, papa Bonifacio VIII indisse il primo Giubileo8 (Anno santo o giubilare). Le richieste scaturivano da un intenso desiderio di rinnovamento religioso, concretizzatosi nella nascita di movimenti e ordini mendicanti che si richiamavano alla povertà (valdesi, catari, poverelli etc). La meta del Giubileo, non comoda da raggiungere dalle varie parti dell‟Europa cristiana, è ancora una volta Roma. Il p. non è facile da concretizzare perché, oltre alle insidie del viaggio (disagi vari, intemperie atmosferiche, ladroni), erano previsti quindici giorni consecutivi di permanenza nella Città eterna (30 per i residenti) e visitare le quattro basiliche principali: San Pietro, San Paolo, Santa Maria Maggiore, San Giovanni in Laterano. All‟inizio i p. giubilari prevedevano una scadenza secolare, ma essa, sempre sotto la spinta delle richieste popolari, venne fissata in 50 anni da Clemente VI e poi ogni 33 anni da Urbano VI. Nel 1470 papa Paolo II gli diede cadenza venticinquennale. L‟afflusso di una massa enorme di pellegrini diede origine a varie iniziative volte alla loro assistenza; nacquero così ospizi, mense, dormitori e ospedali per la cura dei malati.
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V. Bono cit. pag.10. Dall‟ebraico jôbel. Il giubileo ebraico aveva cadenza cinquantennale e carattere di remissione. Gli schiavi riottenevano la libertà, i debiti venivano rimessi, la terra lasciata a riposo. Il principio animatore era il riconoscimento che Dio è il solo padrone e che l‟uomo non può disporre a suo piacere dei beni concessigli. 8
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“…Tali iniziative costituirono…la risposta popolare (in quanto sorte spontaneamente e senza decreti, anche se successivamente regolamentate) alle provocazioni con cui la società interpellava la chiesa. Tipici gli anni santi di fine secolo XIX e inizi del secolo attuale [XX] quando sulla richiesta di indulgenze prevalse l‟andare a Roma”9 a manifestare fedeltà e solidarietà al Papa, privato nel 1870 Breccia di Porta Pia – del suo potere temporale. *** Altra forma di p. praticata è quella devozionale, diretta per lo più a Santuari mariani (Loreto, Lourdes, Fatima, Czestochowa, Medjugorie) ma anche a chiese e luoghi legati a santi particolari, come Santiago, San Michel, San Benedetto, San Francesco, San Antonio di Padova, Santa Rita da Cascia e, in Sicilia, Santa Rosalia a Palermo e a Santo Stefano Quisquina, S. Lucia e la Madonna delle Grazie a Siracusa, Sant‟Agata a Catania. Tutti, anche quelli locali, coinvolgono un sempre crescente numero di viatores. Ma sono i santuari mariani quelli che accolgono senza soluzione di continuità, a decorrere dal secolo XV, pellegrini provenienti da tutte le parti dell‟orbe cristiano. Diversi gli elementi all‟origine del fenomeno: apparizione della Vergine, miracoli, rinvenimento e prodigi di sue immagini etc. Basta la notizia a favorire l‟accorrere di gente sempre più numerosa, che vi edifica prima un‟edicola, una nicchia, una cappelletta e poi una chiesa-santuario. Su tale tipo di p. “si innestano anche forme penitenziali ed espiatorie che si esprimono in gesti e riti che vanno dall‟autoflagellazione al compiere a ginocchioni gli ultimi tratti del percorso, o all‟arrivare alla meta portando catene o croci pesanti…”10. Sono, questi ultimi, gesti che generano scetticismo nei miscredenti che, acciecati dal loro razionalismo e dal luccichio del progresso, li definiscono prodotti della superstizione ma che si spiegano come atti di fede ed in questa chiave (di fede e mortificazione di se stessi) vanno letti e spiegati.
Riferendosi al p. medioevale così ha scritto Jacques Madaul: «Viene da pensare a un vasto sistema di vene e di arterie che fa scorrere incessantemente le popolazioni e agisce su quelli che non si spostano 9
V. Bono cit. pag. 11. V. Bo cit., pag. 12.
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non meno che su quelli che affollano le strade. La “res publica” cristiana medioevale prova il senso della sua unità vero o sognata in questo movimento che poi anima i mestieri, ispira gli artisti, fa cantare i giullari»11. “Questa marcia per Dio fa sentire un poco di quanto c‟era di esaltante nella religione di allora, il suo appassionato desiderio d‟infinito, la sua insofferenza dei limiti, il suo spingersi nell‟avventura, la sua sfida alla morte, il suo temere la dannazione, la sua attesa del Giudizio”12. *** Una nuova forma di p. sono le Giornate mondiali della gioventù, istituite nel 1993-94, in occasione dell‟Anno Santo della Redenzione (1950+33), da Giovanni Paolo II. Il Papa convocò i giovani per celebrare con loro l‟avvenimento ed essi risposero con entusiasmo e al di là di ogni aspettativa. L‟anno successivo l‟ONU indisse l‟Anno della gioventù. La Giornata straordinaria (quella che si celebra ogni due anni) è determinata da alcuni elementi fondamentali: la convocazione, il messaggio del Santo Padre, l‟arrivo alla meta, la catechesi, la veglia notturna di preghiera col Papa, la Messa. Catechista è il Pontefice, catechisti sono cardinali e vescovi, che nel triduo illustrano i temi fondamentali della fede. “La parola di Dio ne è centro, la riflessione teologica strumento, la preghiera rinforzo, la comunicazione e il dialogo lo stile”13. Da questi raduni il giovane torna a casa rinfrancato nella sua esperienza di fede che lo aiuta a trovare le risposte ai suoi quesiti esistenziali. Era importante, dopo la caduta del muro di Berlino, orientare il mondo giovanile verso Gesù e alla consapevolezza di sentirsi di stare nel cuore di Dio. E‟ così scoppiata una nuova voglia di pellegrinare, di mettersi in cammino con la passione della ricerca, della penitenza, del viaggiare in cerca di Dio per riscoprire se stessi e spendersi per gli altri in un itinerario di conversione e di comunione. Nelle Giornate, soffuse di grande suggestione, animate da canti struggenti e dalle celebrazioni, c‟è un forte richiamo alla spiritualità, arricchita dalla fede corale di un popolo proiettato, moderno pellegrino, sulla strada dell‟evangelizzazione e dell‟incontro con le antiche culture del mondo e la presenza di Dio in esse.
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Jacques Madaul, Un intero popolo in marcia, in Fernando Vittorino Joannes, L‟uomo del Medio Evo, Milano, 1978, pag.31 12 Fernando Vittorino Joannes, L‟uomo del Medio Evo, Milano, 1978, pag.31 13
Domenico Sigalini, Le giornate mondiali della gioventù: una nuova forma di pellegrinaggio, in Credere cit., pag.96.
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Momenti insostituibili di questo p. giovanile sono la partenza, il viaggio, la meta, il dopo. E‟ ovvio che prima di partire occorre guardarsi dentro, interrogarsi per sapere cosa spinge a farlo. Bisogna spogliarsi di quanto abbiamo di appiccicaticcio, essere leggeri e liberi e disposti a mettersi costantemente in discussione. Il viaggio è, chiaramente, faticoso; la meta, quasi sempre un santuario, si può raggiungere anche in maniera comoda ma la “fatica” è elemento indispensabile alla riuscita del p.. Sul posto “il clima di preghiera e di festa, lo spirito di condivisione e di fratellanza rendono presente il Signore”14. E‟ importante quello che segue al triduo. Tornando nei luoghi abituali, se il raduno non ci è scivolato addosso come gocce di pioggerellina estiva, non saremo più gli stessi: l‟entusiasmo è cresciuto, la fede rinnovata e fortificata, forte il desiderio di testimoniare la gioia dell‟esperienza maturata, maggiore disponibilità ad annunciare la parola di Dio, convinti anche che “Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna” (Matteo, 19,29). La vita, il dono più prezioso che Dio ci ha fatto, e la storia dell‟uomo sono costellati «di pellegrinaggi perché da sempre l‟umanità si trova di fronte all‟arduo compito di decifrare l‟enigma dell‟esistenza umana e il senso delle vicende storiche. I pellegrinaggi religiosi testimoniano in modo particolare quanto sia necessario all‟uomo camminare sulle strade del mondo e lungo i sentieri della storia per arrivare al cuore della vita e per accogliere quel regno dei cieli che Gesù indicava come la meta ultima di ogni ricerca umana: “cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6,33).Il pellegrinaggio è sempre legato alla ricerca di senso e della verità, al desiderio di beni spirituali, al bisogno di cambiamento e di conversione»15. *** Un evento che merita una riflessione particolare è il p. alla basilicasantuario di S. Antonio di Padova, per i patavini semplicemente “Il Santo”. E‟ un fenomeno che nel corso dei secoli s‟è mantenuto costante e non per nulla Antonio, assieme a Francesco, è il nome più diffuso del pianeta. Gli “amici” del Santo, con i Veneti in testa, provengono da tutte le parti del mondo. Gli esteri vedono in testa i Tedeschi, seguiti da Spagnoli, Austriaci, Francesi, Inglesi, Americani; recentemente a loro 14 15
D. Sigalini, op. cit., pag. 100. D. Sigalini, op. cit., pag. 102.
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si sono aggiunti pellegrini provenienti dagli ex-paesi comunisti: Polacchi, ex-Jugoslavi, ex-Cecoslovacchi, Ungheresi. Tra le regioni italiane, escludendo il Triveneto, primeggiano Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Lazio. Per dare idea della grandiosità dell‟evento basta citare alcuni numeri riferiti all‟ultimo ventennio del secolo appena trascorso. Una media giornaliera di più di 60 gruppi, 68 messe quotidiane, più di 160.000 confessioni in tutte le lingue, più di 800.000 comunioni annue e tutto ciò in fase d‟espansione. La media annua di presenze a fine ‟94 ha toccato la cifra di circa 6 milioni di persone. La presenza di un numero sempre crescente di Giapponesi ci induce a porci qualche domanda, legata al cosiddetto turismo religioso, per il quale non sappiamo dove finisca la curiosità del visitatore e dove cominci la devozione del pellegrino. Se è vero che nelle chiese sono custodite delle preziose opere d‟arte con autentici capolavori che richiamano l‟attenzione anche dei non credenti, è anche e soprattutto vero che il fascino del “Santo” non conosce confini di stato o religioni. Ci troveremmo dinanzi a due S. Antonio: da una parte il santo che fa i miracoli e al quale ci si rivolge con fiducia, dall‟altro l‟Antonio della storia, dottore della chiesa, riformatore e protagonista del suo tempo. S. Antonio, che è anche il santo patrono del mio paese, Cianciana (AG), ha subito un processo di “idealizzazione parentale” (A. Vergate), figlio per alcuni della cultura contadina. Se l‟aggettivo contadino a qualcuno può apparire riduttivo, rispondo rifacendomi all‟adagio popolare “Contadino: scarpe grosse e cervello fino”! La devozione verso il Santo è genuina, sincera e non può prestarsi a manipolazioni; basta recarsi a Padova e constatare come la gente si avvicini alla sua tomba, al suo altare. Essa è convinta che Lui sapesse (e sappia) leggere nel cuore umano, che era umile, buono, grande paladino della verità. Dall‟identikit del pellegrino antoniano, molto spesso giovane, emerge che si tratta d‟una persona d‟età varia, con un titolo di studio medio e con una cultura medio-alta, che percepisce il Santo come presenza viva, concreta, attento ai bisogni materiali e spirituali della gente e, perciò, un santo per tutti. A Sant‟Antonio ci si rivolge per pregare, per essere vicini al Signore e migliori; gli si chiede di diventare più solidali e amare di più, di cambiare vita e ritrovare il senso dell‟esistenza. “Il visitatore medio assegna importanza fondamentale alla preghiera e va a messa più della media dei battezzati”16 e considera la
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Paolo Giurati, In pellegrinaggio al “Santo di Padova”, in Credere cit., pag. 59.
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confessione una riconciliazione con Dio attraverso il riconoscimento dei propri errori. L‟iconografia rappresenta il Santo con volto giovanile, come un angelo, col giglio (simbolo di purezza), il libro (Antonio era, ripetiamo, un dottore della Chiesa) e con in braccio Gesù Bambino perché insegna agli uomini ad amarlo. Altri simboli meno comuni sono il fuoco (d‟amore per Dio), le mani al petto (in segno di preghiera. A Sant‟Antonio, nel mio paese protettore anche dei “picciotti schetti” (celibi e nubili), ci si rivolge perché ci insegni ad amare il prossimo, ci aiuti a consolare gli afflitti e chi è povero, ci illumini nello smarrimento, ci dia la forza di superare le avversità della vita, rinvigorisca in noi la fede e l‟amore verso Dio e la Madonna. “Sant‟Antonio per il suo devoto si configura come buon fratello maggiore, un amico fraterno e fidato, con il quale si cammina assieme per i sentieri della vita. Ciò che Antonio è stato nella sua esistenza terrena è garanzia e caparra del suo ruolo e della sua funzione attuale, del suo dialogo personalizzato con gli uomini concreti che egli ama e che si sentono a lui presenti anche senza bisogno di parlarsi in modo esplicito o formalizzato”17. *** Dopo quanto abbiamo detto, il profilo del pellegrino potrebbe delinearsi da solo, automaticamente.
Movesi il vecchierel canuto et biancho Del dolce loco av‟à sua età fornita … Indi trahendo poi l‟antiquo fianco Per l‟extreme giornate di sua vita, quanto più po‟, col buon voler s‟aita rotto dagli anni, et dal cammino stanco; et viene a Roma, seguendo „l disìo, per mirar la sembianza di colui ch‟ancor lassù nel ciel vedere spera. (Francesco Petrarca, Canzoniere, XVI)
Il pellegrinaggio è un viaggio, individuale o collettivo, compiuto per devozione, ricerca spirituale, per sciogliere un ex-voto, per pregare, visitare i luoghi santi e, attraverso essi, il cammino della salvezza.
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P. Giurati cit., pag.62.
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Chi compie questo viaggio è colui che, lasciando l‟ordinario della propria quotidianità, va ramingo, per i campi (per ager → peregrino), ad incontrare il sacro, affrontando fatiche e rischi insiti nel suo andare. Nell‟immaginario collettivo la figura del pellegrino medioevale è (era) associata a quella d‟un vecchietto che, giunto all‟“extreme giornate di sua vita”, “rotto dagli anni … ”, si mette in cammino per esaudire il suo desiderio di vedere il luogo santo e possibilmente morirvi in santità. L‟iconografia ce lo rappresenta con un cappello dalle larghe falde rivoltate in testa, sulle spalle un camaglio di cuoio, una vasta “pellegrina” a bandoliera, una zucca pendente dal bastone (bardone) ricurvo e chiodato al quale appoggiarsi, una borsa (scarsella) sempre aperta, ad indicare che era pronto a ricevere e a dare. I più accorti, prima di intraprendere il viaggio, si documentavano sui luoghi e sulle strade da percorrere. Oggi esistono le “Guide blu” e i viaggi organizzati, pronti a mischiare sacro e profano, il religioso con l‟esotico e l‟esoterico con pellegrini non facilmente distinguibili. Nei resoconti medioevali (odeoporicon) c„era di tutto: curiosità sulle strade e loro insidie e difficoltà, posti di ricovero e passi ardui, consigli come non coricarsi troppo, non fidarsi delle sabbie, guardarsi dagli insetti, evitare cibi troppo pesanti (fritture). Il pellegrino, penitente e povero, era protetto dalla chiesa come persona da rispettare ed era riconoscibile dai segni che portava addosso: la croce o la palma se andava a Gerusalemme, la conchiglia sul petto o sul cappello – se la meta era Santiago. La conchiglia sarebbe diventata, col progredire del tempo, il simbolo comune a tutti i pellegrini, moltissimi dei quali riuscivano a coronare il loro sogno, molti perivano per mare o per terra, alcuni in prossimità del luogo santo, altri fatti prigionieri dai saraceni. Ben si addiceva loro la qualifica, quindi, di viator (plurale, viatores), che affrontava disagi e pericoli del viaggio che è la vita sulla terra per giungere alla Jerusalem coelestis, di cui quella terrena è solo una metafora, una lontana eco18. Ogni p. è un‟avventura unica, irripetibile; presuppone che ciascuno, abbandonate le sue sicurezze, sia disponibile all‟ascolto, al desiderio di rinnovarsi; si senta Dio vicino perché Egli ama camminare con noi. Quanto più si va lontano e quanto più ci si stacca dalle cose, tanto più si è spinti a guardare in se stessi per scoprire cosa conta veramente nella vita. “Non è necessario andare lontano per essere e sentirsi pellegrini, ma il muoversi fisicamente ha una grande forza evocativa e la condizione esteriore aiuta e stimola l‟atteggiamento interiore”19. 18
Franco Cardini, Il fiorire dei pellegrinaggi in età medievale, in Credere cit., pag. 44 D. Sigalini, op. cit., pag. 103.
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In ogni caso, di là delle modalità nelle quali si concretizza oggi, quella dei veri pellegrini è la storia di una lunga tradizione che, pur rinnovandosi di continuo, presenta delle costanti che qualificano la componente religiosa popolare, legata alla cultura e alla sensibilità dei fedeli: Il desiderio di rivivere nella propria vita la storia della salvezza; L‟esigenza di celebrare, pregare, venerare, chiedere, ringraziare; La gioia di vivere, soffrendo, facendo penitenza e sacrifici materiali; L‟anelito di rinnovamento, di purificazione; La tensione di donarsi agli altri nel servizio umile e disinteressato, nascosto e senza ostentazione; La sete di ritrovare se stessi in solitudine interiore, nel distacco … dalle realtà materiali; L‟impegno di voler servire la chiesa e di testimoniare la propria fedeltà20; La consapevolezza che tutti siamo figli di un unico padre, al di là di tutte le barriere sociali e dei pregiudizi esistenti tra uomo e uomo. Quanto sopra riportato mette in evidenza, secondo Vincenzo Bo, come, pur nel volgere del tempo, l‟innata sensibilità religiosa dei fedeli abbia suggerito modalità sempre nuove, ma fondamentalmente simili per esprimere, da creature naturaliter religiosae, la propria esperienza di Dio. Secondo Eugenio Fizzotti21, per alcuni farsi pellegrino significa cercare risposte rassicuranti alle frustrazioni derivanti dalla inibizione sociale, dal destino e dalla morte, e alle fatalità legate alla natura matrigna; per altri invece si tratta di difendere un sistema di valori e comportamenti, minacciato da una società che travolge ogni cosa; per altri ancora si tratta di trovare risposte precise a proprie personali ipotesi. Non mancano, infine, coloro che attraverso il p. cercano rifugio all‟angoscia scaturente da emarginazione, isolamento, rifiuto familiare e depressione; per questo motivo essi non vorrebbero mai staccarsi dal luogo di culto, ove vorrebbero rimanere a pregare e ove fanno il pieno di “ricordini”. Ma c‟è un altro motivo che rende il p. un‟esperienza profonda, un fattore di crescita non indifferente: il mettersi a nudo, tendere l‟orecchio a chi soffre, parteciparne le sofferenze e farsi carico dei problemi e delle tragedie, donarsi in un atto di fede, che 20 21
V. Bo cit., pag. 13. Eugenio Fizzotti, Aspetti psicologici del pellegrinaggio, in Credere cit., pag. 80.
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attraverso l‟operosità cresce, si confronta, si sviluppa e dà le risposte agli interrogativi esistenziali. Luigi Sartori, in un articolo dal titolo Significato teologico del pellegrinaggio 22, esamina gli aspetti antropologico, cristologico ed ecclesiologico del p.. Secondo l‟illustre cattedratico, l‟uomo, sospeso tra storia ed eternità, è un cercatore di vita, di verità, di bene e felicità, che non può rinvenire in se stesso; è un essere costantemente “in divenire”, come la sua fede che non può che essere peregrinante e, non per nulla, anche il papa parla di itinerari della fede. L‟esistenza storica di Gesù fu un continuo peregrinare e Lui ha parlato di “esodo dal Padre” e di “ritorno al Padre” (Gv. 16,28). Tutto è p.: il Figlio procede dal Padre, lo Spirito Santo dal Padre e dal Figlio. Il Figlio viene a farsi uomo e a vivere con noi, lo Spirito discende sulla Chiesa e sul mondo. Gesù sale al Padre e “di nuovo verrà a giudicare i vivi e i morti”. Allora sembra proprio che il p. faccia parte della vita di Dio: il suo uscire da sé per darsi a noi intende proprio coinvolgerci in un movimento analogo che ci rafforzi in un estremo, radicale “uscire da noi stessi” per restituirci a Dio e rientrare in Lui. «Il Figlio fa esodo dal Padre “senza di noi ma pro nobis, per noi”; ma intende tornare al Padre “nobiscum, con noi”. Prodigiosa forza della carità divina, che in Cristo e per mezzo dello Spirito Santo, diventa anche nostra carità, carità umana. Questo è il senso della vita cristiana; questo il progetto di Dio»23. Ecco, allora, il costante richiamo ecclesiastico alla metafora del p., che potrebbe avere, ed ha, un forte richiamo simbolico al senso della vita umana, della vita di Cristo e di Dio. La Chiesa è il popolo di Dio in cammino; una chiesa dunque “pellegrinante” il cui andare ne è la nota costitutiva (“Andate per il mondo…”), come lo sono la “purgante” (i defunti), e la “trionfante” (i Santi). La Chiesa è sequela di Gesù nel senso del cammino: pasqua. *** Le Vie. Nella nostra epoca, grazie ai veloci e comodi mezzi di spostamento (aereo, treno, automobile) e ai costi di viaggio non eccessivamente elevati, la categoria culturale del p. s‟è sempre più confusa con quella del turismo religioso, che in verità lascia poco spazio alla meditazione, alla preghiera, alla fortificazione della fede. Il vero pellegrinaggio, che comporta anche la fatica da offrire al 22 23
Luigi Sartori, Significato teologico del pellegrinaggio, in Credere cit. pgg.83-92. L. Sartori cit., pag. 88.
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Signore, come da consuetudine più che millenaria va compiuto a piedi. Percorrere un tratto del cammino, più o meno lungo, sulle nostre leve, ha dimensioni più forti, ci consente di guardarci attorno e meditare. La prima meta dei pellegrinaggi cristiani, come più volte ricordato, fu Gerusalemme, soprattutto dopo l‟Editto di Costantino del 313. Nella città santa si andava per cercare la Croce, i chiodi, la tunica, la Scala Santa o per percorrere i luoghi della predicazione e della passione di Cristo e, possibilmente, morirvi in pace con Dio e gli uomini. Il cammino, la Via, era pieno d‟insidie, rischioso sotto molti punti di vista e per questo prevaleva il p. collettivo. Caduta nel 638 d. C, Gerusalemme in mano araba, il flusso dei pellegrini cominciò a dirigersi verso Roma, città benedetta, santificata da Pietro e Paolo. Nacquero in questo periodo le Vie Romee, tra cui la Francigena ed El Camino de Santiago. Santiago è il corrispettivo spagnolo di San Giacomo, uno dei dodici apostoli, protomartire essendo stato decapitato nel 44 d. C.. Secondo la leggenda il suo cadavere fu posto su una nave, senza nocchiero e senza vele, che lo portò in Spagna dove fu sepolto, nella piana della stella (campus stellae). Occupata la Spagna nell‟VIII secolo dai Mori, la scoperta dei resti del Santo diede la spinta necessaria alla Reconquista. Via via cresceva il suo culto, Santiago fu visto come il difensore della cristianità minacciata dagli infedeli. Sul luogo della sua tomba era stata eretta una prima cappella e una chiesa poi (868), distrutta dai saraceni sul finire del X secolo; infine si iniziò a costruire una nuova Cattedrale. Dall‟XI secolo la via che portava a Compostela era intasata da una moltitudine di persone, uomini e donne indistintamente, talmente numerose da sembrare le stelle del cielo, la Via Lattea. Ed è così che è definito il Cammino di Santiago, la strada che porta nella città galiziana. Lungo la via, come sulle altre che conducevano ad altre mete, sorsero mercati, ospizi e alberghi (ogni 30 km), ospedali e servizi per le pratiche religiose. Partivano da Parigi, Vézelay, Le Puy ed Arles le quattro principali strade che conducevano a Santiago. Lungo queste arterie sorgevano le “chiese dei pellegrini”, simili nella struttura alla Cattedrale del Santo, grandi e spaziose per accogliere la massa dei pellegrini24. La Via Francigena attraversava tutta l‟Europa e conduceva a Roma. Il nome è di derivazione carolingia ma il tracciato si deve ai Longobardi, che utilizzarono le strade romane per unire Pavia, loro 24
Cfr. Wikipedia.
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capitale, alla Toscana (Tuscia), in alternativa alle vie che cadevano in territorio bizantino. Ai tempi di papa Bonifacio la Via Francigena diventa la principale arteria di traffico della penisola; il suo tracciato era già stato descritto dall‟arcivescovo di Canterbury nel 994. Con le Crociate la Francigena diventa la via dei soldati di Cristo e di quanti sono diretti in Terra Santa; in senso inverso rappresenta parte del percorso che gli Italici compiono per recarsi in Spagna. Anche lungo di essa sorsero foresterie, ospizi, ospedali, chiese, monasteri. Dopo il 1000, la Via Francigena venne detta anche Romea perché conduceva a Roma e Romei furono definiti i pellegrini che si recavano nell‟Urbe. Il percorso si snodava dal Brennero, attraversava il Veneto (a Venezia ci si poteva imbarcare per l‟Oriente), raggiungeva Forlì e Cesena e, valicati gli Appennini, perveniva in Toscana; da qui, per Firenze e l‟Umbria si arrivava a Roma. La strada costiera (da Urbino) consentiva di raggiungere i porti della Puglia, ove imbarcarsi per Gerusalemme. Detto e documentato itinerario toccava Venezia, Ravenna, Cervia, Cattolica e incrociava in più punti la Via Emilia e la Flamina; lungo il suo tragitto si rinvenivano importanti centri di preghiera. “La Francigena fu un fattore di sviluppo economico, poiché il decollo dell‟economia di tanti centri toccati dalla via fu dovuto all‟importanza crescente di questa. Grazie alla Francigena, poterono realizzarsi interrelazioni che portano alla sostanziale unità della cultura europea tra l‟XI e il XII secolo. Con gli uomini e le merci, la Via veicolò sempre le idee, contribuendo a far circolare i modelli elaborati dai centri di cultura della comunità cristiana medievale”25. La Via Francigena è considerata la strada più antica d‟Europa; attraversava numerose città dell‟Italia centro-settentrionale e valicava le Alpi e gli Appennini. Era variabile nel percorso a seconda delle stagioni, con alcuni punti fermi come Piacenza, Fidenza e Lucca. *** La pratica del p. è presente anche in altre religioni. Una forte caratterizzazione l‟hanno il rito musulmano e quello indù, sui quali ci soffermiamo brevemente. Uno dei cinque grandi precetti dell‟Islam è il p.(hajj), almeno una volta nella vita, alla Mecca: “Chiama, tra gli uomini, al pellegrinaggio. Che vengano a piedi o su un ronzino; che arrivino da ogni lontano passaggio” - dice il Corano (22,27), che aggiunge: “Compite il pellegrinaggio e la visita dei luoghi sacri in onore di Dio” (II, 196). Il 25
Wikipedia, La via Francigena e la via dei Romani.
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viaggio ha luogo ogni anno in un periodo prestabilito, che coincide tra il 9 e il 13 del mese lunare di dhul-hijja. Sono milioni i pellegrini che da tutto l‟Umma (mondo) musulmano si recano alla Mecca, il cui territorio è sacro. Per questo motivo ne è vietato l‟accesso a coloro che non vi accedono in stato di purezza (hiram); dopo l‟obluzione rituale il pellegrino indossa una veste bianca, costituita da due pezzi di stoffa. Il rituale prevede il tawaf, cioè girare sette volte intorno alla Kaaba, toccare e baciare la Pietra nera, compiere il say (una corsa tra le due colline di Safa e Marwa, in città) e offrire in sacrificio una capra, una pecora o un cammello26.Prima di giungere alla Mecca, a Mirna avviene a “lapidazione del diavolo”, che consiste nel lanciare sette piccole pietre in tre diverse direzioni. Terminato il p., il fedele può compiere la visita alla tomba di Maometto, a quella dei primi musulmani e bere acqua nel pozzo di Zam-zam. Sulla via del ritorno, si raderà i capelli, smetterà la veste bianca, simbolo della purezza, e potrà fregiarsi del titolo di hajjà 27. Naturalmente esistono altre mete o luoghi santi per i seguaci di Allah e tra queste Gerusalemme, la città santa delle tre grandi religioni monoteiste. Il p. ha un valore comunitario elevato di rinnovo dei vincoli di tutta la comunità musulmana ed è “un atto di obbedienza che conduce il musulmano alle sorgenti della sua religione. E‟ un bagno d‟aria nel deserto, una marcia attraverso gli spazi aridi che un giorno percorse il profeta. E‟ una visita ai luoghi che hanno visto nascere l‟Islam. E‟ un‟affermazione nella fede nell‟unico Dio, il Dio di Abramo e di Ismaele, visto attraverso il Corano e in quanto tale del Dio della Kaaba”28. Il musulmano, che ne è impedito per un valido motivo, può compiere, pagando, il suo viaggio tramite terze persone. Benares, sulle rive del Gange, è la città santa degli Induisti e molti desiderano recarvisi in p., convinti che morendo in quella città si vada dritti nel paradiso di Siva. Per questo motivo Benares, affollata da vecchi, malati, vedove, può suscitare l‟impressione di un luogo di morte e lungo le scalinate che scendono al fiume ardono in continuazione cataste crematorie. E‟ un‟impressione sbagliata perché l‟atmosfera è di gioia e l‟esservi arrivati rappresenta una festa29. I santoni, già ricongiunti a Brahma in questa vita, una volta morti vengono inghirlandati e i loro corpi lascaiti scivolare lungo il fiume tra canti e suoni. Un momento importante di tutto il p. consiste nel portare, a piedi, un fiasco d‟acqua del sacro fiume a Ramesvara, distante 1600 km per versarla nel tempio di quella città.
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Cfr. P. G. Montani, Islamismo, in Le grandi religioni del mondo, speciali I.M., Bologna, s.d.. Cfr. Aldo. N. Terrin, Pellegrini e pellegrinaggi nella storia comparata delle religioni, in Credere cit., pag 27. 28 J. Jomier, Il Mahal e la carovana egiziana dei pellegrini della Mecca, Cairo, 1953, pag. 8, in Credre cit., pag. 27. 29 Cfr. Rosa Corti, Induismo, in Le grandi religioni del mondo, speciali I.M., Bologna, s.d., pag. 19. 27
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Le norme che regolano il p. indù sono stabilite dal Mahābhārata, che prescrive il cammino a piedi, il digiuno, il taglio dei capelli, una veste particolare (Karpatika) e un‟offerta al tempio. Tutto per dimostrare che si è in grado di staccarsi dai luoghi e dalle abitudini di questa vita alla ricerca dell‟infinito. Un‟affascinante descrizione del p. indù si deve al monaco benedettino Henri Le Saux con il libro Una messa alle sorgenti del Gange. In Giappone esiste un tipo di p. detto junrei, consistente nel visitare un numero fisso di templi in un dato ordine. L‟henro ( p.) più popolare è quello che si svolge sull‟isola di Shikoku. *** Con l‟augurio che l‟uomo moderno, solo nella folla, non si lasci fuorviare dallo splendore di una società edonistica, che sembra aver smarrito la via maestra dell‟esistenza - che solo una fede sincera può dare - e adorare falsi idoli che piuttosto che confortarlo nel suo lungo peregrinare ne mortificano la parte migliore, ci piace chiudere questo breve lavoro con le parole di Mons. Ludovico Puma, presidente di Oby Whan (Tour Operator): “Il Pellegrinaggio, infatti, è un‟esperienza densa di speranza e di gioia, di consolazione e di conforto, di consolidamento della fede e di stimolante dedizione nella carità; un‟esperienza che sollecita ed edifica il credente verso la santità della vita. Scaturisce dal cuore dei credenti, come cammino di ricerca di Dio, della sua Grazia e della sua Misericordia, dei suoi infiniti Doni, come itinerario di conversione per una fedele e generosa sequela di Cristo. Ogni pellegrinaggio è una meravigliosa parabola della vita, della vita cristiana, in particolare. Attraverso l‟esperienza autentica del pellegrinaggio e della sua grazia, il pellegrino realizza in sé e diventa segno per tutti di quell‟indole pellegrinante della Chiesa verso il compimento di tutte le cose nella Gloria del Cristo, quando finalmente Dio sarà tutto in tutti”30.
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Nella Montagna agrigentina
30
Ludovico Puma , Pellegrinaggi e…, Introduzione al catalogo di Oby Whan ,2008.
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Nella zona della Montagna agrigentina due sono i luoghi in cui la gente si reca in pellegrinaggio: il Santuario di Santa Rosalia alla Quisquina e quello della Madonna della Rocca ad Alessandria d. R.. Ad essi si potrebbero aggiungere il santuario di S. Giacinto Giordano Anzalone, sempre a Santo Stefano Quisquina, e l‟Eremo di Santa Croce, a Casteltermini, dove si conserva una croce paleocristiana. La devozione per la “Santuzza” è profondamente radicata e di lunga data. Ella è la Santa patrona di S. Stefano e compatrona di Bivona e Rosalia è un nome molto diffuso in questa parte dell‟Isola. Narrano le cronache, in un misto di realtà e leggenda, che in una grotta della Quisquina (da Koskin = ombra), di proprietà della famiglia, trovò rifugio Rosalia Sinibaldi, che era stata damigella della regina Margherita, moglie del re normanno Guglielmo il Malo. Così, infatti, recita l‟epigrafe rinvenuta nel 1624 sulla stessa grotta: EGO ROSALIA SINIBALDI QUISQUINE ET ROSARUM DOMINI FILIA AMORE DŇI MEI IESU CRISTI INI HOC ANTRO HABITARI DECREVI
Quanto tempo la Vergine romita abbia trascorso in questo luogi impervio, difficile da raggiungere, non sappiamo, anche se nella stessa incisione si legge il numero 12, che potrebbe riferirsi, sì, agli anni ma anche ai mesi. Sembra difficile che Rosalia vivesse isolata; molto verosimilmente era in contatto con la gente del posto e riceveva i sacramenti presso il convento basiliano di Melia, non distante. D‟altra parte, sin da tempi remoti, è stata raffigurata in abiti monacali basiliani. Lasciata la grotta quisquinese (a circa 1000 m. d‟altitudine), si sarebbe rifugiata sul Monte Pellegrino, dopo aver preso gli ordini nel 1162. Non sappiamo quando sia morta, probabilmente il 4 settembre (1166) perché in questo giorno viene celebrata. Il corpo sarebbe stato rinvenuto nel 1624 mentre a Palermo infuriava la peste, che la Santa avrebbe scongiurato. Il ritrovamento delle ossa e la scoperta dell‟epigrafe nella grotta stefanese alimentarono il culto di S. Rosalia, comunque già diffuso. Nel 1625 Giovanni Ventimiglia, signore di S. Stefano Q., offrì alla pietà degli stefanesi alcune reliquie della Santa, custodite in un busto argenteo, e la popolazione cominciò ad erigere l‟Eremo, dove i pellegrini si recano per ringraziare, pregare, sciogliere un ex-voto, chiedere una grazia, per guarire da malattie.
Tra il 1620-25, su una collina, poco distante da Alessandria della Pietra, in località detta “Rocca ‟ncravaccata”, madre e figlia cieca Pellegrinaggio e religiosità popolare
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stavano raccogliendo, come d‟abitudine, erbe selvatiche. Mentre la donna stava dall‟altra parte del monte, alla povera cieca apparve una donna che le disse di essere la Regina dei cieli e la incaricò di riferire alle autorità locali che Lei era la protettrice di quei luoghi e che, sulla Rocca, avrebbero dovuto edificarLe un santuario, dove venerare il simulacro che si trovava sottoterra, ai piedi della ragazza. A questo punto il miracolo: la ragazza riacquista la vista. Recatasi in paese assieme alla madre, riferì tutto al parroco e alle autorità civili che, recatisi a “Rocca ‟ncravaccata”, rinvennero la statuetta (60 cm) della Madonna. Molto probabilmente il simulacro era stato nascosto in quel posto durante l‟iconoclastìa bizantina o nel periodo di dominazione saracena della Sicilia. Naturalmente gli Alessandrini eressero il santuario e nominarono la Madonna della Rocca, alla quale dedicano una grandiosa festa l‟ultima domenica d‟agosto, protettrice della città. Anche il nome del paese fu mutato in “della Rocca”. Nell‟ultima settimana di quel mese i miei concittadini, pur essi devoti della Madonna della Rocca, si riuniscono di buon ora in Largo San Gaetano e iniziano a piedi, tra preghiere e canti, il pellegrinaggio lungo un itinerario di 7 km. Molti percorrono l‟ultimo tratto scalzi. Antonio Giannone
Bibliografia essenziale:
Enciclopedia Europea, Garzanti, Milano 1980. Credere Oggi, 87/1995. F. V. Joannes, L‟uomo del Medio Evo, Milano, 1978. Wikipedia, enciclopedia elettronica. Kerschbaum - Gattinger, Via Francigena - A piedi fino a Roma, Documentazione DVD, Eurovia, Vienna 2005. J. Jomier, Il Mahal e la carovana egiziana dei pellegrini della Mecca, Cairo, 1953. AA.VV, Le grandi religioni del mondo, speciali I.M., Bologna, s.d.. Henri Le Saux, Una messa alle sorgenti del Gange,Brescia, 1968. Luigi Sartori (a cura di), Pellegrinaggio e religiosità popolare, Padova, 1983.
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ITCG “L. Panepinto”, Nicchie ed edicole votive, conventi, Santuari, Chiese ruperstri della Montagna agrigentina (a cura di E. Giannone), Bivona, 1999
“Lo Straordinario risiede nel Cammino delle Persone Comuni” Paulo Coelho
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