Insieme - Novembre 2014

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NOVEMBRE 2014 N. 10 ANNO IX

FAMIGLIA: la parola ai protagonisti Storie del nostro Agro

LAVORO Lettera ai precari

CRESCIAMO INSIEME La rubrica per i bambini

L’APPUNTAMENTO Il centenario della nascita di don Enrico Smaldone



EDITORIALE di Silvio Longobardi

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ella Bibbia c’è scritto proprio così: “Maschio e femmina li creò”. Una verità semplice. Scontata, in altri tempi avremmo detto lapalissiana. Oggi non è più così! Molti vorrebbero sostituire quelle parole arcaiche con altre più adatte ad esprimere il pensiero moderno: “omosessuale ed eterosessuale”. Fino a trent’anni erano voci isolate, oggi sono assordanti. Non passa giorno senza leggere sui quotidiani italiani esperienze sulla vita omosessuale. Tutte luminose, come le cronache del “sol dell’avvenire” della propaganda comunista che ha accompagnato buona parte del Novecento.

Maschio e femmina ma anche nel Nuovo. Le parole dell’apostolo Paolo non lasciano spazio a interpretazioni accomodanti. Per lui si tratta di “passioni infami” e di “atti ignominiosi” (Rm 1, 26-27).

Tutti sono pronti a venire in soccorso del vincitore. Questo argomento una volta divideva l’opinione pubblica e provocava forti discussioni. Oggi invece non è più possibile dissentire. Ogni persona che esprime una diversa opinione, anche nella forma più pacata e argomentativa, viene accusata di omofobia e additata a pubblico ludibrio. Una sorta di marchio d’infamia.

È probabile che tanti battezzati non conoscono neppure questa pagina biblica. Mi pare che anche molti vescovi hanno timore a ricordare questa verità, come se avessero paura di offendere. Si limitano a dire che le unioni omosessuali non possono essere equiparate ad un matrimonio. Il popolo di Dio ha diritto di sapere se l’omosessualità contraddice la vocazione dell’uomo e rappresenta oggettivamente un male per la persona; oppure appartiene anch’essa alla grammatica naturale e rappresenta quindi un bene. Giovanni Battista, e con lui tanti altri martiri, ricordano che tacere la verità può diventare un’implicita complicità con il male. Il Vaticano II ricorda che “l’amore e l’amabilità non devono in alcun modo renderci indifferenti verso la verità e il bene. Anzi lo stesso amore spinge i discepoli di Cristo ad annunciare a tutti gli uomini la verità che salva” (Gaudium et spes, 28).

I fautori della libertà sessuale ovviamente ritengono che la condanna dell’omosessualità sia frutto solo di modelli culturali che oggi non hanno alcun valore. La Chiesa, invece, sulla scorta di quella Parola che rischiara il cammino dell’umanità resta ferma nel suo convincimento che l’omosessualità contrasta radicalmente con il dettato biblico che propone ed esalta la complementarietà sessuale come orizzonte antropologico fondamentale. La Scrittura non si limita a proporre l’unità maschile e femminile come la condizione esistenziale fondamentale ma la presenta come un elemento valoriale. Per questo nelle pagine bibliche troviamo una netta condanna dell’omosessualità. Non solo nell’Antico Testamento

La questione omosessuale è certamente un tema molto rilevante dal punto di vista culturale e sociale e richiede un doveroso approfondimento. E tuttavia, non ho capito come mai è stato inserito tra gli argomenti della recente assemblea sinodale che aveva come obiettivo primario quello di ridare fiato alla famiglia che è la vera cenerentola della società e della politica. Nella Familiaris consortio di Giovanni Paolo II non c’è alcun accenno a questo tema. Dal momento che il magistero non vuole né può riconoscere alcun valore alle unioni omosessuali, ritengo che questa scelta rischi di aumentare dubbi e confusioni che albergano nel popolo di Dio. Forse è il caso di fare un po’ di chiarezza.

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NOVEMBRE 2014 N. 10 ANNO IX

Sommario

FAMIGLIA: la parola ai protagonisti

Novembre 2014

Storie del nostro Agro

LAVORO Lettera ai precari

CRESCIAMO INSIEME La rubrica per i bambini

Maschio e femmina di Silvio Longobardi

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18 SCUOLA & UNIVERSITà a cura di Martina Nacchio

20 Fai la scelta giusta di Mariarosaria Petti

21 VITA NELL’AGRO Un nuovo fenotipo di giovani

LA FAMIGLIA A TUTTO CAMPO SARà DURA, MA CE LA FAREMO FRAMMENTI DI STORIE MIO MARITO È IL MIO ALTARE UNA MADRE ACCOGLIENTE FIGLI STRAORDINARI

di Salvatore D’Angelo

VITA ECCLESIALE 25 Il profumo della Chiesa di Salvatore D’Angelo

30 Venite al Concilio 37 IN DIOCESI Il Corso regionale per gli Insegnanti di religione

Notizie dalle parrocchie a cura di Mariarosaria Petti

47 IN PARROCCHIA Pagine parrocchiali a cura di Antonietta Abete

57 BACHECA I nostri auguri

60 Le suore Francescane di sant’Antonio

di padre Paolo Saturno

61 Il legale risponde a cura dell’avv. Gianni Severino

62 LE PAROLE DELLA CRISI Vegetariano no, consumatore attento sì di Peppe Iannicelli

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DON ENRICO SMALDONE

a cura della redazione

LE RUBRICHE

58 Pagine della nostra storia di Silvio Longobardi

59 Arte... rischi di don Natalino Gentile

Il centenario della nascita di don Enrico Smaldone

pRimO pianO a cura della redazione

3 EDITORIALE

41 NEWS DALLE PARROCCHIE

L’APPUNTAMENTO

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IL PANE DELLA DOMENICA Commenti a cura delle Sorelle Clarisse del monastero di Santa Chiara


Cresciamo insieme

Inauguriamo con questo numero il contenitore Cresciamo insieme, la rubrica dei piccoli. di Donatella Salvati Uno spazio pensato per dare voce ai piccoli lettori di Insieme, per ascoltare e condividere le esperienze. La pagina sarà Salvatore ha una grande passione: l’Acr. arricchita da consigli in pillole I genitori Gina D’Amaro e Aniello Longobardi per i genitori, vignette lo accompagnano per mano in questo percorso. e filastrocche È la parrocchia Regina Pacis di Angri la sua seconda casa, dove ha intessuto veri rapporti di amicizia, e dove oltre all’Acr partecipa al gruppo ministranti. E con entusiasmo ed allegria mi racconta un po’ di lui...

La rubrica dei piccoli

Salvatore Longobardi

“SONO UN GOLOSONE!” Come ti chiami? Salvatore longobardi. Quanti anni hai? nove. Hai dei bellissimi occhi azzurri! Hai qualche altro segno particolare? Sì. Un neo sotto il piede sinistro! Qual è il tuo colore preferito? Il rosso. Che classe frequenti? Ti piace studiare? Frequento la quinta elementare e mi piace studiare, soprattutto alcune materie. Qual è la tua materia preferita? Sono due: Scienze e Storia. Un tuo talento speciale... Saper disegnare. Qual è il tuo sport preferito? Il nuoto. Dimmi un tuo difetto… Beh, non è proprio un difetto, ma per me un po’ lo è: mangio tanto! Sono un golosone. Qual è la cosa più bella della vita secondo te? La domenica in famiglia. Mi piace quando ci riuniamo e stiamo tutti insieme, è stupendo!

La famiglia è il dono più prezioso di Dio, ed è bello che tu lo abbia accolto così. Quanti siete in famiglia? La mia è una famiglia abbastanza numerosa, e io adoro stare con i miei nonni e la mia sorellina Caterina. Lei è un po’ più piccola di me ed io le voglio tanto bene. Ti va di raccontarmi una storia che parli di te? Certo! Era la Giornata dell’Accoglienza e mi sono divertito tantissimo all’ACR! C’erano tanti esperimenti che gli educatori avevano preparato per noi, il vulcano, l’orologio che al posto delle pile funzionava con i limoni e tanti altri, ma il mio preferito era quello della plastilina. Con l’amido di mais e un po’ di tempera – gli ingredienti sono rimasti segreti fino alla fine a dir la verità, e solo prima di andare via gli educatori ce li hanno rivelati – , ecco che si creava una sostanza magica; se la prendevi tra le dita era solida, ma appena lasciavi un po’ la presa ecco che scivolava tutta via. Caspita che magia! Deve essere davvero straordinario vivere appieno la parrocchia e condividere queste esperienze con i tuoi amici. Voglio farti un regalo: un megafono immaginario; usalo, e grida qualcosa agli altri ragazzi: venite all’aCR, insieme è tutto più bello!

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IN PRImO PIANO a cura della redazione

LA FAMIGLIA a tutto campo

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artendo dal Sinodo, che ha acceso i riflettori sulla famiglia, il nostro dossier racconta alcune storie, tratte dalla vita quotidiana, vicende nascoste che non raggiungono la cronaca. Sono solo alcuni frammenti di quel mosaico familiare che abbraccia tanti altri aspetti della vita. Il nostro obiettivo è chiaro: parlare della famiglia vuol dire far parlare le famiglie, dare la parola ai protagonisti. Una Chiesa divisa. Il racconto dei media ha sottolineato le divergenze tra i padri sinodali, fino al punto da paventare una spaccatura all’interno del corpo ecclesiale. Un’evidente forzatura, dice con il consueto aplomb il cardinale Camilo Ruini che spiega: dal Sinodo “non esce una Chiesa divisa, ma una Chiesa con posizioni differenti”. Ma non è tutta colpa dei media. Da mesi si discute sempre e solo della comunione ai divorziati, come se fosse questo il primo e unico problema della famiglia. Andate a rileggere le interviste rilasciate dai vescovi e i commenti offerti dai più autorevoli opinionisti cattolici. Non si parla delle coppie che vivono con sofferenza l’impossibilità di generare figli nella carne, non si accenna neppure al dramma di quei genitori che portano il peso dei figli disabili, nessun riferimento alla vedovanza che tante volte genera smarrimento e costringe a portare da soli, e con più fatica, una storia iniziata a due, nessuna attenzione ai genitori che hanno perso un figlio, spesso in circostanze drammatiche. Sono questi i problemi reali con i quali tante famiglie devono fare i conti. Ma tutto questo è rimasto nell’ombra. Lo scenario familiare che trova spazio sui mass-media non corrisponde alla realtà dei fatti, non riflette le luci e le ombre della comunità domestica, non aiuta a pensare la famiglia e agli interventi di cui essa ha bisogno. Dobbiamo riconoscere che anche l’agenda pastorale delle comunità ecclesiali non si misura con la famiglia, non affronta e non contribuisce a risolvere le questioni che pesano sul cuore degli sposi. Il Sinodo era dunque una concreta possibilità per rimettere al centro la famiglia. L’obiettivo è stato raggiunto? Solo in parte. Il confronto, prima nell’assemblea e poi nei gruppi linguistici,

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Papa Francesco accoglie una famiglia in piazza San Pietro

è stato molto ampio ed ha toccato tanti aspetti della vita familiare. Sono risuonate tante voci di tutti i continenti e tante esperienze che hanno mostrato, insieme alle ferite, il ruolo insostituibile della famiglia. La famiglia come “scuola di umanità” per usare una suggestiva espressione del Concilio Vaticano II (Gaudium et spes, 52). E tuttavia, se avessimo dato più spazio agli sposi, che ogni giorno vivono con eroica fedeltà la loro vocazione, se l’esperienza di tante famiglie avesse avuto maggiore risonanza, se in ogni conferenza stampa avessimo potuto ascoltare una diversa esperienza familiare dalla viva voce dei protagonisti, avremmo avuto un quadro più completo della realtà familiare. Il Sinodo sulla famiglia deve diventare un Sinodo della famiglia, un Sinodo dove gli sposi possono raccontare le gioie e le speranze della comunità domestica. La famiglia ha tante ferite ma è anche una casa ospitale, grembo di gioie e luogo degli affetti. Famiglia e nuova evangelizzazione. La Chiesa, leggiamo nel documento finale del Sinodo, s’impegna ad “annunciare senza sosta e con profonda convinzione il Vangelo della famiglia” (n. 2). Diciamolo chiaramente: senza la famiglia, cioè senza un’attiva partecipazione degli sposi alla vita ecclesiale, tutta la dinamica di evangelizzazione viene azzoppata, è come pretendere di “volar senz’ali”. Non è una novità. Lo scriveva a chiare lettere Giovanni Paolo II più di trent’anni fa nella Familiaris consortio: “la futura evangelizzazione dipende in gran parte dalla Chiesa domestica”. Quel documento ha dato spago ad un nuovo e incisivo impegno pastorale. Ma siamo ancora ai primi passi. La Relatio Synodi chiede “un radicale rinnovamento della prassi pastorale alla luce del Vangelo della famiglia, superando le ottiche individualistiche che ancora la caratterizzano” (n. 37). Per dirla in parole semplici: la nostra pastorale guarda più al singolo individuo che alla famiglia. L’amore ferito. Il documento finale chiede di “accompagnare con attenzione e premura i suoi figli più fragili, segnati dall’amore ferito e smarrito, ridonando fiducia e speranza” (n. 28). È questo il passaggio più delicato della riflessione e della proposta sinodale che offre ampio spazio a questa problematica. Il crescente aumento delle separazioni coniugali rappresenta una vera emergenza sociale e pastorale. I padri sinodali invi-

tano a pensare anzitutto ai figli che non raramente diventano “oggetto di contesa tra i genitori”: sono proprio loro “le vere vittime delle lacerazioni familiari” (n. 8). Siamo dinanzi ad un dramma che acquista proporzioni sempre più preoccupanti. Tutto questo dovrebbe imporre un radicale ripensamento della pastorale, una maggiore attenzione alla preparazione al matrimonio, l’attivazione di specifici percorsi per sostenere le coppie in crisi. Ci sono tentativi, qua e là, ma non possiamo dire che la comunità ecclesiale ha elaborato una strategia adeguata per affrontare la più grave emergenza sociale del nostro tempo. Il documento sinodale raccoglie il grido di tanti sposi che, dopo aver spezzato il vincolo nuziale, hanno intrapreso una nuova esperienza affettiva. Ed invita ad avere nei confronti di questi battezzati “un’attenzione pastorale misericordiosa e incoraggiante” (n. 26). Su questo siamo tutti d’accordo. Nessuno mette in dubbio che questi sposi fanno parte della Chiesa, possono e devono contribuire a far crescere la comunità ecclesiale. D’altra parte, nessuno pensa che sia possibile riconoscere un secondo matrimonio perché sarebbe contro l’esplicito comando del Signore (Mt 19,6). Le divergenze riguardano la possibilità di concedere la piena partecipazione alla vita sacramentale. Non si tratta di un tema trascurabile ma non dobbiamo neppure far intendere che tutto dipende da questo. Questo tema ha tenuto banco nelle ultime settimane. L’attenzione è giustificata. Ma non rischiamo di dimenticare quegli sposi che, dopo l’abbandono del proprio coniuge, hanno scelto di restare fedeli al patto nuziale, accettando la fatica della solitudine e portando da soli il peso della famiglia e dei figli? Cosa facciamo per loro? Quali canali pastorali abbiamo attivato per sostenere questi sposi che manifestano, più degli altri, la fedeltà del Cristo Sposo e Crocifisso? Perché di loro non si parla? Non sono anch’essi feriti e delusi? E non sono soggetti alla fragilità e allo scoraggiamento? La famiglia è un microcosmo che riflette le ferite che attraversano l’intera società. E tuttavia, la Chiesa invita ancora una volta a scommettere sulla famiglia perché è la culla di quella che Paolo VI chiamava “la civiltà dell’amore”. Silvio Longobardi

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LA STORIA

Sabrina e Nello hanno aspettato sette anni prima di poter gioire per la nascita del piccolo Gianpaolo. Il bambino, che oggi ha cinque anni, porta in sé l’impronta del Papa polacco, proclamato santo lo scorso 27 aprile. Un’attesa rivestita con la grazia dell’impegno e dell’apertura agli altri Sabrina, Nello e il piccolo Gianpaolo in montagna

“SARà DURA, MA CE LA FAREMO”

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l piccolo Gianpaolo si nasconde dietro la porta di casa nel tentativo di farmi uno scherzo. Cinque anni, occhi neri e vispi, la sua vitalità riempie di gioia casa Donnarumma. È sabato mattina, anche papà Nello è a casa insieme a mamma Sabrina che ha gli stessi occhi chiari e sereni di quando alle superiori sedeva un banco avanti al mio. Questo piccolo, che oggi siede al tavolino del salotto a misura di bambino e mi fa compagnia nell’aperitivo che i genitori hanno preparato, è frutto di un amore immenso, fatto di attesa e sacrifici, di gioia e dolore, di timori rivestiti con la grazia dell’impegno e dell’apertura agli altri. Quando si sono sposati – Nello aveva 29 anni, Sabrina 28 – desideravano mantenere vivo il rapporto costruito durante il fidanzamento che si fondava su un intenso rapporto di amicizia. «La comunicazione – afferma Nello per deformazione professionale, altri parlerebbero di dialogo coniugale – è stata la prima regola per la costruzione della nostra famiglia.

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“Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una sola carne” dice la Genesi. In fondo – aggiunge – la casa definisce il perimetro per confrontarsi come famiglia con il mondo esterno». Nello era stato da poco assunto dalla Ericsson, azienda leader delle telecomunicazioni, con un contratto a tempo determinato. Sabrina era ancora alla ricerca di un lavoro. Emerge già un primo tratto distintivo: un affidamento alla Provvidenza condito di concretezza e impegno, fatto di un continuo rimboccarsi le maniche. Mentre in punta di piedi entriamo piano piano nella loro storia, Nello aggiunge: «Se dovessi dare un consiglio a qualcuno, direi: chiudi gli occhi e buttati. Vi sono delle cose su cui la persona ha potere di azione, in questo caso vale la pena di impegnarsi e lottare, altre invece esulano dalla nostra portata. Bisogna solo buttarsi e fidarsi». Nell’ottobre del 2002 si sposano, ma dopo un anno di matrimonio e una completa apertura alla vita, non arriva nessuna


gravidanza. «Un anno – mi raccontano – è un tempo tecnico che anche i medici danno alla coppia per avere un bambino, passato il quale consigliano di iniziare a fare qualche indagine». Impegnati fin dal fidanzamento nella comunità Santa Maria di Bagni, guidata da fra Michele Floriano, a fine anno vanno ad Assisi e vivono una stupenda esperienza sulle orme di San Francesco. Poi iniziano a fare le analisi suggerite dai medici: Sabrina ha un ciclo irregolare e una tuba chiusa, Nello ha un numero di spermatozoi inferiori alle media e un po’ pigri. Che reazione hanno? «Abbiamo cercato di fare in modo che non diventasse un assillo. Ci dicevamo: È Natale, non ci pensiamo. È estate, sospendiamo il giudizio e godiamoci le vacanze». Questo non significa che non vivessero una situazione dolorosa, quando si apriva la porta di casa l’assenza della voce e del riso di un bambino si faceva sentire, ma la vita di Sabrina e Nello era piena di tanti altri doni che in parte attutivano il dolore: i nipoti amati come se fossero figli propri, il figlioletto di una cugina di Nello affetto da una grave malformazione che era diventato il loro bambino adottivo, il gruppo giovani che fra Michele aveva affidato alle loro cure in parrocchia. Quei ragazzi hanno aiutato Sabrina e Nello a scoprire e a vivere intensamente la maternità e paternità spirituale. Anno 2005. Sono passati tre anni dal matrimonio. Il mondo intero partecipa con trepidazione al calvario di Giovanni Paolo II. Il papa polacco non ha paura di mostrare al mondo i segni del male che minano il suo corpo. Il 27 marzo, giorno di Pasqua, il Papa appare alla finestra in piazza San Pietro per poco tempo. Il cardinale Angelo Sodano legge il messaggio Urbi et Orbi quando il Papa benedice la folla con la sua mano. Tenta di parlare ma non vi riesce. Il 30 marzo, mercoledì, il Papa appare di nuovo alla finestra per poco tempo. Fu l’ultima volta che si mostrò in pubblico prima di morire la sera del 2 aprile. Il sogno. Quell’anno i coniugi Donnarumma si recano in Valle d’Aosta perché Sabrina ama molto la montagna e partecipano alla Messa del nuovo Papa tedesco. Al ritorno fanno tappa ad Assisi. Qui ricevono un primo segno: di notte Nello sogna Giovanni Paolo II, vestito di bianco, all’inizio del suo Pontificato che gli sussurra: «Sarà dura, ma ce la faremo». A questo punto del racconto, gli occhi di Nello, carattere forte

e determinato, sono velati di lacrime. Ma è solo un momento, perché ritrova immediatamente il suo pragmatismo. Lo racconta a Sabrina e tutti due pongono quella confidenza ricevuta nel cuore della notte nel fondo del proprio animo. «Mentre ero sulla tomba di San Francesco – aggiunge Nello – sento dentro di me una voce che mi dice: Prega, prega. E chiedi». Dopo qualche mese anche Sabrina sogna Giovanni Paolo II all’inizio del Pontificato, vestito di bianco, nelle Grotte Vaticane. È in compagnia di un bambino, poco meno di due anni, lo prende per mano e lo affida a Sabrina. Il piccolo, ricorda Sabrina, nelle fattezze era molto diverso da Gianpaolo. Sabrina rimane turbata. Quanti significati possono avere quei sogni? Ce la farete ad accettare che il Signore vi chiede altro, ce la farete a vivere in un altro modo la vostra maternità e paternità, ce la farete a percorrere altre strade, come quella dell’adozione. Sabrina e Nello non pensano di poter avere un figlio naturalmente. E non danno questo significato a quelle parole ricevute in dono. Continuano a condurre la vita di prima. Spesso fanno tappa sulla tomba del Papa della famiglia. “Sarà dura ma ce la faremo” diventa lo slogan di casa Donnarumma. Nel 2007 Nello contrae la varicella, la malattia esantematica vanifica tutte le cure per la fertilità fatte fino a quel momento. Eppure i due sposi riescono a mantenere la calma, vivono con serenità anche la loro sessualità sorretti dalla certezza che davanti a loro si apra il mondo sconfinato delle altre maternità e paternità possibili. Aggiunge Sabrina: «In fondo, anche oggi non direi che non avere figli sia un problema. I problemi sono altri: una malattia grave ed incurabile, la disabilità. Situazioni che davvero non hanno soluzione. Se un figlio non arriva naturalmente, vi sono tante altre strade da perseguire». Il bivio. Dal 2005 al 2008 i due sposi vivono un’arricchente apertura al servizio: in famiglia e in parrocchia sono circondati da tanti ragazzi per i quali diventano guida e riferimento. Nel frattempo continuano le ricerche mediche e le cure. Fino a giungere ad un punto di svolta, importante e carico di responsabilità: sono passati un po’ di anni e i medici ormai non credono più che sia possibile avere un bimbo naturalmente. Consigliano pertanto l’inseminazione artificiale presso un centro di Battipaglia.

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Sabrina e Nello si trovano davanti ad un bivio. È una scelta difficile, una decisione che non vorrebbero assumere ma che ad un certo punto sembra configurarsi come l’unica strada possibile. Sabrina è Ministro straordinario della Santa Comunione. Vive un forte disagio, decide di andare a parlare con fra Michele. «Volevo rinunciare a questo ministero perché sentivo che quello che stavamo per fare era contrario agli insegnamenti della Chiesa». Incontra il sorriso aperto di fra Michele che l’accoglie con l’affetto di sempre, le chiede di pazientare ancora, e di continuare a sperare. È ottobre. Nello deve recarsi per lavoro un mese a Stoccolma, Sabrina decide di accompagnarlo. Chiamano il centro di Battipaglia e rimandano tutto a dopo l’Epifania. I giorni passati a Stoccolma sono carichi di serenità. Quando Nello non è al lavoro, i due giovani vivono una seconda luna di miele. Con il ciclo mestruale di gennaio Sabrina deve iniziare la cura. Ma il ciclo mestruale, con grande sorpresa, non arriva. «Assumevo il progesterone per regolarizzare il mio ciclo irregolare – confida –. Quando ho visto che non arrivavano le mestruazioni ho pensato che qualche altro problema si stava sommando a quelli che già avevamo». Passa qualche giorno e la giovane mamma ha un’intuizione: va in farmacia e compra un test di gravidanza. Aspetta Nello per farlo insieme: è incinta, contro ogni parere scientifico. Gli esami del sangue confermano che il piccolo Gianpaolo già vive nel seno di sua madre, ansioso di venire al mondo. Sarà dura ma ce la faremo, le parole pronun-

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Vicedirettore Antonietta Abete

ciate nel sogno da Giovanni Paolo II, assumono ora un altro significato. Gianpaolo. Atteso per il mese di ottobre, il piccolo decide di bussare alla porta della vita la notte tra il 15 e il 16 agosto, sotto il segno della Vergine Maria. È necessario un cesareo di urgenza perché Sabrina soffre di gestosi, ha la pressione arteriosa a 200 e molti organi gonfi. Il piccolo pesa appena un chilo e ottocento grammi. «La prima volta che ho potuto prenderlo in braccio era grande quanto il palmo della mia mano», racconta Nello emozionato. Sabrina tace, guarda suo figlio che mangia sereno. Come la Vergine Maria, anche lei conserva ogni cosa nel suo cuore. Al bambino viene dato il nome di Gianpaolo perché ha in sé l’impronta del Papa polacco che tanto amava i piccoli. Nel 2010 i suoi genitori scrivono una lettera all’Ufficio di Postulazione per le Cause dei santi raccontando la loro esperienza. Tra le altre centinaia di storie segnalate, anche la loro, come una piccola goccia, ha contribuito alla canonizzazione del Papa venuto da lontano avvenuta in Piazza san Pietro lo scorso 27 aprile. Il piccolo Gianpaolo viene battezzato in parrocchia. È una festa gioiosa che coinvolge tutta la comunità parrocchiale nella quale questa piccola famiglia vive la sua fede e il suo servizio alla Chiesa. Antonietta Abete

Raffaele Massa, Danilo Sorrentino, Mariano Rotondo, Corrado Carratù, Francesco Sessa, Barbara Senatore, Antonio Padovano Sorrentino, Fabio Senatore, Alessandra Maria Varone, Mario Giordano, Rossella Grande, Michele Lanzetta

Mensile di attualità e cultura dell’Agro Espressione della comunità ecclesiale della Diocesi Nocera Inferiore-Sarno

Redazione Salvatore D’Angelo, Mariarosaria Petti, Martina Nacchio e Donatella Salvati

Registrato presso il Tribunale di Nocera Inferiore n. 624/06 del 16 giugno 2006. Iscritto al R.O.C. n. 14248 dal 28/07/06.

Segreteria di redazione Maria Luisa Franco

Amministrazione Via Vescovado, 4 - 84014 Nocera Inferiore (SA) Tel/Fax 081 5170466

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Per scrivere alla redazione insieme@diocesinocerasarno.it tel/fax 081 517 04 66

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Membro Federazione Italiana Settimanali Cattolici, Associato Unione Stampa Periodica Italiana

Editore Insieme Diocesi Nocera Inferiore-Sarno Direttore Responsabile Andrea Annunziata Direttore Editoriale Silvio Longobardi Insieme - Novembre 2014

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Hanno collaborato Sorelle Clarisse di Nocera Inferiore, Peppe Iannicelli, p. Paolo Saturno, Giovanni Severino, don Natalino Gentile, Carmine Giordano, Lavinia Bassano, Salvatore Manzo, don Roberto Farruggio, , Maria Teresa Longobardi, Marianna Attianese, Iolanda Campanella, Livia Rossi,

Contributo annuale € 15,00 ordinario con ritiro in parrocchia € 18,00 ordinario con ritito in edicola € 20,00 ordinario in spedizione postale € 25,00 contributo sostenitore € 50,00 contributo benefattore

BANCA PROSSIMA IBAN: IT21E0335901600100000070110 Intestato a: DIOCESI NOCERA INFERIORE-SARNO Causale: Contributo annuale Conto corrente postale n. 11278843 Intestato a: DIOCESI NOCERA INFERIORE-SARNO Causale: Contributo annuale SERVIZIO DIFFUSIONE Per informazioni: tel/fax 081 517 04 66 segreteriainsieme@diocesinocerasarno.it Questo numero è stato chiuso in redazione lunedì 3 novembre 2014 “Questo periodico è aperto a quanti desiderino collaborarvi ai sensi dell’art. 21 della Costituzione della Repubblica italiana che così dispone: “Tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni mezzo di diffusione”. La pubblicazione degli scritti è subordinata all’insindacabile giudizio della Redazione; in ogni caso, non costituisce alcun rapporto di collaborazione con la testata e, quindi, deve intendersi prestata a titolo gratuito. Notizie, articoli, fotografie, composizioni artistiche e materiali redazionali inviati al giornale, anche se non pubblicati, non vengono restituiti”.


Frammenti di vita familiare

Di quante sfaccettature si compone il variegato mondo dell’universo familiare? Quante gioie, dolori, sfide e responsabilità gli sposi sono chiamati ad accogliere e affrontare ogni giorno? Silenziosamente e a volte senza il giusto accompagnamento. In queste pagine, vi proponiamo piccoli frammenti di vita familiare, storie, confidenze, timori, sconfitte. Perché la famiglia è anche questo.

L’amore tradito

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l volto scavato, bianco come un lenzuolo. “Non riesco a smettere di amarlo”, dice F. con un’ amarezza che svela tutto l’amore per il marito. Un amore che non viene meno anche se ha scoperto che l’uomo al quale ha donato la vita ha un’altra relazione e non è disposto a chiuderla. Un amore autentico anche se spezzato dal dolore. Rileggendo la sua storia si accorge che forse non ha saputo coltivare il legame con il marito, non l’ha rivestita di quelle attenzioni e di quegli spazi di dialogo che danno forza e visibilità all’unione coniugale. Una donna ama attraverso i gesti della

quotidianità, occupandosi della casa, curando il cammino dei figli, lasciando al marito gli spazi per la sua realizzazione. A volte l’amore ci fa diventare ciechi, quasi non comprendiamo il male che si annida e mina la relazione. Una persona che ama tanto, senza nulla chiedere, non comprende come sia possibile che l’altro non faccia altrettanto. E non pensa che possa tradirla, almeno fino a quando l’evidenza non si rivela con tutta la sua brutalità. Abbiamo bisogno di un Centro per la guarigione coniugale, una terapia che unisca la dimensione psicologica con quella spirituale. Perché non si può guarire senza Dio.

Come far entrare la fede in famiglia?

Q

uanti frammenti! La sposa abbandonata dal marito che ancora si domanda se ha fatto tutto per custodire l’amore. La coppia che convive da 13 anni e che fino a questo momento ha posto Dio in un angolo, come se non ci fosse. Una coppia che vive con sofferenza la sua condizione di sposi separati e chiede consolazione. Un’altra coppia che si rende conto di non poter vivere la

sessualità coniugale senza conoscere i metodi naturali ma ora non sa come fare e da dove partire. Una coppia che ha paura di accogliere altri figli. Il ventaglio è piuttosto ampio, situazioni diverse e comuni a tutti. Come far entrare la fede in famiglia? Come fare della fede la luce che illumina ogni cosa? È questa l’unica domanda, quella che ingloba e racchiude in sé tutte le altre.

La sfida educativa

“M

amma, è più importante Gesù o l’amore?”, chiede il piccolo Luca, cinque anni. L’amore per lui significa il matrimonio. È significativo che egli vede questa esperienza come alternativa a Gesù. Non bisogna scegliere, dice la mamma, perché Gesù è la fonte dell’amore, di ogni amore, senza di Lui non saremmo capaci di amarci. Accogliere l’amore di Gesù e restare uniti a Lui è la premessa per amare il prossimo secondo la legge della gratuità.

Storie nascoste e luminose

“Q

uanti anni di matrimonio?”, ho domandato a un arzillo vecchietto di 92 anni. E lui ha risposto con fierezza: 64 anni più 2 di fidanzamento. Che bello ricordare anche gli anni di fidanzamento quando l’età avanzata e il cesto pieno di ricordi potrebbe mettere tra parentesi quel periodo della giovinezza. Una lunga vita passata insieme e ancora oggi segnata da piccole attenzioni e da piccole rinunce per il bene dell’altro.

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LA STORIA Una passione di Giuseppe, la montagna

“Mio marito è il mio altare”

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ichela ha da poco riposto il vestito da sposa nell’armadio. Di bianco, sua sorella Pasqualina, indossa il camice da medico e un prestigioso incarico l’attende in Inghilterra. Angela, la terzogenita, deve sostenere gli ultimi due esami all’Università e già sogna di insegnare a scuola, forse lontano da casa. I contorni del futuro delle sorelle Giordano diventano pian piano nitidi. Una messa a fuoco interrotta bruscamente dal rumore di una forchetta precipitata sul pavimento, scivolata via dalle mani di papà Giuseppe in un giorno qualunque, durante il pranzo. Giuseppe si accascia sul tavolo, sua moglie Carmela cerca di mantenere la lucidità, chiama il 118. Poi, la corsa in ospedale. Nessuna delle quattro donne può immaginare che di lì a poco la loro famiglia sarebbe stata graffiata per sempre dalla disabilità del capofamiglia. Colpito da un ictus, Giuseppe è trasferito dall’ospedale di Nocera Inferiore alla casa di cura di riabilitazione Montesano di Roccapiemonte, dove

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resterà per sei mesi. Ritornato a casa, dopo appena sessanta giorni, l’uomo è vittima di un altro ictus. Questa volta devastante. Deve essere intubato e nutrito artificialmente. I medici lasciano poche speranze: sarà difficile per Giuseppe recuperare la capacità di deglutire, quindi di assaporare nuovamente un pasto normale. Sono passati sei anni da quando le donne di casa Giordano si sono strette l’una accanto all’altra. Hanno riportato il papà a casa, aprendo un nuovo capitolo della loro storia familiare. Giuseppe, uomo riservato, deve essere assistito con dedizione assoluta. Il suo corpo fragile è curato dalle mani leggere dei suoi quattro angeli che gli insegnano di nuovo a mangiare, contro ogni aspettativa. Nessuno estraneo per l’ex ferroviere schivo: Carmela, Pasqualina, Michela ed Angela hanno imparato in fretta ad accudirlo. Carmela ricorda: «Ero con una delle mie figlie accanto a Giuseppe per assisterlo. Aveva un malore che richiedeva di violare l’intimità del suo corpo. Volevamo tutelare Angela, tenendola in disparte. Era la più

La storia della famiglia Giordano graffiata dalla disabilità di papà Giuseppe. Carmela, Pasqualina, Michela ed Angela raccontano la loro scelta d’amore


La famiglia Giordano. Da sinistra: mamma Carmela, Michela, Angela e Pasqualina. Al centro papà Giuseppe

piccola di casa e per noi anche la più delicata. Non dimenticherò mai il suo coraggio. Indossò i guanti e cominciò ad aiutarci. Mi disse “è tuo marito, ma è anche mio padre”». Giuseppe era andato in pensione da un anno, progettava insieme a Carmela di fare tutti i viaggi che i sacrifici per far studiare le figlie avevano loro negato. Amava camminare, sin da quando era ragazzo e si svegliava alle sei per raggiungere Carmela a casa ed accompagnarla a lavoro. Tutti i giorni un’ora a piedi, solo per vederla. Una passione che lo spingerà in occasione del Giubileo del 2000 a intraprendere un pellegrinaggio lungo nove giorni alla volta di Roma. Nel cassetto, il sogno del Cammino di Santiago. Ora è costretto all’immobilità, nel suo letto. La malattia lo ha cambiato. Non può muoversi, biascica poche parole. La sofferenza toglie e dona, con la sua croce è rinato nella dolcezza che riversa ai suoi cari: «Mio padre, classe 1949, appartiene culturalmente ad una generazione che distingue nettamente i ruoli all’interno della famiglia – questa volta è Michela a parlare –, quando lavorava non era così presente come adesso. Oggi, ascolta tutto e vuole essere messo al corrente di tutte le nostre scelte». La giornata tipo di Carmela inizia molto presto. In realtà, non conosce più il significato della parola sonno. La notte per lei è il tempo della veglia: «Quando lo vedo dormire profondamente, accosto il mio orecchio al suo viso per essere sicura che sia vivo» confessa. Alle sei, inizia la terapia e dopo segue la colazione. Giuseppe poi si riaddormenta.

Per una strana coincidenza, riposa sereno per un paio d’ore, consentendo a sua moglie di partecipare all’Eucarestia quotidiana. «Quando si è ammalato, ho pensato che avrei dovuto rinunciare, perché mio marito sarebbe stato il mio altare» afferma la donna. Invece, la serenità di quelle ore le permettono di nutrire la sua anima, in un percorso di fede intenso, iniziato un giorno per caso, ascoltando un Ave Maria. È passato molto tempo da allora, Carmela scava nei ricordi. Una suora di Assisi recitava il Rosario in modo itinerante, andando presso varie famiglie. Era toccato proprio ad una sua vicina di casa accogliere la preghiera mariana tra le mura domestiche. Nessuno l’aveva invitata, ma il suono di una chitarra e le parole dell’Ave Maria avevano sedotto Carmela, che attraversata la porta di ingresso lasciata aperta entrò per partecipare. La preghiera – sentita e recitata mille volte – proprio in quell’occasione si posò nel suo cuore, operando la conversione. Quando le sue figlie sono accanto al padre, Carmela incontra due care amiche: insieme leggono il Vangelo della domenica e verificano le loro vite. Una fede matura come sorgente della sua totale abnegazione per Giuseppe: «In passato mi chiedevo il significato dell’oblazione, del martirio. Ora ho capito, bisogna accostarsi in punta di piedi ad un ammalato, che non è più la persona che conoscevi prima. Non è lui a dover cambiare, è la tua vita che deve modellarsi alla sua. Io mi sono annullata per entrare nel suo dolore». La dimensione della malattia ha mutato le coordinate della vita delle donne Giordano. Angela ha abbandonato l’idea di insegnare lontano da casa. Ha

scelto un lavoro part-time per dedicare buona parte della sua giornata al padre. Pasqualina ha accettato un incarico da 1000 euro da precaria a Napoli. Michela viveva a Roma con suo marito e aveva quasi il timore di proporgli di tornare. È stato Gennaro a chiedere il trasferimento ed ora anche loro si prendono cura di Giuseppe. Carmela, quest’anno si è allontanata due giorni per un pellegrinaggio a Cascia, un tempo interminabile per lei: «La vita che c’è fuori non mi fa gola. Non mi mancano uscite, passeggiate, vacanze. Io ho bisogno di mio marito e lui di me». Nessuna di loro ha chiesto all’altra di compiere scelte del genere. Non si lamentano né vittimizzano. In casa loro si respira dignità. Innanzitutto per la vita, anche quando è avvilita dalla sofferenza: «Prima pensavo che fosse meglio morire che vivere così – dichiara Michela lapidaria – l’esperienza che stiamo vivendo mi dice che quella di mio padre è una vita perfetta così come è. Mancano le parole e i movimenti, ma il suo cuore e la sua testa sono sempre gli stessi». Agli occhi di chiunque le esistenze di queste donne sembrerebbero segnate dalle rinunce. Loro le chiamano “scelte d’amore”. Quando incontro Giuseppe, i suoi occhi azzurri – come il colore del suo Napoli, la squadra del cuore che segue con passione senza perdere una partita con la sua famiglia – mi raccontano quell’amore. La sua bellezza è figlia della serenità che quattro donne, ogni giorno, tessono insieme. Mariarosaria Petti Insieme - Novembre 2014

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Foto di repertorio

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n matrimonio fallito alle spalle, uno nuovo che gli ha ridato la forza di credere nell’amore e riscoprire la fede. Nello è uno di quelli che seppur non possono accostarsi all’Eucaristia, essendo divorziato e risposato, si sente accolto dalla Chiesa. Da quando ha conosciuto Pina ha fatto un cammino che lo ha portato prima a Messa, poi a rendersi utile in parrocchia e, infine, a formarsi per andare al cuore del cristianesimo. Nello, infatti, collabora nel gruppo operativo parrocchiale e con Pina partecipa agli incontri di formazione per le coppie e per l’intera comunità. I protagonisti della nostra storia si sono incontrati la prima volta quattordici anni fa, a Nocera Inferiore, dove oggi vivono. Due strade e due percorsi molto diversi, ma l’amore non conosce ostacoli. Lui era un “cristiano della domenica” con un’esperienza travagliata alle spalle, lei era praticamente cresciuta in parrocchia. All’inizio qualcuno aveva loro suggerito di mettere fine a questa storia. «Per il bene di lei e per la sua felicità», avevano sussurrato all’orecchio di Nello.

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Una madre accogliente Loro però non hanno ceduto. «Quando ho capito che Nello era l’uomo della mia vita non mi sono creata alcun problema – confida Pina – perché l’amore vince su tutto». Le sirene che la invitavano a fare altre scelte erano numerose e il travaglio interiore, sempre condiviso con quello che sarebbe stato suo marito, non è mancato. Pina ha però deciso di vedere dove portava quell’amore nato quasi per caso. E così, dopo quattro anni di fidanzamento, nel giugno del 2005 hanno deciso di sposarsi in Comune. Per lei, da sempre catechista e animatrice d’oratorio, è stata una grande offerta rinunciare al matrimonio in chiesa. Un tributo d’amore. «Pina porta e sopporta la mia croce – racconta Nello – perché mi ha amato». «Anche se non siamo sposati in chiesa – ribatte Pina – pure per noi vale “nella buona e nella cattiva sorte”. Se amo Nello, amo anche la croce che porta. Poi è vero che non potevo sposarmi in chiesa, ma questo non voleva dire che non potevo più entrarci». Sono molteplici gli interrogativi che si affollano nella loro mente. Se da un lato, infatti, si sentono pienamen-

Nello e Pina, lui divorziato e risposato, parlano della loro esperienza di vita cristiana. Nonostante non possono accostarsi all’Eucaristia partecipano attivamente alla vita parrocchiale. Entrambi di Nocera Inferiore spiegano come l’accoglienza della Chiesa non sempre combaci con quella dei suoi membri


te integrati, dall’altro non è sempre facile rinunciare all’incontro eucaristico. «Noi ci sentiamo accolti – confessa Nello – ma a volte sentiamo anche il pregiudizio di chi vive con noi la comunità. Una sensazione poco piacevole, che diventa incomprensibile quando situazioni come la nostra si risolvono senza troppa fatica. Siamo però stati fortunati – continua – perché abbiamo sempre incontrato sacerdoti capaci di accogliere ed ascoltare». Rispetto alla comunione eucaristica? «A volte mi sento chiamato – continua il marito – e davvero diventa insopportabile dire di no a Lui». Meno male che c’è la Parola: «L’incontro con Gesù che si fa parola per noi ha un valore ancora più importante – aggiunge Pina – un nutrimento indispensabile che ci aiuta spiritualmente così come la preghiera comunitaria». L’esperienza di dolore ha dato frutti maturi. Nella famiglia di Nello e Pina sono arrivate due splendide bambine: Francesca e Martina. La loro ingenuità spesso fa riaprire qualche ferita. Ora che sono grandicelle chiedono a mam-

ma e papà perché non vanno a prendere l’Eucaristia come invece fanno gli amici di parrocchia. «Prima – racconta Pina – dicevi che non ti eri confessata o accampavi scuse. Oggi, specialmente con la più grande, è diventato davvero difficile trovare altre motivazioni. Abbiamo così provato a far capire la situazione che viviamo». «Auspico che qualcosa possa cambiare – prosegue Nello – perché un giorno, quando le mie figlie riceveranno la Prima Comunione, io vorrei essere al loro fianco». Un concetto che lega all’educazione cristiana: «Non è solo teoria, ma anche esempio pratico – continua lui –. Nel cammino di formazione alla vita, ma anche ai sacramenti, non puoi solo condurre i figli, devi anche accompagnarli». La Chiesa prova ad andare loro incontro, a far sentire con forza il suo essere madre accogliente. Basta ricordare gli incontri con gli sposi separati che da qualche anni vengono promossi in Diocesi, su impulso del vescovo, monsignor Giuseppe Giudice. «Queste

iniziative – commentano Nello e Pina – sono certamente importanti, probabilmente dovrebbero essere più frequenti. Semmai un percorso vero e proprio. È importante, inoltre, coltivare un dialogo sincero con il proprio parroco. Avere una guida spirituale». Un incontro che si concretizza nei colloqui spirituali dove, «consapevoli della nostra condizione» dice Pina, «troviamo sempre ascolto e braccia accoglienti». Il Sinodo straordinario sulla famiglia e quello ordinario in programma per il prossimo anno generano, intanto, forti aspettative in questa coppia, come in molte altre che vivono la stessa situazione. «Per me – chiosa Nello – papa Francesco è l’uomo della speranza». Ma se nulla dovesse arrivare, crollerà tutto? Nello e Pina dicono di no: «Andiamo e andremo in chiesa perché vogliamo continuare a incontrare Dio, confidando che la Chiesa comprenda che non esistono solo le famiglie del mulino bianco, ma anche quelle che hanno preso gli schiaffi». Salvatore D’Angelo

Da settembre sono attivi i nuovi indirizzi di posta elettronica insieme@diocesinocerasarno.it per chi vuole scrivere alla redazione, inviare articoli e news dalle parrocchie

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Lettera al direttore Foto di repertorio

Figli straordinari

Nell’editoriale di ottobre, don Silvio Longobardi, ha riportato l’esperienza di una giovane mamma con un figlio disabile che ha dovuto rinunciare alla Messa domenicale perché non aveva a chi affidare il suo bambino. «È difficile mendicare un po’ di carità, quando parenti ed amici sono convinti che la Messa non sia un bene essenziale», scriveva. La giovane mamma gli ha inviato una lettera. Pubblichiamo le sue parole con la promessa di dedicare un approfondimento alle famiglie con figli straordinari che troppo spesso lottano a mani nude contro la malattia, la paura degli altri, la stupidità della burocrazia.

Carissimo don Silvio, leggendo l’editoriale ho rivissuto una pagina della mia vita a cui tu hai dato un altro significato. Ho così compreso che quella che io consideravo una mia colpa, in realtà, è frutto del fatto che il più delle volte sono costretta a fare tutto da sola o a chiedere sempre alle stesse persone. In effetti, lasciare un bimbo disabile in affido a qualcuno per qualche ora spaventa chiunque riceve la proposta. È una percezione chiara e forte, e il più delle volte si finisce per non chiedere nulla. È anche molto raro che qualcuno si offra volontariamente. Così la croce diventa insostenibile. Leggendo le tue riflessioni mi sono chiesta: chissà quante persone vivono le mie stesse pene, le mie stesse difficoltà: forse è proprio giusto tirare fuori questi vissuti e accendere un faro su situazioni che spesso passano inosservate o sono etichettate come “normali”... E subito ho pensato alla recentissima notizia di quel nonno che ha deciso di togliersi la vita insieme al nipotino di cinque anni, affetto da una grave disabilità, gettandosi in un fiume abbracciato a lui. Chissà quanto si sarà spaventato della disabilità del suo nipotino, chissà quanto si saranno sentiti soli.

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Questi gesti estremi sono anche frutto della solitudine, spesso si pensa che questi problemi e questa sofferenza coinvolga e chiami in causa solo le persone direttamente interessate, dimenticando che sono un’occasione per tutti, perché ciascuno, nel suo piccolo, può fare la sua parte. Troppe volte si dice di no. Anche quando la richiesta di condivisione non è diretta, molti fanno gli indifferenti, fanno finta di nulla con una facilità disarmante. Forse anch’io inconsapevolmente faccio così rispetto a tutto ciò che mi circonda. Mio figlio mi ha reso sicuramente meno indifferente e mi ha aiutato a crescere tanto. Gesù ci parla ogni giorno, ma noi a causa della nostra fragilità, impariamo ad ascoltarlo solo nella sofferenza. Solo ai piedi della croce ci mettiamo in discussione e comprendiamo quanto sia importante fare la Sua volontà. Magari Lui ce l’aveva già detto quando eravamo felici e la gioia sovrabbondava. Ma noi pensavamo ad altro. Grazie di cuore per la condivisione e per la compagnia che mi fai nel mio percorso. Una mamma

La mamma di un bimbo disabile scrive al direttore editoriale, don Silvio Longobardi


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Foto Dina Coppola (2)

SCUOLA&UNIVERSITÀ

I bambini dell’Agro all’Istituto comprensivo “Giovanni Paolo II-Anna Frank”

L’alfabeto dei giovani

«I

o so che voi siete contenti non tanto perché io sono qui, ma perché oggi è sabato!» con una battuta mons. Giudice sceglie di rompere il ghiaccio in una biblioteca gremita di studenti adolescenti che hanno accolto il suo Messaggio per il mondo della scuola. È l’11 ottobre e il Liceo classico-scientifico “Don Carlo La Mura” apre le sue porte a delegazioni studentesche di tutto l’Agro nocerino-sarnese. Soltanto il giorno precedente, il Vescovo aveva incontrato gli alunni delle scuole primarie e secondarie di primo grado. Cornice dell’incontro l’Istituto Comprensivo Statale “S.S. Giovanni Paolo II – Anna Frank” di San Marzano sul Sarno, con la premurosa accoglienza della dirigente scolastica, Emma Tortora. La genesi degli incontri. L’Ufficio di

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Il vescovo Giuseppe ha incontrato gli studenti dell’Agro, dai bambini delle primarie ai ragazzi degli istituti superiori, lo scorso 10 e 11 ottobre pastorale scolastica, diretto dal prof. Filippo Toriello, ha coltivato fin da subito il desiderio di far interloquire il Pastore della Diocesi di Nocera-Sarno con gli studenti, alla luce della pubblicazione L’Alfabeto della Vita, testo che ha dato nuova vita alle lettere dell’alfabeto. In un rapporto di crescente sinergia tra l’Ufficio diocesano e gli istituti scolastici, l’organizzazione delle due giornate è stata completamente affidata a docenti e ragazzi. Dopo la lettura del testo scritto da mons. Giudice, gli alunni hanno ragionato insieme,

formulando domande da sottoporre al Vescovo in persona. Gli interventi sono stati poi intervallati da brani musicali: posate penne e matite ed ammantati di coraggio gli studenti hanno proposto – suonando dal vivo – pezzi di grandi maestri, dalla musica classica al più recente repertorio di Ennio Morricone. Non solo. Dopo aver partecipato ad un progetto PON e aver acquisito abilità informatiche, i giovani del Liceo “La Mura” hanno realizzato un breve video – montato da loro – scegliendo altre parole significative da attribuire ad alcune lettere dell’alfabeto. Altro fiore all’occhiello per l’Istituto ospitante, la lettura con il linguaggio dei segni di una poesia sulla pace, scritta da una giovanissima studentessa premiata dall’UNESCO. Domande pregnanti. Se con i bambini delle primarie mons. Giudice ha do-


Da sinistra: Filippo Toriello, Emma Tortora, mons. Giuseppe Giudice, don Romualdo Calcìde, il sindaco Cosimo Annunziata

vuto sciogliere curiosità come: «Perché sei diventato Vescovo?», con i ragazzi delle superiori l’aria è più adulta e le risposte da dare più ponderate. «La Chiesa come affronta il terrorismo? Qual è il pensiero della Chiesa? Perché la gente si allontana dall’amore? In caso di mancanza di lavoro, la Chiesa può aiutare? Perché oggi vengono a mancare alcuni valori familiari? Cosa pensa la Chiesa dei gay?» sono soltanto alcune delle domande rivolte al Vescovo. Con l’umiltà dell’alunno, il Pastore ha accettato di invertire i ruo-

li per un giorno, lasciando che fossero gli studenti a sedersi dall’altro lato della cattedra. A ciascuno ha risposto con chiarezza, cercando di sfatare alcune considerazioni demagogiche. «C’è un degrado culturale che bisogna far retrocedere – afferma – e la scuola deve diventare il luogo in cui ci si deve sentire accettati per come si è, per poter migliorare sempre più». Una platea esigente. Gli studenti rappresentano forse la platea più esigente da soddisfare. I primi interrogativi di

senso fanno capolino in questi anni delicati e decisivi, come ha ricordato proprio mons. Giudice: «Vi chiedete forse: “la mia vita a cosa è chiamata?”». E la visita del prelato ha destato curiosità e attesa. Come prima di ricevere un voto, ma stavolta nella traccia del tema sono confluite ansie, preoccupazioni e paure di giovani coscienze in costruzione. Tra i tanti partecipanti, c’è il curioso che ascolta tutto con docilità. Il diffidente, che di “cose di Chiesa” proprio non vuole saperne. Il credente, che con la maglia dell’ultimo campo estivo, saluta fiero il suo Pastore. C’è tutta un’umanità, fervente e ferita, insicura e spavalda, in ascolto e in protesta. Un’umanità che la benedizione finale di mons. Giudice – nell’atrio esterno del Liceo “La Mura” – abbraccia tutta, senza escludere nessuno. Donatella Salvati e Mariarosaria Petti

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SCUOLA&UNIVERSITÀ SCUOLA

Siamo al primo appuntamento con la nostra nuova rubrica di orientamento universitario. Neolaureati raccontano il percorso di studi, punti di forza e carenze delle Facoltà scelte, offrendo utili consigli ai giovani che si apprestano ad imboccare la strada della formazione universitaria.

FAI LA SCELTA GIUSTA I consigli dei neolaureati

Questo mese, vi presentiamo la Facoltà di Architettura.

Maria Pia Amore 25 anni laureata in Architettura con 110 e lode vive a Nocera Inferiore

ARCHITETTURA, una formazione “rinascimentale”

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na formazione a tutto tondo, direi “rinascimentale”. Essere studente di Architettura richiede la capacità di spaziare tra materie eterogenee: dalla matematica alla storia, dalla tecnica delle costruzioni alla composizione, dall’estimo al disegno. Un connubio – non proprio perfetto – tra una facoltà umanistica e una scientifica. Un’esperienza unica nella vasta gamma delle didattiche universitarie». È Maria Pia Amore a presentarci il biglietto da visita della Facoltà di Architettura dell’Università “Federico II” di Napoli. La giovane si è immatricolata nell’anno accademico 2008/2009 e ha avuto un solo obiettivo fisso: terminare gli studi in tempo. Meta raggiunta con la laurea il 24 marzo del 2014. Il bagaglio formativo. Maria Pia aveva frequentato il Liceo classico, una preparazione all’altezza delle sfide che l’attendevano: «Il primo semestre del primo anno ho sostenuto solo un esame, Storia dell’Architettura e dell’Arte contemporanea. Ma si trattava solo di carburare. A settembre 2009 avevo superato tutti gli esami del primo anno». Le strutture. Un aspirante studente di Architettura deve sapere che la sede storica è Palazzo Gravina, in via Monteoliveto 3, a Napoli, ma la gran parte della vita universitaria si sviluppa in via Toledo 402, presso il Complesso dello Spirito Santo, dove si trova anche la segreteria per gli studenti. «Purtroppo devo informare i

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miei futuri colleghi che le sedi sono prive di una mensa e nell’unica ora di spacco prevista è difficile anche avvalersi delle convenzioni proposte dall’ateneo con alcuni ristoranti limitrofi». Le spese. Oltre ai costi delle tasse universitarie, è necessario sapere che: «Il materiale di cui necessita uno studente di Architettura è sicuramente più ampio e costoso. Pc portatile, stampe, kit da disegno e plastici si sommano alle più comuni spese dei libri». Maria Pia ha usufruito di una borsa di studio per merito e ha vissuto in una residenza universitaria gestita dall’I.P.E. (Istituto per ricerche ed attività educative) che le ha evitato lo stress da pendolare e le ha consentito di arricchire la sua formazione umana. Per non restare indietro con lo studio, Maria Pia non ha partecipato a programmi Erasmus e commenta la scelta: «In realtà mi pento di non averne usufruito. Credo che nel campo architettonico certe esperienze in alcune capitali europee valgano 6 mesi o anche un anno di ritardo sui 5 previsti di studio». Il post-laurea. Pur non potendo ancora essere economicamente indipendente, la giovane dottoressa ha già avuto una breve esperienza di stage in uno studio di progettazione, subito dopo la laurea. «Ora sono alle prese con lo studio, di nuovo, per l’abilitazione alla professione. L’esame di Stato è fissato per il prossimo 19 novembre». A Maria Pia gli auguri per una brillante carriera. Mariarosaria Petti


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Accoglienza e integrazione La Casa Albergo per Anziani Santa Rita, attiva da quasi due anni nel centro di Sarno, porta avanti fin dall’inaugurazione una politica di apertura al territorio

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avorire l’integrazione tra gli ospiti della Casa Albergo, le loro famiglie e il territorio: è questa la politica della struttura di via Isonzo a Sarno. La Casa Albergo Santa Rita ha l’obiettivo di realizzare la più alta qualità di vita possibile per gli ospiti, per questo guarda al territorio assecondando tutte le loro esigenze e attitudini personali. Per raggiungere questo scopo è fondamentale fornire un’assistenza medica e infermieristica continua, ma anche stimolare la socializzazione. La giornata degli ospiti della Casa Albergo è per questo organizzata con orari e appuntamenti ben scanditi. I programmi pensati per i “giovani anziani” prevedono, in mattinata, il coinvolgimento e la partecipazione a laboratori ludico/didattici; nel pomeriggio si prosegue con attività di animazione caratterizzate da musica, corsi di ballo con istruttori specializzati esterni, tornei di carte, lezioni di teatro e corsi di canto. Proprio quest’ultimo percorso ha portato alla formazione del “Coro Santa Rita”. Non manca lo spazio formativo. La Casa Albergo “Santa Rita”, in collaborazione con l’Università delle 3 età Nuceria, organizza degli incontri con docenti e esperti per promuovere la cultura, l’arte e la formazione tra gli anziani del territorio. La giornata tipo degli ospiti della Casa Albergo si chiude molto spesso con uscite serali organizzate al pub, al bowling o in pizzeria, piuttosto che con feste a tema organizzate in concomitanza con le ricorrenze più importanti dell’anno. Non capita di rado, inoltre, che vengano organizzate delle gite. Finora i “giovani anziani” ospiti della struttura di via Isonzo a Sarno sono stati ai santuari di Pompei e Baronissi, ma hanno anche visitato i parchi e i musei della zona. Insomma elevati standard per assicurare a tutti gli ospiti un’assistenza a cinque stelle.

Cena in bianco sulla terrazza Momento di lettura in biblioteca

Una stanza della Casa Albergo

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VITA NELL’AGRO Antonio Giordano nei laboratori dello Sbarro Institute

Il ricercatore italo-americano Antonio Giordano è intervenuto durante un convegno a Nocera Inferiore dove ha esortato tutti a dare la giusta attenzione alle nuove generazioni

«Un nuovo fenotipo di giovane»

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a parlato un po’ da politico Antonio Giordano. Il ricercatore internazionale lo ha fatto perché crede che una soluzione ai malanni della Campania, regione al centro dei suoi numerosi studi, possa essere trovata solo se ci sarà uno scatto in avanti della classe dirigente locale e nazionale. Guide che non si riflettano allo specchio, ma cerchino il confronto con le forze sane del territorio e in particolare con le nuove generazioni. L’affondo dello studioso è arrivato in occasione di un dibattito con gli studenti di Nocera Inferiore tenutosi nell’aula consiliare del Comune. Per l’esperto di oncologia, originario di Corbara e presidente dello Sbarro Health Research Organization di Philadelphia, solo con una predisposizione al dialogo e grazie a giovani nuovi si potrà ritornare a sperare: «Io spero in un nuovo fenotipo di giovani. Si tratta di quei ragazzi che opportunamente educati e inquadrati potranno essere i veri attori del cambiamento. Questi giovani – ha detto il ricercatore italo-americano – potranno creare quel rinasci-

mento di cui la nostra terra ha un disperato bisogno». Nuove generazioni in prima linea per la salute e la tutela del territorio: «Ambiente e salute – ha continuato Giordano – sono due argomenti, le piaghe principali, che caratterizzano la negatività della nostra splendida terra. Tocca ai nostri giovani sollecitare una svolta». Per lo studioso questa è l’ultima opportunità: «Se i giovani di oggi non vengono messi in condizione di essere attori di questo rinascimento, noi avremo una nuova emigrazione, ma non povera come quella dei nostri avi. Andranno via giovani preparati che partono in aereo. Menti brillanti che rischiamo di perdere perché ogni volta che si trovano in una sistema che funziona, dove c’è rigore e meritocrazia, dove sanno di poter produrre, ci restano e fanno la differenza». Una riflessione condivisa dai partecipanti al convegno e che urge arrivi a chi occupa posizioni di governo, coordinamento e programmazione. Salvatore D’Angelo

In memoria di Mimmo

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uattro candeline per il premio giornalistico “Mimmo Castellano”, manifestazione voluta per onorare la memoria di Mimmo Castellano, già vicepresidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania e segretario generale aggiunto della Federazione Nazionale della Stampa Italiana.

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L’iniziativa è stata organizzata lo scorso 27 ottobre dall’Associazione della Stampa Campania Valle del Sarno. A fare gli onori di casa il presidente Salvatore Campitiello. A ricevere il premio alcuni giornalisti che si sono particolarmente distinti in campo nazionale, ma anche coloro che hanno operato ed operano nel dif-

ficile campo dell’informazione locale. Il premio alla carriera 2014 è andato a Valentina Santarpia collaboratrice de Il Corriere della Sera, Antonio Sasso direttore editoriale del Roma, Massimiliano Amato, Maurizio D’Elia caporedattore de La Città, Carmine Pecoraro già capo redattore de Il Salernitano, Paolo Russo respon-

sabile della redazione salernitana de Il Mattino. Un premio speciale, quale giovane giornalista, è andato a Mino Pepe responsabile del canale televisivo Telenuova 2. Un premio speciale alla carriera è stato consegnato a Franco Di Mare, conduttore di Uno Mattina e inviato speciale per la Rai nei teatri di guerra più pericolosi.


Un momento della presentazione con il Vescovo emerito

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stato presentato a Siano il volume “Carmine Calvanese imprenditore edile e regio ingegnere del Regno di Napoli. Il cantiere settecentesco della Chiesa dei SS. Sebastiano e Rocco in Siano”. Il libro è stato curato dall’architetto Margaret Bicco. Il regio ingegnere Carmine Calvanese è stato forse l’ultimo esponente della tradizione costruttiva interpretata dai maestri di muro e lapicidi cavesi, l’unica operante nel meridione sin dall’età angioina. L’opera del regio ingegnere Calvanese, figlio di un capomastro fabbricatore di Roccapiemonte, fu svolta fino all’età di 96 anni nei centri di Castel San Giorgio, Mercato San Severino, San Valentino Torio, Nocera Inferiore, Sarno, Siano e Roccapiemonte. Il tutto è stato illustrato per la prima volta dall’architetto Margaret Bicco che ne ha stilato a riguardo un’imponente appendice documentaria. Tra gli intervenuti alla presentazione il vescovo emerito, mons. Gioacchino Illiano, che ha mosso i primi passi da sacerdote in qualità di parroco a Siano.

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Come orientarsi nel mercato del gas Il metano è una delle fonti energetiche più ecologiche ed economiche ed è utilizzato nella maggior parte delle case italiane per la produzione di acqua calda, riscaldamento e cottura di alimenti. Non tutti, però, ne sfruttano a pieno le potenzialità. Questa rubrica è dedicata a coloro che vogliono imparare a leggere la propria bolletta e a gestire i propri consumi gas, perchè solo chi conosce può davvero scegliere il meglio. Da dove partire? Dai piccoli accorgimenti da apportare quotidianamente per consumare meno energia: • In inverno abbassare gli avvolgibili dopo il tramonto limitando la dispersione del calore attraverso le superfici vetrate. • Impostare la temperatura interna tra i 19° e i 20°, per limitare i consumi della caldaia. Per un solo grado di temperatura interna superiore aumenterete i consumi del 8%. • Nelle ore notturne spegnere la caldaia o regolate il timer per farla riaccendere due ore prima di quando ci si dovrà alzare.

• Effettuare una manutenzione e pulizia accurata della caldaia aiuta a mantenerne l’efficienza e la funzionalità evitando degli inutili sprechi dovuti a malfunzionamenti. • In cucina utilizzare i coperchi sulle pentole, scegliere fornelli e pentole proporzionali tra loro; abbassare il fuoco quando l’acqua ha raggiunto l’ebollizione e buttare il sale solo quando l’acqua sta già bollendo. • Sostituire la classica valvola manuale con la valvola termostatica, un semplice dispositivo che va installato direttamente sui termosifoni, ci consente di limitare e regolare il consumo dell’acqua calda per il riscaldamento riducendo fino al 15% le spese relative al riscaldamento. • Non coprire i termosifoni con calzini, asciugamani o pigiama. L’ppuntamento è per il prossimo mese, con altre utili informazioni. Rubrica a cura della dott.ssa Alessandra Maria Varone Responsabile Gestione Clienti

DIMEGAS S.r.l. Via A. De Gasperi, 421 - 84016 Pagani (Sa) - Tel. 081 5159140 - 081 910789 - Fax 081 5159790 www.dimegas.it - info@pec.dimegas.it

NOVITà PER L’AREA INDUSTRIALE DI SALERNO

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li imprenditori del comprensorio si sono ritrovati lo scorso 30 ottobre, convocati dal Consorzio Irno Sviluppo presso l’azienda CPS, per confrontarsi sull’Area di Sviluppo Industriale di Salerno. «È stato un incontro importante che abbiamo voluto fortemente e che speriamo possa avere riflessi positivi per il territorio – ha spiegato il presidente del Consorzio Irno Sviluppo, Susy Gambardella –. È intenzione degli imprenditori definire le possibili soluzioni ai tanti problemi segnalati, approfondire le nuove direttive emanate dall’ASI ed esporre eventuali esigenze delle aree industriali, in particolare quella di Fisciano».

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Susy Gambardella


VITA ECCLESIALE

Il profumo della Chiesa

Foto Salvatore Alfano (2)

La comunità diocesana ha accolto un nuovo presbitero. Il 30 ottobre è stato ordinato sacerdote don Ciro Zarra

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Mamma Maria Luisa e papà Giuseppe mentre don Ciro veste la casula

l Crisma che scorre sulle mani, la Chiesa che profuma per un nuovo sacerdote. È la bellezza di un segno, la forza di una consacrazione. Un’immagine, un momento dell’ordinazione sacerdotale di don Ciro Zarra. La Chiesa nocerino-sarnese ha esultato di gioia lo scorso 30 ottobre perché ha accolto un nuovo presbitero. A consacrarlo nella Cattedrale di San Prisco è stato il vescovo, monsignor Giuseppe Giudice. Il pastore diocesano ha assicurato al novello sacerdote la vicinanza di tutti e ha detto: «Il Signore ti ripete non temere! Con l’imposizione delle mani il presbiterio ti accoglie. Nessun prete è solo». Monsignor Giudice ha parlato poi del percorso sacerdotale: «Un cammino che facciamo dietro Gesù e in cui si scrive la tua storia. Ogni via presbiterale deve rinnovare il mistero pasquale». «Stasera nasci prete – ha ricordato il vescovo a don Ciro – e dici sì non a un ruolo, a un posto o a una funzione. Dici sì a Cristo». Richiamandosi al Vangelo, la guida della diocesi ha infine ricordato al giovane sacerdote di «essere come una chioccia, che nutre e salva i suoi figli e agisce per amore». Un invito che il novello presbitero ha accolto con grande responsabilità. Per questo motivo, parafrasando l’apostolo Paolo, ha chiesto a quanti hanno voluto condividere con lui la gioia dell’ordinazione di pregare per lui perché «quando apro la bocca, mi sia data la parola, per far conoscere con franchezza il mistero del Vangelo». Salvatore D’Angelo

ConosciamoLO meglio Don Ciro ha 26 anni, è nato a Nocera Inferiore da papà Giuseppe e mamma Maria Luisa Sorrentino e ha un fratello che si chiama Francesco. Il giovane prete è cresciuto nella parrocchia San Bartolomeo Apostolo, al quartiere Piedimonte, sotto la guida di don Giuseppe Lanzetta. È entrato in seminario nel 2008, durante il ministero episcopale del vescovo emerito, monsignor Gioacchino Illiano. Un momento dell’ordinazione Insieme - Novembre 2014

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La Settimana teologica

La Settimana teologica è stata un’esperienza unica per formarsi e confrontarsi sul tema del nuovo umanesimo. L’iniziativa si è tenuta dal 13 al 17 ottobre nell’aula “Pepe” della Curia

In cammino verso Firenze 2015

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inque giorni di alta formazione per sacerdoti e laici, questo il bilancio della Prima Settimana Teologica Diocesana dal tema «Che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi? (Sal 8,5) – In Gesù Cristo il nuovo umanesimo» realizzata dalla Diocesi in collaborazione con la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, sezione San Tommaso di Napoli. Durante le lezioni, che hanno abbracciato diversi ambiti di studio (teologia, sacre scritture, pastorale, liturgia e psicoterapia), si sono alternati quattro professori laici ed un sacerdote, segno profondo – come sottolineato anche dal vescovo monsignor Giuseppe Giudice nell’intervento conclusivo – che il Concilio Vaticano II è veramente entrato nella vita della Chiesa a partire dai luoghi deputati alla formazione. Una riflessione che ha rispecchiato anche l’uditorio di questa settimana teologica, formato in parte da sacerdoti e reli-

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giosi e in parte dai laici che collaborano con la Curia Diocesana. Il tema della Settimana ha preparato i partecipanti al prossimo Convegno Ecclesiale che si terrà a Firenze nel novembre 2015 e che i Vescovi hanno appunto titolato “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Il mini-corso, infatti, è partito dall’Invito al Convegno di Firenze per declinare il tema del nuovo umanesimo nelle cinque discipline principe della Facoltà Teologica. Tanti gli spunti emersi, a partire dall’approfondita rilettura che il professore Carmine Matarazzo ha fatto dei documenti dei Convegni Ecclesiali, mettendo in risalto il cammino percorso dalla Chiesa Italiana nell’ultimo ventennio. È seguita l’attenta riflessione biblica del professore don Gaetano Di Palma che ha evidenziato i brani che si riferiscono all’amore di Dio per l’uomo. Durante il terzo incontro tenuto dal professore Pasquale Giustiniani sono state analizzate le implicazioni delle biotecnologie

sulla pastorale e sulla vita di tutti i giorni. La bellezza della liturgia per ritornare a dialogare con Dio è stato il centro dell’intervento del professore Giuseppe Falanga. Infine, il professore Filippo Toriello ha presentato la centralità delle relazioni nell’evangelizzazione. «Calcolando la presenza di oltre 50 sacerdoti e alcuni diaconi permanenti, più alcuni laici impegnati in curia – ha commentato don Andrea Annunziata, segretario della Settimana Teologica –, posso dire che si è trattato di un’occasione di incontro e formazione unica. La professionalità dei docenti ha sorpreso tutti, dando così la possibilità di riflettere su argomenti che spesso ci vengono propinati da persone senza reale competenza. Ho sentito tanti che mi hanno detto di averne apprezzato lo stile e i contenuti e quindi di ripetere l’esperienza». Un incoraggiamento di cui certamente il Vescovo terrà conto. Carmine Giordano


Una panoramica di piazza san Pietro il 19 ottobre

Paolo VI è beato

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ei mesi dopo la doppia canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, un nuovo papa sale agli onori degli altari. Paolo VI è beato. Il timoniere del Concilio è stato indicato alla Chiesa universale come esempio di santità lo scorso 19 ottobre. Una beatificazione sancita da un abbraccio fraterno tra altri due Papi: Francesco e l’emerito Benedetto XVI. Il primo ha definito Montini “una luce” sul suo cammino, il secondo dal pontefice bresciano ha ricevuto, 37 anni fa, la porpora cardinalizia. Papa Francesco ha voluto che la beatificazione di Paolo VI avvenisse a conclusione del Sinodo straordinario sulla famiglia, prima tappa di un percorso sinodale che si articola in due tappe per con-

Il 19 ottobre in piazza San Pietro c’era anche il vescovo Giudice. Il pastore della Chiesa nocerino-sarnese è molto legato alla figura del pontefice bresciano, oggi agli onori degli altari cludersi tra un anno con il Sinodo ordinario, perché Dio è il Dio delle “sorprese”, e non bisogna aver timore delle “novità”, ha detto nell’omelia. Francesco, durante l’omelia, ha poi definito Paolo VI “grande Papa”, “coraggioso cristiano” e “instancabile apostolo”, oltre che “timoniere del Concilio”. Alla celebrazione ha partecipato anche il vescovo diocesano, monsignor Giuseppe Giudice, fortemente legato a papa Montini. In uno scritto pubblicato da Avvenire lo scorso 6 agosto, il pastore della Chiesa nocerino-sarnese scrisse: «Ricordarlo vuol dire per me,

oggi Vescovo, guardare avanti, camminare sapendolo compagno nella comunione dei Santi; ripartire ogni giorno per non tradire il suo insegnamento e costruire la Chiesa. Vuol dire amare di più la Chiesa, la Pellegrina del Signore nella storia; questa Chiesa, da lui intensamente e teneramente amata. Sento che Papa Paolo, a cui devo tanto della mia vocazione, ci accompagna ancora nella Chiesa, che fu sua, che è nostra; e ci spinge a camminare su quei sentieri che egli ha percorso e che, grazie a lui, oggi sono meno aspri e insicuri». Salvatore D’Angelo

Confronti costruttivi Si è tenuto a Nocera il Città Nuova day organizzato dalle comunità locali del Movimento dei Focolari

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a famiglia e la politica al servizio della città» è stato il tema del Città Nuova day, un evento nazionale promosso dal gruppo editoriale Città Nuova per collegare l’Italia e invitare tutti a dialogare e confrontarsi su tematiche di importanza vitale. L’iniziativa, che ha fatto tappa a Nocera Inferiore grazie alla collaborazione tra le comunità del Movimento dei Focolari salernitane e di Napoli sud, è servita anche a promuovere il gruppo Città Nuova. Si tratta di una realtà attiva

nel panorama editoriale italiano e internazionale dalla seconda metà degli anni Cinquanta e ispirata al pensiero e all’opera di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari. L’incontro dello scorso 18 ottobre si è tenuto nella sala polivalente della galleria Maiorino di Nocera Inferiore, grazie al patrocinio dell’amministrazione comunale e al contributo del Centro socio culturale Igino Giordani ONLUS. Sono stati ospiti del pomeriggio di confronto l’architetto Carmine Caruso, che ha presentato

Un momento del Città Nuova day

l’esperienza del Movimento politico per l’Unità, il professore Pasquale Lubrano, che ha parlato della sua esperienza di collaboratore a Città Nuova, e lo psicoterapeuta Rino Ventriglia, che è intervenuto sulla tematica scottante della comunicazione all’interno della famiglia.

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Don Enrico e i ragazzi della Città

IL PRETE CHE AMAVA I BAMBINI

la vita di don enrico Smaldone in 12 appuntamenti

UN COMPLEANNO SpeCiale

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ngri, 22 novembre 1914. Nello storico e antico quartiere Ardinghi, Rosalia stringe al petto l’ultimo arrivato di casa Smaldone. Le fiamme scoppiettano in un vecchio bidone e disegnano lingue di fuoco sulle pareti. Avvolge il piccolo nello scialle e lo soffoca in un caldo abbraccio per ripararlo dal freddo di quell’autunno pungente. Ha già dimenticato le doglie del parto, persa nei suoi pensieri. Ogni mamma dinanzi al miracolo della vita, si domanda quale sarà il futuro del fagottino che apre gli occhi sulla scena del mondo. Mentre il parroco don Luigi Smaldone, nella parrocchia di San Benedetto e della SS. Annunziata versa l’acqua benedetta sul capo del quinto figlio dei coniugi Smaldone, accogliendolo così nella grande famiglia della Chiesa, Marino e Rosalia, occhi umidi, lo affidano a Dio. I bambini sono fogli bianchi sui quali la fantasia dello Spirito realizza schizzi di sconfinata bellezza. Passano pochi anni e la piazza antistante la Chiesa diventa campo di interminabili partite con la palla di pezza nelle quali il piccolo Enrico si distingue per vivacità e bravura. Mamma e papà vegliano su di lui, vorrebbero che insieme a leggere, scrivere e fare di conto imparasse anche un mestiere, quello del calzolaio. La povertà è triste compagna di

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Il 22 novembre ricorre il centenario della nascita di don Enrico Smaldone, infaticabile benefattore dei ragazzi di strada viaggio in quegli anni. La prima guerra mondiale si è da poco conclusa e ha lasciato ovunque rovine e detriti. Le scarpe rovinate sono rattoppate e riparate, una, due e più volte. Tutti i genitori sognano un mestiere che possa garantire un futuro sicuro al proprio figlio. Ma il buon Dio, con il sigillo dello Spirito, aveva impresso un’altra vocazione nel cuore del piccolo Smaldone. Il suo temperamento audace e solare era un dono per scrivere ad Angri un’altra storia. Una storia inzuppata di carità che in questi mesi abbiamo imparato a conoscere attraverso queste pagine. Una storia che ancora oggi commuove e fa riflettere. Il piccolo Enrico, infatti, non sempre divideva in parti uguali il suo tempo tra la casa, la vecchia aula scolastica nel severo palazzo delle Poste, la bottega del calzolaio e il vastissimo largo

dell’Annunziata. In quegli anni non si impegnava molto per imparare a risuolare le scarpe. Sul piazzale la sua trottola, con una incredibile punta magica, costituiva il terrore dei compagni di gioco che con lui si misuravano in interminabili partite. Fu lo zio, don Pietro Smaldone, saggio maestro che insegnava con pazienza ai numerosi scolari l’alfabeto, il tabellone e le canzoncine di sant’Alfonso, ad avviare don Enrico sulla strada del seminario. L’irrequieto ragazzo, lasciato il banchetto e la lesina, con intelligenza viva, intraprese gli studi del latino. 13 luglio 1941: altra data, un’altra tappa, un altro spartiacque. Don Enrico ha 27 anni e insieme ad altri due giovani diaconi è prostrato a terra, dopo aver promesso obbedienza a Dio e alla Chiesa nelle mani del vescovo Teodorico De Angelis. Pagina bianca di nuovo consegnata nelle Sue mani. “Renditi conto di quello che farai”: queste parole del rito di ordinazione sacerdotale ancora gli rimbombano nelle orecchie quando, qualche anno dopo, siede dinanzi all’antica chiesa di santa Caterina, sentinella del vecchio rione della sua fanciullezza. Guarda con infinita tristezza i tanti fanciulli che giocano a carte. Ragazzi lontani dalla scuola, dalla chiesa, dalla famiglia impegnata in mille espedienti per assicurare il piatto


gli appuntamenti dEL CENTENARIO 22 novembre Ore 18.00, piazza don Enrico Smaldone “In memoria di don Enrico”. Nella piazza dedicata a don Enrico Smaldone, luogo in cui ha fondato il primo gruppo scout di Angri, ricorderemo insieme agli amici scout il fondatore della Città dei Ragazzi aiutati dalla lettura di alcuni stralci del testo L’audacia della carità, di don Silvio Longobardi, che raccoglie

di pasta quotidiano. Ragazzi di mano lesta e bestemmia facile. È in quegli anni che si forma il cuore dell’infaticabile benefattore dei ragazzi di strada, è in quegli anni che il suo sguardo impara a scansare le apparenze per andare dritto al cuore. È tra quelle strade e quei detriti che prende forma la sua generosità, unita ad una mirabile capacità introspettiva. Su quelle scale don Enrico impara a scommettere su persone da cui sembrava dovesse venir fuori solo rabbia verso il mondo, delinquenza e disperazione. «La decisione di costruire La Città dei Ragazzi è certamente audace - scrive don Silvio Longobardi nell’introduzione al testo L’audacia della carità, raccolta di lettere e documenti di don Enrico Smaldone -, ma nasce in un contesto ecclesiale che conosce bene questa forma di carità pastorale. Don Enrico, infatti, era nato in via Ardinghi, a due passi dalla Casa Madre della Congregazione di san Giovanni Battista, che un altro prete di Angri, il beato Alfonso Maria Fusco ha avuto il coraggio di fondare nel 1878. Era cresciuto in un ambiente nel quale si respirava ancora il profumo di quel prete santo – il Fusco era morto nel 1910, quattro prima della nascita di don Enrico – che tanti avevano conosciuto di persona. D’altra parte, le sue suore erano lì, silenziose e attive testimoni di quell’eroica carità che aveva fatto di Angri un luogo in cui le fanciulle povere e abbandonate potevano trovare una casa e una famiglia. Don Enrico conosceva bene anche

le lettere e gli scritti di don Enrico Smaldone. La lettura sarà intervallata da brani eseguiti dalla Banda musicale della parrocchia della SS. Annunziata che il nuovo parroco, don Antonio Mancuso, ha rilanciato. Ore 19.30: Solenne celebrazione eucaristica nella parrocchia della SS. Annunziata, presieduta dal vescovo diocesano mons. Giuseppe Giudice. Prima della benedizione finale,

ascolteremo la testimonianza del nipote Carmine Smaldone. 23 novembre Ore 20.00, presso il salone delle Suore battistine, l’associazione storica “BORGO ARDINGHI” presenta NEL MAGICO MONDO DI DON ENRICO SMALDONE - “Una città nel mio paese”, commedia in quattro atti di Enzo Del Sorbo.

l’opera del laico Bartolo Longo, anche lui beatificato, che aveva eroicamente intrecciato l’esperienza di fede con quella della carità, facendo di Pompei la città di Maria e dei bambini orfani e abbandonati». Il giovane sacerdote ha riparato non le scarpe ma i cuori, non le suole ma gli animi affranti. Non ha riconsegnato scarpe per continuare a camminare, ma ali, coraggio e fiducia a piedi che fino a quel momento non sapevano che passi compiere e in quale direzione. Carissimo don Enrico, se la tua storia fosse stata scritta con altro inchiostro, oggi avremmo potuto essere con te mentre spegnevi la centesima candelina. Il Signore, invece, aveva altro in serbo per te. E per noi. Mentre facciamo memoria grata di questo compleanno speciale, dal Cielo ci sorridi e intanto, forse, prepari qualche piccolo scherzo agli angeli che ti circondano. Grazie per quello che hai fatto. Grazie per aver lasciato ad Angri il profumo di un’opera la cui eco ha travalicato i confini geografici e toccato tanti cuori. Prega per noi che spesso ci perdiamo dietro mille sciocchi affanni, che non abbiamo il coraggio di sognare in grande né di spendere la nostra vita al servizio di opere grandiose, come quella che tu hai realizzato. Insegnaci a non smarrire la memoria delle nostre radici. Nella storia della Chiesa che vive in Nocera - Sarno il tuo esempio risplende luminoso. Aiutaci a tirarlo fuori e custodirlo con cura. Antonietta Abete

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Il Vescovo ha scritto un invito alla Diocesi per vivere con grande partecipazione l’anno di riflessione, confronto e preghiera che si aprirà il 19 novembre

Venite al Concilio giovane

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enite alla festa! Lo dice all’intera Diocesi monsignor Giuseppe Giudice in occasione del Concilio giovane. È «l’invito del Vescovo, che parte dal suo cuore e dal cuore della Chiesa e vuole raggiungere ognuno e ognuna di voi». «Sogno che l’invito, partendo dalle mie mani e raggiungendo le vostre, possa passare nelle mani di tanti altri e di tanti luoghi raggiunti dalla vostra fede e dalla vostra voglia di comunicare il Vangelo. Siete invitati, cercati, attesi, desiderati, semplicemente perché siete amati. Venite alla festa, venite al Concilio giovane!» scrive monsignor Giudice nella lettera mandata l’11 ottobre, prima memoria di San Giovanni XXIII. Partecipare per ricominciare, ascoltare, accogliere e rinascere. «Quattro verbi che già conosciamo e diventeranno, riprendendo gli Orientamenti di questi anni per non disperderli e approfondirli, i temi delle quattro sessioni del Concilio e così la Chiesa, la nostra amata Chiesa diocesana, gio-

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irà danzando insieme i giovani e i vecchi (cf. Ger 31,13)». Ricominciare con la Lumen gentium e l’approfondimento del mistero della Chiesa. Ascoltare affondando sempre di più le radici della pastorale e della vita nella Dei Verbum. Accogliere il mondo con le sue bellezze e le sue ferite secondo lo spirito della Gaudium et spes e Rinascere nuovamente nel mistero celebrato con la Sacrosanctum concilium. «Ecco cos’è e cosa sarà il Concilio giovane, un modo originale e sorprendente per trasmettere la fede alle nuove generazioni. Sarà questo, e non altri, il nostro programma per gli anni che ci attendono». È invitata a partecipare al Concilio giovane «tutta la Chiesa che, per non disperdersi sarà rappresentata in alcuni momenti dai delegati delle parrocchie e delle associazioni». Da ognuna di queste realtà saranno scelti e delegati a partecipare al Concilio giovane: un anziano, un adulto, un giovane, un ragazzo, una donna che, insieme ai 12 e

ai 72, guidati dall’Assistente e dal Segretario generale, faranno risentire nelle sessioni conciliari «il profumo del Cenacolo, il fuoco della Pentecoste e l’odore sempre nuovo della polvere della strada, alla quale come Chiesa siamo mandati». Il Concilio giovane si rivolge a tutta la Chiesa, «in modo particolare a coloro che sempre rimangono sulla soglia o ai crocicchi che attendono per ricominciare, ascoltare, accogliere e rinascere». Il percorso conciliare si aprirà il 19 novembre nella Cattedrale di San Prisco e si concluderà il 7 dicembre 2015 nella Basilica di Sant’Alfonso Maria de Liguori, alla vigilia del 50° anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II. «Aiutati dallo Spirito – conclude il Vescovo –, ritroveremo il nostro posto nella Chiesa e nel mondo, secondo la bella lezione di S. Teresa di Gesù Bambino: nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l’amore». Sa. D’An.


Da sinistra: Giuseppe Palmisciano, Raffaele Cananzi, Carmela Tortora e don Antonio Guarracino

Cittadini del Vangelo, abitanti della città Rinnovata attenzione dell’Azione Cattolica al tema del bene comune con il convegno pubblico dal titolo “Tutta mia la città”

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o scorso 26 ottobre presso l’Auditorium “S. Alfonso” di Pagani, in occasione del consueto appuntamento annuale con i consiglieri parrocchiali di Azione Cattolica della diocesi di Nocera Inferiore - Sarno, si è svolto un convegno aperto a tutte le realtà dell’Agro dal titolo “Tutta mia la città”. Il titolo già lascia immaginare come il tema trattato sia stato di grande delicatezza ed attualità: il ruolo politico e sociale dei credenti, cittadini del Vangelo che abitano la città. Ad aprire il ricco pomeriggio, la riflessione e il saluto del vescovo Giuseppe Giudice: «Santo in Chiesa, diavolo in casa», esordisce il Pastore parafrasando un detto antico. La dicotomia tra Chiesa e mondo è oggi più che mai difficile da conciliare: «Abbiamo ristretto la testimonianza al perimetro dell’aula liturgica» continua duro, senza però negare la speranza e la sollecitudine al suo gregge. Un’impossibilità di ricomporre spazio sacro e profano subito richiamata con il riferimento al “De civitate Dei” di Sant’Agostino nel quale il vescovo d’Ippona intravedeva la sola beata e

reale esistenza nella vita ultraterrena. Se è vero che i cristiani si stanno sempre più conformando al modo di vivere la città tipico della nostra – tutt’altro che onesta – politica, diventando sempre meno creduti, è vero anche che il Concilio Vaticano II nella costituzione conciliare Gaudium et Spes ci suggeriva già un cinquantennio fa la soluzione al problema. Non bisogna rinunciare al mondo ma alle mondanità. Incoraggiante l’intervento della presidente diocesana di AC, Carmela Tortora, che ha annunciato la costituzione della Commissione pace, giustizia e salvaguardia del creato, nata dalla sensibilità dell’associazione verso il tema della mondanità dei cristiani e con l’obiettivo di confrontarsi con le altre realtà del territorio. Desiderio realizzato attraverso la partecipazioni di altre associazioni locali al convegno con le quali l’AC si pone in dialogo. Una sinergia inaugurata con il contributo di un testimone d’eccezione, Raffaele Cananzi, avvocato generale dello Stato, sottosegretario del Consiglio dei Ministri all’epoca del governo Amato, pre-

sidente dell’AC nazionale dal 1986 al 1992. Oltre al vasto curriculum, l’avvocato Cananzi vanta una recente pubblicazione, una raccolta delle sue conversazioni negli anni di fervente attività politica e associativa. Riflessioni di un cristiano. Chiesa e Mondo a cinquant’anni dal Concilio Vaticano II, costituisce un excursus storico-politico che sottolinea quanto vetusto e fondamentale sia stato il ruolo dell’Azione Cattolica nel servizio al bene comune. Dopo una presentazione del volume a cura del professore Giuseppe Palmisciano, Raffaele Cananzi – con aneddoti e dissertazioni erudite – ha affrontato anche la questione meridionale e lo spinoso argomento della criminalità e del clientelismo. Il congedo del relatore si è trasformato in un mandato per i presenti: a noi, cristiani di AC del Sud, spetta arginare questi fenomeni attraverso l’impegno per una formazione morale e civile delle coscienze. Compito che l’associazione ha da sempre assunto e per il quale ha reso un servizio enorme al Paese. Lavinia Bassano

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ILPANEDELLADOMENICA Sussidio liturgico dalla I alla III domenica di Avvento (Anno B) Commenti a cura delle sorelle Clarisse del Monastero di Santa Chiara

Attendere è pregare Dio, tu hai scelto di farti attendere tutto il tempo di un Avvento. Io non amo attendere. Non amo attendere nelle file. Non amo attendere il mio turno. Non amo attendere il treno. Non amo attendere prima di giudicare. Non amo attendere il momento opportuno. Non amo attendere un giorno ancora. Non amo attendere perché non ho tempo e non vivo che nell’istante. […]

Ma tu Dio tu hai scelto di farti attendere il tempo di tutto un Avvento. Perché tu hai fatto dell’attesa lo spazio della conversione, il faccia a faccia con ciò che è nascosto, l’usura che non si usura. L’attesa, soltanto l’attesa, l’attesa dell’attesa, l’intimità con l’attesa che è in noi perché solo l’attesa desta l’attenzione e solo l’attenzione è capace di amare. Tu sei già dato nell’attesa, e per te, Dio, attendere, si coniuga come pregare. JEAN DEBRUYNNE Da Ecoute, Seigneur, ma priére - Paris 1988

30 novembre 2014

I DOMENICA DI AVVENTO (Anno B) Le letture “Vegliate: non sapete quando il padrone di casa ritornerà” Prima lettura: Is 63,16-17.19; 64,2-7 Salmo: Sal 79 Seconda lettura: 1Cor 1,3-9 Vangelo: Mc 13,33-37 Il Vangelo «In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare». (Cfr Mc 13, 33-34) Colore liturgico: VIOLA

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Veglia beata Vegliate! È il monito con cui inizia il nuovo anno liturgico, anno della Chiesa. Vegliare in attesa del ritorno del Signore, che a ciascuno di noi ha affidato un compito. Avvento, tempo di risvegliare nel cuore l’attesa, aderendo pienamente e con fedeltà alla realtà consegnata nelle nostra mani, certi che Colui che ci ha affidato tale compito è nostro Padre e noi argilla, Egli, colui che ci plasma, noi opera delle sue mani, arricchiti di tutti i doni. San Basilio ci ricorda che «proprio del cristiano è vigilare ogni giorno e ogni ora ed essere pronto nel compiere perfettamente ciò che è gradito a Dio, sapendo che all’ora che non pensiamo il Signore viene». Quanto sono beati, quanto sono felici «quei servi che il Signore, al suo ritorno, troverà ancora svegli!». Veglia veramente beata quella in cui si è in attesa di Dio (San Colombano).


7 dicembre 2014

II DOMENICA DI AVVENTO (Anno B) Le letture “Raddrizzate le vie del Signore” Prima lettura: Is 40,1-5.9-11 Salmo: Sal 84 Seconda lettura: 2Pt 3,8-14 Vangelo: Mc 1,1-8 Il Vangelo «Vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati». (Cfr Mc 1, 4-5) Colore liturgico: VIOLA

Io, come Giovanni Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ecco egli viene e ricondurrà il suo popolo attraverso il deserto in un nuovo esodo, egli stesso lo guiderà come fa un pastore col suo gregge. Nell’attesa siamo chiamati alla conversione, in questo tempo di vita che Egli, magnanimo con noi, ci concede. È Giovanni il Battista che ci insegna con la sua vita e la sua predicazione come preparare le vie del Signore e accoglierlo. Anzitutto, con l’ascolto delle Scritture, col riconoscere i propri peccati, con la conversione, cioè cambiando strada per tornare al Signore e recuperare ciò che davvero è essenziale, per valutare con sapienza i beni della terra nella continua ricerca dei beni del Cielo. Tutto in Giovanni è relazione col Cristo di cui è precursore. Oggi ogni cristiano, come Giovanni, è invitato ad additare Cristo veniente nel mondo.

8 dicembre 2014

IMMACOLATA CONCEzIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA (Anno B) Le letture “Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce” Prima lettura: Gen 3,9-15.20 Salmo: Sal 97 Seconda lettura: Ef 1,3-6.11-12 Vangelo: Lc 1,26-38 Il Vangelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». (Cfr Lc 1, 35-37 ) Colore liturgico: BIANCO

Maria: casa, tabernacolo e vestimento «Dio ci ha scelti in Cristo per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità»: è il trionfo della Grazia! Maria nel silenzio accoglie la parola e diventa casa, tabernacolo, vestimento, ancella e Madre del Signore Gesù (San Francesco). Ogni credente divenuto figlio benedetto in Cristo trova in lei una madre e un modello per accogliere il Verbo e partorirlo nella propria vita. Come lei ogni credente è chiamato a divenire trasparenza dell’appartenenza al Signore. «In lei tutta la Chiesa ammira ed esalta il frutto più eccellente della redenzione, e come in una immagine purissima, ella contempla con gioia ciò che desidera e spera di essere interamente» (Lumen Gentium, 65). A lei, noi figli ricorriamo perché, liberi dalla colpa, ci ottenga di andare a Dio in purezza di spirito.

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14 dicembre 2014

III DOMENICA DI AVVENTO (Anno B)

Il tempo della gioia

Le letture “In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete” Prima lettura: Is 61,1-2.10-11 Salmo: Lc 1 Seconda lettura: 1Ts 5,16-24 Vangelo: Gv 1,6-8.19-28 Il Vangelo «Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce». (Cfr Gv 1, 6-8) Colore liturgico: VIOLA O ROSACEO

La nota caratteristica di questa domenica è la gioia. È tempo di rallegrarsi perché il Signore è vicino! In mezzo a noi c’è uno che non conosciamo, che porta ai miseri il lieto annuncio, che fascia le piaghe dei cuori feriti, che proclama la libertà degli schiavi, che riveste il suo popolo di salvezza e di giustizia. Tutto questo ci riempie di gioia, invitandoci a rendere grazie in ogni cosa a Colui che è fedele e farà tutto questo per noi. Ad illuminare la nostra conoscenza c’è Giovanni il Battista, il precursore che orienta il nostro sguardo e i nostri passi verso Cristo, che dice la verità di sé, riconosce il proprio posto e vi resta fedele per far spazio al Veniente. Scrive Origene: «Il mistero di Giovanni si compie nel mondo fino ad oggi. In chiunque sta per accedere alla fede in Gesù Cristo, è necessario che prima vengano nel suo cuore lo spirito e la forza di Giovanni».

il vangelO CHe Si inCaRna Il volto degli immigrati tra gli “angeli del fango” Sono scesi per le strade armati di pale e ramazze insieme ai residenti, perché anche loro amano la città che li ha accolti e ora vogliono ricambiare

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opo il nubifragio di Genova c’è chi è sceso per le strade per spalare fango e chi si è messo a twittare. Uno di questi è il segretario della Lega Nord Matteo Salvini. Il suo tweet dice: «Renzi aiuterà popolazione colpita o le risorse si trovano solo per gli immigrati?». La Rete si è divisa tra chi inneggia al condottiero padano, chi con ironia propone di mettere all’asta le mutande verdi di Cota per raccogliere fondi pro alluvione e chi, più seriamente, gli fa notare che in queste ore gli immigrati sono in prima fila, accanto ai coetanei italiani, tra

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gli “angeli del fango” che aiutano gli alluvionati. Wahid, 19 anni, è in Corso Torino, tra la Stazione Brignole e la foce del Bisagno, il torrente che è straripato. Lui è arrivato a Genova tre anni fa dopo un viaggio di sei mesi fatto a piedi, in macchina e nascosto sotto un camion: sa bene cosa vuol dire perdere la casa, in Afghanistan la guerra ha distrutto la sua. «È stato normale venire ad aiutare, sono afghano ma anche genovese!». Accanto a lui, con un secchio in mano, annuisce Hassan, 18 anni anche lui arrivato minorenne dal Bangladesh.

Wahid e Hassan sono in Corso Torino, ma tutte le strade di Genova sono piene di giovani che spalano, spazzano, trascinano secchi con guanti, scope e vanghe portate da casa. In molti casi, si sono dati appuntamento la sera prima con Facebook o WhatsApp. […] Nel centro storico, sono attivi anche i musulmani della città: «Dobbiamo aiutare i nostri concittadini», spiega Tarik Chibi della sala di preghiera di piazza Durazzo. La solidarietà aiuta commercianti e abitanti a ricominciare a sperare. Carlo, 52 anni, non finisce più di ringraziare. La sua cantina

è quella che stanno svuotando Hassan, Wahid e tanti altri studenti della Scuola di lingua e cultura italiana della Comunità di Sant’Egidio. Racconta Carlo: «Ho comprato questa casa un mese fa, scoprirla sommersa dal fango è stata una ferita. Vedere tutti questi giovani, quest’apoteosi di pale, è però immaginare come può essere il futuro bello e possibile del nostro Paese. Rimane una tragedia, ma umanamente è forse un’esperienza di cui avevo bisogno». Stefano Pasta (Famiglia Cristiana, 14 ottobre 2014)


infORmadiOCeSi GLI APPUNTAMENTI Venite al Concilio Il 19 novembre si apre solennemente, in Cattedrale a Nocera Inferiore, il Concilio Giovane. Il Vescovo presiede la concelebrazione eucaristica alle ore 19.30 (articolo pag. 30). Con le comunità parrocchiali Il 22 novembre, alle ore 19.30, nella parrocchia Santissima Annunziata di Angri, monsignor Giuseppe Giudice presiede la celebrazione eucaristica in ricordo dell’anniversario della nascita di don Enrico Smaldone. Il primo dicembre, sempre ad Angri,

nella Cappella Martin, alle ore 20.00, presiede la celebrazione di inizio Avvento. Il 6 dicembre celebra la Santa Messa alle ore 18.30 nella parrocchia Santa Maria Maddalena in Armillis di Sant’Egidio del Monte Albino per la festa di San Nicola. Il 7, poi, alle ore 19.00, il Vescovo presenzia alla cerimonia di inaugurazione della nuova sala parrocchiale di Santa Maria delle Grazie di Angri. Con le clarisse Il 23 novembre, alle ore 10.00, il Vescovo presiede la Santa Messa al monastero di Santa Chiara

a Nocera Inferiore, mentre il 14 dicembre, alle ore 16.00, parteciperà al ritiro delle religiose sempre al monastero nocerino. Con i seminaristi Il 18 novembre il Vescovo partecipa, alle ore 9.30, alla cerimonia di apertura dell’Anno Accademico del Seminario metropolitano Giovanni Paolo II di Pontecagnano. Il 15 dicembre, alle ore 19.15, presiede la Santa Messa al Seminario di Capodimonte a Napoli.

COn le aSSOCiaZiOni laiCali Il 16 novembre, alle ore 18.30, il Vescovo celebra la Santa Messa per i “Figli in cielo” nella parrocchia Santa Maria Maddalena in Armillis a Sant’Egidio del Monte Albino. Il 23, alle ore 17.30, presiede la celebrazione eucaristica in occasione del ritiro del Rinnovamento nello Spirito all’auditorium di Pagani. Il 13 dicembre, alle ore 18.00, partecipa al tesseramento AMCI nella Cattedrale di San Prisco a Nocera Inferiore.

Per maggiori info: www.diocesinocerasarno.it

“La vita è come un fotografia, se sorridi viene meglio”

Fiera della Borsa di Raffaele Biosa Via F. S. Caiazzo, 5-7 84012 Angri (SA) Insieme - Novembre 2014 35 Tel. 081 94 63 80 - raffaelebiosa@alice.it


Mons. Bregantini dal palco del convegno

La Conferenza episcopale italiana ha organizzato a Salerno il convegno nazionale dal titolo “Nella precarietà, la speranza”. Vescovi, sacerdoti, laici, politici, sindacalisti e industriali a confronto sul tema del lavoro oggi

Scriviamo a voi

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na lettera ai precari è il primo frutto della tre giorni di convegno nazionale tenutosi a Salerno dal 24 al 26 ottobre scorso sul tema “Nella precarietà, la speranza”. L’evento è stato promosso dalla Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, insieme alla Commissione per il laicato e quella per la vita e la famiglia. Un seminario che ha visto alternarsi sul palco vescovi, sindacalisti, politici e imprenditori. Tra questi il Segretario generale della Conferenza episcopale italiana, monsignor Nunzio Galantino, e il Ministro del lavoro Giuliano Poletti. Da tutti questi interventi sono venuti fuori una serie di spunti, poi confluiti nella lettera. A farsi voce dei partecipanti è stato monsignor Giancarlo Bregantini, arcivescovo di Campobasso e presidente della Commissione episcopale per i pro-

blemi sociali. Il presule, nel primo giorno di lavori, aveva anche dato tre consigli al premier Renzi: istituzione di fondi contro il precariato; maggiore attenzione al sud; continuare a scuotere i sindacati. Nella lettera consegnata alla Chiesa italiana, alla politica e rivolta ai precari, i convegnisti hanno scritto: «La precarietà non è aridità, ma attesa. Arido è stato semmai quel sistema che ha sciupato inutilmente tante risorse, rubando la speranza che in voi va soltanto ridestata e rilanciata. È importante in questo momento non rassegnarsi. E per fare questo sono necessarie mani intrecciate e solidali. Tirate perciò fuori le vostre paure e il vostro bisogno. Perché non siete soli. Non smetteremo di ricordarvi poi che accanto a voi cammina Gesù stesso». Poi un appello: «Chiediamo alle parrocchie, al sindacato, al mondo educativo, alle banche e soprattutto alle Istituzioni di ripulire l’orizzonte futuro, in

modo da poter guardare avanti senza più rabbie, né senso di sconfitta, né ostacoli che fino ad oggi hanno reso il nostro Paese incapace di sciogliere questo terribile nodo». Al convegno si è parlato anche di Progetto Policoro, tema che ricorre nella lettera ai precari: «È importante sostenerlo. Come Chiesa, inoltre, nel gesto di accompagnare, esprimiamo oltre che una vicinanza, un monito ben preciso, anche raccogliendo le testimonianze delle Associazioni laicali di ispirazione cattolica». Un passaggio, infine, al Governo: «Fondamentale sarà la modernizzazione di un piano industriale più organico da parte di una Politica responsabile e capace di difendere le nostre piccole e medie aziende, ossatura del mondo produttivo». Insomma un’analisi attenta che si spera raggiunga le coscienze di quanti sono chiamati a prendere decisioni a tutti i livelli. Salvatore D’Angelo

Garanzia giovani: collaborazione istituzionale Un protocollo d’intesa tra il Ministero del lavoro e la Cei. È questo uno dei frutti del convegno tenutosi a Salerno. Un accordo per la promozione del piano Garanzia giovani nell’ambito del Progetto Policoro. A siglare l’intesa il ministro Poletti e tre direttori di uffici Cei: monsignor Fabiano Longoni per i problemi sociali e del lavoro, monsignor Michele Falabretti per la pastorale giovanile, monsignor Francesco Soddu per la Caritas.

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IN DIOCESI

La preghiera iniziale

Un momento del convegno con il vescovo Giudice

Nei giorni 23, 24 e 25 ottobre la Diocesi ha ospitato l’annuale Corso regionale di aggiornamento degli insegnanti di religione cattolica in servizio nelle scuole statali. L’iniziativa è stata organizzata dalla Conferenza Episcopale Campana e dal Ministero dell’Istruzione. Il seminario è stato fortemente voluto da mons. Giuseppe Giudice, vescovo delegato della CEC per il mondo della scuola

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essanta docenti delegati di tutti la Campania, riunitisi presso l’Holiday Inn di Cava de’ Tirreni per l’annuale Corso di aggiornamento, si sono confrontati e lasciati provocare dal tema “Educare ai beni comuni. Il contributo dell’insegnamento della religione cattolica”. Un argomento quanto mai attuale e importante che potremmo così declinare: in un contesto globale dilaniato da eventi di crisi è ancora possibile educare? È ancora possibile trovare un linguaggio d’intesa con l’uomo contemporaneo ormai pressoché privo di memoria della propria storia, di nutrimento delle proprie radici culturali, di forza del proprio passato? È ancora possibile dare speranza ai tanti ragazzi e ai giovani, disorientati e confusi per le minate basilari sicurezze, e privati di validi orizzonti di senso? I beni, anche quelli materiali, continuano a perdere valore e, inesorabilmente, i beni comuni, come l’acqua e la terra da coltivare, il lavoro e i fondamentali diritti dell’uomo vengono minacciati o disattesi. Tanti arrancano alla ricerca di spazi di felicità, e la scuola perde autorevolezza ed efficacia. Il gusto del bello non abita più tra le nostre aule! I veri beni, quelli che fanno veramente Bene all’Uomo, sono ancora da ricercare nell’affannosa corsa al benessere? O, è forse giunto un Tempo di

Grazia per un’autentica ricerca e solida costruzione del Ben-Essere? Mentre il Paese si interroga per una futura “Buona Scuola”, è ancora possibile incontrar-ci, e riconoscere un “Nostro Bene Comune”? La Gaudium et Spes, ci ha ricordato il relatore prof. Sergio Tanzarella, docente di storia presso la Pontificia Facoltà Teologica di Napoli, recita: «L’ordine delle cose deve essere subordinato all’ordine delle persone e non l’inverso». Occorre promuovere la cultura del bene comune contro la «cultura dello spreco e dello scarto». È necessario, quindi, «togliere centralità alla legge del profitto e della rendita e ricollocare al centro la persona e il bene comune», come ama ripetere Papa Francesco. Il docente, e in particolare il docente di Religione, può ancora essere nella scuola voce profetica! Una voce che educa all’Alleanza tra l’uomo e la terra. Una presenza capace di (ri)trovare quel bene relazionale in un modo nuovo di inventare l’io e il noi. Lascerei la conclusione alle parole del relatore prof. Giovanni Laino, docente di architettura alla Federico II: «In una “mutazione genetica” dell’essere e dell’esserci, occorre imparare un senso di prossimità, un modo creativo di avere cura di chi ci sta accanto. Il bene comune è costruire legami!». Salvatore Manzo

Educare ai beni comuni

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Paolo VI

Il nuovo fondo Paolo VI

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l 19 Ottobre è stato beatificato papa Paolo VI, un grande Pontefice che ha saputo dare a Dio quello che è di Dio, dedicando tutta la vita «all’impegno sacro, solenne e gravissimo: quello di continuare nel tempo e di dilatare sulla terra la missione di Cristo» (Papa Francesco). La nostra Biblioteca da quest’anno ha un legame particolare anche con questo Papa, dedicando a lui un nuovo fondo proveniente dall’ex Biblioteca Paolo VI. Con la soppressione del Centro Diocesano di Formazione, già Istituto di Scienze Religiose, la Biblioteca Diocesana ha acquisito tutto il suo patrimonio librario e il fondo versato assumerà lo stesso titolo della Biblioteca di provenienza. La Biblioteca Diocesana ha acquisito circa 3000 volumi. Accanto a molti testi classici della spiritualità cristiana vi sono numerosi testi di Teologia contemporanea: morale, spiritualità, dogmatica, biblica, pastorale. Testi patristici, dizionari teologici, filosofici, storici e catechetici. Testi di Storia della Chiesa e di storia locale, agiografie, collane patristiche, enciclopedie. Con questo nuovo fondo la Biblioteca arricchisce il suo patrimonio di testi aggiornati secondo l’attuale ricerca teologica. A breve saranno disponibili per gli studiosi, studenti e lettori che si avvalgono del servizio della Biblioteca Diocesana, dopo la necessaria sistemazione e catalogazione. Don Roberto Farruggio

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Incontrarsi in diocesi Lavoro: timori e speranze. Se ne è parlato durante un incontro promosso dal Progetto Policoro diocesano nella parrocchia San Biagio a San Marzano sul Sarno. Cinquanta persone, tra giovani e adulti, hanno risposto volentieri all’invito del parroco, don Romualdo Calcide, per ascoltare e informarsi sulle opportunità che il Progetto offre ai giovani italiani. Un’occasione che gli Animatori di comunità sperano possa essere riproposta anche in altre realtà parrocchiali della diocesi.


I ragazzi che hanno partecipato al corso di formazione

LA CREAZIONE, METAFORA PER LA FORMAZIONE

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i è svolto lo scorso 19 ottobre, presso la struttura Villa Lina di Sarno, il corso di formazione di primo livello per Animatori d’Oratorio, promosso dal Comitato Zonale ANSPI Nocera-Sarno. Settanta i partecipanti: c’erano molti adolescenti alla loro prima esperienza come animatori e alcuni giovani e adulti pronti ad apprendere e ad applicare i contenuti proposti all’interno dei loro oratori. L’incontro è stato tenuto da alcuni membri del neonato team di formatori regionali ANSPI, provenienti da Sarno e da Caserta. IL TEMA SCELTO. Anche quest’anno è stato scelto un tema da utilizzare come metafora esplicativa dell’essere Animatore: la Creazione. A partire dal racconto della Genesi, ad ogni cosa creata è stato associato un tema da trattare. Così, ad esempio, il buio e la luce sono stati simbolo del ri-conoscere se stessi come essere unico e ben visibile nella Luce di cui si è portatori. Le diverse specie animali sono divenute metafora delle tipologie di animatori. Un paragone bello ed interessante è stato propo-

sto durante la Messa che ha concluso la giornata dal padre francescano Alberto Pisapia: prendendo spunto dal Vangelo in cui si raccontava delle monete recanti l’effige di Cesare, egli ha suggerito ai presenti di pensare a se stessi come effige di Dio che, a compimento della Creazione, ha voluto l’uomo a sua immagine e somiglianza. DESIDERIO DI FORMAZIONE. Il feedback ricevuto alla fine dell’incontro formativo ha evidenziato il desiderio di formarsi prima di assumere l’impegno di prendersi cura dei bambini che arrivano in oratorio. È emerso un grande senso di responsabilità che dovrebbe contraddistinguere e accompagnare ogni forma di servizio alla comunità ecclesiale. All’inizio di un nuovo anno associativo, quando in parrocchia riaprono le porte degli spazi di aggregazione, si riprendono i ritmi della vita comunitaria e si delineano i progetti per il cammino di fede di grandi e piccoli, si avverte con maggiore forza la necessità di ritornare all’opera con nuovi spunti, qualche nuovo strumento educativo e nuove tecniche ludiche.

È questo il tema scelto per il corso di formazione di primo livello per Animatori di Oratorio che lo scorso 19 ottobre ha coinvolto 70 persone, presso la struttura Villa Lina in Sarno

Padre Alberto Pisapia insieme a frate Andrea e a fra Massimo che seguiranno i ragazzi dell’Oratorio San Francesco presso la parrocchia Santa Maria della Foce

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NEWS DALLE PARROCCHIE a cura di Mariarosaria Petti Mons. Giuseppe Giudice con don Ciro Galisi al taglio della torta durante i festeggiamenti

Santa Maria del Presepe Nocera Inferiore

Ad multos annos Giubileo sacerdotale per don Ciro Galisi

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n centinaia hanno abbracciato idealmente e fisicamente don Ciro Galisi per il suo 25esimo anniversario di sacerdozio, celebrato lo scorso 7 ottobre nella parrocchia Santa Maria del Presepe di Nocera Inferiore. In tantissimi hanno voluto partecipare alla solenne liturgia eucaristica presieduta dal Vescovo di Nocera-Sarno, monsignor Giuseppe Giudice, e concelebrata dal Vescovo emerito, monsignor Gioacchino Illiano. Decine i sacerdoti presenti, molti giunti a Nocera da diversi luoghi d’Italia per stringersi a don Ciro in un momento particolare del suo ministero pastorale. È stata innanzitutto una festa di popolo, perché in un quarto di secolo don Ciro ha fatto breccia nel cuore di tanti, entrando in molte case e realtà non solo nocerine. Il sacerdote Ciro è nato, cresciuto e formato, prima di prenderne la guida, nella parrocchia di piazza Amendola. Lì ricevette l’ordinazione sacerdotale a 24 anni, il 7 ottobre 1989, sotto lo sguardo attento del suo predecessore e mentore, monsignor Gaetano Ficuciello. Don Ciro si è contraddistinto per l’impegno ecclesiale e civile. Negli anni di ministero pastorale ha portato avanti numerose iniziative. Sempre vicino ai giovani, per lungo tempo è stato responsabile del Servizio diocesano di pastorale giovanile, attualmente è vice cancelliere. Attivissimo anche per la salvaguardia e tutela dei più deboli, ha contribuito a fondare l’associazione “Buon Samaritano onlus” che si occupa di un centro per minori in via Barbarulo e della dimora per i senza tetto “Casa Betania” a San Pasquale di Codola. Ha fortemente voluto e realizzato l’adorazione eucaristica perpetua nella sua parrocchia, un’esperienza di grande spiritualità che tanti benefici ha portato alla comunità, agli adoratori che assicurano la presenza e la preghiera a Gesù eucaristia, ma anche a chi entrato per curiosità in chiesa ha trovato conforto e aiuto divino. Sa. D’An.

I bambini dell’Acr consegnano la parola “grazie” a don Antonio

Gesù Risorto Pagani

Grazie don Antonio! La comunità festeggia i 32 anni di sacerdozio del parroco

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n particolare tempo di grazia per dire “grazie”. Una parola che molto spesso tralasciamo nel nostro vocabolario, specie quello spirituale. I vari gruppi dell’AC parrocchiale si sono voluti interrogare proprio sul significato di questa parola per festeggiare i 32 anni di sacerdozio di don Antonio Guarracino (lo scorso 7 ottobre), uniti ai 28 anni della nascita della parrocchia. All’inizio della celebrazione, che ha visto la presenza anche della presidente diocesana di AC, Carmela Tortora, i bambini dell’ACR hanno consegnato le sei lettere per comporre la parola “grazie” a don Antonio. Il parroco ha ricevuto durante la messa un libro, le cui pagine sono state riempite da ciascun associato, dagli acierrini agli adulti passando per il settore giovani. Su ogni pagina ognuno ha impresso il proprio “grazie” a don Antonio per il servizio che ha svolto e svolgerà ancora come Pastore della Chiesa di Gesù Risorto. Un tempo forse piccolo, 28 anni, ma allo stesso tempo grande perché ha condotto questa piccola comunità della periferia di Pagani dalla nascita alla sua crescita e piena realizzazione, con l’apertura – si spera imminente – del nuovo complesso parrocchiale. Danilo Sorrentino Insieme - Novembre 2014

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Il coro dei bambini con don Natalino Gentile e suor Feliciana Mastrangelo

San Giovanni Battista Roccapiemonte

San Giovanni Battista Striano

Dal tuo stellato soglio…

Con Francesco dinanzi a Sorella Morte

Ugole bianche per festeggiare il cinquantesimo anniversario della permanenza a Roccapiemonte delle Suore di Nostra Signora di Fatima

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on capita tutti i giorni, anzi tutte le sere, di poter trascorrere un’ora in piena atmosfera musicale. E parliamo della Musica, quella classica, operistica i cui brani hanno deliziato non sole le ugole di tenori e soprani quanto l’udito sensibile ed attento di quanti si sono lasciati trasportare da queste onde immortali sul grande mare di quest’arte. E di fronte ad ugole bianche, cioè un coro di una ventina di bambini, ci si pone in un atteggiamento diverso di ascolto: non si pretende il virtuosismo del professionista o l’acuto alla Pavarotti o lo slancio divino della Callas. Basta guardare negli occhi questi ragazzi e queste ragazzine che, senza tradire Batman o Violetta, preferiscono i canti solenni della musica barocca tedesca o le opere classiche del nostro bel canto operistico italiano. E quando l’esecuzione di questi pezzi, alcuni davvero difficili, è diretta da un maestro tenore come il nostro Roberto Iuliano, con accompagnamento alla tastiera del maestro Antonio Ferrentino ed aggiungiamo anche con la dotta e vivace presentazione di d. Natalino Gentile, allora il risultato è assicurato. Abbiamo lavorato in casa, con prodotti nostri ma che, come nel caso di Roberto, hanno il sapore delle radici rocchesi ma il respiro internazionale dei grandi teatri che vanno da Tokio alla Germania, dalla Scala al Metropolitan, spaziando in lungo e largo per il mondo. Così abbiamo potuto ascoltare Bach e Mozart, Rossini e Verdi, Haendel, Gounod e Mascagni. Per chiudere con lo struggente “Dolce sentire” di Riz Ortolani per il film di Zeffirelli “Fratello sole e sorella luna”. L’occasione? A Rocca si è voluto ricordare, con diverse iniziative (mostre, relazioni etc.) la permanenza delle Suore di Nostra Signora di Fatima sul territorio, dal 1964. Ed il bel San Giovanni è stata la degna cornice. d. Natalino Gentile

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Transito del Patrono d’Italia a Striano

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opo l’apertura dell’anno pastorale parrocchiale durante la solenne celebrazione in onore dei Santi Arcangeli, venerdì 3 ottobre, presso la parrocchia strianese ha avuto luogo il transito di San Francesco. Dal latino transitus, ossia il passaggio dalla vita terrena alla vita celeste del Serafico Padre, avvenuto presso la Chiesa della Porziuncola di Assisi il 3 ottobre del 1226. Il momento di riflessione, fortemente voluto ed organizzato dal Coro Severiniano, ha permesso di ricordare attraverso canti, meditazioni e letture, il momento in cui San Francesco ha lasciato la vita terrena. Una morte povera, così come povera era stata la sua vita. Da qui prende il nome l’evento: “Con Francesco dinanzi a Sorella Morte”, cui il parroco, don Michele Fusco, ha invitato con ardore a partecipare. Hanno preso parte alla celebrazione il sindaco, Aristide Rendina, l’assessore alle politiche sociali Rosa Rega, il consigliere delegato agli eventi culturali Concetta Cordella e il gruppo parrocchiale dei Giullari di San Francesco, che ha condiviso a pieno questo momento di preghiera e riflessione. Il giorno seguente, chiesa gremita per la solenne celebrazione in onore di San Francesco, durante la quale il gruppo Giullari ha dato inizio alla sua attività pastorale. Raffaele Massa L’invito della comunità


Il cartellone preparato dai ragazzi

S. Maria Maddalena in Armillis S. Egidio del M. Albino

Signore siamo qui per seguirti

Un momento della festa dell’accoglienza

Gioiosa ed entusiasmante la festa dell’accoglienza per il nuovo anno pastorale

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a alcuni anni l’inizio del nuovo anno pastorale dell’Abbazia di Santa Maria Maddalena in Armillis è segnato dalla festa dell’accoglienza della comunità e dalla celebrazione del mandato educativo a catechisti ed educatori. Così, domenica 19 ottobre, in una giornata radiosa e soleggiata i bambini ed i ragazzi dei vari gruppi di catechesi hanno partecipato vivamente in piazza G. B. Ferraioli alle attività ludico-pastorali organizzate dalle catechiste. In particolare, l’impegno più intenso si è rivolto alla realizzazione di un cartellone di impegno spirituale nel quale i ragazzi hanno annunciato “Signore tu ci chiami a camminare con te. Siamo qui per seguirti”. Lo stesso cartellone ha guidato una fila di ragazzi che dalla piazza antistante la storica Abbazia si è diretta in Chiesa per la celebrazione della Santa Messa e del

mandato pastorale ai vari catechisti ed educatori. Simbolicamente, ogni componente ha poi aggiunto un post colorato con il proprio nome. La celebrazione, presieduta da don Massimo Staiano, è stata animata con preghiere e canti dai ragazzi piccoli e grandi. Dopo l’omelia don Massimo ha invitato i catechisti e gli educatori a leggere il testo del mandato educativo nel quale ciascuno si è impegnato ad “annunciare il Vangelo ad ogni creatura”. Infine, l’augurio della comunità si è espresso nella preghiera allo Spirito Santo attraverso il quale essi, sostenuti dalla sapienza del Vangelo, non si scoraggino nelle prove e nelle fatiche e possano essere sempre segno d’amore e strumento di salvezza in mezzo ai fratelli. Livia Rossi

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L’esterno del centro sportivo

Regina Pacis Angri

La Festa dell’Accoglienza Un momento di gioia e di festa per dare avvio alle attività parrocchiali

Vitalica: sport e salute

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omenica 5 ottobre nella parrocchia Regina Pacis di Angri si è tenuta la Festa dell’Accoglienza. Questo momento di gioia ha dato inizio al cammino delle diverse attività parrocchiali, con una cura particolare rivolta a bambini e ragazzi presenti nella nostra comunità. La Festa dell’Accoglienza è cominciata con la partecipazione alla S. Messa delle 10.30 per poi continuare nello spazio dell’oratorio, dove catechisti, educatori e ministranti hanno allestito spazi di giochi e balli. Ai ragazzi, divisi in squadre, è stato dato l’obbiettivo di recuperare pezzi di un puzzle che con la collaborazione di tutti è stato costruito. Il disegno rappresentato ha rivelato Gesù circondato da bambini felici. Infatti, il messaggio che si è voluto trasmettere è proprio quello della bellezza dell’incontro con l’altro e dell’incontro con Cristo, che avviene vivendo la Chiesa con gioia e fratellanza, tenendo sempre Lui come punto di riferimento. I bambini felici, sono tornati a casa con un nuovo entusiasmo ed energia, pronti a ricominciare o a cominciare a vivere i loro cammini nella nostra comunità parrocchiale. Parrocchia Regina Pacis

I partecipanti alla Festa dell’Accoglienza

Ha riaperto la struttura sportiva di via Nuova Lavorate realizzata dopo gli eventi alluvionali del 1998

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n centro sportivo «per parlare al territorio» ed evangelizzare, perché «lo sport non può essere solo agonismo o, come qualcuno vorrebbe, violenza». Con queste parole il vescovo diocesano, monsignor Giuseppe Giudice, ha salutato la riapertura degli impianti di via Nuova Lavorate a Sarno, realizzati dopo l’alluvione del maggio 1998. Una struttura che dispone di ampi parcheggi, una sala attrezzi di 300 metri quadri e una piscina semi olimpionica. Il centro della Fondazione San Michele Arcangelo, nata all’indomani dell’alluvione con l’obiettivo di realizzare quest’opera segno, sarà gestito dalla società dilettantistica no profit F.S.A.. «La società – ha detto don Gaetano Ferraioli, presidente della Fondazione – ha il mandato di riprendere e rilanciare questa realtà a nome della nostra Chiesa attraverso un percorso ben preciso». «Questo centro – ha detto Aniello Gaito, amministratore unico della F.S.A. –, attraverso il progetto Vitalica, deve diventare punto di riferimento per il territorio. Un luogo dove stare e fare insieme, dove poter coniugare sport e benessere fisico». Molteplici le attività promosse, di cui potranno beneficiare tutti: sono in programma convenzioni con Caritas, parrocchie e scuole. «Questa struttura – ha aggiunto il Vescovo – è memoria vivente di una tragedia e ci vuole con lo sguardo rivolto al futuro perché lo sport diventi luogo umano dove si cresce». Per informazioni www.vitalica.it. Salvatore D’Angelo

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San Giuseppe Nocera Inferiore

“Ecco la Croce del Signore” L’A.I.E. ha scelto il canto composto da don Alfonso Santoriello come inno dell’associazione La corale della parrocchia San Giuseppe

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l consiglio direttivo dell’A.I.E. ha scelto come inno dell’associazione il testo proposto da don Alfonso Santoriello, parroco di San Giuseppe a Nocera Inferiore. Il canto si intitola “Ecco la Croce del Signore” e nasce dall’esperienza di fede del suo autore, scritto e musicato il 4 settembre 2008. Questo inno è ispirato al Salmo 68 e si apre con il suono dello shofar e della grancassa da guerra, che ne fanno un vero e proprio incitamento alla battaglia spirituale tra i figli della luce e la partes adversae. Don Alfonso Santoriello è stato invitato a presentare ufficialmente l’inno al Convegno Internazionale degli Esorcisti che si è tenuto a Sacrofano (Roma), dal 20 al 25 ottobre. La mattina del 20 settembre si è messo in viaggio con la sua corale per animare anche la celebrazione della Santa Messa di inizio convegno. All’incontro erano presenti circa 300 membri tra esorcisti, loro ausiliari e psichiatri. Inoltre, la Santa Sede ha approvato lo Statuto e la forma giuridica dell’Associazione con decreto della Congregazione per il Clero lo scorso 13 giugno. Il Santo Padre ha benedetto l’incontro inviando un messaggio a padre Francesco nel quale assicu-

ra il Suo sostegno ai ministri che combattono contro l’azione straordinaria del demonio, e impartendo l’apostolica benedizione agli esorcisti e a tutti coloro che essi incontrano nel loro ministero. Con l’inizio dei lavori, c’è stata la presentazione dell’Inno da parte di don Alfonso che ne ha esposto il significato biblicoteologico. Poi la corale ha eseguito “Ecco la croce del Signore”, sotto lo sguardo attento e stupefatto dei convenuti. Molti i partecipanti provenienti da altri Paesi: con l’aiuto dei traduttori tutti hanno potuto comprendere la presentazione e l’esecuzione del canto. Alla fine dell’esibizione, l’autore e la corale sono stati accolti da un interminabile applauso da parte di tutti gli esorcisti presenti e si sono complimentati con don Alfonso per il contenuto e per la valenza spirituale del canto. Padre Bamonte nel ringraziare don Alfonso ha sottolineato la sua provenienza dalla Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, luogo dove sono conservati i resti del dottore della Chiesa Sant’Alfonso Maria de Liguori, cantore di Gesù con “Tu scendi dalle stelle”. Iolanda Campanella

99 candeline per nonno Giovanni Grande festa a Poggiomarino per le 99 candeline di nonno Giovanni Nappo, lo scorso primo ottobre. Il cittadino più anziano della città è stato insignito di una targa di riconoscimento da parte del Sindaco, Pantaleone Annunziata. Nonno Giovanni ha festeggiato lo straordinario traguardo con tutti i suoi figli e i numerosi nipoti e pronipoti. M. P. Giovanni Nappo festeggia i suoi 99 anni con la famiglia

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Don Alfonso alla festa preparata dalla comunità teodorina per la sua accoglienza

San Teodoro Martire Sarno

Benvenuto don Alfonso! La comunità accoglie il nuovo parroco, conoscendo la storia della sua vocazione

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entisettenne originario di Angri, studente e parroco a tempo pieno. Si divide tra Roma e Sarno, tra gli studi e la parrocchia. È don Alfonso Giordano, il neo parroco “teodorino” scelto dallo Spirito Santo per guidare la parrocchia di San Teodoro Martire in Sarno. Conosciamolo meglio attraverso la sua stessa testimonianza di fede. «La mia storia vocazionale è “strana”», esordisce don Alfonso. Fino all’età di 13 anni era scout, poi decise di abbandonare il cammino di fede per seguire altre strade. «Volevo diventare qualcuno», confessa lo stesso parroco. «Ci si allontana da Dio, ma poi è sempre Lui che ti sorprende, ti afferra e ti riporta a Lui», afferma don Alfonso. A 19 anni, appena diplomato e con le scelte universitarie già sicure, i suoi genitori decisero di festeggiare i 25 anni di matrimonio a Lourdes. «Ricordo che io e mio fratello siamo stati costretti a “sacrificare” la terza settimana di agosto per partire con loro con il treno organizzato dalla “Pia Unione Ammalati Cristo Salvezza” di Pagani».

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A Lourdes tutto cambiò: «Lì ci sono state le “domande”, sentivo dentro un fuoco che bruciava e mi portava a donarmi completamente a Cristo: nel gennaio del 2007 sono entrato in seminario, a Pontecagnano». Dopo 6 anni di formazione in seminario, don Alfonso Giordano è stato ordinato presbitero il 18 aprile 2013. Finora è stato viceparroco nella comunità “San Giovanni Battista” di Nocera Inferiore, ma ha un “impegno” che porta avanti con fedeltà ed amorevole carità: lo studio. Infatti, attualmente studia diritto canonico presso la Pontificia Facoltà Lateranense a Roma. E lo scorso 12 settembre il vescovo, mons. Giuseppe Giudice, lo ha nominato parroco di San Teodoro Martire. In corde Matris, don Alfonso! Sia proprio il cuore della Madonna a custodirla in eterno e a donarle ogni grazia possibile per guidarci verso la strada della salvezza. Michele Lanzetta


IN PARROCCHIA

A CURA DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE SANTA MARIA DEL CARMINE - SS. ANNUNZIATA, ANGRI

Un momento della consacrazione

Foto Salvatore Alfano (3)

Don Antonio rinnova l’obbedienza nelle mani del Vescovo

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o scorso 28 settembre, le comunità Maria SS. delle Tre Corone e S. Alfonso in Sarno hanno accompagnato il loro pastore nella nostra comunità parrocchiale: un saluto bagnato dalle lacrime del distacco e dell’amicizia e dalla gioia di trovare ad Angri dei volti accoglienti e sorridenti. La lunga celebrazione per accogliere il nuovo pastore ha avuto inizio nella parrocchia S. Maria del Carmine, dove don Antonio ha accolto con il suo luminoso sorriso nuovi e vecchi compagni di viaggio. Da qui, sotto la guida del Vescovo Giuseppe, è iniziato il cammino pastorale del neo-parroco. Una lunga processione di ministranti, ministri e sacerdoti ha attraversato piazza Annunziata, lembo di terra che unisce le due parrocchie, e si è conclusa nella splendida Chiesa dell’Annunziata con la ricca celebrazione eucaristica. Durante l’omelia, mons. Giuseppe Giudice ha ringraziato don Salvatore Fiocco e don Silvio Longobardi che in questo anno hanno avviato il cammino comune delle due parrocchie e si è soffermato sul significato dei luoghi richiamati dalle due chiese: l’Annunciazione e la Madonna del Carmine; Nazareth ed il monte Carmelo; la famiglia e la preghiera; la città e la montagna; la Terra e il Cielo. A chiudere l’intensa serata, il saluto di don Antonio che ha ringraziato le due comunità di Sarno “dove sono cresciuto nella fede e dove ho imparato ad essere parroco” e la promessa “di essere qui con voi e per voi, per continuare a donare le mie energie migliori […] non per assicurare Messe ma per celebrare insieme la Messa”. Tanti i messaggi di accoglienza per don Antonio. Francesca, catechista, ha detto: «Auguriamo a don Antonio che la sua operosità e testimonianza di vita aiuti questa comunità a camminare sempre più nella fede e nell’amore verso gli uomini e verso Dio… perché insieme si può!». Antonio, invece, è rimasto stupito dalla folla presente: «Ho visto i volti commossi delle tante persone venute da Sarno, mi sono reso conto di come don Antonio sia entrato nei loro cuori e nelle loro vite. Già il suo saluto di questa sera ci ha allargato l’anima. Ci auguriamo di fare un bel cammino insieme». C.G.

Benvenuto…

DI GIOIA Una grande festa per accogliere, lo scorso 28 settembre, don Antonio Mancuso, il nuovo parroco delle comunità SS. Annunziata e Santa Maria del Carmine in Angri

Don Antonio parla ai fedeli

www.sullastessapiazza.it, un sito per informare la comunità

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l Vescovo Giuseppe ha invitato le due parrocchie che “insistono sulla stessa piazza” a camminare insieme, così abbiamo pensato che questo cammino debba necessariamente partire dalla comunicazione, utilizzando un unico sito per informare le persone della nostra comunità. Su www.sullastessapiazza.it è possibile trovare gli orari delle celebrazioni, i vari incontri parrocchiali (gruppo liturgico, preparazione ai sacramenti…), le attività dei gruppi, movimenti e associazioni presenti nella nostra comunità, le nostre notizie che appaiono anche sul giornale Insieme e le iniziative diocesane. Un sito per informare, ma anche un luogo per ridurre le distanze e fare comunità, grazie anche alla presenza della pagina Facebook “Comunità Ss.ma Annunziata e S. Maria del Carmine” che già conta più di 2600 fan e che ogni giorno pubblica i famosi “Buongiorno di Gioia” di don Antonio, oltre a ricordare i vari appuntamenti giornalieri con post e foto. Restate collegati per camminare insieme a noi. Carmine Giordano

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Foto Giulia Rossi

Il Vescovo insieme a don Giuseppe Pironti, don Enzo Di Nardi e don Ciro Zarra

È la risposta a questa domanda sempre attuale di Gesù che racchiude e sintetizza il compito del sacerdote. Lo ha ricordato mons. Giuseppe Giudice, lo scorso 26 settembre, nella celebrazione eucaristica per l’inizio del ministero pastorale di don Giuseppe Pironti, accolto con gioia da tutta la comunità parrocchiale

«E voi chi dite che io sia?»

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a comunità di San Sisto II ha ripreso e continua il suo cammino pastorale accogliendo con gioia, lo scorso 26 settembre, don Giuseppe Pironti. La celebrazione animata dalla Corale di San Sisto II, con la speciale partecipazione del Coro dei Santi Simone e Giuda Taddeo di Nocera Inferiore, ha visto presenti alcuni parroci dell’Agro, insieme agli amici che don Giuseppe ha incontrato durante le diverse esperienze pastorali. “Dio ha fatto qualcosa di più grande, Egli che è l’Eterno, si è inserito nel tempo e il punto di innesto tra l’Eterno e il tempo è un Bambino”: con queste parole il Vescovo mons. Giuseppe Giudice ha ricordato alla comunità che il tempo passa, cambia la gente, cambiano le regole ma rimane Lui, rimane la domanda che ritornerà e si ripeterà fino alla fine dei secoli: «E voi chi dite che io sia?». Il “compito semplice” del parroco è quello di aiutare la comunità a rispondere a questa domanda e far comprendere che il tempo non è così effimero, i giorni non sono inutili se in questo tempo facciamo entrare il Cri-

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sto. Un ringraziamento va a tutti i parroci che prima di don Giuseppe hanno aiutato in modo affettuoso e attento a dare una risposta a questa domanda. “Sulla Tua Parola getterò le reti” (Lc 5, 5) è l’obiettivo e l’augurio che l’intera comunità rivolge al nuovo parroco, affinché si trasformi in strumento di misericordia nelle mani di Dio e non si stanchi mai di lasciare tutto per andare alla ricerca delle pecorelle smarrite del suo gregge. Nel salone parrocchiale ci sono stati, poi, i festeggiamenti in onore del nuovo parroco: il taglio della torta e tanti abbracci e felicitazioni. Una giovanissima ha rivolto a don Giuseppe il benvenuto della comunità: «È con immensa gioia che la comunità di San Sisto II ti accoglie… vogliamo essere dei pescatori che, dopo aver gettato le reti sulla tua parola, fanno un raccolto abbondante. Animati da questa speranza, ti diamo il benvenuto, ringraziando il Signore per averci donato te, don Giuseppe, novello nocchiero della barca di San Sisto II». Marianna Attianese

Don Giuseppe parla ai fedeli


A CURA DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE SAN SISTO II, PAGANI

L’INTERVISTA “L’eredità che ho ricevuto è invidiabile”

Foto Salvatore Donato

COORDINATORE REDAZIONE PARROCCHIALE: MICHELE RAIOLA

A colloquio con don Giuseppe per scoprire le emozioni che hanno accompagnato l’inizio del suo ministero alla guida della comunità di San Sisto II e le prime scelte pastorali Cosa hai provato quando hai saputo di essere il nuovo parroco di San Sisto II? «Ho provato innanzitutto gioia, la gioia di essere stato nominato parroco. Per me, come sacerdote, è la realizzazione della mia vocazione. Ho sempre desiderato di poter vivere il ministero di parroco, perché nella mia vocazione c’è il servire la porzione di popolo di Dio a me affidata. Poi, conoscendo un po’ la comunità di San Sisto II, sono stato entusiasta: è una comunità meravigliosa, piena di carismi, con i laici che vivono fortemente la corresponsabilità. C’è stata infatti un’immediata sintonia. È stato bello ripercorrere alcuni ricordi: la mia ordinazione diaconale e quella sacerdotale, accompagnate dalle corali dei Santi Simone e Giuda Taddeo e di San Sisto II, e il viaggio in Terra Santa che ho condiviso con alcuni fedeli della parrocchia. Tutte occasioni che hanno fatto nascere piccole e grandi amicizie. Infine, la nomina a parroco e non ad amministratore mi ha fatto comprendere la grande fiducia che il Vescovo ha riposto in me e negli altri giovani preti e che io sento come l’invito a curare anime e non edifici». Come intendi delineare il cammino della comunità? «Tutti i parroci e gli amministratori che ci sono stati prima di me, hanno fatto un lavoro stupendo. L’eredità che mi è stata lasciata è, oserei dire, invidiabile. Certamente continuerò sulla loro scia. In tutti gli incontri fatti ho voluto dire da subito che, se non per ragioni valide che spiego sempre, non ho motivo di cambiar nulla. Si riprende il cammino in continuità, valorizzando tutto ciò che c’è di bello e migliorando ciò che può essere migliorato. Lo stile deve essere quello della corresponsabilità, senza annullare i ruoli, cercando di fare tutto in comunione. Ho piena fiducia nei miei parrocchiani che da subito hanno dimostrato di valere. Lo stile che ci guiderà è quello del dialogo sincero, avendo tutti la stessa meta; dal mio canto, cercherò di essere sempre presente in tutta la vita della parrocchia, perché nessuno si senta lasciato solo o secondo a qualcun altro».

Don Giuseppe e il Vescovo

Don Giuseppe e alcuni amici

Don Giuseppe e il sindaco di Pagani Salvatore Bottone

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A CURA DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE SANT’ANTONIO DI PADOVA POGGIOMARINO COORDINATORE DI REDAZIONE MARIANO ROTONDO

Costruire un legame personale con le famiglie, sconfiggere ogni forma di chiusura e riportare i giovani in parrocchia: ecco alcuni obiettivi del neoeletto consiglio pastorale che si è riunito per la prima volta lo scorso 5 ottobre Il primo incontro del consiglio pastorale

Riscoprire il senso di appartenenza

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necessario rinascere». Sono queste le parole che hanno dato il via al primo incontro del nuovo consiglio pastorale di Poggiomarino tenutosi lo scorso 5 ottobre. Un organismo che da diversi anni era scomparso dalla realtà poggiomarinese e che oggi ritorna pieno di propositi e novità. Durante l’incontro il parroco, padre Aldo D’Andria ha illustrato i punti su cui puntare per il lavoro da svolgere nei prossimi anni: la necessità di ricreare quel legame personale con le persone, le famiglie, la comunità per sviluppare un forte senso di appartenenza alla parrocchia. Recuperare l’attenzione e il rispetto per la persona nella sua unicità, considerandola come risorsa per tutti. Promuovere la cultura del noi evitando ogni forma di chiusura, pregiudizio, conflitto verso gli altri. «Poggiomarino - continua

UN CAMMINO COMUNE Le due parrocchie di Poggiomarino, pur appartenendo a due Diocesi diverse, vivono un rapporto di speciale comunione e condivisione

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a Chiesa del SS. Rosario del Flocco, comunità sorella della parrocchia Sant’Antonio di Padova, sta vivendo con fede viva e spirito innovativo il Sinodo della Diocesi di Nola di cui fa parte, un percorso di riflessione che il vescovo mons. Beniamono Depalma ha avviato nell’ottobre del 2012. Una Chiesa missionaria che ascolta e rende lode e si interroga sul tema “Come mai questo tempo non sapete valutarlo?” proposto dal vescovo Depalma. Tra le 114 parrocchie presenti in diocesi, Flocco è tra le più piccole ma ha saputo indossare du-

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padre Aldo - fa fatica a trovare la strada del noi. Bisogna avere attenzione verso ogni tipo di povertà: materiale, relazionale, di senso, spirituale, sensibilizzare la comunità e i singoli verso il rispetto e la gratitudine per l’ambiente. C’è bisogno quindi di iniziative concrete, di uscire fuori dalle Chiese ed incontrare l’altro». Dopo aver illustrato il programma c’è stato un breve momento di confronto tra i vari membri e le diverse realtà parrocchiali e poi sono state formate le commissioni che opereranno nei vari ambiti: liturgia, evangelizzazione, giovani e famiglia, carità e cultura. Il tutto si è concluso con la supplica alla Beata Vergine Maria di Pompei e l’elezione del vicepresidente Carmela Filosa e del segretario Carmen Franzese. Dunque, una volontà di rimettersi in cammino partendo dall’evangelizzazione soprattutto tra i giovani.

rante i festeggiamenti alla Madonna del Santo Rosario (co-patrona di Poggiomarino) il vestito più bello, quello della festa che ha coinvolto l’intera comunità parrocchiale. Ricco il programma civile con la sagra dello gnocco, ma sono stati gli appuntamenti religiosi a rubare la scena con la celebrazione del 5 ottobre, presieduta dal pastore della diocesi e la gradita presenza di padre Aldo D’Andria a suggellare l’amicizia sincera tra le due parrocchie. Nell’omelia sono state ricordate le parole di mons. Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara, che lo scorso 22 settembre al Palamangano di Scafati ha proposto una riflessione sul tema “Il sinodo evento di grazia per una Chiesa”. Nel saluto finale, aveva detto: «Tendendo la mano come un povero vi dico, aiutatemi a servire questa Chiesa di Dio». Don Antonio Guarino, parroco della comunità del SS. Rosario, ha racchiuso tutte le intuizioni di questo periodo e l’invito del proprio pastore nella solenne ed emozionante celebrazione del 7 ottobre che ha visto il ritorno in chiesa della statua della Vergine. Rivolgendosi alle istituzioni ed ai

presenti ha detto con forza che c’è bisogno di sporcarsi le mani senza cercare applausi o gratificazioni. Facendo riferimento al Magnificat e al Vangelo ha ribadito: «Maria ha detto il suo sì incondizionato a Dio, sapendo di rischiare il ripudio del promesso sposo e la lapidazione». Anche don Antonio ha detto il suo sì alla guida di Flocco non temendo di sporcarsi ogni giorno le mani. Rimane l’impressione di una Chiesa sorella coesa intorno al suo pastore che ha il desiderio di camminare insieme per il bene di tutta Poggiomarino. D’altronde, sullo striscione esposto sul palco vi era scritto: «Sotto lo sguardo di Maria». E ad una mamma si dice sempre di sì.

Un momento dei festeggiamenti in onore della Madonna del Rosario


A CURA DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE SANTA MARIA DELLE GRAZIE, CASATORI SAN VALENTINO TORIO

Vent’anni di noi

Era il 15 ottobre del 1994 quando il giovane don Gaetano Ferraioli faceva il suo solenne ingresso presso la parrocchia Santa Maria delle Grazie in Casatori. La comunità ringrazia il Signore per i vent’anni trascorsi insieme e per le tante opere di bene realizzate

Don Gaetano con il Vescovo emerito, mons. Illiano

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ent’anni, una vita, sembra ieri che tutta la nostra comunità aspettava con ansia e curiosità l’arrivo del nuovo parroco. Sapevamo che era un giovane sacerdote, alla prima esperienza e alcuni di noi, che avevano già incarichi in parrocchia, ci chiedevamo quali e quanti cambiamenti avrebbe portato. Abbiamo capito subito che a lui non sfuggiva niente, ma anche che era sempre disposto ad ascoltare. Ci siamo capiti immediatamente ed è incominciata la nostra avventura insieme. Quanti progetti realizzati: non basterebbe un giornale per elencarli. Molte persone si sono avvicinate alla parrocchia, tanti volti e tante storie. Rapporti di amicizia che sono nati o si sono rafforzati. Guida saggia e sicura. Gli anni sono passati, ma indubbiamente non invano. Fare il bilancio di una vita è sempre difficile soprattutto se riguarda una parrocchia; poiché si tratta di vita non solo personale, ma sociale e

soprattutto spirituale di tante persone. Ma penso che in questi vent’anni tutti siamo cresciuti e, soprattutto, se questa nostra piccola comunità è cresciuta lo dobbiamo a lui, il nostro don Gaetano, che ha saputo incoraggiare e guidare anche e soprattutto nelle difficoltà a dare il meglio di noi stessi. Anche se a volte è stato duro e severo, lo ha fatto sempre per il bene di tutti. E tutto quello che insieme abbiamo realizzato va tutto a Lode di Dio. Una persona a me cara - che ormai vive nella gloria - quando raccontava la sua vita, diceva che quello che aveva realizzato non era solo opera delle sue forze. Sono sicura che tutto questo non è stato e non è un nostro progetto, ma un progetto divino. Ringrazio di cuore don Gaetano per quello che ha fatto per me e per tutti noi in questi anni. La comunità parrocchiale gli augura di realizzare ancora tanti sogni, tutti quelli che il buon Dio ispira e mette nel suo cuore generoso. Maria Teresa Longobardi

Don Gaetano con il Vescovo, mons. Giuseppe Giudice, all’inaugurazione di un’opera parrocchiale Insieme - Novembre 2014

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A CURA DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE MARIA SS. DI COSTANTINOPOLI, NOCERA SUPERIORE I giovani del Clan Agesci Nocera Superiore 1 alla Route nazionale Agesci 2014

Anche i Rover della nostra parrocchia hanno partecipato alla Route Nazionale di San Rossore e alla redazione dell’importante documento

La Carta del Coraggio

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uest’anno i Rover e le Scolte dell’Agesci, giovani cittadini italiani, riuniti a San Rossore, al termine di un anno impegnati sul tema e sulle strade del coraggio, hanno redatto una Carta che racconta quello che hanno vissuto, che rappresenta i valori in cui credono e che dichiara il loro impegno per l’Associazione, per il Paese e per la Chiesa di cui sono parte. Anche i Rover della nostra parrocchia hanno effettuato un percorso durante l’anno che si è concluso con la partecipazione alla Route Nazionale a San Rossore. La Strada da loro intrapresa è stata quella del “Coraggio di farsi ultimi”, percorso grazie al quale hanno avuto contatto con diverse realtà disagiate del territorio attraverso il servizio nella Caritas parrocchiale. In questo modo hanno fatto esperienza dei disagi sociali causati dalla crisi economica ed hanno potuto capire che non è

così semplice individuare le persone che hanno bisogno perché spesso hanno paura di chiedere aiuto e sostegno per vergogna o perché semplicemente si sentono giudicate. La partecipazione alla Route Nazionale è stato il momento conclusivo di un percorso durato un anno in cui i nostri ragazzi hanno potuto confrontarsi con gli altri Rovere e Scolte d’Italia che avevano intrapreso altre strade: “Il coraggio di amare”; “Il coraggio di essere chiesa”; “Il coraggio di essere cittadini”; “Il coraggio di liberare il futuro”. La Carta del coraggio, da San Rossore, “torna a casa” per essere abitata e nuovamente rimessa sulla strada da cui è partita. Sarà l’occasione per i nostri ragazzi di agire con coraggio nel proprio territorio, per chiedere a questa terra di trovare insieme nuove parole e nuove azioni per andare e dare “diritti al futuro”! Corrado Carratù

“Educare alla cittadinanza” È questo il tema che accompagnerà il cammino del Gruppo Scout Nocera Superiore 1 per le attività 2014 -2015

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l cammino del Gruppo Scout Nocera Superiore 1 è partito alla grande. L’apertura del nuovo anno associativo si è svolta nel “Parco Archeologico” della città lo scorso 5 ottobre: l’intero gruppo è stato coinvolto dall’amministrazione locale nell’organizzazione di giochi per bambini di tutte le età, utilizzando un’area urbana aperta al pubblico solo da pochi mesi. Il 9 ottobre, invece, l’Associazione ha premiato, alla presenza del Sindaco Cuofano, 12 alunni delle scuole elementari del I e II circolo che avevano partecipato al concorso di disegno “Io Sindaco della mia città”. La manifestazione, svoltasi nell’Aula Consiliare del Municipio, ha riscosso molto successo dinanzi una platea di

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circa duecento persone tra bambini e genitori. “Educare alla cittadinanza”, questo è l’obiettivo prefissato dagli Scout per le attività 2014-2015. I cittadini, cominciando dai bambini, devono imparare a rispettare le regole del territorio in cui vivono e ad amare il prossimo come se stessi. La società in cui viviamo tende a renderci sempre più egoisti, interessati esclusivamente a curare il “proprio orticello” senza mostrare alcuna volontà di risolvere i problemi che affliggono la comunità. Il Gruppo Scout desidera scuotere gli animi dei cittadini invogliandoli ad impegnarsi, da buoni cristiani, a lasciare il mondo un po’ migliore di come lo hanno trovato. Francesco Sessa

L’apertura dell’anno associativo presso il Parco archeologico di Nocera Superiore


IN REDAZIONE MARIA ANGELA BISOGNO E CINZIA FAIELLA

L’iniziativa, svoltasi lo scorso 2 ottobre, giorno in cui la Chiesa ricorda i Santi Angeli Custodi, è stata pensata per festeggiare i bambini che hanno ricevuto la Prima Comunione tra maggio e settembre

La Processione Eucaristica

LA GIORNATA EUCARISTICA

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dorazione animata da bambini e catechisti, santa Messa, processione ed una festicciola nel Salone parrocchiale: questi gli ingredienti per fare memoria grata insieme ai bambini che hanno ricevuto la Prima Eucaristia tra maggio e settembre. È stata una giornata coinvolgente ed emozionante: i piccoli hanno indossato nuovamente l’abito bianco e in processione, con le fiaccole accese, sembravano proprio degli angioletti. Emozionati e felici non si sono lasciati scoraggiare neppure dal vento freddo che ostacolava il cammino. Durante la festa nel salone parrocchiale, ho chiesto a mio figlio Antonio Emanuele cosa aveva provato quando si è accostato per la prima volta all’Eucarestia lo scorso 21 settembre. Con gli occhi spalancati e brillanti mi ha risposto: «Ero emozionato. Ho aspettato il giorno della mia Prima Comunione con ansia, perché avrei voluto farla a maggio ma non è stato possibile e nel momento in cui don Roberto mi ha comunicato Gesù ho provato tanta felicità perché Lo portavo nel mio cuore e con Lui ero al sicuro». Poi gli ho domandato se l’idea della Festa Eucaristica gli era piaciuta. «Certamente - ha risposto - abbiamo festeggiato insieme a Gesù ed io non potevo perdere quest’occasione. Infatti ho partecipato pur avendo ancora qualche decimo di febbre!». Poi ha raggiunto nuovamente gli amici e la festa è continuata tra risate e gioia, quella gioia autentica che nasce dall’amicizia con Gesù. Barbara Senatore

I bambini che hanno ricevuto la Prima Comunione prendono parte alla Processione

I pellegrini attraversano Nocera Superiore

SOTTO LO SGUARDO DI MARIA Il nuovo anno pastorale non poteva cominciare senza la carezza amorevole di Maria Santissima

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ome da tradizione, e quest’anno in particolar modo, data la ricorrenza del 400° anniversario della costruzione della Chiesa Parrocchiale, numerosi pellegrini della nostra comunità si sono recati a piedi al Santuario di Pompei per affidare a Maria i propositi per il nuovo anno, le ansie e le preoccupazioni e tutte le intenzioni di preghiera. Ogni Ave o Maria diventa strumento per un dolce colloquio con Lei. Partiti a mezzogiorno di domenica 12 ottobre, dopo la recita della Supplica in parrocchia ci siamo incamminati sotto un insolito sole cocente verso la città di Maria. Il pellegrinaggio a piedi, oltre ad essere spiritualmente edificante, è anche una preziosa occasione di condivisione e di fraternità. Giunti nel tardo pomeriggio al Santuario di Pompei abbiamo pregato il Santo Rosario nella cappella dove riposano le spoglie del Beato Bartolo Longo. Poi il nostro parroco, don Roberto Farruggio, ha presieduto la Santa Messa all’altare maggiore. Emozionante come sempre il rito della “chiusura del quadro”, momento in cui la folla di fedeli che gremisce il Santuario saluta la Vergine sventolando fazzoletti bianchi mentre la sacra effige viene pian piano coperta. Antonio Padovano Sorrentino e Fabio Senatore

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A CURA DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE SAN GIOVANNI BATTISTA IN CICALESI, SANT’ANNA IN FIANO E FOSSO IMPERATORE - NOCERA INFERIORE

Veglia di preghiera per don Ciro

L Il sì dell’educacuore, delle sei catechiste e dei due novizi

Una comunità viva Tra arrivi e partenze, sono tanti i doni che il Signore ha fatto alla comunità di San Giovanni Battista in Cicalesi e Sant’Anna in Fiano e Fosso Imperatore

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a nostra comunità ha vissuto un mese di ottobre intenso, ricco di eventi e novità. È nata l’unità sinodale tra le due parrocchie San Giovanni Battista - in Cicalesi - e Sant’Anna in Nocera Inferiore. Quest’ultima insiste su due zone distinte: Fiano e Fosso Imperatore. Una grande famiglia che insieme desidera camminare verso il Regno. Dopo il saluto al viceparroco, don Alfonso Giordano, e al parroco di Sant’Anna, don Salvatore Agovino, abbiamo dato il benvenuto a don Mario Ceneri come nuovo viceparroco. Ma non finisce qui. Il nostro diacono, don Ciro Zarra, è

stato ordinato sacerdote lo scorso 30 ottobre. La comunità dei presbiteri, formata da don Andrea Annunziata, don Mario Ceneri e don Ciro Zarra, insieme a tutte le realtà che compongono l’Unità Sinodale, ovvero la grande comunità di San Giovanni Battista in Cicalesi - Sant’Anna in Fiano e Fosso, intende camminare insieme. E, insieme, cercare di costruire una casa accogliente per il Signore. Lui ci visita continuamente, in tanti modi e forme. Ciascuno, per come può e come sa, si impegna a svolgere il proprio compito nel migliore dei modi affinché Cristo Regni, sempre! A.A.

La famiglia parrocchiale cresce

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a nostra famiglia parrocchiale, domenica 26 ottobre, si è arricchita di nuovi due nuovi novizi, un educacuore e sei catechiste. Hanno detto il loro “Sì”, accettando di impegnarsi nella crescita e nella formazione dei bambini e ragazzi della nostra parrocchia. A loro va il nostro più grande in bocca al lupo e la nostra preghiera affinché il loro sia un cammino di crescita spirituale personale e comunitario.

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o scorso mercoledì, 29 ottobre, le comunità parrocchiali di San Giovanni Battista, Sant’ Anna e Fosso Imperatore si sono unite in preghiera nella veglia vocazionale per l’ordinazione di don Ciro Zarra. Sono state presentate all’altare e benedette quattro casule, dono delle comunità a don Ciro, che accompagneranno il suo cammino sacerdotale. La Veglia è stato un modo per fargli sentire la vicinanza della sua grande comunità e per ringraziarlo di ciò che fa per lei. Auguri don Ciro!


Incontro a Gesù È iniziato con una bella festa il cammino di preparazione per ricevere la Prima Eucaristia dei bambini della parrocchia di Sant’Anna in Fiano e Fosso Imperatore

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on una bella festa “celebrata” insieme, tutti i bambini di Fiano e Fosso hanno dato il via al cammino catechistico parrocchiale. Quest’anno, in tutte e due le realtà, il catechismo si svolge il sabato. Il bel momento vissuto è stata la prima occasione per festeggiare e celebrare insieme l’Eucaristia. Le catechiste e i ragazzi che le affiancano hanno profuso le loro migliori energie nella regia dell’evento. Con la celebrazione conclusiva anche i genitori e la comunità hanno potuto sperimentare la gioia e l’esuberanza dei piccoli.

Alcuni momenti della festa

BENVENUTO!

U L’omelia durante la prima Messa

na parrocchia gremita, lo scorso 31 ottobre, ha partecipato alla prima Messa celebrata da don Ciro zarra, novello sacerdote della diocesi di Nocera Inferiore - Sarno. 26 anni, temperamento gioioso e affabile, ha pronunciato il suo sì nelle mani del vescovo mons. Giuseppe Giudice dopo un lungo e attento cammino di formazione. Sacerdote da meno di ventiquattro ore, ha saputo trasmettere gioia e sicurezza. Don Ciro, a te vanno i nostri più sinceri auguri per una vita meravigliosa e serena al servizio del nostro Signore Gesù Cristo!

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A CURA DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE SANTA MARIA DEL CARMINE, PAGANI Particolare della volta della Chiesa del Carmine

FOTO

Il giovedì in parrocchia

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ncontri che partono dalla Parola e si nutrono di attualità e vita vissuta. Tra le tante attività che arricchiscono la proposta pastorale della comunità Santa Maria del Carmine, guidata con premura e attenzione da don Enzo Di Nardi, c’è un interessante appuntamento dedicato ai giovani e agli adulti che già vivono la vita parrocchiale e aperto anche a quanti avvertono il desiderio di riavvicinarsi alla fede. Si tratta di un incontro che parte dall’ascolto della Parola ed è arricchito da una catechesi che abbraccia vari argomenti e si sofferma su importanti aspetti della vita quotidiana dei fedeli. Gli incontri, il martedì dedicati ai giovani, il giovedì agli adulti, si svolgono dopo la celebrazione della Messa vespertina. La partecipazione a questo momento di aggregazione parrocchiale è sempre attesa, ricca, assidua e costante. Durante la catechesi del giovedì, al termine della lettura e spiegazione di un passo del Vangelo, don Enzo dà spazio alle riflessioni dei presenti, alle loro domande, alla condivisione di dubbi e alle richieste di chiarimenti sull’argomento trattato. Quest’anno ci sta accompagnando il Vangelo di Marco. Per una migliore comprensione del testo, ci soffermiamo sulle parole e sui verbi utilizzati nei versetti, partendo dalla traduzione letterale nella lingua originale e confrontandole con le versioni tradotte della Sacra Bibbia, per rendere più chiaro e fruibile a tutti l’annuncio del Vangelo.

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Insieme - Novembre 2014

L’intreccio con l’attualità. Per rendere ancor più vive le nostre catechesi, al termine della prima parte dedicata all’approfondimento della Parola di Dio, don Enzo sottopone all’attenzione dell’assemblea brani di letteratura o lettere pubblicate su giornali e riviste che trattano temi teologici. Spesso sono lettere scritte al padre spirituale che affrontano temi d’interesse generale o problemi relativi ai rapporti sociali o interpersonali. Testi nei quali viene spesso chiesto un parere per affrontare determinate situazioni di vita vissuta, a volte dolorose, a volte ambigue, altre volte dubbiose. Quest’ultima parte dell’incontro genera riflessioni profonde e condivisione di esperienze e testimonianze. Un confronto che spesso continua anche dopo l’incontro. Tutti, dopo aver partecipato vivacemente alla discussione, con orecchio attento, aspettano ansiosi e ascoltano con attenzione la risposta del padre spirituale che don Enzo legge nel silenzio assordante dell’assemblea. La preghiera e la benedizione concludono la catechesi e rasserenano gli animi, tra i saluti dei partecipanti che si danno calorosamente appuntamento al prossimo giovedì. Mario Giordano

Tra le tante attività che arricchiscono la proposta pastorale della comunità Santa Maria del Carmine, c’è un interessante appuntamento di catechesi, dedicato il martedì ai giovani e il giovedì agli adulti

Nella sezione IN PARROCCHIA vi sono le pagine di quelle parrocchie che hanno scelto la rivista diocesana come strumento per comunicare con la propria comunità parrocchiale. Queste pagine sostituiscono giornali parrocchiali o fogli di collegamento. Se desideri anche tu prendere uno spazio fisso o in occasione di un evento particolare, contattaci allo 081 517 04 66 o su redazioneinsieme@alice.it


IN BACHECA a cura della redazione

Auguri di buon compleanno

Buon anniversario di ordinazione presbiteriale

Don Vincenzo Russo (San Marzano Sul Sarno) ha compiuto 84 anni, il 7 novembre; mons. Pietro Milite (promotore di giustizia del Tribunale della Rota Romana) festeggia 44 anni, il 16 novembre; don Romualdo Calcìde (S. Biagio Vescovo e Martire, S. Marzano sul Sarno) spegne 42 anni, il 17 novembre; don Salvatore Verdoliva (diacono permanente) compie 49 anni, il 20 novembre; don Giuseppe Pironti (S. Sisto II, Pagani) spegne 31 candeline, il 21 novembre; don Flaviano Calenda (SS.mo Corpo di Cristo in Pagani) compie 66 anni, il 23 novembre; don Giovanni Orlando (cappellano delle Suore Compassioniste di Angri) e don Alfonso Santoriello (S. Giuseppe, Nocera Inferiore) festeggiano rispettivamente 74 e 49 anni, il 25 novembre. Il vostro cuore sia sempre grato per il dono della vita, affinché ogni giorno sia speso con entusiasmo e passione. Auguri!

P. Damiano Antonino (SS.mo Corpo di Cristo, Nocera Inferiore), il 24 novembre; mons. Giuseppe Giordano (canonico teologo della cattedrale), il 29 novembre. Il vostro ministero pastorale sia sempre coraggioso annunciatore della gioia del Vangelo. Auguri!

Auguri di buon onomastico a: Padre Massimo Staiano (S. Maria Maddalena in Armillis, Sant’Egidio del Monte Albino), il 27 novembre, a Don Andrea Amato (San Giovanni Battista e San Bartolomeo Apostolo, Nocera Superiore) e don Andrea Annunziata (San Giovanni Battista, Nocera Inferiore), il 30 novembre. Ai Santi di cui portate il nome affidiamo le vostre vite, perché siano esempio luminoso per le comunità che vi sono affidate. Auguri!

Auguri di buon compleanno ai nostri referenti: Giuseppe Seccia (S.S. Apostoli Simone e Giuda, Nocera Inferiore) ha festeggiato il compleanno il 7 novembre; Maria Ermelinda Di Lieto (S. M. Maddalena in Armillis, S. Egidio del Monte Albino) ha spento le candeline il 9 novembre; Laura Della Casa (Maria Immacolata, Nocera Inferiore) ha compiuto gli anni l’11 novembre; Ornella D’Auria (S. Anna, Fosso Imperatore) festeggia il compleanno il 19 novembre; il professore Raiola (S. Sisto II, Pagani) compie gli anni il 22 novembre; Andrea Pappacena (S. Alfredo Sarno) spegne le candeline il 25 novembre. A voi, preziosi messaggeri del Vangelo, giungano gli auguri più cari della redazione di Insieme.

Redazione in festa La vicedirettrice di Insieme, Antonietta Abete e Alfonso Sessa hanno coronato il loro sogno d’amore, lo scorso 2 ottobre. Nel giorno della festa degli Angeli Custodi, siano l’uno per l’altra custodi del loro legame, illuminati dalla Grazia di Dio. La redazione formula i più affettuosi auguri agli sposi.

Andrea Pappacena

Ornella D’Auria

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PAGINE DELLA NOSTRA STORIA di Silvio Longobardi

Innamorato dell’Eucarestia

San Pio X (1835-1914)

È

morto un secolo fa. Pio X è il primo Papa del Novecento ad essere proclamato santo. Il primo di una lunga serie. Il centenario purtroppo non ha avuto l’eco che meritava. Non era un intellettuale ma un pastore d’anime, figlio di umili contadini veneti che la Provvidenza ha condotto, passo dopo passo, ad occupare il posto più alto nella Chiesa cattolica. Nel 1903, anche grazie ad una serie di fattori del tutto imprevisti, il cardinale Giuseppe Sarto, patriarca di Venezia, fu eletto Papa e assunse il nome di Pio X. Il suo fu un pontificato ricco di iniziative. Molti studiosi oggi ricordano la sua fermezza dottrinale. Ma prima e più ancora dobbiamo sottolineare l’amore per l’Eucaristia. Il Papa era profondamente convinto che il rinnovamento ecclesiale – che egli voleva attuare con tutte le forze – passava attraverso una più fervente scelta eucaristica. “Instaurare omnia in Christo” era il suo motto, tratto da san Paolo: “ricondurre a Cristo tutte le cose” (Ef 3,10). Se Cristo è il centro della storia, se tutto trova in Lui la sua sorgente e la sua ragione, occorre permettere ai fanciulli di incontrarlo appena possibile, anche nella più tenera età. Per questo Pio X comandò di rettificare la tradizione pastorale fino ad allora seguita anticipando la recezione eucaristica: a sette anni un fanciullo è già in grado di comprendere l’importanza del sacramento e di prepararsi in modo adeguato. Era questa l’età minima per accostarsi alla mensa eucaristica. Fu una vera rivoluzione. In contrasto con una prassi – ancora ampiamente diffusa nella Chiesa d’inizio secolo – che guardava con eccessivo timore al mistero eucaristico, Papa Sarto fece comprendere l’importanza della comunione frequente, anche quotidiana. Per favorire questo obiettivo ridusse a tre ore il digiuno eucaristico. Per quanto possibile favorì la nascita di varie

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Pio X non era un intellettuale ma un pastore d’anime, figlio di umili contadini veneti che la Provvidenza ha condotto, passo dopo passo, ad occupare il posto più alto nella Chiesa cattolica. Il primo Papa del Novecento ad essere proclamato santo associazioni che avevano lo scopo di alimentare l’amore per l’Eucaristia. Negli anni del suo pontificato iniziò a diffondersi la fama di santità di una giovane monaca carmelitana: Teresa di Lisieux. Si racconta che quando Pio X lesse alcuni scritti di Teresa, rimase affascinato soprattutto da una lettera che la santa aveva scritto alla cugina Maria (Lettera 92). Prendendo le distanze dalla consuetudine allora vigente, Teresa consiglia di non allontanarsi mai dall’Eucaristia perché è come abbandonare Gesù. È l’unione con Lui che ci dona la forza per vincere il male. Queste parole furono per il Papa come una conferma di quello che egli già portava nel cuore: senza la grazia, ricevuta nel battesimo e alimentata dall’Eucaristia, i cristiani non possono vivere secondo il Vangelo. Fu san Pio X a introdurre la causa di beatificazione di Teresa di Lisieux il 10 giugno 1914, uno degli ultimi atti prima della morte avvenuta due mesi dopo. Pio X diede un forte impulso anche alla catechesi in preparazione alla Prima Comunione, famoso il Catechismo che porta il suo nome, pubblicato nel 1908. In questo modo egli voleva sottolineare che la partecipazione eucaristica non doveva essere un semplice ossequio alla tradizione ma una chiara scelta di fede che la Chiesa ha il dovere di suscitare anche nei più piccoli. Questo testo, fatto di domande e risposte, voleva trasmettere in modo semplice i contenuti fondamentali della fede. Ha avuto ampia diffusione fino al Vaticano II. Poi è stato abbandonato. Cambiano le forme e i metodi, ma la passione che animava Papa Sarto deve restare l’anima della comunicazione, egli voleva rispondere alla richiesta fatta dallo stesso Gesù: “Non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli” (Mt 19,14). Un invito e un monito che appare ancora più attuale per l’oggi.


CULTURA Arte... rischi

I Santi… orfani

L’

agiografia cattolica rappresenta i suoi Santi, di solito, con attributi chiari e precisi che rimandano direttamente all’immagine. Attraverso i simboli li possiamo riconoscere: due ampolle ci parlano di Gennaro di Napoli, due candele incrociate alla gola ci rimandano a Biagio di Sebaste, tre fanciulli in una botte ci ricordano Nicola di Mira, gli occhi su un piatto per Lucia di Siracusa, una ruota chiodata per Caterina d’Alessandria. Ma quando ci troviamo un Santo con Gesù Bambino tra le braccia pensiamo subito a S. Giuseppe o S. Antonio di Padova o a S. Gaetano o S. Stanislao Kostka, fino a P. Pio di Pietrelcina (la cui iconografia col Bambino è piuttosto rara). Naturalmente le immagini li ritraggono col pargoletto tra le braccia o seduto sul libro o in posizione diversa. Se pensiamo che la devozione popolare ha riempito le nostre chiese di questi Santi, pensiamo a quanti Bambini sono stati scolpiti (e dipinti) insieme ai loro padri… adottivi! E c’è stato un tempo in cui proprio i Piccoli (insieme agli angioletti) sono stati i pezzi più esposti all’alienazione, al furto e quindi al rischio del trafugamento. Allora bisogna ricorrere a manufatti di resina, di plastica, di terracotta o altro materiale scadente che non attira più

di don Natalino Gentile

di tanto l’attenzione dei ladri. Ma nel frattempo quanti Bambini hanno lasciato… il nido e sono volati altrove. La fortuna di qualche Santo è stata quella che il gruppo scultoreo è inscindibile ed i ladri non hanno potuto “strappare” il Bambino; ma di solito l’appoggio è leggero, un piccolo perno, un buchetto per il sederino ed in pochi secondi lo stacco. Attenzione allora perché ancora oggi sono appetibili e qualche parroco prudente mette l’originale (quegli splendidi manufatti del 700-800, dalle gote rosate e dalle mani a pagnottella, delizia ed incanto di chi li ammira) in cassaforte, sostituendolo con un manufatto discutibile, a volte persino indecente. Pensiamo anche alle varie Madonne con i Bambini. É davvero uno strazio vedere quella mano aperta che aspetta, con quel chiodo fissato nel palmo, il ritorno del Figlio! Anche questa è violenza sui minori.

Recensione

La realtà è più importante dell’idea

di Rossella Grande

L’ultimo volume pubblicato nella collana “La gioia del Vangelo” dell’Editrice Ave

«A

vete mai visto infelice un operatore che nelle periferie delle nostre città e del nostro mondo si occupa dei poveri, degli ultimi, degli ammalati?». Questa è la domanda provocatoria che pone l’autore, esperto docente di politiche per lo sviluppo sostenibile, a cui fa da contraltare la risposta, altrettanto provocatoria, che la migliore terapia contro l’infelicità è quella di essere cristiani generosi e gioiosi, come ci chiede il Papa. Il volume è l’ultimo uscito nella nuova collana “La gioia del Vangelo” che l’Editrice AVE dedica ai temi dell’Evangelii Gaudium, in occasione del suo primo anniversario, attraverso il pensiero di autorevoli esperti. La collana racconta, alla luce dell’esortazione apostolica di papa Francesco, come è possibile portare la gioia del Vangelo sulle strade del mondo e testimoniare forme visibili e vivibili di essere cristiani nell’oggi. Non mancano oggi ai popoli, ai giovani, alle istituzioni idee chiare di giustizia globale. Mancano invece progetti chiari e a tutti comprensibili per trasformare l’idea di Amore per l’umanità in una realtà e per mobilitare milio-

ni di persone a fare lo stesso. Continuiamo a discettare sulle idee ma perdiamo di vista la realtà, e il fatto che tra l’idea e la realtà c’è un’enorme differenza. Pace e disarmo, salvaguardia del creato, giustizia economica e sociale, sussidiarietà: i temi cruciali sul fronte dei quali vinceremo o no la scommessa con il futuro. Partendo da ideali forti. Il testo intende spronare con autorevolezza tutti, e particolarmente i giovani, verso la concretezza inequivocabile della realtà, affinché l’ideale trovi casa e si realizzi, secondo l’esortazione stessa di papa Francesco.

Sandro Calvani La realtà è più importante dell’dea Per una nuova corresponsabilità globale pp. 112, € 8 - Editrice AVE www.editriceave.it

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LE SUORE FRANCESCANE DI SANT’ANTONIO: LA STORIA Chiesa del Convento di sant’Antonio ai Monti, Napoli

il Convento

di sant’Antonio ai Monti Il legame tra Suor Maria Luigia e il convento di sant’Antonio ai Monti nel quale la Serva di Dio trascorse l’ultimo mese della sua vita

L

a storia del Convento di sant’Antonio ai Monti riveste un ruolo importante nella vita dell’Istituto, a cominciare dal suo stesso nome: “Suore Francescane di sant’Antonio”. Molti conventi hanno avuto legami particolari e significativi con i fondatori dei rispettivi enti. Pensiamo, ad esempio, alla casa religiosa dei Redentoristi di Pagani. Essa, per certi aspetti, s’identifica con sant’Alfonso che vi ha trascorso buona parte della sua vita e vi rimane con i suoi resti mortali. Pensiamo a quella di Materdomini che s’identifica con san Gerardo il quale vi ha vissuto gli ultimi anni della sua breve esistenza e vi riposa dal 1755. I conventi di Assisi, di Padova, di Cascia testimoniano lo stesso rapporto con san Francesco, sant’Antonio e santa Rita. E gli esempi potrebbero moltiplicarsi. Dunque, vi sono case religiose che s’identificano con culti di santi e Santi che s’identificano con determinati conventi. È questo è il legame della serva di Dio Suor Maria Luigia del Cuore di Gesù con il monastero di sant’Antonio ai Monti di Napoli di cui parliamo in questo appuntamento. La prima casa di Suor Maria Luigia. È vero che la nostra Serva di Dio ha vissuto solo l’ultimo mese della sua vita in questa casa, ma Lei ha fortemente desiderato quel convento. È riuscita A ad ottenere quella casa, con mille difficoltà, solo al termine della sua vita. Quelle mura sono state la sua prima ed

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unica abitazione, (le due precedenti erano state prese in affitto); quel convento è ancora il luogo del suo riposo terreno; quell’abitazione è stata il principale punto di riferimento di tutta la vita dell’Istituto dal 1829 ad oggi. Ho fatto riferimento a Pagani, Materdomini, Assisi… ma tra il Convento di sant’Antonio ai Monti e gli altri menzionati c’è una sostanziale differenza: i primi sono nati e sono stati strutturati in vista della funzione che hanno effettivamente svolto nel tempo; quello di sant’Antonio è nato con una finalità diversa rispetto a quella che ne ha determinato lo sviluppo successivo, dettato dalle esigenze che man mano sono nate per la vita religiosa che vi si è svolta. Il risultato finale è stato una struttura anomala, simile a quella di tante abitazioni vecchie che si sono ingrandite sempre e solo in ragione delle esigenze emergenti volta per volta. Uno stabile sempre fatiscente. In conclusione quello che certamente si può affermare è che a Suor Maria Luigia, più che un convento, fu data una chiesa con pochissime stanze annesse in pessimo stato e che lo stabile, per mancanza di manutenzione dovuta all’estrema povertà delle Suore, fu sempre fatiscente; che le religiose vi vissero con eroica abnegazione e sacrifici indescrivibili; che le povere figlie di Suor Maria Luigia non furono mai esaudite nelle continue richieste di sussidi inviate soprattutto a Ferdi-

nando II di Borbone; che il vero accomodo e l’ampliamento della struttura furono dovuti alla riformatrice dell’Istituto, Madre Chiara Luciano la quale, nel 1896, con mezzi propri ne curò la fabbrica; che l’ulteriore intervento di ristrutturazione e aggiornamento (ascensore compreso) il convento l’ebbe con la Superiora Generale, Suor Letizia Manganelli, negli anni sessanta del secolo scorso. La Casa Madre delle Suore Francescane di sant’Antonio sta ricevendo ora l’ultima trasformazione per riadattarsi ancora una volta alle nuove esigenze dell’Istituto, e questo grazie a Madre Tecla Giannubilo. Notizie storiche. Attraverso gli storici della città di Napoli - S. D’Aloe, G. Sigismondo, I. Ferraro, C. Celano, F. Divenuto, V. Regina, Chiarini, S. Crauso - sappiamo che l’attuale chiesa di S. Antonio, una volta chiamata di Santa Maria ai Monti, fu eretta dalle famiglie Ferrante e Cuomo nel 1563 con piccolo convento occupato prima dai Padri della Mercede, poi dai Conventuali. Ristrutturato da Madre Chiara Luciano, lo stabile fu adoperato come casa generalizia del riformato Istituto fino al 1968, quando la sede del Consiglio Generale fu trasferito a Roma; come casa di noviziato e di convittrici; come ospizio per signore anziane e Istituto scolastico con classi numerosissime di alunni di scuole materne ed elementari. (Continua nel prossimo numero). Paolo Saturno CSsR


IL LEGALE RISPONDE

Parola ai clienti, veri o virtuali? Mario racconta la sua esperienza con alcuni commenti pubblicati su una delle ultime piattaforme nate per la condivisione tra utenti di recensioni su ristoranti e alberghi Caro avvocato, insieme a mia moglie ho deciso di investire i risparmi di una vita aprendo un piccolo albergo in Costiera Amalfitana. Abbiamo dedicato tempo e passione per accogliere al meglio i nostri ospiti facendo poi una scoperta sorprendente. Su un portale web alcuni “clienti” hanno lasciato commenti negativi sulla nostra struttura. Sorprendente perché risalendo a date e nomi abbiamo scoperto che questi signori non hanno mai messo piede nel nostro albergo. Come possiamo tutelarci? Mario La diffamazione, così come l’ingiuria, consiste in una manifestazione del pensiero, che rileva, ai fini della consumazione del reato, nella misura in cui l’espressione offensiva venga a conoscenza di un’altra persona o comunque sia da altri percepita. L’offesa alla reputazione costituisce il nucleo della norma incriminatrice, che punisce chi cerca di scalfire e, in effetti, scalfisce la stima di cui taluno gode tra i consociati. La ratio della norma è evidente nelle ulteriori previsioni che aggravano la fattispecie di reato in argomento e che sanzionano con maggiore rigore la diffamazione che avviene mediante la stampa. È agevole notare che in presenza di tali circostanze aumenta l’idoneità offensiva della condotta posta in essere dall’agente e la reputazione dell’offeso che risente di un danno più grave. Nel vostro caso, l’offesa si è concretizzata on line, per cui tale ipotesi costituisce una fattispecie di reato più grave. La diffamazione on line può compiersi in due modi, o mediante il mezzo della stampa telematica o mediante il semplice mezzo di internet. Nel primo caso possiamo far riferimento alla giurisprudenza che da anni si pronuncia sui casi connessi alla stampa cartacea e radiotelevisiva, e che dunque non pone eccessivi interrogativi. Lo stesso articolo 595 del codice penale contempla l’ipotesi della diffamazione on line, laddove prevede che

si possa ritenere consumata la diffamazione anche ove si realizzi mediante un mezzo di pubblicità. Nella percezione normativa consolidatasi, internet costituisce proprio un mezzo di pubblicità, in quanto idoneo e sufficiente affinché una notizia o espressione diffamatoria raggiunga una pluralità di soggetti.

LA TUTELA PER IL DANNEGGIATO A vostra tutela, l’ordinamento giuridico riconosce anche un diritto al risarcimento del danno prodotto dall’autore del reato. In tal senso occorre analizzare tutte le conseguenze connesse alla diffamazione: i danni che possono andare dalla perdita di clientela e di guadagni, nel caso di persona che ha denigrato la operatività commerciale di un soggetto, ha diffuso notizie in merito alla sua insolvenza o comunque ha accusato un soggetto di essere inaffidabile. Ma anche danni prettamente morali, consistenti nella offesa alla reputazione che può provocare un grave impedimento a sentirsi ben accetti nella propria comunità o che può costringere un soggetto a doversi discolpare dalle accuse diffamatorie e quindi subire un grave danno alla reputazione ed all’onore, quantificabile secondo il grado di offesa, tenendo conto dei fatti, della quantità e qualità dei soggetti destinatari di tali narrazioni nonché del mezzo mediante cui la diffamazione è compiuta. Pertanto, non vi resta che rivolgervi ad un avvocato che tuteli i vostri diritti lesi! Avv. Giovanni Severino

L’avv. Severino Giovanni è laureato in Giurisprudenza ed è iscritto all’albo degli avvocati di Nocera Inferiore. Ha uno studio a Pagani (Sa), in Via Taurano, tel. 081 91 59 56 e uno a Mercato San Severino (Sa), in via Ferrovia n.44, cell. 328 94 92 322.

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LE PAROLE DELLA CRISI di Peppe Iannicelli

Nuovo appuntamento con la nostra rubrica, uno spazio per riflettere attraverso le parole sul periodo sociale e politico che stiamo vivendo. La parola che vi proponiamo questo mese è: carne

Vegetariano no, consumatore attento sì Sono 280 milioni le tonnellate di carne prodotte all’anno, secondo la FAO. Per promuovere modelli di produzione più virtuosi è necessario cambiare stili di consumo e badare al modo in cui sono prodotti gli alimenti. Ecco come

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on sono un animalista fanatico o un vegetariano militante. Ma sto riducendo progressivamente il consumo di carne. Cerco di mangiarne poca e buona, come facevano i miei nonni che senza saperlo stavano inventando la dieta mediterranea. Quel che arriva nel piatto è frutto di lavorazioni complesse che abbiamo il dovere di conoscere per compiere scelte consapevoli per la nostra salute e per il futuro del pianeta. Secondo i dati della FAO (World Food Outlook, 2008), nel mondo si producono circa 280 milioni di tonnellate di carne l’anno. Cambiare gli stili di consumo, badare al modo in cui sono stati prodotti gli alimenti che acquistiamo e a come sono stati allevati gli animali dai quali si ottengono significa promuovere modelli di produzione più virtuosi. Le carni destinate a soddisfare i consumi crescenti provengono da allevamenti intensivi dove gli animali sono trattati come macchine per la produzione di latte o di carne: selezionati per garantire alte rese, vivono pochi anni (o poche settimane, nel caso dei polli) e, a fine carriera, sono smaltiti come scarti industriali. Queste lavorazioni intensive stanno sconvolgendo anche il gusto dei consumatori. Provate a far mangiare un pollo ruspante – scuro e duro ma buonissimo – ad un bambino abituato ai polli d’allevamento chiari e morbidi.

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Esiste anche una carne di qualità, prodotta in allevamenti estensivi e più sostenibili

Slow Food sta avviando una campagna internazionale su due temi molto importanti e strettamente collegati: il consumo della carne e il benessere degli animali da allevamento. Ogni americano mangia in media 125 kg di carne l’anno, mentre la media europea è di 74 kg. La domanda è in crescita ovunque e anche in alcuni Paesi in via di sviluppo, a causa dell’aumento dei redditi e della classe media urbana. Il consumo di carne in Cina è eclatante: è passato da una media di 20 kg pro capite nel 1980 a 52 kg (Livestock’s long shadow report, FAO, 2006). Col trend di crescita attuale, nel 2050 il consumo di carne raggiungerà i 450 milioni di tonnellate l’anno: una situazione ecologicamente insostenibile, perché i prodotti di origine animale hanno un impatto sul clima nettamente superiore rispetto a quelli vegetali. La produzione di calorie animali, infatti, esige un volume sproporzionato di cereali e leguminose: sono necessarie 4 calorie vegetali per produrre una caloria di carne di pollo o di maiale, 11 per la carne ovina e bovina. Inoltre, per produrre i mangimi animali (perlopiù costituiti da mais e soia, quasi tutta Gm) sono richieste quan-

tità d’acqua elevatissime, cui si aggiunge l’acqua destinata all’abbeveraggio e al mantenimento del bestiame. Chi mangia una bistecca consuma circa 2600 litri di acqua! Il 30% della superficie agricola del pianeta oggi è occupato da coltivazioni destinate alla produzione zootecnica e ottenute deforestando ampie porzioni di territorio per fare spazio a cereali e leguminose oppure ai pascoli. Nel bilancio negativo delle produzioni intensive di carne mondiali vanno considerati poi i costi legati alle emissioni carboniche, al trasporto degli animali e alla distribuzione della carne. Ma esiste anche una carne di qualità, prodotta in allevamenti estensivi e più sostenibili i cui gli animali si nutrono di erba, fieno e cereali prodotti localmente. La loro carne è ottima, gli allevamenti sono in equilibrio con l’ambiente, anzi sono necessari all’ecosistema in cui si trovano. Gli allevatori sono attenti alla salute dei loro animali e li trattano con rispetto. Le nostre scelte di consumatori sono strategiche e decisive. Ogni fettina di troppo rende più difficile il futuro del pianeta Terra. È il momento di darci un taglio.


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Foto Salvatore Alfano

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