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GIUGNO 2014 N. 6 ANNO IX - € 2,00

IL PUDORE NELLA CITTÀ ABITATA DA INTERNET Giovani, genitori e media a confronto sul Discorso alla Città del vescovo Giuseppe L’INTERVISTA

L’INIZIATIVA

LA SCUOLA

Carmela Tortora, neo presidente dell’A.C. diocesana

Una settimana dedicata alla famiglia

300 studenti dell’Agro all’incontro con il Papa



EDITORIALE di Silvio Longobardi

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ra il 10 maggio 1981, tre giorni prima dell’attentato. La domenica successiva era previsto il referendum sull’aborto. Giovanni Paolo non ebbe tentennamenti, su questo tema non ne ha mai avuti. Sapeva di andare controcorrente e di dire cose scomode. Era la domenica del buon Pastore, dedicata alle vocazioni. Ma quel giorno un altro tema pesava sulla coscienza di padre e pastore della Chiesa, parlò a lungo dei bambini non ancora nati e della responsabilità che la società civile ha nei loro confronti. E chiuse ricordando una frase di madre Teresa: “Ogni bambino ucciso con l’aborto è un indice di grande povertà, perché ogni vita umana è importante e ha un carattere speciale per Dio”. Il Papa della famiglia e della vita commentò: “Facendo tutto per salvare l’uomo dalla miseria materiale, madre Teresa – questo mirabile testimone della dignità dell’umanità – fa di tutto per difendere anche la sua coscienza dalla insensibilità e dalla morte spirituale”. Sono queste le parole che vorremmo sentire anche oggi dagli uomini di Chiesa che ricoprono ruoli di responsabilità, vescovi, sacerdoti e laici. Per aprire un varco nelle coscienze anestetizzate da una cultura che non riconosce più valore a quei bambini temporaneamente ospitati nel grembo delle loro madri. Sono come avvolti in una nube, il diritto tace, anzi approva e aiuta chi sopprime quella fragile vita. In questo contesto è più che mai necessario confortare l’impegno generoso e gratuito di quanti lottano a mani nude per aiutare le mamme a custodire la vita. Sono i memores vitae. E tra questi anche quelli che scelgono di stare dinanzi agli ospedali dove si praticano aborti pregando con la corona del Rosario, un gesto di fede, un’azione eloquente e mite ma anche una presenza pubblica per ricordare a tutti che la vita di ogni uomo va accolta come un bene prezioso. Tra questi memores c’era anche don Oreste Benzi, fondatore della comunità Papa Gio-

Onore ai memores vitae È necessario confortare l’impegno generoso e gratuito di quanti lottano a mani nude per aiutare le mamme a custodire la vita vanni, il prete che ha dedicato tutta la vita ai poveri e agli emarginati. Nell’Esortazione Evangelii gaudium Papa Francesco ha detto chiaramente che su questo tema la Chiesa non torna indietro perché il concepito non ha minore dignità del povero o dell’immigrato. Anche i bambini nel grembo materno sono poveri e indifesi, anzi lo sono più degli altri, sono i “più poveri dei poveri”, come amava dire madre Teresa. Ma non basta ripetere questo principio. È necessario favorire e incentivare in tutti i modi possibili quanti s’impegnano per la vita nascente e sostenere, con impegni concreti, quelle famiglie e quelle mamme che sentono la gravidanza come un macigno. La verità, ha detto Papa Francesco ai vescovi italiani, deve essere sempre intrecciata con la carità. Il Papa ha chiesto ai Pastori e alle diocesi gesti concreti ed eloquenti che rendono più credibile il Vangelo che annunciamo. Si parla troppo poco di questi temi e ci sono troppi dubbi che finiscono per favorire un atteggiamento ancora più tiepido nella comunità cristiana. “Se vuoi la pace, difendi la vita”, diceva Paolo VI negli anni ’70. Su questo argomento, aggiungeva, l’insegnamento della Chiesa “non è mutato ed è immutabile”. Un Papa che ebbe il coraggio di dire la verità anche a costo di perdere il consenso dentro e fuori la comunità ecclesiale. Un Papa che oggi la Chiesa si appresta a beatificare come un fedele testimone di Cristo.

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Sommario

IL PUDORE NELLA CITTÀ ABITATA DA INTERNET

Giugno 2014

Giovani, genitori e media a confronto sul Discorso alla Città del vescovo Giuseppe L’INTERVISTA

Carmela Tortora, da un mese alla guida dell’Azione Cattolica diocesana

L’INIZIATIVA

LA SCUOLA

Una settimana dedicata alla famiglia

300 studenti dell’Agro all’incontro con il Papa

PRIMO PIANO a cura della Redazione

3 EDITORIALE Onore ai memores vitae di Silvio Longobardi

7 L’ETERNA TENTAzIONE 8 L’INFORMAzIONE NELLA PIAzzA MEDIATICA 10 I SOCIAL NETwORk PER I NATIVI DIGITALI 12 C’È ChI DICE NO 13 UNA FAMIGLIA IMPEGNATA 14 ALLA SCUOLA DEL SILENzIO

5 L’ABC DELLA FEDE I sacramenti, dono della Pasqua risponde mons. Giudice

15 BAChECA I nostri auguri a cura della Redazione

16 SCUOLA & UNIVERSITà Una lezione per trecentomila studenti di Martina Nacchio

VITA NELL’AGRO 20 Una risorsa per il Paese di Salvatore D’Angelo

VITA ECCLESIALE 25 “Signore da chi andremo?”

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di Donatella Salvati

26 Umiltà e semplicità per guidare l’Azione Cattolica di Mariarosaria Petti

IN DIOCESI

36 Il mondo dietro le grate di Martina Grimaldi

42 Volontariato: l’invito ai giovani a cura dell’Ufficio per la pastorale della salute

43 NEwS DALLE PARROCChIE Notizie dalle parrocchie a cura di Mariarosaria Petti

48 IN PARROCChIA Pagine parrocchiali a cura di Antonietta Abete

Togni: una vita sotto lo chapiteau

58 LE RUBRIChE Pagine della nostra storia di Silvio Longobardi

59 Arte... rischi di don Natalino Gentile

60 Le suore Francescane di sant’Antonio a cura di padre Paolo Saturno

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DON ENRICO SMALDONE

62 Il legale risponde a cura dell’avv. Gianni Severino

62 LE PAROLE DELLA CRISI Super Santos contro droga, bullismo e camorra di Peppe Iannicelli

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Le attese di Francesco

Foto di copertina Salvatore Alfano

GIUGNO 2014 N. 6 ANNO IX - € 2,00


L’ABC DELLA FEDE risponde mons. Giuseppe Giudice

I sacramenti, dono della Pasqua Dal costato squarciato di Cristo sulla Croce sgorgano acqua e sangue, segno del Battesimo e dell’Eucaristia. Ecco perché la Chiesa consiglia di celebrare questi due sacramenti nel Tempo pasquale

Eccellenza, ho una figlia che il prossimo anno si accosterà per la prima volta alla mensa eucaristica. Può spiegarmi perché la Chiesa consiglia di celebrare i sacramenti nel Tempo di Pasqua? Carmelina

Carissima Carmelina, dal cuore squarciato di Cristo sulla Croce nasce il sacramento della Chiesa. L’acqua e il sangue sono il segno del Battesimo e dell’Eucaristia che sempre sgorgano dal cuore di Cristo in croce. Nasce la Chiesa, la nuova Eva, dal fianco del nuovo Adamo, Cristo dormiente sulla Croce. È sorgente che zampilla fino alla vita eterna. Quella morte dona la vita; per questo i sacramenti sono segni pasquali della vita di Cristo, data in abbondanza. Il tempo pasquale è tempo opportuno, specialmente per celebrare il Sacramenti della Battesimo e dell’Eucaristia. Certamente la grazia non è ristretta ad un tempo particolare, ma la Chiesa nella sua saggia tradizione indica il tempo pasquale come tempo opportuno per la celebrazione dei sacramenti, doni della Pasqua. Riusciamo a comprendere noi che abbiamo stravolto tutti i calendari? Mons. Giuseppe Giudice

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IN PRIMO PIANO a cura della Redazione

L’ETERNA

tentazione

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ra i molteplici idoli del nostro tempo, molti anni fa il cardinale Giacomo Biffi annotava anche le comunicazioni sociali: “L’immagine assume sempre più lo spessore della realtà stessa. Chi non compare mai in televisione è come se non esistesse, chi compare è considerato per questo un maestro di vita da interrogare e da ascoltare su tutti i problemi”. Con quella buona dose di ironia che ha sempre condito i suoi discorsi, anche quelli più impegnativi, il porporato aggiungeva: “Ma non bisogna mai dimenticare che un asino, anche a filmarlo cento volte, non diventa un cavallo”. È l’eterna tentazione di apparire. Non sono tra quelli che si stracciano le vesti dinanzi all’uso malsano dei nuovi mezzi di comunicazione. In fondo, essi sono l’eco fedele di quelle contraddizioni che da sempre abitano il cuore dell’uomo: qui troviamo vizi e virtù, desideri santi e ambizioni meschine, slanci di carità eroica e scelte dettate dall’egoismo più squallido. Se è vero che senza soldi non si cantano Messe, come ricorda la sapienza popolare, è vero anche, anzi è ancora più vero, che senza soldi non si stampano giornali. Perché dunque stupirci se talvolta – o forse troppo spesso – la

stampa dà spazio a notizie e foto che solleticano la curiosità morbosa di tanti lettori? I canali televisivi vanno a ruota, anzi corrono sugli stessi binari. Esempi ce ne sono tanti, fin troppi, come ha ricordato anche il vescovo Giuseppe nel Discorso alla Città pronunciato lo scorso 30 aprile. Non sono stupito neppure di quello che accade sui social network. Quelli che una volta erano solo fruitori oggi sono diventati e si sentono sempre più protagonisti. E spesso usano i media per esprimere, in modo disordinato e istintivo, la rabbia e le paure che ciascuno porta dentro. La piazza virtuale è diventata così il luogo del confronto garbato ma anche dello scontro incivile. L’anonimato favorisce una comunicazione sguaiata e offensiva. Ma tutto questo è solo l’amplificazione di quello che ciascuno vive. Possiamo e dobbiamo denunciare l’uso sbagliato dei media, soprattutto quando è fatto da professionisti, possiamo e dobbiamo anche scrivere regole più severe. Ma senza farci illusioni. Un altro è il punto di partenza per dare un volto nuovo e più umano al vivere sociale. Ed è il cuore dell’uomo. E Dio solo ne possiede la chiave. Silvio Longobardi

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L’INTERVISTA

L’informazione nella piazza mediatica Il dovere di informare e i suoi limiti: a colloquio con Paolo Russo, caposervizio de Il Mattino di Salerno

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o scorso 30 aprile il vescovo Giuseppe Giudice ha rivolto, per il terzo anno consecutivo, il Discorso alla Città dell’Agro. Il tema scelto è “Il pudore nella città abitata da internet”. Un tema trasversale, che tocca i politici, la società civile, le famiglie, i giovani e anche i mass media che in questo ambito hanno un ruolo di primissimo piano. Lei si è occupato per molti anni, per Il Mattino, della cronaca della città di Napoli, adesso invece si occupa di Salerno e provincia. In base alla sua ricca e lunga esperienza, ritiene che c’è ancora un ruolo per il pudore e la riservatezza nella comunicazione? «Deve ancora esserci. È un dovere che va anche oltre le leggi che regolano, ad esempio, la privacy. Sul web come nella carta stampata. Due fronti diversi, con diverse peculiarità ma un’unica regola: non deviare dal diritto di informare considerando soprattutto l’effetto che una notizia può determinare. Riflettere e considerare: cosa accade se pubblico questa notizia? Una semplice domanda che deve sempre esserci dietro la decisione di spingere il tasto che mette in piazza, una piazza sempre più grande, fatta di persone, famiglie e bambini».

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Tutti i quotidiani, anche quelli nazionali, hanno un profilo fb. Spesso, in questo contesto, sono veicolate notizie più leggere. Qualche giorno fa il Corriere della Sera ha postato la notizia della separazione del calciatore Andrea Pirlo che si era recato in tribunale per porre fine al suo matrimonio. Una separazione nella quale sono coinvolti anche due figli. Secondo lei, notizie di questo tipo, vanno date al lettore o appartengono alla sfera personale e, pertanto, non andrebbero pubblicate? «Questo è uno dei casi che completa la domanda precedente. Il “privato” di un personaggio pubblico come Pirlo è tale fino a quando non incrocia un contesto pubblico, quale è anche l’aula di un tribunale per una separazione. Quindi la notizia può essere di interesse generale e per questo pubblicata nei limiti cui ci obbliga la tutela dei minori». I corrispondenti, ogni giorno, prima delle 12, le propongono diverse notizie dal territorio. Con quali criteri un caposervizio si orienta tra le diverse proposte? C’è un vademecum per decidere cosa pubblicare o rimandare al giorno successivo? «Non esiste un vademecum. E non esistono orari, per la cronaca, se non quelli del limite massimo entro cui una notizia può


essere pubblicata. Nella riunione del mattino si avvia la cucina del giornale non solo sulla base delle notizie ufficiali, ma anche secondo idee, inchieste che vanno oltre la cronaca stessa. I corrispondenti, soprattutto nella cronaca di una sezione del giornale che punta sul territorio, svolgono un lavoro e hanno un ruolo fondamentale. Sono l’anima della cronaca di una redazione che per il Mattino non è affatto “periferica” ma centrale anche per il giornale nazionale, con cui costituisce un unicum. I criteri con cui si selezionano sono banalmente le regole di un’informazione autonoma, mai di parte, che tenga conto, anche qui, dell’interesse dei nostri lettori. Compito difficile, ma tendere a questo obiettivo è un obbligo morale e culturale». I quotidiani fanno fatica a raccontare le realtà positive del territorio. Si dice che il positivo non fa notizia. Non crede che in un tempo di crisi, politica, economica e sociale come quella che stiamo vivendo, questo tipo di notizia debba, al contrario, avere un posto di primo piano nell’agenda setting di un giornale? «I giornali, proprio con lo sdoppiamento sul web dell’offerta, stanno cambiando. La velocità dell’informazione ci spinge a offrire sul sito internet le notizie, potremmo dire, da fast food, da mangiare al volo. I giornali dovrebbero offrire qualcosa di diverso e di più denso per il lettore del giorno dopo. Questo è lo sforzo che tutti quelli che lavorano nell’informazione stanno facendo. E in questo contesto, le buone notizie troveranno sempre più spazio». I fatti di cronaca spesso coinvolgono minori. In che modo sceglie di trattare queste notizie? «Mai foto, mai nomi, mai renderli riconoscibili scrivendo chi sono i genitori». Il mestiere del giornalista è difficile. Quello di un caposervizio è segnato da una complessità che ha confini certamente più vasti. Le è mai capitato di scegliere di non dare una notizia, mentre tutti gli altri quotidiani l’hanno pubblicata? «Molte volte, in particolare quando si tratta di suicidi. Per scelta pubblichiamo la notizia, anche qui, solo se si tratta di personaggi pubblici o che si rendono pubblici per la platealità del

loro drammatico gesto. Sempre con cautela e rispetto». I media e l’educazione. I media, scegliendo cosa pubblicare e come pubblicare, hanno un ruolo nell’educare il lettore. È d’accordo? «Dovrebbe essere così, ma è sempre più difficile. Se i lettori di giornali sono sempre di meno e il web diventa una giungla il compito è arduo. Ma non smettiamo di provarci». Che cosa accade se pubblico una notizia? Una domanda in apparenza semplice. Eppure, se ogni giornalista rispondesse a questo semplice quesito prima di decidere cosa scrivere e di chi scrivere potremmo costruire una società nella quale il diritto di informare e il rispetto per le persone camminano di pari passo. Come ha scritto Michel de Certeau “Il peso della parola è il silenzio che essa contiene; il peso del silenzio è la parola che esso non ha più bisogno di dire”. Antonietta Abete

Il pudore nel villaggio mediatico

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i chiediamo: che ne è del pudore, del ritegno, della riservatezza, del riserbo, del custodire nel cuore, nel tempo della navigazione nel mare aperto e insidioso della comunicazione odierna? Come mai, ed è domanda inquietante, con tutte le leggi e il Garante sulla privacy, oggi non siamo garantiti in niente e si dice di tutto e tutto dilaga nelle trasmissioni gridate e usate come piazza e mercato? Mentre ringraziamo per il dono di Internet, ci chiediamo però se il pudore è ancora di casa nel villaggio mediatico. Pudore e riservatezza, non solo dal punto di vista fisico, ma come stile e capacità di comunicazione, che mai deve offendere la dignità della persona. (Dal Discorso alla Città di mons. Giuseppe Giudice)

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NATIVI DIGITALI “Se sono su internet, sono” «Negli adolescenti e in coloro che sono in cammino di formazione, e questo può essere il lato negativo, si insinua una nuova filosofia: se sono su internet sono, altrimenti io non sono! Si insinua l’idea perniciosa che esistere vuol dire essere o non esserci su internet, mentre il mondo reale prende altre strade o si scolora ai nostri occhi. Si vuole essere sempre connessi, sempre presenti nel mondo virtuale, ma non sempre consapevoli di come si possono adottare alcuni strumenti semplici per continuare ad avere un minimo di riservatezza. Sempre connessi, anche se dentro sconnessi, col rischio di pentircene in seguito». (Dal Discorso alla Città di mons. Giuseppe Giudice)

I social network per i nativi digitali

«È

possibile che a sedici anni il mondo abbia il diametro del cortile di scuola?»: è la penna di D’Avenia a disegnare la grandezza dell’universo di Leo, il protagonista del fortunato romanzo Bianca come il latte rossa come il sangue. E tale misura basta a descrivere il macrocosmo di tutti gli adolescenti di oggi, nativi digitali? Sempre connessi con smartphone o tablet, tra un post o un tweet, il cerchio si allarga: uno spazio non controllato da genitori e adulti, in cui il tempo fragile dell’adolescenza rischia di cadere nella rete. Adolescenti a confronto. A raccontarci il loro rapporto con i social network, Antonio e Ilaria – due nomi di fantasia – che esprimono un’opinione anche sull’utilizzo improprio di altri coetanei. «Purtroppo molte persone pubblicano foto non adatte ad un social aperto a tutti e quando queste foto girano da profilo a profilo, i commenti aumentano e non sempre sono quelli che si aspetta

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Le testimonianze di due adolescenti sul loro rapporto con Facebook e con le altre piazze virtuali di vedere sotto ad una foto più provocante» è Ilaria, riservata e schiva, ad iniziare. Continua Antonio: «Molto spesso si celano persone adulte dietro falsi contatti, che spesso cercano di ottenere altro». Una deriva pericolosa, che negli ultimi anni ha provocato vere e proprie tragedie. Come dimenticare i casi di suicidio di giovanissimi, dopo il frequente utilizzo della piattaforma Ask.fm (Ask for me, il nome completo)? Coperti dall’anonimato, si accede alla piazza virtuale che consente di porre domande alla community, che poi risponde. Non è infrequente l’eventualità di attacchi denigratori


e offensivi, sconfinanti nel cyberbullismo. «Alcune volte le parole delle persone, che dietro ad un computer si trasformano, possono colpire e ferire le persone più emotive, che diventano vere e proprie vittime. Non è il mio caso, ma certamente le parole hanno un peso e quelle scritte uno anche più grande» commenta Ilaria. Spiega Tonino Cantelmi, psicoterapeuta esperto dell’impatto della tecnologia digitale sulla mente umana, in un’intervista a Punto Famiglia: «L’autore della violenza sferra un attacco micidiale utilizzando uno strumento troppo potente. Il cyberbullismo fa male, perché ha un numero incalcolabile di spettatori, perché è praticamente impossibile contrastarne la diffusione virale, perché è imprevedibile nei tempi e nei modi, perché è decontestualizzato, perché la vittima sperimenta un’impotenza straordinaria». «Molte volte evito di far trasparire i miei stati d’animo. Ormai Facebook è diventato un sito dove mettersi in mostra e non è una cosa che mi fa molto piacere», Ilaria riporta la sua percezione del famoso social network, facendo eco al parere dell’esperto: «A volte è una vetrina irreale dove prevale l’illusione. E soprattutto consente di rappresentare se stessi come se si stesse sempre su un palcoscenico: un altare celebrativo della “popolarità”, vero must dei giovani di oggi». La “coltivazione della bellezza”. Un’alternativa all’autocelebrazione narcisistica è possibile, se mettiamo a fuoco una lettura positiva di alcuni fenomeni emersi grazie ai social network, come so-

insieme Mensile di attualità e cultura dell’Agro Espressione della comunità ecclesiale nocerino-sarnese Registrato presso il Tribunale di Nocera Inferiore n. 624/06 del 16 giugno 2006. Iscritto al R.O.C. n. 14248 dal 28/07/06. Membro Federazione Italiana Settimanali Cattolici, Associato Unione Stampa Periodica Italiana

Editore Associazione Editrice Insieme Luciano Vastola (presidente) Direttore Responsabile Andrea Annunziata

Direttore Editoriale Silvio Longobardi Vicedirettore Antonietta Abete Redazione Salvatore D’Angelo e Mariarosaria Petti Segreteria di redazione Maria Luisa Franco Marketing Sofia Russo Hanno collaborato Mons. Giuseppe Giudice, Giovanni Severino, don Roberto Farruggio, Maria Sessa, Giovanni Giordano, Barbara Senatore, don Natalino Gentile, Gianluca Pepe, Ludovica Amodio, Giovanni Severino, Peppe Iannicelli, padre Paolo Saturno, don Antonio Mancuso, Maria Grauso, Loredana Manzo, Guido Iannelli, Costantina

stiene anche Cantelmi: «Ovviamente non si tratta di demonizzare uno strumento per molti versi utile ed interessante, ma di evidenziarne i limiti soprattutto per i bambini». È don Armando Matteo, docente di Teologia presso la Pontificia Università Urbaniana di Roma, a proporre la tesi con originalità: «Proprio sulle bacheche di Facebook, infatti, si può vedere all’opera un altro singolare elemento: ciò che potremmo chiamare una vera e propria coltivazione della bellezza. Numerose bacheche pullulano di citazioni, di aforismi, di dipinti, di video musicali e di brevi clip di film: spesso si tratta di autori (da De Andrè a Dostoevskij, passando per hesse, Tolkien), fuori dai canoni di studio, di cui i giovani si appropriano come di frode». I due giovanissimi intervistati vivono l’opportunità offerta dalla tecnologia di “tappezzare di bellezza” uno spazio accessibile illimitatamente. Ilaria confessa: «Devo ammettere di passare un bel po’ di tempo in giro su Facebook, twitter e altri social, ma molte volte semplicemente per ricercare immagini e frasi che mi rispecchino. Personalmente condivido frasi di canzoni che mi colpiscono». Antonio continua: «I social permettono di comunicare con persone lontane e consente loro di far vivere qualche momento importante, come potrebbe essere una festa di paese». Se i genitori disertano luoghi e momenti di condivisione e insegnamento, se gli adulti giocano a mascherare l’età con photoshop, c’è da augurarsi che il comportamento sano di alcuni adolescenti possa valere come esempio, per tutti. Mariarosaria Petti

Fugaro, Andrea Melilli, Nello Califano, Donatella Salvati, Martina Nacchio, Mariano Rotondo, Martina Grimaldi, Carolina Rossi, don Giuseppe Pironti Amministrazione Via Vescovado, 4 - 84014 Nocera Inferiore (SA) Tel/Fax 081 5170466 redazioneinsieme@alice.it Progetto grafico e impaginazione Salvatore Alfano Stampa Grafica Metelliana s.p.a. - Cava de’ Tirreni (SA) Abbonamenti € 15,00 ordinario con ritiro in parrocchia € 18,00 ordinario con ritito in edicola € 20,00 ordinario con ritiro postale € 25,00 sostenitore € 50,00 benefattore SERVIZIO ABBONAMENTO

Per informazioni telefonare in redazione (tel/ fax 081 517 04 66) oppure scrivere a diffusione. insieme@virigilio.it Questo numero è stato chiuso in Redazione martedì 27 maggio 2014 “Questo periodico è aperto a quanti desiderino collaborarvi ai sensi dell’art. 21 della Costituzione della Repubblica italiana che così dispone: “Tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni mezzo di diffusione”. La pubblicazione degli scritti è subordinata all’insindacabile giudizio della Redazione; in ogni caso, non costituisce alcun rapporto di collaborazione con la testata e, quindi, deve intendersi prestata a titolo gratuito. Notizie, articoli, fotografie, composizioni artistiche e materiali redazionali inviati al giornale, anche se non pubblicati, non vengono restituiti”. Le foto, salvo diversa indicazione, sono dell’Archivio Insieme

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IL PUNTO DI VISTA DEI GENITORI

C’è chi dice no

C’

è chi pubblica le foto, chi è contrario alla circolazione di immagini del proprio bambino, chi ha scelto di iscriversi a Facebook o Twitter per lavoro e, di tanto in tanto, “seguire” le gesta del figlio adolescente. Variegata la posizione dei genitori in riferimento ai social network. Atteggiamenti che mutano con il passare del tempo e con la crescita dei figli. Se le foto del neonato si pubblicano mal volentieri, probabilmente quella del secondo e o terzo compleanno saranno postate senza troppi pensieri. Scelte personali differenti rispetto all’utilizzo, ma che convergono sul motivo dell’iscrizione: restare in contatto con amici, parenti e colleghi. Lo affermano Pietro e Marianna Sellitto: «Ci siamo iscritti a Facebook perché è uno strumento di comunicazione valido che ci tiene in contatto con gli amici e ci consente di pubblicizzare le attività della nostra associazione culturalemusicale». Le foto del figlio nato da qualche mese le hanno pubblicate, seppur con attenzione: «Avendo parenti che abitano lontano abbiamo pubblicato qualche foto. Tuttavia sappiamo che c’è il pericolo che qualcuno possa impossessarsene, per questo evitiamo ogni eccesso». «Quando mio marito, a pochi giorni dalla nascita di nostro figlio Vincenzo, mi ha “imposto” di non pubblicare foto su Facebook ci sono quasi rimasta male», racconta Marika Matrone. Una concezione mutata nel giro di qualche mese: «Dopo qualche settimana ho cominciato a condividere la sua scelta comprendendone il significato perché prendersi cura dei propri figli significa tutelare la loro privacy. Saranno loro a decidere quando e in quale dose inserire informazioni e foto personali». «Ogni genitore – continuano Marika e Danilo – sa quanto sia forte il desiderio di condividere con gli amici la felicità di un figlio. Facebook sembra essere lo strumento perfetto, ma non è così perché amplifica il valore, la sincerità e la veridicità dei rapporti di amicizia». Anna Senatore è iscritta a più di un social, oltre a Facebook è collegata anche

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Foto, commenti e opinioni impazzano sul web. I social sono una costante per milioni di persone, che rischiano di perdere il contatto con la realtà. Tra le insidie più pericolose ci sono quelle relative alla diffusione delle foto di neonati. Tanti i genitori che decidono di non pubblicarle

ad Instagram e a Anobii (un social dedicato ai lettori): «Un modo per stare in contatto con gli ex compagni di scuola, gli amici delle vacanze e i parenti lontani, ma soprattutto per condividere passioni come i libri e la musica». La sua attenzione si concentra anche sui blog di cucina, ma sulle foto è rigorosa: «Mi piace condividerle, però quelle dei bambini le ritengo riservate e credo sia inopportuno diffonderle». I suoi figli conoscono comunque la rete, perché «devono sapere cos’è un social network», ma è «contraria all’iscrizione dei bambini». Il discorso non cambia se i figli sono un po’ più grandi. Renato Rescigno è iscritto a Facebook e Twitter per motivi di lavoro, ammette che i social possono «essere un modo per controllare» i figli, ma lui ha un’altra esperienza: «Con mio figlio ho preferito instaurare un dialogo, piuttosto che sbirciare tra file o quant’altro. Per quanto riguarda la pubblicazione di foto di neonati, non lo farei mai. Al di là del lato oscuro della rete, per far conoscere mio figlio preferisco altri modi e sempre dal vivo». Iscritta per caso e per non perdersi di vista con amici e colleghi, «un modo economico ma efficace e costante per tenersi in contatto», Patrizia Sereno ritiene «inevitabile che una mamma curiosi tra i post e le foto del figlio» anche se, per quanto la riguarda, il figlio «frequenta una classe digitale e i social network, oltre ad essere il suo pane quotidiano, hanno creato una rete tra docenti, studenti e genitori». Il suo punto di vista è anche quello di una esperta, essendo giornalista con i social ci lavora, ma sul tema della “relazione virtuale” ha le idee chiare: «Fin quando i social network servono a rafforzare la comunicazione, ad incrementare le conoscenze, ad allargare gli orizzonti, ben venga il loro uso pressoché quotidiano. La questione diventa un problema serio quando sono l’unico strumento per relazionarsi con gli altri e i contatti umani, quelli fatti di incontri, di sguardi, di opinioni scambiate de visu diventano sempre più un vano ricordo». Salvatore D’Angelo


Una famiglia impegnata

Giuseppe e Giovanna Galasso

Giuseppe e Giovanna Galasso, referenti campani nella Consulta Nazionale di Pastorale Familiare e corresponsabili dell’Ufficio diocesano catechesi adulti e famiglia, rispondono ad alcune domande sul rapporto tra genitori, figli e social network Qual è il vostro rapporto con i social network? «Abbiamo una frequentazione quotidiana. Sono un ottimo strumento per comunicare in maniera veloce e immeditata con un numero elevato di destinatari. Sotto questo profilo, crediamo che favoriscano la prossimità». Il motivo che vi ha spinti ad iscrivervi? «Per essere in collegamento con i responsabili di pastorale familiare di tutta Italia, con i membri dell’Associazione, della Fraternità di Emmaus (il movimento di cui fanno parte), per mettere in circolo informazioni. Non ne facciamo un uso privato, nel senso che non affidiamo alla rete gli stati d’animo o i pensieri personali. E così anche i nostri figli che seppur li utilizzano per chattare o scambiarsi file con i compagni, sanno bene che non devono usarlo come spazio per coltivare i legami personali».

Cosa può fare la pastorale familiare per educare ad un buon rapporto con i social? «Il rapporto con i figli si gioca nella relazione. Secondo noi non è molto importante essere iscritti ai social network per seguire i figli. I figli hanno bisogno di strumenti critici e al contempo di genitori capaci di trasmetterli, non di controllori. Ed proprio questo il contributo che la Pastorale Familiare può dare alla famiglia: proporre le ragioni critiche dell’uso della rete, aiutare a porre attenzione ai valori che la rete minaccia e offrire strumenti educativi che promuovano la relazione interpersonale e la trasmissione valoriale». Sa. D’An.

La famiglia Galasso

Il vescovo nel Discorso alla Città 2014 parla di pudore nella città abitata da internet. Un aspetto che sembra irrimediabilmente compromesso? «Crediamo che l’educazione al pudore sia una grave perdita per le nuove generazioni e che certamente internet ha contribuito non poco a svuotare di significato. Il pudore inteso come virtù che valorizza la persona nella sua interezza, con l’impegno a svelarne il significato pieno, non è custodito dalla rete, è piuttosto annientato. Non si tratta di rispondere “che male c’è nel pubblicare queste foto di me davanti allo specchio mentre faccio le moine” ma perché ho la necessità di pubblicare queste foto?».

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L’esterno dell’Eremo di Sant’Erasmo a Corbara

Alla scuola

del silenzio «Il silenzio ci insegna a proferire solo la parola utile, quella che suscita nell’altro il desiderio di Dio»: a colloquio con padre Gigi Lamberti, eremita diocesano

N

ella città abitata da internet esistono ancora spazi di silenzio? E quale significato hanno le parole, quelle pronunciate e quelle taciute, nel giardino della piazza virtuale che può abbellire l’esistenza o, al contrario, trasformarsi in un laccio per le relazioni vis- à- vis? Padre Gigi Lamberti, classe 1972, dal 2009 vive nell’Eremo di sant’Erasmo. Pochissimi i contatti con il mondo esterno. Eppure, la sua vita donata e nascosta non è una vita isolata. «È una vita in solitudine - racconta -, e la solitudine è una diversa forma di comunione. Un eremita chiamato a vivere in una più rigorosa separazione dal mondo non si separa dagli altri ma li ri-assume, li assume in una forma diversa: li adotta nella preghiera e sta davanti a Dio per il mondo». Non solo, egli è chiamato a praticare l’accoglienza “come” Cri-

La febbre della confessione pubblica

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a scritto Magris: “Mi mette a disagio la schizofrenia in cui viviamo oggi. Da una parte siamo ossessionati dall’esigenza di trame occulte, dall’altra siamo in preda alla febbre della confessione pubblica. Tutto deve essere detto, tutti devono sapere, non c’è nulla che vada trattato con discrezione”. E continua: “Mi ha sempre colpito la tenacia con cui la Chiesa ha difeso il valore segreto nel sacramento della Confessione. C’è un elemento di grandezza, in questo, e di rispetto autentico per le persone”. (Dal Discorso alla Città di mons. Giuseppe Giudice)

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sto per permettere a ciascuno di sperimentare l’amore del Padre. «Rispetto a questa febbre della confessione pubblica aggiunge - la vita eremitica è custodita dalla siepe della santa regola e dai tantissimi insegnamenti dei Padri del deserto». Scoprire l’amore del Padre è per il sacerdote uno dei tanti sentieri per guarire dalla febbre del virtuale. Qual è il valore del silenzio e cosa può insegnarci? Molte cose. È Dio che ci dona il silenzio, spiega padre Gigi. E il silenzio è un grande maestro. «Dal silenzio si impara la “taciturnitas”, si impara a parlare quando è il proprio turno. E il Maestro ci insegna che è il nostro turno quando l’altro ne ha un bene per l’anima. Il silenzio e la “taciturnitas” aiutano l’eremita a trattare ogni pensiero con discrezione, con discernimento e a proferire solo la “parola utile”, quella cioè che nel medesimo tempo risveglia e suscita nell’altro il desiderio di Dio». La chiesa dell’eremo di sant’Erasmo a Corbara è aperta ai fedeli solo per la Messa delle sei del mattino. Racconta: «Rimango edificato quando vedo che pur col freddo c’è chi viene alla celebrazione di buonora. Vengono per sostare “davanti a Dio” in una condizione forse più favorevole rispetto alla vita “veloce e troppo virtuale” che è a valle. Diciamo che data l’ora, è più facile la “Cristoterapia”. Chi viene trova ciò che si ha diritto di trovare in ogni eremo: silenzio, Parola di Dio, Eucaristia. Il resto lo completa la Grazia». Dall’alto forse è più facile scorgere il desiderio di felicità che spesso si nasconde dietro la sete di apparire a tutti i costi. È più semplice intuire che molti smarriscono la strada che conduce alla gioia, perdendosi dietro gli status e i like dei social network che possono aggiungere solo altro vuoto al vuoto, quando la vita virtuale prende il sopravvento su quella reale. In questi casi, la lezione del silenzio può aiutare a ritrovarsi. Nella città abitata da internet, compito della Chiesa è custodire il silenzio e indicarlo a tutti come strada maestra per custodire se stessi. Antonietta Abete


IN BACHECA a cura della Redazione

Auguri di buon compleanno Mons. Alfonso Desiderio ha festeggiato 81 anni, il 4 giugno; don Raffaele Corrado compie 39 anni, il 17 giugno; don Vincenzo Ruggiero festeggia 73 anni, il 21 giugno. Il Signore illumini i vostri giorni!

Un augurio speciale a: «Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, e abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni». Salmo 23 La comunità diocesana e la redazione di Insieme gioiscono per il terzo anniversario dell’inizio del ministero pastorale di mons. Giudice, il 4 giugno. Il 24 giugno, mons. Giovanni Iaquinandi, vicario generale, festeggia l’onomastico e il 28 giugno l’anniversario di ordinazione presbiterale; invece, don Gaetano Ferraioli, vicario episcopale per il clero e moderatore di curia, celebra l’anniversario di ordinazione, il 19 giugno.

Redazione in festa

Don Andrea Annunziata

La redazione esprime i migliori auguri per l’anniversario di ordinazione presbiterale di: don Andrea Annunziata, direttore responsabile, il primo giugno; don Silvio Longobardi, direttore editoriale, il 5 giugno. A voi, che vivete il vostro ministero anche a servizio della comunicazione della Buona Notizia, giunga l’affetto e la stima di tutti i collaboratori.

Buon onomastico a: don Roberto Farruggio, il 7 giugno; don Antonio Adinolfi, don Antonio Cuomo, don Antonio Guarracino, don Antonio Mancuso, don Antonio Palumbo, il 13 giugno; don Romualdo Calcìde, il 19 giugno; don Luigi La Mura, il 21 giugno; don Giovanni Orlando, don Giovanni Padovano, don Ivan Cerino, il 24 giugno; padre Pietro Lombardi e mons. Pietro Milite, il 29 giugno. Perché i vostri passi seguano le orme dei santi di cui portate i nomi.

Buon anniversario di ordinazione presbiteriale Padre Pietro Lombardi, il 3 giugno; don Rosario Villani, il 4 giugno; mons. Domenico Cinque, il 19 giugno; don Carmine Cialdini, il 21 giugno; mons. Domenico La Guardia, il 26 giugno; don Alfonso Santoriello, il 27 giugno; mons. Mario Ceneri, don Natale Gentile e don Salvatore Agovino il 28 giugno; don Flaviano Calenda, il 29 giugno. Affidiamo a Maria i vostri ministeri, perché vegli su di voi con cuore di Madre.

Auguri di buon compleanno ai nostri referenti: Antonio Marra (S. Maria delle Grazie, Angri) spegne 29 candeline, il 18 giugno; Aniello Lettieri (S. Antonio di Padova, Poggiomarino) compie 42 anni, il 22 giugno. Il Signora possa benedire con frutti abbondanti il tempo che dedicate alla diffusione della cultura e del Vangelo. Auguri! Antonio Marra

Aniello Lettieri

Un duplice augurio:

Il nostro cordoglio

per l’anniversario di ordinazione presbiterale e l’onomastico a: don Luigi Lamberti, il 24 e 21 giugno; don Pietro Califano, il 25 e 29 giugno; mons. Antonio Calabrese, 28 e 13 giugno; don Piercatello Liccardo, il 30 e 29 giugno. Ancora auguri per il compleanno e l’onomastico di don Luigi Loreto, il 21 giugno e don Gianfranco Marotta, il 23 e 24 giugno. La redazione festeggia con gioia le vostre ricorrenze. Auguri!

Lo scorso 14 maggio è tornato alla Casa del Padre don Gerardo Del Pezzo. Parroco fino a qualche anno fa, celebrava la Santa Messa nella chiesetta della Congrega di Santa Caterina, ad Angri. Avrebbe compiuto 84 anni, il prossimo 6 settembre. La comunità diocesana prega affinché il suo sacerdote, che sull’esempio di Cristo ha consacrato la sua vita al servizio della Chiesa, possa allietarsi per sempre nella compagnia dei santi.

Rettifica Mons. Carmine Citarella ha festeggiato 54 anni lo scorso mese e non 60 come riportato nella bacheca del numero di maggio. La redazione formula le proprie scuse per l’errore.

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SCUOLA&UNIVERSITÀ

Una lezione per trecentomila studenti

“L

a Chiesa per la Scuola”, così è stato intitolato l’incontro che Papa Francesco ha avuto con i ragazzi provenienti dalle scuole di tutta Italia, sabato 10 maggio a Roma. La Chiesa per la scuola, cioè quello che il mondo ecclesiale può fare per l’istruzione, la missione di guida che la famiglia cristiana può e deve esercitare per i ragazzi nel loro percorso di crescita e maturazione umana, oltre che di fede. «Questa manifestazione non è “contro”, è “per”. Non è un lamento, è una festa! Una festa per la scuola. Sappiamo bene che ci sono problemi e cose che non vanno, lo sappiamo. Ma voi siete qui, noi siamo qui perché amiamo la scuola. E dico “noi” perché io amo la scuola, io l’ho amata da alunno, da studente e da insegnante. E poi da Vescovo», queste le parole introduttive di Papa Francesco. Da sempre massacrato, posto al centro del dibattito solo per amplificare la crisi che vive, il mondo dell’istruzione ha avuto un piccolo riscatto gioioso in quest’incontro con il Pontefice. Più di trecentomila persone hanno preso parte alla giornata: un fiume in piena di insegnanti, collaboratori scolastici, genitori, bambini, giovani e adolescenti. Fedeli di età diversa ma con un elemento in comune: la scuola protagonista del loro quotidiano. Il raduno, organizzato dalla CEI (Conferenza

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Papa Francesco ha incontrato il mondo della scuola lo scorso 10 maggio in piazza S. Pietro. Le sue parole e la testimonianza di chi ha partecipato allo straordinario pomeriggio Episcopale Italiana), ha avuto come motto “We care”. Ma cosa hanno a cuore quelle centinaia di migliaia di giovani che hanno invaso via della Conciliazione, Borgo Sant’Angelo, Borgo Santo Spirito e persino i giardini di Castel Sant’Angelo? Qual è il motore che spinge persone provenienti da ogni luogo ad affrontare un viaggio lungo e faticoso, ad attendere ore sotto il sole cocente, a mettere da parte impegni in vista di un discorso di pochi minuti del Vescovo di Roma? La fede, ma non solo. La speranza, ma non solo. C’è anche altro dietro l’entusiasmo che Papa Francesco suscita in coloro che lo ascoltano: un subbuglio di emozioni, pensieri, sensazioni che non si riescono ad esprime a parole.

Le esperienze. Lo sanno bene gli studenti del Liceo classico e scientifico “Don Carlo La Mura” di Angri, che in più di trecento hanno preso parte all’incontro. Dai docenti agli studenti, dal personale scolastico al dirigente Filippo Toriello, i loro occhi e le loro parole nel raccontare la giornata esprimono un messaggio unanime: l’incomunicabilità della forza dell’esperienza vissuta. «Nessuno riusciva ad immaginare quale sarebbe stata l’emozione del giorno. In qualità di dirigente – racconta Filippo Toriello, direttore dell’ufficio di pastorale scolastica della Diocesi – quello che colpisce sono le finalità che il Papa ha indicato per la scuola: il vero, il bene, il bello. Dietro queste parole ci sono dei progetti, delle idee, una visione non solo scolastica, ma soprattutto antropologica che il Santo Padre ha voluto esprimere». Paola, una studentessa del liceo angrese, ha fissato così le immagini di quel giorno: «Il momento più bello è stato quando il Papa si è immerso nella folla, io non avevo mai visto tutta quella gente. Vedere lui che camminava in mezzo a noi, che abbracciava i bambini, è stato davvero emozionante. Certo lo avevo già visto in televisione, ma non è la stessa cosa. Il discorso, poi, è stato bellissimo, perché è venuto alla fine di tutto un percorso che avevano intrapre-


Il dirigente Filippo Toriello insieme ad una rappresentanza di studenti del Liceo “Don Carlo La Mura” di Angri

so già i personaggi famosi». Molti i volti noti protagonisti del pomeriggio, che con il loro intervento hanno preceduto il discorso di Papa Bergoglio: in particolare il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, e Stefania Giannini, Ministro dell’Istruzione; ma anche personalità dello spettacolo come Max Giusti, Giulio Scarpati, Veronica Pivetti e Beatrice Fazi. Proprio il Ministro Giannini ha evidenziato il legame autentico che lega insegnanti e alunni, lo stesso legame che Papa Francesco è riuscito ad instaurare con i fedeli: «Noi tutti sentiamo profondamente l’autenticità e la solidarietà a cui lei ha deciso di abituarci dal primo giorno del suo pontificato. Un legame autentico e solidale lega del resto da sempre maestri e allievi, in quell’esercizio quotidiano di ascolto, conoscenza reciproca e rispetto, che significa insegnare e imparare, inse-

gnare ai giovani e ai giovanissimi a entrare nella vita e imparare, da parte loro, a leggerla e interpretarla, con spirito autonomo e coscienza critica». “Imparare ad imparare”. La scuola come insegnate di vita è proprio uno dei punti che Papa Francesco ha sottolineato nel corso della sua particolare lezione ad un’aula di trecentomila studenti: «Andare a scuola significa aprire la mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni. E noi non abbiamo diritto ad aver paura della realtà! – proseguendo – Il segreto è imparare ad imparare! Se uno ha imparato ad imparare, questo gli rimane per sempre, egli rimane una persona aperta alla realtà! Questo lo insegnava anche un grande educatore italiano, che era un prete: don Lorenzo Milani». Ma non solo la scuola che fa da maestra di

vita, anche la scuola come luogo di incontro, la scuola come famiglia, la scuola come veicolo di valori ancora prima di contenuti, quella che auspica Papa Francesco. «La vera educazione ci fa amare la vita, ci apre alla pienezza della vita! E finalmente vorrei dire che nella scuola non solo impariamo conoscenze, contenuti, ma impariamo anche abitudini e valori». Chiesa, scuola, famiglia, le tre colonne portanti dell’educazione di un individuo, tre mondi apparentemente separati, eppure così intrinsecamente connessi e comunicanti. Chiesa, scuola, famiglia rappresentati in un’unica immagine: Papa Francesco che parla ad una folla immensa di persone e fa ripetere alla sua aula di trecentomila studenti il proverbio africano: «Per educare un figlio ci vuole un villaggio». Martina Nacchio

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Gli alunni di Prato con l'insegnante insieme alla professoressa del Liceo “G.B. Vico” Teresa Staiano

“La paideia di Dante” Rinnovato successo per la VII edizione della “Tenzone Dantesca”, appuntamento annuale immancabile tra gli eventi promossi dal Liceo classico G.B. Vico di Nocera Inferiore

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re terzine, un’ottima memoria, una buona interpretazione e la passione per la Divina Commedia: sono queste le armi giuste per conquistare il titolo di “vincitore della Tenzone Dantesca”. Torna l’appuntamento con la VII edizione della gara di memoria poetica promossa dal liceo G.B. Vico, celebrata in memoria del docente Francesco Ruggiero, cultore di Dante ed eccezionale educatore. Novità di quest’anno, l’affiancamento alla Tenzone del premio “Blake” con l’esposizione di disegni e lavori multimediali elaborati da giovani studenti ed esposti al pubblico durante i giorni della gara. I sessantacinque concorrenti della Tenzone provenienti – oltre che da numerosi licei campani – anche da Roma, Taranto, Potenza e Prato hanno testimoniato il progressivo allargamento della portata dell’evento, che suscita un sempre maggiore interesse tra scuole ed alunni da tutta l’Italia. I due incontri della competizione si sono svolti il 16 e 17 maggio. A favorire l’impeccabile riuscita della gara è stata la sinergia tra la dirigente Teresa De Caprio e il team dei docenti organizzatori: T. Staiano, M. Bonfiglio, E. Forcellino, R. Errichiello, E. D’Elia. Originale ed impegnativo il tema che ha fatto da cornice alla competizione poetica: “La paideia di Dante: relazione maestro allievo” introdotto al pubblico dal docente universitario Paolo Trama. ha presieduto la gara una giuria costituita da cultori della Divina Commedia. I giova-

ni concorrenti, divisi per età in tre categorie, hanno recitato terzine estratte a sorte dai canti XV dell’Inferno, XXVII del Purgatorio e IV del Paradiso. Ad aggiudicarsi il primo posto, la corona di alloro ed un premio in denaro sono stati: per l’Inferno Giuseppe Troisi, studente del Liceo classico e scientifico “Don Carlo La Mura”; per il Purgatorio Alessandro Nesti, dal Liceo scientifico “N. Copernico” di Prato; per il Paradiso Rachele Siniscalchi Montereale, alunna del Liceo scientifico “A. Gatto” di Agropoli. Per tutti i partecipanti resta la grande soddisfazione di aver dimostrato che la fiamma della cultura tra i giovani è ancora viva e divampa ogni volta che decidono di mettersi in gioco per combattere l’apatia con fervente curiosità e studio appassionato. Martina Grimaldi

Il tavolo di presidenza

“La vita è come un fotografia, se sorridi viene meglio”

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Fiera della Borsa di Raffaele Biosa Via F. S. Caiazzo, 5-7 84012 Angri (SA) Tel. 081 94 63 80 - raffaelebiosa@alice.it


VITA NELL’AGRO REDAZIONALE A CURA DELLA CASA ALBERGO PER ANZIANI “SANTA RITA”

Albergo per Anziani Santa Rita: una struttura all’avanguardia

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cato, è garantita 24 ore su 24 e prevede supporto medico ed infermieristico, esami di laboratorio e diagnostici, riabilitazione, benessere, ginnastica dolce ed idromassaggi. È assicurato anche un costante sostegno all’igiene e alla cura della persona, piuttosto che assistenza religiosa e per il disbrigo pratiche. Sono assicurati numerosi servizi di animazione, vero punto di forza della Casa Albergo Santa Rita. Corsi di ballo e di cucina, laboratori di ceramica, cucito, pittura e bricolage, gite e passeggiate, teatro e cinema e la possibilità di organizzare feste e serate di gala. La Residenza Santa Rita propone anche una serie di Servizi innovativi come nonno parking, accoglienza diurna per anziani, speciale week-end, soggiorni anche solo per fine settimana o per brevi periodi estivi. C’è poi la possibilità di festeggiare un compleanno o una particolare ricorrenza. La struttura organizza anche le “Vacanze nonno” con gite, escursioni, vacanze stive ed invernali.

oderna, elegante e funzionale la Residenza Santa Rita offre ai suoi ospiti i più alti livelli di assistenza. Situata al centro di Sarno, in via Isonzo, è facilmente raggiungibile grazie ad una invidiabile posizione strategica: vicino agli snodi della rete autostradale e ferrovia. L’Albergo per Anziani Santa Rita è destinato all’accoglienza di persone anziane autonome e non autonome. L’offerta è ampia. Dagli ottimi servizi alberghieri ed assistenziali, alle speciali attività di animazione, fino agli interessanti e numerosi laboratori creativi. La struttura è dotata di 40 posti letto, distribuiti in camere singole o doppie dotate di tutti i comfort e di aria condizionata. Le camere sono arredate con finitura di grande pregio per creare un ambiente intimo ed accogliente. I pasti, con diete personalizzate, vengono serviti in un elegante salone. Ampi spazi accolgono la sala tv e la sala lettura con annessa biblioteca. L’assistenza, fornita da personale qualifi-

Una delle belle camere da letto della Casa albergo

INFO

L’ampia e luminosa sala da pranzo

La missione della struttura di via Isonzo a Sarno è garantire la più alta qualità di vita possibile.

Gli ospiti della struttura durante una gita

Attività nel laboratorio di ceramica

Casa albergo per anziani “Santa Rita”, Via Isonzo, 22 – Sarno (SA) Tel. 0815136548 - info@albergosantarita.it - www.albergosantarita.it Insieme - Giugno 2014

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FOTO

Una Settimana dedicata alla famiglia per ribadire e rilanciare la sua importanza. L’iniziativa, promossa da Progetto Famiglia e da Editrice Punto Famiglia, ha toccato 200 piazze italiane dal 9 al 18 maggio scorso

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bambini non sono un costo ma una risorsa per la società. Questa la convinzione promossa dalla Settimana del Diritto alla Famiglia, giunta quest’anno alla sua quarta edizione. La kermesse, promossa dalla Federazione Progetto Famiglia, l’ampio movimento di volontariato e solidarietà che opera in Italia e all’estero, e da Editrice Punto Famiglia, un progetto editoriale che dal 2006 affonda le radici nell’amore per la famiglia e che pubblica la rivista Punto Famiglia, oltre a collane di testi che spaziano dai temi di spiritualità familiare a quelli sociali, vuole comunicare con forza questa convinzione e ha portato in oltre duecento piazze italiane un vasto programma di eventi. Oltre 100 comuni italiani, 40 parrocchie, 70 scuole e 28 enti hanno promosso iniziative a tutela della famiglia, dei minori e di quanti, in quest’epoca di crisi, vivono ai margini della società. Il campo d’intervento è stato incentrato su 5 capisaldi: il bisogno di promuovere una cultura della vita e della speranza; la necessità di adozioni di politiche pubbliche per la famiglia; la tutela del parto segreto; assicurare percorsi di accoglienza temporanea presso famiglie affidatarie ai bambini non riconosciuti; infine, l’esigenza di promuovere spazi di raccordo e confronto tra i genitori. Per don Silvio Longobardi, fondatore di Progetto Famiglia, «la Settimana vuole essere un continuo momento di riflessione e sensibilizzazione sul tema delle relazioni familiari, vero patrimonio per il nostro Paese, un bene da custodire a da promuovere. La

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Settimana vuole affermare, con tutta la forza possibile che le famiglie e in particolare i bambini sono la prima e fondamentale ricchezza della società e che possiedono in sé le energie per battere la crisi». Durante la presentazione avvenuta al Pontificio Consiglio per la famiglia, è stato conferito ad Angelo Astrei, vicepresidente del Fiuggi Family Festival, il Premio Ambasciatore della Famiglia per il suo impegno a favore delle tematiche familiari. La Settimana del Diritto alla Famiglia ha avuto come basso continuo il ritmo armonico della preghiera che, partita dalla cappella Beati Luigi e Zelia Martin di Angri si è irradiata in Israele, in Ucraina, in Francia ed in Burkina Faso. 150 ore di adorazione eucaristica continua accompagnate da alcuni momenti di catechesi e di riflessione guidati da don Silvio Longobardi, custode della Fraternità di Emmaus. Nel cuore di questa grande preghiera per la famiglia si è inserita la celebrazione eucaristica del 14 maggio presieduta da monsignor Tommaso Caputo, Arcivescovo di Pompei. Per la Fraternità di Emmaus è stata una celebrazione molto significativa in quanto da pochi mesi è stata chiamata da monsignor Caputo a cominciare una storia di carità, grazie all’apertura di una casa famiglia, all’interno del Centro Giovanni Paolo II. La struttura lo scorso 8 maggio è stata anche visitata dal Segretario di Stato Vaticano, il Cardinale Pietro Parolin, che ha invitato la famiglia residente a continuare l’opera di carità con amore e perseveranza.

Foto Salvatore Alfano

UNA RISORSA PER IL PAESE


“Ti ho visto nel buio”

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resentato l’11 maggio presso la sala dell’ex Orfanotrofio di Pompei il volume “Ti ho visto nel buio”, storie di donne che hanno accolto la vita raccolte da Ida Giangrande e pubblicate da Editrice Punto Famiglia. Il libro raccoglie vent’anni di storia di Progetto Famiglia e il suo impegno a difesa della Vita, i 1120 colloqui

avuti con donne intenzionate ad abortire e i 390 bambini aiutati a venire alla luce, le storie di Elisa, di Giovanna, di Chiara, di Flora, di Paola e di molte altre donne che hanno incrociato la loro vita con quella dei volontari del Progetto Gemma. Per Giovanna Abbagnara, presidente di Editrice Punto Famiglia, «il testo è pubblicato nella speranza che possa

Esempi di amore vero che la Settimana del Diritto alla Famiglia ha voluto raccontare nel volume “Ti ho visto nel buio”, curato da Ida Giangrande e pubblicato da Editrice Punto Famiglia (vedi box). A Roma, invece, il 13 maggio presso la sede della Conferenza delle Regioni e delle Provincie Autonome, si è attivata la Tavola Rotonda promossa da Progetto Famiglia e da Anfaa (Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie), sulla tutela del diritto di bambini e ragazzi a crescere in famiglia. Un approfondimento sulle delicate questioni del sostegno alle famiglie a rischio di “allontanamento dei figli”, dell’affidamento familiare, delle comunità di accoglienza per minori, delle adozioni difficili. Ai lavori hanno partecipato, tra gli altri, Vincenzo Spadafora, Garante dell’infanzia e adolescenza, Antonio Naddeo, Segretario della Conferenza Stato-Ragioni, e Raffaele Tangorra, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Teresa Marzocchi, in rappresentanza degli Assessorati Regionali alle Politiche Sociali, Sandra Pat e Piera Dabbene, del Coordinamento Nazionale Servizi Affidi. In occasione della Tavola Rotonda sono state consegnate alla Conferenza delle Regioni le prime firme raccolte nell’ambito della petizione popolare “Una firma per donare futuro” per la tutela del diritto dei minori a crescere in una famiglia (www.dirittoallafamiliglia.it). Per Marco Giordano, presidente di Progetto Famiglia, «oggi più che mai urge tutelare il diritto dei bambini e dei ragazzi a crescere in famiglia». Nello Califano

aiutare molte altre donne ad accogliere il dono della vita, a vedere nel proprio grembo il figlio che le è stato affidato». Il volume è stato dedicato “a tutte le donne che hanno atteso e accolto la vita con stupore e ingenuità” e in particolare a Giovanni Paolo II, “il Papa che ci ha insegnato ad amare la vita, ogni vita, come dono inestimabile di Dio”.

Passeggini vuoti in marcia

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ichiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sul delicato tema della denatalità in Italia. Questo il significato della marcia dei passeggini vuoti che si è tenuta a Pompei. I numeri parlano chiaro: nel 2012 sono stati registrati 534.186 nati, 12 mila in meno rispetto all’anno precedente. Il dato conferma la tendenza alla diminuzione delle nascite avviatasi dal 2009: oltre 42 mila unità nati in meno in quattro anni. Si tratta di un vero e proprio tracollo sociale per l’Italia. L’invecchiamento della popolazione e l’insostenibilità della spesa assistenziale e sanitaria è una delle più evidenti conseguenze di questo scenario.

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Foto Charly Gallo, Centre de Presse de Monaco

Sotto lo chapiteau

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robabilmente è tra i pochi circhi al mondo ad avere una chiesa viaggiante. In Italia forse è l’unico. Una peculiarità non da poco, origine di interessanti aneddoti ed esperienze. Ma di essersi dotato di quella tenda particolare, luogo dove ristorare lo spirito, Vinicio Togni non ne fa uno spot. L’erede della celeberrima dinastia circense italiana non se ne vanta. È un’opportunità per lui e la sua compagnia. A benedire la struttura il 27 dicembre 2012 fu monsignor Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari, durante la permanenza del circo nel capoluogo pugliese in occasione delle festività natalizie. «Non la montiamo sempre – ammette Vinicio Togni – dipende dalla grandezza delle piazze che ci vengono concesse. Ma sappiamo però che abbiamo un punto di riferimento. Per noi quella tenda è un pezzo di cuore». Capita così che ad Arezzo, «quando la compagnia rappresentava il mondo intero, c’erano dai brasiliani ai cinesi, ci si ritrovò in silenzio, invitati dal parroco del posto, a pregare insieme seppur non della stessa religione. Un momento di grande profondità». Quando questo speciale “campanile” viene innalzato diventa anche l’occasione per aprirsi al mondo esterno e socializzare con chi abita la città in cui si è fermato il circo: «Quando la tenda è su – spiega Togni – il parroco del posto volentieri celebra la messa domenicale. Questo diventa un modo per coinvolgere i bambini meno abbienti della zona per i quali ci esibiamo donando loro una mattinata di spensieratezza». Abbiamo incontrato Vinicio Togni a Nocera Inferiore, durante una tappa del tour italiano. Lo chapiteau rosa a strisce gialle attira l’at-

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Reduce dall’importante successo riscosso al Festival di Montecarlo, Vinicio Togni racconta l’essere circensi oggi e parla di una speciale tenda, crocevia di incontri ed esperienze, di cui il suo circo si è dotato: una chiesa viaggiante tenzione dei passanti e di quanti raggiungono viale San Francesco per assistere allo spettacolo. Vinicio è reduce da un importante successo: il Clown d’argento al festival di Montecarlo. Ha ricevuto l’Oscar del circo per il suo carosello equestre. I cavalli sono la sua passione. Per un periodo ha anche prodotto uno spettacolo tutto dedicato a loro, chiamato “Cavallo Mania”. Una passione nata quando era bambino. La crisi. Sotto quel tendone c’è tutta la sua vita, che oggi fa i conti con il periodo di crisi: «Tutto quello che è divertimento ha subito un calo. La nostra condizione è quella di tanti altri». Un tunnel da cui si esce grazie «alla tenuta del brand, alla tenacia e all’unità familiare». Ma anche alle nuove strutture, «preferiamo tendoni più piccoli, agili e leggeri da trasportare, che ci consentono di fare più tappe, anche brevi» e ad uno spettacolo di qualità: «Il nostro nome è una garanzia per il pubblico, ma non ci culliamo su questa cosa, assicurando una varietà di numeri che interessa una grossa fetta di popolazione».


Sotto lo chapiteau si sperimenta anche una convivenza multiculturale unica: «La disciplina e il rispetto sono la chiave della convivenza tra persone di culture e religioni diverse. Stiamo bene insieme perché siamo una grande famiglia». Uno stile che rispecchia il profilo degli spettatori: «Al botteghino arrivano tante famiglie con i bambini, ma anche molti nonni e parecchi giovani». A proposito di nuove generazioni, quelle che intendono fare circo possono seguire due strade: quella familiare e quella delle scuole di circo. Quest’ultima potrebbe dare una tecnica migliore, ma la seconda ti dà una forza in più: «Ti insegna a stare in pista e ad approcciarti con il pubblico».

Vinicio Togni durante l’intervista

Foto Salvatore Alfano

Le radici. Ritornando ai successi, i cavalli di Vinicio Togni ormai sono celeberrimi. Oltre l’Oscar, sono stati consacrati anche al Festival di Latina. Il carosello equestre con Togni al centro e trenta cavalli che gli girano attorno è richiesto dai più importanti circhi internazionali. Un successo di cui il figlio di Lidia è consapevole ed orgoglioso. E se gli si chiede se al suo complesso preferisse qualche altro risponde: «Il mio primo Montecarlo è il mio circo e il posto più bello di tutti è dove siamo attendati». Un attaccamento alle proprie radici che andrebbe riscoperto. Salvatore D’Angelo

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Fiore all’occhiello Il dottor Ercole Tagliamonte

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urare l’infarto acuto con le cellule staminali e applicare una proteina ricombinante in pazienti con scompenso cardiaco. Due importanti studi scientifici faranno tappa all’ospedale “Umberto I” di Nocera Inferiore. A portarli avanti sarà il cardiologo Ercole Tagliamonte insieme ai medici della divisione specialistica diretta dal dottor Nicola Capuano. Un risultato raggiunto da Tagliamonte dopo la partecipazione al congresso dei cardiologi statunitensi. Durante il simposio di Washington, il cardiologo ha presentato i risultati di un altro studio svolto a Nocera relativo all’utilizzo di una nuova metodica ecocardiografica. Questo sistema consente, attraverso la stimolazione di un farmaco, di valutare la condizione delle coronarie e, quindi, di capire se è necessario o meno intervenire in maniera invasiva. I successi raggiunti hanno spinto alcune società internazionali a puntare ancora

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Due studi scientifici internazionali avranno come protagonista la cardiologia dell’ospedale “Umberto I” di Nocera Inferiore una volta sulla cardiologia nocerina. Il primo studio scientifico, quello che prevede l’utilizzo di cellule staminali, è promosso dalla Mesoblast e partirà entro fine anno. «L’utilizzo di queste cellule in fase acuta – ha spiegato Tagliamonte – dovrebbe ridurre l’estensione dell’infarto riducendo il rischio di aritmie e mortalità e, a distanza, favorire un miglior recupero dei tessuti cardiaci danneggiati». Questo progetto rilancerà Nocera su un palcoscenico internazionale, perché in tutta Italia sono appena cinque i centri coinvolti. L’utilizzo, invece, della neuregulina riguarda la seconda ricerca scientifica. Si studierà se e come questa proteina aiuti a migliorare la funzione di pompaggio del cuore dopo uno scompenso cardiaco: «Migliorare questa funzione – ha aggiunto il cardiologo – consente di migliorare la qualità della vita agli infartuati». Salvatore D’Angelo

Successi per l’AVIS

Il ricordo che unisce

Giornata da ricordare per l’Avis di Pagani quella di domenica 4 maggio. In mattinata è stato registrato l’ennesimo successo per la raccolta sangue presso l’ospedale “Andrea Tortora”, iniziativa che si ripeterà anche il 22 giugno. In serata, invece, è stata molto apprezzata la commedia “Gennaro Belvedere, testimone cieco” messa in scena al Centro sociale, promossa dall’Avis e dal medico Gerardo Torre in collaborazione con l’associazione teatrale “Uno, nessuno e centomila”. Si è trattato di un evento culturale benefico. L’incasso è stato devoluto alla “Mensa di Tommaso” coordinata da don Flaviano Calenda. Giandomenico Torre

Un memorial per ricordare Giovanni Marra, un uomo che davvero credeva nel calcio. A promuoverlo è stato la scuola calcio “Matteo Solferino”. L’iniziativa si è tenuta a Nocera Superiore e ha visto impegnate le squadre Solferino Blu, Eden Soccer, Invicta, Fatima, Solferino Rosso. Un’occasione importante per ricordare un calabrese doc trapiantato a Nocera Inferiore, che è riuscito a lasciare un segno positivo nella sua terra adottiva e in particolare in quanti lo hanno conosciuto e praticano quello sport che ha sempre amato.

Insieme - Giugno 2014


VITA ECCLESIALE

“SIGNORE DA CHI ANDREMO?” A colloquio con don Antonio Cuomo per ripercorrere le tappe più importanti della missione dei seminaristi nella cittadina di Angri, conclusasi lo scorso 15 maggio

U

n seminario che apre le sue porte, sessanta seminaristi più alcuni sacerdoti e altrettante famiglie pronte ad accoglierli. Sembrerebbe un miracolo, e forse lo è: dopotutto il Signore sa sorprenderci sempre nella semplicità. Una missione diocesana che ha coinvolto l’intero territorio angrese e il seminario di Pontecagnano (SA) “Giovanni Paolo II”, dal rigido inverno alla tanto attesa primavera. Tre sono stati i momenti in cui questo evento si è dipanato: la prima accoglienza a dicembre, l’approfondimento a febbraio e i saluti a maggio. Insieme a don Antonio Cuomo, parroco di Regina Pacis e coordinatore della missione diocesana, ripercorriamo tutte le tappe. Con fare tranquillo e sereno mi racconta dei bei momenti di condivisione che questa missione ha alimentato nelle parrocchie. «Siamo partiti a dicembre carichi di aspettative, a marce ingranate pronti ad affrontare il primo obiettivo: l’evangelizzazione nelle scuole, protratta poi per tutto il periodo della missione ed intensificatasi a febbraio, quando il soggiorno dei seminaristi era più lungo. In questo periodo hanno avuto infatti la possibilità di incontrare le classi, grazie alla disponibilità dei dirigenti. Il primo momento di incontro collettivo c’è stato a dicembre, con uno spettacolo in piazza Doria ed una veglia notturna nella collegiata di San Giovanni Battista». Un’evangelizzazione vocazionale, per aiutare soprattutto i giovani a scoprire la loro vocazione. Un momento di crescita, in cui i seminaristi si sono confrontati con la coraggiosa scelta che hanno fatto. La tappa di febbraio ha visto infatti dispensare reciprocamente importanti insegnamenti. Grazie ai Cenacoli della Parola i giovani evangelizzatori hanno portato il Vangelo nelle case,

Da sinistra, la festa dei bambini a piazza Annunziata e il concerto di don Giosy Cento

in perfetta sintonia con le famiglie che hanno aperto le porte delle loro abitazioni. «I momenti più belli sono stati proprio quelli dell’accoglienza e della collaborazione. Mai ci saremmo aspettati che tante famiglie aprissero le loro case a questo mondo che, a volte, viene visto lontano, diverso – dice il coordinatore della missione –. Invece c’è stato un bel riscontro. L’unico dispiacere è quello di non essere riusciti a coinvolgere il mondo lavorativo. Avremmo voluto portare la Parola anche nelle tante fabbriche presenti sul territorio, ma i tempi stretti non ce lo hanno permesso. Siamo però riusciti a coinvolgere i bambini, che in un primo tempo ci è sembrato di aver trascurato. Abbiamo così pensato di dedicare loro a conclusione della missione, un momento speciale a piazza Annunziata». Ogni parrocchia è partita in pellegrinaggio fino alla piazza, e giunti lì i bambini si sono divertiti tra balli e animazione, curati dai seminaristi. La serata è poi proseguita con il concerto di don Giosy Cento, un sacerdote autore di canti liturgici e non, nei quali tratta di temi attuali e profondi. A concludere la missione il 15 maggio una celebrazione liturgica presieduta da mons. Giuseppe Giudice. «È stato un bel momento di festa e di preghiera, per tutti – afferma don Antonio – e fare un bilancio di questo avvenimento sarebbe adesso impossibile. I frutti si vedono nel tempo, e l’obiettivo di una missione è quello di seminare la parola di Dio nel cuore delle persone. Sarà lo sforzo delle comunità parrocchiali a dare continuità all’operato della missione, altrimenti sarà solo un’oasi nel deserto. Noi abbiamo seminato, abbiamo fatto la nostra parte, adesso tocca al Signore». Donatella Salvati

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Carmela Tortora, presidente diocesana AC

A colloquio con la neo presidente diocesana di AC, Carmela Tortora, per ripercorrere l’impegno per il prossimo triennio

Umiltà e semplicità per guidare l’Azione Cattolica

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rent’anni all’anagrafe. Una nuova responsabilità colora un periodo di decisioni e bilanci: qualche scatola di ricordi da chiudere in soffitta e altre, tante nuove da inaugurare. Da poco più di un mese è alla guida dell’Azione Cattolica diocesana, nominata dal vescovo Giuseppe. È Carmela Tortora, socia dell’associazione dall’età di dodici anni. Stile materno e pragmatico, in poco più di un’ora mi presenta l’associazione. È sincera, non corona di alloro i meriti di una delle realtà più vivaci del panorama ecclesiale di tutti i tempi. Potrebbe farlo. Sceglie la strada del servo umile e passa in rassegna criticità e prospettive di impegno per il nuovo triennio che si è appena dischiuso. E quando alla lista dei traguardi raggiunti si predilige quella delle vette ancora da scalare, si annusa il profumo di un servizio autentico, che fa della crescita – personale e collettiva – l’elemento fondante. Nel vocabolario di Carmela la parola “incarico” si veste di un significato originale, da annotare e tenere bene a

mente: «Assumere una responsabilità significa imparare a fidarsi degli altri. Smussare gli angoli del proprio carattere, delegando. Fare da soli sembra la strada più breve, ma sforzarsi di tenere insieme i passi di tutti, sulle orme del Maestro, è tutt’altro». L’unitarietà è elemento prezioso per l’AC, anche se avverte Carmela: «A Roma ho visto un’assemblea giovane, segno che tanti miei coetanei hanno assunto la responsabilità della presidenza. Ma mi chiedo dove siano gli adulti. Si sentono giovani in tanti contesti dove noi abbiamo ancora bisogno della loro maturità». Lungo la strada un riferimento costante ad un esempio di uomo di fede: «Don Tonino Bello mi accompagna, con la sua semplicità e schiettezza. Mi ricorda che basta poco, un gesto di carità, lo stare tra la gente in maniera umile, per essere santi». Carmela, membro del Consiglio Episcopale dei Giovani, torna più volte sulla necessità di trovare un giusto equilibrio tra chi vive l’associazione e coloro che sostano

Festa degli incontri per i piccoli dell’ACR

“N

on c’è gioco senza te” è stato il tema dell’annuale “Festa degli incontri” tenutasi sabato 24 maggio nella Villa Comunale di Angri. Da sfondo lo slogan Acierrino “È più bello insieme”, per sottolineare la gioia dello stare insieme e del far festa incontrandosi.

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In un’atmosfera d’amore, di amicizia e di fede sono stati accolti dal nostro vescovo, mons. Giuseppe Giudice, i tanti ragazzi provenienti da tutte le parrocchie della diocesi. I giochi, la preghiera, l’incontro, le foto, l’accoglienza, i balli e lo scambio del pass

tra i ragazzi hanno favorito il sentirsi parte di questa grande famiglia associativa. In sintonia con il tema dell’anno pastorale diocesano “E chi accoglie me…” si sono svolte le ludiche attività che hanno favorito lo scambio di idee e la nascita di una rete di legami tra tutti i ragazzi dell’agro nocerino-

sarnese a simboleggiare il sentirsi parte di una Chiesa accogliente. Una città, ravvivata di colori, che nella gioia e nel divertimento in un bel pomeriggio di maggio, è diventata simbolo dell’incontro con i ragazzi e con Cristo. Equipe diocesana ACR


Delegazione diocesana a Roma L’Azione Cattolica diocesana ha partecipato alla XV Assemblea Nazionale dell’associazione e all’emozionante incontro col Papa

D

La delegazione diocesana a Roma

sulla soglia. «Al termine della nostra Assemblea diocesana abbiamo individuato tre ambiti di impegno. Scuola e famiglia rappresentano luoghi in cui continuare a promuovere la testimonianza cristiana, con la dedizione di sempre. La città, invece, è uno spazio in cui sforzarsi per esprimere una presenza significativa, come associazione che prende a cuore il territorio» spiega con decisione. Ai convegni e ai grandi eventi preferisce la concretezza di iniziative mirate: «Ho visto tanti giovani accogliere con favore l’invito a ripulire le strade di Pagani, segno che c’è sete di rimboccarsi le maniche». Ai gesti deve accompagnarsi anche la formazione: la Dottrina Sociale della Chiesa è un tesoro da riscoprire, anche attraverso la proposta di una Scuola socio-politica. «Un’associazione che sappia guardare sempre alla persona» questa l’impronta che la presidente desidera lasciare al termine del suo mandato, che speriamo possa essere vivo e fecondo per tutta la Chiesa locale. Mariarosaria Petti

al 30 aprile al 3 maggio 2014 una delegazione delle nostra AC diocesana ha partecipato alla XV Assemblea Nazionale di Azione Cattolica dal tema “Persone nuove in Cristo Gesù, corresponsabili della gioia di vivere”. Le esperienze nazionali portano sempre con sé la riscoperta di vecchie consapevolezze e nel contempo aprono il cuore e la mente ad altre, che diventano poi prospettive di impegno. Da un lato vi è il riassaporare in chiave ancor più ampia quanto sia bella la nostra associazione, fatta di incontro e confronto tra generazioni, con la sua storia e la sua progettualità. Dall’altro si riscopre la bellezza di sognare e progettare, in quel continuo dinamismo dato dall’incontro con Cristo, partecipando allo spettacolo di un’AC che ama, spera e cambia! Queste le consapevolezze che tra tante difficoltà del quotidiano, forse spesso, fatichiamo a ricordare. A coronare questo clima di ecclesialità, l’emozionante incontro con Papa Francesco arricchito dalla presenza dei presidenti parrocchiali, accorsi in Vaticano per questa speciale occasione. È questo un tempo nuovo e di cambiamento, per la Chiesa e per la nostra associazione. Un’AC che deve riportare il suo ampio respiro nelle piccole realtà parrocchiali, che deve ripartire dalle persone, che vanno cercate, incontrate, dentro ma soprattutto fuori dalle porte delle nostre chiese! Un’AC che non abbia paura di mostrare il proprio pensiero attraverso gesti concreti in tutti gli ambiti di vita, che siano segno e testimonianza! Tutto il popolo di Dio ha bisogno di una “AC en salida”. don Antonio, Giovanna, Carmela, Carmine, Lisa, Fernando

Una Santa Messa per i maturandi

L

o scorso 30 maggio, nella Basilica

in vista di questa fondamentale tappa

proposta che l’Azione Cattolica intende

di S. Alfonso in Pagani, tutti gli

che è la maturità. È stato un momento

offrire ad ogni studente che vuole

studenti della Diocesi si sono ri-

significativo per riflettere con i giovani

vivere attivamente e da testimone la

trovati per una celebrazione eucaristica

e un’occasione per ripensare ai cam-

propria scuola, assaporando il gusto

pensata per i maturandi insieme al ve-

mini di fede che bisogna saper vivere

dello studio e facendo esperienza di

scovo, mons. Giuseppe Giudice. Un mo-

anche tra le mura della scuola, privile-

democraticità. E allora cosa aspetti?

mento rivolto ad ogni singolo studente

giando lo stile del MSAC che è proprio

Mettiti in movimento con noi!

per supportare ciascuno spiritualmente

quello di mettersi in movimento! Una

Equipe diocesana MSAC

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A Lourdes, insieme a Maria c’erano anche don Gaetano Ferraioli e Giovanni Severino per realizzare il desiderio del fondatore della P.U.A.C.S., Alfonso Russo, che nella città di Maria voleva aprire una casa per la formazione dei volontari

I volontari insieme a don Gaetano Ferraioli

La speciale vocazione degli Hospitaliers

L’

Hospitalité Notre Dame di Lourdes prende forma nel gennaio del 1885, ma la vocazione e l’impegno dei volontari che l’hanno fondata risale ai primi pellegrinaggi del 1864. Essere Hospitalier non significa diventare semplicemente un volontario, ma adottare un autentico progetto di vita, uno spirito di servizio nei confronti dei più deboli che plasma ogni gesto della propria quotidiana esistenza, a Lourdes come in qualsiasi altro luogo del mondo. Formazione e servizio. La formazione al servizio Hospitalier dura 4 anni e viene ufficializzata con “l’engagement”, una cerimonia durante la quale si promette formalmente di prestare servizio a Lourdes almeno una settimana all’anno per tutta la vita. Gli Hospitaliers, attraverso il loro servizio, consentono lo svolgimento delle grandi celebrazioni nei luoghi di culto e cercano di trasmettere il messaggio di Lourdes nella sua integrità. Tra le diverse attività dell’Hospitalité c’è anche il servizio alle piscine, dove ogni giorno centinaia di ammalati accorrono desiderosi di lavarsi alla sorgente di Maria. Proprio a questo servizio sono stata chiamata e mi è stata data la possibilità di comprendere che compiere questo percorso è un’esperienza umana particolarmente forte e importante, un messaggio di fede e di umiltà capace di cambiare la vita di molte persone. Un incontro speciale. Quest’anno, per la prima volta, ci ha accompagnato anche il nostro direttore, don Gaetano Ferraioli. Come un padre ci ha guidati

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Dal 3 al 9 maggio, Maria Grauso ha vissuto un’esperienza da volontaria presso l’Hospitalité Notre Dame di Lourdes. La sua testimonianza ci aiuta a capire cosa significa essere Hospitalier e tenuti per mano in quei giorni a Lourdes. La sua presenza aveva anche un’altra finalità, quella di concretizzare il desiderio del fondatore della P.U.A.C.S., il Cav. Alfonso Russo: acquistare una casa a Lourdes per la formazione dei volontari. Strano, ma vero… è proprio alla grotta che io, Giovanni Severino e don Gaetano abbiamo rivisto Alfonso. Un vecchietto, stesso colore dei capelli, stessa camminata, stesso modo buffo di tenere le borse. Per alcuni minuti è mancata la parola a tutti. Giovanni, incredulo, si è avvicinato ad un metro di distanza e lo ha anche fotografato. Don Gaetano, durante la Celebrazione Eucaristica, ci ha invitati a pregare per questo progetto e il pensiero unanime è stato: Alfonso desidera che si vada avanti e si realizzi il progetto di creare una casa di formazione per i volontari in questa terra benedetta. È felice di quello che stiamo pensando e facendo. Bisogna solo continuare a pregare e Maria, madre nostra, intercederà per noi presso il suo Figlio. Maria Grauso responsabile sorelle P.U.A.C.S.


L’apertura dell’assemblea

Le attese

di Francesco Per la prima volta un Papa ha aperto l’assemblea generale dei vescovi italiani, tenutasi in Vaticano dal 19 al 23 maggio scorso. Tre i punti indicati dal Pontefice

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rimato di Dio, unità ecclesiale e la prospettiva del Regno. Questi i tre capisaldi indicati da papa Francesco ai vescovi italiani riuniti in Vaticano per la 66esima assemblea generale della CEI. Attorno a questi tre tratti il pontefice ha costruito il suo intervento, la prima volta che un successore di Pietro abbia aperto la riunione plenaria dell’episcopato tricolore. «Le tentazioni, che cercano di oscurare il primato di Dio e del suo Cristo, sono legione nella vita del Pastore», ha spiegato il Papa, additando in particolare la «tiepidezza che scade nella mediocrità, la ricerca di una tranquillità, che rinnega rinunce e sacrificio, la fretta pastorale, l’accidia che porta all’insofferenza, la presunzione di chi si illude di poter far conto solamente sull’abbondanza di risorse e di strutture». «Se ci allontaniamo da Gesù Cristo – ha constatato il Santo Padre –, se l’incontro con Lui perde la sua freschezza, finiamo per toccare con mano soltanto la sterilità delle nostre parole e delle nostre iniziative». Per quanto riguarda l’unità ecclesiale, per Bergoglio deve essere una questione vitale. «Gestione personalistica del tempo», «chiacchiere», «mezze verità che diventano bugie»: rispetto a queste tentazioni il Papa ha evidenziato che «proprio l’esperienza ecclesiale costituisce l’antidoto più efficace». E, su questo sfondo, ha rilanciato l’attualità delle parole con cui cinquant’anni fa Paolo VI si rivolgeva ai membri della Conferenza Episcopale Italiana e poneva come «questione vitale per la Chiesa» il servizio all’unità. Un terzo grappolo di tentazioni, il Papa le ha ricondotte a ciò che «ostacola la crescita del Regno, il progetto di Dio sulla famiglia umana». Dopo aver indicato «gli orizzonti

del Regno», verso i quali protendersi come «annunciatori della verità di Cristo, strumenti della sua misericordia», Papa Francesco ha indicato tre «luoghi» in cui la presenza dei Vescovi e, quindi, della Chiesa italiana è «maggiormente necessaria e significativa»: la famiglia, il lavoro e i migranti. Una riscoperta missionaria perché si compia l’auspicio finale del Vescovo di Roma: «Andate incontro a chiunque chieda ragione della speranza che è in voi: accoglietene la cultura, porgetegli con rispetto la memoria della fede e la compagnia della Chiesa, quindi i segni della fraternità, della gratitudine e della solidarietà, che anticipano nei giorni dell’uomo i riflessi della Domenica senza tramonto». Salvatore D’Angelo

Il papa della modernità

P

aolo VI sarà beato. La sua intercessione ha consentito la guarigione di un feto ritenuto morto dai medici. La madre, una donna statunitense, decise di non abortire e di affidarsi a Giovanni Battista Montini. La celebrazione si terrà in piazza San Pietro il prossimo 19 ottobre. Quindici intensi anni di papato quelli di Montini, la chiusura del Concilio Vaticano II, l’incontro in Terra Santa con Atenagora, ma anche il dolore per il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro. Un riferimento spirituale, Paolo VI, per il vescovo Giuseppe, che non perde mai l’occasione far riferimento al futuro beato quale luminoso esempio pastorale e spirituale.

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Il cardinale Parolin con i vescovi campani concelebranti alla Supplica

Impegnarsi in prima persona Il Segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin, a Pompei per la supplica dell’8 maggio. Ha invitato tutti ad essere protagonisti del riscatto

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ritardi antichi e strutturali rendono difficile guardare al futuro con serenità e fiducia». Un richiamo a chi probabilmente poteva e doveva fare, un’esortazione a non commettere gli stessi errori per coloro che oggi possono invertire la tendenza. «La Madonna – ha chiosato il Cardinale – ci animi tutti a cooperare e collaborare perché certamente l’aiuto di Dio ci viene, ma di questo aiuto dobbiamo anche saperne approfittare impegnandoci in prima persona». Salvatore D’Angelo

L

e riflessioni mariane del Vescovo Giuseppe sono sbarcate al Salone del libro di Torino. Un’importante vetrina per “Na sera e’ maggio”, il testo edito dalla Libreria Editrice Vaticana che era già stato apprezzato a più livelli in tutta la regione. Per il volumetto che colpisce per la sinteticità e l’efficacia delle sollecitazioni spirituali c’è stata anche la ribalta internazionale. Numerose le parrocchie che hanno scelto il libricino per scandire i giorni del “Mese di maggio”. Un opuscolo utilizzato anche per la riflessione quotidiana da numerosi devoti alla Madonna.

Ammessi Ammissione agli Ordini sacri per i seminaristi Francesco Amarante, originario della parrocchia Sant’Antonio di Orta Loreto, e Marco Siano, originario della parrocchia San Teodoro di Sarno. La celebrazione si è tenuta lo scorso 12 maggio presso il seminario metropolitano “Giovanni Paolo II” di Pontecagnano. A presiedere la solenne liturgia l’arcivescovo di Salerno, monsignor Luigi Moretti. La celebrazione rappresenta una tappa importante e fondamentale per il cammino dei due seminaristi verso il diaconato e il presbiterato. A far da corona a Marco e Francesco le loro famiglie e i tanti amici provenienti dalle parrocchie dove hanno svolto e svolgono il loro servizio. Attualmente Marco è impegnato in Cattedrale, mentre Francesco è nelle parrocchie San Bartolomeo, San Giovanni Battista e Santa Maria Maggiore a Nocera Superiore.

Foto di L. Rescigno e F. Faiella

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rriva da Pompei l’invito ad «impegnarsi in prima persona» per sradicare dalla Campania una «violenza sempre in agguato» e la crisi occupazionale, conseguenza di «ritardi antichi e strutturali». A lanciarlo è stato il Segretario di Stato Vaticano, che ha presieduto la supplica alla Madonna del Rosario. In un’omelia incentrata sulla carità e la fede, il cardinale Parolin non ha mancato di analizzare i mali di questa terra, invitando a non cedere allo «scoraggiamento». Le parole del porporato, «primo collaboratore di papa Francesco» come lo ha definito l’arcivescovo Tommaso Caputo, sono arrivate dirette al cuore e alla mente dei presenti. «La carità ha aperto le porte, anzi le ha spalancate alla speranza, dando vita a un’era nuova. Nessun problema, nessuna apprensione, per quanto forte e motivata, può tenere lontana una speranza che, proprio in questo luogo si manifesta come concreta. Questo rimane vero – ha detto Parolin durante l’omelia – anche se oggi ciò che viviamo non ci mette al riparo da difficoltà e angustie, come l’insidia di una violenza sempre in agguato, o le scarse e incerte prospettive di lavoro per i nostri giovani, ai quali non solo la crisi economica di questi tempi, ma

Successo editoriale


DENTRO LE NORME Una parte importante del documento diocesano riguarda i “Sacramenti della guarigione”. Questo mese parliamo della Penitenza

«I

n ogni parrocchia si stabiliscano giorni e orari in cui normalmente si ascoltano le confessioni personali e in cui si celebra comunitariamente il Sacramento della Riconciliazione. I fedeli tuttavia trovino cura, attenzione e disponibilità ogni qual volta desiderano accostarsi al Sacramento e vengano aiutati a viverlo senza fretta o come semplice lasciapassare alla comunione eucaristica». «In ogni parrocchia, o santuario, o altro oratorio pubblico, ci sia un luogo deputato all’ascolto delle confessioni individuali. È da preferire il confessionale. Ogni sacramento richiede un luogo proprio per la sua celebrazione che non dovrebbe mai essere sostituito».

«Durante la celebrazione delle messe non sia celebrato il Sacramento della Riconciliazione, per il quale devono essere stabiliti altri e opportuni tempi. Dove esigenze pastorali lo richiedano, tuttavia è consentito che dei sacerdoti non concelebranti ascoltino le confessioni dei fedeli che lo desiderino, anche mentre si celebra la Messa nello stesso luogo, per venire incontro alle necessità dei fedeli». «Per la remissione della censura legata ad alcuni peccati hanno la facoltà: l’Ordinario del luogo e il Penitenziere della Cattedrale. Gli altri sacerdoti, per la remissione, devono chiedere la facoltà al Vescovo. Nei tempi di Avvento e di Quaresima tutti i sacerdoti godono della facoltà di rimettere la censura».

I fondi librari della Biblioteca Numerose le donazioni di libri ricevute negli anni. Le più corpose sono state quelle del Vescovo emerito e di mons. Vassalluzzo, ma anche i regali dell’Azione Cattolica e dell’associazione “Porta aperta”

I

l patrimonio librario della Biblioteca Diocesana si è arricchito negli anni grazie alla generosità di quanti hanno donato i propri libri alla struttura, infondendo fiducia al servizio culturale che svolge e a quanti, studenti universitari e ricercatori in particolare, si rivolgono ad essa. I fondi più cospicui sono stati donati dal vescovo emerito, mons. Gioacchino Illiano, e dal vicario generale di venerata memoria, mons. Mario Vassalluzzo. Nel fondo del vescovo Illiano vi sono numerosi testi di teologia, spiritualità, pastorale, storia della Chiesa e agiografia. Vi sono inoltre tanti volumi riguardanti la vita delle diocesi campane. Mons. Vassalluzzo ha lasciato alla Biblioteca preziosi testi di storia locale, molti dei quali di pregevole rarità, oltre a testi di storia generale, di spiritualità, di storia della Chiesa, agiografici e teologici. Fondi interessanti sono

stati donati anche dall’Associazione “Porta aperta” e dall’Azione Cattolica Diocesana. Il primo sodalizio ha donato una serie di volumi sulla legalità, rendendo il fondo unico nel suo genere, mentre dal Centro diocesano di Azione Cattolica provengono utilissimi libri per cammini catechetici e formazione cristiana, nonché i testi di Dottrina sociale della Chiesa che si aggiungono a quelli più antichi già presenti in Biblioteca e riguardante la vita associativa della prima metà del XX sec. Nella Biblioteca si trova anche un fondo intitolato a Mons. Jolando Nuzzi, vescovo diocesano dal 1971 al 1986, ricavato dai documenti lasciati dopo la sua morte. In quest’ultimo fondo troviamo testi di vita ecclesiale della seconda metà del XX secolo. Don Roberto Farruggio Direttore della Biblioteca Diocesana

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ILPANEDELLADOMENICA Sussidio liturgico dal Corpus Domini alla XV domenica del Tempo Ordinario (Anno A) Commenti a cura di mons. Giuseppe Giudice

Siamo ormai noi l’evangelo Cristo non ha più mani, ha soltanto le nostre mani per fare oggi le sue opere. Cristo non ha più piedi, ha soltanto i nostri piedi per andare oggi agli uomini. Cristo non ha più voce, ha soltanto la nostra voce per parlare oggi di sé.

Cristo non ha più forze ha soltanto le nostre forze per guidare gli uomini a sé. Cristo non ha più vangeli che essi leggano ancora, ma ciò che facciamo in parole e in opere è l’evangelo che lo Spirito sta scrivendo. Anonimo fiammingo del XV sec.

22 giugno 2014

CORPUS DOMINI (Anno A) Le letture “La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda” Prima lettura: Dt 8,2-3.14-16 Salmo: Sal 147 Seconda lettura: 1Cor 10,16-17 Vangelo: Gv 6,51-58 Il Vangelo «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». (cfr Gv 6, 56-) Colore liturgico: BIANCO

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Il Pane degli angeli Ecce Panis angelorum. Ecco il pane degli angeli, pane dei pellegrini, vero pane dei figli: non deve essere gettato. Nei cassonetti della nostra città opulenta, c’è ancora troppo pane gettato. Direbbero i nostri anziani: è grazia di Dio! Gettiamo la grazia di Dio, gettiamo Gesù e poi andiamo a comprare altro e abbiamo sempre fame. Non deve essere gettato! Ricordati di tutto il cammino. Non dimenticare il Signore tuo Dio. Il pane che spezziamo è comunione con il corpo di Cristo; e, gettando il pane, carne e sangue del Figlio dell’uomo, noi gettiamo e rigettiamo la comunione. Non deve essere gettato!


29 giugno 2014

S.S. PIETRO E PAOLO (Anno A) Le letture “Tu sei Pietro, a te darò le chiavi del regno dei cieli” Prima lettura: At 12,1-11 Salmo: Sal 33 Seconda lettura: 2Tm 4,6-8.17-18 Vangelo: Mt 16,13-19 Il Vangelo E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa». (cfr Mt 16, 17-18) Colore liturgico: ROSSO

Il pescatore e il dottore Celebriamo le colonne della Chiesa: Pietro e Paolo, martiri, cioè testimoni. Celebriamo il mistero della Chiesa, che sempre rinasce dal sangue dei martiri e dei testimoni. Tu sei Pietro! Tu sei Paolo! Con diversi doni, essi hanno edificato l’unica chiesa. Pietro, il pescatore di Galilea. Paolo, il maestro e dottore. Beato te, Simone! Beato te, Saulo! E beati noi, se sull’esempio degli Apostoli, sappiamo testimoniare l’amore grande del Signore e dare concretamente la vita per Lui. Edificati anche noi sulla loro fede, ben sapendo che le porte degli inferi non prevarranno.

6 luglio 2014

XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno A) Le letture “Io sono mite e umile di cuore” Prima lettura: zc 9,9-10 Salmo: Sal 144 Seconda lettura: Rm 8,9.11-13 Vangelo: Mt 11,25-30 Il Vangelo «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». (Cfr Mt 11, 28-30) Colore liturgico: VERDE

Il volto paterno di Dio Un inno di lode sgorga dal cuore limpido del Figlio. Ti benedico, Padre… Gesù ci insegna l’atteggiamento giusto per collocarci, nello stupore e nella lode, dinanzi al Padre. Ti benedico, Padre… Inno di lode, di stupore e di gioia del figlio che riconosce la paternità di Dio. Ti benedico, Padre… Dio, riconosciuto Signore del Cielo e della terra; anzi, il Signore di tutte le cose, è Padre. Ti benedico, Padre… Il motivo della benedizione è la rivelazione ai piccoli delle cose di Dio. Così piace al Padre. In questa lode, segno di profonda comunione, si può andare a Lui anche se siamo affaticati e oppressi.

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13 luglio 2014

XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno A)

Come la pioggia e la neve

Le letture “Il seminatore uscì a seminare” Prima lettura: Is 55,10-11 Salmo: Sal 64 Seconda lettura: Rm 8,18-23 Vangelo: Mt 13,1-23 Il Vangelo «Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!». (Cfr Mt 13, 16-17)

Piove su di noi continuamente la Parola di Dio. Come la pioggia e la neve, mentre la creazione attende la rivelazione dei figli di Dio. Piove la Parola, il seme è gettato e il Signore visita la terra e benedice i suoi germogli. Tu visiti la terra e la disseti. Piove la Parola e il terreno attende il dono. Piove la Parola e piove sui buoni e sui cattivi, ma diversi sono i terreni, i momenti, le situazioni di accoglienza e di rifiuto. Il fiume di Dio è gonfio di acque e Dio fa crescere, nonostante le nostre chiusure. Egli solo conosce le stagioni del raccolto.

Colore liturgico: VERDE

INFORMADIOCESI GLI APPUNTAMENTI Le cresime Il Vescovo amministrerà il Sacramento della Confermazione a giugno: 16, ore 19.00, parrocchia Maria Santissima delle Tre Corone a Sarno; 21, ore 18.00, parrocchia Sant’Alfonso a Sarno; 28, ore 19.00, parrocchia Santa Maria delle Grazie a Casali di Roccapiemonte. A luglio il giorno 6 alle ore 11.00 nella parrocchia Santa Maria delle Grazie a Pagani.

lernitana presso il seminario Giovanni Paolo II di Pontecagnano. Corpus Domini

La Sosta ecclesiale

Il 22 giugno il Vescovo presiederà la processione del Corpus Domini che si snoderà per le principali strade di Nocera Inferiore. Appuntamento alle ore 18.00 presso la parrocchia del Corpo di Cristo.

Il 18 giugno, alle ore 20.00, presso la parrocchia di San Giovanni Battista a Nocera Inferiore, mons. Pietro Santoro relazionerà sul tema “Una Chiesa giovane capace di rinascere dall’alto”. Introduce l’incontro mons. Giuseppe Giudice.

Fratelli nell’Episcopato Il 20 giugno, alle ore 11.00, il Vescovo parteciperà alla riunione della Metropolia sa-

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Insieme - Giugno 2014

scovo presiederà la solenne celebrazione che si terrà alle ore 16.00 del 27 giugno.

Sì in eterno Professione solenne al Monastero di Santa Chiara. Il Ve-

Per maggiori info: www.diocesinocerasarno.it

APERTURA CURIA Gli uffici della Curia diocesana di Nocera Inferiore sono aperti tutti i lunedì e venerdì dalle ore 9.30 alle ore 12.30. gli uffici della delegazione di Curia a Sarno sono aperti solo il giovedì dalle ore 10.00 alle ore 12.00.


IL PRETE ChE AMAVA I BAMBINI

La vita di don Enrico Smaldone in 12 appuntamenti

N

ella

realizzazione del suo

sogno, don Enrico coinvolge anche Federico Russo, amico di infanzia che vive

in America, è un insegnante ed è redattore de Il progresso italo-americano. Dal 1950 al 1954 gli scrive tantissime lettere, raccolte nel volume L’audacia della Carità (a cura di don Silvio Longobardi). Una corrispondenza fitta da cui emergono le notevoli difficoltà economiche che il sacerdote affronta e la sua incrollabile fiducia nella Provvidenza.

La sosta sulla cima Dopo la cerimonia della prima pietra, don Enrico affronta non poche difficoltà economiche, senza mai smarrire la fiducia nella Provvidenza. Abbiamo ricostruito l’anno 1950 attraverso le lettere scritte all’amico di infanzia Federico Russo

Il 16 giugno del 1950, non è passato

A novembre arriva un assegno di 1000 dollari, frutto dell’impegno incessante dell’amico di infanzia. Nella stessa giornata l’impresa Lamaro sospende i lavori per mancanza di fondi. Le spese affrontate per la costruzione ammontano a 11 milioni, don Enrico ne ha versati solo tre. Ma ha ottenuto di pagare un po’ alla volta. Solo, cerca di far fronte a tutte le spese: mano d’opera, cemento, ferro, il cui costo aumenta in continuazione e gli crea non poche preoccupazioni. «Voglio sperare che il Signore non mi voglia abbandonare e voglia benedi-

neppure un anno dalla cerimonia del-

solo edificio, di tre piani. In seguito, è

re il tuo lavoro», confida all’amico.

la posa della prima pietra, don Enrico

costretto a scegliere di completare solo

È un dicembre freddo e umido, la pioggia

scrive: «Le fondamenta, il lavoro più

il primo piano. Scrive a Federico l’8 lu-

rallenta i lavori. Don Enrico pensa ai

pesante, data la friabilità del terreno,

glio: «L’edificio in corso di costruzione

tanti bambini che attendono con ansia

sono terminate. (…). Tra giorni si co-

è lungo m. 44,50, largo m. 15 e alto m.

una casa. Il 10 gennaio 1951 confes-

lerà il cemento. A vedere questi lavori

18. Si compone di tre piani ed il suo

sa di essere “in una situazione peno-

si resta meravigliati. Ma, è sempre il

prezzo si aggira sui 50-60 milioni. Ma

sa. Sono per ricevere un terribile “alt”

solito ritornello, ci vogliono soldi, lire,

data la scarsità di mezzi, ho deciso di

nei lavori di costruzione. L’aumento del

milioni». Dopo pochi giorni - è il 21 giu-

fermarmi al primo piano dell’edificio. La

ferro, del cemento, dei mattoni, ecc.,

gno del 1950 - informa l’amico che lo

spesa, quindi, che debbo affrontare per

ha svuotato tutte le mie tasche. A poca

aiuta nella raccolta fondi per La Città

ora è di circa 20-25 milioni. Finora ho

distanza dalla fine non vorrei provare

attraverso la costituzione di una serie

raccolto solo 4 milioni che ho già ver-

il grande dolore di dover sospendere i

di Comitati, che “i lavori di costruzione

sati all’Impresa Lamaro». Sognava una

lavori. Di debiti ne ho già abbastanza.

avanzano con ritmo accelerato, insieme

Città che arrivasse “fino a sott a mun-

Mi servirebbe circa un milione. Sono in

ai debiti”. Ma la sua fiducia non si pie-

tagn”. Poco alla volta, rimodula il suo

un’ansia che non mi dà pace». Ancora

ga: «Avanti sempre, mio caro Federico,

sogno, ma le difficoltà continuano a far

una volta, arriva l’aiuto dell’amico che

la sosta sulla cima».

sentire il loro peso. Il 15 ottobre del

don Enrico considera un altro se stesso

Il progetto iniziale prevedeva la costru-

1950 scrive ancora: «Mio caro Federico,

in America: 210 dollari che aggiunti alle

zione di 8 grandiosi edifici: 500 i milioni

ti confesso con tutto il cuore che mi tro-

sue povere risorse lo tengono ancora in

necessari per la sua realizzazione. Una

vo in disastrose condizioni economiche.

piedi. I lavori continuano.

cifra enorme, assolutamente spropor-

L’impresa Lamaro che sta costruendo la

Don Enrico riesce a coprire solo metà

zionata, basti pensare che lo stipendio

Città mi ha chiesto danaro che io non

solaio. È costretto a rimandare la co-

medio di un operaio è di 25/30 mila

ho. Ho promesso di consegnargli una

pertura dell’altra parte. Un ultimo sfor-

lire. La difficoltà nel reperire fondi in-

buona somma agli inizi del mese di no-

zo lo separa dal primo e importante tra-

ducono don Enrico a convogliare tutte

vembre. Sono aggrappato a te come ad

guardo.

le sue energie nella realizzazione di un

unica ancora di salvezza».

Antonietta Abete

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IN DIOCESI

DAVANTI A DIO PER IL MONDO A CURA DELL’U.S.M.I. (UNIONE DELLE SUPERIORI MAGGIORI D’ITALIA) DIOCESANO

Le suore insieme al vescovo Giuseppe Giudice

DAVANTI A DIO PER IL MONDO Questa rubrica è una finestra sul mondo vocazionale per scoprire la ricchezza della vita religiosa femminile presente nella nostra diocesi

Il mondo dietro le grate

L’

antico complesso del Monastero di Santa Chiara sorge al confine tra Nocera Inferiore e Pagani, e vi si accede tramite un imponente portale classicheggiante. Quando entro nel parlatorio, la piccola stanza in cui le suore ricevono i visitatori, noto un arredamento semplice e un piacevole silenzio. Poi delle voci affabili mi accolgono dalle grate. Le clarisse che abitano il monastero sono 24, in maggioranza molto giovani. Sono cordiali, solari, hanno negli occhi la bellezza di chi conduce una vita serena nella grazia di Dio. Mi mettono sin da subito a mio agio ed io porgo loro qualche domanda per conoscere meglio il loro mondo. Cosa vuol dire vivere la clausura, oggi? Si sceglie di essere suora di clausura per donarsi pienamente a Dio; con spirito e corpo. Tutti siamo chiamati alla vita contemplativa, all’allontanamento dalle cose effimere della vita, all’obiettivo di ricercare Dio anzitutto dentro di noi. Ed è questo che ricordiamo noi clarisse ai battezzati. La Chiesa è un grande corpo, e noi siamo come il cuore che è in esso: il cuore è “nascosto”, ma essenziale. Come vedete, dietro le grate, i cristiani e il mondo? Più osserviamo il mondo e più ci accor-

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A colloquio con le suore di clausura del monastero di Santa Chiara di Nocera Inferiore. Una finestra sulla loro comunità giamo che “quelli dietro le grate” siete voi. È questione di punti di vista. Qui, noi clarisse abbiamo tutto quello che serve per condurre una vita serena: abbiamo il Signore, non ci manca nulla. Perché la clausura e non un impegno missionario, tra la gente? Certamente la clausura implica una separazione materiale con il mondo, ma ciò non vuole dire che non siamo solidali, che non condividiamo speranze e dolori. Anche la clausura è una missione: per noi la preghiera è una forma di servizio fraterno che offriamo universalmente a tutto il mondo. Quella di stare in convento è una scelta d’amore, mai egoistica: noi ogni giorno stiamo “davanti a Dio, per il mondo”. Com’è organizzata la vostra giornata-tipo? Comincia alle 5:30, ripartita fra preghiera, lavoro e riposo. I lavori a cui ci dedichiamo, oltre quelli di manutenzione del monastero, sono soprattutto di cucito e d’artigianato: confezioniamo bomboniere e quadretti. Ed è per lo più di questo che viviamo. Per

il resto, confidiamo nella divina Provvidenza. In un mondo che attualmente è “social” e vive di scambi e confronti repentini, non avvertite il rischio di estraniarvi? Vivere in monastero è ancora più “social” del mondo attuale. La socialità è alla base della vita monastica: noi clarisse siamo un solo corpo. Oggi si hanno migliaia di amicizie virtuali e si pensa di conoscere l’altro senza viverci insieme. Spento il computer, però, ci si trova spesso soli e senza nulla di concreto tra le mani. Chi viene accolto da noi sa di essere ascoltato, aiutato. Avrei trascorso volentieri altro tempo a discorrere con le clarisse. Con la loro semplicità, la loro allegria e la serenità che traspare dal loro “stare insieme”, vengono a dimostrarci che, per condurre una vita gioiosa, bisogna riuscire ad abbandonare la caducità del quotidiano per dedicarsi a ciò che davvero conta nell’esistenza dell’uomo: l’amore verso se stessi, per il prossimo e per Dio Padre. Martina Grimaldi


A CURA DELLA CARITAS DIOCESANA

E non finisce qui! Saranno vissute ed applicate nel quotidiano le esperienze e le nozioni apprese dagli operatori Caritas durante il progetto “Accogliere l’Altro. Un cammino dall’Io al Tu – Percorso formativo diocesano sulle dipendenze” conclusosi a fine maggio

S

i è concluso il ciclo di 11 incontri di formazione per parroci e volontari sul tema delle dipendenze promosso da Caritas diocesana. Dalle nozioni ora si passa ad altro, all’incontro concreto e quotidiano di ciascun operatore con l’Altro. Il gruppo di operatori che ha preso parte all’iniziativa d’ora in poi avrà il compito di “incontrare” l’Altro alla luce delle nozioni apprese e della consapevolezza maturata. Ho avuto il privilegio di partecipare alla gran parte degli appuntamenti, ciascuno interessante a suo modo sia per le tematiche che per gli illustri docenti, ma soprattutto per l’interesse dei partecipanti. Come ogni bella avventura che si rispetti, c’è un inizio ed una fine, possiamo però dire che si è attivato un processo che ha sicuramente modificato pensieri, assetti emotivi e relazionali, presupposti iniziali ed aspettative, procurando un’alchimia in tutti coloro che hanno potuto “in-contrarsi” in questo gioco di conoscenza e approfondimento delle tematiche della dipendenza in genere. La stesura di questo articolo nasce dall’esigenza di chiudere questo percorso, fotografando in essa lo spirito che ha mosso l’iniziativa, le convinzioni ed i princìpi che l’hanno avviato, ma anche le nuove letture che è stato possibile effettuare e le nuove rivelazioni sperimentate. Opportunità che permettono, a chi cerca di promuovere il bene comune, di comprendere, talvolta anche in corso d’opera, come affinare l’approccio e gli strumenti che consentono di fare bene il bene. Insomma è stata un’esperienza affascinante per gli incon-

tri che ha promosso, anche quello con se stessi. Credo sia stato raggiunto l’obiettivo di rendere ogni operatore consapevole che dietro ogni sintomo o problematica c’è tutto un mondo di affetti mancati e di relazioni disfunzionali. Così come ciascuno credo si porti la consapevolezza della responsabilità del proprio ruolo, sicuramente non nel prendere in carico il bisogno altrui sostituendosi, ma nell’accompagnarlo ed eventualmente orientando l’altro alla potenziale cura. Tematica di sfondo per ciascun incontro è stato il tema dell’ascolto, del buon ascolto e della positività dell’esperienza della vicinanza/prossimità. Anche lo stage finale che ho condotto ha focalizzato la sua attenzione su questa tematica, ma anche sullo stile relazionale e sul ruolo dell’operatore Caritas. Abbiamo condiviso che l’uomo è in grado di realizzare se stesso, che quindi ciascuno può sviluppare le proprie abilità a partire da relazioni che non contemplano unicamente lo sbilanciamento posizionale tra aiutatore e aiutato, ma anche e soprattutto da azioni di vicinanza e accompagnamento sensibile. Gli adulti di oggi con difficoltà provengono da adulti di ieri le cui difficoltà non sono state “incontrate e attenzionate” adeguatamente. Ciascuno porti quindi con sé la consapevolezza del grande bene che all’altro può fare l’essere incontrato autenticamente e che il dono più grande che si può fare all’altro, come ci dice Lavelle, non è tanto donargli la nostra ricchezza, il nostro savoir faire o le nostre convinzioni, quanto rivelargli la sua! Carolina Rossi

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A CURA DELL’UFFICIO DI PASTORALE GIOVANILE

Lavori in corso Vivace ed effervescente l’attesa per il Concilio dei giovani, annunciato dal Vescovo lo scorso 12 aprile. L’obiettivo è riscoprirsi una Chiesa giovane

D

opo la Giornata Diocesana dei Giovani, continua il cammino della Pastorale Giovanile. Ci si prepara al 19 novembre, giorno della dedicazione della Basilica Cattedrale, quando avrà inizio il Concilio. Intanto, si sta lavorando per mettere a punto i lavori di questo evento. Si dovranno ascoltare tutte le realtà presenti, ci saranno sessioni nelle quali discutere su diversi punti, si proporranno metodi e soluzioni, tutto per ringiovanire l’intera pastorale diocesana. Concilio dei Giovani, infatti, non significa che vi prenderanno parte solo le nuove generazioni, ma che attraverso di loro tutta la Chiesa Diocesana dovrà riscoprirsi giovane. L’intero cammino fatto con i 12 e i 72, compreso il progetto di evangelizzazione che sta venendo fuori dagli incontri dell’Equipe 84, e il cammino percorso con i Cortili della gioia, convoglieranno in questo evento conciliare, cioè in questa “riunione

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di Chiesa” dove tutti avranno il diritto alla parola e il dovere all’ascolto. Quali saranno le modalità con cui si svolgerà l’assemblea ancora non sono state decise. Il Vescovo, per ora, sta incontrando chi dovrà prendere parte come segreteria generale a questo momento. Senza corse però, perché è un avvenimento importante che richiede tempo e pazienza. Un compito è già affidato a tutti: la preghiera. È questo il sostegno di qualsiasi iniziativa e riunione, l’alimento di qualsiasi cammino, la sintesi di qualsiasi progetto. Tutti dobbiamo pregare perché sappiamo ascoltare la voce dello Spirito che continuamente parla ai nostri cuori. E dobbiamo invocarlo, Lui che è principio di unione. Don Giuseppe Pironti


Foto di gruppo dei partecipanti

Da sinistra, Ludovica Amodio, Rosa Amodio, Michela Belmonte, membri dell’equipe di formatori del nostro Comitato Diocesano

La comunicazione al centro del corso di formazione per educatori e animatori ANSPI, tenutosi dal 25 al 27 aprile, a Caprioli di Pisciotta

I mille volti della comunicazione

«T

re giorni intensissimi, condivisi con persone buone, sincere, leali, quelle persone che ti entrano nel cuore in maniera istantanea, senza che tu abbia nemmeno il tempo di decidere o meno». Questa è solo una piccola frase estratta da una delle tante riflessioni che abbiamo raccolto al termine del corso di formazione per educatori e animatori ANSPI, tenutosi dal 25 al 27 aprile, a Caprioli di Pisciotta presso l’agriturismo San Carlo. Il tema, sviscerato in tutte le sue sfaccettature per essere compreso appieno dagli aspiranti o già affermati educatori, era la comunicazione. Il primo giorno, abbiamo trattato la comunicazione e tutte le sue barriere, facendo provare in prima persona ai ragazzi cosa significa non poter comunicare adeguatamente: disturbatori, assenza di parola, ostacoli vari. Nelle attività si presentavano semplicemente come persone, ma nella vita reale, sono tutte le distrazioni che ci assalgono durante il corso della giornata, non facendoci dedicare pienamente a noi stessi anche solo per un attimo.

La comunicazione non verbale. Il secondo giorno, invece, è iniziato con un’attività particolare: uno scambio di sguardi così intenso, che ha fatto venir fuori dall’animo dei ragazzi sentimenti che neppure loro sapevano di provare. Abbiamo così introdotto l’idea della comunicazione attraverso un organo del tutto estraneo al tema in questione: gli occhi. Qualcuno tra i ragazzi suggeriva: “gli occhi sono lo specchio dell’anima”, molti erano in pieno accordo con questo aforisma, poiché tutti guardando per soli 3 minuti negli occhi il compagno, hanno scoperto un modo nuovo di comprendere l’altro senza scambiare neppure una parola. I social network. Nel pomeriggio, il tema “comunicazione” si è spostato verso un “nuovo mondo”: i social network. Questo nuovo modo di comunicare ha cambiato molto la nostra vita, e attraverso dei mini sondaggi tra i partecipanti del corso abbiamo appreso che trascorrono la maggior parte della giornata su facebook, twitter, o facendo ricerche per le cose più strambe. Il nostro intento era di indirizzarli ad usare i social nel modo più corretto possibile, e per fare ciò abbiamo

affidato loro il compito di creare uno slogan per “l’estate ragazzi” dei loro oratori per invitare bambini ed adolescenti a parteciparvi postandoli sulla pagina dell’ANSPI NoceraSarno. È stato un successo! Le due serate si sono poi concluse con due momenti di preghiera diversi dal solito e ideati da uno dei due formatori lì presenti: canzoni, candele, post-it, spazi aperti hanno fatto in modo che si creasse l’atmosfera giusta per ringraziare il Signore per gli attimi intensi vissuti durante la giornata. La commozione di tutti ci ha fatto percepire la vera presenza di Dio in mezzo a noi. Il sussidio estivo. Il terzo giorno abbiamo dedicato l’intera mattinata alla presentazione del sussidio estivo dell’ANSPI, “Narnia: cronache d’estate”. Attraverso la storia e il coinvolgimento dei ragazzi, i formatori hanno ricreato il fantastico mondo di Narnia in un agriturismo del Cilento. Che dire? Tre intensissimi giorni in cui capisci che “non è necessario essere a casa per sentirsi a proprio agio: quando un concerto di anime ti avvolge, ovunque sei, quello è il posto migliore del mondo”. Insieme - Giugno 2014

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CONTROCORRENTE A CURA DELL’UFFICIO PER LA PASTORALE FAMILIARE

Custodire la verità dell’amore «ho 41 anni, sposata da quindici, ho due bambine, lavoro come educatrice, faccio uso di contraccettivi, ma sono convinta che Dio non mi condannerà per questo. Tempo fa una mia amica andò a confessarsi dicendo di far uso di preservativi; il sacerdote le disse che il modo corretto di vivere la sessualità nel matrimonio è la castità. Di fronte a questa “verità” abbiamo sorriso: è del tutto fuori dalla realtà. Cosa

P

rendo spunto dalla lettera di Antonella per proporre qualche riflessione. La giovane donna evidenzia, in maniera sintetica, i valori e i motivi di fondo di una cultura che accetta con fatica o rifiuta del tutto i Metodi Naturali. Buoni motivi per distanziare una gravidanza non possono mai giustificare l’uso della contraccezione, come scrive Papa Paolo VI nell’Humane Vitae : “l’atto contraccettivo è intrinsecamente illecito”. Mi ha sempre fatto riflettere l’avverbio “intrinsecamente”. Vuol dire che il discrimine non è rappresentato dalle motivazioni di chi fa uso della contraccezione, il discriminante è il mezzo stesso e il suo utilizzo. Nell’uso della contraccezione, il piacere è l’unico criterio che spesso soffoca la totale donazione della coppia e la disponibilità a generare la vita. Riconoscere e rispettare il rapporto sessuale come il luogo sacro della generazione di una vita umana non è un fatto soggettivo, esso ha un valore di verità. La stessa verità che ha fatto sorridere Antonella e la sua amica. Non siamo abituati a credere che il sacro è per l’uomo, ecco perché l’invito alla castità del confessore è apparso “fuori dalla realtà”. Più volte San Giovanni Paolo II è ritornato sull’argomento, ai partecipanti alla IV Conferenza Internazionale per la Famiglia d’Europa e dell’Africa disse: «Eppure, non posso tacere il fatto che oggi molti (sacerdoti) non aiutano le coppie sposate ad affrontare le proprie responsabilità (…). Questo può anche avvenire, con conseguenze davvero gravi e distruttive, quando si metta in dubbio la dottrina insegnata dall’Enciclica». Il Papa si riferiva all’humanae Vitae. E aggiunse: «Questo atteggiamento, difatti, può fare nascere dei dubbi su un insegnamento che la Chiesa ritiene certo; in questo

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L’uso della contraccezione soffoca la totale donazione degli sposi e la disponibilità a generare la vita, minando la verità dell’amore

c’è di falso in un gesto spontaneo e desiderato da entrambi che ha il potere di rinsaldare il legame di coppia con il semplice atto di dare e ricevere piacere? Cosa dovrei fare, rinunciare? Forzare me stessa e fare l’amore quando non ho desiderio? E dov’è la libertà, la spontaneità? Quali sono i gesti d’amore alternativi, guardarsi negli occhi?». Antonella G.

modo offuscano la percezione di una verità che non può essere messa in dubbio. Questo non è certo segno di “comprensione pastorale”, bensì di comprensione erronea del vero bene delle persone». Ad Antonella e a quanti pensano che i Metodi Naturali impongono un amore a comando, un amore che chiede di seguire un calendario, che forza la spontaneità e vincola la libertà, ricordo che in nome della verità dell’uomo (che è persona, ovvero spirito incarnato in cui l’agire non è mai semplicemente la risposta ad un istinto, ma l’integrazione di tutte le sue componenti: fisiche, biologiche, affettivo-sessuali e spirituali-razionali) l’uso dei Metodi Naturali è l’unico modo per custodire la verità dell’amore e delle persone coinvolte. La sessualità è la forma più alta e intensa di comunicazione personale. Ma dobbiamo anche ricordare che essa è nello stesso tempo oggettivamente legata alla procreazione, ovvero alla generazione di una nuova vita. Questi due elementi - comunione e procreazione - sono così strettamente collegati che non è possibile scinderli senza falsare la verità del gesto. Un rapporto sessuale che non nasce dall’amore e non tende a rafforzare l’amore di una coppia è falso. Allo stesso modo, un rapporto sessuale che esclude totalmente la dimensione procreativa e pone un esplicito impedimento perché esso avvenga, è falso. Scrive il poeta Gibran “il piacere è una canzone di libertà, ma non è la libertà”. La vera libertà è quella in cui l’agire non è frutto della spontaneità ma della verità dell’uomo. Giovanna Pauciulo


A CURA DELL’UFFICIO DIOCESANO PER LE CONFRATERNITE

Confraternite, polmone di fede

Papa Francesco

A conclusione dell’anno pastorale, alcuni stralci dell’omelia di Papa Francesco pronunciata in occasione della Giornata delle confraternite

«N

el cammino dell’Anno della fede, sono contento di celebrare questa Eucarestia dedicata in modo speciale alle confraternite: una realtà tradizionale nella Chiesa, che ha conosciuto in tempi recenti un rinnovamento e una riscoperta. […] Chi ama il Signore Gesù accoglie in sé Lui e il Padre e grazie allo Spirito Santo accoglie nel proprio cuore e nella propria vita il Vangelo. […] Benedetto XVI rivolgendosi a voi, ha usato questa parola: evangelicità. Care confraternite, la pietà popolare, di cui voi siete un’importante manifestazione è un tesoro che ha la Chiesa e che i Vescovi latinoamericani hanno definito, in modo significativo, come una spiritualità, una mistica, che è uno “spazio di incontro con Gesù Cristo”. Attingete sempre a Cristo, sorgente inesauribile, rafforzate la vostra fede, curando la formazione spirituale, la preghiera personale e comunitaria, la liturgia. Nei secoli le confraternite sono state fucine di santità di tanta gente che ha vissuto con semplicità un rapporto intenso con il Signore. Camminate con decisione verso la santità; non accontentate-

vi di una vita cristiana mediocre, ma la vostra appartenenza sia di stimolo, anzitutto per voi, ad amare di più Gesù Cristo. […] E qui c’è un secondo elemento che vorrei richiamarvi, come fece Benedetto XVI, e cioè l’ecclesialità. La pietà popolare è una strada che porta all’essenziale se è vissuta nella Chiesa in profonda comunione con i vostri Pastori. Cari fratelli e sorelle, la Chiesa vi vuole bene! Siate una presenza attiva nella comunità come cellule vive, pietre viventi. […] Nelle parrocchie, nelle diocesi, siate un vero polmone di fede e di vita cristiana, un’aria fresca! In questa Piazza vedo una grande varietà prima di ombrelli e adesso di colori e di segni. Così è la Chiesa: una grande ricchezza e varietà di espressioni in cui tutto è ricondotto all’unità; la varietà ricondotta all’unità è l’incontro con Cristo. Vorrei aggiungere una terza parola che vi deve caratterizzare: missionarietà. Voi avete una missione specifica e importante, che è quella di tenere vivo il rapporto tra la fede e le culture dei popoli a cui appartenete, e lo fate attraverso la pietà popolare. […] Evangelicità, ecclesialità, missionarietà. Tre parole! Non dimenticarle!»

Il percorso annuale spirituale per le confraternite è terminato lo scorso mese. La tematica affrontata, l’accoglienza nelle confraternite attraverso le opere di misericordia corporali e spirituali, si è conclusa con profitto. La scelta di un percorso itinerante ha permesso alle varie aggregazioni laicali di incrementare una mutua conoscenza e condividere esperienze ricche di storia e spiritualità. Il Vescovo Giuseppe ha voluto fortemente la ripresa dell’itinerario formativo e ha incoraggiato il mondo delle confraternite attraverso la sua presenza costante e discreta. A conclusione dell’anno pastorale, riproponiamo alcuni stralci dell’omelia di Papa Francesco, pronunciata nella Santa Messa del 5 maggio 2013 in piazza San Pietro, in occasione della Giornata delle confraternite e della pietà popolare. Don Vincenzo Di Nardi

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A CURA DELL’UFFICIO PER LA PASTORALE DELLA SALUTE

Foto di repertorio

Volontariato: l’invito ai giovani

U

na fede spesa a servizio dell’altro. Di un prossimo ammalato, sofferente, costretto a vivere il tempo della croce. Una sensibilità maturata ancora prima di vestire l’abito del presbitero. È la testimonianza di don Gerardo Coppola, responsabile dell’Ufficio per la pastorale della salute. «All’inizio, non è stato semplice accostarmi agli ammalati. Ci sentiamo impreparati, avvertiamo il disagio. Temiamo domande sul senso della sofferenza – spiega il giovane sacerdote – a cui non sappiamo dare risposte. La malattia è e rimane pur sempre un mistero. La scienza e la tecnica possono curarla ed alleviarla, ma mai esaurire gli interrogativi fondamentali che la sofferenza, la malattia e la stessa morte suscitano nel cuore dell’uomo». Il volto dei volontari. Negli anni ha visto una luce cambiare negli occhi di tanti giovani. «L’esperienza del pellegrinaggio estivo in treno a Lourdes mi presenta sempre il miracolo della nascita di un volontario. Mi imbatto in giovani che alla partenza si dichiarano volontari per potere vivere l’esperienza personale del viaggio alla grotta di Bernadette e al ritorno scoprono il senso profondo del servizio ai sofferenti. Tante volte, ho potuto sperimentare che i volontari dopo questi giorni di grazia hanno ricevuto molto più di quanto hanno donato». Tra tutte le fragilità da sostenere con una scelta di impegno personale, la malattia può rappresentare uno scoglio, un ostacolo a rispondere al desiderio di esserci per l’altro. «Amare il Signore, essere grati

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Insieme - Giugno 2014

per quello che si ha. Ecco il segreto per superare le paure iniziali. Dalla gratitudine nasce il dono. Tra gli obiettivi dell’Ufficio per la pastorale della salute vi è anche quello di proporre una mappa del mondo del volontariato nel nostro territorio. Così, anche i giovani potranno apprezzare e valorizzare la vita come dono, anche quando è segnata dalla sofferenza» afferma don Gerardo. Imparare ad accompagnare i sofferenti. Non c’è un libretto d’istruzione per imparare a sostenere i passi deboli di chi sopporta l’ora della malattia. «L’amore vero per Gesù Cristo mi ha aiutato sin dall’inizio. Se uno si impegna ad amare il Signore – confessa il presbitero – è come coinvolto a donare amore». È l’incoraggiamento che cercano gli ammalati, il desiderio di sentirsi amati. Non la pietà. Com-patire: dividere il peso delle gioie e dei dolori e a volte anche dei silenzi. «In tante occasioni, sono rimasto senza parlare per ore con i sofferenti. Solo le mani strette, le une alle altre – ricorda don Gerardo – in uno scambio che trasmetteva tutto». L’invito. «La vita non è finita quando sopraggiunge una malattia o un’inabilità. La valorizzazione del dolore per noi cristiani è una vocazione: accettare il dolore è amare il Signore» conclude il sacerdote. Ai giovani l’invito a porsi in cammino con i più deboli e bisognosi, ricordando che “Tutto quello che avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Mariarosaria Petti

A servizio degli ammalati ancora prima di diventare presbitero. L’esperienza di don Gerardo Coppola come invito ai giovani a scoprire la vocazione all’assistenza dei sofferenti


NEWS DALLE PARROCCHIE a cura di Mariarosaria Petti La parrocchia di Striano

S. Maria Addolorata Roccapiemonte

31 altari per una Madonna Maggio: peregrinatio per le famiglie della comunità con l’immagine della Madonnina

È

il tradizionale mese di maggio, che da diversi anni si svolge in maniera itinerante in parrocchia. Un modo semplice per effettuare una peregrinatio con l’immagine della Madonnina attraverso le famiglie. Un momento di comunione, una specie di visita serale che la Madre fa ai suoi figli, contenta di incontrarli dopo cena, per una preghiera ed una riflessione biblica. Si sa come la devozione a Maria, nel nostro popolo meridionale è radicata da secoli ed affonda le sue radici soprattutto nella predicazione di S. Alfonso, uno degli ultimi cantori mariani. Il rosario, la litanie, il vespro ed il pensiero omiletico sono i passi che scandiscono questo cammino. Concludendo con uno dei canti che la devozione dei fedeli conserva intatti, consacrati dall’uso e confermati dal tempo. Come O bella mia speranza, Mira il tuo popolo, Ti salutiamo Vergine, etc. E quest’anno con l’aggiunta delle riflessioni del Vescovo, una per ogni sera, consegnate alla comunità diocesana nel volumetto “Na sera ‘e maggio”. Dalle splendide immagini, tesoro del nostro patrimonio artistico, ai testi poetici, non sempre semplici alla comprensione popolare. Vi supplisce il sensus ecclesiae. Don Natale Gentile

La Madonnina delle famiglie

San Giovanni Battista Striano

Rivoluzione di luci Illuminazione a Led per la parrocchia: l’ambiente e la bolletta ringraziano

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uasi terminato il retrofit dell’illuminazione interna della Chiesa Madre di San Giovanni Battista di Striano. Ricostruita nel ‘700, custodisce opere d’arte di grande valore – tra cui la pala d’altare del pittore milanese Protasio Crivelli, datata 1506. L’illuminazione interna è stata rivoluzionata, adottando una soluzione basata su luci Led. I lavori, che prevedono la sostituzione delle fonti luminose in nuove a Led, sono iniziati già nel febbraio 2013, quando furono sostituiti i primi proiettori dell’altare maggiore. Ad oggi, i proiettori sostituiti rappresentano circa il 70% del totale. L’ultimo intervento ha interessato l’intera navata. La soluzione Led cercherà di ridurre il consumo energetico, con benefici ecologici ed economici, senza intaccare l’effetto illuminante precedente. I proiettori Led, infatti, forniscono luce “pulita”, perché priva di raggi ultravioletti che potrebbero danneggiare le opere d’arte. L’effetto è lo stesso, soltanto un occhio scrupoloso potrebbe notare la sostituzione dei proiettori. Gli apparecchi illuminanti sono stati inseriti lungo il cornicione perimetrale, a circa 10 metri di altezza, con un’installazione minimamente invasiva e senza alcun tipo di intervento murario. Divisi in gruppi, si concentrano sui diversi settori della parrocchia. L’impianto garantisce consumi e costi di gestione minimi in confronto a quelli di qualsiasi altra fonte luminosa. L’intervento ancora non volge al termine. Sono da sostituire i punti luce della sacrestia – che andranno ad illuminare artisticamente i pregiati affreschi risalenti al XVIII secolo – del transetto e della cantoria, posta nella parte sovrastante il portale d’ingresso. Raffaele Massa

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Il gruppo dei cresimati insieme a mons. Giovanni Iaquinandi, don Massimo Staiano, suor Maria Fara e gli educatori

S.S. Apostoli Simone e Giuda Nocera Inferiore

L’alzata del quadro Cuore e tradizione della devozione popolare

S. Maria M. in Armillis S. Egidio del M. Albino

Il mese mariano: rinnovamento nello Spirito Il sacramento della confermazione per 32 giovani della parrocchia

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l mese di maggio, dedicato alla Beata Vergine del Santo Rosario, è stato segnato da particolari impegni per i fedeli della comunità parrocchiale. Dal 5 maggio si è quotidianamente svolto, presso diverse famiglie del territorio comunale, l’appuntamento con il Santo Rosario e, a seguire, la celebrazione eucaristica. In seguito, nel cuore del mese mariano, giovedì 15 maggio, è stata preparata – con canti eseguiti dalla corale Millenium – una solenne e festosa cerimonia del sacramento della confermazione per 32 giovani, di cui 11 “giovanissimi”. Un lungo percorso, iniziato ad ottobre, guidato da Alba Albanese, da anni educatrice dei cresimandi, fatto di catechesi, di esperienze di ritiro e preghiera presso il convento delle Suore Battistine di Angri. Al suo gruppo, quest’anno si sono aggiunti, i ragazzi delle catechesi per i “giovanissimi”, che – seguiti dalle educatrici Loretta Alloro, Rosaria Cascone, Giulia Attianese e Lia Pepe – hanno continuato a camminare lungo il sentiero tracciato per ognuno dal Signore. La celebrazione ha avuto inizio dinanzi all’altare di San Nicola con la lettura della preghiera d’invocazione allo Spirito Santo da parte del vicario generale, mons. Giovanni Iaquinandi, accompagnato da don Massimo Staiano e da tutta l’assemblea partecipante. Infine, la colonna sonora del film Gesù di Nazareth, suonata dal maestro Umberto D’Auria, ha accompagnato il commovente momento del segno dell’unzione, che indica e imprime il “sigillo” dello Spirito Santo. I fedeli tutti hanno accolto commossi la speranza del dono di grazia, di amore e di salvezza rivelato dalla Parola di Dio. Livia Rossi

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irca un mese prima della ricorrenza di S. Rita, il 24 aprile, alle ore 20.00, nella piazzetta G. Lepore del rione Casolla, è stato compiuto il rito della tradizionale alzata del quadro di Maria SS.ma delle Grazie e di S. Rita da Cascia, portato in processione dai tanti devoti che si erano raccolti sul piazzale antistante alla parrocchia. La piazzetta del rione, addobbata con luminarie, drappi e fiori, si è animata di giovani, adulti, bambini e anziani, provenienti anche da altri quartieri della città. Don Piercatello ha benedetto il quadro, dopo aver rivolto – con tutti i fedeli – una preghiera a S. Rita. L’evento non solo ha emozionato i presenti, ma li ha aiutati a riflettere sulla vita dei Santi, che sono i nostri modelli di fede, a cui spesso ci rivolgiamo nel quotidiano. Lentamente il quadro, legato da due robuste funi, ha cominciato ad avanzare, oscillando, verso l’alto, mentre gli sguardi di tutti erano calamitati sulle icone della Madonna e di S. Rita. All’improvviso i presenti sono esplosi in un lungo e festoso applauso, testimonianza del legame profondo che lega i fedeli di Casolla a S. Rita. La banda musicale ha sottolineato questo momento di festa. Intensi i festeggiamenti in onore di S. Rita. Tanti gli eventi programmati per celebrare la festa. Maria Bonfiglio

Don Piercatello Liccardo benedice il quadro di Maria SS.ma delle Grazie e di S. Rita da Cascia


I volontari durante la preparazione delle pietanze

Don Antonio Cuomo con i volontari

Gesù Risorto e Madonna di Fatima Pagani

Regina Pacis Angri

Sagra della patata e contest musicale Sesta edizione dell’appuntamento gastronomico in onore di S. Isidoro agricoltore

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conclusione dei festeggiamenti liturgici dedicati a Sant’Isidoro agricoltore, diventato ormai patrono delle campagne appartenenti alla parrocchia Regina Pacis, il 17 e il 18 maggio via Santa Maria ha ospitato, per il sesto anno consecutivo, la sagra della patata. Tanti stand gastronomici hanno colorato la strada, animata dai numerosi collaboratori parrocchiali che hanno donato parte del loro tempo a questa ormai consolidata iniziativa. Guidati dall’attuale parroco, don Antonio Cuomo, l’associazione Nomos si è fatta nuovamente promotrice dell’evento, inserendo anche alcune novità, tra cui un contest musicale dedicato alle band emergenti ed uno spazio culinario dedicato finalmente ai celiaci. La buona musica e la buona tavola hanno fatto da sfondo alle due serate, deliziando quanti hanno raccolto l’invito, contribuendo così alla riuscita della sagra. Donatella Salvati

Sagra dello gnocco e concorso dei murales “Terre avvelenate: I care” il tema scelto per la settima edizione della gara

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ncora un grande successo per la sagra dello gnocco, ormai diventata punto di riferimento per gli amanti di appuntamenti culinari perché inaugurativa della stagione delle sagre sul territorio. Tante le persone che hanno potuto degustare le specialità preparate con i prodotti tipici della zona periferica di Pagani. Una macchina organizzativa che ha funzionato bene, ha lavorato duro per diversi giorni con un unico scopo: raccogliere fondi per il costruendo complesso parrocchiale, che dovrebbe vedere la sua apertura in autunno. Un lavoro certosino, coordinato da don Antonio Guarracino, che ha coinvolto bambini, giovani, adulti, intere famiglie. Tutti riuniti per preparare un evento particolare. Impreziosito, come sempre, dal concorso dei murales, giunto alla sua settima edizione. Il tema di quest’anno è stato “Terre avvelenate: I care”. Un modo per ricordare l’attualissimo problema della Terra dei fuochi, così vicino a noi e che riguarda, alcune volte, anche le nostre terre. Un problema da poter risolvere con l’impegno, l’interessamento reale e fattivo, con l’ “I care – mi interesso” di don Lorenzo Milani. Danilo Sorrentino

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Don Vincenzo Buono consegna l’omaggio floreale alle mamme

San Teodoro Martire Sarno

L’omaggio alle mamme della parrocchia Un fiore donato come segno di gratitudine per la festa della mamma

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n cadeau a tutte le mamme per rimarcare il fondamentale ruolo ricoperto all’interno della famiglia e della società. È quanto pensato da don Vincenzo Buono, domenica 11 maggio, giorno della festa della mamma, che ha donato un omaggio floreale a tutte le mamme presenti in Chiesa durante la celebrazione eucaristica mattutina. Un gesto, questo, che ha sottolineato l’importanza della donna in quanto “madre dispensatrice di vita”. Nel passato, all’arrivo della primavera la quasi totalità delle civiltà antiche celebrava la rinascita della “grande madre terra” come “portatrice di prosperità”. Ereditando le antiche tradizioni, oggi, celebriamo – in senso cristiano – la ricorrenza la seconda domenica di maggio, mese dedicato alla Madonna. «È stato un gesto fatto con il cuore – spiega don Vincenzo – per dire grazie alle tante mamme della nostra parrocchia, perché coscienti dell’importanza della loro figura, sull’esempio della Mamma per eccellenza, la nostra Mamma Celeste, possano contribuire continuamente ed in maniera incessante alla crescita spirituale ed educativa delle loro famiglie. E perché no, anche della nostra parrocchia». Michele Lanzetta

Gli auguri della comunità La comunità esprime i migliori e più gioiosi auguri per il matrimonio di Millika e Michele, celebrato in parrocchia lo scorso 17 maggio. Affinché il Signore protegga la famiglia che avete edificato alla luce del Vangelo.

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Il reparto di Terapia Intensiva Neonatale dell’Umberto I di Nocera Inferiore a Pompei

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er il quinto anno in pellegrinaggio verso il Santuario di Pompei, un impegno che si consolida ormai come tradizione e come appuntamento importante per il reparto di Terapia Intensiva Neonatale dell’Ospedale Umberto I di Nocera Inferiore. Quest’anno, ha macinato chilometri anche la piccola Francesca, 7 anni. Figlia di una collega della TIN, nata dopo una gravidanza difficile. Il suo primo anno senza carrozzina. Durante il tragitto, un’altra collega, Genoveffa, è caduta, fratturandosi il metatarso. Anche se in auto, è arrivata al Santuario per raggiungere la “Mamma delle mamme”. Piccole storie che uniscono e formano un gruppo. Famiglia TIN – Nocera Inferiore

Una piccola sosta presso la Chiesa di Santa Maria dei Bagni, a Scafati, prima di giungere al Santuario di Pompei

Gli sposi con don Vincenzo Buono

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Una famiglia in pellegrinaggio


Alcuni momenti della “lezione teologica sull’eucarestia” animata dai bambini

Suore Compassioniste Serve di Maria Angri

Lezione teologica sull’Eucarestia Genitori invitati ad una lezione speciale. I maestri? I loro figli

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na lezione teologica sull’Eucaristia: a questo siamo stati invitate noi famiglie dei fanciulli della quarta elementare dell’Istituto delle Suore Compassioniste di Angri. L’invito è arrivato dai nostri figli. Tranne qualche bambino che l’ha già vissuta, tutta la classe vivrà quest’anno il suo primo incontro con Gesù nell’Eucaristia. Così la direttrice Suor Nives, incontrando la disponibilità dell’insegnante Marisa Cesarano e del professore di musica, Mimmo Tortora, ha preparato questa lezione per noi genitori in cui maestri sono stati i nostri figli. I bambini hanno presentato i contenuti essenziali del significato dell’Eucaristia, tutto quanto hanno accolto e ricevuto e che con trepidazione si preparano a celebrare nei prossimi mesi nell’ambito delle comunità parrocchiali di appartenenza. Intervallando comunicazioni frontali, con canti e gesti liturgici, i fanciulli hanno spiegato a noi genitori cosa è l’Eucaristia, quale posto deve occupare nella vita del cristiano. Ed erano visibilmente coinvolti e chiaramente consapevoli di quanto annunciavano e spiegavano. La liturgia eucaristica è il luogo in cui l’uomo si incontra con Dio. Quest’incontro è sigillato dall’offerta del corpo e sangue del Si-

gnore che fonda la Chiesa, la quale si riconosce nell’amicizia con Lui, con e tra i fratelli. Ecco ciò che i bambini hanno spiegato, passando poi a presentare il senso di tutti i gesti, i segni liturgici e le varie parti di cui si compone la celebrazione eucaristica (l’atto penitenziale, la liturgia della Parola, la consacrazione eucaristica). Hanno cantato che l’Eucaristia è il segno più grande della tenerezza di Dio verso l’uomo. È comunione, speranza, rendimento di grazie. Nella palestra della scuola, addobbata a banchetto eucaristico, tutte le famiglie, i loro figli, le suore e gli insegnanti hanno vissuto un momento di comunione e di preghiera. È molto bello sapere che tutto ciò è stato animato e guidato dai bambini di cui Gesù dice nel Vangelo di Matteo «lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli». E che bella poi una scuola che accompagna i genitori nel compito di educare alla fede. Un grazie ai bambini, alle suore Compassioniste e per tutti l’augurio che la partecipazione alla celebrazione eucaristica sia sempre più consapevole. G.P.

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IN PARROCCHIA

A CURA DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE SANTA MARIA DEL PRESEPE NOCERA INFERIORE

L’arrivo del Papa

C’eravamo anche noi Nella folla di piazza San Pietro, accorsa lo scorso 10 maggio per l’incontro del Papa con il mondo della scuola, c’erano anche i bambini del Buon Samaritano, insieme alle loro famiglie e ai volontari, accompagnati da don Ciro Galisi

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maggio 2014, una data indimenticabile che rimarrà per sempre impressa nel mio cuore. Non ci sono parole per descrivere l’emozione provata in piazza San Pietro: insieme alle mie figlie, ai bambini del Buon Samaritano, ai loro genitori, ai volontari e don Ciro Galisi abbiamo vissuto una giornata ricca di gioia. La fatica dell’attesa è stata spazzata via dall’arrivo di Papa Francesco che è passato a pochi metri da noi: le lacrime scivolavano giù da sole, mentre una gioia immensa invadeva la piazza. Per attirare la sua attenzione abbiamo più volte gridato: «Fermati!». Richiamato dalle nostre voci, il Papa si è voltato verso di noi. Il suo sguardo ci ha riscaldato. I suoi gesti semplici, i

saluti, i sorrisi e la tenerezza verso i bambini, ci hanno trasmesso tanta dolcezza. Le sue parole hanno riempito il nostro cuore. Impossibile dimenticarle! Ce le ha fatte anche ripetere: “Per crescere un bambino, c’è bisogno di un villaggio”(proverbio africano). Al rientro a casa, abbiamo pensato: «Eravamo lì e desideriamo ritornarci ogni mese». Ringrazio il Buon Samaritano che ha reso possibile questa meravigliosa esperienza. Da poco, come volontaria faccio parte di questa splendida famiglia, eppure con loro mi sento a casa. Ho incontrato degli amici con cui camminare. Loredana Manzo

Confermati per confermare Ottantasei giovani sono divenuti “soldati di Cristo”

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l primo maggio, 86 giovani hanno ricevuto il Sacramento della Confermazione, dopo aver frequentato il corso, vero e proprio percorso interiore, accompagnati da due giovani catechisti, Rosaria e Guido, amorevoli “compagni di viaggio”. L’atmosfera raccolta, l’emozione dei cresimandi, la gioia palpabile sui volti di tanta gente hanno reso ancora più solenne la Celebrazione eucaristica. «Con la Cresima si rafforza la grazia battesimale, confermando l’unione con Cristo mediante la speciale forza dello Spirito Santo che, come fu per gli Apostoli, riuniti nel Cenacolo nel giorno di Pentecoste, vi ha trasformato in donne e uomini nuovi per diffondere e difendere la fede», ha ricordato mons. Giuseppe Giudice. Suggestivo il momento in cui il vescovo, tramite l’unzione con il sacro crisma e l’imposizione delle mani, ha suggellato l’effusione dello Spirito Santo su ognuno di loro. 86 nuovi soldati

“inseriti in Cristo, morto e risorto, divenuti creature nuove e membra della Chiesa”, ha sottolineato don Ciro Galisi. Una gioia grande per tutta la comunità. Guido Iannelli

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ducare attraverso lo sport. È questo l’obiettivo perseguito con la partita di pallavolo che si è disputata lo scorso 12 maggio, nella palestra della scuola media “Solimena”, e ha visto scendere in campo i ragazzi del Buon Samaritano e quelli del Rotaract. Una partita vivace, con salti sotto rete, balzi laterali e tuffi, sotto gli occhi vigili dei volontari. Le due squadre si sono impegnate al massimo, realizzando ottimi punteggi, anche se alla fine l’hanno spuntata i ragazzi del Buon Samaritano. Costantina Fugaro

I giovani atleti

Un momento della celebrazione

Nella sezione IN PARROCCHIA vi sono le pagine di quelle parrocchie che hanno scelto la rivista diocesana come strumento per comunicare con la propria comunità parrocchiale. Queste pagine sostituiscono giornali parrocchiali o fogli di collegamento. Se desideri anche tu prendere uno spazio fisso o in occasione di un evento particolare, contattaci allo 081 517 04 66 o su redazioneinsieme@alice.it Insieme - Giugno 2014

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La partita del cuore


A CURA DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE SANT’ANTONIO DI PADOVA POGGIOMARINO COORDINATORE DI REDAZIONE MARIANO ROTONDO

CARITAS, UNA MANO A 150 FAMIGLIE Il centro Caritas parrocchiale si impegna a sostenere chi ha bisogno con offerte, alimenti e pagando visite mediche per i poveri

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ono circa 150 le famiglie assistite dalla Caritas parrocchiale di Poggiomarino. Una realtà che si impegna ogni giorno accompagnando e sostenendo i disperati. «Non ci sono mansioni specifiche - spiega Maria Sessa, responsabile del centro di Poggiomarino - ma tutto è utile per poter aiutare le famiglie in difficoltà. Una bolletta da pagare, una visita specialistica dal medico, ma anche una semplice spesa quotidiana. Il nostro sostentamento, oltre al banco alimentare, che purtroppo non riesce a mandare neppure lo stretto indispensabile, sono le offerte che vengono elargite in chiesa durante le celebrazioni delle comunioni, dei battesimi, i cesti donati all’offertorio durante i matrimoni e le offerte delle famiglie dei defunti durante i funerali. Il nostro parroco, padre Aldo D’Andria, oltre ad istituire la giornata della Caritas parrocchiale - continua quest’anno ci ha dato la possibilità di avviare un mercatino solidale che ripeteremo durante la festa del nostro

Patrono, Sant’Antonio di Padova». Ma la situazione per il futuro rischia di diventare ancora più preoccupante: «Purtroppo, da settembre il banco alimentare è a forte rischio e sarà difficile sostenere tutte le famiglie realmente bisognose». Questo mentre il disagio economico e sociale continua a crescere anche a Poggiomarino, qui stranieri ed extracomunitari rappresentano ancora la fetta più grossa dei disperati ma contemporaneamente aumentano anche gli italiani a cui va tesa una mano: «Negli ultimi anni il numero delle famiglie è aumentato - conclude Sessa - si tratta per la maggior parte di famiglie extracomunitarie che, nonostante abbiano anche un piccolo lavoro, non riescono a pagare fitto e bollette insieme, avendo una famiglia molto numerosa. Da settembre, per questo, siamo costretti a fare una cernita in base alle esigenze delle persone. Se non avremo più l’aiuto del banco alimentare saremo costretti ad aiutare solo chi ha strettamente bisogno».

IL CENTRO SOCIALE, AL SERVIzIO DI GIOVANI E ANzIANI Il comune ha ristrutturato un fabbricato abusivo, affidandone provvisoriamente la gestione al Forum dei Giovani

Il taglio del nastro

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a fabbricato abusivo a Centro Sociale. È questa la sintesi dell’iniziativa organizzata dall’amministrazione comunale di Poggiomarino per lo scorso Primo maggio. Il taglio del nastro per il nuovo Centro Sociale in via San Francesco ha rappresentato un nuovo importante traguardo nella città a servizio della collettività. Il progetto è costato 280.000 euro ed è stato interamente finanziato dall’amministrazione comunale guidata dal sindaco Leo Annunziata, attraverso i fondi comunali. Gli interventi messi in campo hanno visto non solo il recupero dell’immobile ma anche la realizzazione di uno spazio di circa 300 metri quadri in una proprietà abusiva, acquisita al patrimonio comunale dalla scorsa amministrazione. La progettazione e la direzione dei lavori sono stati curati dai responsabili dell’ufficio tecnico, l’ingegnere Rino Pagano e Aniello Annunziata. Su proposta del vicesindaco Giuseppe Annunziata, il Centro è stato provvisoriamente affidato e gestito dal Forum dei Giovani in attesa che vengano valutate le proposte di affidamento da parte di associazioni locali.

Il pranzo di Natale organizzato dalla Caritas parrocchiale Insieme - Giugno 2014

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A CURA DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE SANTA MARIA DEL CARMINE - SS. ANNUNZIATA ANGRI

Il gruppo di 8 bambini che ha ricevuto la Prima Eucaristia l’11 maggio insieme a don Silvio Longobardi

Il primo incontro con Gesù 28 bambini della comunità Santa Maria del Carmine hanno ricevuto la Prima eucaristia, dopo un percorso di preparazione che li ha resi protagonisti insieme ai genitori

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e gli angeli potessero invidiare, ci invidierebbero la Santa Comunione», diceva San Pio X. Il primo incontro con Gesù ha un sapore speciale, è uno di quei giorni che resta impresso nella memoria per sempre: il Signore sceglie il proprio cuore come dimora. I bambini della comunità Santa Maria del Carmine, accompagnati dalle catechiste, si sono preparati con cura e nell’ultimo anno hanno vissuto alcune tappe speciali insieme ai genitori.

- Iolanda Pastore, Elisabetta Cafaro, Emilia Tortora e Rosa Alfano, coordinate da Giovanna Pauciulo - si sono recati in pellegrinaggio a Pompei per la prima confessione. Una scelte precisa, per sottolineare che quando si chiede il perdono, ci si mette in viaggio. È un impegno che richiede un movimento del cuore a cui si somma quello del corpo. Ci si mette in cammino, come ha fatto il figliol prodigo quando deciso affermò: «Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te».

Il 9 marzo, c’è stato il rito di presentazione in parrocchia. I bambini sono stati presentati alla comunità parrocchiale: ricevere un sacramento non è mai un fatto privato, tutti sono coinvolti, perché la grazia ricevuta bagna tutta la famiglia e arriva a lambire anche la comunità che li ha accompagnati e sostenuti con la preghiera.

I piccoli, nel maestoso Santuario della Vergine di Pompei hanno scoperto che c’è un’area dedicata alla Riconciliazione. Alcuni confessionali erano stati lasciati liberi per loro, a presiedere la liturgia c’era don Giuseppe Pironti: la Chiesa aveva fatto spazio per accoglierli ed accompagnarli. Anche i genitori si sono confessati. All’arrivo, i bambini indossavano un foulard viola, all’uscita, dopo aver mondato le loro piccole colpe, ne avevano uno di colore bianco.

La seconda tappa che ha segnato il cammino di preparazione è stata la riconciliazione sacramentale. Il 22 marzo, i piccoli insieme ai genitori e alle catechiste che in questi tre anni li hanno seguiti

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Il 26 aprile, settimana in albis, hanno ricevuto la


PARTE DI UNA STORIA PIÙ GRANDE

L I 20 bambini che hanno ricevuto la prima eucaristia il 25 maggio, insieme al parroco e alle catechiste Iolanda Pastore, Elisabetta Cafaro, Emilia Tortora e Rosa Alfano

a celebrazione delle Prime comunioni è stata legata ad un gesto di carità per sostenere la realizzazione di una casa per studentesse in Burkina Faso, un Paese dell’Africa occidentale tra i più poveri al mondo. La parrocchia, grazie alla collaborazione di due fotografi e di due operatori video, ha offerto gratuitamente le foto e il video della celebrazione chiedendo alle famiglie di dare un’offerta libera che verrà totalmente destinata la progetto di carità. In questo modo i bambini, insieme ai loro genitori, nel giorno della loro Prima Eucaristia si sono sentiti

protagonisti di una storia di carità molto più grande che si sta costruendo in quel Paese. Un gesto dalla forte pregnanza educativa. L’iniziativa parrocchiale ha incontrato qualche resistenza da parte dell’Associazione Fotografi Professionisti angresi. Dopo una serie di incontri, tuttavia, l’associazione, nella persona del presidente Michele Novi, ha riconosciuto e apprezzato il progetto pastorale e ha deciso di sostenerlo, mettendo gratuitamente a disposizione la competenza e la professionalità dei propri associati. A.A.

veste bianca benedetta dal sacerdote. La mamme hanno aiutato i figli ad indossarla, i papà hanno acceso la candela al cero pasquale. Quel giorno la commozione dei genitori era palpabile. Piccole tappe che hanno reso i bambini e le famiglie protagonisti, consapevoli che il dono che i propri piccoli stavano per ricevere era fatto a tutta la famiglia. Per Iolanda, Elisabetta, Emilia e Rosa vedere i loro bambini accostarsi a Gesù è stata un’emozione senza fine. Una gioia grande per tutta la comunità parrocchiale. Il desiderio di Iolanda Pastore è che il loro cammino non si fermi: «Spero che guidati da altre catechiste possano continuare a crescere nella fede». È l’augurio di tutti. Antonietta Abete

L’inizio dei lavori della casa per studentesse in Burkina Faso

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A CURA DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE SANTA MARIA DELLE GRAZIE CASATORI SAN VALENTINO TORIO

L’arte degli Infioratori di Casatori arriva a Roma Il 29 giugno gli Infioratori di Casatori saranno a Roma per partecipare al V Congresso Internazionale delle Arti Effimere. A tratteggiare la storia di questa importante manifestazione è Andrea Melilli, presidente dell’Associazione Nazionale Infioritalia

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idea del Congresso nasce nel 2006 con gli infioratori di La Orotava, nell’isola di Tenerife. Qui si è svolto il primo congresso. Poi è stata la volta del Messico, poi di nuovo in Spagna, in Galizia, e per due anni a Barcellona. Quest’anno il congresso arriva per la prima volta in Italia, nella splendida cornice della Pontificia Università Urbaniana. La V edizione dell’importante manifestazione è arricchita da una maestosa realizzazione di tappeti d’arte effimera - tappeti di fiori, segatura, sale, polveri vulcaniche - lungo via

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della Conciliazione e Piazza Pio XII. Il grande tappeto sarà realizzato sabato 28 giugno ed inaugurato la domenica mattina. Sono già più di 50 i gruppi che hanno aderito all’ambizioso progetto. La domenica mattina è prevista una sfilata di gruppi folcloristici e bandistici lungo tutto il tappeto d’arte effimera. Si parte da via della Conciliazione per arrivare a piazza San Pietro, dove gli infioratori riceveranno il saluto di Papa Francesco. Il motore organizzativo dell’infiorata è Infioritalia, coadiuvata dalla Pro loco di Roma e supportata dall’Associazione Na-

zionale Città dell’Infiorata. L’evento vede la partecipazione di circa 15 delegazioni straniere, provenienti da ogni parte del mondo. Si prevede un’affluenza maggiore rispetto all’ultima edizione catalana. Il sito ufficiale dell’evento (www.vcongressoartieffimere.it) è tradotto in più lingue. I quattro giorni romani, dal 26 al 29 giugno, mostreranno al mondo la bellezza della città eterna e la maestria degli artisti italiani del fiore, tra i quali, da anni, si distinguono i maestri Infioratori di Casatori. Andrea Melilli


A CURA DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE SAN GIOVANNI BATTISTA NOCERA INFERIORE Foto di gruppo, con i membri del Gruppo di animazione culturale e quanti hanno reso più bella la serata con letture, musica e danza. Al centro l’autrice Letizia Vicidomini

Il tavolo dei relatori

IN REDAZIONE: ALFONSINA VICIDOMINI, ANNATERESA SCARPA E FRANCESCO COPPOLA

L’esordio del progetto “Lettura… che passione” Lo scorso 12 maggio, letture, musica e danza, come tre splendide muse, hanno arricchito la presentazione del romanzo “Il segreto di Lazzaro” di Letizia Vicidomini

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l progetto “Lettura… che passione”, voluto e sostenuto dal parroco don Andrea Annunziata e curato dal Gruppo di Animazione Culturale, ha visto, lo scorso 12 maggio, il suo primo frutto con la presentazione del testo “Il segreto di Lazzaro”. Nel corso della serata, moderata da Salvatore Gargiulo, l’autrice, la prof.ssa Anna Buonocore ha analizzato le diverse sfaccettature del romanzo, ricco di riferimenti a problemi di attualissima gravità: la violenza sui bambini e sulle donne, i feroci omicidi perpetrati dalla malavita organizzata, l’inquinamento dell’aria e del suolo. Emerge, tuttavia, nello scorrere delle pagine, un messaggio di speranza: Lazzaro Romano, fuggito ancora bambino in Argentina, per sottrarsi alle angherie del “padre-padrone”, torna nella sua amata Puglia, nella splendida Valle d’Itria, per testimoniare su un feroce delitto, per tacitare così la sua coscienza e ricostruire la sua famiglia. La presentazione è stata arricchita dalla lettura di alcuni stralci del testo a cura degli allievi del Corso di dizione tenuto da Valerio Conturso: Rosa De Martino, Teresa Pironti, Ida Fezza, Carmine Granato e la piccola Mena Migliaro. Ma non finisce qui. Ad esaltare ancora di più la bellezza della serata ci ha pensato la Scuola di Danza “Ballet Art Center” di Marcello Pepe: Teresa Schiano e Donato Marzano si sono esibiti in tre appassionati tanghi argentini e Raffaella Vacca, reduce da un’importante manifestazione di danza a Marsiglia, ha eseguito una pizzica salentina volteggiando con ritmo impressionante. Lazzaro è un personaggio “positivo” – è stata la conclusione dell’autrice – un paradigma per tutti i giovani che non debbono “lasciarsi rubare la speranza”, secondo la sentita e premurosa esortazione di Papa Francesco.

NATIVITÀ SAN GIOVANNI BATTISTA IL PROGRAMMA Il programma di festeggiamenti per la natività di S. Giovanni Battista. Eventi ed iniziative che hanno lo scopo di accrescere la comunione e testimoniare la carità 15 giugno, pomeriggio: parte Giocacontrade, con la Maratonina delle Contrade - una piccola maratona - che si svolgerà lungo via Giovanni Pascoli e via Cicalesi. Saranno coinvolti grandi e piccini, organizzati in squadre in base al territorio di appartenenza e con i colori delle Contrade. Fino al 21 giugno, sono previsti vari giochi: corsa nei sacchi, spaghettata, gioco delle mele, pentatlon, taglialegna, caccia al tesoro. 24 giugno: nel tardo pomeriggio, la processione in onore di San Giovanni Battista si snoderà lungo le principali strade del territorio parrocchiale. 28 e 29: Festa nei cortili In serata, all’interno dei cortili di via Cicalesi, si svolgeranno in un clima di grande sobrietà, attività sia culturali che culinarie, con lo scopo di valorizzare la particolare realtà territoriale della parrocchia. 29 giugno: conclusione dei festeggiamenti, con la processione solenne per il trasferimento della statua del Santo patrono dalla vecchia alla nuova Chiesa.

Teresa e Donato, in un appassionato tango

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A CURA DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE MARIA SS. DI COSTANTINOPOLI NOCERA SUPERIORE

Un itinerario di fede

La processione solenne del 18 maggio con il passaggio sui dipinti realizzati dai madonnari

La processione di Maria SS. di Costantinopoli e S. Pasquale Baylon è curata con diligenza affinché sia un vero cammino di fede e di preghiera

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a processione di Maria SS. di Costantinopoli e S. Pasquale Baylon è molto attesa dalla comunità parrocchiale che partecipa con una intensa coralità. Si preparano le strade, si addobbano i palazzi e si rende onore al passaggio dei Santi con il tappeto di quadri dei Madonnari. La processione è curata con diligenza affinché sia davvero un cammino di fede e di preghiera. Negli anni, grazie all’accresciuta sensibilità dell’intera comunità, la processione viene sempre più purificata. Adeguatasi al Sinodo diocesano, si ritrova in linea con le nuove norme della Conferenza Episcopale Campana Evangelizzare la Pietà popolare del 2013. Le realtà che confondono il folclore con la fede come movimenti simili ad un ballo sono ridotte al minimo e con la volontà di una continua depurazione. Cresce anche l’attenzione a non entrare in aree private o in vicoli ciechi e a non apporre monete o altro sulle statue. Si ha cura che alla processione ci sia sempre un nutrito numero di fedeli che attentamente prega e guida la preghiera. Un’attenzione che non è mai venuta meno. Anche il percorso, data l’estensione della parrocchia lungo i sette quartieri che la compongono, si snoda tra il mattino e il pomeriggio con un congruo tempo di riposo per evitare che la stanchezza

La processione di Maria SS. di Costantinopoli e San Pasquale Baylon

distragga dalla preghiera. Desideriamo continuare il cammino affinché ciascuno viva una celebrazione di fede più che un tempo di tradizione folcloristica. La processione diventa così, dopo nove giorni di preghiera, celebrazione, adorazione eucaristica e ascolto della Parola nella Novena, il culmine di un itinerario di fede. Don Roberto Farruggio

Migliaia di persone da ogni parte d’Italia XVI edizione del Concorso Internazionale dei Madonnari a Nocera Superiore, una manifestazione che ha superato i migliori pronostici

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nche in Francia e in Messico si parla della nostra manifestazione perché lo scorso 15 maggio è stato sottoscritto, presso l’Aula Consiliare del nostro Comune, il protocollo d’intesa tra le amministrazioni e le associazioni al fine di candidare le nostre manifestazioni di arte madonnara a divenire patrimonio culturale immateriale dell’umanità presso l’UNESCO. Dalla tarda serata di venerdì 16 maggio e per l’intera giornata di sabato, centotrenta artisti, giovani e meno giovani, si sono cimentati sull’asfalto di via Russo anche con la pioggia, grazie alle coperture montate ad hoc, affinché divenisse, con i colori dei gessetti e la loro maestria, una galleria multicolore di capolavori che sono stati visitati, du-

rante tutto il fine settimana, da migliaia di persone venute per l’occasione da ogni parte d’Italia. La conclusione dell’evento si è avuta martedì, 20 maggio, con la proclamazione dei vincitori, scelti sia dalla giuria degli esperti sia dalla gente che, dopo aver ammirato i dipinti, ha espresso il suo gradimento o alle postazioni predisposte o votando direttamente con gli smartphone. Il Gran Galà di premiazione si è concluso con la performance di Nello Iorio e di Anna Tatangelo, offerta dal Comune di Nocera Superiore. Il segno della carità resta sempre il tratto distintivo di ogni nostra attività e anche della festa: il continuo sostegno alle nostre missioni e alla Caritas parrocchiale. Maria Sessa Alcuni dipinti realizzati dagli artisti

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IN REDAZIONE MARIA ANGELA BISOGNO E CINZIA FAIELLA

GIORNI DI INTENSA SPIRITUALITà

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8 maggio è un giorno speciale per la nostra comunità: inizia la novena a San Pasquale Baylon. La piccola processione del Santo e della Madonna di Costantinopoli inaugura i nove giorni di intensa preghiera nell’attesa del 17 maggio. Ogni giorno è animato da un gruppo parrocchiale e c’è un sacerdote diverso a celebrare che ci arricchisce con la sua esperienza. Il 9 maggio abbiamo partecipato alla processione di San Prisco, patrono della nostra diocesi. A conclusione della novena, il 16 maggio, la preghiera per il Transito di S. Pasquale in attesa della mezzanotte del

giorno di festa, ha suggellato questi giorni di spiritualità. Il 17 maggio è stato vissuto nel solco della Celebrazione eucaristica, tanti amici sacerdoti sono venuti a celebrare le Messe che hanno animano la giornata. Domenica 18 maggio vi è stata la processione solenne, con il passaggio sui quadri realizzati dai maestri madonnari nei giorni precedenti. È stato un momento intenso e molto atteso dalla comunità e dai tanti visitatori. Al rientro in Chiesa, la preghiera è continuata intorno alla Mensa Eucaristica. Giovanni Giordano

IL TRIONFO DELLO SPIRITO SANTO 72 giovani della comunità parrocchiale hanno ricevuto il sacramento della Confermazione

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omenica 27 e mercoledì 30 aprile: due date indimenticabili per 72 giovani che hanno rinnovato la loro adesione a Cristo ricevendo il sacramento della Confermazione rispettivamente dalle mani del vescovo Giuseppe e del Vicario generale mons. Giovanni Iaquinandi. Fra i cresimandi vi era un gruppo di giovani di Azione Cattolica che ha scelto di festeggiare insieme nel salone parrocchiale.

Domenico, ministrante, solitamente compito ed equilibrato, racconta che è stata un’esperienza emozionante e travolgente che lui ha vissuto nel servizio all’altare. Fabio, anch’egli ministrante e vicepresidente dei giovani di Azione Cattolica, nei due appuntamenti ha fatto da padrino. Si è riavvicinato alla parrocchia quando ha ricevuto la Confermazione, in quel momento ha capito cosa significa prendersi cura degli altri e accompagnarli nel cammino di fede. Anna ha ricevuto il sacramento della Confermazione il 27 aprile e ha subito condiviso il dono ricevuto facendo da madrina il 30 aprile. Per lei è stata la conferma di una chiamata che portava nel cuore. Daniela custodisce un miscuglio di sensazioni ed emozioni che deve ancora metabolizzare ma nel suo cuore è nitido l’eccomi di una delle canzoni che hanno animato la liturgia. Due giorni di grazia in cui la comunità tutta ha assistito al trionfo dello Spirito: energie e carismi differenti si sono armonizzati in maniera perfetta come in quel lontano, ma sempre attuale, giorno di Pentecoste, quando i discepoli, ancora disorientati, trovano il coraggio di andare oltre in nome dell’Amore. Barbara Senatore

Un momento della Confermazione

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A CURA DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE MARIA SS. DELLE TRE CORONE SARNO

Alcuni momenti della Veglia pasquale

Fatti per l’eternità

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iamo davvero tutti uguali. Tutti soffriamo e tutti sbagliamo. Tutti abbiamo bisogno di amare e tutti abbiamo bisogno di imparare ad amare. Noi siamo oltre il corpo. La vita è oltre ciò che si vede con gli occhi. Le fattezze fisiche sono un involucro che non ha la principale importanza, ciò che ci rende felici di esistere è la comunione d’anime. Sarebbe bene non fermarsi all’aspetto esteriore, ma stare insieme per la gioia di donarsi il cuore: questa può essere la via. Se si accumula rabbia dentro, si diventa isole, ci si allontana dalla possibilità di stare bene. E la vita così diventa faticosa, un peso insopportabile, mentre l’invidia corrode il nostro spirito chiudendoci alle relazioni. Amare l’altro. Dovremmo raggiungere una certa libertà per guardare l’aspetto spirituale della vita, fuori e dentro i nostri corpi, muovendo nuovi passi per rendere bella l’esistenza. Intanto vale la pena sperare anziché disperare, meglio combattere che mollare. Perché è più bello vivere che morire. E anche se qualche volta la morte può sembrare una liberazione, c’è sempre un motivo per credere che qualcosa può cambiare. Ritrovare la forza e la voglia di andare avanti legandosi a qualcuno, affezionandosi alle persone, forse non a tutti, ma ad alcuni, sinceramente. E così l’amore per coloro a cui ci siamo legati ci spinge a combattere. Dunque, la forza viene dall’affetto verso le persone, un affetto che è un impegno. Insomma vivere per qualcuno. Sono gli altri che ci tengono in vita. Ed è inutile tentare di fare cose per star bene noi, se poi non vogliamo bene a nessuno.

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Nella resurrezione di Gesù, rinasce anche la nostra vita. L’invito del parroco a liberarci dalle catene interiori per coltivare l’amore verso se stessi e gli altri Spesso può sembrare che stiamo lottando contro un mondo che ci è ostile e contro una società in gran parte corrotta, allora si crea come una cappa sopra di noi, quasi delle mura intorno a noi che non ci permettono di respirare, né di gustare nulla. E l’unica cosa che riusciamo a vedere è il negativo. Non lasciamo che muoia il nostro cuore e che si spenga in noi l’affetto per chi si aspetta da noi un po’ di più: quelle persone che invece sono legate a noi e che dovremmo riconoscere e ringraziare, persone per le quali avere il coraggio di fare anche sacrifici, andando oltre il male che vediamo. Fatti per l’eternità. Forse siamo talmente concentrati su noi stessi che non ci accorgiamo di chi ci vuole bene. Rassegnandoci a vivere portando nel cuore solo la nostalgia di una carezza. Eppure la Sorgente da cui veniamo, ci ha fatto come fiumi, scorrendo tra le acque di una vita in viaggio. Avanzando verso il mare. Noi siamo fatti di terra e di cielo, fatti per l’eternità. Dio, nostro Padre, è il vero Grembo da cui proviene ogni respiro, Egli ci rende partecipi della Sua vita stessa… vita divina che diventa amore possibile, armonia con il creato, pace tra popoli e relazioni autentiche. Nella resurrezione di Gesù, nasce e rinasce la vita in noi… vita interiore, vita di ogni creatura, degli uccelli del cielo, dei pesci del mare e di ogni filo d’erba. Ed è un vero peccato non dissetarci dell’amore di cui siamo capaci. Rischiamo di perderci di vista per sempre. Don Antonio Mancuso


A CURA DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE SANTA MARIA DEL CARMINE PAGANI Don Enzo Di Nardi insieme ai ministranti della comunità parrocchiale

Le qualità di un buon ministrante

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ministranti sono quei bambini, ragazzi e adulti che aiutano il sacerdote e gli altri ministri durante le celebrazioni. Essere ministranti è un “impegno da grandi”, non inteso nel senso anagrafico del termine, ma grandi nel cuore e nella testa, mettendoci tanto, tanto impegno! Infatti, per essere dei buoni ministranti, bisogna sviluppare alcune qualità: coraggio, specialmente quando gli amici ti prendono in giro; disponibilità, alle volte bisogna rinunciare a qualcosa; fedeltà, quando si prende un impegno va mantenuto; puntualità, occorre arrivare in tempo così da poter preparare tutto l’occorrente per la celebrazione con calma; ordine, bisogna stare composti; silenzio, la qualità più difficile! Anche la nostra comunità ha un nutrito gruppo di ministranti costituito da due accoliti, un ministro straordinario della Comunione, un seminarista e circa quindici tra ragazzi e bambini che ogni giorno si dedicano a servire Gesù presente nelle specie del pane e del vino. Molti di noi hanno iniziato questo ministero da bambini coltivando la propria vocazione, che non è solo quella al sacerdozio, ma è anche quella al servizio dei fedeli in tutti gli ambiti della vita parrocchiale. Il nostro gruppo parrocchiale è sempre alla ricerca di ragazzi per questo servizio, ma essi devono essere volenterosi e assidui nell’impegno preso e non semplicemente delle meteore di passaggio. Gianluca Pepe

“Chi canta, ama tre volte”

Coraggio, disponibilità, puntualità, fedeltà, ordine: sono solo alcune delle caratteristiche necessarie per servire la comunità attraverso il servizio liturgico del Gruppo ministranti

Il coro

Servire la comunità attraverso il ministero del canto: l’esperienza di Ludovica

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ra le tante attività della nostra parrocchia, che coinvolgono adulti, giovani e bambini, c’è anche il “coro”. Da sempre, anima le celebrazioni più importanti dell’anno liturgico: la Messa domenicale delle ore 11.00 e nei momenti più importanti dell’Anno liturgico. Tutte le attività svolte in parrocchia richiedono tanto amore e disponibilità. Nel caso specifico

del coro, oltre a queste peculiarità, serve anche tanta passione per la musica che noi giovani coristi mettiamo al servizio del Signore e della comunità parrocchiale. Ci incontriamo il venerdì per le prove e per organizzare la Messa domenicale, ma nei periodi che precedono celebrazioni importanti, i giorni per le prove si moltiplicano, come diceva sant’Agostino “chi canta bene, prega due volte”.

Prima ho citato la passione per la musica poiché ritengo che chiunque possa cantare, ma solo chi ci mette tutto il cuore riesce a farlo realmente. C’è un’altra famosissima e bellissima citazione di sant’Agostino che riguarda proprio l’amore, non solo per la musica, ma anche per coloro con cui si canta e per Colui per cui si canta: “Cantare è proprio di chi ama: chi ha cantato di tutto cuore e con gioia, ama quel che ha cantato,

ama il luogo in cui ha cantato, ama Colui per il quale ha cantato, ama, infine, coloro con i quali ha cantato”. Il canto liturgico non si limita ad animare una celebrazione, va ben oltre: cantare per il Signore è un’ espressione di fede diversa, ma molto significativa, ecco perché noi giovani vediamo il coro come l’opportunità di ringraziare e lodare Cristo, manifestando con il canto la nostra fede in Lui.

Ludovica Amodio

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PAGINE DELLA NOSTRA STORIA di Silvio Longobardi

Gianna Beretta Molla con il marito Pietro

La santità s’impara in famiglia

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ianna Beretta Molla, sposa e madre è stata iscritta nel catalogo dei santi nel 2004, dieci anni fa. La sua esistenza è un esempio semplice e straordinario di una santità vissuta sempre nell’ordinario e conclusa con un gesto eroico. Lo ricorda il fratello, don Giuseppe: “Noi la fede, prima che sui libri o nella catechesi, l’abbiamo respirata in casa osservando gli atteggiamenti ed ascoltando le parole dei nostri genitori. Sono stati loro a farci conoscere il Signore, a farcelo sentire vicino con la sua infinita bontà ... Ecco, Gianna è cresciuta come tutti noi a questa scuola di vita, che ci hanno offerto, con i loro esempi e con i loro comportamenti, i nostri genitori”.

Gianna nasce a Magenta (Milano) il 4 ottobre 1922 da Alberto e Maria De Micheli, decima di tredici figli. Già dalla prima giovinezza, accoglie con piena adesione il dono della fede e l’educazione limpidamente cristiana che riceve dagli ottimi genitori, che con vigile sapienza l’accompagnano nella crescita umana e cristiana e la portano a considerare la vita come un dono meraviglioso di Dio, ad avere fiducia nella Provvidenza, ad essere certa della necessità e dell’efficacia della preghiera. I genitori di Gianna, scrive padre Sicari, furono senza dubbio eccezionali, “una di quelle coppie di inizio secolo, con numerosi bambini, per le quali la fede era sostanza della giornata, nel lavoro e nell’educazione, nei pensieri e nei sentimenti, nelle gioie e nelle pene della vita”. Quando Gianna, molti anni dopo la loro morte, incontrerà il suo fidanzato, ella gliene parlerà così: “I miei santi genitori, tanto retti

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Gianna Beretta Molla fu proclamata beata da Giovanni Paolo II ne1 1994 e canonizzata dieci anni dopo, il 16 maggio del 2004. La testimonianza ricevuta dai genitori, Alberto e Maria Beretta, ha alimentato la sua vita spirituale e quella dei fratelli e sapienti, di quella sapienza che è riflesso del loro animo buono, giusto e timorato di Dio”. La testimonianza che ha ricevuto dai genitori è rimasta come impressa nel suo cuore ed ha alimentato la sua vita spirituale e quella dei fratelli. Ho avuto la possibilità, che considero una vera grazia, di ascoltare di persona la testimonianza di Madre Virginia, sorella di Gianna, ricordo che quando parlava dei genitori il suo viso s’infiammava ed ella attribuiva a loro il cammino di santità che Gianna ha saputo poi percorrere con coerenza. Due suoi fratelli sceglieranno il sacerdozio, uno di loro sarà frate cappuccino e missionario in Brasile. Una sorella ha scelto la consacrazione religiosa. Quando si sposerà, il celebrante (uno dei fratelli di Gianna) le dirà durante la predica: “Gianna, non ti metto davanti i santi, ma la nostra mamma. Ricordi come era sempre dolce, sorridente, docile, paziente, attiva, sempre unita a Dio, sia nei momenti di gioia come di dolore”. Un altro fratello ricorda: “La mamma, pioggia o non pioggia, freddo o caldo, ogni mattina presto, i suoi figli se li conduceva alla Santa Messa e Santa Comunione. Ci svegliava non con un ordine o una imposizione, ma con un dolce invito, passandoci la sua mano sul viso e lasciandoci la libertà poi di alzarci o di continuare nel sonno. Ci aiutava poi lei a dire le parole a Gesù prima della Comunione e dopo; ci raccoglieva tutti intorno a lei nel banco della chiesa, dopo averci lasciati un poco soli con il Signore, subito dopo la Comunione, perché parlassimo noi con Lui e, poi, cominciava lei, facendoci ripetere le sue parole: non erano preghiere lette, ma improvvisate da lei, semplici e bellissime”.


CULTURA Arte... rischi di don Natalino Gentile

Il tabernacolo ad… olio

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i solito quando parliamo di tabernacolo pensiamo a quello classico, per contenere la pisside con le ostie consacrate. E ce ne sono in tutte le nostre chiese; alcuni semplici, altri eccezionali. Ma non tutti sanno, perché normalmente un po’ discosti per non dire nascosti, che esistevano altri tipi di tabernacoli. Di solito incassati nel muro e con una porticina simile a quella del tabernacolo tradizionale. Ma sulla stessa porticina, o poco più in alto, un’iscrizione o un cartiglio con la scritta latina Oleum infirmorum. Serviva per conservare gli oli sacri. Quando l’iscrizione recitava Olea sacra, c’era anche l’olio dei catecumeni per il battesimo e l’olio del crisma per la cresima. Fortunatamente, dal punto di vista artistico, esistono ancora delle “confezioni” di un certo valore, specie quando ci troviamo di fronte ai “vasetti” di varia forma e grandezza, in argento e magari punzonati, usciti da un’esperta bottega di argentieri, della stessa bellezza e fattura di calici, ostensori, secchielli…

Le esigenze moderne sono diverse, il tutto si è ridotto ad una borsetta con i tre contenitori, una specie di beauty case portatile che ha lasciato l’arte per l’efficienza e la bellezza per la praticità. Segno dei tempi. Abbiamo perso, per quel pragmatismo moderno, l’unicità dell’oggetto, quella artigianalità che era già arte e che ha creato in antichità quelle opere classiche (pensiamo alle anfore greche) che ancora oggi ammiriamo per la loro unicità benché anonime. Forse sono uno dei laudatores temporis acti (un nostalgico sognatore del tempo passato), ma lasciateci, almeno con i nostri sogni, quelle splendide porticine al loro posto.

Don Luigi - Napoli

Insieme. Insieme ai poveri. Insieme ai dimenticati. Insieme alle vittime della camorra. Insieme ai detenuti. Insieme ai malati. Insieme agli anziani soli.

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CEI Conferenza Episcopale Italiana Chiesa Cattolica

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LE SUORE FRANCESCANE DI SANT’ANTONIO: LA STORIA

Chiesa del Convento di Sant’Antonio ai Monti, Napoli

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a fondatrice delle Suore francescane di s. Antonio, Suor Maria Luigia del Cuore di Gesù, s’incammina verso la sua fondazione in maniera alquanto anomala rispetto alla prassi comune. Infatti, normalmente, vediamo questi spiriti eletti prima formarsi in Istituti canonicamente esistenti, e poi creare la propria famiglia religiosa. Pensiamo a Madre Teresa di Calcutta, allo stesso s. Alfonso. In gergo musicale si direbbe: “non viene da una scuola; è un’autodidatta”. E che autodidatta! Infatti - riprendendo l’interrotto filo della sua vita - poiché la nostra Fortunata Gesualda era sempre più attratta dall’ideale della solitudine, scelse di vivere in una stanza con piccolo oratorio presso “Forcella, all’angolo della via che mena alla Chiesa dell’Annunziata” (Rosati). Le prime allieve. La mamma le aveva insegnato l’arte del cucito e del ricamo, in cui si era perfezionata alla scuola di Diana Orefice. A Forcella la futura fondatrice viene additata come brava maestra di taglio. Diverse mamme le chiedono di insegnare alle figlie l’arte del cucire e del ricamare. Comincia, così, a raccogliersi attorno a lei un numero di allieve, che vengono addestrate sia nel mestiere richiesto, sia nella pratica dell’orazione e delle virtù cristiane. In breve lo spazio diventa insufficiente e la pia maestrina deve cercare altro alloggio. Prende a pigione due stanze di proprietà di un tal Francesco Colafiore.

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Il Cielo guadagna un angelo In seguito, un po’ per esigenze spaziali, un po’ per motivi di salute, sarà costretta ad altra locazione. Il prof. Santoro, infatti, che la tiene in cura, le consiglia la zona dei Cacciottoli fuori Porta Medina, che appare più idonea per il suo stato di salute. Qui, nella proprietà di Francesco Cappa, Fortunata Gesualda diventa Suor Maria Luigia del Cuore di Gesù. I suoi ultimi giorni di vita. Dal 1821 vivrà - un po’ abusivamente rispetto alla legislazione canonica! - da religiosa con un gruppetto di compagne. Dopo sette anni di vita regolare nell’osservanza di Costituzioni rigidissime, alla vigilia della morte, il 2 febbraio 1829, riuscirà ad ottenere per il suo Istituto, non ancora approvato canonicamente, il vecchio e malandato Convento di sant’Antonio ai Monti, appartenuto precedentemente ai Cappuccini. Tra le mura umide di quel rudere, la Serva di Dio, in una stanza fredda riscaldata solo dal tepore soprannaturale del vicino altare della Chiesa, trascorrerà gli ultimi trenta giorni della sua esistenza terrena tra indescrivibili sofferenze corporee e sovrumane gioie spirituali. Quel corpo distrutto dalle estenuanti penitenze, quello stomaco calcificato dall’uso continuo della cenere come condimento dei suoi frugalissimi pasti a base di cicorie scondite, non lasciano più alcuno spiraglio alla vita terrena. In lei, come in Luigi Gonzaga, Stanislao kostka, Domenico Savio, Teresa di Lisieux, si è realizzato quell’ideale biblico (Sap. IV, 13):

Secondo appuntamento con la storia dell’Istituto delle Suore Francescane di sant’Antonio. Suor Maria Luigia muore, a soli 38 anni, il 2 marzo del 1829 ma lascia alle sue figlie e alla Chiesa una ricca eredità di fulgidi esempi ed eroiche virtù consummatus in brevi, explevit tempora multa: consumata in poco tempo nel corpo, ha realizzato un grande ideale nello spirito. Il Cielo guadagna un angelo. In quel brumoso 2 marzo 1829, mentre l’oscura terra di Napoli perdeva una santa, l’azzurro cielo dei Beati guadagnava un angelo. Suor Maria Luigia aveva soltanto 38 anni, ma lasciava alle sue figlie e alla Chiesa una ricca eredità di fulgidi esempi ed eroiche virtù. La sua pratica penitenziale, che l’aveva affiancata a Gerardo Maiella, Giovanni della Croce, Teresa d’Avila, era fondata sul principio: «Signore, pagati qui, perché là non voglio pagar nulla». La sua spiritualità - di sapore mistico - fatta di estasi ed esperienze soprannaturali, era incentrata sull’Eucaristia, la Passione e la Madre di Dio. La storia continua nel prossimo numero. p. Paolo Saturno CSsR


IL LEGALE RISPONDE

Licenziato per Facebook? Un lettore racconta la sua esperienza: un provvedimento disciplinare nei suoi confronti per l’utilizzo del famoso social network durante le ore di lavoro Caro avvocato, il mio datore di lavoro ha adottato un provvedimento disciplinare nei miei confronti perché durante le ore di lavoro utilizzo Facebook. È legale controllarmi, anche se la mia produttività non ne ha risentito? Anonimo Carissimo, un dipendente della Cassa nazionale di previdenza dei commercialisti di Roma è stato licenziato per un commento azzardato rivolto al proprio datore di lavoro. In effetti è così: usare il social network durante l’orario di lavoro può comportare sanzioni disciplinari. Anche in Italia da quest’anno sono scattati i primi licenziamenti per colpa di Facebook. All’utilizzo dei social network, in generale, dovrà essere applicata la disciplina vigente per l’utilizzo di internet sui luoghi di lavoro. Il collegamento quotidiano alla rete, e pertanto anche a Facebook, per più ore al giorno, in assenza di necessità lavorative, integra per i giudici una giusta causa di licenziamento. Lo hanno stabilito sia le corti di merito che di legittimità, a prescindere dalle ore di connessione (da due ore fino a mezz’ora al giorno su un lungo periodo di monitoraggio). A disposizione del lavoratore poche armi di difesa, soprattutto quando ci si muove su Facebook, che permette la tracciabilità degli accessi. A Genova, un dipendente è stato licenziato in tronco perché usava per fini personali il collegamento a internet del cellulare aziendale. Il tribunale ha dato ragione al datore di lavoro: l’utilizzo scriteriato della rete può essere giusta causa di licenziamento, anche se avviene da uno smartphone.

STRUMENTI PER PREVENIRE CONDOTTE SANZIONABILI Legalmente non esiste un limite quantitativo che fa scattare la perdita del posto. Si può andare da licenzia-

menti leciti irrogati per accessi ripetuti di oltre due ore al giorno, fino a collegamenti di mezz’ora al giorno, se monitorati per un lungo periodo. L’utilizzo dei social network è più insidioso. Le sanzioni, sul piano teorico, possono scattare anche se il profilo è inattivo, ma tenuto costantemente aperto sul computer aziendale. Il sistema di notifiche e l’avviso dei messaggi in arrivo possono distrarre ripetutamente il lavoratore, dando luogo a condotte sanzionabili. Diverse società hanno bloccato l’accesso di molte applicazioni di internet in azienda. In tempi di crisi, la produttività non conta. Se si hanno ore libere a disposizione, si devono destinare all’azienda. Bannati allora Facebook e Twitter, ma anche chat e sistemi di videoconferenza non strettamente utili per finalità lavorative. Rientra tra i diritti del datore di lavoro disciplinare l’utilizzo delle applicazioni informatiche, anche sui cellulari, fino a vietarle. Al datore di lavoro è sempre concesso il diritto di effettuare controlli periodici sulla configurazione dei software dei computer aziendali e sulla cronologia delle esplorazioni. Lo Statuto dei lavoratori vieta i controlli a distanza, ma non quelli meno invasivi sulle tipologie di connessione. L’adozione di accorgimenti di “filtraggio”, però, ha consentito a molte aziende di evitare a priori controlli e sanzioni indesiderate. Avv. Giovanni Severino

L’avv. Severino Giovanni è laureato in Giurisprudenza ed è iscritto all’albo degli avvocati di Nocera Inferiore. Ha uno studio a Pagani (Sa), in Via Taurano, tel. 081 91 59 56 e uno a Mercato San Severino (Sa), in via Ferrovia n.44, cell. 328 94 92 322.

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LE PAROLE DELLA CRISI di Peppe Iannicelli

Nuovo appuntamento con la nostra rubrica, uno spazio per riflettere attraverso le parole sul periodo sociale e politico che stiamo vivendo. La parola che vi proponiamo questo mese è: Super Santos

Super Santos contro droga, bullismo e camorra I ricordi di un tempo legati al pallone per antonomasia come ricetta per salvare i più giovani dalle trappole di oggi

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iugno è il mese dei Mondiali di calcio. Ne faremo una scorpacciata di pallone, ma con l’arrivo della bella stagione mi assale una valanga di ricordi infantili, quando il mio mondo e quello dei miei amici aveva la forma di un pallone rosso. Il Super Santos è stato il pallone preferito della mia generazione. Fedele compagno delle interminabili partite nello slargo sotto casa, immancabile accompagnatore delle gite scolastiche e parrocchiali, prezioso strumento di acchiappo sulla spiaggia quando lo facevamo rimbalzare nei pressi della fanciulla adocchiata invero con scarso successo nel proseguo. Di color rosso e di plastica dura era il pallone della media borghesia. I poveracci dovevano accontentarsi del Super Tele, una pallaccia di gomma che si deformava ad ogni calcio disegnando traiettorie imprevedibili, gli alto borghesi potevano permettersi il Tango che era

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Il Super Santos è stato il pallone preferito della mia generazione. Fedele compagno di interminabili partite

di plastica ancora più rigida del Super Santos e somigliava molto al mitico pallone professionale di cuoio riservato ai vip. Un rigido disciplinare scandiva l’uso del Super Santos: chi lo metteva a disposizione aveva diritto a scegliersi il ruolo preferito in campo. Il brocco non aveva altre alternative: o giocava in porta, oppure portava il pallone. Chi con un calcio maldestro lo spediva in un giardino inaccessibile o nelle grinfie di un vicino intollerante che lo squarciava sotto i nostri occhi atterriti doveva ripagarlo, così come chi rompeva un vetro si assumeva l’onere della riparazione. Mio padre Domenico al terzo vetro infranto imparò a sostituirli da solo senza dover pagare un operaio mettendo a repentaglio le casse domestiche.

Quanti ricordi meravigliosi legati a quel pallone che rimbalzava come la vita spensierata come mai sarebbe più stata. ho ritrovato il Super Santos giocando con mio figlio Alessio, anche lui adesso cresciuto e ad altri trastulli interessato. In attesa di nipoti è ancora una calamita potente nonostante la panciona. Quando mi rimbalza tra i piedi non resisto alla tentazione di mollar un calcio e debbo dire che me la cavo ancora benissimo. Dispiace che gli spazi per giocare in strada siano sempre di meno, invasi come siamo d’auto e divieti monumentali. Ci vorrebbero campetti di quartiere e tanti Super Santos per liberare l’energia e tener lontani i nostri figli dalle subdole tentazioni della strada, che senza il pallone si chiamano droga, bullismo, camorra.


Una CHIESA GIOVANE capace di RINASCERE DALL’ALTO (Gv 3,3)

SOSTA ECCLESIALE 2014 18 giugno - ore 20.00 Parrocchia San Giovanni Battista – Nocera Inferiore Introduce Mons. Giuseppe Giudice – Vescovo di Nocera Inferiore-Sarno Interviene Mons. Pietro Santoro – Vescovo di Avezzano

19 giugno - ore 20.00 Incontro nelle sei Foranie



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