L’INK® NUMERO 13 | 2012

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CREDITS

L'INK ® è una pubblicazione di DISKOS Maggio 2012 numero 13

COORDI NAM ENT O EDI TOR IAL E E GRA FIC O Mar iella Rossi e Luca Olivotto

AI PROGETTI DIDATTICI 2011-2012 HANNO PARTECIPATO I DOCENTI Lorenzo Carrer, Graziano Dal Maso, Michelle Fernandez, Daniele Monarca, Luca Olivotto, Fabio Perin, Matteo Pretto, Mariella Rossi, Fiorenzo Zancan, Milena Zanotelli

ALLA RIVISTA HANNO COLLA BORATO

VALENTINA DAL CEREDO

FRANCESC

O FOSSELL

A

RICCARDO POZZA

BARBARA STIVAN

ANDREA C

AZZOLA

ANNA LIND

A CROSAR

A

BORIS STRELETSKYY

FEDERICO

FUGAZZOTT O

MICHELA PRANDONI

YESHE GYA TSO SARTO

RI

LE PROMOZIONI DISKOS SONO DI

ALBERTO LUCCHIN

ALBERTO SOLA

DANIELA PACCANARO

GIADA MASSIGNANI

seg ret eria, idabile timoniere della nostra aff e nte icie eff , ena Ser na san A Su rident e dispon ibi lità. la nostra gratitudine per la sor

LORENZO POGGIANI


INDICE 4 9 12

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15 ANNI DI DISKOS

L'IN F ER NO SI S CAT ENA

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2012 MENO 140

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TEMPI PRELIMINARI

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ANDREA MASSARIOL

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CHIARA SANDRI

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MATTIA ZANELLA

LUCIA COMIOTTO

CARLO ALBERTO BUNIC

CI

SARA ELISA VERONA

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NATALIA SASSELLA

CLONATA

OSSESSIONE SOCIAL

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ECLIPSE OMBRA SU MTV

LA L A P E C OR E L

VOCE DEL VERBO "BLOGGA RE"

AB URBE RE-CONDITA UN ACCENTO DI STORIA RESISTENZA RADICALE LA CONSUMAZIONE DEI BENI CULTURALI EUROASTENIA

GR EEN CH IPS DAS PIZZA

IL PR IMO SA RÀ L'U LT IMO COSM ICAL ACTI VI TY WOR K I N P R O GR E S S

MARTINA GUGLIELMI

L'IN K ® stampata su carta REV IVE una carta naturale

riciclata al 100% e completamente eco reali zzata impiegando fibre riciclate e materiali sostenibile di recupero Stampa Safig raf


Mariella Rossi

15 ANNI

DI DISKOS

e di altri adolescenti della bit revolution

C

'era una volta. Un sottoscala. Ampio abbastanza da sistemarci un paio di Imac. I green egg in cui si concretizzò il “think different” di Apple. Siamo nel 1998 e le scocche trasparenti, lucide e verde acqua del computer “sorry, no beige” entrano in rotta di collisione con le vetuste, logore e poco pregevoli palladiane di via Strasseggiare. Diskos, che ancora non si chiama così, inaugura il suo secondo anno di attività nella prima sede indipendente. Che tanto indipendente non è, visto che condividiamo il coffee break con la ricreazione della scuola elementare. La situazione è comunque divertente.

Meno stimolanti le pareti giallo itterizia e i bagni di taglia lillipuziana. Nonostante le “piccole cose di pessimo gusto”, la bottega dei comunicatori addestra imperterrita il primo motivatissimo gruppo di grafici e di pubblicitari. A quindici anni di distanza, suona inevitabilmente retorico raccontare quel periodo iniziale con il tono epico della sfida, della passione, della perseveranza. Eppure la nostra è la stessa adolescenza di molti progetti che allora sembravano improbabili e che invece in pochissimo tempo hanno cambiato la vita, il lavoro, le abitudini quotidiane. Non che Diskos – come altri più celebri coetanei – sia stata rivoluzionaria, ma sicuramente coraggiosa e tempestiva. Bisognava infatti intuire che la neonata cultura dell'informazione, oltre ad accelerare l'obsolescenza dei sistemi e degli applicativi, avrebbe pensionato o quanto meno trasformato le professioni tradizionali. Era necessario misurarsi con le fumosità e le insidie di scenari ancora instabili e sfuggenti, cercando

1997

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«urbanistica nomade, ingegneria informatica, liquido Genio civile dello Spazio del sapere ». E preconizzava che questo “cyberspazio” sarebbe stato «uno dei principali traguardi estetici e politici del prossimo secolo», nonché «il principale canale di comunicazione e il principale supporto mnemonico dell'umanità». E ancora paragonava Internet «alla deriva di un'immensa biblioteca-discoteca illustrata con più facilità d'accesso, il tempo reale, il carattere interattivo, partecipativo, impertinente e ludico». La visione predittiva di Lévy si è velocemente incarnata nell'idea di due ricercatori statunitensi di organizzare «the world's information and make it universally accessible and useful», cioè di catturare l'incalcolabile patrimonio di dati che affluiva in rete e di renderlo universalmente disponibile.

2012 di discriminare il “grano” dell'autentica innovazione dalla molta “zizzania” delle trovate estemporanee e modaiole. Era indispensabile fare scuola, soprattutto di visual e web design, assecondando la flessibilità delle tecnologie informatiche che, con continue e repentine riconfigurazioni, avrebbero cambiato il pensiero e l'esistenza delle persone. Quando siamo nati, solo una ristretta conventicola di studiosi lungimiranti profetizzava l'impatto destabilizzante dei nuovi media e della rete. Pierre Lévy immaginava il pianeta – virtualmente solcato dalle nuove autostrade dell'informazione – con gli accenti allucinati degli antichi indovini:

Il 15 settembre 1997 comincia l'era di Google: “il ragno” che – secondo Jaques-Alain Miller – nella rete svolge «una metafunzione: sapere dov'è il sapere». Bonariamente il filosofo considera stupido un supersonico motore di ricerca che seleziona parole di cui non comprende e non discrimina i significati. Sta di fatto che Google, appena adolescente, si è conquistato l'egemonia informativa, ma ha già perso ogni appeal per effetto della “distruzione creatrice”. Ovvero, secondo Castells, il segno distintivo di una cultura “sfaccettata e virtuale” che processa continuamente e freneticamente milioni di segnali. Compie quindici anni anche il diario on line, presentato da Jorn Barger con una suggestiva metafora: «I weblog sono come i fuochi di segnalazione che si usavano anticamente dalla cima delle colline per diffondere le notizie di paese in paese». Nonostante il parallelismo con epoche decisamente remote, la prolificazione di blog ha collaborato ad annacquare i concetti e i modelli di identità che venivano anche da un passato prossimo. Proprio perché delineati da sequenze estemporanee di post, gli innumerevoli ritratti editoriali 5


sono per lo più indifferenti ad ogni forma di struttura e di coerenza. Nell'habitat liquido e dinamico, frammentario e provvisorio del web notizie ed opinioni si scambiano e si cambiano, così come – con rapidità e leggerezza – si stringono, si sciolgono e si ripristinano amicizie. Sempre quindicenne e inevitabilmente figlia della vis elaborativa del computer, la ricostruzione tridimensionale dell'Urbe concepita dall'Università della Virginia. Rome reborn, il progetto a cui dal 1997 collaborano archeologi, storici ed esperti informatici, promette

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di trasformare la “macchina del tempo” da invenzione letteraria e cinematografica in conoscenza diretta non solo delle vie e degli edifici latini, ma anche dell'atmosfera, dei ritmi e delle consuetudini di Roma antica. Con i compleanni tecnologici e mediatici – a cui si aggiunge quello dell'edizione italiana di MTV – vogliamo ricordare almeno due dei dieci siti nazionali che nel '97 sono stati iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale dell'Unesco. L'Orto Botanico di Padova dove, accudita e protetta, una palma vegeta da oltre

quattro secoli. La zona archeologica vesuviana, dove idiozia e corruzione stanno sgretolando ciò che la lava aveva drammaticamente avvolto e preservato. Al nostro eterogeneo gruppo di adolescenti associamo la prima registrazione Emas in Italia, anche perché la ottenne una ditta di microelettronica. Quasi ad indicare che l'epoca del silicio, dei circuiti stampati e dei chip, mentre si sarebbe esaltata per l'impatto culturale delle nuove tecnologiche, avrebbe dovuto considerare con sempre maggior attenzione e


sensibilità l'impatto ambientale della produzione e del consumo. Sorridiamo poi di alcuni coetanei partoriti dalla creatività autoctona e straniera: l'italianissima Bigà, che procura ebbrezze da auriga su veicoli motorizzati; Big Americans, la prima pizza ad offrirsi dai banchi frigo e che tuttora surgela la versione alemanna della famoso impasto dello zio Tom; Diablo il videogioco d'azione in cui si combattono Lucifero e le sue schiere di demoni; la compianta pecora Dolly, che quindici anni fa inaugurò l'era dei replicanti in carne ed ossa.

Per concludere, diamo uno sguardo al 2012, alle Olimpiadi di Londra, agli Europei di calcio fra Varsavia e Kiev, al primo decennio di euro, sempre restando nell'ambito a noi congeniale della comunicazione e delle promozioni pubblicitarie. Infine, offriamo un piccolo scaramantico omaggio ai Maya, che con i loro calendari hanno innescato visioni febbricitanti e catastrofiche, e alziamo gli occhi verso le tante turbolenze celesti. E nell'attesa che si compia il destino del mondo, tanti auguri DISKOS!  7



Anna Linda Crosara

eCLIPse

ombra su

MTV U

n minuto dopo la mezzanotte del 1 agosto 1981, negli Stati Uniti, il motivo musicale della profetica “Video Killed The Radio Stars” dei Baggles annuncia la nascita di Mtv. La canzone e le immagini del video parlano di una “stella della radio” che perde popolarità con l’avvento dell’era della "musica da vedere”. Le prime immagini trasmesse dalla rete furono il simpatico montaggio dell'Apollo 11 che atterra sulla luna. Questa nuova, piccola e curiosa emittente televisiva, fondata da tre intraprendenti businessmen, Robert Pittman, John Sykes e John Lack, si inserisce fra le tante dell’affollato panorama della tv americana. È tuttavia destinata a

rivoluzionare tempi e modi di fruizione della musica giovane e a determinare nuovi assetti e strategie del mercato discografico mondiale. La nuova tv è infatti interamente dedicata alla musica pop e rock, con un palinsesto privo di vere e proprie trasmissioni, basato esclusivamente sulla programmazione continuata di videoclip musicali. Basta con la televisione che destina agli “under 30” solo programmi confinati in orari definiti. Con lo slogan “I want my Mtv” il nuovo canale si propone di essere assolutamente diverso: la “tv dei giovani per i giovani”, un contenitore di musica irriverente e non convenzionale. Di fatto, una “radio da vedere”, fatta di suoni e immagini, condotta non più dai vecchi deejay, ma dai veejay. La formula funziona. Il successo commerciale è immediato, la risposta del pubblico adolescente americano entusiasta, perché trova nei ritmi frenetici dei programmi uno stile in perfetta sintonia con la sua sensibilità. Il palinsesto frammentato consente inoltre un uso diverso della pubblicità: gli spot durano pochi secondi e lanciano messaggi sempre

IL 1º SETTEMBRE 1997 NASCE UFFICIALMENTE L'EDIZIONE ITALIANA DI MTV

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più brevi e fulminanti, rendendo il nuovo mezzo particolarmente appetibile per gli inserzionisti. L’accelerato e sgargiante stile di Mtv altera la percezione che gli ascoltatori hanno del rock stesso e il mondo della musica viene completamente rivoluzionato. Anche i gruppi non telegenici e riluttanti ai videoclip, ma pur sempre lungimiranti, si adattano all’estetica innovativa dell’emittente. Quelli di nicchia possono finalmente farsi conoscere da un vasto pubblico. Carriere di successo come quelle di Madonna e Michael Jackson sono determinate dal nuovo

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medium mentre alcune star nascono proprio per merito di Mtv. Di conseguenza gli investimenti promozionali aumentano vertiginosamente e si incrementa la quantità di video sempre più costosi e sofisticati. Fin dalle origini Mtv aveva capito che, mentre vuole essere connesso ad una cultura giovanile globale, il pubblico ha anche dei fortissimi legami con le culture e tradizioni locali. Una sola Mtv in tutto il pianeta non avrebbe mai vinto.

In seguito alla decisione di creare versioni localizzate per ogni paese, il 1º settembre 1997 nasce ufficialmente l'edizione italiana di MTV. Con gli anni Mtv si è trasformata in un network televisivo e ha smesso di essere il punto di riferimento e di distribuzione della nuova musica. L'avvento della televisione satellitare e via cavo e soprattutto l’esplosione di Internet hanno determinato infatti la crescita di tanti sottocanali destinati a target musicali sempre più specifici. Oggi, a molti anni di distanza, Mtv è una televisione completamente diversa, che ha messo sempre più in secondo piano la musica per trasformarsi in una tv


Mtv Pulse ultime produzioni di successo

M2 solo videoclip

Mtv Classic musica anni '70, ‘80 e ‘90

Bet musica jazz e black music

Mtv+ pubblico adulto ed esperto

1997 nascita di Mtv Italia su Rete A e sul satellitare D+

1981 nascita di Mtv negli USA

giovanile tout court, offrendo un'ampia gamma di contenuti, dai giochi, ai telefilm, ai cartoni, ad una variegata quantità di show, per catturare un pubblico sempre più giovane. Il segno di questo cambiamento è avvenuto nel 2010 con il restyling del celebre logo e l’eliminazione del pay-off “Music Television”. All'inizio degli anni novanta, fu la stessa MTV a rendersi responsabile di quella che sarebbe diventata una vera e propria deriva televisiva. The Real World e Road Rules, che riscossero un grandissimo successo, furono infatti i primi due reality show della storia: un fenomeno destinato a dilagare sugli schermi di tutto il mondo a partire dal nuovo millennio. Nel 2000 MTV's Fear divenne il primo spettacolo realistico e "pauroso" dove i contendenti dovevano registrare filmati in luoghi misteriosi e intriganti. Negli anni successivi MTV programma le "vite in diretta" di cantanti e delle loro famiglie: nel 2002 The Osbournes, che narra le giornate tipo dell'ex cantante dei Black Sabbath, e nel 2004 Newlyweds sull'intimità domestica di Jessica Simpson. Oggi questi reality continuano ad imperversare, restituendo atmosfere glamour tipicamente americane, spesso connotate da un consumismo sfrenato e venato di sfumature pseudopornografiche, violente e razziste. Mtv ha abbandonato la nicchia che aveva decretato il suo successo per assecondare pubblici affascinati dalla mediocrità. Questa scelta l'ha allontanata dal suo obiettivo, mimetizzandola tra tanti altri canali. Oltretutto, alla perdita di appeal collabora anche l’ascesa di nuove tecnologie e social network come Facebook e YouTube. MTV piaceva agli inizi perché non richiedeva impegno, la si poteva tenere come sottofondo e rappresentava qualcosa di unicamente giovane, vietata agli adulti e che oltretutto padri e madri non potevano capire. 

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Andrea Massariol

L'INFERNO SI SCATENA

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er chi già lo conosce è un sogno realizzato. Per chi lo scopre adesso è una rivelazione.

Cupo, inquietante e ipnotico, anche se concepito sulla consueta lotta tra bene e male. Nel medievale regno di Khanduras, a Sanctuarium si scendono i sei livelli sotto la città di Tristram, che portano fino agli inferi e allo scontro con il Signore delle tenebre. La battaglia fra il mondo della luce e le potenze oscure, realizzata con una grafica eccezionale, ha regalato ad appassionati di tutto il mondo quindici anni di avventure epiche ed emozionanti.

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Per il 15 maggio 2012 è annunciata l'uscita della terza versione, che non modifica sostanzialmente l'approccio narrativo, ma si discosta nello stile grafico. I modelli tridimensionali dei personaggi, il loro aspetto colorato e luminescente si emancipa dai toni tetri e funerei del racconto originario. Nonostante il disappunto di molti utenti fidelizzati, il più sgargiante Diablo III, mesi prima della sua uscita ufficiale, ha già venduto più di 8 milioni di copie e garantito incassi miliardari alla Blizzard Entertainment. Bentornati a Tristram! Benvenuti all'inferno!


TUTTE LE SCUOLE PORTANO A

Geometri Liceo sociale UniversitĂ Liceo classico

Ragioneria

Liceo linguistico

Liceo scientifico

Istituti tecnico professionali

Licei artistici / Istituti d’Arte

dopo il diploma, il punto di svolta verso la professione


Barbara Stivan

2012 meno 140 la Londra delle Olimpiadi vieta l'uso di Twitter ai Game Makers

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uona davvero strana questa decisione, a noi che la comunicazione la mastichiamo almeno un po’. A noi che “come fai a non avere Facebook?” e che usiamo quotidianamente Twitter per condividere la nostra vita con il resto del mondo. L’annuncio è stato dato dal LOCOG (il comitato supervisore delle Olimpiadi di Londra 2012) a distanza di pochi mesi dall’inizio dei giochi: i 70.000 giovani volontari arruolati come staff per i giochi olimpici di Londra, dovranno essere sottoposti ai controlli anti-Twitter. Le indicazioni fornite sono tassative: chi sbaglia è fuori.

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Prima regola: non comunicare la propria posizione. In alcun modo. Nemmeno postando fotografie in rete. Per Foursquare e Facebook restrizioni grandi così, perché le possibilità di far capire dove si è sono tantissime. Seconda regola: non discutere di temi che siano strettamente legati ai giochi. Ogni volontario dovrà resistere alla tentazione di pubblicare commenti su situazioni ed episodi visti in contesto olimpico. Al massimo potrà rilanciare i post pubblicati dal comitato organizzatore. Il divieto di esprimere la propria opinione resta comunque assoluto. Terza regola: non pubblicare immagini dei vip presenti a bordo pista o scovati tra il pubblico. Sono bandite le foto con il nuotatore del cuore, rubate nel tragitto tra la vasca e lo spogliatoio.

Le indicazioni fornite sono tassative: chi sbaglia è fuori.


I social network comportano dei rischi per la sfera personale degli individui. Danno l’impressione di uno spazio personale, di una piccola comunità. Si tratta però di un falso senso d’intimità che può spingere gli utenti a esporre troppo la propria vita privata, a rivelare informazioni strettamente personali, provocando “effetti collaterali”, anche a distanza di anni.

Un portavoce del LOCOG ha dichiarato ai microfoni della BBC: “Siamo consapevoli che molti dei nostri Game Makers (così sono chiamati i volontari) vogliono condividere la loro esperienza olimpica con amici e familiari. […] tuttavia abbiamo l’obiettivo di tutelare la sicurezza della nostra forza lavoro e il funzionamento della macchina dei Giochi.” E probabilmente anche quello di far passare inosservata qualche piccola marachella, aggiungiamo noi. Garantire la sicurezza e la privacy degli atleti è fondamentale e limitare l’uso dei social può essere un modo efficace per raggiungere l’obiettivo.

Il Garante per la Privacy ha pubblicato un vademecum d’indicazioni utili per non trovarsi in pasticci virtuali e in particolare suggerisce di: pensarci prima: immagini ed informazioni possono riemergere a distanza di anni; rispettare gli altri: non pubblicare materiale che coinvolge altre persone senza il loro consenso, si possono rischiare anche sanzioni penali; cambiare spesso username e password; informarsi sul gestore del social: chiedere indicazioni precise sul trattamento dei dati personali; impostare con attenzione i livelli di privacy.

I social network però possono essere ben più di semplice gossip: basti considerare l’impatto pesantissimo che hanno ogni giorno sulla storia e sulla politica. Facebook e Twitter sono stati mezzi fondamentali per l’organizzazione delle recenti insurrezioni in Africa del Nord e Barack Obama ne ha fatto utilizzo massiccio durante la sua campagna elettorale. Insomma, che la si chiami o meno Facebook Revolution, sta di fatto che il ruolo giocato dai new media nei tumulti che in questi anni scuotono il mondo pianeta è qualcosa che sociologi di tutto il pianeta dovranno analizzare nel profondo. 

Garantire la sicurezza e la privacy degli atleti è fondamentale e limitare l’uso dei social può essere un modo efficace per raggiungere l’obiettivo.

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γλυκιπικρον

TEMPI PRELIMINARI

Il silenzio dalle gradinate pubblicitarie

L

'inaugurazione sarà l'8 giugno, cioè “adesso” per quanto riguarda sponsorship e testimonianze, promozioni e gadget. Invece – a poco meno di tre mesi dall'inizio della controversa edizione polo-ucraina o ucro-polacca – soltanto penne ed opinionisti sportivi scrivono e parlano degli Europei di calcio 2012. Naturalmente, in un paese che fu di santi, poeti e navigatori e che è diventato di commissari tecnici, l'attenzione è quasi completamente assorbita da Prandelli e compagni. Il tono degli addetti ai lavori è improntato alla massima cautela, perché la nostra nazionale – in Sudafrica, solo due anni fa – ha dissipato il prestigio del quarto titolo mondiale (Germania 2006) con la peggior performance della sua storia. L'umiliante eliminazione da un girone facile facile, maturata senza alcuna vittoria e soprattutto senza il minimo sindacale di applicazione agonistica, sembra abbia frenato anche le consuete euforie commerciali. Al momento, inserzioni e spot non propongono acqua, pasta e crema spalmabile made in Italy come il “segreto” della forma e del successo dei nostri atleti. Al silenzio di giornali e televisione si aggiunge anche quello dei supermercati. I flyer della grande distribuzione organizzata sono sempre stati

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velocissimi nel ricondurre ad un unico denominatore sportivo tutte le loro offerte. Nella trepidante attesa di passati calci d'avvio, i volantini pubblicitari si sono tempestivamente riempiti di “azzurro”, di vessilli patriottici, di palloni, di terreni di gioco con le strisce e le bandierine d'ordinanza, di incentivi all'acquisto risolti con tristi allusioni metaforiche ai gol, alla vittoria, al successo e al premio. È vero che l'anno scorso, cavalcando l'onda del 150°, le grandi organizzazioni di vendita hanno dato intensa e continua sottolineatura ai prodotti italiani con iconcine tricolori di ogni tipo. La multiforme scia di simboli verde-bianco-rossi continua per inerzia a evidenziare non solo cibi e vini della penisola, ma addirittura detersivi o elettrodomestici nostrani. Oltre tutto tira un'aria tempestosa di recessione e default, da cui supermercati e grandi magazzini si difendono con l'unica, costante e subissante promessa del “sottocosto”. Difficile dunque partorire idee che risveglino e rimobilitino un orgoglio patrio, già tradizionalmente approssimativo e oggi depresso da sconfitte non solo calcistiche. Solo Nivea for Men prova a sollecitarlo, promettendo «La maglia per tifare l'Italia!». Il brand tedesco e multinazionale di Beiersdorf compare nei flyer, in appositi box intensamente colorati e coronati dal tricolore. Di lì si rinvia al sito www. barsport.com, in cui un geniale “Fratelli di maglia” introduce al regolamento per ricevere l'agognata divisa azzurra. È comprensibile che il marchio, commercializzato nel nostro paese dal 1921, sfrutti il suo notissimo blu a sostegno del tifo azzurro. Il logo latineggiante, che evoca le distese innevate e la morbida purezza della pelle, evita poi che si percepisca una complicità


italo-tedesca, piuttosto comica e improbabile visti i precedenti calcistici delle due nazionali. Il silenzio promozionale appare ancora più assordante se si considera quanti e quali spunti abbia offerto e offra l'imminente competizione europea. A partire dal logo della manifestazione, presentato a Kiev quasi due anni fa, che trasforma in corolle il pallone e le bandiere dei paesi ospitanti. La metafora florovivaista continua nella colorata infiorescenza da cui sbocciano gli impianti sportivi e il trofeo in palio. Dal registro vagamente dysneiano del fior di palla, si passa disinvoltamente ad un head militante: “Facciamo insieme la storia”, che indica la prima volta del campionato in paesi ex comunisti e afferma il ruolo cruciale dello sport nella vita sociale e politica. Poi con un ulteriore cambiamento

di tono, arrivano due compiaciute mascotte con le creste di capelli gelatinati bianco-rossi e giallo-blu, che richiamano la bandiera polacca e quella ucraina. I gemelli Slavek e Slavko, che nelle ostiche lingue dell'est significano entrambi “gloria”, sono l'esito di un sondaggio condotto sul sito dell'UEFA e nei fast food di McDonald's, lo sponsor ufficiale del torneo. Si vocifera che alla scelta dei “simpatici pupazzoni” abbiano cooperato oltre quarantamila persone. È invece tutta farina del sacco Adidas la rivisitazione di un design classico che ha espresso Tango 12, il pallone su cui infieriranno le 16 squadre promosse alla fase finale di Euro 2012. La sfera, testata in otto nazioni e da giocatori di diverso livello, è decorata da un profilo cromatico che inevitabilmente riprende i colori polacchi ed ucraini. I suoi inserti

triangolari promettono massima stabilità nelle traiettorie aeree, un'elevata conservazione dell'aria e un'ottima impermeabilità. La sorpresa viene soprattutto dal nome, quasi un omaggio alla Spagna che, nella scorsa edizione, si è imposta combinando una sofisticata pazienza tessile con improvvise ed inattese esplosioni di genio. Un nome che in ogni caso suggerisce atmosfere surriscaldate e ritmi sincopati. Insomma non mancherebbero certo i temi per vendere nel nome del pallone. Dal logo post-liberty al motto di mobilitazione democratica, dai fratelloni punk al sensualissimo abbraccio argentino, spot e flyer avrebbero a disposizione paccottiglia e kitsch di prim'ordine. 


A

proposito di calcio e di anniversari, non si possono dimenticare i 15 anni di paninionline.com, il network del Gruppo modenese, leader mondiale nella vendita di figurine adesive e di trading cards. La storia delle collezioni inizia nel 1961 con la prima edizione dei calciatori. L'impresa, a gestione familiare, moltiplica rapidamente prodotti e fatturati. Dal 1988 cambia spesso di proprietà e solo undici anni dopo torna ad essere italiana. Attualmente, oltre alla sede nazionale, ha filiali in Europa, negli Stati Uniti e in America Latina. Come a dire che milioni di persone amano raccogliere e scambiare figurine di ogni tipo. Nel 1997, Panini è sbarcata in rete, per diventare – come leggeremo nel 2005 – «una passione che si attacca … anche al tuo computer!»  

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Diskos

2416 GIORNI DELLA PECORELLA DA PECORA

LA PARABOLA

CLONATA «Chi di voi, avendo cento pecore, se ne perde una, lascerebbe le novantanove nel deserto per andare dietro a quella perduta finché non la ritrova? Nessuno, se è un uomo saggio, ascolta le mie parole e le mette in pratica. Resta a casa e chiama gli amici e i vicini e dice loro: "Rallegratevi con me, perché ho rifatto la mia pecora che era perduta"». (pseudo-Luca, 12, 1-5)

L

a CLONISTORIA di Dolly inizia il 5 luglio 1966 e si conclude il 14 febbraio 2003.

Ma la nascita del primo mammifero, duplicato dal patrimonio genetico di una singola cellula, venne comunicata solo il 14 febbraio 1997. Da allora la pecora di Edimburgo, oltre a calamitare l'interesse degli addetti ai lavori, spopolò addirittura fra chi non aveva alcuna confidenza con l'ingegneria genetica. A sentire gli esperti, Dolly – riflettori a parte – ha trascorso una vita assolutamente normale, partorendo Bonnie, soffrendo di un'artrite atipica ma non imputabile alla clonazione, contraendo una malattia polmonare irreversibile e spegnendosi ad un'età non avanzata ma neppure precoce. 

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Matteo Pretto

OSSESSIONE

SOCIAL È

un po’ antipatico, come il primo della classe, e prepotente, come il bambino che porta il pallone e vuole essere titolare anche se è un brocco assoluto. Ex enfant-prodige della rete, a soli quindici anni sembra già un vecchio nerd imbolsito. Google rimane finanziariamente solido, perché ai suoi competitor lascia solo le briciole. Perché sul suo OS mobile si basa un numero sempre crescente di apparecchi. Perché il sistema di posta elettronica è utilizzato ormai anche dalle aziende. Perché tutti i suoi servizi gratuiti (calendario, condivisione documenti on line…) “semplicemente funzionano”.

Nessuno di noi può immaginare una vita privata o lavorativa senza Google; sarebbe come fare a meno dell’acqua corrente, dell’elettricità, del gas. Google è l'infrastruttura, l’autostrada immateriale che abolisce il tempo differito e ci connette ad un universo sempre in diretta. Ma a Page e Brin, ormai svezzati da Eric Schmidt, gli enormi ricavi che derivano da un monopolio pubblicitario inattaccabile non bastano. Non accettano di aver portato il pallone, cioè costruito le strade su cui circolano alla grande i veicoli degli altri, e di non poter giocare da fantasisti. Hanno iniziato all’insegna di “don't be evil”, sintesi dell’utopia di un capitalismo democratico e calvinista che trasforma la sua fortuna nel benessere e nella felicità di tutti, ma concede ampi margini di manovra anche ai “bad boys”, gli Zuckberg, che lucrano sull'uso disinvolto dei dati dei loro utenti. Del resto il fondatore di Facebook considera la privacy proprio come i suoi seguaci, entusiasti di svendersi in rete pur di intrecciare

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relazioni: roba da “tardoni digitali”. Mentre l’utile Google risponde sempre, comunque e a qualsiasi domanda, il dilettevole Facebook emoziona e rende protagonisti. La compostezza razionale dell'informazione contro l'appeal dell'emozione condivisa. Spinti da gelosie forse più umane che imprenditoriali e dall'oggettiva esigenza di nuove strategie, i due ragazzi di Stanford si muovono come follower* appannati e stanchi, alla ricerca di un’idea che dia anche a loro quel successo “social” diventato un’autentica ossessione. L'epoca è scandita dall'impazienza dei clic e l'urgenza creativa induce più o meno tutti a commettere errori. Per esempio Ping, il network musicale di Apple, che non riesce a decollare. Da Cupertino però metalli e circuiti continuano a concretizzarsi in sogni “risoluzionari”.

Contro Apple, Google sfodera il suo Android, distribuito su una miriade di dispositivi e, per questo, destinato a vincere su un sistema orgogliosamente chiuso. Ma la vittoria arriverà solo sull’arido terreno delle cifre. Perché nessuno degli smartphone o dei tablet androidizzati sarà mai un oggetto del desiderio che, al di là di qualsiasi performance, stuzzichi il piacere estetico e la fantasia. Ma forse l’errore più evidente di Google sta proprio nella gestione del suo spazio d’elezione. La sua forza – precisione, pertinenza, quantità e velocità dei dati recuperati – sta diventando un boomerang. La massa di informazioni processate limita la serendipity, la scoperta entusiasmante e del tutto casuale di qualcosa che non si stava cercando. L'asetticità e la rigidità informativa condizionano inevitabilmente anche Google Plus, che si propone con la logica del “più”, matematica e

organizzativa, contro un “like” immediato, associativo e relazionale. Volunia entra in questo gioco in modo approssimativo e pasticcione. La presentazione in anteprima mondiale è imbarazzante. Ma l'idea di fondo, di un motore di ricerca sociale, che permetta di intrecciare rapporti fondati su interessi condivisi, potrebbe costituire un'insidiosa alternativa proprio per Facebook. Non è del tutto escluso che la follia donchisciottesca di Massimo Marchiori approdi nuovamente all'algoritmo giusto. È già accaduto nel 1997 quando, a Santa Clara, il giovane matematico padovano illustrò il suo Hyper Search. Alla conferenza assisteva anche Page, che poi gli avrebbe espresso interesse e apprezzamento, promettendo di sviluppare un'idea che gli sembrava davvero buona… Anche i follower si vedono dal mattino. * follower è qui usato in senso “marketing oriented”, contrapposto a “runner” (precursore, innovatore). Ogni riferimento a Twitter è quindi puramente casuale.

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Federico Fugazzotto

G

oogle è il motore di ricerca più conosciuto in rete, che si basa sull'analisi matematica delle relazioni tra i siti web. Il 15 settembre 1997 fu presentato da Larry Page e Sergey Brin, a quel tempo studenti dell’Università di Stanford. Il search engine offre anche strumenti di traduzione, oltre alla posta elettronica, a mappe geografiche e stradari automobilistici. L'homepage ha una grafica minimal improntata alla vocazione di servizio: niente animazioni in flash e banner pubblicitari, niente musichette, niente sfondi multicolori. Solo informazioni per non distrarre l’utente. Larry Page e Sergey Brin, il 4 settembre 1998, fondano l’azienda, con un unico scopo: ridurre la difficoltà e accelerare le risposte. In sostanza, agevolare il reperimento d'informazioni che, all'epoca, occupavano un miliardo di pagine e che dopo quindici anni sono distribuite in addirittura 8 miliardi. La mancanza dei fondi necessari all’acquisto di nuovi PC e di altri supporti informatici, indusse i due

ideatori a tentare un'immediata monetizzazione del loro progetto. Cercarono infatti di farlo acquisire da società finanziarie come Altavista e Yahoo. Ma per loro fortuna ottennero solo rifiuti. L’idea del motore di ricerca è nata a Menlo Park, in un garage di 170mq che apparteneva a Susan Wojcicki, oggi vicepresidente di Google. In seguito Page e Brin si trasferiscono a Mountain View, la cosidetta Googleplex, la città d’America trasformata proprio dall’azienda nella più grande Wireless zone del pianeta. La nuova sede è stata dotata di un notevole impianto a energia solare, che le fornisce il 30% del fabbisogno di energia. Un segno di sensibilità sulla strada di un progresso sostenibile. Google introduce il “PageRank”, un algoritmo per determinare l’importanza di una pagina web, che si fonda sulla reiterazione delle informazioni e il numero di collegamenti ipertestuali. Non si limita tuttavia a contarle, ma tiene anche conto del loro contenuto e dell’importanza dei siti da cui

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provengono e con cui si linkano. Il dispositivo si è rivelato talmente efficace da indurre un ampio passa parola e da rendere superflua ogni forma di promozione. Il nome “Google” esprime questa capacità di organizzare l’immensa mole di dati disponibili in rete. Deriva dal termine “Googol”, creato dal nipote del matematico Edward Kasner nel 1938 per indicare il numero 1 seguito da 100 zeri. A Page e Brian la metafora sembrò perfetta e perciò adottarono la definizione matematica per battezzare il loro ambizioso progetto. Nel momento della pubblicazione però il dominio non era più disponibile. Furono perciò costretti a ripiegare su “Google”. L'ormai noto e familiare motore di ricerca viene oggi associato ad un duplice gioco di parole: il sostantivo goggle, cioè binocolo, perché consente di mettere a fuoco la rete in tutta la sua ampiezza; il verbo to goggle, cioè spalancare gli occhi, per sottolineare il piacere della scoperta quando si trova quello che si stava cercando. Ruth Kedar ha tracciato il logo ufficiale con il font Catull, realizzando ogni carattere con lettere e simboli matematici, cioè nella cosiddetta ASCII-Art e in particolare nello stile Oldskool tipico degli anni novanta. Quasi subito il logo comincia ad assumere una veste particolare in relazione a determinati eventi, come per esempio i compleanni di artisti e scienziati, gli anniversari storici, le celebrazioni nazionali e internazionali. Queste versioni, concepite da Page e sviluppate da Brin e Dennis Hwang, vengono chiamate “Doodle” e, dato il loro successo, ormai se ne pubblica una al giorno.

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100.000 computer, 900.000 server, distribuiti su 10 datacenter – 6 negli Stati Uniti, 2 in Europa e 2 in Asia – con più di 100.000 indirizzi IP assegnati su diverse reti. Questi i numeri tecnologici con cui oggi Google cattura e gestisce tutte le informazioni presenti in rete, effettuando in pochi millisecondi qualsiasi ricerca su milioni di pagine. Altrettanto interessanti i numeri finanziari: il pacchetto azionario vale oltre 100 miliardi di dollari, cioè più di Ford e General Motors messe insieme. 


HUB AND SPOKE

Vicenza

Schio

Verona Padova Belluno Treviso

Bolzano

lo scalo strategico dei flussi professionali


Giulia Segalla

VOCE DEL VERBO "BLOGGARE" "Internet è la prima cosa che l'umanità abbia costruito che l'umanità stessa non comprende. Il più grande strumento di anarchia che sia mai stato fatto" (Eric Schmidt)

D

C’è qualcosa di straordinariamente pionieristico in questi mondi astratti che portano migliaia d’individui a condividere pareri e ad esprimere opinioni. Ma essere blogger vuol dire molto di più che comprare un dominio per parlare di lillà.

Quello che fa la differenza, nella “blogosfera”, non è tanto la piattaforma su cui cresce e si presenta ogni piccolo pianeta, quanto piuttosto la qualità del suo utilizzo da parte dei blogger e dei lettori.

Essere blogger significa appartenere a una comunità, rispettare gli ideali per libera scelta, per spirito d’essere e non per obbligo di un governo al potere, ma per pura attitudine personale. Un blogger agisce e pensa secondo principi in cui crede ostinatamente, sostiene la libertà di parola e condanna la censura, senza nascondersi, senza ipocrisia.

Il “blog”, dall’inglese web-log (diario online), è un sito curato da una o più persone attraverso un programma di pubblicazione guidata.

Fonti: Wikipedia, Intac.net

i per sé, i blog sono uno strumento semplice da capire. Si tratta di “memorie”, piccoli giornali, raccolti di briciole attinte dalla rete, un insieme di pensieri o narrazioni della vita, d’informazioni pubbliche o denunce mirate.

Il 18 luglio del 1997, Dave Winer ha creato il primo software di condivisione libera, mentre Jorn Barger, semplice commerciante americano, ha editato il primo blog della storia nel dicembre dello stesso anno.

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Questi spazi gratuiti permettono, a chi ha una connessione internet, di scrivere e divulgare articoli (“post”) senza conoscere il linguaggio tecnico dell’html.

I “blogger”, ovvero gli autori dei post, formano in tutto il mondo una vera e propria community: la “blogosfera”.

I blog nascono in uno spazio ben definito con un ruolo altrettanto chiaro e preciso. Sono i Folies Bergère, i Café Guerbois del ventunesimo secolo; sono luoghi di discussione e condivisione che promuovono l’indipendenza intellettuale e trasformano il tempo. Ma soprattutto, come sostiene Mario Adinolfi – uno dei più famosi blogger italiani – sono luoghi d’innovazione politica.

Se poi consideriamo l’effetto che la tendenza social scatena nelle diverse parti del mondo – in Cina, Vietnam, Iran, ma anche in Egitto e in Tunisia, dove i blogger sono i portavoce delle rivoluzioni attuali e sostengono insurrezioni e cambiamenti di vita – viene da chiedersi per quanto ancora durerà la farsa della TV. 

Se non in Italia, per lo meno in America, da quando Howard Dean, con il movimento web “Move On”, ha raccolto – grazie al sostegno dei suoi follower – più di ottanta milioni di dollari in poche settimane per battagliare contro John Kerry alle primarie del partito democratico nelle elezioni presidenziali americane del 2004. L’ex governatore del Vermont, già otto anni fa, senza essere un genio della rete, aveva intuito che i blog facilitano l’aggregazione, che l’aggregazione fa la forza, nonché la differenza. Soprattutto in politica.

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Andrea Massariol

AB URBE RECONDITA 15 anni di fasti tecnologici

U

n passato remoto. Una città di marmo, oro e alabastro.

Un luogo leggendario, centro del mondo civilizzato e fulcro del più grande impero che l’Europa abbia mai visto, caduto eppure ancora presente in mezzo a noi con ponti e anfiteatri, strade e colonne. Oggi tutto questo riprende forma, colore e grandezza dall’antichità grazie alla modellazione digitale dei più avanzati software esistenti, ma sopratutto grazie alla passione di tutti gli studiosi che hanno partecipato a questo progetto sensazionale. Concepito all’università di Virginia

nel 1997, Rome Reborn, è stato presentato al grande pubblico soltanto dopo dieci anni di studi, ricerche e lavorazioni, con una cerimonia ricca d’immagini e filmati, che illustravano le meraviglie portate alla luce da questa rappresentazione dell’Antica Roma. Nell’agosto 2008, la versione di prova è stata mostrata presso il Los Angeles Convention Center e, a novembre dello stesso anno, l'ultima versione è approdata su Internet come "Roma Antica in 3D", grazie alla piattaforma virtuale di Google Earth. Così oggi chiunque può intraprendere questo magico viaggio nel passato, ripercorrere le vie romane ricoperte di ciottoli e scoprire monumenti remoti e meravigliosi, che purtroppo non è più possibile vedere nella realtà. Ogni conoscenza della città è stata utilizzata per ricostruire digitalmente la sua topografia, i suoi edifici e le sue infrastrutture (strade, ponti, acquedotti, mura, ecc.). Sono stati consultati storici, archeologi, architetti, climatologi ed esperti nella

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modellazione virtuale e nella fotografia. È stato così possibile concretizzare un’idea ambiziosa per poter presentare agli studenti, e al pubblico in generale, la città esattamente com’era all’epoca di Diocleziano e Costantino il Grande. Questo modello 3D ha inoltre permesso di raccogliere dati altrimenti irreperibili: per esempio l'allineamento e le caratteristiche delle varie costruzioni della città, l’una rispetto all'altra, o lo studio dei fenomeni climatici che hanno causato il deterioramento naturale delle strutture. UN PASSATO REMOTO. UNA CITTÀ DI MARMO, ORO E ALABASTRO.

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La Roma digitale si compone di due tipi di elementi: modelli dettagliati degli edifici storici più importanti, fedelmente ricostruiti grazie ad attendibili evidenze archeologiche. Tra questi, gli edifici del

Foro Romano e del Tempio di Venere a Roma, la Basilica di Massenzio e il Circo Massimo; modelli di palazzi e altre costruzioni di minor rilievo storico (abitazioni, mura, giardini, fontane, obelischi, …) catalogate solo per tipo e frequenza nelle varie zone della città. È stato stimato che ci sono circa 200 edifici del primo tipo, e tra 7.000 e 10.000 edifici della seconda categoria. Rome Reborn non è solo una grandiosa ricostruzione tridimensionale, con un valore storico e appassionante per il pubblico e per gli storici. Il progetto è stato infatti un formidabile catalizzatore di innovazioni tecnologiche sorprendenti. Strumenti come CityEngine: un software che migliora i set di costruzione e progettazione digitale


sviluppati negli ultimi decenni, ottimizzato per la pianificazione urbana, l’architettura, lo sviluppo di videogiochi e la produzione di film.

Antica, l’utilizzo di questo dispositivo è stato causato da un piccolo imprevisto, sorto durante la collaborazione con il Politecnico di Milano.

Il programma consente la rapida creazione di città 3D, partendo da dati bidimensionali, e un'efficiente progettazione e modellazione di ambienti urbani virtuali. Codificando volumi, proporzioni, ritmi e materiali permette infatti di modificare e duplicare qualunque oggetto venga progettato.

Il professor Guidi e la sua equipe stava recuperando informazioni e dimensioni dal plastico di Roma, realizzato da diversi archeologi nel corso di cinquant’anni (dal 1933 al 1974) e situato nel Museo della Civiltà Romana all'Eur. L'amministrazione gli vietò di mettere direttamente sull'opera qualunque strumento di misura, per scongiurare la possibilità che potesse cadere sul modello e danneggiarlo.

La seconda novità tecnologica utilizzata durante gli studi di Rome Reborn è il Radar Laser. Uno strumento che viene impiegato in campo militare, soprattutto nei sottomarini, e dalle forze di polizia per calcolare la velocità di un veicolo sulla strada. Nella pianificazione di Roma

Il professore dovette quindi abbandonare l'idea di usare un comune dispositivo su rotaia che effettuasse una scansione completa. 31


La soluzione fu appunto il Radar Laser. Il suo principio di funzionamento è molto semplice: forma una striscia di luce che scansiona tutta la superficie sulla quale si muove. L’oggetto colpito, tramite rifrazione, invia una serie di dati dimensionali a una telecamera collegata con un computer. Le informazioni recuperate, visualizzate in forma geometrica, riproducono un’immagine dell’oggetto con misure precise. Attraverso l'analisi del plastico, è stato possibile ricostruire molte parti di Roma oggi distrutte o eccessivamente danneggiate, che senza l'ausilio delle

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nuove tecnologie non sarebbero state mai riportate all’antico splendore. Oggi, a quindici anni dalla nascita di questo progetto ambizioso e fantastico, ricercatori, storici e modellatori continuano a migliorare il loro lavoro e a proporsi sempre nuovi obbiettivi. Forse col tempo potremo concederci ulteriori viaggi nel passato, in epoche lontane e affascinanti, muovendoci in lungo e in largo tra palazzi splendidi e luoghi di culto sacri alle grandi civiltà del passato. Meraviglie che altrimenti rischierebbero di andare perdute e dimenticate. 


Diskos

UN ACCENTO

DI STORIA E

gizi, greci, persiani, romani. Le più grandi civiltà del passato conoscevano e usavano un veloce mezzo di trasporto durante le battaglie e gli spostamenti quotidiani. La biga. Guidarla era un'arte e una sfida. Due cavalli, un piccolo carro e un'auriga anch'esso piccolo e lesto. La velocità e la perizia, strategiche sui campi di battaglia, diventavano un emozionante spettacolo durante i giochi olimpici e nelle arene. Nel 1997, dopo qualche secolo di dimenticanza e abbandono, la biga è tornata. Ma con un accento diverso.

La prima notizia della sua riesumazione appare su Repubblica il 23 maggio del 2005. Si parla di una biga made in Usa, con due manubri ripiegabili al posto delle antiche briglie e tre ruote invece degli originari destrieri. A due giorni di distanza, il giornale accoglie l'accorato appello di una ditta bresciana che puntualizza: «produciamo una biga elettrica dal 1997 e in difesa del made in Italy vorremmo che si parlasse anche di noi».

Effettivamente la Bigà Italia realizzava e realizza una versione riveduta, aggiornata e flessibile del celebre veicolo. Le sue “motorizzazioni”, a quanto pare efficienti ed affidabili, sono concepite per lo spostamento in aeroporti, porti, stazioni, aziende agricole, villaggi turistici e parchi di divertimento. Non mancano speciali adattamenti per circolare su arenili e terreni sabbiosi, per le competizioni sportive e i bambini. Infine con Bibigà si offre al pubblico anche una versione a due posti, che inaugura la prima biga tandem della storia. A questa fantastica rivisitazione non sono mancati premi e riconoscimenti, che autorizzano l'impresa a presentarsi come brillante sintesi di passato e futuro. L'azienda quindi ripristinerebbe arcaici e celebrati mezzi di trasporto, potenziandoli con moderne tecnologie e offrendo così risposte semplici ma innovative ad esigenze di traffico e di sostenibilità sempre più complesse. Ai novelli aurighi l'ardua sentenza! 

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Diskos

RESISTENZA

RADICALE L

'originario Horto Medicinale, istituito il 31 luglio 1545, fu concepito per coltivare e studiare le proprietà curative di piante indigene ed esotiche. Nel tempo, da laboratorio per la conoscenza e la sperimentazione di droghe vegetali si è evoluto verso i nuovi ambiti di interesse e di ricerca delle scienze botaniche. Il complesso e suggestivo disegno dell'orto, che occupa un'ampia area di forma trapezoidale, evoca simbologie cosmologiche rinascimentali. Nel nucleo iniziale – il cosiddetto Hortus Sphæricus con 85 metri di diametro – è inscritto un quadrato. Due viali

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perpendicolari, orientati verso i punti cardinali, lo suddividono in quattro quadrati minori. Ogni quarto è dotato di una fontana centrale e di circa 250 parcelle, dislocate secondo diverse e sofisticate geometrie. I quattro imponenti ingressi di ferro battuto e la balaustra di pietra d'Istria, che corona il muro circolare, sono di epoca settecentesca, così come le statue di Teofrasto, di Salomone e delle Quattro Stagioni. Risalgono invece alla prima metà dell'Ottocento le serre e il teatro botanico. All'interno dell'Hortus Sphæricus cresce dal 1585 una palma di San Pietro tipica

Nel 1997, l'Orto Botanico di Padova viene iscritto nella lista del patrimonio mondiale dell'Unesco della macchia mediterranea. Come intende il suo nome scientifico, la Chamærops humilis è una specie di cespuglio (rops) abbarbicato al terreno (chamái: "a terra"). La pianta si è garantita una fama planetaria, non per la sua notevole longevità, ma perché nel 1786 affascinò Goethe con le sue «foglie che sorgevano dal suolo […] semplici e fatte a lancia» e «poi andavano dividendosi sempre più, finché apparivano spartite come le dita di una mano spiegata». 


Diskos

LA CONSUMAZIONE

DEI BENI CULTURALI

N

el 79 dc il Vesuvio, non ancora assopito, vomitò lava e lapilli sull'antica Pompei, su Herculaneum – già devastata da un precedente terremoto –, su Stabiæ ed Oplontis, che si trova al centro dell'odierna Torre Annunziata. Carlo III di Borbone, il sovrano spagnolo che affidò a Vanvitelli il progetto della reggia di Caserta, diede inizio nel 1738 agli scavi che avrebbero consegnato una testimonianza drammaticamente intatta dell'urbanistica, dell'architettura e delle consuetudini latine. Diversamente da altre riesumazioni archeologiche, l'area vesuviana si presentò come un impressionante

fermo immagine. Dagli strati solidificati di cenere e detriti emergevano persone bloccate nei luoghi e nei gesti degli ultimi istanti di vita. Insieme a loro, sigillati nel calco mortifero del magma essiccato, apparivano gli edifici, gli affreschi, i mosaici, gli arredi, le suppellettili e persino residui di cibo e di sostanze cosmetiche. Un preziosissimo repertorio di case, uomini e cose: un tragico plastico che narrava la storia, l'arte, la quotidianità domestica e lavorativa dei romani. Per il loro inestimabile e ineguagliabile valore documentario, nel 1997, le rovine campane sono entrate a far parte della lista dei

patrimoni dell'umanità dell'UNESCO. Ci sono voluti 1659 anni e la sensibilità estetica di un sovrano perché iniziasse la cosiddetta resurrezione di Pompei, Ercolano, Stabia e Oplonti, che è proseguita, con diversa intensità, fino alle ultime scoperte del 1974. Ma è bastato davvero poco tempo perché l'incuria, l'incompetenza e l'indifferenza criminale cominciassero a sgretolare le antiche costruzioni e le loro meraviglie. Come avvertono Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella *, un nuovo vandalismo sta distruggendo una delle risorse fondamentali della nostra penisola. La bellezza e il paesaggio, che valgono in quanto tali, si offrono anche come rendita culturale e turistica. 

* Vandali di Rizzo e Stella è stato pubblicato da Rizzoli nel 2011

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Mariella Rossi

all'altrettanto libera salita dello spread.

EUR ASTENIA

L

a fanciulla prende vita dall'immagine dipinta su un antico vaso greco. I suoi piedi sorvolano sicuri un sipario verde–azzurro, solare e mediterraneo. In perfetto stile fantasy – al suo passaggio si materializza una fluida sequenza di ponti. Dalla pietra dell'ingegneria latina all'acciaio delle più recenti architetture sospese, la protagonista attraversa il «comune retaggio storico e culturale» e comprende che l'Europa «non è soltanto un concetto geografico», perché «getta ponti fra i popoli e ispira speranza». Non è l'incipit mitologico e favoloso di un racconto edificante, ma l'inizio del video realizzato dalla

Banca Centrale Europea e puntualmente circolato in rete dal 1° gennaio 2012, il giorno del decimo compleanno dell'euro. In quel momento, le agenzie di rating – con incursioni quotidiane – impallinavano la credibilità politica ed economica di molti paesi dell'Eurozona.

Nei cosiddetti “giorni del giudizio”, in cui ci si chiedeva se la moneta comunitaria avrebbe avuto un futuro, qualsiasi celebrazione sarebbe stata fuori luogo. Figuriamoci l'effetto della “favola bella” che, oltre tutto, inizia con la ceramica a figure rosse, che si affermò nel tempo in cui Atene, guidata da Temistocle e non da Papademos, si dotava di una flotta navale imponente e competitiva, scongiurava le insidie persiane e trasformava le colonie da partner economici a sudditi di un ampio e solido impero.

Moritz Kraemer di S&P – una delle tre più accreditate società di analisi finanziaria – prevedeva «un default della Grecia in tempi brevi».

Pur non essendo fra quelli del «ridateci la lira», non mi stupisce che la “pensata” promozionale abbia scatenato sottolineature sarcastiche nei blog, nei forum e sulla stampa.

Tutti noi, per quanto privi di specifiche competenze, reagivamo con più o meno preoccupazione agli indici borsistici in caduta libera e

Gli spin doctor, ovvero chi – per professione – mette in buona luce, hanno davvero ecceduto in stereotipi e zucchero a velo.

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Il primo sguardo sul presente arriva solo dopo diversi minuti dedicati ai pochi percepibili vantaggi della moneta unica. Entra in scena Mario Draghi e assicura che «malgrado le complessità che l'Europa e il mondo devono al momento affrontare, i cittadini dell'area dell'euro possono confidare nella Banca centrale europea e nel suo impegno a rispettare il mandato di mantenere la stabilità dei prezzi». L'attuale governatore si esprime in un inglese presentabile, che forse riscatta gli italiani da passate e molto imbarazzanti esibizioni anglofone. Ma il suo generico appello a “confidare” così come la “speranza”, con cui esordisce il filmato, sono davvero poco laiche e poco concrete, troppo retoriche e consolatorie. Tocca agli esperti spiegare perché, dopo un decennio, l'euro non abbia inaugurato il nuovo equilibrio monetario, che avrebbe dovuto smarcare il vecchio continente dall'egemonia del dollaro e renderlo meno vulnerabile alle crisi d'oltreoceano.

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Alcuni di noi che, durante il Capodanno 2002, condivisero l'entusiasmo di austriaci, belgi, francesi, finlandesi, greci, irlandesi, lussemburghesi, portoghesi, spagnoli, tedeschi, olandesi, s'illudevano che la moneta comune non sarebbe stata solo una facilitazione turistica. Il video celebrativo non va oltre il facile e fragile argomento di un'unità valutaria che emancipa il consumatore dallo stress dei cambi e lo mette nelle condizioni di confrontare i prezzi dei vari paesi. Alcuni di noi immaginavano l'euro come la premessa e la promessa di una confederazione politica, culturale e sociale e non solo un vago «simbolo di integrazione e di cooperazione». E davvero poco o niente c'importa che i 14,9 miliardi di nuove banconote abbiano rappresentato un «esercizio logistico fra i più imponenti mai realizzati in Europa». 


È

di Helmut Andexlingen il disegno prescelto per la moneta commemorativa del decennale. Il designer austriaco, che lavora anche per la zecca del suo paese, ha sistemato intorno al cosmo – che accoglie il simbolo dell'euro – un girotondo di situazioni, che la valuta unica avrebbe favorito e consolidato. Le persone festanti rappresentano il contatto culturale fra le nazioni; la nave allude agli scambi commerciali; la fabbrica è la cifra della produzione industriale e le centrali eoliche evocano energie autoctone, pulite ed alternative. Non sappiamo se l'autore si riferisce ad eventi precisi oppure propone gli stessi sogni e le stesse speranze del video della BCE. Sta di fatto che il suo bozzetto, inserito dai cosiddetti esperti nella selezione finalista, ha ottenuto il 34% di consensi nella consultazione popolare cui hanno partecipato quasi 35.000 persone. La moneta da 2 euro verrà emessa da tutti i paesi dell'eurozona e si calcola che ne entreranno in circolazione circa 90 milioni di esemplari. 

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Diskos

GREEN

CHIPS EMAS

(Eco-Management and Audit Scheme) è il sistema europeo di ecogestione – accertata e controllata – a cui partecipano volontariamente gli enti e le imprese che decidono di monitorare e di incentivare la loro efficienza ambientale. Nel 1993 viene pubblicato il primo regolamento comunitario per la tutela ambientale, cui seguiranno le due versioni aggiornate del 2001 e del 2009. L'adesione al programma comunitario comincia nell'estate del 1995 in Inghilterra, Germania ed Austria. Il 18 dicembre 1997 la ST Microelectronics – un'azienda italo-

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francese che produce componenti elettronici – ottiene la prima registrazione italiana per il suo stabilimento di Catania e in breve tempo anche per gli impianti industriali di Agrate Brianza e di Cornaredo. Il leggero ritardo nei confronti di alcuni partner europei è stato compensato, nel nostro paese, dalla crescente attenzione verso uno sviluppo sostenibile, che si è rapidamente estesa anche ad organizzazioni pubbliche come Province, Comuni, Comunità Montane, Parchi, strutture ospedaliere e scuole. 


Diskos

DAS

PIZZA.

P

“incisività” suggerì un restyling del logo e la rinuncia ad una m.

tutto il mondo alimentando un transculturalismo pizzaiolo. E i gourmet curiosi e disinibiti, come non giudicano impertinenti würstel e speck, asiago e gorgonzola, così sottoscrivono l'ingresso di pommes frites e fagioli messicani. 

Nel 1953, per farsi apprezzare in Italia, l'impresa alimentare adottò il più commestibile e seducente nome di Cammeo.

Sviluppando il suo dna alemanno, pratico ed efficiente, Cameo propose nel 1997 la versione già confezionata e pronta da infornare del più noto piatto made in Italy. La rivoluzionaria novità non fu però la Pizza Regina, «la più amata dagli italiani!» e neppure la croccante e multiforme Pizza Ristorante. Le formule più o meno tricolori arriveranno solo dopo l'interpretazione “stars and strips” di Big Americans, con la base di pane farcita di salame, prosciutto, peperoni, pomodori, funghi e l'immancabile mais.

A distanza di una trentina d'anni, una non precisata esigenza di “modernità” e

Del resto, il napoletanissimo impasto di acqua, farina e lievito ha conquistato

er chi non si lascia irretire da ingombranti moralismi culinari, la prima pizza ibernata dev'essere stata una conquista memorabile. Ci ha pensato Dr. Oetker, l'azienda che porta il nome del suo fondatore, un farmacista tedesco che – a fine ottocento – ebbe la fortunata idea di commercializzare il primo lievito in bustina, esattamente misurato per mezzo chilo di farina.

le formule più o meno tricolori arriveranno solo dopo LA PARABOLA l'interpretazione DELLA PECORELLA “stars and strips” CLONATA di Big Americans

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Chiara Sandri

4 Ajaw calendario Tzolkin 3 Kankin calendario Haab

IL PRIMO SARÀ L'ULTIMO

I

l sole era salito da poco e la luce filtrava dalle tende sfiorandole il viso. Il calendario segnava il 21 dicembre e il clima mite di quel giorno era presagio di una giornata inconsueta. Samantha stava dormendo beatamente quando il suono del telefono la svegliò. Era in ritardo. Scese dal letto, accorgendosi distrattamente di aver appoggiato per primo il piede sinistro. Raccolse a caso dei vestiti appoggiati sulla sedia, li infilò correndo verso la porta di casa, finché con l’altra mano si pettinava velocemente i capelli. Presi cappotto e chiavi, si precipitò al lavoro ripassando mentalmente gli appunti della sua lezione. Era una giornata importante poiché,

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dopo tanti anni di studi, aveva finalmente ottenuto la cattedra universitaria di storia antica. Per questo era molto agitata, ma lo era ancora di più perché sarebbe arrivata sicuramente in ritardo e rischiava di fare una brutta figura non solo con i ragazzi, ma soprattutto con i colleghi. Entrò di corsa in aula. Il cuore le batteva a mille e le tempie le pulsavano per lo sforzo. I ragazzi che prima chiacchieravano rumorosamente, smisero d’un tratto di parlare. Dopo i convenevoli iniziali, Sam iniziò la sua prima lezione. “Nonostante siano esistiti milioni di anni fa, i maya erano culturalmente

molto evoluti, soprattutto nel calcolo del tempo. Avevano addirittura due diversi calendari per datare i loro monumenti: uno circolare e uno lineare. Quello circolare era composto a sua volta da altri 2 calendari. Haab o Calendario Civile che corrispondeva all'anno solare di 360 giorni distribuiti in 20 mesi e un mese di soli 5 giorni ma particolarmente sfortunati. Tzolkin o calendario rituale composto invece da numeri e nomi.” Il cielo che prima era limpido e calmo iniziò ad oscurarsi. “Per capire meglio, consideriamo i calendari come ingranaggi che ruotano, di giorno in giorno, creando continuamente combinazioni diverse. Lo Tzolkin era fatto di 2 ruote dentate, una più piccola con 13 numeri e una più grande con 20 nomi, che determinavano il giorno; l’Haab invece era una singola ruota con i mesi.” Un piccolo rombo di tuono fece tremare impercettibilmente i vetri. Alcuni ragazzi si voltarono verso la finestra chiedendosi com’era possibile che il cielo fosse diventato così cupo.


La lezione continuò: “L’altro calendario è quello lineare chiamato lungo computo. Si tratta di un insieme di giorni raggruppati in 5 numeri e si legge ad esempio: 1baktun.2 katun. 3 tun. 4 uinal. 5 kin. Questa volta proviamo a considerare il calendario come un cronometro, dove il conteggio cresce da destra verso sinistra, come nella scrittura araba”. Samantha prese il pennarello e iniziò a scrivere sulla lavagna. “I kin sono come i nostri giorni e vanno da 0 a 19. Arrivati a 19 i kin si azzerano e aumentano di un numero l’uinal successivo. Ogni uinal dura 20 giorni e va da 0 a 17. Dal diciassettesimo numero, l’uinal si

azzera e aumenta di un numero il tun successivo. Ogni tun dura quasi come un nostro anno (360 giorni) e va da 0 a 19. Alla fine del tun 19 questo numero si azzera e si entra nel katun successivo. Ogni katun dura circa 20 anni (7200 giorni) e va da 0 a 19, alla fine del katun 19 questo numero si azzera e si entra nel baktun successivo. Ogni baktun dura circa 4 secoli e conta il tempo trascorso dall’inizio del calendario…” Un ragazzo la interruppe: “Scusi ma non credo di aver capito…” “Guarda, è molto più semplice di quel che sembra.” Samantha cancellò la lavagna e ricominciò a scrivere mentre il cielo diventava sempre più cupo e il vento aumentava d’intensità. “Forse con un esempio pratico ci capiremo meglio: che giorno sarebbe oggi secondo i maya? Se consideriamo che l’inizio del calendario lineare è il 13 agosto del 3114, con il calendario circolare scriveremo: 4 Ajaw (Tzolkin) 3 kankin (Haab) e cioè il giorno numero 4 che si chiama Ajaw e il mese kankin iniziato da 3 giorni.”

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Una ragazza la interruppe nuovamente: “Con l’altro calendario invece? Non riesco a calcolare la data...” “Il primo è un semplice insieme di combinazioni, il secondo invece ci dice qual è il numero di giorni dalla data di creazione dell’uomo. Per oggi scriveremo quindi 13.0.0.0.0… insomma, oggi è... è…" Sam si interruppe, improvvisamente inquieta. Guardò verso gli studenti

avvertendo chiaramente la loro tensione. Il cielo era sempre più nero. Samantha cercò di mantenere la calma e riprese a parlare. "Oggi è..." Uno degli studenti disse quello che tutti stavano pensando in quel momento: "oggi è l'ultimo giorno del calendario".

"Già, effettivamente. Che coincidenza, no? Beh, che sarà mai! non sarà mica la fine del mondo, no?" disse con un sorriso un po’ forzato. Un colpo di vento spalancò la finestra e tutti istintivamente si girarono verso di essa. Un improvviso bagliore li illuminò. 

Samantha cercò di dimostrare indifferenza.

In realtà, i maya non avevano previsto la fine del mondo, ma solamente il giorno del ritorno di Kukulkàn, il dio serpente che tornerà sulla Terra per annunciare l'inizio della nuova era, in cui l'uomo ritroverà quel contatto perso con se stesso e con l'universo.

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COSMICAL

ACTIVITY L

e stelle, i pianeti, le galassie lontane … quanta bellezza sconosciuta a molti. Quest’anno poi, che dovrebbe essere la fine del nostro pianeta, succederanno eventi astronomici davvero particolari. Forse molti avranno notato che uno dei motori di ricerca più utilizzati il 20 marzo segnava l’inizio della primavera. Google stava dando di matto? In realtà è vero, quest’anno l’equinozio di primavera è avvenuto il 20 e non il 21 come ci hanno insegnato a scuola. Tutta colpa del fatto che la terra compie un giro completo intorno al Sole in 365 giorni e 6 ore, ma soprattutto perché l’equinozio non coincide con un giorno, ma accade in un’ora precisa e quindi può essere che avvenga il 20, o

addirittura il 19 marzo. Per l’ultima volta in questo secolo, il 6 giugno avverrà un fenomeno piuttosto raro e cioè ci sarà il transito di Venere sul Sole. Venere quel giorno si insinuerà tra la terra e il Sole, ma il particolare che rende questo fenomeno raro è che i due pianeti si troveranno su una retta immaginaria che li collega al Sole. Questa linea parte dal punto d’incontro delle loro due orbite. Ci saranno ben 4 eclissi quest’anno, 2 di Sole (una anulare e una totale) e 2 di luna (una parziale e una di penombra), anche se dall’Italia non saranno visibili. Un altro fatto particolare è che nel 2012 il piano del nostro sistema solare si allineerà esattamente con il piano

della nostra galassia, la Via Lattea. Ci sono voluti 26000 anni per completare questo allineamento e lentamente passeremo dal vedere la Via Lattea da sopra a sotto. Un astronomo dice inoltre che, nello stesso momento, due altre galassie si allineeranno con la nostra, producendo un autentico fenomeno cosmico! Va anche ricordato che il Sole quest’anno svilupperà la sua massima attività e che la circostanza non si verifica dal 2001. In questo periodo i flare (violente eruzioni di materia in esplosione) saranno più forti e addirittura piccoli pezzi di Sole salteranno nello spazio per poi ricadere sul Sole. Negli anni 80 un particolare flare è addirittura arrivato sulla terra colpendo il nord America e bruciando le linee elettriche. Si dice che questi eventi influenzino la nostra salute fisica e il nostro umore. Probabilmente quest’anno, durante il solstizio d’inverno, il Sole invertirà anche i suoi poli magnetici, cosa che succede ogni 11 anni e che quindi invece di mantenere l’equilibrio con il campo magnetico terrestre, inizierà ad attirarlo verso di sé. 

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