Insieme - Febbraio 2014

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FEBBRAIO 2014 N. 2 ANNO IX - â‚Ź 2,00

La ricchezza delle donne Intervista a Lucetta Scaraffia, Premio Euanghelion 2014 PAPA FRANCESCO

SCUOLA

NATIVI DIGITALI

Intervista a Padre Raniero Cantalamessa

S.O.S. pagelle

I suggerimenti del professor Tonino Cantelmi



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Il genio femminile L’impegno delle donne nel mondo della comunicazione IX Edizione del Premio Euanghelion Sabato 15 marzo, ore 10,00 Sala Polifunzionale “Galleria Maiorino” Via Matteotti - Nocera Inferiore (SA) Convegno annuale sulla comunicazione promosso dalla rivista Insieme e dalla diocesi di Nocera Inferiore - Sarno

A conclusione della Lettera apostolica Mulieris dignitatem, Giovanni Paolo II ringrazia per tutte le manifestazioni del «genio» femminile apparse nel corso della storia. Ricorda le madri, le sorelle, le spose e le donne che lavorano. Donne a volte gravate da una grande responsabilità sociale. Che spazio hanno oggi le donne nel mondo della cultura e della comunicazione? A 25 anni dalla pubblicazione della Lettera dedicata alle donne, il genio femminile trova un sereno e aperto riconoscimento o anche in questo campo la donna è costretta a vivere in una posizione subalterna rispetto a quella maschile?

Introduce Don Silvio Longobardi Direttore editoriale di Insieme

Interviene Lucetta Scaraffia giornalista e scrittrice

Conclude Mons. Giuseppe Giudice Vescovo della Diocesi di Nocera Inferiore - Sarno

Modera Salvatore D’Angelo giornalista di Insieme

Diocesi Nocera-Sarno

Servizio diocesano per il Progetto Culturale

Ufficio Comunicazioni Sociali

Lucetta Scaraffia è professore associato di Storia Contemporanea presso l’Università degli Studi di Roma La Sapienza. Editorialista dell’Osservatore Romano, dal 31 maggio del 2012 è direttore, insieme a Ritanna Armeni, dell’inserto “Donne, Chiesa, Mondo” che l’Osservatore dedica alle donne, per dare voce alla presenza femminile nella vita della Chiesa. Collabora con i quotidiani Sole 24ore e Messaggero, è membro del Comitato Nazionale di Bioetica e autrice di numerose pubblicazioni.

Mensile di attualità e cultura dell’Agro


EDITORIALE di Silvio Longobardi

Lettera dalla periferia del mondo

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crivo dal Burkina Faso, una delle periferie del mondo, una terra arrossata dalla polvere del deserto ma anche dalla fatica. Sono venuto qui più di dieci anni fa e da allora tante altre volte sono tornato. Ogni volta mi aggredisce la violenza della povertà, lo status quo, l’estrema lentezza dello sviluppo sociale. Dal punto di vista economico il Paese appare ancora bloccato. Ci sono persone capaci e oneste ma l’oggettiva mancanza di risorse e la gestione politica rallentano il cammino. La diffusa corruzione incatena la buona volontà. A livello popolare dobbiamo registrare una insufficiente capacità di intraprendenza, la miseria spesso è subita come una fatalità contro la quale poco o nulla si può fare. Se ci fosse maggiore unità, se le famiglie di un villaggio fossero più coalizzate, si potrebbe certamente fare di più ma l’individualismo finisce per paralizzare le migliori intenzioni. In questo Paese ho incontrato mons. Philippe Ouedraogo, arcivescovo della capitale, recentemente nominato cardinale da Papa Francesco: l’ho conosciuto quand’era vescovo di una piccola diocesi situata a nord, pastore di una piccola comunità di cattolici immersi in una stragrande maggioranza di musulmani. È una di quelle persone che fanno amare l’Africa, un uomo che ha scelto di servire la sua gente con umiltà. Per questo non perde mai la fiducia e neppure il sorriso. Immagine di una Chiesa che sceglie di stare dalla parte degli ultimi. Una Chiesa che non sempre risplende. Anche da queste parti. In Burkina ho conosciuto Gualtiero e Marisa: una coppia di Brescia, lui medico e lei insegnante, entrambi in pensione. Hanno scelto di vivere qui gli anni della terza età, per servire i più poveri, almeno fino a quando avranno forza e salute. Si sono buttati nell’avventura senza calcoli, con l’unico desiderio

Foto Salvatore Alfano

di restituire ai poveri tutto il bene che avevano ricevuto. Nel momento in cui altri si ritirano a vita privata loro hanno scelto di immergersi in una società dove manca tutto, a volte anche la speranza. Hanno rinunciato ad una vita comoda in nome della carità, l’unica legge che nessuno dovrebbe calpestare. A meno di non ricadere nella barbarie. Da queste parti incontro spesso italiani, ciascuno con il suo gruppo, i suoi progetti, la sua ingenua passione di rendere il mondo più degno di Dio. Questa multiforme presenza non disturba, anzi è il segno visibile che il Vangelo fermenta nel cuore della storia. Di questo bisognerebbe parlare e non solo del male che pure accompagna la vicenda umana. Ricordo un pranzo di Natale a Koupéla, a casa di Marisa e Gualtiero: c’erano Gianni e Rossana, una coppia proveniente dalla Toscana e Paolo, che aveva lasciato a casa moglie e figli ancora troppo piccoli. Tutti in Burkina per condividere un pezzo di vita con i giovani che vogliono costruire un futuro, le famiglie che desiderano veder crescere i figli, le persone ammalate. Tutti avevano utilizzato le vacanze di Natale per vivere la fatica della carità. A tavola ciascuno raccontava frammenti delle opere che con fatica cercava di realizzare. Una bella immagine di quel Regno che Gesù ha annunciato. Ogni opera di carità, anche la più piccola, è solo un frammento di un mosaico che resterà sempre incompiuto. Ogni opera appare inutile e poco incisiva. E invece è necessaria perché contribuisce a render più bella la creazione. È una vittoria sul caos e sull’indifferenza. È come il canto del gallo che ogni mattina annuncia il giorno nuovo che sta per venire e invita a prendere parte alla vicenda umana con la certezza che Gesù Cristo ha realmente cambiato il volto della storia.

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Sommario

La ricchezza delle donne

Febbraio 2014

Intervista a Lucetta Scaraffia, Premio Euanghelion 2014 PAPA FRANCESCO

SCUOLA

NATIVI DIGITALI

Intervista a Padre Raniero Cantalamessa

S.O.S pagelle

I suggerimenti del professor Tonino Cantelmi

PRIMO PIANO di Antonietta Abete

5 EDITORIALE Lettera dalla periferia del mondo di Silvio Longobardi

8 SPAZIO ALLA DONNA 10 LA RICCHEZZA DELLE DONNE

7 L’ABC DELLA FEDE Da Adamo a Cristo, passa il cammino dell’umanità risponde mons. Giudice

14 SCUOLA & UNIVERSITÀ S.O.S. pagelle di Martina Grimaldi

16 IN-CANTO Studente, moderno Cristoforo Colombo di Teresa Peluso

VITA NELL’AGRO 17 Un dramma umanitario di Salvatore D’Angelo

19 Festa della vita di Maria Bonfiglio e Salvatore D’Angelo

VITA ECCLESIALE

24 L’umiltà di Francesco di Salvatore D’Angelo

26 Un ministero dell’attesa di Mariarosaria Petti

30 Cristo non può essere diviso Maria Bonfiglio e Salvatore D’Angelo

IN DIOCESI Uffici diocesani e associazioni 36 Controcorrente a cura dell’Ufficio per la pastorale familiare

37 Emergenza viveri a cura della Caritas diocesana

43 BACHECA I nostri auguri a cura della Redazione

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INSIEME…SÌ, LO VOGLIO

44 LA COPERTINA La parrocchia San Biagio di San Marzano sul Sarno

46 NEWS DALLE PARROCCHIE Notizie dalle parrocchie a cura di Mariarosaria Petti

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DON ENRICO SMALDONE

51 IN PARROCCHIA Pagine parrocchiali

61 PAGINE DELLA NOSTRA STORIA Il maestro di Papa Wojtyla di Silvio Longobardi

62 LE PAROLE DELLA CRISI Il prezzo giusto di Peppe Iannicelli

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PAGINE DELLA NOSTRA STORIA

Foto di copertina Giliola Chiestè

FEBBRAIO 2014 N. 2 ANNO IX - € 2,00


L’ABC DELLA FEDE risponde mons. Giuseppe Giudice

Da Adamo a Cristo, passa il cammino dell’umanità Adamo, impastato di terra, dice no a Dio perché ascolta la voce della sua umanità. Egli rappresenta l’umanità fragile e povera, bisognosa di essere salvata da Cristo, la creatura nuova. Il vescovo risponde alle domande dei lettori Eccellenza, spesso Gesù è definito il nuovo Adamo. Mi può spiegare il perché?

Carissimo Luca, è bella questa domanda perché ci fa ritornare a comprendere due realtà bibliche: Adamo e Cristo. Adamo non è solo un uomo, ma è l’umanità; e l’umanità in veste adamitica è fragile, povera, bisognosa. Adamo ha detto di no a Dio perché ha dato ascolto solo alla sua umanità, al fatto di essere formato dalla terra, di essere fatto di terra. Adamo è la condizione umana, è ogni uomo nella sua realtà creaturale. Adamo però ha bisogno di essere salvato. Ed ecco che Dio Padre manda suo Figlio, il nuovo Adamo, la creatura nuova, l’unico Figlio di Dio e Figlio dell’uomo che, nell’obbedienza al Padre, passando per la croce, riporta l’uomo alla bellezza del primo mattino e la terra si riveste di Cielo. San Paolo in I Corinzi 15, 45-49 oppone con chiarezza i due tipi di Adamo; il primo è terreno, il secondo è

Luca

uno spirito che dona la vita. La storia adamitica diventa, per grazia, storia cristiana, per cui se ogni uomo è Adamo, ogni uomo può diventare Cristo cioè creatura redenta e salvata, non più nuda ma rivestita di Lui. Da Adamo a Cristo è il cammino dell’umanità; per questo motivo sotto ogni croce c’è il teschio, il capo di Adamo, per dire che nel sangue del nuovo Adamo, Cristo, siamo tutti salvati e redenti. Mons. Giuseppe Giudice

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ANGRI ANGRI ANGRI NOCERA INFERIORE NOCERA INFERIORE NOCERA INFERIORE NOCERA INFERIORE NOCERA INFERIORE NOCERA SUPERIORE ROCCAPIEMONTE PAGANI PAGANI S. MARZANO SUL SARNO S. VALENTINO TORIO SARNO SARNO POGGIOMARINO

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IN PRIMO PIANO di Antonietta Abete

SPAZIO ALLA DONNA

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a riforma della Chiesa secondo Papa Francesco passa anche attraverso “una presenza femminile più capillare ed incisiva nella Chiesa”, come scrive nella Evangelii gaudium (n. 103). A quanti chiedevano se avesse intenzione di nominare anche una donna tra i cardinali, ha risposto: «Le donne nella Chiesa devono essere valorizzate, non “clericalizzate”. Chi pensa alle donne cardinale soffre un po’ di clericalismo». Papa Bergoglio non dice cose nuove ma continua ad arricchire pagine di un libro che i suoi predecessori hanno iniziato a scrivere. Il 15 agosto 1988, al termine dell’anno mariano, Giovanni Paolo II pubblicò la Lettera Mulieris dignitatem, dedicato alla dignità e alla vocazione della donna, uno dei testi più belli e originali del suo pontificato. Quel documento fu un vero colpo di genio perché presentava Maria come il punto di partenza di una nuova immagine della donna. La giovane fanciulla palestinese, proprio lei che è rimasta sempre nascosta in un piccolo e sconosciuto villaggio della Galilea, è la luce che riscatta la storia della femminilità. Se Cristo è venuto a svelare la verità piena sull’essere umano, inteso come maschio e femmina, in Maria risplende l’immagine femminile in tutta la sua originaria bellezza. Con tutta la sua autorevolezza Giovanni Paolo II dava voce ad un tema che non aveva ancora trovato spazio

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nella vita della Chiesa, nonostante il Concilio Vaticano II. La Mulieris dignitatem non è un trattato sociologico sulla condizione della donna ma un’argomentata riflessione teologica che pone l’accento sulla dualità sessuale e sulla necessaria complementarietà tra l’uomo e la donna. La Chiesa non esalta la donna ma ricorda che l’essere immagine di Dio è una qualità che appartiene all’uomo come alla donna. È questo l’immutabile fondamento che impegna la Chiesa a promuovere la dignità della donna. La Scrittura, però, non guarda ai singoli come individui ma come soggetti in relazione. Nella Lettera Giovanni Paolo II richiama il valore antropologico della comunione tra l’uomo e la donna. È questo il punto di partenza e al tempo stesso il criterio che misura e orienta le nostre scelte. Quante donne nel corso dei secoli hanno rischiarato il cammino dell’umanità e della Chiesa! Non c’è ambito dell’umana società in cui le donne non abbiano lasciato un’impronta. Se pensiamo alla carità la lista è lunghissima e abbraccia ogni categoria e ogni aspetto del vasto disagio sociale: i minori, i poveri, gli ammalati, gli emigranti. Se pensiamo all’educazione l’elenco non è meno lungo: quante congregazioni sono nate per dare istruzione ai figli delle famiglie più povere o per offrire un ambiente educativo ai bambini privi di famiglia, per


dare la possibilità di apprendere un lavoro alle ragazze sole. Vi sono sante come Caterina da Siena (1347-1380) o Brigida di Svezia che hanno partecipato attivamente alla vita sociale e politica del proprio tempo, promuovendo la riconciliazione tra le fazioni. Come dimenticare Santa Francesca Cabrini (1850-1917) che a cavallo tra l’Otto e il Novecento, con intuito davvero materno, fonda una congregazione religiosa per accompagnare gli emigranti. Altre sante hanno consumato la vita nella preghiera scrivendo pagine di spiritualità che hanno illuminato il cammino dei credenti. Tra queste emerge come un faro luminoso la testimonianza di Teresa di Lisieux. Per restare al ventesimo secolo, chi può negare l’influenza spirituale esercitata da donne come Madre Teresa di Calcutta e Chiara Lubich. La prima ha dato una straordinaria testimonianza nel campo della carità; l’altra, anticipando i tempi, ha fondato una comunità, composta di laici, consacrati e presbiteri, tutta impegnata a promuovere l’unità ad ogni livello della vita sociale ed ecclesiale. Queste due donne, insieme a tante altre, sono la conferma che la santità apre sentieri inediti e quindi arricchisce il patrimonio della fede della Chiesa. La storia della santità femminile è più eloquente di tante chiacchiere teologiche e pastorali. E tuttavia, dobbiamo rico-

noscere che, a fronte di un’ampia e capillare presenza nel tessuto ecclesiale, la donna resta piuttosto marginale, quando non viene totalmente esclusa, nei luoghi in cui si assumono le decisioni. Non si tratta di gestire il potere ma di condividere la responsabilità in modo da valorizzare il femminile come una risorsa che permette alla Chiesa di scrivere pagine ancora più belle e luminose. Silvio Longobardi

La pienezza della vocazione «Viene l’ora, l’ora è venuta, in cui la vocazione della donna si svolge con pienezza, l’ora in cui la donna acquista nella società un’influenza, un irradiamento, un potere finora mai raggiunto. È per questo che, in un momento in cui l’umanità conosce una così profonda trasformazione, le donne illuminate dallo spirito evangelico possono tanto operare per aiutare l’umanità a non decadere». (Concilio Vaticano II, Messaggio alle donne)

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lindro.it

L’INTERVISTA

LA RICCHEZZA DELLE DONNE «Le donne hanno molto da dire. È importante che i futuri preti abbiano insegnanti donne e non conoscano solo le suore che fanno lavori domestici in seminario». A colloquio con Lucetta Scaraffia a cui il 15 marzo sarà assegnato il Premio Euanghelion

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ucetta Scaraffia, classe 1948, ha frequentato il movimento femminista prima che Dio parlasse al suo cuore mentre si occupava della vita di Rita da Cascia e Francesca Cabrini. Ha alle spalle una vita sentimentale che definisce “complicata”, eppure la sua idea sulla pastorale degli sposi divorziati e separati è molto chiara: «È giusto decidere caso per caso - afferma -, non con una norma generale». Sul ruolo delle donne nella Chiesa dice: «Penso che le donne debbano essere prese in considerazione, ascoltate: hanno molto da dire e da insegnare. Il colloquio con gli uomini deve essere paritario, non una complementarietà diseguale».

La sua mamma era una cattolica fervente, suo padre iscritto alla massoneria. Che infanzia ha avuto? «Vivevo alla periferia di Torino, la mia parrocchia era provvisoriamente situata in uno stanzone disadorno. Ho frequentato la Chiesa, ho fatto la comunione e la cresima come tutti i bambini allora facevano, ma senza una particolare partecipazione della mia famiglia. Ad eccezione di mia nonna, che credeva con intensità e che mi ha insegnato che la fede è una componente fondamentale della vita umana».

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Si è sposata giovanissima, a soli 23 anni. Il tribunale ecclesiastico ha riconosciuto la nullità di quel matrimonio. Ha avuto una figlia nata fuori dal matrimonio. Cosa pensa della questione degli sposi separati e divorziati? Quanto e in che modo l’esperienza può contribuire al dibattito? «Ho avuto una vita sentimentale complicata, come molte donne della mia generazione, che cercavano di uscire dagli schemi tradizionali. Credo che la Chiesa debba reinventare la pastorale matrimoniale, per far capire agli sposi la bellezza e la ricchezza della dottrina cristiana sul matrimonio. Per quanto riguarda la questione dei divorziati-risposati, penso intanto che quelli che desiderano avvicinarsi ai sacramenti non siano molti e che, come già avviene, sia giusto decidere caso per caso, non con una norma generale. Che del resto non potrebbe essere molto diversa da quella attuale, per non mettere in pericolo la certezza dell’indissolubilità del matrimonio, proclamata da Gesù stesso». Ha frequentato il movimento femminista, perché già al Liceo si è accorta che gli uomini avevano “diritto di parola” rispetto alle donne. Quando ha scoperto che Gesù è il primo femminista della storia?


LA BIOGRAFIA

«Molti anni più tardi, quando – da laica – ho cominciato ad occuparmi della santità femminile».

IL RUOLO DELLE DONNE La sua personale ricerca di Dio passa per lo studio di due sante (Rita da Cascia e Francesca Cabrini) e per la Chiesa di santa Maria in Trastevere. Dio parla al cuore di ciascuno con un linguaggio unico e personale. Con lei quali parole ha usato? «Mentre mi occupavo delle sante dal punto di vista storico scoprivo, nei loro scritti e nelle loro vicende biografiche, la forza della loro scelta verso Dio, e mi sentivo coinvolta personalmente. Mi colpì molto la lettura della biografia di Teresa d’Avila, poi scrissi la biografia di due sante molto diverse tra di loro, Rita da Cascia e Francesca Cabrini, e il loro esempio mi colpì tanto da riavvicinarmi alla fede. Dio avvicina ciascuno attraverso i linguaggi che gli sono più famigliari, e per me sicuramente era lo studio e la lettura». La presenza delle donne in Vaticano non è iniziata con l’era di Papa Francesco, come dimostra la sua stessa biografia. Quali passi sono stati fatti con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI? «Giovanni Paolo II aveva un rapporto libero e affettuoso con le donne, aveva amiche donne, e quando le vedeva le abbracciava senza imbarazzo. Con questo suo fare affettuoso e disinvolto segnò sicuramente un cambia-

Lucetta Scaraffia (Torino 1948) insegna Storia Contemporanea all’Università di Roma La Sapienza. Si è occupata soprattutto di storia delle donne e di storia del cristianesimo, con particolare attenzione alla religiosità femminile. Le sue opere più recenti: Due in una carne. Chiesa e sessualità nella storia, con M.Pelaja, Laterza 2008; Insieme con Marta Dell’Asta La vita in uno sguardo, Le vittime del Grande Terrore staliniano, Lindau, 2012. Ha scritto Per una storia dell’eugenetica. Il pericolo delle buone intenzioni, Morcelliana, 2012. È membro del Comitato nazionale di bioetica e Consultore del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione. Insieme con monsignor Thimoty Verdon e Andrea Gianni fa parte del direttivo dell’associazione Imago Veritatis - l’arte come via spirituale che ha organizzato la mostra presso la Venaria Reale (Torino) Il Volto e il corpo di Cristo. Ha scritto un saggio introduttivo in Invito alla lettura delle opera omnia di Benedetto XVI, Libreria Editrice Vaticana, 2010. La sua opera più recente è la cura e la scrittura di due saggi in La grande meretrice. Dieci luoghi comuni sulla storia della Chiesa, LEV, 2013. Collabora con l’Osservatore Romano - per cui coordina il mensile Donne, Chiesa, Mondo dal maggio 2012 -, con il “Foglio”, il “Sole24ore”, il “Messaggero” e diverse riviste.

mento. Poi è stata molto importante La Mulieris Dignitatem, che ha proposto un femminismo cattolico, fondato sulla complementarietà dei ruoli maschile e femminile. Peccato che non abbia avuto alcun effetto nella vita della Chiesa. È stata senza dubbio una grande occasione sprecata. Benedetto XVI era abituato a discutere con le donne e a considerarle pari dal punto di vista intellettuale, ed è stato lui a volere donne all’Osservatore Romano e ad accettare la nostra proposta di fare un Lucetta Scaraffia con Maria Voce

LA DONNA AIUTA A CRESCERE LA CHIESA

©SIF Loppiano

(…) senza un riconoscimento aperto del ruolo delle donne non si può sperare in quella Chiesa vitale e accogliente che Papa Francesco desidera, quella Chiesa che può di nuovo attirare i fedeli e scaldare loro il cuore. La donna, ha detto, “aiuta a crescere la Chiesa” perché è dal rapporto paritario e collaborativo fra donne e uomini che ha origine la fecondità. E se questo rapporto langue, non è vivo ed è rinnegato, come avviene oggi, la Chiesa non cresce. (Lucetta Scaraffia, L’Osservatore Romano, 17 agosto 2013)

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L’inserto curato da Lucetta Scaraffia insieme a Ritanna Armeri

mensile completamente dedicato alle donne che esce il 2 di ogni mese con il quotidiano: Donne, Chiesa, Mondo». In un suo editoriale per l’Osservatore Romano ha scritto che Papa Francesco chiede una nuova teologia per le donne. In un’intervista all’agenzia France Presse (due anni fa) ha detto che nella Chiesa c’è ancora tanta misoginia e che molti preti temono l’ingresso delle donne perché pensano di perdere parte del loro potere. Davvero è una lotta solo di potere? Perché nella Chiesa c’è ancora così poco spazio per loro? «Certo è anche una lotta di potere, ma è anche un attaccamento ad un passato che non fa i conti con le trasformazioni della società moderna. Oggi molte donne si allontanano dalla Chiesa proprio perché vedono tante donne che meritano trattate male, sottovalutate. E oggi una situazione simile non è più accettabile. Papa Francesco ha detto queste cose con grande chiarezza, e ha chiesto di approfondire la teologia della donna, per aiutare il cambiamento. A questo fine, per rispondere alla sua richiesta, abbiamo aggiunto una pagina teologica a Donne, Chiesa, Mondo a partire dal mese di gennaio». Nella stessa intervista lei dice che “la pedofilia è uno scandalo esclusivamente maschile”, aggiunge che le donne hanno un maggiore controllo e se avessimo avuto donne nei posti di responsabilità queste cose non sarebbero successe. Accuse pesanti. «In realtà poi ho saputo che ci sono anche stati casi soprattutto in Irlanda - di abusi commessi da religiose,

ma continuo a pensare che nella maggioranza le donne siano più attente ai bambini, più portate a proteggerli, e quindi a denunciare gli abusi se li temono o li vedono in atto. Con loro non può scattare nessuna forma di solidarietà». Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, in un’intervista su Città Nuova ha spiegato che la questione della scarsa presenza femminile nella Chiesa non si risolverà con l’assegnazione di qualche posto decisionale a due o tre donne, ma quando “tutta la compagine ecclesiale sarà disposta ad accogliere l’autorevolezza di persone di sesso femminile anche laddove si prendono le decisioni più importanti per la Chiesa”. Lei stessa ha scritto di essere sorpresa che nella formazione dei sacerdoti vi sia una così scarsa presenza femminile. Cosa possono insegnare le donne ad un prete in formazione? «Quello che dice Maria Voce è vero: finché le donne saranno solo delle eccezioni, la regola della loro esclusione non cambierà. Per questo penso sia molto importante che i futuri preti abbiano insegnanti donne, cioè non conoscano solo le suore che fanno i lavori domestici in seminario, ma anche donne autorevoli. Le donne, come insegnati, possono insegnare qualsiasi materia ai preti in formazione». Non le sembra che un’insistenza unilaterale sul ruolo della donna possa contribuire ad offuscare il ruolo della famiglia, fondata sull’unità uomo – donna, sulla unidualità, come la chiamava

PREMIO EUANGHELION LE NOVITÀ DELL’EDIZIONE 2014

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scegliere il vincitore della IX Edizione del Premio Euanghelion sono stati i lettori di Insieme, i follower di internet e la redazione della rivista tra una rosa di sei candidati. Molti i voti arrivati in redazione per Dino Boffo, direttore di TV2000 e Lucetta Scaraffia, editorialista dell’Os-

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servatore Romano che coordina, dal 2012, l’inserto Donne, Chiesa e Mondo. Per un impegno improrogabile del direttore Boffo, quest’anno avremo un solo premiato. Inoltre, per la prima volta dall’istituzione del Premio, il convegno si svolge di sabato mattina, per permettere a quanti la-

vorano di partecipare per ascoltare l’esperienza di una delle esponenti più importanti del panorama culturale italiano. L’appuntamento è per il 15 marzo, alle ore 10,00 presso la Sala Polifunzionale “Galleria Maiorino”, in via Matteotti a Nocera Inferiore.


IL FIGLIO PERFETTO Il figlio che viene al mondo dopo essere stato sottoposto a un controllo prenatale, che sa di essere stato accettato solo perché sano, come potrà avere poi la generosità di curare il genitore malato? La tentazione dell’eutanasia nasce da questa selezione originaria, cioè dal pensare il figlio come un prodotto che si vuole perfetto, e non come un nuovo membro della famiglia, che sarà comunque amato. (Lucetta Scaraffia, L’Osservatore Romano, 27 ottobre 2013)

Giovanni Paolo II? «No, penso solo che le donne debbano essere prese in considerazione, ascoltate: hanno molto da dire e da insegnare. Il colloquio con gli uomini deve essere paritario, non una complementarietà diseguale». Pensa sia possibile che Papa Francesco crei un organo di consultazione che annoveri tra i suoi membri uomini e donne? «Non so se è possibile, ma me lo auguro di tutto cuore!».

LA COLLABORAZIONE CON L’OSSERVATORE ROMANO Com’è nata la sua collaborazione con l’Osservatore Romano? «Conoscevo Gianmaria Vian da tanti anni, eravamo colleghi alla Sapienza, vicini di stanza. Due fra i pochi cattolici docenti di quell’Università. Quindi già abituati a collaborare. Molte altre collaboratrici o giornaliste dell’Osservatore vengono da lì». Dal 31 maggio del 2012 cura l’inserto “Donne, Chiesa, Mondo” che l’Osservatore dedica alle donne, per dare voce alla presenza femminile nella vita della Chiesa in tutto il mondo. Dopo un anno e mezzo, può tracciare un bilancio di questa esperienza editoriale? «È una bella fatica, che dà molte soddisfazioni. Molte donne, soprattutto religiose, ci scrivono per prendere contatto con noi e alcune ci hanno proposto testi molto belli che abbiamo pubblicato. C’è stata una grande risposta dal mondo religioso femminile, e molta curiosità ed entusiasmo dall’estero. In Italia, molto meno interesse, voi siete una bella eccezione». In questa avventura editoriale è affiancata da Ritanna Armeni, giornalista laica. Qual è il valore di questa collaborazione e quali frutti umani ha raccolto? «Ritanna è una donna molto vivace e intelligente, che

conosco da anni, molto rispettosa delle posizioni cattoliche, anche quando non le condivide. Lavoriamo insieme molto bene, c’è uno scambio intenso e una grande solidarietà». Donna, madre, moglie, professoressa associata di Storia Contemporanea alla Sapienza, collabora con i quotidiani Sole 24ore, Messaggero e l’Osservatore Romano, è membro del Comitato Nazionale di Bioetica, per non citare le sue numerose pubblicazioni. Dove trova il tempo per far fronte a tutti questi impegni? «Mi piace molto lavorare, faccio tutte cose che mi piacciono – anche la mamma e la moglie – e ho scoperto che, almeno fino ad un certo punto, se fai tante cose ne puoi fare altre ancora… impari a lavorare con grande intensità e velocemente». Si concludono così i diversi scambi epistolari con Lucetta. Sempre garbata, precisa, disponibile. Mi torna in mente un passaggio della Lettera apostolica Mulieris dignitatem: «La Chiesa ringrazia per tutte le manifestazioni del “genio” femminile apparse nel corso della storia (…), ringrazia per tutti i carismi che lo Spirito Santo elargisce alle donne nella storia del Popolo di Dio, per tutte le vittorie che essa deve alla loro fede, speranza e carità». Antonietta Abete

“Le donne hanno un ruolo fondamentale nel trasmettere la fede e costituiscono una forza quotidiana in una società che la porti avanti e la rinnovi. Non riduciamo l’impegno delle donne nella Chiesa, bensì promuoviamo il loro ruolo attivo nella comunità ecclesiale. Se la Chiesa perde le donne, nella sua dimensione totale e reale, la Chiesa rischia la sterilità”. (Papa Francesco, Brasile 27 luglio 2013)

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SCUOLA&UNIVERSITÀ di Martina Grimaldi

S.O.S. PAGELLE

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ria stanno per ricevere la loro pagella. olloqui “last minute”, interroEntro metà febbraio Per la compilazione dei giudizi un ruogazioni riparatrici, promesse e saranno pronte in tutte lo fondamentale è giocato dal “maestro buoni propositi per i mesi che prevalente” reintrodotto nel sistema verranno: sono questi i mezzi le scuole dell’ Agro, dai scolastico italiano dal ministro Gelmini con cui i ragazzi si avviano verso una piccoli delle primarie ai dal 2009. Il “maestro unico”, infatti, svolfrenetica fine del quadrimestre. Nel deragazzi delle superiori. ge il maggior numero di ore di lezione licato processo della valutazione i sognella stessa classe. Questo favorisce non getti sono due: gli insegnanti, mittenti Ansia e curiosità, solo una reciproca e approfondita codi un chiaro messaggio di analisi indivisoddisfazione e sorpresa noscenza tra bambini e insegnante, ma duale, e i loro destinatari, gli alunni e le saranno sublimate in offre anche la possibilità di giudicare in famiglie. Una buona sinergia tra questi maniera più obiettiva. Alla scuola prisoggetti aiuta ad accogliere nel miglior quell’ unica “sentenza” maria l’approccio del bambino al voto modo possibile il messaggio che i doche prende il nome cambia di anno in anno, fino a quando centi comunicano tramite le loro valul’alunno diventa abbastanza maturo per tazioni. In questo modo le pagelle non di “pagella” interpretare il simbolo decimale come il sono più viste come una mera analisi risultato raggiunto con le proprie capadella performance cognitiva dell’alunno, cità. I genitori sono sempre aperti a ricevere giudizi e consigli ma come un vero e proprio momento di “crescita formativa”. che gli insegnanti hanno il dovere di offrire con delicatezza, Abbiamo incontrato professori, alunni e genitori dell’Agro oggettività e garbo. nocerino-sarnese per stilare, con il loro aiuto, un quadro comLa scuola secondaria di primo grado. Alcune docenti della plessivo sull’andamento dei ragazzi che, nei prossimi giorni, scuola secondaria di primo grado affermano che l’aspetto più riceveranno le tante temute pagelle di fine quadrimestre. complesso di una valutazione è quello di raggiungere lo scoLa valutazione nella scuola dell’infanzia. Niente pagelle o po della chiarezza e dell’obiettività, servendosi unicamente di giudizi periodici per i bambini della scuola dell’infanzia. Le insimboli numerici. Sebbene il voto decimale è più funzionale e segnanti interagiscono quotidianamente con le famiglie dei preciso del classico “voto-giudizio”, un numero resta pur sempiccoli alunni, informandoli della crescita o anche delle propre qualcosa di estremamente relativo: queste valutazioni, blematiche che potrebbero presentare i bambini durante i pritalvolta, non dicono nulla sulla realtà del lavoro realizzato e mi passi del loro percorso didattico. Oggi i genitori dei piccoli sugli ostacoli incontrati dagli alunni. Inoltre, una particolare alunni sono sempre più pronti a prendere provvedimenti temattenzione è data dai docenti al voto di condotta. I ragazzi, in pestivi qualora il bambino mostri la necessità di bisogni eduun periodo burrascoso come la preadolescenza, sono tenuti a cativi speciali. È per questo motivo che parole come “ logopemantenere un comportamento non solo educato, ma anche dia”, “disturbi psicomotori”e “iperattività” non spaventano più rispettoso verso i compagni, i professori, l’ambiente. Il voto mamma e papà che, nei giudizi e negli incoraggiamenti delle di condotta ci ricorda che la scuola non dovrebbe essere solo insegnanti, talvolta trovano la forza necessaria per tendere la una palestra in cui allenare le proprie competenze didattiche, mano ai propri figli e con loro proseguire un sano percorso ma anche un luogo ove imparare ad essere buoni e onesti citdidattico. tadini della società. La scuola primaria. Anche i piccoli alunni della scuola prima-

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Fare il giornale nelle scuole XI edizione del Concorso promosso dal Consiglio Nazionale dell’Ordine del Giornalisti I vincitori della scorsa edizione: in alto i ragazzi del Liceo “Tito Lucrezio Caro” di Sarno, in basso giovani studenti della scuola media “Solimena” di Nocera Inferiore

Troppe distrazioni per i ragazzi della scuola secondaria di II grado. I ragazzi crescono e con essi la loro voglia di evadere da schemi prestabiliti e di ribellarsi a qualsiasi forma di giudizio che possa intaccare la loro, già troppo fragile, autostima. È per questa ragione che i professori delle scuole superiori hanno il delicato compito di elaborare delle valutazioni ponderate e chiare, che possano essere interpretate dagli studenti come stimoli per continuare costantemente a migliorarsi. Oggi, però, alcuni professori sostengono che i ragazzi di anno in anno peggiorano, non per le loro capacità intellettive, quanto piuttosto per l’impegno e l’amore che riversano nelle loro attività didattiche: le troppe distrazioni e una società che offre poche

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l Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha pubblicato il bando della XI edizione del Concorso Fare il giornale nelle scuole. L’obiettivo del Premio è quello di avvicinare i giovani al mondo dell’informazione e della comunicazione, nella convinzione che la professione giornalistica sia il frutto di una forte passione che si deve coniugare necessariamente con una solida formazione culturale. Il Concorso premia ogni anno i migliori giornali realizzati dagli studenti delle scuole di ogni ordine e grado (infanzia, primarie, secondarie di primo e secondo grado) e le scuole italiane all’estero. Sono previste due sezioni: la prima per giornali a stampa, la seconda per giornali video e on-line. Per partecipare al Concorso occorre spedire, alla segreteria del Premio - entro il 15 febbraio 2014 - copia dei giornali pubblicati nell’anno scolastico 2012/2013, allegando la scheda di partecipazione stampata, dopo averla compilata e registrata on-line. Per maggiori informazioni: Tel. 06 68623; odg@odg.it

IL PREMIO EUROPEO ARDESIS

prospettive per il futuro rendono i ragazzi sempre più demotivati e incapaci di “mettersi in gioco” con grinta. Diminuisce la sana competizione tra i banchi di scuola e molte classi risultano “appiattite” su uno sterile livello di mediocrità. Tuttavia gli insegnanti sono fiduciosi, sostenendo che delle buone valutazioni possono ancora alimentare, nelle loro classi, il desiderio di apprendere e migliorare: solo così un ragazzo potrà sentirsi parte in causa nel suo progetto di apprendimento e ritrovare la forza di credere nelle sue potenzialità.

Lo scorso mese abbiamo raccontato l’avventura dei piccoli campioni all’Istituto Comprensivo “Antonio D’Avino” di Striano che si sono guadagnati il secondo posto al premio europeo Ardedis. Un particolare ringraziamento va alla dirigente scolastica dottoressa Bianca Maria Di Ruocco che ha sostenuto e supportato i ragazzi in questa bellissima esperienza, coordinando il lavoro degli insegnanti e dei giovani allievi. Raffaele Massa

Se “valutare” vuol dire “dar valore” a qualcuno, la verifica del raggiungimento degli obiettivi risulta pedagogicamente indispensabile e necessaria allo sviluppo, anche psicologico, degli alunni. Insegnanti, genitori e ragazzi, però non devono mai dimenticare che un voto è semplicemente un numero decimale che giudica un andamento scolastico, e mai la sfera personale di un individuo poiché, come affermato dal filosofo francese Bergson, Nessuna misura è possibile per ciò che riguarda il valore degli esseri umani. Martina Grimaldi

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SCUOLA&UNIVERSITÀ &UNIVERSITÀ IN-CANTO

a cura di Mariarosaria Petti

Questo mese vi proponiamo l’opera Il vecchio chitarrista cieco (The Art Institute di Chicago, 1903) di Picasso insieme allo stralcio della canzone Cristoforo Colombo di Francesco Guccini

Studente, moderno Cristoforo Colombo

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asta un semplice sguardo sulla realtà che ci circonda per capire che la situazione che viviamo noi giovani è poco florida e connotata da un forte senso di rifiuto verso la società e verso chi ci governa. È pur vero che la nostra età è caratterizzata da una marcata voglia di vivere, di sognare e di ancorarci alle cose che ci rendono felici, proprio come Il vecchio chitarrista cieco di Picasso. L’uomo travolto dall’inesorabile trascorrere del tempo, circondato da un mondo cupo e avverso, abbraccia l’unico strumento che dona gioia e colore alla sua vita: anche noi studenti ci avvinghiamo ai volumi infiniti da studiare, sperando che un giorno possano trovare rilievo pratico. La giurisprudenza, materia che studio, impronta la sua ricerca al diritto e ciò che è giusto. Non posso non domandarmi cosa sia giusto in questo mondo. Vivo la mia esperienza di studio come un grande calvario, in quanto i miei sforzi e il mio impegno non vengono né riconosciuti, né gratificati. In un ateneo costituito da migliaia di studenti, sento che la mia identità di persona sia stata sostituita dalle cifre del mio numero di matricola. Ed è proprio lungo questa continua salita che ho sperimentato nella mia vita l’amore di Dio: senza fede, non riuscirei mai a trovare la forza di vivere le mie giornate con un sorriso. Sono cresciuta in una famiglia cristiana e numerosa, sono infatti primogenita di sei figli, ed essa mi ha insegnato ad avere un dialogo con Dio, essendo Lui l’unico che comprende le mie diffi-

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«È da un mese che naviga a vuoto quell’Atlantico amaro, ma continua a puntare l’ignoto con lo sguardo corsaro; sarà forse un’assurda battaglia ma ignorare non puoi che l’Assurdo ci sfida per spingerci ad essere fieri di noi». Cristoforo Colombo Francesco Guccini

Teresa Peluso: è nata il 4 febbraio 1991, frequenta la Facoltà di Giurisprudenza all’Università di Napoli, Federico II. È nata in una famiglia italo inglese e numerosa: è primogenita di sei figli. Da otto anni ha scelto il Cammino Neocatecumenale per vivere la sua fede, seguendo le orme della famiglia. La sua parrocchia è S. Antonio da Padova a Poggiomarino.

coltà. Io, come tanti altri giovani, sono alla continua ricerca di qualcosa che possa garantirmi una certa stabilità in un futuro ignoto e misterioso, per dirla con Guccini, noi studenti siamo un po’ tutti dei Cristoforo Colombo. Forse non faremo grandi scoperte, ma sicuramente siamo colmi di entusiasmo e sete di conoscenza e sono più che certa che Dio ripagherà i nostri sacrifici. Perché in questo oceano di incertezze, l’unica vera sicurezza è il Suo amore. Teresa Peluso


VITA NELL’AGRO a cura di Salvatore D’Angelo

I Vescovi della Campania intervengono sul problema “terra dei fuochi”. In una lettera appello l’angoscia dei Pastori delle diocesi campane affinché si evitino situazioni analoghe

UN DRAMMA UMANITARIO

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hiedono che si accendano i riflettori su un dramma umano, sociale e ambientale che da tempo si sta cercando di mettere in evidenza. I Vescovi della Campania intervengono sul tema “terra dei fuochi”. Un problema non solo legato al futuro del lembo di terra tra la provincia di Napoli e Caserta. Si tratta di un interrogativo che tocca tutti, perché in ogni angolo della regione, così come in tanti altri territori d’Italia, si cela un misfatto. «Il disastro ambientale che denunciammo circa un anno fa si è trasformato in un vero dramma umanitario» scrivono i Vescovi, i quali evidenziano come questo dato sia avvalorato dall’aumento di tumori: «Il tasso di patologie tumorali, secondo alcuni, è più alto che in altre parti d’Italia». I Vescovi campani riuniti nella sede della Conferenza episcopale campana di Pompei

La Chiesa della Campania si fa così interprete dell’angoscia dei 5 milioni 955 mila cittadini che popolano questo territorio. Si solleva il velo da un problema conosciuto, ma per lungo tempo sottaciuto finanche dalle Istituzioni centrali. «Non abbiamo competenza per dare suggerimenti e indicazioni, ma nella nostra azione pastorale – scrivono i Vescovi – siamo pronti ad affiancare e a sostenere tutti gli uomini di buona volontà, facendoci interpreti dell’angoscia, delle attese e dei diritti di quelli che sono più deboli e indifesi, di quelli che non riescono a far sentire la propria voce e il loro pianto». Pronti, dunque, a sostenere quanti si impegneranno per la salvaguardia dell’ambiente e della salute dei campani. Occorre, tuttavia, un maggiore risveglio delle co-

scienze che non presti il fianco ad alcuna strumentalizzazione. «Durante questi mesi – continua la lettera firmata dal Cardinale Crescenzio Sepe e da tutti i Vescovi della Conferenza – responsabile e costante è stata l’attenzione e apprensione espresse dall’Episcopato e dalla Chiesa della Campania, spiritualmente e umanamente vicine a chi è stato colpito negli affetti più cari, ma anche discretamente accanto ai tanti che si sono fatti testimoni del meraviglioso risveglio delle coscienze e di un ammirevole senso civico». Una dura presa di posizione anche nei confronti di quanti in passato hanno solo speculato: «I Vescovi della Chiesa che è in Campania, nel rinnovare la più ferma condanna del tanto male provocato dalle forze del malaffare, esprimono profondi sentimenti di vicinanza e di sostegno alle tante famiglie colpite dalla incredibile tragedia provocata a una parte del territorio regionale ed auspicano che il percorso avviato dalle istituzioni pubbliche possa proseguire rapidamente ed efficacemente, affinché torni serenità nelle comunità coinvolte». Un monito per tutti i cittadini: occorre tenere alta l’attenzione per evitare che in futuro possano esserci nuove e, per quanto possibile, più disastrose “terre dei fuochi”. Salvatore D’Angelo

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REDAZIONALE A CURA DELLA CASA ALBERGO PER ANZIANI “SANTA RITA”

N & N… Nonni e Nipoti sulla stessa frequenza

Il simpatico coro di nonni e bambini

Nella Casa albergo per anziani “Santa Rita” un progetto per ricercare nuove strade per conciliare il valore della continuità familiare con l’atmosfera natalizia e favorire la “migliore qualità di vita possibile”

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er un Natale speciale, “Nonni e nipoti sulla stessa frequenza” alla Casa albergo per anziani “Santa Rita”. L’iniziativa, realizzata nella struttura di via Isonzo con la fattiva partecipazione del Terzo Circolo di Sarno, diretto dalla professoressa Virginia Villani, e il coordinamento del maestro Micky Milone, è stata incentrata sull’incontro tra gli ospiti della Casa albergo e più di trenta alunni della scuola elementare accompagnati dai loro nonni. I bambini, con l’aiuto degli insegnanti, hanno allestito un coro che ha proposto

un repertorio di canti coinvolgenti, con ritmi e suoni squisitamente natalizi fino alle canzoni napoletane classiche. Le voci dei bambini, toccanti e dolci, hanno attratto i nonni ed “i giovani anziani” della struttura che non hanno resistito all’impulso di intrufolarsi nel candido coro per cantare insieme ai più piccoli. Gli insegnanti e gli operatori della Casa albergo, stupiti da tanta complicità, hanno messo da parte scaletta e spartiti per godersi l’emozionante momento. La gioia negli occhi dei bambini si rifletteva in quelli dei nonni presenti in sala. Si è creato un insieme davvero toccante

La Befana con due ospiti della Casa albergo “Santa Rita”

ARRIVA LA BEFANA

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Epifania tutte le feste le porta via, ma di certo non l’allegria e la serenità, che oramai sono residenti stabilmente presso la Casa Albergo per anziani “Santa Rita”. Lo scorso 6 gennaio, la Befana non ha dimenticato di far tappa a Sarno, nella struttura di via Isonzo. La simpatica incursione è stata solo uno dei tanti eventi natalizi. La mattinata del 6 gennaio è stata animata con canti, giochi e la consegna di calze colme di caramelle e dolciumi. La

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per semplicità e comunione di intenti, un tutt’uno che solo la magia della musica può realizzare. Ma la tradizione delle feste alla Casa Albergo prevede sempre un rigenerante ricco buffet, così mentre i meno giovani riposavano le corde vocali i bambini si divertivano con un gruppo di animatori. La mattinata si è conclusa con l’arrivo di Babbo Natale che ha portato a tutti dolci e leccornie varie. Il successo dell’iniziativa ha convinto i gestori della Casa Albergo ad istituzionalizzare l’evento con la programmazione di incontri musicali periodici.

Befana per questa visita ha voluto come sottofondo musicale un assolo di violino che ha contribuito a rendere l’atmosfera magica. L’iniziativa si è conclusa tra la gioia e la commozione degli ospiti, abituati a dover provvedere alla confezione della calza. Questa volta, invece, sono stati loro dalla parte di chi le “coccole” le riceve. L’ennesima magia che solo la Casa Albergo per anziani “Santa Rita” sa donare ai propri ospiti.

Casa albergo per anziani “Santa Rita”, Via Isonzo, 22 – Sarno (SA) Tel. 0815136548 - info@albergosantarita.it - www.albergosantarita.it


Festa della vita Si è ripetuta la messa organizzata dalla famiglia TIN di Nocera Inferiore per ricordare i bambini morti prematuramente e ringraziare per quanti nonostante le complicanze ce l’hanno fatta

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torie di vita alla Terapia intensiva neonatale. La messa natalizia per ricordare gli angeli volati in Cielo troppo presto, perché nati prematuri o con rare patologie, si trasforma sempre in un momento di ringraziamento per tutti quei frugoletti che venuti al mondo con complicanze sono riusciti a sopravvivere. Una festa per loro e le loro famiglie che si ripete dal 2006, quando la famiglia TIN – medici, infermieri, genitori di altri prematuri – volle ricordare la piccola Cristina, nata con gravi malformazioni e morta senza che la mamma e il papà l’avessero riconosciuta. Da allora e ogni anno ci si ritrova insieme per dire grazie. È avvenuto anche lo scorso 21 dicembre per ricordare Cristina, Elena, Paolo, Pietro, Giada, Melissa, Manuel, gli angioletti che ora fanno festa con il Signore, e lodare per la vita di quanti possono godere dell’abbraccio amorevole di mamma e papà. Ogni anno che passa la cappella dell’ospedale “Umberto I” sembra diventare più piccola. C’è sempre più gente. Le famiglie dei bambini prematuri e quelle dei bimbi nati senza problemi partecipano con gioia alla celebrazione. A sentire alcuni di loro, “Natale non arriva se non si partecipa a questa messa”. Anche il territorio, grato per il lavoro degli operatori sanitari, sente forte questa celebrazione e partecipa con entusiasmo. Immancabile la presenza del coro “Mimmo Buonagura”, quella della Fraternità di Emmaus e delle Comunità neocatecumenali della parrocchia sant’Antonio

insieme Mensile di attualità e cultura dell’Agro Espressione della comunità ecclesiale nocerino-sarnese Registrato presso il Tribunale di Nocera Inferiore n. 624/06 del 16 giugno 2006. Iscritto al R.O.C. n. 14248 dal 28/07/06.

Direttore Editoriale Silvio Longobardi

di Poggiomarino, dell’associazione Misericordia di Poggiomarino, come la partecipazione dell’AVO. Suoni, canti, voci di bimbi, preghiere intrise di fede, commozione e vita vissuta, la presenza dei re magi, tutto si fonde in una unica lode. «Ci ritroviamo in tanti a far festa insieme – ha detto il cappellano padre Raffaele Bufano – per dire il nostro grazie al Signore che ha riacceso l’amore e la speranza. L’attesa della Chiesa – ha sottolineato – è la stessa che si percepisce ogni giorno in questo reparto dove ci si prende cura dei piccolissimi che lottano per la vita». Protagonisti della celebrazione sono i bambini, ma anche le testimonianze dei genitori. Una bella esperienza di vita è stata quella di Edwige, giovane mamma in attesa di trapianto ai reni. Ha fortemente voluto Giovanni, nonostante i suoi problemi. È stato proprio il contatto con il figlio, quando i medici gliel’hanno portato perché credevano non potesse farcela, a darle la forza di continuare a lottare. Finita la messa, non è finita la festa. Per un giorno l’atrio dell’ospedale, dove si incrociano quotidianamente sofferenze e storie di vita, si trasforma in una mega sala giochi dove la speranza di un futuro migliore diventa concretezza nei volti sorridenti e spensierati dei bambini. Maria Bonfiglio Salvatore D’Angelo

melinda Di Lieto, don Natalino Gentile, Rosario Scoppa, Raffaele Massa, Giovanna Vincenti, Antonella Salvati, Marianna Vergati, Valeria Fedele, Alfonsina Vicidomini,

Redazione Salvatore D’Angelo, Martina Grimaldi Mariarosaria Petti

Annateresa Scarpa, Francesco Coppola, Fabio Senatore, Fabio De Simone, Susy Ferrentino, Barbara Senatore, Maria Lamberti, Dilia Rea, Mariano Rotondo, Peppe Ian-

Editore Associazione Editrice Insieme Luciano Vastola (presidente)

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Faiella, don Antonio Cuomo, Lavinia Bassano, Donatella Salvati, Maria Bonfiglio, Andrea Pappacena, Maria Er-

Questo numero è stato chiuso in redazione lunedì 27 gennaio 2014 “Questo periodico è aperto a quanti desiderino collaborarvi ai sensi dell’art. 21 della Costituzione della Repubblica italiana che così dispone: “Tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni mezzo di diffusione”. La pubblicazione degli scritti è subordinata all’insindacabile giudizio della Redazione; in ogni caso, non costituisce alcun rapporto di collaborazione con la testata e, quindi, deve intendersi prestata a titolo gratuito. Notizie, articoli, fotografie, composizioni artistiche e materiali redazionali inviati al giornale, anche se non pubblicati, non vengono restituiti”. Le foto, salvo diversa indicazione, sono dell’Archivio Insieme


I NOSTRI LETTORI CI SCRIVONO Il piccolo Emilio

Miracolo d’amore Due genitori scrivono al figlio Emilio, nato il primo gennaio di quest’anno. Il bambino è il primo maschietto nato nell’Agro. Mamma e papà gli augurano di essere «fonte instancabile di speranza per il prossimo» Caro piccolo Emilio, benvenuto al mondo! Sei arrivato qualche giorno in anticipo, nello stupore generale. Il primo fiocco azzurro dell’Agro nocerino sarnese. Alle 9:54 del primo gennaio 2014 abbiamo udito in sala operatoria il tuo primo vagito, mentre mille emozioni pervadevano i nostri cuori e con gli occhi colmi di gioia il papà rincuorava lo sguardo della mamma. Sei nato lo stesso giorno in cui, esattamente 78 anni fa, è nato tuo nonno Emilio. Una gioia in più, per rendere ancora più indimenticabile una data, un giorno che rimarrà per sempre scolpito nella nostra memoria. È il giorno dedicato a Maria, Madre nostra e Madre della Chiesa. A Lei, mamma e papà, hanno affidato la propria storia d’amore. Davanti a Dio e a Lei, il 6 aprile 2013, abbiamo detto il nostro sì, per sempre. Coronando il sogno di ogni famiglia felice. E oggi che da poche settimane siamo diventati anche genitori, la preghiera e il ringraziamento sgorga ancora più incessante dal profondo dei nostri cuori. Perché la tua vita è un dono inestimabile e la tua presenza è il frutto del grande amore di Dio per noi. Mamma Bianca e papà Salvatore ne sono consapevoli, ed è per questo che ti affidano a Lui. Affronterai insidie e asperità ma noi ti resteremo accanto,

pronti a tenderti la mano. E nella fede diventerai un uomo, capace di diventare simbolo vivente della Sua presenza e raccontare storie di pace ai duri di cuore. Un’anima pura, in grado di battersi per i valori sani della vita e costruire il proprio domani senza paure. Affidandoti a Maria, dolcissima Madre nostra, tu possa vivere in un mondo migliore, contribuendo a curarlo e migliorarlo, con tutti gli strumenti che Dio ti donerà. Rimanendo nobile nei sentimenti, saldo nella fede e forte nella paura, potrai permetterti di sognare ancora e di essere fonte instancabile di speranza per il tuo prossimo. È l’augurio più bello che mamma e papà insieme vogliono farti oggi, ancora piccolo e fragile ma pronto a crescere nell’amore e con amore. Ed è un augurio che si estende a tutte le famiglie, giovani e meno giovani, dell’Agro. Apriamo i nostri cuori alla speranza. Andiamo insieme verso un altro anno, imparando ad accudirlo e amarlo. Così come un neonato bisognoso di cure. Solo così vivremo il nostro tempo nella gioia, e dedicheremo la nostra vita all’essenziale. Buona vita, piccolo Emilio, miracolo d’amore. Mamma e papà

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CIRCUMVESUVIANA, le stazioni dell’Agro rischiano la chiusura

di Mariano Rotondo*

In bilico la tratta Poggiomarino-Sarno. Troppi disagi, via libera ai servizi bus delle compagnie private

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eno di quaranta motrici disponibili sulle 144 totali del parco treni, disagi cronici e la possibilità non troppo remota di vedere “tagliata” la tratta da Poggiomarino a Sarno. Insomma, il crac della Circumvesuviana si ripercuote pesantemente sull’area dell’Agro, che rischia di perdere il solo servizio di trasporto su ferro per alcuni dei comuni già malamente collegati all’interno della rete regionale. Se per Poggiomarino, infatti, i problemi restano quelli degli ultimi due anni, a gridare battaglia sono particolarmente Striano, San Valentino Torio e Sarno. L’eventuale stop della linea Sarno, infatti, escluderebbe del tutto un’intera porzione di territorio. La paura resta, malgrado le rassicurazioni dell’Eav, l’azienda che controlla Circumvesuviana, e di Palazzo Santa Lucia. Nelle città coinvolte si stanno organizzando movimenti e comitati civici per impedire l’ennesimo scempio della storica Circum. Anche i sindaci si stanno muovendo, chiedendo riunioni in assessorato ed inviando lettere infuocate per “spezzare” quelli che sono i drammi quotidiani vissuti dai pendolari. Dunque, mentre il taglio della linea resta per ora un’ipotesi, i disservizi sono invece un’amara realtà. Nelle comunità “ferite” dall’Eav, infat-

ti, si sta cercando già da qualche mese di correre ai ripari, trovando e realizzando strade alternative per raggiungere Napoli dove grossa parte degli utenti è diretta per lavoro o per studio. Compagnie private, incentivate dalle amministrazioni, hanno messo in piedi servizi di autobus che conducono quotidianamente nel capoluogo. In vendita ci sono abbonamenti e biglietti, talvolta persino economicamente più convenienti del ticket “Unico”. E non fa nulla se su gomma c’è sempre il pericolo di incontrare code ed impedimenti, poiché per la Circumvesuviana l’inconveniente ed il ritardo sono ormai all’ordine del giorno. Naturalmente la violenta involuzione per la Circumvesuviana è un

ostacolo pure i pendolari di San Marzano sul Sarno e di altre città dell’area, che in pochi minuti riuscivano a raggiungere le stazioni più vicine per salire a bordo dei vagoni. Un problema che si allarga quindi a macchia d’olio toccando i caratteri dell’emergenza sociale non soltanto a Napoli e nel Vesuviano. Intanto l’assessore regionale ai Trasporti, Sergio Vetrella, ha promesso un rilancio entro il 2014: «Ci sono risorse e Piano di restyling, ripareremo i treni guasti e ripristineremo dignitosamente le linee». Però, al momento, la Circumvesuviana resta un inferno, secondo molti “la peggiore ferrovia d’Italia”. *direttore de Il Fatto Vesuviano

FONDI PER L’INFORMAGIOVANI Si chiama “Ho voglia di… lavorare!” il progetto dei punti Informagiovani dei Comuni di Poggiomarino, Striano, Ottaviano e San Gennaro Vesuviano ammesso ad un finanziamento regionale di 47mila euro. L’iniziativa si articola in tre fasi che prevedono, tra l’altro, anche una serie di workshop in collaborazione con l’Osservatorio per le politiche giovanili dell’Università di Salerno.

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Dove non arrivano i giornali Lettera aperta di padre Alex Zanotelli ai giornalisti affinché diano voce e spazio ai drammi dimenticati vissuti in tanti Paesi dove a regnare è la povertà e la solitudine

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a preso carta e penna ed ha scritto ai giornalisti per sollevare il velo su tanti drammi dimenticati. Il missionario comboniano padre Alex zanotelli, leader della battaglia contro la privatizzazione dell’acqua, questa volta chiede agli operatori della comunicazione di aprire i propri orizzonti. «Ti scrivo solo per chiederti di mettere qualche “sassolino” nell’ingranaggio dell’informazione, facendo passare qualche notizia in più sui drammi dei più poveri, soprattutto del sud del mondo. Come missionario sono profondamente indignato per il pochissimo spazio dato alle gravi crisi che attanagliano il sud del mondo, in particolare dell’Africa, il con-

tinente più vicino a noi». Padre Zanotelli fa un vero e proprio elenco: dal Sud Sudan, con migliaia di morti e centinaia di migliaia di rifugiati, alla Repubblica Centrafricana, dove si è innescata una guerra fratricida. «Siamo di fronte a immensi drammi umani e tutto questo in un incredibile silenzio stampa. Caro giornalista – continua il missionario –, mi appello a te, alla tua umanità, perché tu possa darci una mano a far conoscere il grido di dolore di tanti uomini, donne e bambini». Insieme, nel suo piccolo, ce la mette tutta dando voce a quanti dalla nostra Diocesi decidono di vivere e sposare iniziative di pace e solidarietà. Salvatore D’Angelo

Angri a teatro Al Santa Caterina la terza edizione della rassegna che vede esibirsi compagnie e attori angresi. Appuntamento tutte le domeniche alle ore 18:00

Peppe Lanzetta

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l teatro è di casa ad Angri. Sul palco dell’oratorio Santa Caterina va in scena la terza edizione della rassegna teatrale “Angri a Teatro”. L’evento, promosso dal Centro iniziative culturali e dalla Compagnia teatrale “Anziteatro”, vede esibirsi attori amatoriali e professionisti angresi. Ad aprire le danze è stato, lo scorso 5 gennaio, Peppe Lanzetta. Gli spettacoli proseguono fino all’8 giugno. Quelli in cartellone a febbraio sono: il 16 Luigi Grimaldi con “Bianchi colombi”; il 23 la Compagnia Arabesco con “La commedia di Zeza”. Il 2 marzo è la volta del gruppo Teatri di popoli con “Amleto”, il 16 la compagnia Anziteatro porta in scena “Ferdinando”, il 30 spazio al Teatro

Padre Alex Zanotelli

Grimaldello con “Scoppiato amore”. Tre le date fissate ad aprile: il 6 Nunzio Milo con “Le classiche napoletane e non solo”; il 13 artisti vari per lo spettacolo “Meglio soli, o… bene accompagnati”; il 27 Alfonso Sessa porta in scena “Capuzzelle, ovvero l’invenzione del Purgatorio”, che lo vede anche alla regia. Anche a maggio tre spettacoli: il 4 la Compagnia Il Ponte con “La Venere misteriosa”; l’11 Napulitanamente porta in scena “Napule… un’anima… ciente facce”; il 25 andrà in scena “Lo schiaccianoci” ad opera di Palco 11Zero8. Due, invece, gli appuntamenti a giugno: l’1 Domenico Ingenito si esibirà con “La medusa” e l’8 la Compagnia Anziteatro chiuderà con lo spettacolo “A paura ce fotte”.


...sì lo voglio!

Una luna di miele fantastica A colloquio con l’esperta Antonella Chessa, che ci consiglia come organizzare il viaggio di nozze perfetto

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a crociera resta il must delle lune di miele, incalzata dal tour degli Stati Uniti. Ma oggi recuperano terreno i paesi orientali, il fascino di quelle mete intriga specialmente chi può concedersi un investimento maggiore e qualche giorno di ferie in più. Anche i viaggi di nozze, comunque, scontano la crisi economica. Per l’agente di viaggio Antonella Chessa non bisogna disperare, si può fare una bella luna di miele senza spendere tanto, la cosa importante è «prenotare in largo anticipo facendosi consigliare da un esperto la soluzione migliore». Poi, se proprio si vuole osare, si può sempre pensare di inserirla nella lista di nozze chissà che gli amici o qualche parente non decida di contribuire al “viaggio della vita”. Antonella esiste il viaggio di nozze low cost? Sì, occorre sfruttare soluzioni con voli charter. Ci sono tante offerte, per esempio, per le Canarie, l’Egitto o la Tunisia che offrono al cliente soggiorni di ottima qualità con costi accessibili.

luna di miele da sogno tra sfarzo e lusso? Per fortuna ancora sì, anche se si tratta di eccezioni. Così come tanti clienti fai da te, ci sono delle persone che si fidano delle agenzie dandoci l’opportunità di poterli consigliare al meglio. In questi casi ci sono margini di manovra più ampi e professionalmente ti impegni al massimo per riuscire a regalare un viaggio magico a chi crede ancora che i sogni possono diventare realtà. È in questi casi, per esempio, che entrano in scena le mete orientali. E allora si vola in Giappone e in Cina, piuttosto che in Thailandia o nei caldi Emirati Arabi dove il lusso non è affatto un optional. Insomma, gli sposi non rinunciano a rilassarsi dopo i lunghi preparativi e la “faticosa” festa di nozze. Quindi, che ci sia bisogno di una nave o di un aereo per raggiungere la meta desiderata, l’importante è che la luna di miele resti indimenticabile per l’amore che i due sposi si sono donati.

Quali sono le tendenze 2014? Oltre al classico e mai tramontato viaggio in America, c’è da anni un boom delle crociere, ma devo ammettere che il 2014 mi stupisce perché apre un varco verso l’Oriente. Resiste quindi la tradizione? La crociera non tramonta mai perché riesce a combinare il lusso di una nave con la possibilità di un viaggio itinerante tra Africa ed Europa. E poi non bisogna dimenticare che ancora tante persone hanno paura di volare. Attenzione al fai da te? La crisi ha colpito tantissimo il settore, ripercuotendosi in maniera negativa sull’offerta. L’unica cosa che conta oggi è il prezzo, mettendo da parte i consigli di persone esperte che fanno questo lavoro da tantissimi anni. Questo percorso può anche riservare spiacevoli sorprese. Altro che luna di miele!

Salvatore D’Angelo L’agente di viaggio Antonella Chessa

TURISMO SOLIDALE

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erchi un viaggio di nozze alternativo? Ci sono le proposte solidali. In Europa è possibile visitare Paesi come la Bosnia, l’Albania e la Bulgaria. In Africa si può visitare l’Algeria, il Benin, il Burkina Faso e il Madagascar. Una viaggio per conoscere da vicino realtà povere e partecipare direttamente alle iniziative di solidarietà portate avanti in quei luoghi. C’è, poi, anche la luna di miele solidale: senza costi aggiuntivi rispetto al tradizionale viaggio di nozze consente agli sposi, senza rinunciare a nulla, di sostenere un progetto benefico nel mondo.

Anche se inaccessibile, c’è chi fa di tutto pur di concedersi una

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Foto Salvatore Alfano

VITA ECCLESIALE

L’INTERVISTA

L’umiltà di Francesco

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o ha conosciuto quando era arcivescovo della metropoli argentina, poi da cardinale che si preparava al conclave e, oggi, come Papa. Il protagonista di questa intervista, padre Raniero Cantalamessa, ha seguito e vissuto tutte le tappe di papa Francesco. La sua fama di eccellente e carismatico predicatore era nota anche oltre Oceano, per questo il cardinale Bergoglio lo volle a Buenos Aires perché predicasse gli esercizi spirituali al suo clero: «In quella occasione – racconta – mi impressionò la sua capacità di stare in disparte, nessuno avrebbe detto che era la personalità più importante. È una persona di grande umiltà». Un altro incontro ci fu in occasione del conclave, quando padre Cantalamessa tenne due meditazioni ai cardinali riuniti nelle congregazioni che precedono l’elezione del nuovo Pontefice. Oggi, con Papa Francesco il religioso cappuccino ha un rapporto di collaborazione diretta perché confermato quale Predicatore della Casa Pontificia. Incontriamo il religioso al santuario del Getsemani, a Paestum, ha da poco finito di predicare gli esercizi spirituali al clero della nostra Diocesi. È evidente che nei quattro giorni di meditazioni si è speso tantissimo per donare ai

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Padre Raniero Cantalamessa racconta la grande «umiltà» dell’Arcivescovo di Buenos Aires diventato Vescovo di Roma. Un uomo di Chiesa che sta rivoluzionando il mondo con lo stile del poverello di Assisi sacerdoti parole sapienti. Un’agenda fitta la sua. Appena concluso questo impegno, lo attendeva un incontro a Bari e poi la preparazione delle meditazioni di Avvento per il Santo Padre. «Parlerò per la prima volta di San Francesco, mettendo in evidenza quello che il poverello di Assisi può dire alla Chiesa di oggi, non solo attraverso il Papa». L’incontro tra due Pontefici. Inevitabile fare un parallelo tra papa Benedetto XVI e papa Francesco, padre Cantalamessa era Predicatore della Casa Pontificia già durante l’era ratzingeriana. Chi meglio di lui può mettere


in luce gli aspetti comuni di un percorso cominciato 2mila anni fa. «Papa Benedetto non aveva l’età e le forze per fare tutto questo. Ha dato e sta dando alla Chiesa un esempio meraviglioso di distacco dal potere. Ci sono prove che lui gioisce a vedere quanto sta accadendo. Quello che li unisce, quindi, è certamente più importante da ciò che li distingue». Padre Raniero sottolinea, infatti, che «tutti portano avanti il messaggio di Gesù e tutti quanti vogliono far progredire la Chiesa. Lo stile di azione può essere diverso, ma questo rispetto ai punti fondamentali è molto relativo. Ogni Papa, infine, porta un suo dono alla Chiesa». In molti però si fermano all’esteriorità, alla croce pettorale in ferro e all’utilitaria: «Il mondo ha dei criteri di giudizi propri. Guarderà solo queste cose, non gli si può chiedere di capire gli aspetti spirituali. È così un po’ per pigrizia e un po’ per incapacità di capire gli aspetti soprannaturali. Dobbiamo essere noi cristiani a guardare con occhi diversi. Certamente lui sta dando l’esempio di un ritorno al Vangelo». Un parallelismo lo si può fare anche con San Francesco? «Quello che fa il Papa, lo fa senza nessun intento polemico o riformatore. Come Francesco d’Assisi che ha riformato la Chiesa per via di santità, senza però saperlo. La garanzia è che quest’uomo ascolta lo Spirito e, quindi, se c’è qualche cosa che non va, sarà lui stesso a capire il limite. La scelta del nome, poi, è significativa, serve a far abbassare i toni». Tra le occasioni date dal pontificato di papa Bergoglio potrebbe esserci un maggiore dialogo con i non credenti: «Una Chiesa che si presenta umile, dialogante, che condanna il male del mondo, ma non insiste unicamente sul rimprovero al mondo, ha come risultato l’essere ascoltata». L’esempio lampante è l’accanimento sullo scandalo della pedofilia: «Quello che era l’argomento numero uno è scomparso. Ora il mondo non sente più il bisogno di tenere la Chiesa sotto tiro o almeno questa tensione si è allentata perché, principalmente, il Papa si sta presentando al mondo con naturalezza, così come è». Un nuovo atteggiamento. Tra gli effetti positivi di questi mesi di nuova primavera per la Chiesa c’è la “corsa” al confessionale, un sacramento “scomodo” per alcuni: «È la fede che porta

a fare gesti di riconciliazione con Dio. In tanti lo hanno fatto perché il Papa parla molto di misericordia, ma anche perché probabilmente è rinato dentro di loro un atteggiamento diverso nei confronti della Chiesa e di Dio». Eppure tanti “lontani” continuano a rigettare la Chiesa come istituzione, cercando solo un incontro spirituale: «È una cosa un po’ ambigua. Nel mondo di oggi troppe cose sono spacciate per spiritualità. Per noi cristiani la spiritualità è quella che ha alla base lo Spirito Santo. È compito della Chiesa orientare questo bisogno di spiritualità nella direzione giusta, purché non sia un’auto consolazione». La spiritualità deve attenersi ad alcuni canoni? «Quando l’uomo vuole inventare da solo, si affida al primo guru che riesce a farsi propaganda, lì non c’è nessuna garanzia. Tutti questi gruppi che nascono e che spesso finiscono male è perché si prescinde dalla comunità, dalla Chiesa, e ognuno crede di poter dare ricette di salvezza al mondo. Questo deve essere uno stimolo a dare una risposta del Vangelo, che non sia antica, vecchia, ma rinnovata». La preghiera può essere intesa come spia della spiritualità? «Sì, perché la preghiera cristiana è fatta nello Spirito, indirizzata ad un Dio persona, ad un tu». La preghiera nel cuore. Padre Cantalamessa parla anche del come pregare, un cammino che non risponde a metodi: «Il cristiano non ha bisogno di una tecnica. Gesù ha dato una sorgente di preghiera che è il suo Spirito. Può essere liturgica, può essere spontanea, ma principalmente deve essere il grido filiale che Gesù ci ha insegnato perù rivolgerci al Padre. Più una persona riesce ad essere libero nelle espressioni, anche quando ripete formule come il Padre nostro, più è in sintonia con Dio. Noi cristiani la preghiera l’abbiamo nel cuore, perché l’abbiamo ricevuta dallo Spirito Santo». Un incontro davvero speciale, un dono prezioso che ci ha aiutato a scoprire la figura del Vescovo di Roma, ma anche a capire alcuni importanti aspetti della spiritualità e della preghiera, costanti per la vita di un cristiano. Salvatore D’Angelo

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L’ingresso di don Ciro Zarra

Don Ciro Zarra in ginocchio pone le sue mani tra quelle di mons. Giudice

UN MINISTERO DELL’ATTESA

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ervire la vita significa prima di tutto sapere attendere»: è il teologo Romano Guardini a delineare la carta d’identità del presbitero che sogna di diventare il giovane Ciro Zarra. Classe 1988, è stato ordinato diacono il 4 gennaio scorso, presso la parrocchia San Giovanni Battista di Nocera Inferiore, dove insieme a don Andrea Annunziata e don Alfonso Giordano è a servizio della comunità. «Vorrei diventare un prete che aspetta. Non parlo di un’attesa passiva, ma di chi sa sostare sulla soglia per accogliere tutti. Prima di uscire però, sempre in ginocchio davanti all’Eucarestia: è l’insegnamento di Gesù, prima di andare a predicare, desiderare stare con Lui». Un modello di sacerdozio chiaro, che ha due punti di riferimento importanti: «Le vite dei due Beati della Diocesi, Alfonso Maria e Tommaso Fusco. L’uno nulla avrebbe potuto senza la provvidenza, l’altro ha tanto sopportato» spiega Ciro. Attingere a figure del passato non lo spaventa: «I preti di una volta non sono superati, anzi sono ancora più attuali. Se vogliamo che le persone recuperino il rapporto con Dio non dobbiamo scendere a compromessi». È mite e riservato, con pochi ed efficaci pensieri trasmette serenità per la strada che ancora deve percorrere. Tanta ne ha già lasciata alle sue spalle: anni e ricordi che gli sono ritornati alla mente quando si è steso per terra, al momento dell’invocazione dei Santi, durante la sua ordinazione diaconale. «Come un flash ho rivissuto sei anni, tutti in un momento» ha raccontato don Ciro, il neo diacono, che con un gesto di grande umiltà ha rifiutato il tappeto per

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stendersi, preferendo il pavimento della chiesa. Si sarà rivisto adolescente, nella sua parrocchia San Bartolomeo Apostolo di Nocera Inferiore, quando l’anziano don Giuseppe Lanzetta aveva scorto in lui i segni di una vocazione: «Aveva una sensibilità particolare per i giovani in discernimento vocazionale, frutto degli anni di servizio come rettore del Seminario». Inizia ad essere seguito poi dal gruppo vocazionale della Diocesi, prima da don Domenico Cinque e poi da don Raffaele Ferrentino. Nel 2007 la decisione drastica: accantonare l’idea di donarsi completamente a Dio. Si iscrive all’Università, i primi esami alla Facoltà di Beni Culturali regalano soddisfazioni. Ma la vita di Ciro non è completa. Forse, non è quello il disegno preparato per lui. Il 5 febbraio del 2008 entra in Seminario. Dopo un anno, a conclusione del periodo propedeutico, è sicuro della sua scelta: donarsi alla Chiesa. Nel periodo della sua formazione è stato sostegno prezioso per tre comunità parrocchiali: dal 2009 al 2011 a San Giovanni Battista in Nocera Inferiore – dove tutt’ora vive il suo ministero di diacono – e dal 2011 al 2013 a San Bartolomeo Apostolo e San Giovanni Battista in Nocera Superiore. Una famiglia allargata che non è mancata nel suo giorno più importante: oltre seicento le persone che si sono strette intorno a lui per gioire. Ci congediamo, non senza aver prima ricordato l’attenzione del vescovo Giuseppe nei riguardi dei seminaristi: «L’ultimo anno di Seminario, viviamo con mons. Giudice. Non basta un colloquio di venti minuti per comprendere un figlio: prima di imporre una mano sul capo, il Vescovo deve capire su che testa la mette». Mariarosaria Petti

Abbiamo incontrato il neo diacono Ciro Zarra, ordinato lo scorso 4 gennaio nella parrocchia San Giovanni Battista in Nocera Inferiore, per ripercorrere gli anni della formazione e confessare i sogni per il futuro

Don Ciro Zarra con la famiglia alle spalle


Don Ciro Zarra prostrato per terra alla Litania dei Santi

L’imposizione delle mani del Vescovo sul capo di don Ciro Zarra

IL VOLTO DEL DIACONO

Un brindisi di augurio: mons. Giuseppe Giudice, don Andrea Annunziata e don Ciro Zarra

Riportiamo alcuni passaggi dell’omelia di mons. Giuseppe Giudice che tratteggiano il ministero del diaconato

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ntensa l’omelia del vescovo Giuseppe per l’ordinazione diaconale di Ciro Zarra. Una meditazione che sgorga dal cuore di un padre che vuole consegnare al figlio le coordinate del mondo che di lì a poco si dischiuderà per lui. Alla domanda «cosa deve fare un diacono?» è seguito un appassionato ritratto.

Ricordare il primato di Dio. Il primo servizio di un diacono, di un sacerdote e di un vescovo è ricordare che c’è un principio (“In principio il Verbo era presso Dio”), un incipit che è nel cuore di Dio, per non confondere le nostre povertà con il Suo primato.

Annunciare il Verbo. Il tuo compito è frequentare la Scrittura e avere come compagno di viaggio il Vangelo. La luce di Gesù non abbaglia, non dà fastidio, è soffusa come quella della notte di Natale. Il tuo incarico è portare la luce, perché “è lampada per i miei passi”. Portare il Pane della vita. Guardati intorno, vedrai molti affamati. Altro tuo compito è preparare la mensa e annunciare che c’è un Pane che viene dal Cielo, portato di domenica in domenica agli ammalati, ai giovani, ai poveri. La Parola come luce, il Pane come nutrimento, per far sì che le famiglie ritrovino la stessa bellezza della mensa

domenicale. Pregare. Tu sei servo della grazia di Dio, ti impegnerai a pregare con la Liturgia delle Ore e anche con il celibato. Non è una privazione, è un dono, significa dare tutto se stesso. Fermati spesso in ginocchio davanti all’Eucarestia. Quando la povertà è messa nelle mani di Dio, tutto si moltiplica. Essere un cantastorie dell’amore di Dio. Il tuo ultimo compito è narrare l’amore di Dio, ai piccoli, ai poveri, agli ammalati, agli sbandati, perché questo racconto accompagni fino all’eternità. M. P.

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Da sinistra il prof. Tonino Cantelmi, mons. Giuseppe Giudice e il direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali don Andrea Annunziata

Lo psicoterapeuta Tonino Cantelmi relatore d’eccezione al convegno «Nativi digitali & immigrati digitali. Identità e relazioni tecnoliquide» che si è tenuto nella parrocchia San Giovanni Battista di Nocera Inferiore

L’importanza di un incontro

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alvaguardare la capacità, anche nei nativi digitali, di intessere relazioni». È questo il mandato che il professor Tonino Cantelmi, illustre psicoterapeuta ed esperto di “rapporti”, ha dato ai presenti al convegno organizzato dall’Ufficio Comunicazioni Sociali, in collaborazione con Insieme e l’ANSPI, in occasione della festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. Presenti alla serata i soci dell’Assostampa Valle del Sarno, guidati dal presidente Salvatore Campitiello, ma anche numerosi operatori pastorali, giovani e famiglie, perché il corretto rapporto con il mondo digitale interroga tutti, nessuno escluso, nemmeno i più esperti. Attraverso la proposizione di alcuni filmati, Cantelmi ha mostrato le potenzialità, ma anche i limiti, di chi oggi si approccia al mondo digitale o di chi è nato già con un tablet in mano. «Questa contemporanea – ha spiegato – è l’ultima generazione di immigrati digitali, dalla prossima saranno tutti nati-

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vi. Siamo, quindi, davanti ad una mutazione antropologica». Ma qual è il rischio che si corre? «Essendo nati immersi nella tecnologia, avendo la possibilità di accedere precocemente ad internet e al cellulare – continua il fondatore della prima Scuola di specializzazione in psicoterapia ad orientamento cognitivo-interpersonale italiana –, il nativo non sentirà il bisogno del genitore e, più in generale, dell’adulto». Niente incontro, nessuno scambio di esperienze. Cantelmi evidenzia tre aspetti: velocità, narcisismo e mutevolezza. «La velocità – ha spiegato – riduce tutto all’immediatezza, non c’è più spazio per persone lente, riflessive o timide. L’uomo, dunque, o è veloce o non è, creando una disparità». Interessante anche la motivazione legata al narcisismo: «Tendiamo a rappresentarci lontano dal punto di partenza, anche perché a nessuno interessa sapere chi siamo e da dove veniamo, ma cosa siamo diventati». Complice di ciò è anche la sensazione di «continua rappresentazione della vita» che ci trasmettono i social network. C’è, in-

fine, la mutevolezza delle identità: «Si può essere un individuo, ma anche l’opposto. Si perde, quindi, l’identità e la possibilità di rapportarsi sinceramente con l’altro». Tre punti che vanno assolutamente presi in considerazione dagli immigrati digitali che si apprestano a condividere vita, esperienze affettive e professionali con i nativi: «Il nostro compito dovrà essere quello di salvare la capacità di fare relazione nei nativi, di esigere l’incontro con l’altro. Questo istinto in loro è presente, ma rischia di essere soffocato». A volere fortemente l’incontro è stato il Vescovo. Monsignor Giuseppe Giudice, che da sempre dedica numerose attenzioni al mondo della comunicazione, ha ricordato quanto sia importante «essere dentro questo tema, con grande coscienza, dimostrando che la “connessione” deve essere accompagnata dall’incontro vero». Una serata di spessore, con la promessa di rincontrare il professore Cantelmi per confrontarsi ancora sul tema delle relazioni. Salvatore D’Angelo


Don Gerardo Coppola ed un ammalato in carrozzina insieme a Papa Francesco durante un incontro in piazza San Pietro

Don Gerardo Coppola è stato nominato nuovo responsabile della Pastorale della salute, si occuperà di coordinare l’organizzazione della prima giornata diocesana del malato che cade il 22 febbraio

Sperimentare la consolazione divina

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i occuperà di assistere e coordinare quanti in Diocesi sono vicini agli ammalati e cercano di condividere con loro il peso della sofferenza. Il Vescovo, monsignor Giuseppe Giudice, ha nominato don Gerardo Coppola responsabile della Pastorale della salute. Un compito importante e gravoso, ma che il sacerdote riuscirà bene a gestire grazie alla formazione umana e spirituale maturata presso la Pia Unione Ammalati Cristo Salvezza (PUACS), che dalla sua istituzione segue i malati. Un compito che don Gerardo dice di voler portare avanti «in stretta collaborazione con i cappellani ospedalieri» e che non definisce né un peso, né un premio, ma un dono: «Mi metto subito in pace, con la speranza di vivere il ministero come missione e servizio, nella gratitudine e nella

perfetta letizia». Così scrive il nuovo responsabile nella lettera inviata alla Diocesi poche ore dopo la nomina ricevuta dal Vescovo, dove traccia una bozza di programma da seguire. «Per dare senso al nuovo ufficio affidatomi – scrive – mi viene da pensare alla parola “consolazione”. Con essa io penso subito a voi cari ammalati, che vivete una grande sofferenza e tribolazione, e a voi cari cappellani degli ospedali, medici, infermieri, ministri straordinari della Comunione e quanti nelle associazioni e movimenti operate a sollievo degli ammalati per sostenerli e aiutarli. Miei cari, ciò che il Signore fa con ciascuno di noi, lo aveva ben sperimentato l’apostolo Paolo che chiama Dio il “Dio di ogni consolazione”». Don Gerardo dovrà anche occuparsi di co-

ordinare l’organizzazione della prima giornata diocesana dell’ammalato, istituita il 22 febbraio. La giornata si terrà, a partire dalle ore 16:00, nella Basilica pontificia di Sant’Alfonso M. de Liguori a Pagani, pochi giorni dopo la celebrazione della ventiduesima giornata mondiale che cade l’11 febbraio. Il 22 febbraio è stato scelto per segnalare «anche la vita di un uomo di Dio, che nella sua esistenza, si è consacrato al Signore, alla Madonna e ai sofferenti. Cioè la bella e ricca testimonianza del cavaliere Alfonso Russo». Il tema è Anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli (1 Gv 3,16). In attesa, dunque, di vivere questa celebrazione, don Gerardo invita tutti a prepararsi «con fede ed entusiasmo perché sia un evento di grazia per tutti e soprattutto per chi soffre». Sa. D’An.

UN NUOVO VICEPARROCO

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e comunità parrocchiali Santissima Annunziata e Santa Maria del Carmine di Angri hanno accolto, lo scorso 18 gennaio, don Giuseppe Pironti. Il sacerdote coadiuverà nelle attività liturgiche e pastorali don Silvio Longobardi e don Salvatore Fiocco nominati dal Vescovo parroci delle due centralissime parrocchie angresi. La nomina di don Giuseppe Pironti è la prima del 2014 fatta dal Vescovo monsignor Giuseppe Giudice. Don Salvatore Fiocco, don Silvio Longobardi e le due comunità parrocchiali augurano a don Giuseppe un fecondo servizio nella vigna del Signore.

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Il Vescovo con i rappresentanti delle altre confessioni cristiane presenti alla veglia ecumenica

Cristo non può essere diviso

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attolici, ortodossi e protestanti insieme per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che si tiene ogni anno dal 18 al 25 gennaio. A far da cornice alla veglia ecumenica diocesana, lo scorso 20 gennaio, è stata la parrocchia Santa Maria del Presepe di Nocera Inferiore. Il tema è stato tratto dalla lettera di San Paolo ai Corinzi: Cristo non può essere diviso! (1 Cor 1,117). Insieme al Vescovo diocesano, monsignor Giuseppe Giudice, si sono ritrovati i rappresentanti di altre confessioni cristiane presenti sul territorio: la rappresentante del patriarcato ecumenico di Costantinopoli Elisabetta Kalampouka, padre Nicola Budui del Patriarcato ecumenico rumeno, il pastore Paolo Poggioli della Chiesa luterana in Italia, il pastore Antonio Squitieri della Chiesa valdo metodista di Salerno e il pastore Egidio Annunziata della Chiesa pentecostale. «Ci ritroviamo insieme per celebrare l’unico Signore del tempo e della storia – ha detto nel suo discorso iniziale don Carmine Vitolo, delegato diocesano per l’ecumenismo –. Cristo non può essere diviso, colui che vuole fare l’esperienza del credente trovi la sua collocazione

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Veglia ecumenica diocesana, lo scorso 20 gennaio, nella parrocchia Santa Maria del Presepe. Per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani si sono trovati insieme fedeli di diverse confessioni cristiane in Gesù Cristo. La strada maestra è l’amore, che è via di perfezione e ci mette in grado di guardarci con il cuore di Dio». Il Vescovo nel suo intervento ha esortato: «Come Paolo ha lanciato una sfida ai cristiani di Corinto, sapere nei loro cuori ed esprimere nelle loro azioni che Cristo non può essere diviso, così Cristo lancia la stessa sfida a noi: realizzare pienamente l’unità che già abbiamo in Cristo, con tutti coloro che in ogni luogo invocano il Signore Gesù». La veglia ecumenica entra a pieno titolo nel percorso di preghiera che viene portato avanti durante tutto l’anno grazie anche alla presenza del Centro IRINI nato qualche anno fa su impulso dell’indimenticato padre Damiano Lanzione. Salvatore D’Angelo con la collaborazione di Maria Bonfiglio

NATALE A ROCCAPIEMONTE

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o scorso dicembre, in poco più di due settimane, il Vescovo Giuseppe ha presieduto due importanti celebrazioni a Roccapiemonte. La messa dell’Immacolata, durante la quale è stato ricordato il 25° anniversario della nascita della Milizia dell’Immacolata, per cui intensamente si adoperò l’allora parroco monsignor Mario Vassalluzzo, e la Veglia di Natale. Per il parroco, padre Giuseppe Ferraioli, e per l’intera comunità parrocchiale di San Giovanni Battista e Santa Maria del Ponte la Messa della notte ha rappresentato un momento davvero speciale. Una celebrazione intensa durante la quale il Vescovo ha detto: «Dio si è fatto uomo perché colui che ama non può fare a meno dell’amato». Per poche ore Rocca si è sentita come “la piccola Betlemme di Èfrata”, non più piccola e periferica, ma grotta dell’amore e cuore della diocesi, perché ogni parrocchia, quando è riunita intorno al suo vescovo lo diventa. Alma Ciancone


ILPANEDELLADOMENICA Sussidio liturgico dalla VII domenica del Tempo ordinario alla II domenica di Quaresima Commenti a cura di mons. Giuseppe Giudice

Mio ospite Anche se in fondo ai mari e nei più alti cieli si mormora di te, so che non hai altra casa: sei il mio inevitabile Ospite sconosciuto e muto. E ci accomuna la disperazione di amare. Pure se santità significhi dimore inaccessibili qui è la tua casa pure se brama di te ci consuma al solo pensare che tu possa apparire, moriamo.

Non passato né futuro tu hai ma in te ogni esistenza riassumi e gli spazi stellari e gli evi… Quanto inganna il pensarti lontano, spazio illusorio alla mia e tua autonomia: tu non puoi che celarti qui nel presente, non puoi che essere in urto né puoi sfuggire alla sorte della tua amata immagine. David Maria Turoldo

23 febbraio 2014

VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno A) Le letture “Amate i vostri nemici” Prima lettura: Lv 19,1-2.17-18 Salmo: Sal 102 Seconda lettura: 1Cor 3,16-23 Vangelo: Mt 5, 38-48 Il Vangelo Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste. (cfr Mt 5, 46-48) Colore liturgico: VERDE

Siate perfetti, santi perché di Cristo La liturgia attingendo alla Parola, pone dinanzi a noi un obiettivo altissimo: perfetti come il Padre vostro celeste. Se guardiamo alla nostra miseria, c’è da scoraggiarsi; se invece guardiamo a Dio e ci lasciamo guardare da Lui, c’è da incoraggiarsi. La santità è un dono che viene dall’alto ed è un impegno che parte dal basso. Siamo in un cammino di santità, che inizia con il battesimo e continua e progredisce con l’accoglienza di ogni visita feconda del Signore. La santità non è un illusione, non è solo un sogno, è un dono accolto e vissuto. Impossibile? Ciò che è impossibile all’uomo diventa possibilità di Dio. Noi non ci scoraggiamo perché guardiamo ai Santi, pagine riuscite di Vangelo, intrise di sangue e di gioia.

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2 marzo 2014

VIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno A) Le letture “I gigli del campo: non faticano e non filano” Prima lettura: Is 49,14-15 Salmo: Sal 61 Seconda lettura: 1Cor 4,1-5 Vangelo: Mt 6,24-34 Il Vangelo Non preoccupatevi dunque dicendo: « Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?». Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. (cfr Mt 6, 31-33) Colore liturgico: VERDE

Dio, amore per sempre L’anima riposa in questa dichiarazione d’amore che viene dal Signore. Tutti si possono dimenticare, ma mai lo può fare il Signore, perché Egli ci tiene scritti sulle palme delle sue mani. Lui è roccia e salvezza, riparo sicuro e rifugio. Mai è il segreto dell’amore di Dio. Mai vuol dire per sempre. Dio è amore per sempre. Dio è amore paziente che mette in luce i segreti delle tenebre e manifesta le intenzioni dei cuori. Dio è il Regno del quale dobbiamo occuparci e non preoccuparci delle altre cose. Siamo fragili come fiori ed erba, ma siamo per sempre amati da Lui e in Lui abita la nostra forza.

9 marzo 2014

I DOMENICA DI QUARESIMA (Anno A) Le letture “Il Signore, Dio tuo, adorerai” Prima lettura: Gen 2,7-9; 3,1-7 Salmo: Sal 50 Seconda lettura: Rm 5,12-19 Vangelo: Mt 4,1-11 Il Vangelo Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vattene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». (Cfr Mt 4, 8-10) Colore liturgico: VIOLA

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Dalla solitudine alla comunione Siamo ricondotti all’inizio della nostra storia: la storia dell’umanità, dell’uomo, di ogni uomo, la mia e la tua storia. Siamo nel giardino dell’inizio e diffidiamo della Parola di Dio. Ci prende il sospetto, la sfiducia, l’incredulità e ci fidiamo solo di noi, delle nostre possibilità, delle nostre capacità e Dio sembra un intruso. Adamo è vecchio, perché è vecchio il peccato e ci rende vecchi. Ci vuole Gesù, nuovo Adamo, per donarci la giovinezza della grazia e per restituirci alla libertà del dono. Egli si è fidato, si è affidato e si è fondato sul sta scritto e così ha vinto anche per noi. Dinanzi al peccato dell’origine, origine di ogni peccato, come Chiesa ripetiamo: Perdonaci, Signore, abbiamo peccato, e solo così la solitudine diventa comunione.


16 marzo 2014

II DOMENICA DI QUARESIMA (Anno A)

Seguendo le orme del Maestro

Le letture “Alzatevi e non temete” Prima lettura: Gen 12,1-4 Salmo: Sal 32 Seconda lettura: 2Tm 1,8-10 Vangelo: Mt 17,1-9 Il Vangelo Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. (Cfr Mt 17, 1-2) Colore liturgico: VIOLA

Vattene dalla tua terra: la Quaresima è un esodo sempre nuovo; un uscire dalla terra del nostro peccato per raggiungere la promessa terra della libertà, dono della grazia. Soffri con me per il Vangelo: l’Evangelii gaudium, la Gioia del Vangelo, comporta sempre e dovunque la partecipazione alla croce e alla sofferenza del Signore e dell’apostolo. Non c’è circonvallazione per il calvario, ma bisogna seguire le orme del Maestro. Ascoltatelo: è l’invito del Padre ad ascoltare, come Abramo, come l’apostolo, come ogni chiamato, il Figlio amato nel quale ci ha detto e ci ha dato tutto. Egli è la nostra terra promessa. Alzatevi e non temete: siamo chiamati sempre ad andare, come Abramo e l’apostolo, sorretti solo dal suo amore, dalla sua parola, dalla sua croce e dalla luce trasfigurante della risurrezione.

IL VANGELO CHE SI INCARNA Addio a Francesco, morto dopo 24 anni di coma

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n questi 24 anni gli ulivi cha ha piantato sono diventati giganti, il suo vitigno si è allargato sulla collina veronese, i suoi cavalli sono invecchiati e poi morti, i suoi due figli piccoli sono diventati un uomo e una donna. Senza di lui, eppure vicino a lui. Lui è rimasto sempre lì, immobile nel letto, come addormentato. Fermo a quel 1989 in cui, a soli 35 anni, Francesco Ederle è entrato in coma per un ictus cerebrale. Oggi, all’alba del 2014, ventiquattro anni e sette mesi dopo, è morto. Fondatore dell’agriturismo San Mattia, a Verona, per tutto questo tempo è stato accu-

Quando la vita si rispetta fino all’ultimo respiro dito in casa dalla famiglia: la moglie Francesca, i figli Giovanni Mattia e Camilla (che avevano solo 2 anni il primo e pochi mesi la seconda al momento in cui il padre si è accasciato per non aprire gli occhi mai più sui loro sorrisi), la madre che ha avuto il tempo di compiere quasi cento anni e di tenergli la mano fino all’anno scorso, quando si è spenta, come la vita dovrebbe imporre, prima del figlio. Per i suoi bambini il papà «dormiva». Nessuno ha mai detto loro che si sarebbe svegliato, ma di lui hanno saputo che era un uomo buono, altruista e amante del lavoro e della sua terra.

Quell’amore, lo hanno ereditato. Una volta cresciuti hanno portato avanti l’azienda agricola che lui aveva messo in piedi, e che con lungimiranza da imprenditore aveva trasformato in agriturismo, il primo di Verona. Producono olio, piante ornamentali, hanno accettato la sfida di produrre un vino di nicchia. Lui, oggi 59enne, avrebbe fatto altrettanto: chi lo ha conosciuto ritrova parecchi tratti di Francesco in quei figli che lui non ha educato. Non a parole e non a gesti. Ma con quella sua presenza carica di significato, e con le passioni che, insieme alla terra, aveva coltivato. […]

Immobile nel suo letto, per un tempo lungo una vita, Francesco è riuscito «a creare un incrocio di sentimenti, nei tanti che lo conoscevano e gli sono stati vicini, anche con il pensiero», aggiunge Andrea Ederle. Adesso, con la città di Verona, potrà dire veramente addio a quel fratello addormentato ma mai morto. Che in una delle ultime foto scattate poco prima di entrare in coma - e così oggi tutti lo vogliono ricordare - tiene i suoi bimbi tra le braccia forti e guarda dritto davanti a sé, come a sfidare il futuro che lo attende. Annalisa Guglielmino (Da Avvenire, 2 gennaio 2014) Insieme - Febbraio 2014

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INFORMADIOCESI GLI APPUNTAMENTI Inizia la Quaresima

Insieme alle comunità

Tempo per i consacrati

La comunità diocesana si ritroverà per la solenne celebrazione delle Ceneri nella Basilica pontificia di Sant’Alfonso M. de Liguori di Pagani. Appuntamento mercoledì 5 marzo alle ore 20:00.

Il vescovo Giuseppe presiederà la celebrazione eucaristica in numerose parrocchie della Diocesi. A febbraio sarà: a San Potito di Roccapiemonte l’8 alle ore 18:00; a San Giacomo Maggiore di San Valentino Torio il 14 alle ore 19:00 per la festa patronale; a San Teodoro di Sarno il 16 alle ore 11:00; a Sant’Anna di Fiano di Nocera Inferiore il 23 alle ore 11:30; il 23 alle ore 19:30 a Santa Maria di Costantinopoli di Nocera Superiore per una catechesi sull’accoglienza; il 25 alle ore 20:00 per la Lectio a Santa Maria delle Grazie di Angri.

Il primo marzo il Vescovo incontrerà i preti giovani alla Badia di Cava de’ Tirreni. Sempre a marzo, il 9 terrà il ritiro quaresimale alle religiose e dal 10 al 14 prenderà parte agli Esercizi spirituali con tutti i Vescovi campani a Mugnano del Cardinale.

Convegno di AC L’Azione Cattolica si ritrova per riflettere sul percorso compiuto in questi anni e su quello futuro. Appuntamento alle ore 17:00 al Castello Doria di Angri con l’Arcivescovo di Aversa, Mons. Angelo Spinillo.

Riunione di Consiglio Il 26 febbraio, alle ore 20:00, il Vescovo presiederà la riunione del Consiglio pastorale diocesano.

Per maggiori info: www.diocesinocerasarno.it

TAPPA ECCLESIALE Il 18 febbraio momento di riflessione e formazione per il cammino pastorale diocesano. Nella parrocchia Santa Maria Maggiore di Nocera Superiore, alle ore 19:30, l’Arcivescovo di Foggia-Bovino, Mons. Francesco Pio Tamburrino parlerà di «accoglienza e norme liturgiche».


Le Manifatture Cotoniere Meridionali di Angri, in un’immagine storica

IL PRETE CHE AMAVA I BAMBINI

La vita di don Enrico Smaldone in 12 appuntamenti

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inalmente don Enrico ha trovato il terreno, ha a disposizione 5000 metri quadrati per costruire la sua Città. Un corteo gioioso arriva nel fondo e fissa un cartello: “Qui sorge La Città dei Ragazzi”. È il 13 febbraio del 1949. Un primo passo è compiuto, tanti ancora ne mancano. Chi elaborerà il progetto? Chi lo realizzerà? Soprattutto, dove trovare i fondi? Don Enrico è l’uomo della condivisione. Questo progetto non è suo - è Dio che glielo ha messo nel cuore - e non lo realizzerà da solo. Inizia immediatamente a coniugare i verbi della solidarietà e organizza un ciclo di conferenze per coinvolgere i cittadini angresi spiegando loro il sogno della Città dei Ragazzi. Il sostegno dei giovani. La prima conferenza è tenuta l’11 febbraio del 1949 da padre Oppido, un predicatore domenicano di Napoli. Prima che il religioso inizi a parlare, don Enrico ringrazia un gruppo di giovani che dopo aver letto il suo primo manifesto, scritto il 4 febbraio e affisso il 10, gli ha offerto la sua collaborazione. Afferma con forza: «(…) sento il dovere di manifestare i miei umili commossi ringraziamenti a quel gruppo di giovani che hanno fatto eco al mio manifesto promettendo la loro generosa cooperazione. A loro io dico: Miei carissimi giovani, la costruenda Città dei ragazzi si avvalorerà della vostra preziosa cooperazione. Lasciate scaturire dai cuori la forza per il bene, perché chi non sa uscire fuori di se stesso, o non sa prodigarsi del prossimo, non è degno dell’età nostra e della professione cristiana».

Il profumo della solidarietà «Le vostre mani incallite del diurno lavoro contengono le speranze più sicure per la realizzazione del comune ideale»: don Enrico ringrazia gli operai delle Manifatture Cotoniere Meridionali che rinunciano alla mensa due volte al mese e devolvono l’importo per la realizzazione della Città dei Ragazzi

Le Manifatture Cotoniere Meridionali. I cittadini angresi non restano indifferenti all’appello del giovane sacerdote. Il 26 febbraio, infatti, don Enrico affigge un secondo manifesto per ringraziare le Manifatture Cotoniere Meridionali. Gli operai rinunciano alla mensa due volte al mese e devolvono l’importo per la realizzazione della Città. «Concittadini, addito all’ammirazione di voi tutti la generosità dei dipendenti delle Manifatture Cotoniere Meridionali. Essi hanno permanentemente rinunziato due volte al mese alla mensa devolvendo l’importo di £. 60.000 mensili per la costruenda Città dei Ragazzi. Operai, il vostro nobile sacrificio sarà scritto a caratteri d’oro nella storia della Città dei Ragazzi che da voi avrà l’impulso più generoso. Voi siete la sua più valida forza. Le vostre mani incallite del diurno lavoro contengono le speranze più sicure per la realizzazione del comune ideale. All’ill.mo sig. Direttore, Signor Galasso di-

rettore, alla Commissione Interna, a tutti e ai singoli che hanno promossa ed accolta la nobile iniziativa il mio commosso ringraziamento». I primi insuccessi. Don Enrico parte di nuovo per Roma. Tra il 1949 e il 1950 scrive di suo pugno 7 relazioni al comitato di amici che ha scelto come sede la centrale via Giudici, dove vive la famiglia Adinolfi. La lettura di quei testi incanta l’animo, dai fogli emerge il temperamento gioioso del sacerdote - come racconteranno in seguito i tanti bambini che nella Città troveranno una casa - e la sua indole volitiva e determinata. Accolto dalla Suore Battistine a Roma, don Enrico insieme a padre Marco e Francesco Adinolfi, tenta ogni strada per trovare fondi e avviare i lavori di costruzione. Incontra uomini di potere, politici, si rivolge ad enti e istituzioni. Emerge tutta la dolcezza e il sostegno dell’amicizia: padre Marco diventa il Lupo Bebè e l’avvocato Francesco Adinolfi è Don Ciccio. Padre Marco spesso cerca di convincere il fratello avvocato a rimandare gli impegni di lavoro per aiutarli nella ricerca dei fondi. C’è un momento in cui don Enrico spera di riuscire ad ottenere l’autorizzazione per vendere ai pellegrini le medaglie ricordo stampate in occasione dell’Anno santo del 1950, e destinarne il ricavato alla sua opera. Dopo tanto penare, dovrà rinunciare a questo progetto. Ma egli non si scoraggia, ritorna ad Angri: tante altre strade vi sono da percorrere con l’audacia della carità. Intanto, ha già redatto il metodo educativo da adottare nella Città. Antonietta Abete Insieme - Febbraio 2014

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IN DIOCESI

CONTROCORRENTE A CURA DELL’UFFICIO PER LA PASTORALE FAMILIARE

L’efficacia dei metodi naturali

Nel 2014 l’Ufficio per la pastorale familiare accompagnerà i lettori di Insieme con la rubrica Controcorrente, uno spazio per riflettere e approfondire il tema della procreazione responsabile e l’utilizzo dei metodi naturali

Per molti l’espressione Metodi Naturali è sinonimo di conoscenza approssimativa della fertilità. Esistono, invece, studi statistici condotti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che ne attestano l’alta precisione diagnostica. La loro efficacia si può sovrapporre a quella della pillola anticoncezionale, senza dimenticare i benefici sulla vita di coppia

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a società moderna è dominata dalla cultura dell’efficienza. Anche chi vorrebbe abbracciare la proposta dei Metodi Naturali è costretto a fare i conti con una vocina maligna che dice “non ti fidare, quanti figli vuoi avere? Non sono sicuri…”. A questo si aggiunge l’opinione dei media o di autorevoli medici che non hanno nessun interesse a promuovere un metodo che non arricchisce le tasche di nessuno. La ricerca scientifica sui Metodi Naturali ha raggiunto risultati validi ed affidabili. Mentre agli inizi degli anni trenta, essi erano basati su calcoli di probabilità, a partire dagli anni cinquanta la ricerca si serve di segni e sintomi di fertilità strettamente correlati alla situazione ormonale di ciascun ciclo. Segni e sintomi che ciascuna donna può rilevare e annotare con precisione. I Metodi Naturali sono al servizio di tutte le coppie e le donne che desiderano riconoscere la propria fertilità: riconoscendo il naturale ritmo biologico della propria fertilità, la persona è in condizione di gestirla. È necessario combattere la mentalità per cui Metodo Naturale è sinonimo di conoscenza approssimativa della fertilità o di conoscenza priva di qualunque affidabilità. Numerosi studi reperibili nella letteratura medica dimostrano la validità e il rigoroso fondamento scientifico di alcuni segni e sintomi rilevabili dalla donna. Esistono studi statistici condotti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che attestano l’alta precisione diagnostica dei Metodi Naturali. Secondo gli autori di una ricerca condotta in Germania dalla University of Heidelberg, che per un intero ventennio ha valutato l’efficacia e la sicurezza del metodo sintotermico (uno dei metodi naturali), la loro efficacia si può sovrapporre a quella della pillola anticoncezionale, con un indice di Pearl inferiore a 1. In pa-

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role semplici, statisticamente meno di una donna su 100 rischia di avere una gravidanza indesiderata. I benefici sul rapporto di coppia. Un approccio ai Metodi Naturali solo in termini di efficacia non ci permette di cogliere la grande valenza che essi esercitano sul rapporto di coppia e sulla scelta consapevole e responsabile di avere un bambino. Ogni coppia ha il diritto di essere adeguatamente seguita e correttamente istruita. Se vi è una fallibilità dei Metodi Naturali, questa è da ricercarsi nell’uso scorretto del metodo e non nella sua validità scientifica, dubbio generato dal fatto che nell’ambiente medico se ne parla poco, e quando lo si fa, è per screditarli. Diciamola tutta: a chi può interessare studiare, approfondire e dedicare del tempo a diffondere una metodica che non arricchisce nessuno? Ricordiamo che non c’è alcun rientro economico e che sia gli studi scientifici che l’insegnamento si svolge a livello di volontariato gratuito. Ecco perché non vi sono costosissime cliniche che propongono i Metodi Naturali o si impegnano nella ricerca. Soltanto la Chiesa, che ha a cuore il vero bene dei suoi figli, è disposta a scendere in campo. Giovanna Pauciulo

PER SAPERNE DI PIÙ Cerca le insegnanti sul territorio - Consultorio Granello di Senape, telefono 081.94.08.81 - Associazione Progetto Famiglia, telefono 081.91.55.48


A CURA DELLA CARITAS DIOCESANA

EMERGENZA VIVERI

Dimezzati i pacchi alimentari alle parrocchie. Sospesi alle associazioni di volontariato. Entro giugno si rischia l’esaurimento delle scorte. Nuova tegola sulla testa dei poveri. Si studiano soluzioni. Un’idea potrebbe essere la Colletta alimentare diocesana

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Europa chiude i rubinetti. Niente più viveri distribuiti da Agea per le famiglie povere. La decisione è stata presa da tempo, ma solo da inizio anno si cominciano a sentire i contraccolpi. Il problema maggiore, però, si presenterà a giugno quando si prevede finiranno le scorte a disposizione. Si mette sempre più male per i poveri. Il ricorso al pacco alimentare, che per molti rappresentava l’unica sussistenza, sta per diventare un’eccezione. Se fino a qualche mese fa, infatti, si contavano decine di associazioni addette alla distribuzione della busta contenente generi di prima necessità – formaggio, olio, farina, pasta, riso e biscotti –, oggi sono solo le parrocchie e la Caritas diocesana deputate alla distribuzione. Se ciò non bastasse, anche gli enti ecclesiali hanno avuto un dimezzamento degli alimenti. «Porto l’esempio della mia parrocchia – spiega il direttore Caritas don Alessandro Cirillo –, prima distribuivamo prodotti a 140 famiglie, oggi ci vengono girati viveri per solo 70 nuclei familiari. Questo accade in tutto il nostro territorio». Sono 35 i gruppi parrocchiali che fanno capo alla distribuzione diocesana, altri, invece, si recano autonomamente presso il Banco alimentare, piuttosto che al Banco delle opere di carità. Enti diversi, ma storia uguale: «Fino a dicembre – racconta don Alessandro – in alcune comunità oltre alla parrocchia c’erano diverse associazioni che distribuivano i viveri, oggi è rimasta solo la Caritas parrocchiale che deve far fronte ad una richiesta triplicata con la metà di alimenti

a disposizione». Una situazione incresciosa, che vede gli italiani tra i primi ad essere in difficoltà per mettere un piatto a tavola: «Dei nostri utenti – continua il direttore Caritas – l’80 per cento sono connazionali che fino a qualche tempo fa non immaginavano di dover dipendere dal pacco». «In alcuni casi – prosegue il sacerdote – abbiamo assistito alla solidarietà tra poveri: famiglie che rinunciano all’intero pacco o a qualche alimento per destinarlo ad altri. Un esempio di vicinanza e sostegno che non può lasciarci indifferenti e ci deve spingere a fare qualcosa».

POSSIBILE SOLUZIONE Al nord si sta sperimentando l’Emporio della solidarietà. Un’idea ventilata anche dalle nostre parti, ma che sembra di difficile applicazione. Una soluzione, invece, potrebbe essere la “Colletta alimentare diocesana”: «Non so se esiste già altrove – afferma don Alessandro –, ma potrebbe essere presa in considerazione. Sulla falsa riga dell’iniziativa nazionale, potremmo coinvolgere supermercati e negozi in prossimità della diocesi affinché ospitino volontari Caritas addetti alla raccolta di viveri da distribuire ai poveri». Un primo passo che va nel segno della equità. Con la distribuzione diocesana le realtà parrocchiali che raccolgono più beni, perché attorniate da più negozi e aziende, consentiranno anche alle comunità più piccole o di periferia di ricevere il necessario. Un’idea che attende di essere concretizzata. Salvatore D’Angelo

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Foto di gruppo scattata durante il corso di formazione dello scorso 24 novembre, ad Episcopio di Sarno

Questa frase di San Giovanni Bosco ci ricorda che l’oratorio non può essere racchiuso in un luogo fisico né in uno strumento educativo. Al contrario, l’oratorio è una mentalità, un modo di vivere assimilato attraverso esperienze e persone capaci di trasmettere valori

“L’educazione è cosa di cuore”

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oratorio, com’è noto, attua il proprio progetto educativo attraverso le persone che vi si impegnano e in un luogo strutturato appositamente, in virtù di un mandato che ha ricevuto dalla comunità cristiana che resta il soggetto educante responsabile. L’attenzione educativa rivolta ai ragazzi comprende la globalità della persona, nella convinzione che tutto può partecipare al bene della loro crescita e vita futura. La comunità cristiana sa che l’attività educativa destinata alle giovani generazioni comporta investimenti strutturali, gestionali e formativi. Essi sono necessari affinché i giovani giungano ad una maturazione valoriale e di fede. Ma l’oratorio è un “ambiente”, sebbene non l’unico, in cui tutta la comunità evangelizza i ragazzi, gli adolescenti e i giovani. Si parla di “ambiente” e non solo di luogo fisico, perché l’oratorio è soprattutto una mentalità, un modo di vivere assimilato attraverso esperienze e persone capaci di trasmettere valori. Il cuore della comunità. L’oratorio, che costituisce uno dei soggetti sociali ed educativi della comunità locale, finalizzato alla promozione, accompagna-

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mento e supporto della crescita armonica dei ragazzi, adolescenti e giovani che vi accedono spontaneamente, è il luogo dove risiede il cuore della comunità. Perché, parafrasando don Bosco, “L’educazione è cosa di cuore e Dio solo ne è padrone”. Il cuore per don Bosco abbraccia la totalità della persona, è il cuore biblico: luogo in cui l’essere umano decide l’orientamento della sua vita, plasma la propria volontà e opera scelte concrete. Sede delle motivazioni che muovono interiormente ad agire, il cuore può rivelare la profondità delle aspirazioni che solo Dio conosce pienamente. Educare all’amore. Don Bosco, infatti, è convinto che la persona umana si realizza nell’amore e deve essere educata all’amore. Così si configura il cammino di crescita a cui tutti siamo chiamati mediante un impegno quotidiano che non allontana dal mondo, ma rende responsabili degli

altri nella trama delle relazioni quotidiane, nell’esercizio della propria professione, nella più ampia sfera sociale. Affermando che l’educazione è cosa di cuore, don Bosco riconosce che il processo educativo tocca le sfere più profonde della persona; per questo, quale presenza amica, Egli si adopera per manifestare l’amorevolezza, ossia l’amore reso percepibile nelle relazioni vitali, valorizzanti, capaci di aprire alla fiducia, di coinvolgere i giovani nella stessa missione, al fine di esprimere in modo tangibile l’amore educativo. In questa accezione, l’amorevolezza, lungi dall’essere debolezza o sentimentalismo, è coinvolgimento. Educata è la persona coerente con le sue convinzioni interiori, così da fare scelte libere e responsabili, non determinate dalla costrizione o dal passivo adeguamento all’ambiente.

FORMAZIONE Si terrà a Caprioli di Pisciotta, dal 25 al 27 aprile 2014, il prossimo corso di formazione per Animatori ANSPI. Per maggiori informazioni: nocerasarno@anspi.it


A CURA DELL’UFFICIO DIOCESANO PER LE CONFRATERNITE

Foto di Fernando Faiella

L’interno della capella della Confraternita del Santissimo Nome di Dio

“Fare memoria del nome di Gesù” È stata riaperta al culto, lo scorso 3 gennaio, con una celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Giuseppe Giudice la cappella della Confraternita del Santissimo Nome di Dio a Pareti di Nocera Superiore

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n un clima di grande emozione, lo scorso 3 gennaio, è stata riaperta al culto la cappella della Confraternita del Santissimo Nome di Dio. Ha presieduto la celebrazione eucaristica mons. Giuseppe Giudice. Una serata densa di emozioni per il priore Emiliano Bigi, per i confratelli che hanno rinnovato il proprio impegno e i nuovi membri che hanno iniziato il cammino. Mons. Giudice, nel giorno della festa del Santissimo Nome di Dio, ha ricordato che il Natale non è solo quello della notte Santa ma un tempo nel quale il cristiano fa memoria del nome di Gesù. Un nome già scritto nei Cieli, già preannunciato a Maria dall’angelo Gabriele e per il quale Maria e Giuseppe non hanno litigato, anzi, essi lo hanno accolto in tutta la sua pienezza perché nel nome di Gesù vi è la salvezza di ogni uomo. Grande l’attenzione che il Pastore della Diocesi Nocera - Sarno ha posto sull’umanità racchiusa nel nome di Gesù, che, quando viene pronunciato, dice con forza al mondo cristiano, e non solo, il farsi carne di Dio, il divenire bambino, giovane e adulto con tutte le sue fragilità. Dio in Gesù si fa in tutto simile all’uomo, eccetto il peccato, per il quale egli manda il suo Figlio a purificarci. «Il Natale dei giorni nostri - ha sottolineato il vescovo - lo abbiamo riempito di nostalgia, svuotandolo della concretezza della salvezza. Dovremmo tornare a farci scuotere dal

mistero del bambino nel cui nome è la salvezza e la nostra libertà». Dopo l’omelia, il Priore e il Vescovo hanno accolto nella confraternita quattro consorelle: Mariarosaria e Raffela Ruggiero, Maria Trotta e Katia Gambardella. Dopo il rinnovo degli impegni di tutti i confratelli, il vescovo Giuseppe ha ringraziato la Confraternita del Santissimo Nome di Dio per l’impegno spirituale all’interno della comunità: «Vivete con costanza un cammino spirituale, non limitandovi ad amministrare dei beni. Stasera vi dico: Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei Cieli». La Cappella della Confraternita. Al termine della celebrazione, alla presenza delle autorità civili e militari, mons. Giudice e il priore Bigi hanno svelato, in maniera simbolica, l’ultima delle tele ricollocate all’interno della cappella, dando inizio alla conferenza della dottoressa Adele Ruggiero che ha spiegato nei minimi dettagli il restauro delle opere. Un

lavoro faticoso e certosino che ha permesso di ridonare a tutte le tele l’antico splendore. Il Priore, emozionato, nel suo breve saluto ha ringraziato quanti hanno permesso la realizzazione di questo sogno. Ha concluso: «Se stasera siamo qui, il merito è di tutti voi che ci siete stati accanto e ci avete sostenuto in questo cammino». Il dottor Montalbano, Sindaco di Nocera Superiore, ha ricordato che la nostra città è una delle culle della storia antica e dell’arte ed ha invitato tutti i cittadini a custodire quanto gli altri ci hanno affidato per trasmetterlo alle generazioni future. Il monito finale di mons. Giudice è risuonato come un impegno concreto da assumere in ogni comunità: «Dobbiamo custodire queste opere nate per le chiese e non per i musei, per incarnare la fede. Se ci siamo impoveriti, forse, è perché abbiamo perso i sentieri dell’ arte». Fernando Faiella

L’APPUNTAMENTO Il percorso formativo Il prossimo appuntamento del percorso formativo per le Confraternite è per venerdì 14 febbraio presso la congrega del Santissimo Nome di Dio a Pareti (Nocera Superiore) alle ore 20.00. Don Antonio Adinolfi, direttore Ufficio Catechistico, affronterà il tema Visitare gli infermi, visitare i carcerati, seppellire i morti.

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Tra il porto e l’orizzonte

i svolge a Genova, dal 10 al 13 febbraio, il convegno nazionale di Pastorale Giovanile che ha per tema la cura educativa. Un aspetto che non è legato soltanto al tema del “saper fare”, ma prima ancora a quello del “saper essere”. Chi è a contatto con i giovani ne respira gli slanci, ma anche i facili entusiasmi; i sogni, ma insieme anche illusioni e abbagli sempre in agguato. E così l’educatore rischia di cadere facilmente nella tentazione di non avere tenuta di fronte a questi continui sbalzi di tensione. Quante volte la stanchezza di educatori ed operatori pastorali viene dallo sconforto di dover troppo rapidamente “ricominciare da capo”.

Data la forte richiesta emersa dalle consulte regionali, l’obiettivo è quello di offrire un convegno che sia luogo di pensiero, capace di dare linee di indirizzo, in un certo senso direttive. Un luogo dove il convenire sia spontaneo e interessato, ma capace anche di rimandare a casa con delle idee che diventino piste di lavoro da sviluppare sul proprio territorio. Deve essere un’esperienza che presenti delle competenze, racconti e consegni delle esperienze, offra motivazioni per tornare a casa e riprendere in mano il lavoro nel proprio territorio. C’è bisogno, dunque, di aumentare la capacità di discernimento e di progettazione di cammini educativi di accompagnamento che aiutino gli educatori a stare nelle complesse situazioni del mondo giovanile; chiamino i giovani a percorsi di maturazione e di crescita; aiutino le nostre comunità a definire la propria identità di Chiesa mentre si occupano delle giovani generazioni.

È questa la direzione da imprimere alla cura educativa dei giovani nelle comunità cristiane. Se ne discuterà a Genova, dal 10 al 13 febbraio, nel XIII convegno nazionale di Pastorale Giovanile

IL LOGO. Dal logo ci vengono le tre indicazioni che hanno caratterizzato la preparazione del convegno. Il porto indica l’accoglienza. «Cristiani si diventa, non si nasce. Questo notissimo detto di Tertulliano sottolinea la necessità della dimensione propriamente educativa nella vita cristiana. Si tratta di un itinerario condiviso, in cui educatori ed educandi intrecciano un’esperienza umana e spirituale profonda e coinvolgente» (Educare alla vita buona del Vangelo, 26). L’orizzonte indica la vocazione per il mondo. «Un segno dei tempi è senza dubbio costituito dall’accresciuta sensibilità per la libertà in tutti gli ambiti dell’esistenza: il desiderio di libertà rappresenta un terreno d’incontro tra l’anelito dell’uomo e il messaggio cristiano. Nell’educazione, la libertà è il presupposto indispensabile per la crescita della persona. Essa, infatti, non è un semplice punto di partenza, ma un processo continuo verso il fine ultimo dell’uomo, cioè la sua pienezza nella verità dell’amore» (Educare alla vita buona del Vangelo, 8). Il faro: essere educatore nella fede. «Ogni adulto è chiamato a prendersi cura delle nuove generazioni, e diventa educatore quando ne assume i compiti relativi con la dovuta preparazione e con senso di responsabilità. L’educatore è un testimone della verità, della bellezza e del bene, cosciente che la propria umanità è insieme ricchezza e limite. Ciò lo rende umile e in continua ricerca» (Educare alla vita buona del Vangelo, 29). Equipe diocesana di Pastorale giovanile

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A CURA DELL’UFFICIO PER LA PASTORALE GIOVANILE

IL LIBRO “La condizione giovanile in Italia: Rapporto Giovani 2013” Uno strumento utile non solo a chi fa ricerca, ma anche agli educatori, alle famiglie, ai giovani stessi

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stato pubblicato l’8 novembre del 2013 il volume “La condizione giovanile in Italia: Rapporto Giovani 2013”, promosso dall’Istituto Giuseppe Toniolo in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore e la Fondazione Cariplo, edizione Il Mulino. Uno strumento utile non solo a chi fa ricerca, ai decisori pubblici e a chi fa informazione, ma anche agli educatori, alle famiglie, ai giovani stessi Suddiviso in quattro parti - “Vita nella famiglia di origine e rapporto con i genitori”, “Lavoro e conquista dell’autonomia”, “Partecipazione politica e consumi mediali”, “Valori, opinioni e atteggiamenti” - il volume è il primo rapporto pubblicato a partire dai dati dell’indagine promossa dall’Istituto Toniolo in collaborazione con la Fondazione Cariplo e l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano su un campione di 9000 giovani italiani dai 18 ai 29 anni. Tocca temi cruciali come quelli della famiglia e del rapporto con i genitori, del lavoro e della conquista di una propria autonomia,

della sfera della partecipazione e dell’impegno sociale, oltre che dei valori e degli atteggiamenti. Mancano le risposte concrete. “Dalla possibilità di realizzare pienamente e con successo il passaggio alla vita adulta - si legge in quarta di copertina - dipendono il benessere e la prosperità della società stessa. Se le nuove generazioni non riescono a trovare un lavoro e a formare una propria famiglia con figli, il problema non riguarda solo loro, è il Paese che mina strutturalmente le basi del proprio futuro. Nel dibattito pubblico è sempre presente il tema generazionale, ma poco si fa poi in concreto per dare vere risposte. Proprio perché mancano adeguati strumenti di conoscenza e interpretazione della realtà, il rischio è quello di alimentare luoghi comuni e fornire letture parziali che costituiscono un alibi alle carenze dell’azione pubblica”. Don Antonio Cuomo responsabile diocesano di Pastorale giovanile


DAVANTI A DIO PER IL MONDO A CURA DELL’U.S.M.I. (UNIONE DELLE SUPERIORI MAGGIORI D’ITALIA) DIOCESANO

Suor Patrizia De Vivo insieme a suor Rosa

DAVANTI A DIO PER IL MONDO Formare vocazioni alla vita sacerdotale: è questo lo speciale carisma della Congregazione delle Suore delle Divine Vocazioni, fondata nel 1921 a Pianura da don Giustino Russolillo. Le suore Vocazioniste - racconta suor Patrizia De Vivo - sono arrivate a San Marzano sul Sarno nel 1935 e si preparano a vivere l’ottantesimo anniversario della loro presenza nell’Agro

“Fatti santo, fatti santo davvero che tutto il resto è zero”

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a Casa della Suore Vocazioniste affaccia sulla centralissima via “de Pascale” a San Marzano sul Sarno. Oltre il cancello scorgo un giardino curato e giostrine colorate. Ad accogliermi c’è suor Patrizia De Vivo. Le suore, che prestano servizio nella parrocchia di San Biagio, gestiscono anche una scuola per l’infanzia. So che ha avuto la grazia di conoscere il fondatore della sua Congregazione. Qual è il primo ricordo che ha di don Giustino? «Siamo nati tutti e due a Pianura. Da bambina lo vedevo passeggiare per strada, ma l’ho conosciuto più a fondo solo in seguito. Nato da una famiglia povera, crebbe affamato di Parola di Dio e avido di spiritualità. Desiderava ardentemente aiutare i giovani a scoprire la vocazione che Dio aveva seminato nel loro cuore. “Fatti santo, fatti santo davvero che tutto il resto è zero”, diceva ai giovani della parrocchia di S. Giorgio in Pianura. Il 2 ottobre del 1921 coronò il suo sogno fondando la Congregazione delle Suore delle Divine Vocazioni. Un uomo di questo calibro non poteva che essere un esempio di vita per tutti: lo ha riconosciuto anche Papa Benedetto XVI che il 7 maggio del 2010 lo ha proclamato Beato».

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Il cuore del vostro carisma è la scoperta vocazionale. Come definirebbe la vocazione? «Il nostro carisma è molto particolare: formare vocazioni alla vita sacerdotale, ma non solo, indirizzarle ovunque Dio le chiami. Per comprendere cos’è una vocazione, immagini un piccolo seme che Dio pianta nel cuore di ciascuno. Esso è un dono consegnato da Lui per riempire le nostre vite. Prima o poi ognuno si accorge della missione a cui il Padre l’ha predestinato: mamma, medico, insegnante, suora… ciascuno ha il proprio ruolo nella trama che Dio ha scritto. Preghiera, lavoro e sacrificio: ecco il motore delle nostre vite consacrate». Oggi la nostra società sembra essere un terreno troppo sterile per far germogliare vocazioni alla vita consacrata. Ecco perché molte giovani suore sono straniere. Come interpreta questo fenomeno? «Il degrado e la perdita dei valori hanno reso “aride” tante anime. La nostra società è troppo spesso povera di fede; c’è poca preghiera, poca obbedienza, ancor meno devozione: si “guarda il Cielo” solo nelle difficoltà. Oggi possediamo già tutto e non ci mettiamo alla ricerca di niente; ed è così che troppe chiamate restano ignorate. Le suore straniere vengono spesso da realtà di miseria e deso-

lazione: è lì che gli animi umili riescono ancora a dire “sì” a Dio». Quante suore straniere ospitate nella vostra casa? «Qui a San Marzano siamo otto suore. Sei consorelle sono straniere: provengono da India, Madagascar, Brasile e Indonesia. Poi ci siamo io e suor Rosa che siamo campane». Oltre la ricerca vocazionale, gestite anche una piccola scuola dell’infanzia. Quanti sono attualmente i bambini che ospitate nella vostra struttura? «Abbiamo circa 50 bambini riuniti in due sezioni. A loro offriamo una formazione didattica, ma cerchiamo anche di guidare i loro primi passi di piccoli cristiani in cammino. Siamo anche molto impegnate nella parrocchia di San Biagio: siamo catechiste, Ministri straordinari dell’Eucarestia e curiamo la biancheria per l’altare». Al termine della chiacchierata ripassiamo nell’atrio della scuola ormai vuota. Prima di congedarmi, suor Patrizia mi ricorda che “quando ci si sente demoralizzati, persi nei grovigli della vita, è sufficiente poggiare la mano sul cuore per ascoltare la voce del Padre che sempre ci chiama”. Martina Grimaldi


IN BACHECA a cura della Redazione

Auguri di buon compleanno «Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nello zelo; siate invece ferventi nello spirito, servite il Signore. (Rm 12, 10-11) Padre Giuseppe Ferraioli (S. Giovanni Battista e S. Maria del Ponte, Roccapiemonte) ha festeggiato 39 anni, il 2 febbraio; don Ciro Scarpetta (cappellano cimitero Nocera Inferiore) ha compiuto 72 anni, il 5 febbraio; mons. Antonio Calabrese (S. Bartolomeo Apostolo, Corbara) compie 68 anni, il 16 febbraio; padre Natalino Rauti (S. Alfonso, Pagani) festeggia 51 anni, il 19 febbraio; don Vincenzo Califano (S. Maria delle Grazie, Lavorate di Sarno) spegne 57 candeline, il 28 febbraio. Auguri!

Don Vincenzo Califano

La gioia della redazione La redazione di Insieme e la comunità diocesana partecipa alla gioia di don Mario Ceneri e della parrocchia San Michele per aver condiviso la celebrazione eucaristica con Papa Francesco in Santa Marta, lo scorso 14 novembre. Don Mario Ceneri ha presentato al Santo Padre le preghiere della comunità di Episcopio e in particolare dei ragazzi del catechismo scritte su un rosario di fiori, una lettera delle monache di Santa Chiara e ha chiesto la benedizione dell’anello d’argento della professione solenne di suor Ada Clara.

Padre Natalino Rauti

Padre Giuseppe Ferraioli

Buon compleanno ai nostri referenti Lucia Amoruso (Santa Maria del Carmine, Angri) ha festeggiato il compleanno lo scorso 21 gennaio; Enrico Annunziata (San Sebastiano, Sarno) compie 39 anni, il 18 febbraio. Affidiamo le vostre vite a Maria, Madre della vita, perché accresca in voi la luce della fede. Auguri!

Enrico Annunziata


LA COPERTINA a cura di Mariarosaria Petti Don Romualdo Calcìde insieme ai bambini della parrocchia

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orte aperte e sguardo loquace. Una persona umile in un luogo semplice. Don Romualdo Calcìde, parroco della parrocchia di San Biagio a San Marzano sul Sarno, ci accoglie così, con un sorriso. Sono passati solo quattro mesi dal suo arrivo in parrocchia e questo è un anno – come preferisce chiamarlo lui – di “conoscenza”. «La comunità che mi ha accolto mi ha fatto fin da subito sentire a casa. Una comunità già formata, che ha saputo fare propri gli insegnamenti del parroco che mi ha preceduto, don Giovanni Iaquinandi». Mentre risponde alle nostre domande il suo viso si fa serio e dalle sue parole si evince la gratitudine a Dio. Gli chiediamo dei sentimenti che hanno accompagnato il suo passaggio dalla parrocchia Regina Pacis di Angri a San Biagio di San Marzano, e come un padre che sa di essere investito di importanti responsabilità ci dice che bisogna sempre rispondere alla chiamata di Dio, poiché «ciò che il Signore propone è sempre il meglio». Prosegue: «Affrontare un cambiamento è sempre positivo. È uno sprone a fare sempre di più e meglio. Certo, si soffre, perché è un po’ come abbandonare la casa in cui si è vissuti per tanti anni, ma il compito di un sacerdote è portare le persone a Gesù Cristo, e non a se stessi». Don Romualdo continua a raccontare del notevole impegno che spende ogni giorno per questa parrocchia, l’unica del

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Il significato dell’obbedienza Il tempo della “conoscenza” per don Romualdo, da quattro mesi parroco della comunità di San Biagio in San Marzano sul Sarno Don Romualdo

La Chiesa è (anche) donna A colloquio con Suor Miriam e Suor Mary

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a comunità di San Biagio è arricchita dalla presenza delle Suore delle Divine Vocazioni, ordine fondato dal Beato don Giustino Maria Russolillo, la cui memoria liturgica viene celebrata il 2 agosto. Le suore dell’ordine, situato nel territorio parrocchiale, oltre ad occuparsi di una scuola materna, sono inserite in tutte le attività parrocchiali: corsi di cresima e di battesimo, catechismo e liturgia. Le celebrazioni sono allietate dalle loro angeliche voci, tra le quali

si distingue quella dolcissima e melodiosa di Suor Mary. Più di ogni altro incarico, le consorelle sentono il peso di sostenere e accompagnare i parroci nella loro missione pastorale. «Noi ci sentiamo un po’ come Maria – confessa Suor Miriam con il suo accento straniero ma in perfetto italiano – e ogni sacerdote è un piccolo Gesù da tener d’occhio da lontano, cui stare accanto con discrezione e senza invadenza, ma senza mai abbandonarlo». Lavinia Bassano


GLI INVIATI DI INSIEME QUESTO MESE CI PRESENTANO LA COMUNITÀ DI SAN BIAGIO IN SAN MARZANO SUL SARNO

I volti della comunità Tra i tanti laici al servizio della comunità di San Biagio, ricordiamo e ringraziamo Luciano Vastola, presidente dell’Associazione Editrice Insieme che dal 2006 si impegna per la diffusione della rivista. Ogni mese, grazie al suo instancabile impegno e al sostegno del parroco, la nostra rivista raggiunge più di 100 famiglie.

paese, e della collaborazione dei fedeli, sempre pronti a rispondere ad una sua chiamata. Tante sono le tradizioni radicate che hanno fatto la storia di questa comunità. La famiglia dove il sacerdote ha accolto e coltivato la sua vocazione: da ministrante di un tempo, ora abita l’altare come presbitero, animato da tanti nuovi progetti per i suoi fedeli, di condivisione e apertura. La navata della chiesa sorta nel 1700 ci accompagna all’uscita, lasciamo alle nostre spalle le statue dei santi disposte nel braccio di una croce latina e ci congediamo da un Pastore che sta imparando a conoscere ed amare il suo gregge. Donatella Salvati

Una pagina intensa Parroco per oltre vent’anni della comunità, ora vicario generale della Diocesi: don Giovanni Iaquinandi, un prete innamorato

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al 1990 fino allo scorso anno è stato Pastore instancabile della parrocchia di San Marzano: don Giovanni Iaquinandi, vicario generale della Diocesi, è una delle pagine più intense della storia della comunità di San Biagio. Da bambino scopre qui l’amore per l’Eucarestia, una vocazione esemplare di chi consuma le ginocchia davanti a Cristo. Il suo dialogo ininterrotto con Dio meraviglia tanti ragazzi della parrocchia: nasceranno cinque vocazioni durante il suo ministero a San Marzano. Il primo è stato don Luigi Lamberti (eremita diocesano presso l’Eremo di sant’Erasmo in Corbara), poi è toccato a don Romualdo Calcìde, a cui qualche mese fa ha passato il testimone come guida dei suoi fedeli. Il terzo è stato don Antonio Adinolfi (Santa Maria Maggiore, Nocera Superiore), poi don Andrea Annunziata (San Giovanni Battista, Nocera Inferiore), infine don Andrea Amato (San Giovanni Battista e San Bartolomeo Apostolo, Nocera Superiore). Senza dimenticare Valentino Ruggiero, giovane seminarista. Mariarosaria Petti

Don Giovanni Iaquinandi

UNA COMUNITÀ “WORK IN PROGRESS” Incontrando i cantieri parrocchiali

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ella nostra visita alla comunità di San Biagio abbiamo avuto la possibilità di incrociare i diversi gruppi che solitamente si incontrano in parrocchia e che, avvisati da don Romualdo, ci aspettavano con affetto ed entusiasmo. Ci siamo imbattuti in giovani in preparazione alla cresima e al matrimonio. Ad alcuni di essi questo percorso di formazione ha dato l’opportunità di riannodare quel filo delle fede sciolto ormai da tempo, ad altri la possibilità di continuare il cammino nella ricerca della Verità. Tutti però mostravano l’entusiasmo e la gioia che solo la bellezza dello stare tutti insieme può dare. Una allegria ri-

trovata anche sul volto dei responsabili dell’Oratorio, impastata con la fatica e l’amore del servizio reso ai bambini dai 6 ai 16 anni, che si mettono alla prova con il canto, con il teatro e con varie esibizioni. Tre gli appuntamenti tradizionali: “Una canzone per te” in aprile, che vede i bambini dilettarsi in una gara canora; “Una voce per San Biagio” a luglio in occasione della festa del S. Patrono; nel mese di settembre “La Corrida” e infine lo spettacolo teatrale di Natale. Insomma, una parrocchia piena di iniziative e soprattutto ricca di persone che si spendono per il prossimo. Lavinia Bassano

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NEWS DALLE PARROCCHIE a cura di Mariarosaria Petti

S. Alfredo Sarno

Un presepe vivente in cammino La notte speciale vissuta dalla comunità in attesa della venuta del Bambino Gesù

L Gli allievi del Liceo “A. Galizia” di Nocera Inferiore

San Matteo Apostolo Nocera Inferiore

Concerto di Natale Giovani e musica: un viaggio nella tradizione

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eligiosità, giovani e cultura: queste le parole chiave per sintetizzare il concerto di Natale, che si è svolto il 17 dicembre 2013 nella Chiesa di San Matteo Apostolo, animato dagli allievi del Liceo musicale “A. Galizia” di Nocera Inferiore. L’evento ha rappresentato l’occasione per vivere un’esperienza davvero unica che ha premiato il lavoro serio e assiduo dei docenti e della dirigente, prof. Maria Giuseppa Vigorito e ha offerto a tanti ragazzi la possibilità di esprimere le loro abilità musicali. Si sono alternati ben quattro gruppi di alunni, divisi in base agli strumenti che suonavano, esibendosi in brani famosi del repertorio natalizio sia nazionale che internazionale e proponendo un lungo viaggio musicale e spirituale nella tradizione, dal ‘300 in poi. Si sono intrecciati suoni, incontrate melodie, nate dolci armonie: merito dei musicisti in erba. Con gli strumenti a plettri, a pizzico, ad archi e a fiato si sono esibiti, con bravura e talento, gli alunni, diretti dai loro maestri, creando con l’arte dei suoni dolci musicalità. Le note di White Christmas, Astro del Ciel, Chorale, Italian Suite, diffondendosi in tutta la Chiesa, hanno evocato una suggestiva atmosfera natalizia ed è stato come viaggiare sull’onda delle emozioni della musica ritmica sinfonica, molto apprezzata dagli astanti. Molti i genitori e gli insegnanti spettatori, emozionati e interessati al concerto organizzato grazie all’impegno della referente, prof. Cristina Petrosino e ad Ambra Sorrentino, che ha condotto la serata. La Chiesa di San Matteo Apostolo è stata lo scenario ideale per ospitare un evento coinvolgente, a cui sono stati tributati tanti applausi. Maria Bonfiglio

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a notte di Natale 2013 ha avuto inizio alle ore 17:00, con l’accensione in tutte le case di un cero come segno di attesa della venuta di Gesù. Alle ore 23:00, nella località di Acquarossa, si è messo in cammino un presepe vivente diretto verso la Chiesa, per poi procedere con la Messa di mezzanotte. Il momento più forte è stato quando il nostro parroco, padre Pietro, ha elevato il Bambinello Gesù verso l’alto per poi adagiarlo tra le braccia della Madonna insieme a San Giuseppe, come segno della Sacra Famiglia. Tutti avvolti dalla gioia di tanti angioletti, pastori, re Erode, soldati ma soprattutto tantissimi fedeli. Questa Santa Notte è stata molto sentita: sarebbe bello se questa grande partecipazione si ripetesse ogni domenica, giorno del Signore. Il giorno dell’Epifania si sono svolti tre cortei al seguito dei Magi da tre parti della parrocchia. Andrea Pappacena

Padre Pietro eleva il Bambino Gesù, accanto a Maria e Giuseppe, interpreti del presepe vivente


Il presepe realizzato con i bambini per l’Avvento

San Sisto II Pagani

La luce di Betlemme a Pagani Grazie all’Agesci il treno della luce raggiunge tutta l’Italia, anche il nostro Sud

L San Giovanni Battista Angri

Un mistero da scoprire Celestino, un angelo con la testa sulla terra

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er l’avvento 2013 noi catechiste della Collegiata San Giovanni Battista in Angri abbiamo realizzato insieme al nostro parroco, mons. Vincenzo Leopoldo, e a tutti i bambini del catechismo un progetto che ha visto come protagonista un angelo di nome Celestino, che ci ha aiutato a comprendere meglio il mistero del Natale. Ogni domenica ci ha inviato delle stelline con messaggi chiave per vivere le quattro settimane di Avvento. Durante le messe domenicali i bambini hanno distribuito alle famiglie presenti i messaggi ricevuti durante l’ora di catechismo, rendendosi così a loro volta messaggeri del Natale. Insieme ai bambini – con l’aiuto anche dei genitori – è stato poi realizzato un presepe con i personaggi del Dossier catechista dell’anno 2012. Sono stati aggiunti quattro alberelli, uno per ogni settimana, sui quali i bambini hanno attaccato i vari propositi personali su cartoncini di forma diversa: una stella per l’impegno della preghiera; una nuvola per una mancanza d’amore; una candela con il proposito di parlare di Gesù a qualcuno; un cuore per una buona azione. Abbiamo, inoltre, allestito una mostra di angeli realizzati in famiglia con materiali di libera scelta. Il progetto si è concluso con una rappresentazione dell’avventura di Celestino, scritta da noi catechiste: un modo per coinvolgere con gioia le famiglie a vivere con intensità l’Avvento insieme ai loro figlioli. Rosaria Scoppa

a lampada ad olio che arde perennemente nella Chiesa della Natività a Betlemme fornisce la prima fiammella ad un bambino austriaco che la porta a Linz e da lì si diffonde in vari Paesi. I treni della luce, che portano le lampade ad olio con la luce di Betlemme e che inizialmente si fermavano al Sud Tirolo, giungono oggi fino al Sud Italia grazie al coinvolgimento dell’Agesci. A Napoli il 14 dicembre scorso, alle ore 18.45 c’era un Capo Scout di Pagani 1, accompagnato dall’associazione “Papa Charlie” di Pagani che ha fornito l’automezzo per il trasporto della luce. Nella parrocchia di S. Sisto la sera del 14 la luce è stata accolta con una veglia di preghiera, al termine della quale ogni famiglia ha potuto attingere dalla grande lampada e portare alle proprie case la luce della speranza che illumina la Chiesa del Bambino Gesù. La diffusione della luce è continuata anche domenica mattina, 15 dicembre, in piazza S. Alfonso dove la Comunità Capi (Andrea Priore, Francesco Rivello, Roberto Califano, Marilù Pepe, Rachele Coppola e Luigi De Simone) e i Lupetti del gruppo Pagani 1 hanno allestito un gazebo e donato un piccolo cero con la luce di Betlemme. I collaboratori dell’associazione Papa Charlie, come angeli custodi, vegliavano sulla luce e sui tanti lupetti che, per la piazza, invitavano le famiglie ad accendere il proprio lumicino e portare nelle loro case quel segno tangibile di pace e speranza. La Comunità Capi -AGESCI- Pagani 1 La comunità Capi Agesci Pagani 1 e la luce di Betlemme

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Un momento della recita dei bambini

Santa M. Maddalena in Armillis Sant’Egidio del M. A.

La gioia della vita consacrata L’impegno umano e spirituale di Suor Maria Fara

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a vita consacrata è profezia»: queste le parole di Papa Francesco in occasione della XVIII Giornata della vita consacrata, celebrata lo scorso 2 febbraio. Un vero dono anche per la nostra Chiesa locale: tra le Congregazioni religiose più attive nella nostra diocesi vi è quella delle Suore di San Giovanni Battista, fondata nel 1878 dal Beato Alfonso Maria Fusco per l’educazione e l’istruzione delle bambine orfane e bisognose. Presso l’Abbazia viva è la testimonianza del Beato, grazie alla presenza di Suor Maria Fara, che quest’anno festeggia 60 anni di vita consacrata. Nata nel 1935 in uno storico comune in provincia di Caserta, Vairano Patenora, secondogenita di quattro figli nati da genitori “timorati di Dio”, frequenta il “doposcuola” nella sede delle Suore Battistine che già si trovano nel suo paesino. All’età di 15 anni sente forte la chiamata del Signore alla vita religiosa e, mentre la madre accoglie con gioia tale dono, il padre si rattrista molto per tale scelta. Ciò non le impedisce di frequentare il postulandato ed il noviziato a Roma. Qui prende i voti il 4 dicembre del 1954 assumendo il nome di Maria Fara in onore di un’antica badessa di origine francese. Nel 1965 arriva ad Angri. Il suo carisma spirituale e la particolare dedizione ai ragazzi ha spinto poi don Enzo Califano a coinvolgerla nelle attività di catechismo presso l’Abbazia di Sant’Egidio. Da allora il suo impegno parrocchiale è stato costante e profondo nelle coscienze di adulti e bambini. Maria Ermelinda Di Lieto

Suor Maria Fara in orazione presso la Chiesa di Nostra Signora di Lourdes

Santa Maria Addolorata San Potito

Un piccolo Natale a San Potito La storia della salvezza interpretata dai bambini della parrocchia, con un attore speciale

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ccomi!”: la trama è semplicissima ed originale. Racconta la storia della salvezza, prendendo spunti dai Vangeli, con un accenno alla profezia di Isaia. Tutto si svolge tra il Cielo e la terra. Conduttore della vicenda l’Arcangelo Gabriele, prediletto per gli incarichi più importanti. Con un piccolo problema. Ogni volta che saluta i colleghi o si compiace del lavoro fatto, ecco – come deus ex machina – comparire l’Eterno Padre. E questo non fa sempre piacere perché significa ulteriore lavoro. Sembra complicato ma le scene si svolgono in successione graduale e leggera. Gli Angeli ricordano la profezia: «Una vergine concepirà…», Dio ordina a Gabriele di volare fino a Nazareth (ma dove si trova questa Nazareth per un ignorante in geografia?), ad una donna di nome Maria (ma quante Marie ci sono sulla terra!). Dall’annunciazione alla Vergine si passa al dubbio di Giuseppe, spinto da un vivace diavoletto a non credere alle parole angeliche. Poi la decisone: «Ora vado da Maria!». La nascita di Gesù a Betlemme, la chiamata dei pastori alla grotta ed infine il grande annuncio della salvezza per tutti i popoli. I Magi e perfino il diavoletto vengono ad adorare il Salvatore. Gli attori? Una decina di ragazzi della parrocchia. Le catechiste (Antonella, Daniela e Carmela) improvvisate registe. E l’Eterno Padre? È stata una vera sorpresa ed un segreto per piccoli e grandi. La durata? Con un Padre Eterno presente non si può misurare il tempo. Comunque è durata 20 minuti! Don Natalino Gentile


San Giovanni Battista Striano

“Striano canta il Natale” Prima rassegna di concerti natalizi: corali a confronto

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l coro parrocchiale severiniano in collaborazione con il Centro Happy Music e la parrocchia San Giovanni Battista di Striano hanno organizzato la prima rassegna natalizia “Striano canta il Natale – gran concerto”. L’idea nasce dal desiderio di riunire tutti i concerti che si tengono ogni anno nella nostra parrocchia in un’unica e speciale serata dove ogni corale ha potuto confrontarsi e migliorare a livello musicale e soprattutto spirituale. Con questa manifestazione si sono chiusi i solenni festeggiamenti in onore di San Severino Abate, apostolo del Norico e patrono della città di Striano. Ad aprire la kermesse è stato il coro severiniano che ha eseguito due canti strianesi: l’inno al Santo Patrono di Felice Marciano junior e la “Ninna Nanna” di Felice Marciano senior. A seguire le corali Laudate Dominum del maestro Claudio Boccia, Brillanti Armoniae del maestro Girolamo De Luca e Sancta Mater Dei del maestro Roberto Sedia. Le esibizioni delle corali sono state intervallate da esecuzioni di musica classica del maestro Vincenzo Vincenti, al flauto traverso e del maestro Alfio Fiorelli, al pianoforte. In qualità di organizzatore dell’evento, desidero ringraziare Vincenzo Vincenti e Alfio Fiorelli, Giovanni Battista Esposito, la giovane Valentina Di Palma, che ha moderato splendidamente la serata e infine il parroco di Striano, don Michele Fusco. Una buona iniziativa per “aprire le porte” e uscire dalle sagrestie, come ci ricorda Papa Francesco. Raffaele Massa

Il coro parrocchiale severiniano

Il mosaico dell’altare maggiore e il coro “Che bella compagnia”

Santa Maria del Presepe Nocera Inferiore

Un canto di Natale Canzoni natalizie dal mondo: una serata tutta da ascoltare

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n’occasione per prepararsi al Natale, un momento di gioia e di riflessione per disporsi, attraverso delicate melodie, a vivere il tempo dell’attesa nella dolce atmosfera natalizia. L’appuntamento di qualità con la musica, che ha riunito un’intera comunità, ha avuto inizio alle ore 20 del 14 dicembre 2013, dopo la celebrazione eucaristica, presieduta dal parroco, don Ciro Galisi. Ad esibirsi Piera Frangione, con il coro della sua “Che bella compagnia” che ha intonato canti natalizi, ispirati sia al repertorio classico che a quello popolare, spaziando dalla musica sacra al Gospel. Le dolci armonie hanno pervaso le navate dell’auditorium molto raccolto, regalando emozioni profonde ad un ben nutrito pubblico. Le voci, ben integrate e alternate fra loro, hanno fatto da cornice alla poesia del Natale che si respirava in parrocchia, grazie al meraviglioso mosaico dell’altare maggiore, rappresentante la Natività, su cui si legge “Gloria in excelsis Deo”. Moltissimi i presenti, i quali hanno assaporato stupendi canti, interpretati con grande partecipazione: White Christmas, Astro del ciel, Notte placida, Oh happy day, per citarne alcuni. Ogni canto è stato uno scrigno di sorprese: ricordi, sentimenti, sogni sono emersi dai cuori dei presenti, rendendo ogni animo più sereno e disponibile all’altro. Con Quan nascette ninn ‘a Betlemme la voce calda e suadente di Piera ha fatto sentire a tutti il vero significato del Natale. Maria Bonfiglio


I partecipanti alla sesta edizione de “Le piccole voci d’oro”

San Teodoro Martire Sarno

Il Natale agli occhi dei più piccoli Una rappresentazione per raccontare i grandi temi di oggi alla luce della nascita del Bambino

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ria di festa, atmosfera d’attesa: è il clima che hanno respirato e fatto vivere gli alunni del Plesso di Masseria della Corte del Terzo Circolo Didattico di Sarno. A Natale hanno partecipato alla Santa Messa celebrata da don Vincenzo Buono e si sono esibiti in canti, drammatizzazioni ed esecuzioni di brani con il flauto. Gli alunni delle varie classi, ai quali è stata consegnata la Lettera di Natale del vescovo Giuseppe Giudice, hanno messo in scena il Natale napoletano tradizionale e hanno aiutato l’assemblea a riflettere su temi quali la guerra, il carcere e la solitudine attraverso uno spettacolo dal titolo “Dove deve nascere il Bambino oggi?”. «Sicuramente genitori, alunni ed insegnanti hanno avuto spunti per meditare – ha dichiarato don Vincenzo – siamo convinti che il Natale si può vivere ogni giorno quando siamo al servizio della verità, della solidarietà e della pace». Giovanna Vincenti

La consegna della Lettera del vescovo Giuseppe ai bambini

Regina Pacis Angri

Piccole voci d’oro Successo per la sesta edizione della kermesse canora che interessa grandi e piccini

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l 12 gennaio si è svolta la sesta edizione de “Le piccole voci d’oro”, manifestazione canora che interessa grandi e piccini, ma dove i protagonisti sono i bambini. 23 piccoli cantanti si sono esibiti sulle note di canzoni italiane degli anni sessanta e settanta, nella palestra della scuola media Galvani. Evento organizzato dall’Associazione Nomos, realtà no-profit presente nella parrocchia Regina Pacis. Ad aprire la serata sono stati gli allievi della scuola di danza Arte Balletto di Angri che si sono esibiti in varie discipline, dall’hip hop alla danza classica. Stupore e meraviglia tra i bambini grazie all’illusionista Grimaldi, che ci ha divertiti con le sue candide colombe. Come ogni anno l’Associazione Nomos ha pensato di lasciare ai piccoli partecipanti un dolce pensiero consegnato loro direttamente da Peppa Pig e dal suo fratellino George. Le tre canzoni che si sono aggiudicate il podio sono state: Insieme a te non ci sto più, al primo posto, interpretata da Giorgia Gaeta; Ma che freddo fa, al secondo posto, cantata da Maria Fontanella; Vent’anni, al terzo posto proposta da Miryam Russo. In più una medaglia per il merito ad ogni partecipante. Antonella Salvati


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IN PARROCCHIA

A CURA DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE SANTA MARIA DEL CARMINE - SS. ANNUNZIATA ANGRI

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Alcuni membri del coro della parrocchia dell’Annunziata durante la celebrazione di ingresso di don Silvio Longobardi e don Salvatore Fiocco lo scorso primo ottobre

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“Cantare è proprio di chi ama” Cinque cori assicurano il servizio liturgico del canto alle due comunità Santa Maria del Carmine e Santissima Annunziata

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sabato pomeriggio, in chiesa il coro guidato da Francesco La Femina è impegnato nelle prove dei canti mentre fuori imperversa un temporale furioso. Ragazzi, adolescenti, adulti e giovani mamme seguono con attenzione le indicazioni del maestro. Affascinato dal tripudio di voci che forma un’unica armonia che scalda il cuore, un vecchio scout, preso dalla nostalgia per i canti suonati al fuoco di bivacco, chiede in prestito la chitarra e prova un canto insieme ai ragazzi. È un’esplosione di gioia. Il giorno successivo, la comunità ringrazia il coro che anima la Messa domenicale delle 10,00 nella parocchia Santa Maria del Carmine e le altre celebrazioni solenni. Completa il quadro il coro guidato da Antonio Rosa che anima la Messa domenicale delle 11,30. Il maestro Giuseppe Aversa, che guida il coro ufficiale della parrocchia dell’Annunziata, con poche parole delinea l’essenza della funzione liturgica del canto: “la musica deve aiutare i fedeli ad entrare nel mistero pasquale”, accompagnandoli a vivere il sacrificio che si consuma sull’altare. La Messa delle 10,00 è animata dal coro dell’Azione Cattolica, alle 18,30 entra in scena il coro del Rinnovamento nello Spirito Santo. Emerge, in questa parrocchia, la ricchezza dei movimenti che mettono al servizio della comunità i doni ricevuti. Come dice sant’Agostino “cantare è proprio di chi ama”.

Carmine Giordano e Salvatore Alfano hanno elaborato il logo delle due parrocchie. Il segno grafico racchiude e sintetizza la relazione che intercorre tra le due comunità

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l logo delle parrocchie Santa Maria del Carmine e Santissima Annunziata è stato concepito tenendo conto della particolare relazione che intercorre fra le due comunità. Tre gli elementi grafici utilizzati: al centro di un cerchio stilizzato troviamo la Chiesa e la Croce, anch’esse stilizzate. La Chiesa rappresenta la casa di Dio e di tutti i fedeli, la forma e il colore scelto richiamano, nello stesso tempo, anche l’idea del monte. Il riferimento è al Monte Carmelo. Alla base della Chiesa vi è il secondo elemento: le persone. La sagoma stilizzata delle persone, capovolta, dà forma alla Chiesa stessa. Con questo segno grafico vogliamo ribadire che le donne e gli uomini sono la Chiesa. Il terzo elemento è il cerchio, che rappresenta l’Eucarestia ma anche l’unione fra le due parrocchie richiamando l’unica piazza nella quale esse sono poste. I colori chiari e decisi danno il senso della gioia dello stare insieme.

Quali luci accendere a Natale? Spesso si cercano i colori più belli per stupire, per creare quell’atmosfera di pace, di amore, di attesa. Anche nella piccola parrocchia di Santa Maria del Carmine di Angri si sono accese le luci natalizie con un musical realizzato dai fanciulli del catechismo che, sotto lo sguardo della bella Madonna del Carmelo, sono diventati stelle, cometa, pastori, re magi. Sono state coinvolte le famiglie della parrocchia in un breve ma intenso momento di vita comunitaria. Quali luci accendere a Natale? Quelle dei fanciulli che sono i veri testimoni del messaggio di Dio in tutta la loro purezza. Elisabetta Cafaro

Il recital dei bambini del catechismo della parrocchia Santa Maria del Carmine

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A CURA DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE SANTA MARIA DELLE GRAZIE CASATORI SAN VALENTINO TORIO

I bambini impegnati nel recital natalizio portato in scena il 6 gennaio

Intenso cammino di preparazione al Natale, segnato dall’assenza di don Gaetano Ferraioli. La comunità ha sperimentato la gioia della nascita di Gesù, sostenuta da un radicato cammino di fede e dal sostegno dei sacerdoti che l’hanno guidata in questo tempo speciale

Sorretti dal suo amore

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a nostra comunità parrocchiale ha vissuto il tempo di Avvento e il Natale con una carica straordinaria. Convocati - come tutta la Chiesa - ad unire tutte le energie per “accogliere” il Verbo della vita, in una cornice speciale: l’assenza del nostro parroco don Gaetano Ferraioli, chiamato a vivere la stagione della sofferenza. Il nostro cammino di attesa ha avuto un sapore particolare, nel cuore avevamo la consapevolezza di essere una famiglia e una comunità in cammino, alle spalle un forte bagaglio di fede. Elementi che ci hanno aiutato a non smarrirci, pieni della presenza dello Spirito. Il sostegno di don Giuseppe Pironti. In questo percorso un prezioso aiuto sono

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stati i sacerdoti che hanno sostituito don Gaetano, in particolare don Giuseppe Pironti che ha vissuto, con i ragazzi del cammino formativo ACR e con i vari settori e i fedeli della comunità, l’attesa e la gioia dell’accogliere il Dio con noi. Don Giuseppe, con la sua esperienza e armato di tanta buona volontà, come un attento apostolo di Cristo non ha fatto mancare nulla a ciascuno di noi. Con grande impegno e non senza qualche sacrificio siamo riusciti a realizzare ogni attività messa precedentemente in programma, giungendo preparatissimi all’appuntamento clou, posto a conclusione del cammino: il recital natalizio dei ragazzi messo in scena il 6 gennaio. Un appuntamento che ogni anno ci consente di riscoprire e valorizzare i doni e i carismi dei nostri giovani. Grande la gioia

e la felicità dei piccoli per la presenza di don Gaetano - spesso chiedevano di lui - che non ha voluto mancare all’appuntamento che coinvolge ragazzi, genitori, parenti ed amici. Lavorare insieme. In questo tempo straordinario abbiamo sperimentato l’amore di Dio per noi, che si è reso vivo nella collaborazione tra ragazzi, educatori e famiglie, grazie all’aiuto di don Giuseppe Pironti, don Michele Fusco, padre Giovanni Castellaz e don Enrico Ascolese. Questa è stata la nostra esperienza di vita! Una famiglia ricca di buona volontà che, presa per mano dalla Madonna, ha vissuto la gioia di contemplare il Dio Bambino, sperimentando la sua presenza in gesti e azioni concrete. Marianna Vergati e Valeria Fedele


A CURA DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE SAN GIOVANNI BATTISTA NOCERA INFERIORE

UN DIALOGO MISTERIOSO Lo scorso 5 gennaio, la comunità ha ascoltato la lettura drammatizzata della Lettera di Natale “Prisco in famiglia – Dialogo nella notte santa”, coordinata dal Gruppo di Animazione Culturale

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lla presenza del vescovo Giuseppe Giudice è stata letta, in forma drammatizzata, la Lettera di Natale che il Pastore diocesano ha voluto donare ai bambini: “Prisco in famiglia – Dialogo nella Notte Santa”. Lo scorso 5 gennaio, dopo la celebrazione eucaristica, la comunità di S. Giovanni Battista ha potuto apprezzare la profondità e la pregnanza del messaggio natalizio scaturito dal dialogo serrato, ricco di

acute riflessioni, tra l’asino e il bue, i due animali miti che hanno riscaldato e, riscalderanno sempre, il “bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia” (Lc 2, 12). La lettura, fatta da Rosa De Martino e Rosaria Caldarese (voci narranti) e da Lorenzo Selice e Michele Raiola (l’asino e il bue), è stata arricchita dagli interventi di musica e canto del nostro coro di bimbi “Cantate, pueri, Domino” e della corale “Propheta Altissimi”,

coadiuvati dall’Ensemble strumentale parrocchiale, con la direzione del Maestro Pietro Sellitto. È stata, questa, la prima manifestazione del Gruppo di Animazione Culturale, che si è costituito di recente. Gli applausi calorosi del folto numero di fedeli presenti e i fervidi apprezzamenti del parroco e del vescovo hanno sancito la perfetta riuscita della manifestazione tenutasi a chiusura delle festività natalizie.

IL CAMPO INVERNALE

Animacuori e ministranti

Gruppo di giovani e giovanissimi che dal 29 al 31 dicembre ha partecipato al campo invernale. Nella struttura gestita dall’ANSPI ad Episcopio di Sarno i partecipanti hanno riflettuto sull’importanza dello stimarsi a vicenda e su come immaginano la parrocchia ideale. Tutti hanno contribuito a realizzare l’organigramma parrocchiale che, poi, è stato sottoposto e approvato nell’Assemblea parrocchiale del 13 gennaio.

La formazione dei giovanissimi e dei giovani è affidata agli animacuori. Nella celebrazione vespertina di domenica 19 gennaio, i primi 5 animacuori si sono impegnati davanti alla comunità a svolgere questo delicato compito. Nella stessa celebrazione 6 nuovi ministranti hanno promesso di servire con gioia il Signore nelle celebrazioni liturgiche: hanno ricevuto il loro abito liturgico e si sono impegnati a continuare il loro cammino di fede cercando di comprendere sempre meglio la profondità del servizio a cui sono stati chiamati.

Novizi ed Educacuori La formazione dei bambini e dei ragazzi è affidata alle catechiste e agli educacuori. A loro si sono aggiunti, nella celebrazione delle 11 di domenica 19 gennaio, altri 2 educacuori e i primi 6 novizi. Questi ultimi si mettono in gioco e diventeranno educacuori dopo un tempo di “tirocinio” che chiamiamo noviziato. In redazione: Alfonsina Vicidomini, Annateresa Scarpa e Francesco Coppola

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A CURA DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE MARIA SS. DI COSTANTINOPOLI NOCERA SUPERIORE Un momento dell’Adorazione eucaristica

E IL VERBO SI È FATTO CARNE L’Avvento e il Natale della comunità

“I

l Verbo che si fa carne”, in queste poche parole sta tutta la grandezza e la pienezza del mistero del Natale: il Figlio di Dio che si fa figlio dell’uomo, l’infinito che si fa finito, l’Onnipotente che si fa fragilità. Non si può festeggiare il Natale a pieno senza almeno comprendere il mistero dell’incarnazione. Solo così infatti possiamo ritrovare il senso di questa festa tanto amata e attesa che spesso però ci investe con impegni, corse, pranzi e regali. L’unico modo per sfuggire alla distrazione è fermarsi e lasciare scandire il tempo dalla liturgia, che ci accompagna passo dopo passo fin dentro al significato più autentico del Natale.

Con la novena del Natale ci siamo preparati ad accoglierne il mistero: nella liturgia ricca e solenne della Messa di mezzanotte abbiamo gioito con gli angeli e i pastori per quel bimbo in fasce che chiedeva di essere accolto; con l’adorazione eucaristica e il canto del Te Deum del 31 dicembre abbiamo ringraziato Dio per tutto ciò che ogni giorno ci dona e il primo gennaio, ancora riuniti tutti intorno all’Eucarestia, abbiamo affidato a Lui ogni giorno del nuovo anno. E nella liturgia, in comunione con tutta la Chiesa universale, accogliamo ancora, ogni giorno, il Verbo che si fa pane e viene ad abitare in mezzo a noi. Fabio Senatore

Gnocchi, a Betlemme Don Natalino, inviato speciale per il presepe vivente di Uscioli

I

l periodo natalizio è un susseguirsi di sacre rappresentazioni. Ce ne sono davvero di tutti i tipi, dai presepi classici e tradizionali ai più moderni. Ci sono poi i presepi “naturali”, e chi ha la fortuna di conservare ancora un angolo storico nel nucleo più antico del paese, riesce a ricreare l’atmosfera dell’habitat orientale ed ebraico. Con la guida di fiaccole, attraverso vicoli antichi (forse dimenticati dagli stessi abitanti) ti fermi all’osteria per un sorso di vino, un forno acceso sta preparando pane e focacce; un maniscalco batte sull’incudine forgiando una spada; qualcuno dorme al lume di una bugia, il pastore sorveglia i suo gregge. In un ampio cortile interno, esperte massaie, impastata la farina e stesala col mattarello, ne ricavano lunghi e sottili filamenti. In una pentola bolle la salsa, il formaggio è già grattato. «Se aspettate qualche minuto, sarete il primo ad assaggiare» mi dice confidenzialmente una delle cuoche, che mi riconosce. Non si può rifiutare. Cosa si può gustare con più simpatia se non un piatto di gnocchi caldi e fumanti? Ma dove siamo? A Betlemme? No, ad

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Uscioli di Pecorari, a Nocera Superiore. Il percorso è gradualmente finalizzato alla grotta della natività. Tra balle di paglia Maria dà il ciuccio al Bambino, tra la soddisfazione di Giuseppe e l’ammirazione degli angioletti. Nella semplicità la grandezza di un Dio che si fa uomo: questione di fede. Don Natalino Gentile

La natività

Il presepe vivente

La testimonianza di Fabio Giornata meravigliosa: «Bisogna inchinarsi e aiutare il prossimo soprattutto se è povero» ha ricordato il Papa e poi a me ha detto: «Fabio prega per me affinché io possa fare lo stesso per te». E poi su mio espresso desiderio ha tirato fuori dalla sua tunica il rosario con la stessa croce che aveva al petto e me lo ha donato. Erano le 11 e 36 minuti. Grazie Papa Francesco! Fabio De Simone


COORDINATRICE DELLA REDAZIONE PARROCCHIALE MARIA ANGELA BISOGNO Foto di gruppo al “pranzo di solidarietà”

Aggiungi un posto a tavola La comunità festeggia con i fratelli immigrati

P

er concludere le feste natalizie e iniziare il nuovo anno con lo spirito giusto, giovedì 9 gennaio si è svolta in parrocchia la “Festa dell’amicizia” che don Roberto con tanta sensibilità ha voluto riproporre anche quest’anno per tutti i nostri fratelli immigrati, persone di confessioni e culture diverse, che arricchiscono la nostra comunità. Tutto si è svolto in un clima di affetto e serena fratellanza. Ortodossi, cattolici e appartenenti ad altre religioni sono stati ben felici di intessere nuove amicizie e rinsaldare quelle già

esistenti, soprattutto con il parroco. È stato per tutti noi un momento educativo e autentico di fede. Pochi giorni prima, domenica 5 gennaio al Centro Sociale di via Russo, è stato preparato un gustosissimo “pranzo di solidarietà” con tante famiglie locali e amici immigrati, promosso dal gruppo adulti di A.C. e con la collaborazione dell’MGC e degli Scout. È stata una giornata stancante ma preziosa che ci ha fatto respirare la bellezza della vita nelle sue diverse sfaccettature. È incredibile quanti miracoli compia l’amore. Susy Ferrentino

Ancora una volta insieme a Papa Francesco La comunità ha partecipato ad una udienza generale del Santo Padre

È

stata davvero straordinaria l’esperienza vissuta il 18 dicembre scorso insieme a migliaia di persone. Siamo ritornati da Papa Francesco, all’udienza generale. Arrivati presto in piazza S. Pietro, in una mattinata fredda ma soleggiata, pur con la stanchezza di una sveglia notturna, era tanta l’ansia e la gioia. Alle 9:40, il Papa ha cominciato il suo lungo giro tra la folla. Una delegazione della nostra parrocchia è riuscita a consegnare al Pontefice un bellissimo quadro raffigurante Maria SS. di Costantinopoli, a cui la nostra Chiesa è dedicata, con San Pasquale Baylon. Diversi nostri bambini hanno consegnato alle guardie di sicurezza dolcetti, piccoli doni e lettere in un’atmosfera di entusiasmo generale. Proprio come accadeva 2000 anni fa

quando Gesù passava tra la folla e le persone facevano di tutto per cercare di toccare un lembo del mantello o come fece Zaccheo, che per cercare di vederlo salì sul sicomoro. Quanti di noi sono saliti sul sicomoro quel 18 dicembre! Intensa la catechesi sul Natale, festa della fiducia e della speranza: il Papa ha invitato noi cristiani a metterci al servizio del prossimo, affinché i fratelli e le sorelle non si sentano mai soli. Dopo l’udienza, il pranzo nel Convento dei Santi Apostoli, vicino piazza Venezia, e poi un giro per il centro di Roma preparata per il Natale. Le parole del Papa hanno rafforzato la speranza nel Bambino di Betlemme che ci porta la notizia che siamo singolarmente ed immensamente amati da Dio. Barbara Senatore

Verrà un Bambino, di nome Gesù Lo spettacolo dei bambini, intrattenimento principale del “Christmas Village”

È

il titolo dello spettacolo di canti che i bambini del catechismo hanno messo in scena guidati dai catechisti, per festeggiare insieme il Santo Natale. Per la prima volta, momento di intrattenimento principale dell’evento “Christmas Village”, organizzato dalla parrocchia dal 13 al 15 dicembre scorso. Il sagrato della Chiesa è diventato un palcoscenico per piccoli artisti e la strada un pullulare di genitori e parenti spettatori. La storia racconta di un bambino che ha fatto un sogno in cui Gesù lo ha informato della sua venuta. Tra incredulità e stupore, ecco che il Bambino viene accolto.

La recita dei bambini

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A CURA DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE MARIA SS. DELLE TRE CORONE SARNO I giovani della parrocchia in visita ai piccoli degenti del reparto di pediatria dell’Ospedale di Sarno

Tanti modi per dire

“Buon Natale” Numerose le iniziative proposte nel periodo di Natale per fare gli auguri alla comunità parrocchiale e a tutti i fedeli

O

gni gruppo si è cimentato nella preparazione di un messaggio di auguri speciale, capace di contagiare il cuore dei destinatari con la gioia della nascita di Gesù. Il recital e gli auguri. Il giorno di Natale l’ACR ha messo in scena il recital “Ognuno al proprio posto”: tre stelle narravano la nascita di Gesù Bambino a Betlemme tra la meraviglia dei pastori e l’adorazione dei Magi. La serata si è conclusa con un canto comunitario. Il gruppo adulti di Azione Cattolica, nella stessa serata, ha scritto un pensiero rivolto a tutti: giovani e meno giovani, ammalati, e a tutte le persone bisognose di affetto. Dense di significato le parole rivolte ai giovani: «Un augurio per i giovani affinché ritrovino la fiducia in se stessi e la forza per reagire alle difficoltà della vita, senza aggrapparsi ai falsi idoli del

gioco, della droga e del potere». La tombolata e la visita ai piccoli degenti. Il gruppo giovani ha organizzato una tombolata musicale per trascorrere una serata di fraternità e festa con tutti i membri dell’Azione Cattolica. Il gruppo giovanissimi e 18/20 anni ha scelto, invece, di allargare gli orizzonti del proprio cuore, coltivando un’attenzione particolare per chi vive momenti di difficoltà. Il 4 gennaio i ragazzi si sono recati presso il reparto di pediatria dell’Ospedale di Sarno per donare ai piccoli degenti una calza piena di dolci. In cambio hanno ricevuto una carica di felicità e forti emozioni. Piccoli gesti, segni semplici nati per condividere la gioia del Natale. I gruppi di AC

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A CURA DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE SANTA MARIA DEL CARMINE PAGANI

Particolare della parrocchia santa Maria del Carmine che dallo scorso mese di maggio è sempre aperta al mattino

Porte aperte

F

acendo tesoro del tema che sta accompagnando l’anno pastorale 2013-2014 per il quale siamo invitati a riflettere sull’accoglienza “per ridare all’evangelizzazione il gusto di una chiesa accogliente”, la nostra parrocchia si è impegnata e si sta impegnando a tenere “le sue porte aperte” anche di mattina. A fine aprile dello scorso anno, un gruppo di persone, parlando con il nostro parroco don Enzo, ha chiesto perché la Chiesa di mattina, per la maggior parte dei giorni della settimana, restava chiusa. Il Pastore, che già aveva in cuor suo il desiderio espresso dai fedeli, di aprire le porte della Casa di Dio anche di mattina, ha colto l’occasione per iniziare questa nuova esperienza.

Grazie alla disponibilità di un gruppo di fedeli, dallo scorso mese di maggio la parrocchia Santa Maria del Carmine in Pagani è sempre aperta di mattina, per permettere a chiunque di fermarsi e sostare davanti a Dio sia la sua funzione nella Chiesa, è un soggetto attivo di evangelizzazione. Confortati da tali incoraggiamenti, le porte della chiesa continueranno a restare aperte, perché questa esperienza fa bene sia a coloro che si alternano nei turni in chiesa - dedicando del tempo al Signore, cercano di portare agli altri l’amore di Gesù che sperimentano nella loro vita, la gioia e la bellezza della sua amicizia -, sia a coloro che entrano anche solo per farsi il segno della croce o che si fermano per fare una breve pausa o sosta durante tutti gli impegni frenetici che si susseguono nel corso della giornata. Maria Lamberti

La disponibilità di giovani e adulti. A partire dal mese di maggio dello scorso anno, mese dedicato alla Madonna, sono stati organizzati dei turni, dalle ore 9 alle ore 12:30, allo scopo di permettere a coloro che ne sentivano il bisogno di venire in chiesa a pregare o anche soltanto di sostare un po’, stando in compagnia di Gesù. Un gruppo di giovani e adulti si è organizzato, spendendo una o due ore del proprio tempo settimanale ha sposato questa idea. Il mese di maggio è subito trascorso, siamo arrivati a metà luglio, fino alla festa della Madonna del Carmine, poi c’è stata la pausa estiva. A settembre questa iniziativa è ripartita, con maggiore entusiasmo, sostenuti dalle parole del nostro Vescovo, mons. Giuseppe Giudice, sulle modalità dell’accoglienza riportate negli Orientamenti Pastorali “E chi accoglie Me”, e da quelle scritte da Papa Francesco nell’Esortazione apostolica “Evangelii Gaudium”, con la quale incoraggia la Chiesa ad essere aperta, accogliente e misericordiosa. Siamo tutti discepoli e missionari. Il Papa, infatti, invita la Chiesa ad avere “le porte aperte” sia nel senso letterale dell’espressione che in quello spirituale, affermando che tutti noi, nella Chiesa, siamo discepoli e missionari: discepoli perché riceviamo la fede e missionari perché la ritrasmettiamo. Infatti, ciascun battezzato, qualunque

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A CURA DELLE COMUNITÀ PARROCCHIALI SANTA MARIA DELLE GRAZIE E SAN FRANCESCO DI PAOLA

I giovani durante un momento di preghiera

«B

uongiorno. E casomai non vi rivedessi, buon pomeriggio, buonasera e buonanotte!» (Truman Burbank). È il saluto con cui siamo stati accolti noi giovani delle comunità di Santa Maria delle Grazie e San Francesco di Paola che abbiamo scelto di partecipare al campo invernale tenutosi dal 27 al 29 dicembre presso l’Istituto Suore Figlie di Sant’Anna di Lacedonia, in provincia di Avellino. Il campo, fortemente voluto dal nuovo parroco don Raffaele Corrado, ha avuto come obiettivo quello di promuovere una pastorale di comunione tra le due comunità. Così, grazie a questa breve convivenza e alle attività preparate dai responsabili, i due gruppi, che salendo sul pullman il 27 mattina erano ben divisi e piuttosto diffidenti, sono scesi dopo due giorni dallo stesso autobus come un unico grande gruppo. Questo strano fenomeno di coesione si è avuto anche tra le cuoche che, tra la preparazione di un primo piatto e la degustazione di un dolce, ci hanno accompagnato in questo percorso di conoscenza e condivisione. Il film. Il viaggio alla scoperta degli altri per riscoprire l’Altro ha avuto inizio con il cineforum: protagonista è stato il film drammatico del 1998 The Truman Show, diretto dal regista de L’attimo fuggente (1989) Peter Weir e interpretato magistralmente da Jim

PAGANI

Un viaggio alla scoperta dell’altro Carrey. La pluripremiata pellicola narra la storia di Truman Burbank: un trentenne apparentemente pieno di vita e sempre sorridente che ignora di essere l’attore protagonista di uno spettacolo televisivo, il Truman Show: un racconto sulla sua stessa vita, ripresa in diretta sin dalla nascita, quando fu prelevato da una gravidanza indesiderata e “adottato” da un network televisivo. Grazie ad una serie di eventi, inizia a dubitare della sua vita perfetta e, dopo aver scoperto la verità, sceglie di abbandonare lo show per iniziare a vivere la sua vera vita. Molteplici le riflessioni scaturite dalla visione del film che hanno animato il dibattito e dimostrato come ciascuno possa fornire un tassello per il mosaico d’insieme.

Dal 27 al 29 dicembre i giovani delle comunità parrocchiali Santa Maria delle Grazie e San Francesco di Paola hanno partecipato al campo invernale, organizzato da don Raffaele Corrado con lo scopo di promuovere una pastorale di comunione tra le due comunità

La preghiera. Dopo risa, giochi e chiacchiere, il 28 sera ci siamo ritrovati tutti per l’adorazione eucaristica. Durante quest’ora sospesa nel tempo della preghiera, ognuno ha ringraziato per il dono di questo campo e per i nuovi legami nati. Prima di partire, il 29 mattina, abbiamo partecipato alla Santa Messa. Don Raffaele ci ha invitato a fare attenzione alle insidie della superbia e dell’invidia, ricordando che facciamo tutti parte dell’unica e grande famiglia di Cristo. E i giovani cristiani, più degli altri, sono chiamati a testimoniare l’unità. Dilia Rea Le cuoche distribuiscono una bella spaghettata preparata per i ragazzi

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SENZA CONTARE I PASSI

Un momento della Celebrazione eucaristica Foto di gruppo

Don Raffaele insieme ad una giovane che ha partecipato al campo

Una fiaccolata ha unito le due comunità parrocchiali per festeggiare insieme alle Figlie della Carità e del Preziosissimo Sangue la solennità dell’Epifania e l’anniversario della fondazione della Congregazione

L

o scorso 6 gennaio, in occasione dell’anniversario della fondazione della Congregazione delle Figlie della Carità e del Preziosissimo Sangue, una fiaccolata è partita dalla Chiesa di Santa Maria delle Grazie e, dopo aver attraversato alcune strade della città di Pagani, ha fatto tappa presso la Chiesa di San Francesco di Paola per continuare poi il suo tragitto fino alla Chiesa di Sant’Anna, adiacente la Casa Madre delle Suore del Preziosissimo Sangue, dove è stata celebrata la santa Messa. Durante il percorso, portando nel cuore le parole del Beato Tommaso Maria Fusco - Andiamo a Dio con semplicità e camminando senza contare i passi - è stata portata in processione la statua del Bambino Gesù. I protagonisti principali

sono stati i bambini, coinvolti anche nell’animazione della celebrazione con canti e balli. Le suore, che si dedicano all’istruzione e all’educazione della gioventù, all’assistenza degli ammalati e degli anziani, ci hanno accolto con gioia per festeggiare insieme l’Epifania del Signore e l’anniversario della loro fondazione. Durante la celebrazione, don Raffaele e le due comunità hanno ringraziato per l’ospitalità ricevuta, auspicando che possano esserci in futuro altri momenti di condivisione. Dopo la celebrazione eucaristica, una festa ha coinvolto grandi e piccini con l’arrivo della Befana che ha distribuito dolciumi e leccornie. Dilia Rea

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A CURA DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE SANT’ANTONIO DI PADOVA POGGIOMARINO COORDINATORE DI REDAZIONE MARIANO ROTONDO Don Aldo insieme ai bambini incontrati in Tanzania

Padre Aldo,

il parroco missionario in Tanzania Visita e condivisione con padre Valentino: «A Poggiomarino ho imparato ad amare più intensamente Dio»

È

rientrato a metà gennaio a Poggiomarino, il parroco padre Aldo D’Andria. Il suo viaggio missionario in Tanzania è durato circa due settimane. Un viaggio pieno di emozioni ed anche preoccupazioni come lui stesso racconta nel suo “diario di bordo” scritto durante il “soggiorno”, dove ha incontrato padre Valentino, il parroco accolto per diversi mesi a Poggiomarino e che ora guida una parrocchia nella sua terra. Padre Aldo, cosa ha pensato prima di atterrare in Africa e quali sono state le prime tappe all’arrivo? «Prima di prendere il volo per la Tanzania pensavo che il cuore del sacerdote è il cuore stesso di Dio. Pensavo di dire alla piccola comunità cristiana di padre Valentino che “nel cuore di Dio non si misurano le distanze: non ci sono né vicini, né lontani, siamo tutti al centro, nell’intimità delle sue attenzioni”. All’uscita mi imbatto subito in Valentino vestito con un clergyman marrone chiaro: ci sta dentro due o tre volte per quanto gli va largo. Ma mi dice: dovevo venire così vestito perché una persona importante doveva arrivare». Quali sono i ricordi e le emozioni che conserverà di questa esperienza? «Ricordo con molta paura la strada che conduceva alla casa e tutte le invocazioni che ho fatto al Signore per preservarci da quella via pericolosissima e ricordo anche la risposta di padre Valentino alle mie preoccupazioni: “Padre Aldo, tutto fa parte del tuo atto di amore per Gesù e per i fratelli”. Nel mio silenzio esteriore e nel mio parlare interiore continuavo a ripetermi: “Solo un pazzo d’amore per il Regno di Dio può venire fin quassù”. Infatti, padre Valentino mi dirà successivamente che molti confratelli suoi hanno rifiutato questa parrocchia». Spiritualmente, cosa può dare Poggiomarino ad una terra come la Tanzania? «Valentino dice che, vivendo tra noi a Poggiomarino, ha conosciuto, visto e vissuto un altro modo di essere missionari, con più dedizione, passione e attenzione verso tutti, nessuno escluso. In queste sue parole ho ritrovato me stesso quando accettai di partire per le Filippine. Nei giorni trascorsi lì ho viaggiato moltissimo ed ho avuto la grazia anche di battezzare una bambina.

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Per un missionario che cosa c’è di più bello, di più gratificante, che sentirsi strumento nelle mani di Dio per generare a vita nuova?». Come ha trovato padre Valentino? «In ottima forma e al lavoro. Con la sua comunità sta costruendo nuovi locali per i fedeli e lo fa con le proprie braccia e trasportando i materiali con la sua vecchia Toyota». Mariano Rotondo

Gli amici del presepe insieme a padre Silvano Controne

AMICI DEL PRESEPE 25 anni d’amore per la Natività

S

i è svolta anche quest’anno nella parrocchia di Sant’Antonio di Padova la premiazione dei presepi e delle vetrine poggiomarinesi. L’evento è organizzato dall’Associazione “Amici del Presepe” che dal 1989 si adopera con ogni mezzo per la conservazione, lo studio e la promozione dell’arte presepiale, creando fra i suoi cultori fraterni vincoli di collaborazione culturale e di amicizia per valorizzare e far conoscere con ogni mezzo l’attività degli artigiani, organizzando annualmente un concorso. La premiazione è avvenuta subito dopo la celebrazione eucaristica della domenica sera. Hanno conquistato il podio per il premio delle vetrine natalizie Sara Home di Sara Palmisciano, L’Orchidea di Giovanni Carfora e Pasticceria De Luca. Il primo premio per la realizzazione del presepe più originale è andato in ex-equo ai signori Izzo e Quarantiello mentre ai signori Garante ed Imparato il secondo e terzo premio.


PAGINE DELLA NOSTRA STORIA di Silvio Longobardi

Il maestro di papa Wojtyla Jan aveva scelto di fare il sarto, seguendo le orme del padre, per avere il tempo per la preghiera. Messa e Comunione quotidiana. Una vita ritirata fino a quando, nella Polonia occupata dai nazisti, non giunse la chiamata ad occuparsi dei giovani

I

Jan Tyranowski (1901-1947)

suoi genitori avevano altri desideri per lui ma Jan aveva scelto di fare il sarto, seguendo le orme del padre, per avere il tempo per la preghiera e fare del suo stesso lavoro una preghiera. Messa e Comunione quotidiana. Amore ardente per la Vergine. Nutriva la sua fede con la meditazione dei mistici, Teresa d’Avila e Giovanni della Croce erano i suoi preferiti. Una vita ritirata fino a quando giunse la chiamata ad occuparsi dei giovani. La Polonia era occupata dai nazisti, alcuni sacerdoti della parrocchia Santo Stanislao di Cracovia furono deportati, era necessario continuare l’attività con i giovani senza dare troppo nell’occhio. Jan Tyranowski era la persona adatta. Tra i discepoli vi era Karol Wojtyla. Poco dopo la sua precoce morte, il giovane don Karol scrisse un ritratto che alcuni anni fa fu pubblicato in italiano (I miei amici, una raccolta di testi di K. Wojtyla, supplemento a Il Sabato, 1990/20) Jan, scrive Wojtyla, era una persona innamorata di Dio, aveva una profonda vita interiore e da essa traeva la luce per guidare gli altri. Non erano le sue parole a convincere – “non possedeva una preparazione né filosofica né teologica” (p. 38) – ma la sua vita, la sua umanità trasfigurata dalla grazia. Era il testimone visibile e credibile di quella vita divina di cui parlava con passione: “Ci mostrava Dio molto più dei suoi discorsi e dei libri” (p. 31). Il suo desiderio – perseguito con lucida determinazione – era quello di dare ai giovani quello che lui stesso aveva ricevuto, portarli fin dove lui stesso era arrivato (p. 37). Non solo dava il meglio ma dava tutto se stesso. Educare in fondo vuol dire semplicemente comunicare la propria anima. Il resto è affidato alla libertà.

Non si limitava a trasmettere una dottrina, sapeva come parlare con ciascuno di quei giovani e cercava di far emergere quelle risorse, depositate dalla grazia, che ciascuno possedeva nel fondo della sua anima. (p. 30). Jan non voleva semplicemente insegnare qualcosa, egli voleva davvero cambiare la vita dei suoi giovani, a partire da un radicale “cambiamento interiore” che solo lo Spirito santo poteva realizzare. Egli non voleva convincere ma, attraverso la preghiera e la meditazione, cercava di condurre i giovani all’incontro con Dio, egli sapeva per esperienza personale che solo imparando a stare dinanzi a Dio, faccia a faccia, è possibile trasformare l’intera esistenza. Qualche volta, aggiunge don Karol, sembrava mancare di tenerezza e mostrava poca attenzione per “certi ideali puramente umani”. Ma tutto questo “non si trasformava mai in malizia o in asprezza; colpiva anzi come un tratto della sua vita interiore”. In realtà, attraverso questo atteggiamento che poteva apparire rude e severo, egli intendeva comunicare che tutto il bene possibile è sempre e solo relativo a Dio, “Bene incommensurabile, l’unica misura assoluta di bene e di male del destino umano” (p. 40-41). Un educatore a tutto tondo che ha fatto della sua sartoria un laboratorio di fede e di santità, una scuola di formazione alla vita sacerdotale. Non poté partecipare alla prima Messa del giovane Karol, era già malato, morì pochi mesi dopo. Una vita umile e nascosta che abbiamo potuto conoscere grazie a quel discepolo che la storia ha imparato a conoscere ed amare. Insieme Insieme- -Febbraio Febbraio2014 2014

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LE PAROLE DELLA CRISI di Peppe Iannicelli

Nuovo appuntamento con la nostra rubrica, uno spazio per riflettere attraverso le parole sul periodo sociale e politico che stiamo vivendo. La parola che vi proponiamo questo mese è: prezzo

Il prezzo giusto Imparare a spendere ancora meglio i soldi, moltiplicando la valutazione responsabile degli acquisti e delle scelte, per un consumo critico

L

a crisi economica rende sempre più povere le nostre casse. “I soldi si sono fatti piccoli” si sente dire sempre più spesso tra i banchi dei mercati rionali o tra gli scaffali dei supermercati. Le statistiche della Caritas sono drammatiche: nel 2013 gli italiani beneficiari dei pacchi alimentari raccolti da parrocchie e volontari hanno superato gli stranieri. Fino a qualche anno orsono si acquistava senza neanche verificare il prezzo. Adesso si domanda sempre quanto costa, ma forse non ci chiediamo se davvero sia giusto il prezzo. Pensiamoci un attimo. Quando acquisto un bene o un servizio mi domando se la filiera produttiva rispetti l’ambiente, la legalità, i diritti dei lavoratori? O mi interessa solo spuntare lo sconto a tutti i costi? In tempo di crisi economica prolungata – ricorda Nazzareno Gabrielli, responsabile area commerciale di Banca Etica – è necessario “tradurre” in prezzo anche i costi sociali e ambientali delle scelte che facciamo. Per l’oggi, ma anche per il futuro, per il luogo in cui viviamo, ma anche per i paesi lontani da noi. Questa traduzione non è quasi mai offerta

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Quando acquisto un bene o un servizio mi domando se la filiera produttiva rispetti l’ambiente, la legalità, i diritti dei lavoratori?

in maniera esplicita, ma ci sono tanti modi di scegliere il consumo responsabile ed oggi è più semplice di quanto si pensi. Ci sono le certificazioni, le etichette, i gruppi di acquisto solidale, i negozi del commercio equo che promuovono solo prodotti che rispondono a questi requisiti. C’è la filiera corta e la possibilità di conoscere direttamente i produttori delle cose che acquistiamo. Non solo, spesso i prodotti che fanno bene all’uomo e all’ambiente provengono da cooperative sociali: una forma di impresa che promuove la mutualità e crea lavoro con particolare attenzione alle categorie più deboli. Il nuovo anno appena cominciato si annuncia durissimo. Il nostro potere d’acquisto sarà sempre più limitato. Per questa ragione dobbiamo sapere spendere ancora meglio i nostri soldi moltiplicando la valutazione responsabile

degli acquisti e delle scelte. Tocca anche ai governanti assumere questo nuovo criterio di valutazione. Ne parlavamo qualche giorno orsono su di un treno di pendolari. Ci stavamo spostando in ottocento tra due capoluoghi in totale relax e sicurezza ed a prezzo contenuto. Se avessimo scelto l’auto avremmo speso molto di più ed avremmo viaggiato in modo decisamente più faticoso per l’impegno della guida. Ma il PIL – parametro della ricchezza nazionale – cresce di più se si usa l’auto (benzina, pedaggio, acquisto vetture) secondo i parametri attuali. Chi usa il treno muove di meno il PIL. Ma questo conteggio è giusto? Usando il treno quanto inquinamento, quanti incidenti, quanto stress in meno abbiamo accumulato? È il caso di cominciare a conteggiare anche tali parametri per decidere d’investire sulle ferrovie piuttosto che sulle strade.




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