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Gianni Rescigno. Siamo anime senza nomi, di Domenico Defelice, pag
by Domenico
GIANNI RESCIGNO SIAMO ANIME SENZA NOMI…
di Domenico Defelice
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Curato da Bonifacio Vincenzi ed edito dalla Macabor, è uscito il dodicesimo volume di SUD I Poeti, un’opera che intende valorizzare gli autori da Roma in giù, penalizzati quasi tutti dalle grandi case editrici del Nord, che hanno il monopolio della grande editoria e che da sempre considerano il Mezzogiorno come colonia in cui piazzare i loro prodotti, non certamente da aiutare e stimolare a crescere, rischiando di concorrenza. Il volume è composto da almeno tre parti: la prima dedicata a Gianni Rescigno (ed è quella su cui ci soffermeremo); la seconda, “Voci dal silenzio” ai “poeti del Sud scomparsi da non dimenticare” (Giovanni Sicari, Umberto Cerio, Marina Mariani, Clemente Di Leo, Nerio Tebano) e la terza, “Antologia dei poeti del Sud”, raccoglie Rocco Taliano Grasso, Nicola Fornabaio, Anna Ruotolo, Enzo Cordasco e Antonio Trucillo. A testimoniare di Gianni Rescigno sono Franca Alaimo, Luca Benassi, Silvano Trevisani, Marina Caracciolo, Marta Celio, Fabio Dainotti, Dario Talarico, Francesco D’Episcopo, Pasquale Matrone e Antonio Vitolo. Franca Alaimo evidenzia, tra l’altro, la religiosità del poeta di Roccapiemonte, <<un uomo che credeva in Dio con l’abbandono fiducioso di un bambino e dalla sua fede traeva quella forza e quella gioia che sapeva trasmettere agli altri che entravano in relazione con lui>>. Luca Benassi si sofferma sull’aspetto meridionalistico del poeta Rescigno, l’amore, lo stile di <<una scrittura alta, priva di sostanziali cadute, che rende ragione di un dominio del verso e delle sue possibilità sonore>>; una poesia/preghiera, moderna e dalla <<semplicità che sa stupire il lettore e portarlo nelle metafore essenziali degli elementi naturali>>. Silvano Trevisani sviluppa il tema del vedere con occhi d’eterno fanciullo. Per Rescigno <<La felicità del guardare e metabolizzare è la disposizione mentale e creativa>>; in lui <<Lo sguardo resta quindi il primo racconto poetico, che si trasforma in parole per essere sole non solo a coloro che non vedono, ma anche a tutti coloro che… guardano senza vedere>>. Marina Caracciolo rievoca un ricordo e vede in lui <<L’uomo semplice, modesto>>, che ha <<molta ritrosia>>, che non crede di essere <<poeta, ma soltanto un cultore di poesia>>; nei suoi versi abbiamo un <<ventaglio di visioni stagliate su un fondale animato di campi ed acque, stelle e soffi di vento, fronde e ondulate colline>>. Per Marta Celio, è <<Gianni Rescigno, un uomo e un poeta di questo nostro tempo, generoso e attento, a ciò che lo circonda e ai mille spechi dentro>>. La poesia di Gianni Rescigno, per Fabio Dainotti, spesso animata di animali, è <<un paesaggio vuoto di presenze umane (…), fra terra e mare, tra passato e presente, tra eterno ed effimero>>, spesso con <<tendenza neocrepuscolare>>, priva, comunque d’ironia. <<Il poeta campano – secondo Dario Talarico – di certo condivide, con diversi e spesso grandi autori del Meridione, un legame sanguigno con la propria terra d’origine che, a onor del vero, è difficile
rintracciare in maniera così autentica in qualsiasi altro poeta nato dal centro al nord Italia>>. Anche Francesco D’Episcopo rievoca incontri con Rescigno e afferma che la sua poesia aveva <<una purezza d’animo, che gli consentiva la meraviglia, lo stupore di fronte alla natura e alla vita, ma era anche un poeta consapevole e concreto sull’impostazione e sulla struttura dei suoi versi>>. Pasquale Matrone mette in parallelo il duello che in ciascuno di noi si svolge tra materia e spirito: <<La poesia di Gianni Rescigno è raffigurazione dell’epopea di uno spirito inquieto, desideroso di esplorare il ponte che unisce terra e cielo, fragilità del singolo e forza dell’Essere, concepito come sovrumano Mistero>>. Rescigno è poeta profondamente religioso, inadeguato, però a recepire la divinità nella sua interezza e così <<più che cercarlo, bisogna aspettarlo Dio>>. Matrone riassume i temi della poesia rescigniana in <<la notte, la morte, il mistero, il sogno…>>, tutti ingioiellati da un <<Canto, incisivo appassionato, privo di orpelli, nudo>>. Antonio Vitolo, infine, sottolinea come il dolore sia alla base di tutta la poesia di Gianni Rescigno, il quale era convinto <<che il viaggio sul manto terreno è sì latore di dolore, ma contrito con uno scopo che per i cristiani profondamente credenti è la salvezza eterna>>. Insomma, <<Il dolore è un’esperienza di vita>>. L’antologia poetica ospita brani tratti da tredici opere, da Credere a Il vecchio e le nuvole (postuma), praticamente dal 1969 in poi e sono quasi tutti più o meno menzionati dagli autori delle pagine critiche; danno, perciò, contezza del percorso di maturazione del poeta, dalla limpida freschezza giovanile, ma anche cruda e turgida cronaca della ferinità umana, <<inferno di vivi/reso paradiso dalla melliflua/diplomatica apparenza>>, alla diversità degli argomenti, fino a giungere a una maggiore consapevolezza e profonda catarsi umana, sociale e personale (<<dentro sono primavera,/fuori autunno inoltrato>>) e a più compatte tematiche. La stagione più presente in queste poesie di Rescigno è l’autunno e ottobre il mese che più s’incontra; una stagione di attenuata rinascita, un’apparente quasi primavera e un mese di languori e di <<tremore di cuore>>, da lui coraggiosamente e tenacemente dominati. BONIFACIO VINCENZI (a cura di): SUD I Poeti, Volume dodicesimo: Gianni Rescigno “siamo anime senza nomi che brillano nel silenzio dell’attesa”, Macabor, 2022, pagg. 232, € 20.
DEDICATA A MICHELE
Tu l’amore
Tu sei per me l’ideale incarnato Sei la ragione che scoprì me stessa Sei il Mistero che volevi mi svelassi. Sei l’amore che viene da lontano mi prende per mano e mi accompagna nella vita. Sul prato del nostro sentimento dammi il tuo pane ch’io lo spezzi dalle tue mani e lo consumi con te. di Maria Elena Di Stefano
Roma, 1995