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Imperia Tognacci, per ove viaggiano i poeti?, di Salvatore D’Ambrosio, pag

IMPERIA TOGNACCI PER DOVE VIAGGIANO I POETI?

di Salvatore D’Ambrosio

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IL poemetto in undici capitoli, come ha preferito nominare le composizioni Imperia Tognacci, è un appello a salvare la poesia.

Salvare la poesia per salvare l’umanità, la quale invoca amore e pace ma non sa da dove cominciare. Allora la cosa da fare immediatamente, dice il poeta, è che deve esserci il desiderio di viaggiare, di andare altrove, inseguire un sogno con la consapevolezza che La meta è partire.

Tenendo ben presente anche, che una meta non sarà e non può mai essere definitiva.

Questo Wanderlust della Tognacci, come in On the road di Kerouac, non è tanto la voglia di un viaggio quanto quella di un incontro tra due persone gemellari: Eva = Poeta Imperia.

E l’incontro deve dare forma a una concezione poetica che sia verità, concretezza, avventura.

Non deve, però, avere una forma piatta come la propongono oggi i nuovi mass-media.

Si evince anche che la Tognacci non vuole insegnare, ma imparare, vuole modificarsi, colloquiare con i miti e le muse del passato per tornare a essere quella Eva che scioglie tutti i grumi e le zavorre del tempo. Una EvaDonna che può essere fonte di ispirazione poetica, ma che è anche poeta che vuole vestire il tempo di una nuova inusitata luce. La quale proietterà una nuova sconosciuta ombra.

Quante donne la storia ci ha consegnato cinte dell’alloro poetico: si chiede.

La risposta le viene da Psiche, che è un vocabolo greco che significa anima, e quindi è la sua anima che consapevolmente sa della storia della donna nei secoli.

La sente come grande presenza Imperia e ci colloquia, per tutto il poemetto, con la sua Psiche.

Ma oltre che dall’ Anima, la Poetessa è forte anche della Ragione per cui questa idea di viaggio è connotata anche da due pulsioni.

La sistole che sta nell’andare alla ricerca della libertà e del giusto riconoscimento dell’esperienza letteraria e poetica. E la diastole che sta nel tornare all’origine: a quell’Eden perduto, a quella innocenza dalla quale ripartire forti dell’esperienza degli errori commessi. Con la volontà di un allontanamento da una marcia indietro. Ma soprattutto con l’entusiasmo di un andare verso una meta che abbia una luce nuova capace di riattrarre.

Lucidamente Eva- Tognacci sa che non si cambia la nostra esistenza, che nessuna malia devierà il nostro percorso. Ma sa anche che cerchiamo qualcosa che è già in noi e che nasce con noi: perché è in noi dall’ancestrale.

Il poemetto è una cosmogonia dell’origine dell’universo poetico, con un carattere mitico- religioso.

È anche l’urgenza di un riconoscimento

della sua identità di Eva/Poeta.

Non a caso in tutta l’opera usa questo sostantivo al maschile e mai al femminile.

Sta in questo il suo progetto, che tende a collocare con una grande determinazione la propria personalità e identità di riconosciuto Poeta.

Incontriamo nel percorso, però, anche una Psiche (l’anima), che si ribella ed esorta a uscire dallo stereotipo del poeta rassegnato alle abitudini, alle antiche costumanze e che getta i canapi alla prima bitta, al primo porto sicuro. Protetto.

Fermarsi, impantanarsi non porta a nulla: bisogna invece smetterla di far considerare Eva origine di tutte le colpe, ignorando la sua preziosità e ciò che invece vale.

Nell’accezione greca Psiche significa anche farfalla. Capacità dunque di volare, viaggiare lontano. Andare. La farfalla un insetto all’apparenza fragile, in realtà è instancabile e fa viaggi anche di 4000 chilometri per raggiungere il luogo dove riprodursi, per non lasciare il mondo senza la sua presenza.

Un poco come la poesia, a cui basta anche una fragile apparenza per dire grandi verità.

La storia dell’umanità, dunque, è nelle mani dei poeti che spesso però sono ancorati, stretti in ricordi antichi e galattici e non si accorgono che banchettano con il Nulla.

Non si accorgono che si sono cuciti addosso un vestito di vanità che interrompe la linfa che gli scorre dentro, che abbatte e strapazza nei suoi venti il sogno di rigenerazione che pulsa nel cuore.

Mettere da parte la vanità dunque e scoprire, al richiamo della Luce Suprema, la tua inconsistenza fatta di fango, di argilla.

In queste undici stanze poetiche vi è tutta la passione e soprattutto l’amore che la Tognacci ha profuso in questo suo percorso di vita poetico.

È palesemente anche la metafora del suo essere donna – poeta, che nel gioco delle mutazioni avverte il rifiorire di nuova linfa.

Non nasconde la sua fragilità e chiede aiuto alla poesia, affinché la consegni all’eternità.

Ma basterà; non basterà. Sarà sufficiente è utile portare con sé in quel viaggio, iniziato nelle materne acque e che proseguirà in quelle del predominio di Caronte, l’ultimo libro di versi?

Se non è servito a nulla in vita, potrà interessare al traghettatore antico?

L’amarezza di questa constatazione viene però surrogata da una visione, da una speranza o forse da una certezza di potere essere finalmente parte di una dimensione nuova nella quale proseguire il viaggio: che si fa, questa volta, futuro.

Ma avrà anche questo viaggio, e ci sembra di sentire l’accorato rammarico interrogativo, una sua vanità, una sua inutilità?

Salvatore D’Ambrosio

Imperia Tognacci: LA META È PARTIRE, Genesi Editrice 2022, € 15,00

DIAMANTE OPACO

E sono qui con i miei anni diventati tanti, troppi ormai. Avevo voglia dell’attesa. Che rifiorisse di nuovo il glicine, per il suo profumo che si confondeva al tuo. La mia pena è che ho sempre atteso troppo. Ho rimandato tutto nella certezza di una luce che colorasse di rosa le vette dei boschi; le nuvole in arrivo. Vestivo una camicia bianca, che è rimasta così: senza nessuna macchia. Sono stato un granello di sabbia immobile. Nessun vento ha potuto alzarmi per portarmi altrove.

Salvatore D’Ambrosio

Caserta

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