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MAriA luisA vAllAuri, Quando l’assegnazione al lavoro agile è un diritto ......................................... »

tribunale di roMa ordinanza 21 gennaio 2021 n. 5961; Est. Vincenzi – S.D.F. c. L. S.p.a.

Lavoro (rapporto) – lavoro agile – esigenze di cura – astratta eseguibilità della prestazione in modalità agile – diritto alla assegnazione – sussistenza

A fronte del ricorrere di esigenze di cura, un diritto alla assegnazione al lavoro agile sorge, così come previsto dalla normativa emergenziale, quando le caratteristiche della prestazione di lavoro dedotta nel contratto siano anche solo astrattamente compatibili con siffatta modalità di svolgimento del lavoro.

(Omissis)

Con ricorso ex 700 c.p.c. depositato telematicamente il 4.12.2020 ed iscritto a ruolo il 7.12.2020 la sig.ra S.D.F., laureata in giurisprudenza ed iscritta nell’Albo dei Giornalisti del Lazio, esponeva: di essere stata assunta nel 2005 dall’allora Alenia Aeronautica S.p.A., società soggetta al controllo e coordinamento di Finmeccanica spa, con inquadramento nel livello VII del CCNL dipendenti industria metalmeccanica e mansioni di “Addetta alle Relazioni Esterne”, con sede di lavoro in Roma; che nel 2011, a seguito di fusione, la ricorrente passava alle dipendenze della Società Alenia Aermacchi ex art. 2112 c.c., mantenendo identici inquadramento, funzione e sede di lavoro; che nel mese di dicembre 2012 la ricorrente riceveva due lettere dal datore di lavoro: con la prima le veniva comunicato il distacco presso Finmeccanica S.p.A. in Roma, presso la direzione Group Security Office, dal 1.1.2013 al 31.12.2013, con lo stesso inquadramento originario, con la seconda le veniva comunicato il trasferimento presso la sede Alenia Aermacchi di Torino Caselle al termine del periodo di distacco in Finmeccanica; che nell’agosto del 2014 alla madre della ricorrente, sig.ra M.M. veniva riconosciuto lo stato di persona “portatore di handicap in situazione di gravità” ai sensi dell’art. 4 L.104/92; che, non avendo alcun altro familiare che potesse assisterla, la sig.ra M.M. si trasferiva presso la ricorrente in Roma, in via OMISSIS; che la ricorrente, avendo necessità di assistere la madre in via continuativa, presentava richiesta di congedo straordinario; che il congedo le veniva concesso dall’INPS con decorrenza 5.1.2015 e con scadenza al 3.1.2017; che a decorrere dal 1.1.2016 Alenia Aermacchi S.p.A. veniva incorporata a seguito di scissione parziale in Finmeccanica S.p.A. (ora Leonardo S.p.A.) con conseguente passaggio della ricorrente alle dipendenze della società resistente ex art. 2112 c.c.; che in vista della scadenza del periodo di congedo con lettera del 25.2.2016 la ricorrente, che era assegnata presso la sede di Torino Caselle, esercitava il diritto ad essere trasferita presso l’unità produttiva più vicina alla residenza della madre (omissis) ai sensi dell’art. 33, l. n. 104 del 1992, ovvero presso la sede aziendale di Piazza Monte Grappa n. 4; che la Società convenuta non rispondeva; che la richiesta veniva reiterata dopo qualche mese, anche mediante trasmissione con posta elettronica certificata, non ricevendo alcuna risposta; che seguiva una terza richiesta in data 7.12.2017, parimenti rimasta senza risposta; che la ricorrente, nel frattempo, veniva colpita da una sindrome ansioso depressiva reattiva legata alle vicende lavorative, e, tra l’altro, da una “accentuata claustroagora fobia che non consente alla paziente l’utilizzo di mezzi di trasporto pubblici e privati per la propria ed altrui incolumità” con conseguente “impossibilità all’uso di mezzi privati e pubblici” e necessità di effettuare “spostamenti unicamente a piedi”, come comprovato dalle certificazioni mediche allegate al ricorso; che, considerata la suddetta condizione psico-fisica, la ricorrente era costretta ad assentarsi per malattia nei periodi dal 4.1.2017 al 9.2.2017; che in data 23.1.2017 chiedeva che le venisse concessa l’aspettativa non retribuita per malattia, poi prorogata sino al 28.2.2019; che la ricorrente proponeva quindi, in vista del superamento del periodo di comporto, un ricorso ex art. 700 c.p.c. per ottenere l’assegnazione in una unità produttiva all’interno del Comune di Roma, azionando il diritto di cui all’art.33 comma 5 della L. 104/92; che nel corso del giudizio cautelare la società proponeva in via transattiva l’assegnazione alla sede aziendale di Via Tiburtina, in regime di distacco presso una distinta società del gruppo; che la ricorrente dichiarava di non poter accettare la proposta in ragione dei certificati disturbi che le impedivano, e le impediscono tuttora, di fare uso di mezzi pubblici e privati tragitti anche brevi; che con ordinanza del 4.9.2019 il Tribunale di Roma, in accoglimento del ricorso ex art. 700 c.p.c. depositato dalla ricorrente così disponeva: “Accogliendo il ricorso cautelare promosso da nei confronti di Leonardo SpA, ordina alla datrice di lavoro, ai sensi all’art. 33, comma 5, L. 104/1992, di assegnare la ricorrente ad una sede di lavoro all’interno del territorio di Roma Capitale”; che a fronte della decisione, la società disponeva il trasferimento della Dott.ssa S.D.F. presso la sede di Via Tiburtina Km.12,400; che la lavoratrice contestava la

nuova assegnazione, deducendone la natura ritorsiva e, comunque, evidenziando come si presentasse inidonea ad integrare una corretta ottemperanza all’ordine del Tribunale; che la ricorrente prendeva comunque regolarmente servizio presso la sede di Via Tiburtina in data 5.11.2019; che in occasione dell’accesso apprendeva che si sarebbe dovuta occupare di monitorare, redigere e rielaborare documenti di pertinenza della struttura “Compliance” della società, facente capo alla Dott.ssa P.A.; che successivamente era costretta ad assentarsi nuovamente per la medesima patologia che già in precedenza la affliggeva, aggravata dall’assegnazione presso la sede più distante possibile all’interno del territorio di Roma Capitale; che proponeva quindi ricorso ex art. 669 duodecies c.p.c. per ottenere l’esatto adempimento dell’ordinanza cautelare ottenuta; che il Tribunale rigettava il ricorso ritenendo l’ordinanza emessa all’esito dell’art. 700 c.p.c. pienamente satisfattiva delle domande proposte in sede cautelare; che in ragione della situazione di emergenza dovuta alla pandemia per Covid 19, vista anche la propria impossibilità di fare ricorso a mezzi di trasporto pubblici o privati, in data 8.7.2020 la ricorrente formulava una prima richiesta di collocamento in “lavoro agile” ai sensi dell’art 39, D.L. n. 18/2020, così come modificato in sede di conversione dalla Legge n. 27/2020, senza ottenere alcuna risposta; di avere riproposto l’istanza in data 1.9.2020, rimasta parimenti senza risposta; che la gran parte dei lavoratori di Leonardo S.p.A., con particolare riferimento a quelli addetti alla sede di Via Tiburtina ed al settore “Compliance”, attualmente fruiscono del lavoro agile; che permanendo l’attuale condizione di malattia, la ricorrente giungerà a concorrenza del periodo di comporto per malattia alla data del 9.1.2021; che l’impossibilità di utilizzare mezzi di trasporto pubblici e privati, anche a prescindere dall’attuale condizione di rischio legato alla pandemia da Covid 19, è stata nuovamente attestata dall’Unità Operativa di Neurologia dell’Ospedale San Giovanni Calibita Fatebenefratelli in data 6.7.2020.

In punto di diritto la parte ricorrente deduceva: che risulta ingiustificato, discriminatorio e ritorsivo il tacito diniego opposto dalla società convenuta alle richieste della ricorrente di poter rendere la prestazione in modalità “agile”; che l’art. 39 D.L. 17 marzo 2020 n.18, convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, dispone che “Fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, i lavoratori dipendenti disabili nelle condizioni di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità nelle condizioni di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile ai sensi dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione”; che si tratta di un vero e proprio diritto soggettivo che sussisterà quantomeno fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica, fissato ad oggi per il 31.1.2021; che le mansioni della ricorrente risultano del tutto compatibili con lo svolgimento di una prestazione in modalità agile, poiché attività di natura squisitamente intellettuale; che, con riferimento al periculum in mora, la mancata concessione del lavoro agile alla ricorrente è idonea ad arrecarle un danno grave ed irreparabile sotto molteplici profili; che il collocamento in lavoro agile, salvaguardando la prestazione lavorativa della ricorrente, le permetterebbe di evitare qualsiasi rischio di contagio collegato allo spostamento con mezzi pubblici ed alla fruizione di spazi comuni sul luogo di lavoro, riducendo altresì il rischio di contagio ai danni della madre, ultraottantenne invalida affetta da molteplici patologie e “vulnerabile” al virus Covid 19; che l’obbligo di esporsi al rischio di contagio nel percorso per raggiungere il luogo di lavoro e sul luogo di lavoro, conseguente al mancato riconoscimento del diritto al lavoro agile, integra un rischio di danno grave ed irreparabile in riferimento alla salute ed all’integrità fisica della ricorrente e della di lei madre; che il Tribunale di Roma ha già affrontato un caso analogo, riconoscendo in via cautelare il diritto al collocamento in lavoro agile in favore di una lavoratrice ammessa ai benefici di cui alla L.104/92 per l’assistenza di un familiare disabile, ed a sua volta affetta da una sindrome ansioso depressiva.

Tanto esposto la ricorrente concludeva chiedendo di volere: “accertare e dichiarare il diritto della ricorrente a svolgere la propria prestazione lavorativa in modalità “agile”, anche ai sensi dell’art. 39 comma 1 del D.L.18/2020, a tempo indeterminato e, in ogni caso, sino al perdurare dell’emergenza epidemiologica attualmente prevista sino al 31 gennaio 2021 e per l’effetto ordinare alla società resistente di consentire alla Dott.ssa S.D.F. lo svolgimento delle proprie mansioni in modalità di lavoro agile”.

La Leonardo spa si costituiva in giudizio depositando memoria difensiva telematica ed allegato fascicolo chiedendo di volere:” respingere il ricorso proposto dalla Dott.sa S.D.F., in quanto infondato in fatto ed in diritto, stante l’insussistenza di entrambi i requisiti richiesti ex lege del periculum in mora e del fumus boni iuris. Con vittoria di spese, competenze ed onorari”.

In particolare la società resistente deduceva: che il ricorso cautelare è inammissibile per carenza dei presupposti necessari per la pronuncia di un provvedimento d’urgenza; che difetta un pregiudizio imminente ed irreparabile in capo alla ricorrente; che dalla data di emissione dell’ultimo provvedimento cautelare e anche in precedenza e sino a tutt’oggi la ricorrente è stata ininterrottamente assente per malattia, congedo e ferie; che pertanto non sussiste il rischio attuale di un grave ed irreparabile pregiudizio; che l’urgenza non potrebbe essere rinvenibile nel rischio del superamen-

to del comporto, posto che una tale evenienza potrebbe essere evitata dalla ricorrente medesima se questa è in grado di rendere la prestazione lavorativa, a prescindere dalle modalità in cui essa è resa; che la Società non ha mai negato alla ricorrente la possibilità di rendere la prestazione lavorativa in modalità agile; che tuttavia la perdurante assenza della medesima dal lavoro sin dal 5.11.2019 ed a tutt’oggi, in uno con la mancata accettazione del distacco presso Leonardo International S.p.A., seppur per svolgere attività compatibili con il suo inquadramento e profilo, ha reso impossibile assegnare la ricorrente ad una specifica funzione ed attività, con la conseguenza che il contenuto della prestazione da svolgere in modalità agile sarebbe di difficile individuazione; che la dottoressa S.D.F. è stata assunta il 3.10.2005 in Alenia Aeronautica S.p.A. come Impiegata di 7° livello e le mansioni di Addetta Ufficio Stampa presso la Funzione Relazioni Esterne, a Roma alla Via Campania; che a seguito della fusione tra Alenia Aeronautica S.p.A. e Aermacchi S.p.A., che ha dato vita ad Alenia Aermacchi, l’azienda ha, tra l’altro, proceduto ad una graduale chiusura degli uffici di Roma con ricollocazione di gran parte delle Direzioni sul sito di Torino Caselle; che anche la Direzione di appartenenza della ricorrente (Relazioni Esterne) è stata ricollocata a Torino Caselle per ragioni organizzative; che a dicembre 2012, avendo Alenia ormai chiuso tutte le sedi di Roma, alla ricorrente è stato comunicato che al termine del distacco presso FGSE (disposto dall’1.1.2013 al 31.12.2013), la sua sede lavorativa sarebbe stata lo stabilimento di Torino Caselle (Ufficio Relazioni Esterne); che di fatto, però, la ricorrente non ha mai iniziato il lavoro nella sua nuova sede, stante il protrarsi delle sue assenze a vario titolo (malattia, congedo parentale, ferie, permessi ed altro); che dal 1° aprile 2017 al 31 marzo 2019, la ricorrente è stata in aspettativa non retribuita per malattia; che nel corso di un processo organizzativo e riorganizzativo della resistente si è inserito il primo procedimento cautelare avviato dalla ricorrente con il quale la stessa ha chiesto di essere trasferita presso una delle sedi di Roma Capitale considerato che, ex art. 33 l. 104/1992, assisteva la madre affetta da grave disabilità; che a fronte del predetto procedimento cautelare la ricorrente ha ottenuto il diritto ad essere assegnata, “ad una sede di lavoro all’interno del territorio di Roma Capitale”; che la Società ha ottemperato al disposto giudiziale e con decorrenza da novembre 2019 ha assegnato la ricorrente presso la sede di Roma, sita in via Tiburtina km 12,400; che la scelta organizzativa della sede indicata è stata determinata dall’impossibilità di assegnare la ricorrente ad altra Divisione della Società; che, considerato il curriculum della S.D.F., non è stato possibile assegnare la medesima ad alcuna posizione in quanto non esistevano all’epoca, e non esistono oggi, posizioni vacanti; che anche su Roma, sia nei siti delle varie Divisioni che a livello centrale di Corporate, anche presso le sedi di Pastrengo, Flaminia, Faustiniana, oltre che P.zza Monte Grappa non vi erano, né vi sono, posizioni vacanti equivalenti; che il 4.11.2019 la ricorrente si è recata presso gli uffici della convenuta siti in via Tiburtina km 12,400 ed in tale occasione alla medesima è stato rappresentato che per assecondare le sue aspettative professionali e le sue attitudini sarebbe stata distaccata presso la Società Leonardo International S.p.A. così da poter continuare a svolgere attività compatibili ed in linea a quelle svolte in precedenza; che in tale occasione la ricorrente, pur essendosi verbalmente dichiarata soddisfatta della nuova assegnazione, ha dichiarato di non essere disponibile a recarsi presso la sede di via Tiburtina km12.400 in quanto, seppur tra quelle di Roma Capitale richieste, era troppo distante dalla sua abitazione e non avrebbe agevolmente potuto raggiungerla stante la sua difficoltà psicologica ad utilizzare mezzi pubblici e privati; che dal 5.11.2019 la ricorrente non si è più recata al lavoro e risulta a tutt’oggi assente e, in conseguenza di ciò, non è stato possibile assegnarle ad oggi nessuna effettiva attività; che con ricorso ex art. 669 duodecies c.p.c. la sig.ra S.D.F. ha richiesto al Tribunale di Roma, Sezione Lavoro, di “Accertare e dichiarare il diritto della ricorrente alla scelta ed all’assegnazione alla sede di lavoro più vicina al proprio domicilio anche ai sensi dell’art 33 comma 5 L.104/92, e per l’effetto ordinare alla resistente di disporre il trasferimento comunque adibire immediatamente la ricorrente alla sede di Roma, Piazza Monte Grappa n. 4 o in altra sede all’interno del territorio di Roma Capitale”; che con provvedimento del 23.6.2020 il Tribunale di Roma, Sezione ha rigettato la nuova richiesta cautelare della ricorrente, ritenendo corretta ed in linea con il disposto giudiziale l’assegnazione della ricorrente presso la sede di via Tiburtina km. 12.400; che non avendo la ricorrente mai preso servizio, di fatto, presso la sua sede di assegnazione in via Tiburtina, né avendo mai accettato il distacco presso Leonardo International, non è stato possibile assegnarle strumenti aziendali, account di posta elettronica e credenziali di accesso ad essi, nonché attività; che inoltre non è mai stato possibile erogarle la formazione tanto in materia di attività quanto di sicurezza; che ai sensi della L. 81/2017 il 18.12.2019 è stato firmato un accordo sindacale di ricorso al lavoro agile che ha previsto che per i lavoratori che rispondevano ai requisiti richiesti era possibile fare ricorso al lavoro agile nei limiti e termini pattuiti, previa adesione individuale all’accordo; che tale accordo è poi stato prorogato sino a giungo 2020; che ad inizio pandemia la Società ha tuttavia deciso di fare ricorso massiccio al lavoro in modalità agile, anche in deroga a quanto previsto dal predetto accordo, ed in attuazione alle previsioni governative; che il ricorso alla modalità agile era tuttavia possibile solo per il personale munito di strumentazione aziendale informatica idonea e che svolgesse le funzioni descritte in memoria; che la ricorrente non ha

mai assunto il nuovo incarico, dunque non è mai stata formata, anche in materia di sicurezza, né ha mai fatto attività di affiancamento per le nuove funzioni; che inoltre, la ricorrente, sempre per tali ragioni, non era e non è in possesso di strumenti informatici aziendali che sono indispensabili, per policy aziendale, per lo svolgimento di attività lavorative in modalità agile; che nell’attuale contesto pandemico il legislatore ha previsto la facoltà e potestà del datore di lavoro di disporre la modalità del lavoro agile anche senza l’accordo del lavoratore; che tuttavia la possibilità, per il lavoratore, di svolgere la prestazione lavorativa in modalità agile è condizionata e limitata dal fatto che essa sia compatibile con le esigenze organizzative aziendali, tenuto conto della prestazione lavorativa assegnata al dipendente richiedente; che parimenti è accaduto con l’art. 90 del d.l. n. 34/2020 ove è previsto in capo ai lavoratori del settore privato che abbiano almeno un figlio minore di anni 14 il diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile “a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore…. ed a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione”; che dunque il diritto del lavoratore è sempre temperato dalla possibilità di esplicare la prestazione lavorativa in modalità agile, circostanza quest’ultima ribadita anche in un caso deciso da una recente ordinanza del Tribunale di Mantova che ha rigettato la domanda di un lavoratore di vedersi assegnato alla modalità agile ex art. 90 d.l. n. 34/2020; che la rivendica l’adibizione al lavoro agile sebbene non abbia mai preso, di fatto, servizio presso la sede di assegnazione di via Tiburtina e non abbia mai accettato ed espletato una prestazione lavorativa, per cui la valutazione di una sua compatibilità con l’espletamento di essa in modalità agile è impossibile; che il lavoro agile è attività lavorativa che presuppone che il rapporto di lavoro tra le parti sia in atto (e non sospeso come ad esempio nel caso della malattia e/o di permessi); che attualmente il rapporto tra le parti è sospeso perché la ricorrente è assente per malattia e ciò preclude alla convenuta di esercitare il potere direttivo ed organizzativo nei suoi confronti.

All’udienza del 18.1.2021, sentite le parti liberamente, dopo la discussione il Giudice si riservava.

Il ricorso è fondato.

Con riferimento al fumus boni iuris, presupposto indispensabile della tutela cautelare unitamente al periculum in mora si osserva quanto segue.

Dalla documentazione versata in atti emerge che: -la ricorrente, trasferita dalla precedente datrice di lavoro, Alenia Aermacchi SpA, presso la sede di Torino Caselle, dopo aver chiesto un periodo di congedo straordinario, per poter assistere la madre, riconosciuta portatrice di handicap in situazione di gravità, transitata nelle more alle dipendenze della resistente Leonardo SpA, alla scadenza del suddetto periodo di congedo, ha chiesto alla nuova datrice di lavoro di essere trasferita presso l’unità produttiva più vicina alla madre, sita all’interno del territorio di Roma Capitale; - respinta dalla resistente la richiesta di trasferimento, con ricorso ex art. 700 cpc la ricorrente ha chiesto di volere” accertare e dichiarare il diritto della ricorrente alla scelta ed all’assegnazione alla sede di lavoro più vicina al proprio domicilio anche ai sensi dell’art. 33 comma 5 L.104/92, e per l’effetto ordinare alla resistente di disporre il trasferimento o comunque adibire immediatamente la ricorrente alla sede di Roma, Piazza Monte Grappa n. 4, o in altra sede all’interno del territorio di Roma Capitale”; - con ordinanza n. 85270/2019 del 4.9.2019 il Tribunale di Roma sezione lavoro, in accoglimento del ricorso cautelare, ha ordinato alla datrice di lavoro Leonardo spa, ai sensi dell’art. 33 comma 5 L. 104/92, “di assegnare la ricorrente ad una sede di lavoro all’interno del territorio di Roma Capitale”; - con lettera del 21.10.2019 la società resistente ha disposto, in esecuzione dell’ordinanza cautelare del 4.9.2019 del Tribunale di Roma, il trasferimento della ricorrente, con decorrenza 1.11.2019, presso la sede di Roma, Via Tiburtina km 12,400; - con lettera del 30.10.2019 la società resistente ha l’intenzione di Leonardo spa di distaccare la sig.ra Compliance; alla Leonardo International spa presso l’Unità Organizzativa - con lettera del 30.11.2019 la società resistente ha confermato alla ricorrente il distacco presso la società Leonardo International spa via Tiburtina km 12,400 dal 1.11.2019 al 31.12.2019; - con ordinanza n. 51384 del 23.6.2020 il Tribunale di Roma sezione lavoro ha respinto il ricorso ex art. 669 duodecies c.p.c. depositato dalla ricorrente inteso ad ottenere “l’adozione del provvedimento ex art. 700 c.p.c., con l’adozione dei provvedimenti necessari e/o opportuni, la specifica sede di destinazione onde rendere effettiva la tutela giurisdizionale concessa, ed in particolare ordinare l’assegnazione della Dott. ssa S.D.F. alla sede di Piazza Monte Grappa, o ad altra sede presente nel territorio urbano, quali quelle di via Pastrengo o di via Flaminia”.

Si osserva che la resistente ha affermato nella memoria di costituzione che la ricorrente il 4.11.2019 si è recata presso gli uffici della convenuta siti in via Tiburtina km 12.400, rappresentando in tale occasione alla S.D.F. che “sarebbe stata distaccata presso la Società Leonardo International S.p.A. così da poter continuare a svolgere attività compatibili ed in linea a quelle svolte in precedenza” e che “In tale occasione la ricorrente, pur essendosi verbalmente dichiarata soddisfatta della nuova assegnazione, ha dichiarato di non essere disponibile a recarsi presso la sede di via Tiburtina km12.400...” (pag. 9).

La ricorrente, al contrario, nel ricorso ha allegato che, pur contestando la nuova assegnazione (tanto da presentare poi ricorso ex art. 669 duodecies c.p.c.), “prendeva comunque regolarmente servizio presso la sede di Via Tiburtina in data 5 novembre 2019” e che “In occasione dell’accesso, apprendeva che si sarebbe dovuta occupare di monitorare, redigere e rielaborare documenti di pertinenza della struttura “Compliance” della società, facente capo alla Dott.ssa P.A.”.

Risulta pacifico e documentato (omissis) che la ricorrente ha preso servizio il 4.11.2019 (per evidente mero errore materiale indicato in ricorso come 5.11.2019) presso la sede assegnata di via Tiburtina km 12,44, lavorando dalle 8:42 alle 17:31.

Successivamente, nel periodo tra il 5.11.2019 e il 15.1.2021 la ricorrente è stata assente dal lavoro per malattia, permessi ex L. 104/92 e ferie (cfr. dettagliato ed incontestato prospetto indicato al cap.21 della memoria della resistente).

Attualmente la malattia è cessata e la ricorrente si trova in ferie (cfr. interrogatorio libero della lavoratrice).

La ricorrente ha chiesto alla datrice di lavoro con istanza dell’8.7.2020, reiterata il 1.9.2020, la collocazione in lavoro agile, “a decorrere dalla cessazione dell’attuale stato di malattia” ai sensi dell’art 39 D.L. n. 18/2020, così come modificato in sede di conversione dalla Legge n. 27/2020, il quale stabilisce che “Fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19, i lavoratori dipendenti disabili nelle condizioni di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità nelle condizioni di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile ai sensi dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione”.

Nel caso di specie sussistono tutti i requisiti richiesti dal citato art. 39 per l’esercizio della prestazione di lavoro in modalità agile atteso che: - la ricorrente, dipendente della resistente, assiste la propria madre disabile ex art. 3 comma 3 L. 104/92 (cfr. doc. 8 allegato al ricorso); - lo stato di emergenza epidemiologica da Covid-19 è stato prorogato dapprima sino al 31.10.2020, successivamente al 31.1.2021 e da ultimo sino al 30.4.2021 ex art. 1 D.L. n.2 del 14.1.2021; - la qualifica di impiegato e l’inquadramento della ricorrente nella 7° categoria del ccnl per le aziende metalmeccaniche private (cfr. contratto del 26.7.2005 di assunzione alle dipendenze di Alenia Aeronautica spa oggi Leonardo spa) comportano pacificamente lo svolgimento di mansioni di natura intellettuale, quali quelle relative al settore “Compliance”, che ben si prestano ad essere svolte in modalità agile.

L’art. 39 richiede esclusivamente che il lavoro agile “sia compatibile con le caratteristiche della prestazione” e certamente la prestazione lavorativa richiesta alla ricorrente, di natura intellettuale, risulta compatibile con la modalità agile, che ha lo scopo di “incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro” (art. 18 comma 1 L. n.81/2017).

Non sussiste alcun attuale impedimento al lavoro agile, considerata la cessazione della malattia della ricorrente, che attualmente si trova in ferie.

Nè può fondatamente sostenersi che “l’assenza di qualsiasi prestazione da parte della ricorrente anche a tutt’oggi non consente di assegnare la medesima ad una non meglio precisata attività lavorativa in modalità agile”, richiedendo la norma invocata unicamente la compatibilità del lavoro agile con le caratteristiche della prestazione che, trattandosi nel caso di specie di prestazione di natura intellettuale, che non richiede la necessaria presenza fisica in azienda (nulla al riguardo è stato dedotto e provato dalla resistente), ben può essere resa nella modalità del lavoro agile.

Sussiste pertanto il fumus boni iuris.

Nel caso di specie sussiste, altresì, anche il periculum in mora, ulteriore requisito imprescindibile della tutela cautelare.

Invero, il mancato accoglimento dell’istanza cautelare comporterebbe un pericolo concreto di danno grave ed irreparabile con riferimento alla salute ed all’integrità fisica della ricorrente e della madre disabile con lei convivente; al contrario, il collocamento in lavoro agile permetterebbe alla ricorrente di rendere la prestazione lavorativa da casa evitando qualsiasi rischio di contagio da Covid-19 collegato sia allo spostamento con mezzi pubblici, che peraltro non potrebbe prendere per le documentate patologie dalle quali è affetta (omissis), sia alla fruizione di spazi comuni sul luogo di lavoro, riducendo altresì il rischio di contagio ai danni della madre, ultraottantenne disabile ex art. 3 comma 3 L. 104/92, e consentirebbe verosimilmente alla lavoratrice di evitare di avere delle ricadute negative sul suo stato di salute che comporterebbero, in caso di ulteriore periodo di malattia, un concreto rischio di superare il periodo di comporto.

Per le considerazioni che precedono, in accoglimento del ricorso, deve essere dichiarato il diritto della ricorrente a svolgere la propria prestazione lavorativa in modalità “agile” ai sensi dell’art. 39 comma 1 del D.L.18/2020 sino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica, attualmente previsto sino al 30.4.2021, e per l’effetto ordina alla società resistente di consentire ricorrente lo svolgimento delle proprie mansioni in modalità di lavoro agile.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo in calce.

PQM 1) dichiara il diritto di S.D.F. a svolgere la propria prestazione lavorativa in modalità “agile” ai sensi

dell’art. 39 comma 1 del D.L. 18/2020 sino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica, attualmente previsto sino al 30.4.2021, e per l’effetto ordina alla società resistente di consentire ricorrente lo svolgimento delle proprie mansioni in modalità di lavoro agile; (Omissis)

Quando l’assegnazione al lavoro agile è un diritto

Sommario: 1. I fatti di causa e la decisione. – 2. Il “diritto” al lavoro agile fra normativa ordinaria e normativa emergenziale. – 3. Alcune considerazioni prospettiche.

Sinossi. Nel commentare l’ordinanza del Tribunale di Roma, che torna – apparentemente senza grandi novità – sulla questione del diritto al lavoro agile durante il periodo pandemico, l’A. si interroga sui riflessi che la disciplina eccezionale potrà avere sull’istituto quando l’emergenza sarà finita, con particolare riguardo alla possibilità che esso assurga a strumento organizzativo.

Abstract. The order of the Court of Rome gives the A. the opportunity to reflect on the following issues: if a right to be assigned to the smart working mode will exist also when the emergency will be over; if the smart working could be consider an organizational tool.

1. I fatti di causa e la decisione1 .

L’ordinanza in epigrafe si inserisce nel solco tracciato dalla recente giurisprudenza di merito, che per il tempo dell’emergenza sanitaria ha riconosciuto ai lavoratori che versano in particolari condizioni di salute o che sono gravati da oneri di assistenza a figli o familiari, anche disabili, il diritto ad essere assegnati al lavoro agile (v. infra par. 2).

Essa, tuttavia, suggerisce una riflessione sul futuro di questo istituto, dal momento che l’esigenza di cura alla base della richiesta avanzata dalla lavoratrice nel caso di specie era preesistente rispetto all’avvento della pandemia in corso (v. infra par. 3).

1 Per semplificare la lettura del testo si assume la convenzione semantica in base alla quale l’utilizzo del termine maschile include il riferimento al femminile. Ne consegue che l’eventuale impiego di termini al femminile identifica questo solo genere.

È utile, pertanto, ricapitolare brevemente come si è svolta la causa, a partire dalla decisione assunta dal giudice di accogliere il ricorso presentato dall’istante, ex art. 700 c.p.c., condannando il datore di lavoro a «consentire alla ricorrente lo svolgimento delle proprie mansioni in modalità di lavoro agile» fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica.

Le ragioni poste a fondamento della richiesta avanzata dalla lavoratrice sulla base dell’art. 39 d.l. n. 18/2020 riguardano lo stato di salute proprio e quello della madre, portatrice di handicap in situazione di gravità ai sensi della l. n. 104/92 e da lei assistita in quanto unica familiare.

Si tratta, peraltro, delle medesime ragioni che negli anni precedenti avevano sorretto svariate istanze rivolte dalla lavoratrice al proprio datore di lavoro di essere trasferita per avvicinarsi dapprima al luogo di residenza della madre e poi al proprio domicilio, una volta accertata una sindrome ansioso depressiva e una accentuata agora-fobia che le impediva di utilizzare mezzi di trasporto pubblici e privati per recarsi al lavoro, richieste soddisfatte solo in parte e solo all’esito di un primo intervento giudiziale.

La decisione in epigrafe, dunque, nel riconoscere il diritto della lavoratrice all’assegnazione al lavoro agile in applicazione della normativa emergenziale, di fatto risponde a esigenze pregresse riconducibili ad un impedimento perdurante nel tempo, perciò sollevando l’interrogativo se, una volta cessata l’emergenza pandemica, il ricorso a tale modalità di esecuzione della prestazione potrà assurgere a soluzione organizzativa che il datore è tenuto a mettere in pratica per rimediare a una sopravvenuta parziale inidoneità alla prestazione del lavoratore.

2. Il “diritto” al lavoro agile fra normativa ordinaria e normativa emergenziale.

La legislazione ordinaria non contempla un diritto del prestatore ad ottenere l’assegnazione al lavoro agile (diritto che, peraltro, potrebbe essere previsto dalla contrattazione collettiva).

Ciò si ricava, ad avviso chi scrive, dai caratteri dell’istituto, sì come tratteggiati dalla legge che lo regola.

In prima battuta, infatti, l’art. 18 l. n. 81/2017 pone a fondamento dell’assegnazione al lavoro agile l’accordo fra le parti.

Tale previsione, inoltre, assegna espressamente a questo istituto una duplice precipua funzione, quella di «incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro».

Infine, è condizione per l’assegnazione al lavoro agile che l’attività cui il lavoratore è adibito possa essere eseguita con tale modalità, vale a dire «senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro», «anche (ma non necessariamente n.d.a.) con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi», «con il possibile (ma non essenziale n.d.a.) utilizzo di strumenti tecnologici», «in parte all’interno e in parte all’esterno senza una postazione fissa».

Che si tratti di una condizione per l’assegnazione al lavoro agile si ricava dall’utilizzo della preposizione “di” accompagnata dall’articolo determinativo per riferirsi all’attività lavorativa oggetto dell’accordo («per lo svolgimento dell’attività lavorativa», il corsivo è mio), sottintendendo che l’attività alla quale si fa riferimento è quella che costituisce l’oggetto del contratto di lavoro, rectius dell’obbligazione che sorge in capo al prestatore.

Dunque, per poter essere assegnati al lavoro agile occorre un accordo fra le parti e che la mansione assegnata al lavoratore sia eseguibile in modalità agile.

Un diritto perfetto al lavoro agile neppure è previsto nell’ipotesi disciplinata al co. 3 bis, introdotto dalla legge di bilancio 2019 (l. n. 145/2018), che dispone una priorità nell’assegnazione al lavoro agile in favore delle lavoratrici che ne facciano richiesta entro tre anni dal rientro dal congedo di maternità di cui all’art. 16 d.lgs. n. 151/2001 e per i lavoratori genitori di figli in condizioni di disabilità ai sensi dell’art. 3 co. 3 l. n. 104/92.

Seguendo la lettera della legge, infatti, il lavoratore o la lavoratrice acquisiscono un diritto all’assegnazione al lavoro agile in via prioritaria solo quando il datore di lavoro già stipuli accordi di lavoro agile, sempre che l’attività svolta dalla lavoratrice o dal lavoratore possa essere compiuta in modalità agile, dal momento che si fa di nuovo riferimento alla «esecuzione del rapporto di lavoro»2 .

Tuttavia, con riguardo al caso dei genitori di figli portatori di grave disabilità, si potrebbe ricavare un obbligo per il datore di lavoro di modificare le mansioni, in modo da agevolare il ricorso alla modalità agile di lavoro, da quanto previsto dall’art. 3 co. 3 bis, d.lgs. n. 216/2003 che siano disposti quegli “accomodamenti ragionevoli” tali da garantire la piena eguaglianza alle persone con disabilità, ma – dopo la sentenza Coleman – anche ai familiari che si prendono cura di persone con disabilità3. Si consideri, infatti, a titolo di esempio, che con la sentenza HK Danmark, la Corte ha ravvisato nella riduzione dell’orario di lavoro una «soluzione ragionevole» per mantenere in essere il rapporto di lavoro in un caso di assenza prolungata per malattia connessa alla disabilità4 .

Il parametro per misurare la latitudine del suddetto obbligo datoriale sarebbe quello della «ragionevolezza» dell’intervento richiesto per rimuovere l’ostacolo alla piena integra-

2 Più ragioni fanno ritenere a chi scrive che il lavoro agile, così delineato, non sia un efficace strumento di conciliazione vita-lavoro.

Esso, infatti: non assurge a diritto perfetto; il datore di lavoro in linea di principio non è tenuto a modificare l’organizzazione del lavoro per soddisfare un’eventuale richiesta, né a modificare le mansioni dell’istante che svolga un’attività non eseguibile in modalità agile; manca, infine, un incentivo che incoraggi il datore di lavoro ad assegnare il lavoro agile. 3 Secondo C. giust., 17 luglio 2008, Coleman, C-303/06, infatti, «il divieto di discriminazione diretta ivi previsto non è limitato alle sole persone che siano esse stesse disabili. Qualora un datore di lavoro tratti un lavoratore, che non sia esso stesso disabile, in modo meno favorevole rispetto al modo in cui è, è stato o sarebbe trattato un altro lavoratore in una situazione analoga, e sia provato che il trattamento sfavorevole di cui tale lavoratore è vittima è causato dalla disabilità del figlio, al quale presta la parte essenziale delle cure di cui quest’ultimo ha bisogno, un siffatto trattamento viola il divieto di discriminazione diretta enunciato al detto art. 2, n. 2, lett. a)». Ribadisce la rilevanza della discriminazione per associazione, estendendola alla discriminazione indiretta, C. giust., 17 luglio 2015, Chez, C-83/14. In tema v. da ultimo barbera, Principio di eguaglianza e divieti di discriminazione, in barbera, Guariso, La tutela antidiscriminatoria, Giappichelli, 2019, 57 ss.; Militello, strazzari, I fattori di discriminazione, Ibidem, 150 ss. Per un caso di discriminazione per associazione cfr. anche Cass., 10 settembre 2015, n. 22421. 4 C. giust., 11 aprile 2013, C-335/17 e 337/17.

zione al lavoro, ragionevolezza da valutarsi con riguardo alla adeguatezza della misura e alla proporzionalità rispetto alle risorse a disposizione del datore di lavoro5 .

Un diritto all’assegnazione al lavoro agile si ricava, invece, dalla normativa emergenziale, come confermato ormai a più riprese dalla giurisprudenza di merito nel solco della quale si pone la sentenza in esame.

Tralasciando di approfondire il tema più ampio del ricorso che è stato fatto al lavoro agile durante il periodo di emergenza pandemica, tanto nel settore privato (ove ne è stato solo raccomandato il massimo utilizzo) quanto nel settore pubblico (ove, invece, è assurto a modalità ordinaria di esecuzione della prestazione, ad eccezione delle attività da svolgersi indifferibilmente in presenza), e sul quale si è sviluppata un’ampia riflessione della dottrina cui si rinvia6, preme in questa sede soffermarci sulla latitudine del diritto al lavoro agile ricavabile dai molteplici interventi normativi, così come interpretati dalle decisioni assunte in merito dai giudici.

La normativa emergenziale individua tre categorie di soggetti ai quali riconosce, a determinate condizioni, il diritto al lavoro agile: i lavoratori fragili, i lavoratori che assistono familiari in condizione di grave disabilità, i genitori lavoratori.

Secondo quanto disposto dall’art. 39, d.l. n. 18/2020 (Decreto Cura Italia), conv. in l. n. 27/2020, possono essere ricondotti alla categoria dei lavoratori fragili i dipendenti del settore privato e pubblico che versino nelle condizioni di disabilità previste dall’art. 3, co. 3, l. n. 104/1992 (co. 1), i lavoratori del solo settore privato che, pur non versando in detta condizione, siano comunque affetti da “gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa” (co. 2) o siano immunodepressi (co. 2 bis). L’art. 90, co. 1, secondo periodo, d.l. n. 34/2020 (Decreto Rilancio), inserito dalla legge di conversione n. 77/2020 (e da coordinare con quanto previsto poi dalla l. n. 126/2020), ha aggiunto a queste categorie i lavoratori che, sulla base delle valutazioni dei medici competenti, risultino maggiormente esposti a rischio di contagio da virus SARS-CoV-2, in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di

5 V. ancora Militello, strazzari, I fattori di discriminazione, cit., 153. Ipotizzano questa lettura con riferimento alla normativa emergenziale peruzzi, piGnatelli, Diritto al lavoro agile e compatibilità con la prestazione al tempo dell’emergenza covid-19, in RIDL, II, 2020, 717. Sul tema generale degli “accomodamenti ragionevoli”, anche per ulteriori riferimenti, v. da ultimo ChiaroMonte, L’inclusione sociale dei lavoratori disabili fra diritto dell’Unione europea e orientamenti della Corte di giustizia, in VL, 2020, 897. 6 Cfr. alessi, vallauri, Il lavoro agile alla prova del Covid-19, in bonardi, Carabelli, d’onGhia, l. zoppoli (a cura di), Covid-19 e diritti dei lavoratori, Ediesse, 2020, 131; bini, Lo smart working al tempo del coronavirus. Brevi osservazioni, in stato di emergenza, in

GC.com, 2020, spec. n. 1, 67; brollo M., Smart o emergency work? Il lavoro agile al tempo della pandemia, in LG, 2020, 553; brollo, Il lavoro agile in Italia: prima, durante e dopo la pandemia, in Mazzotta (a cura di), Diritto del lavoro ed emergenza pandemica, Pacini

Giuridica, 2021, 87; burChi, Smart working d’emergenza, in QG, www.questionegiustizia.it, 22 marzo 2020; di CarluCCio, Emergenza epidemiologica e lavoro agile, in RIDL, III, 3; leone, Lavoro agile al tempo del coronavirus: ovvero dell’eterogenesi dei fini, in QG, www.questionegiustizia.it, 21 marzo 2020; i contributi raccolti in Martone (a cura di), Il lavoro da remoto. Per una riforma dello smart working oltre l’emergenza, in Quaderni di ADL, LaTribuna, 2020; roMei, Il lavoro agile in Italia: prima, durante e dopo la pandemia, in Mazzotta (a cura di), Diritto del lavoro ed emergenza pandemica, Pacini Giuridica, 2021, 71; russo, Emergenza lavoro agile nella

P.A., in GC.com, 2020, spec. n. 1, 55; senatori, Attivazione del lavoro agile e poteri datoriali nella decretazione emergenziale, in

GC.com, 2020, spec. n. 1, 169; spinelli, Le potenzialità del lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni: da modalità ordinaria di gestione dell’emergenza a volano per l’innovazione, in LPA, 2020, 21; L. zoppoli – Monda, Innovazioni tecnologiche e lavoro nelle pubbliche amministrazioni, in DRI, 2020; L. zoppoli, “Dopo la digi-demia: quale smart working per le pubbliche amministrazioni italiane?”, in WP D’Antona, It., n 421/ 2020.

terapie salvavita o, comunque, da comorbilità che possono caratterizzare una situazione di maggiore rischiosità accertata nell’ambito della sorveglianza sanitaria eccezionale di cui all’art. 83 dello stesso decreto legge.

Il più recente art. 15 d.l. n. 41/2021 ha confermato la nozione di “lavoratore fragile”, che ricomprende coloro che (anche nel settore pubblico) sono in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di disabilità grave, di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita.

Mentre ai lavoratori affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa l’art. 39 riconosce solo una priorità nell’accoglimento della richiesta di assegnazione al lavoro agile, agli altri lavoratori sopra indicati le relative disposizioni attribuiscono il diritto ad essere assegnati al lavoro agile.

Le suddette previsioni ponevano come condizione per l’assegnazione al lavoro agile che la mansione cui il lavoratore è addetto fosse eseguibile da remoto, condizione in parte superata dal d.l. n. 104/2020 (Decreto Agosto) conv. con l. n. 126/2020, che, invece, ha previsto che ai dipendenti pubblici e privati in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ivi inclusi i lavoratori in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità siano assegnati al lavoro agile anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti.

Un diritto all’assegnazione al lavoro da remoto è assegnato, ai sensi dell’art. 39 d.l. n. 18/2020 e dell’art. 21 ter d.l. n. 104/2020, anche ai lavoratori che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona affetta da disabilità grave. Se il familiare assistito è un figlio, il diritto al lavoro agile spetta al genitore unicamente quando l’altro genitore non possa svolgere la propria attività in modalità agile, e comunque spetta solo a uno dei due. Anche in queste ipotesi condizione per l’assegnazione al lavoro agile è che l’attività possa essere svolta da remoto.

Infine, il diritto al lavoro agile è riconosciuto alternativamente a uno dei genitori di figli di età inferiore a sedici anni che siano posti in quarantena per contatto con soggetto positivo o durante il periodo di sospensione dei servizi didattici, e sempre a condizione che l’attività sia eseguibile da remoto. Il diritto è riconosciuto cumulativamente ad entrambi i genitori e a prescindere dall’età in caso di figli disabili, con DSA o BES, che siano in didattica a distanza, in quarantena, affetti da Covid o in caso di chiusura dei centri assistenziali diurno (art. 2, co. 1, d.l. n. 30/2021).

Diverse sono le conseguenze dell’impossibilità di assegnare il genitore lavoratore al lavoro agile, a seconda che si tratti di lavoratore impiegato nel settore privato o nel settore pubblico. Solo alle Pubbliche Amministrazioni, infatti, è richiesto di assegnare il lavoratore a una diversa mansione lavorabile da remoto, o allo svolgimento di attività formativa (art. 3 co. 1 lett. b d.m. Pubblica amministrazione 19 ottobre 2020), prima di poterlo sospendere dal lavoro per la fruizione del congedo straordinario (art. 13 d.l. 149/2020 e poi art. 2 d.l. 30/2021).

Su queste previsioni si è formato il filone giurisprudenziale, nel quale si inserisce l’ordinanza in epigrafe e su cui si è già cimentata la dottrina7 .

Le prime due decisioni rispettivamente del Tribunale di Bologna e del Tribunale di Grosseto, entrambe del 23 aprile 20208, poggiano sull’originaria versione dell’art. 39 d.l. n. 18/2020 e riconoscono il diritto delle ricorrenti all’assegnazione al lavoro agile. Nel primo caso l’ordinanza si regge tanto sul primo quanto sul secondo comma della suddetta previsione, posto che la ricorrente è madre di figlia portatrice di grave disabilità (co. 1) ed è affetta essa stessa da grave e comprovata patologia con ridotta capacità lavorativa (co. 2). Quest’ultima è la condizione in cui versa anche l’altra ricorrente, alla quale pertanto la norma riconosce (solo) una priorità al lavoro agile, rispetto alla quale, tuttavia, il giudice stabilisce che il datore di lavoro non può agire in modo irragionevole e immotivatamente discriminatorio, penalizzando il singolo lavoratore o negandogli diritti garantiti ex lege, dovendo piuttosto «mettere il lavoratore in condizione di operare da remoto».

In queste due decisioni è solo sfiorato il tema della pregnanza della condizione prevista dalla normativa emergenziale per l’assegnazione al lavoro agile, vale a dire la compatibilità delle mansioni assegnate all’istante con tale modalità di esecuzione della prestazione, argomento che invece è maggiormente approfondito in alcune decisioni successive, nelle quali i giudici oscillano riguardo al fatto che la valutazione di compatibilità debba essere condotta in concreto o in astratto, perciò aprendo allo scrutinio delle scelte organizzative datoriali in funzione della soddisfazione delle esigenze dei propri dipendenti.

La questione è affrontata dal Tribunale di Mantova nell’ordinanza del 26 giugno 2020, che la risolve effettuando una valutazione delle mansioni affidate al lavoratore nella loro concretezza. Tale esame conduce al rigetto del ricorso in considerazione della circostanza che le mansioni svolte dall’istante presupponevano necessariamente la sua presenza fisica in sede (gestione di parcheggi variamente dislocati, anche attraverso trasferte per sopralluoghi finalizzati alla valorizzazione e salvaguardia dei beni aziendali).

Lo stesso approccio è assunto dal Tribunale di Roma sia nella decisione del 20 giugno 2020, che accoglie il ricorso con una valutazione in concreto della eseguibilità delle mansioni in modalità agile (relazioni con l’utenza mediante contatti telefonici, nel contesto di un gruppo di lavoro che poteva operare da remoto)9, sia nelle successive decisioni del 5 ottobre 2020 (elaborazione e stesura di progetti funzionali all’attività dell’orarista, nonché analisi del trasporto per apportare migliorie, con impiego di software utilizzabili da remo-

7 alvino, E’ configurabile un diritto del lavoro al lavoro agile nell’emergenza Codiv-19?, in GC.com, 8 aprile 2020; d’asCola, Il lavoro a distanza come diritto? Sui 700 dell’emergenza (e sulla normalizzazione de lavoro agile), in QG, www.questionegiustizia.it, 29 giugno 2020; d’asCola, Il lavoro a distanza nell’emergenza: osservazioni a margine dei provvedimenti giudiziari, in Mazzotta (a cura di), Diritto del lavoro ed emergenza pandemica, Pacini Giuridica, 2021, 97; lazzari, Ancora sui lavoratori fragili e smart working, in

GC.com, 5 febbraio 2021; tuFo, Il lavoro agile (dell’emergenza) esordisce in giurisprudenza: come bilanciare gli interessi in gioco nell’era della pandemia?, in LDE, n. 2/2020; valente, Emergenza COVID-19 e diritto soggettivo allo smart working, in LG, 2020, 1193. 8 In LG, 2020, 1193, con nota di valente, cui si rinvia per le puntuali osservazioni critiche in ordine, in particolare, al contenuto dell’ordinanza del Tribunale di Grosseto che condanna il datore di lavoro anche al risarcimento dell’eventuale futuro danno da ritardo nell’esecuzione della decisione. 9 Trib. Mantova, 26 giugno 2020 e Trib. Roma, 20 giugno 2020 entrambe in RIDL, II, 2020, 704 con nota di peruzzi e piGnatelli.

to) e del 26 ottobre 2020 (addetto al servizio di assistenza alla clientela)10. Queste due ultime pronunce differiscono, peraltro, per la diversa considerazione della piena integrabilità della mansione eseguita in modalità agile rispetto al contesto produttivo e organizzativo. Solo nel primo caso, infatti, la compatibilità della mansione con l’esecuzione in modalità agile è rapportata al mantenimento dell’utilità funzionale della stessa nel contesto organizzativo e produttivo, mentre nel secondo caso l’esame prescinde del tutto dalla considerazione delle esigenze aziendali.

Ancora più decisa da questo punto di vista è la pronuncia in epigrafe, che ammette una verifica solo in astratto della compatibilità delle mansioni, al fine di riconoscere il diritto all’assegnazione al lavoro agile. Superando, infatti, le obiezioni datoriali circa l’impossibilità di assegnare alla ricorrente una specifica funzione e attività da svolgere in modalità agile, in ragione della difficoltà di individuare il contenuto stesso della prestazione lavorativa a causa del perdurare dell’assenza dal lavoro della ricorrente da più di un anno, e facendo leva sull’art. 39 che richiede unicamente «la compatibilità del lavoro agile con le caratteristiche della prestazione», il giudice dà ragione alla ricorrente assegnando rilevanza alla qualifica e all’inquadramento della lavoratrice e alle corrispondenti mansioni individuate dal contratto collettivo applicato, giudicate in astratto compatibili con la modalità agile di esecuzione in quanto «di natura intellettuale».

3. Alcune considerazioni prospettiche.

La decisione in epigrafe, così inserita nel quadro composto dalle pronunce che hanno affrontato la questione del ricorrere di un diritto al lavoro agile durante la pandemia, sollecita alcune riflessioni sul futuro dell’istituto.

Una prima riflessione riguarda l’interpretazione da offrire all’art. 18 l. n. 81/2017, in ordine al criterio da impiegare per valutare la compatibilità della mansione svolta con la modalità agile di esecuzione della prestazione.

Come si è detto, il ricorso all’articolo determinativo per riferirsi alla prestazione da svolgere in modalità agile porterebbe a ritenere che condizione per l’assegnazione al lavoro agile sia l’eseguibilità in tale forma proprio della specifica attività cui il prestatore è assegnato, dunque della mansione da ultimo svolta (v. retro § 1).

Questa lettura, apparentemente confermata dalla gran parte delle decisioni formatesi sulla normativa emergenziale, è stata messa in discussione proprio dalla decisione in epigrafe, che – si è visto – ha aperto un varco a un’interpretazione più lasca di questa condizione, riferibile alla qualifica e all’inquadramento contrattuale del prestatore anziché alle modalità effettive di svolgimento del lavoro.

Se tale interpretazione è con evidenza finalizzata a valorizzare massimamente la funzione di dispositivo di protezione individuale e di distanziamento sociale assegnata al lavoro

10 Trib. Roma, 20 giugno 2020 e Trib. Roma, 26 ottobre 2020 entrambe in GC.com, 5 febbraio 2021 con nota di lazzari.

agile nel contesto pandemico, non è da escludere che ad essa si potrà far ricorso anche una volta tornati alla normalità, per valorizzare la funzione di strumento di conciliazione vita-lavoro espressamente assegnata al lavoro agile dalla l. n. 81/201711 .

Su questa considerazione si innesta la seconda riflessione, che attiene alla esigibilità da parte del lavoratore o della lavoratrice dell’assegnazione al lavoro agile a fronte del ricorrere di esigenze di conciliazione, anche ulteriori rispetto a quelle individuate dall’art. 18 co. 3 bis.

La questione si collega a quella più generale, concernente la sussistenza o meno di un diritto alla conciliazione vita-lavoro.

Il riconoscimento di tale istanza si deve alla spinta impressa dal diritto unionale, che ne ha progressivamente chiarito il contenuto, in funzione della determinazione delle misure idonee ad attuarlo.

Nell’impossibilità di ricordare in questa sede le tappe del percorso di affermazione del diritto alla conciliazione12, che ha trovato spazio nella stessa Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea all’art. 33, si segnala tuttavia la recente Direttiva 2019/1158/UE, intitolata proprio «all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza», volta a conseguire una più equilibrata distribuzione delle responsabilità parentali in funzione della realizzazione di pari opportunità di lavoro per uomini e donne. Sono ritenuti funzionali al raggiungimento di questi obiettivi non solo i congedi capaci di coinvolgere gli uomini nella cura di figli e/o familiari, ma anche la possibilità per uomini e donne di accedere a modalità flessibili di lavoro.

Per quanto d’interesse in questa sede, ivi si prevede che i genitori di figli di età inferiore a un limite stabilito a livello interno, ma non inferiore a otto anni, abbiano diritto entro un limite di ragionevolezza di godere in modo temporaneo e reversibile (anche in alternativa ai congedi) di orari e modalità di lavoro flessibili (art. 9). A garanzia dell’effettività di questo diritto la Direttiva prevede la sindacabilità della scelta del datore di lavoro di rifiutare l’assegnazione a modalità flessibili, scelta che deve essere motivata, per iscritto ed entro un tempo ragionevole, alla luce sia delle proprie esigenze sia di quelle del lavoratore o della lavoratrice (art. 9.2).

La legge di delegazione europea approvata in via definitiva al Senato il 20 aprile 2021, al termine di un iter durato più di un anno, riguarda anche questa Direttiva, ragion per cui la questione di come dare attuazione alle previsioni appena ricordate si proporrà presto al legislatore delegato.

In attesa della recezione della Direttiva, il presidio del diritto alla conciliazione fra vita e lavoro per lavoratori e lavoratrici onerati di responsabilità di cura resta affidato al diritto

11 Sulle funzioni del lavoro agile v. per tutti tinti, Il lavoro agile e gli equivoci della conciliazione virtuale, in WP D’Antona, It., n 419/ 2020. Sul rischio che una moltiplicazione degli strumenti di conciliazione, scevra del potenziamento di misure che impongano agli uomini la condivisione delle responsabilità di cura, si trasformi in una trappola per le lavoratrici, che facendovi ricorso in via prevalente se non esclusiva finiscono per rafforzare un modello patriarcale di società che riserva solo ad esse il ruolo di caregivers, sia consentito un rinvio a vallauri, Genitorialità e lavoro. Interessi protetti e tecniche di tutela, Giappichelli, 2020, spec. 45 e già tonarelli, vallauri, Povertà femminile e diritto al lavoro delle donne, in LD, 2019, 177. 12 V. in tema, di recente, Militello, Conciliare vita e lavoro. Strategie e tecniche di regolazione, Giappichelli, 2020, e – se vuoi – vallauri,

Genitorialità e lavoro, cit., 37 ss.

antidiscriminatorio, con la conseguenza che un rifiuto di assegnazione al lavoro agile non sorretto da una ragionevole giustificazione potrebbe qualificarsi come discriminazione indiretta nei confronti del lavoratore-caregiver, come, peraltro, già affermato dal Tribunale di Firenze in un caso di diniego di assegnazione ad un regime di flessibilità oraria di un genitore lavoratore13 .

Infine, richiamando quanto già evidenziato a proposito della possibilità di inquadrare il lavoro agile fra gli “accomodamenti ragionevoli” che il datore di lavoro è tenuto ad allestire per garantire la piena eguaglianza del lavoratore disabile, ci si interroga se, a fronte di una sopravvenuta inidoneità alla prestazione di un lavoratore normodotato, rientrerà fra gli obblighi di cooperazione dell’imprenditore-creditore anche quello di vagliare la possibilità di assegnare utilmente il prestatore alla modalità agile di lavoro onde evitare il suo eventuale licenziamento.

Maria luisa vallauri

13 Trib. Firenze, 22 ottobre 2019, in Giustiziacivile.com, con nota di MarasCo e in DRI, 2020, 519 con nota di de luCa.

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