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Domenico Defelice (I Savoia-Acaia, di Marcello Falletti di Villafalletto, pag. 32); Manuela mazzola (Ardea la città dei Rutuli, a cura di Giosuè Auletta e Zuccarello, pag. 33); Gianni Antonio Palumbo (La meta è partire, di Imperia Tognacci, pag

Viene ricordato anche il poeta Corrado Govoni, nato a Tamara in provincia di Ferrara e vissuto ad Ardea fino alla sua morte avvenuta nel 1965.

Encomiabile il lavoro di Auletta, animatore e storico del luogo che da decenni si dedica a questo tipo di iniziative puramente culturali: promuove visite guidate, si mette a disposizione di qualsiasi azione che metta in risalto le potenzialità di questi luoghi che altrimenti verrebbero dimenticati; organizza eventi presso scuole di ogni grado e ordine affinché vengano coinvolte più persone possibili.

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La memoria storica è il ricordo di ciò che è avvenuto, che si sedimenta negli individui e nei gruppi sociali di un luogo, di un paese e di una Nazione. La memoria storica è carica di mito, di passioni e di uomini che l'hanno resa tale, per questo lo studio fatto è ricco di immagini, ricostruzioni, mappe e di tanta speranza sia nel futuro e sia nelle generazioni che verranno.

Ardea, inoltre, fa parte di un percorso denominato Enea Tour, di cento chilometri circa, con quattro porte d'ingresso dalle quali i turisti possono accedere al percorso che parte da Pallanteum e passa per Ficana (Acilia), per Lavinium (Pomezia- Pratica di Mare), per Ardea, Albunea (Santa Palomba), fino ad arrivare al lago di Nemi e al Monte Cavo.

Dietro a tutto questo, c'è il lavoro di molte persone che, con i loro valori, idee, azioni, la loro passione e la voglia di condividere, cercano un dialogo aperto finalizzato alla costruzione e al consolidamento della memoria di una comunità intera.

Manuela Mazzola

IMPERIA TOGNACCI

LA META è PARTIRE

Genesi, Torino, 2022

La meta è partire di Imperia Tognacci (Genesi, Torino 2022) è un poema complesso, immerso in un’aura tra “cosmologia” – come sottolinea Francesco D’Episcopo nella Prefazione – e meditazione sulla società contemporanea e sul ruolo dell’intellettuale in essa. Utili all’approccio al volume le pagine critiche che lo precedono: accanto allo scritto di D’Episcopo è opportuno rammentare le lucide osservazioni di Sandro Gros-Pietro e di Marina Caracciolo, autrice dell’Introduzione.

“Il rovesciamento paradossale della partenza nella meta” (Luperini) presente in Lucca di Giuseppe Ungaretti costituisce l’epigrafe e la chiave di lettura di questa fascinosa opera di Tognacci che, nella partitura di undici canti, prepone al primo e all’ultimo ulteriori epigrafi. Non a caso esse sono desunte dalla cultura greco-latina (Euripide ed Apuleio), artefice di quella mitografia che rivive nelle pagine della poetessa di San Mauro Pascoli (FC). Scrittrice che non è nuova alla forma poematica, da lei già coltivata con esiti felicissimi, per esempio nel maestoso e intenso Il prigioniero di Ushuaia.

La prima epigrafe, apuleiana, accomuna Orfeo e Psiche, macchiatisi dell’infrazione di tabù legati alla vista eppure riconducibili alla forza dell’amore. Psiche, non a caso, è nume tutelare del poema, al punto che Tognacci sceglie di dedicare a quest’icona l’immagine in copertina, Psiche apre al sogno di John William Waterhouse. Non ci sembra neppure casuale il fatto che la poetessa abbia scelto un pittore britannico legato alla corrente preraffaellita. Al gusto delle figurazioni del preraffaellismo ci paiono vicine – in alcuni tratti – le figure femminili che l’autrice pennella nel vertiginoso itinerario de La meta è partire.

Itinerario in cui in molteplici circostanze l’allure si fa dialogica, quasi a voler tradurre il mito in sacra rappresentazione dell’esplorazione dell’anima umana, in un’inchiesta delle scaturigini della poesia con naturalmente Psiche a fungere da nume tutelare.

Numerosi sono gli echi letterari che ci è parso di ravvisare, da Saffo e Anacreonte a Virgilio e Dante, dall’Eliot della Rhapsody on a Windy Night a Pascoli e all’Ungaretti dell’Allegria, ma ancor più di Sentimento del Tempo, per citarne solo alcuni. La prima apparizione, quella di Calliope (“irrompe una donna, / con il logoro vestito / con il viso e i capelli di polvere, / con le mani colme di argilla, / trascina nel vento / i suoi anni, appoggiandosi / a uno stanco scettro”), appare per esempio memore di Tre donne intorno al cor mi son venute dell’Alighieri, a sua volta riecheggiata nel “vecchierel / canuto e bianco” di Francesco Petrarca. All’insegna del Caronte virgiliano e dantesco al contempo si chiude poi il poema.

Le atmosfere contemporanee suggeriscono un senso di desolazione, concorrono all’idea di un vuoto morale che rischia di ottundere la coscienza, anche del poeta come degli altri individui. “Sto nell’angolo, dietro alla lavagna. / Uso l’uncinetto del cuore e della mente / per continuare la trama / iniziata nel buio dei millenni”. Curiosa tra l’altro quest’immagine dell’uncinetto che accosta la poesia al ricamo, cui segue quella dell’apertura di “Cassetti tarlati dai secoli”. Perché è proprio del poeta porre in relazione passato e presente, evocare vertiginose analogie che dal pirotecnico e mitico

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