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Perdonare per essere perdonati, di Tito Cauchi, pag

MARCELLO FALLETTI DI VILLAFALLETTO PERDONARE PER ESSERE PERDONATI

di Tito Cauchi

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Marcello Falletti di Villafalletto è un poeta e saggista, fondatore e direttore del periodico “L’Eracliano” di Firenze, è preside dell’Accademia Collegio de’ Nobili, ha pubblicato Perdonare per essere perdonati. Questo volume nella prefazione di Domenico Defelice, è definito “interessante e ghiotto”, è dedicato al proprio genitore indicato nel sottotitolo, Francesco Falletti di Villafalletto, nel centenario della nascita. Questi, all’indomani della prigionia sofferta di giovane soldato (sotto i Tedeschi, in Albania, dal 24 settembre 1943 al 2 luglio 1945), scriveva una memoria indirizzata ai propri genitori (nel 1946), usando le parole: “Perdonare per essere perdonati”; espressione che l’Autore (figlio) sceglie come titolo-emblema del padre, il che gli fa molto onore. Congedato, al suo rientro, per breve tempo milita nel Movimento Sociale Italiano guidato da un “galantuomo, quale è stato Giorgio Almirante”, senza essere riuscito a sedere sugli scranni del Parlamento. “Francesco non sembra sia stato un vero fascista, ma un rispettabile conservatore.”, così dopo le non poche difficoltà di sistemazione sopportate quale uomo “timorato di Dio”, si sposa.

Nel “sapiente intreccio” del volume troviamo, oltre Francesco (padre dell’Autore), altri personaggi nelle lettere dei quali risaltano le parole “fratellanza e amicizia”, e incontriamo riferimenti anche del genitore del padre, Valerio Antonio (1889-1973, nonno del Nostro) che, al tempo della prima guerra mondiale, si trovò in Albania. Il pensiero del Defelice corre a Francesco Pedrina (1896-1971), anche lui giovane soldato, autore di testi scolastici, al quale il prefatore è rimasto affezionato. Infine, sempre Defelice, commenta: “A sostenere il Conte Francesco Falletti di Villafalletto sono stati sempre i principi altruistici e nobili di Mazzini: Dio, Patria,

Famiglia, sui quali s’è formata la nostra Nazione, profondamente avviliti nel secondo dopoguerra del secolo scorso da una Sinistra velleitaria, a lungo massimalista e vuota”. Fin qua, quanto basti, per avere un quadro del libro.

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Marcello Falletti di Villafalletto (nato nel 1953), fin dalle prime righe della narrazione, mostra l’orgoglio di appartenenza alla propria famiglia, descrive esplicitamente le doti morali del genitore; in particolare, prende le mosse dalla lettera di cui sopra, che l’allora giovane padre, Francesco, invia da Torino ai genitori Valerio Antonio e Luisa Isolina (10 novembre 1946), da cui trae il titolo: Perdonare per essere perdonati, che ripeto per richiamarne l’attenzione. L’Autore racconta che il padre Francesco era nato “il 21 di novembre 1922, all’ombra di un secolare castello dell’XI secolo, posto sulla montagna del confine toscano e umbro,” nel Comune di Cortona (Arezzo) crescendo sano, forte e volonteroso, in un luogo meraviglioso. Espone un resoconto, anno per anno, delle classi frequentate nelle elementari raggiungendo notevoli risultati; un bambino molto promettente, un ragazzo

bello e prestante nelle attività fisiche del “Giovane Fascista”, cui non mancavano le attenzioni delle ragazze.

Nel 1958, dopo l’avventura politica di Francesco, non andata a buon fine, si riunisce l’intero nucleo familiare, Falletti di Villafalletto, compreso il nonno paterno del Nostro, Conte Valerio Antonio (padre di Francesco), divenuto vedovo, fin quando muore (1973). Intanto il nostro personaggio, Francesco, si occupa della conduzione della grande Azienda Agricola “Pierangeli” come “novello Cincinnato”. “Fra gli altri onori ereditati, venne anche insignito del titolo di Cavaliere Ereditario del Cingolo Militare, fino alla scomparsa ebbe anche l’alto onore di essere il Protettore Perpetuo dell’antica Accademia Collegio de’ Nobili, eretta nel 1623.” (p.17).

Ricordiamo che in quei tempi la licenza di quinta elementare richiedeva gli Esami di Stato, vigeva il culto della forza e della bellezza fisica che non mancavano al giovane Francesco. Particolari assai minuziosi accompagnati da fitte note a piè pagina, stanno a dimostrare l’acribia delle ricerche fatte presso vari archivi. Comunque, l’“energico condottiero […] si spense serenamente nella tarda sera del 7 giugno 2015, solennità del Corpus Domini” all’età di 92 anni (p.18).

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Il volume Perdonare per essere perdonati, è un lungo racconto, senza interruzioni, senza capitoli; comprende numerose lettere del giovane soldato Francesco, semplice autiere congedato con i gradi di sergente, insignito della Croce di Ferro (dalla Germania). Contiene lettere intrise di amor patrio e di fede religiosa; e alcune foto dell’album personale, del padre ragazzo e giovane soldato, del nonno, di alcuni gruppi di soldati e di persone di famiglia; e foto a colori degli ultimi anni. Nell’excursus espositivo sono descritti gli eventi storici e bellici della Seconda Guerra Mondiale e richiami della Prima; dettagli tecnici e tattici della guerra combattuta; riferimenti su Mussolini, Hitler, Stalin, Churchill, ed altri personaggi, come eventi a sé stanti; entro cui si inseriscono lettere, commenti e spostamenti del soldato Francesco nella Penisola Balcanica, compresa la prigionia (Montenegro, ex Jugoslavia, Albania); infine la vita da borghese e commenti sullo schieramento politico in Italia all’indomani della Repubblica fino agli ultimi giorni della vita.

A lettura ultimata ritengo che la prefazione del prof. Domenico Defelice sia più che esauriente, da par suo; in essa si percepisce la partecipazione emotiva del direttore di Pomezia-Notizie. Teniamo presente che il periodo storico narrato, come è noto, è uno dei più critici per il nostro Paese; certamente centinaia di migliaia di giovani soldati avranno sofferto in quelle situazioni e molti non hanno fatto ritorno: è la legge implacabile della guerra e, nel nostro caso, penso anche di scelte sbagliate (fascismo, leggi razziali, catastrofe, perdita delle tante colonie, ricostruzione del Paese e contrapposizioni ideologiche mai sopite ma alimentate, linguaggi aggressivi, culto della persona da una parte e culto della collettività dall’altra, demonizzazione vicendevole, come se si trattasse di una competizione sportiva o di un gioco alle carte, pur di vincere, solo per il potere).

Credo che non sia facile incastonare una narrazione con molteplici elementi. Mi inserisco con opinioni extra lettura, in particolare sui giorni nostri. Non ho competenze specifiche, tuttavia penso che il linguaggio spesso non badi alla verità, sostenibile, pur nei limiti umani, ma viene distorto; le parole vengono inflazionate e usate fuori contesto. Non vorrei urtare la sensibilità di alcuno se affermo che si fa uso

strumentale dei comportamenti fra i politici, come l’esibizione di un Crocifisso e di una corona del Rosario, l’ostentazione del bacio al santino della Madonna. Così è per il trinomio “Dio, Patria, Famiglia”; se scritte, bisogna stare attenti alla loro collocazione nei testi e alla interpunzione che le accompagna (non mi riferisco al presente libro). Così per le stesse parole, se sono pronunciate, specie in pubblico, bisogna fare attenzione alle pause nel contesto oltre all’intonazione, alla gestualità, poiché si rischia di alzare steccati. Parole, sì sacrosante, ma non credo che bastino a connotare cittadini giusti, corretti, nobili e nemmeno tanto cristiani.

Dio, Patria, Famiglia e Inno Nazionale, penso che non siano patrimonio di un solo credo, ma solo appropriazione sventolata. Soldati, fascisti, partigiani erano tutti Patrioti, ciascuno a modo proprio. Mi illudo in questa opinione: Nazione, valore fondante della Costituzione, aveva la sua ragione di essere al tempo del Risorgimento quale espressione di Rivendicazione dall’asservimento agli stranieri (della terra dove si è nati); così all’indomani della Unificazione dell’Italia (staterelli della Penisola e le Isole ), tale parola poteva richiamare il significato di Identità sempre in opposizione alle potenze straniere occupanti; così alla proclamazione della Repubblica poteva essere una risposta di Rappacificazione fra gli stessi Italiani e nel consesso internazionale dopo la guerra. Infine mi piace pensare a Paese, in senso estensivo e inclusivo.

Il conte Marcello Falletti di Villafalletto, fiero di un padre così, dichiara di tesserne le lodi in tutto e per tutto, ma assicura di non avere “affatto ecceduto” (p.62); ed io mi scuso per avere ecceduto nelle mie opinioni. Penso che le sole lettere del volume diano effettivamente testimonianza di un uomo “dedito alla famiglia, a Dio, alla Patria e al prossimo.”, un uomo compassionevole, degno di essere incluso fra i beati. In ogni caso il libro Perdonare per essere perdonati, è denso di fatti, di significati e costituisce un invito alla comprensione. PERDONARE PER ESSERE PERDONATI: (1922- Francesco Falletti di Villafalletto - 2022) (Anscarichae Domus, Accademia Collegium Nobilium, MMXXII, Pagg. 130, € 14,99

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