IL DON CHISCIOTTE Numero
Il Don Chisciotte - Periodico dell’Associazione Culturale Don Chisciotte Via Zanone, 3 - Autorizzazione n°1105 della Segreteria di Stato agli Affari Interni della Repubblica di San Marino del 26/03/2004 Direttore Responsabile Roberto Ciavatta Copia depositata presso il Tribunale della Repubblica di San Marino 20
Giugno 2009
‘90 on the road sul Titano La nostra nuova festa, tenuta il 22 maggio, ha registrato grande partecipazione e vivo interesse. Si è riso a crepapelle. Grazie a tutti i collaboratori, sopratutto il mitico Lucky! E il 20 giugno prossimo, la III FESTA DEL SOLSTIZIO a pagg.
Valentina Pazzini
Es...cogitando
Città Stato
L’equilibrio instabile di una legittima sovranità in Aristotele pag.
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L’Ippogrifo
Il giardino dei Finzi Contini +
Hotel Rwanda . 2 pag
Sopra di noi niente
Funerale laico
La strada
Una proposta per i candidati Capitani di Castello
Tante domande e forse una risposta pag.
11 e 16
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pag.
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Roberto Ciavatta
ACDC
Appunti di psicologia
contrattuali
sputtana?
della coscienza
Rinnovi
Report ci
Uno scenario prevedibile: servono scelte radicali
Oasiverde
pag.
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Le strutture
Reazioni scomposte dopo Report. Chi ci sputtana davvero? pag.
13
Suddivisione in sottocomponenti di un sistema complesso pag.
Pagina autogestita. Questo mese: “La rivoluzione biotecnologica” + “Favola del lupo e dell’asino”
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Pagg. 4/5
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L’ippogrifo: Rubrica a cura di Angelica Bezziccari
Il giardino dei finzi contini
“Io non ero morto - mi dicevo -, io ero ancora ben vivo! Ma allora, se ancora vivevo, perché mai restavo lì insieme con gli altri, a che scopo?”
All’ apparenza sembra solo una storia d’amore non corrisposto, Il Giardino dei Finzi-Contini: scritto da Giorgio Bassani nel 1962, terza parte del “Romanzo di Ferrara”, opera composita dello stesso autore. Si narra la vicenda di un gruppo di giovani universitari ebrei di Ferrara a cavallo tra il 1938 e il 1941, durante l’ascesa del fascismo. A causa delle leggi razziali, il protagonista (di cui non viene mai rivelato il nome, tant’è che alcuni pensano sia Giorgio Bassani stesso) viene allontanato dal circolo di tennis che abitualmente frequenta, e così il vecchio campo da gioco nel giardino dei Finzi-Contini, ricca famiglia dell’alta borghesia, viene aperto a lui e ad altri amici. Qui incontra di nuovo Micòl Finzi-Contini, la ragazza di cui era innamorato, e sarà proprio questa rinnovata frequentazione, i lunghi momenti trascorsi a passeggiare e a parlare all’ombra degli alberi, che faranno rifiorire il vecchio sentimento; ma il passare del tempo e la guerra cancelleranno ogni illusione. Due sono i temi principali che reggono tutto il romanzo: la morte e il passato. La prima non è presente solo esteriormente con la guerra, il fascismo, la discriminazione razziale, ma anche all’interno degli animi, portandosi via ciò che di più bello vi possa essere nella vita di un giovane, cioè il tempo, la speranza, il futuro. Così non rimane altro che rifugiarsi nell’unica certezza rimasta, il passato, l’unica cosa che si può salvare, perché già data; soprattutto se questo passato è simboleggiato da un luogo terreno e reale, come un vasto e lussureggiante giardino. Le descrizioni che il protagonista ne fa ricordano quelle dell’Eden: numerosi tipi di vegetazione, alberi, animali e frutti. E’ in questo paradiso lontano dal tempo e dallo spazio che si può ricordare l’infanzia, gli albori stupendi della vita di ogni essere umano, e sognare l’amore, una vita futura che forse non ci sarà. La quotidiana realtà però attende tutti fuori dalle mura del giardino, e anche il protagonista deve lasciarlo, quando Micòl decide improvvisamente di partire. Ciò coincide con una presa di coscienza che porterà il ragazzo ad abbandonare gli idealismi della giovinezza per entrare nella concretezza della vita adulta, anche grazie alla frequentazione di Malnate, l’amico politicizzato. Per Micòl non sarà così: “a lei del suo futuro democratico e sociale non gliene importava un fico, che il futuro, in sé, lei lo aborriva, ad esso preferendo di gran lunga ‘le vierge, le vivace et le bel aujourd’hui’ e il passato, ancora di più, ‘il caro, il dolce, il pio passato’”. La Ferrara che fa da sfondo a queste vicende è una città silente, come se fosse accondiscendente o rassegnata agli orrori che stanno avvenendo: “anche in una città così piccola come Ferrara si riesce benissimo, volendo, a sparire per anni e anni gli uni agli altri, a convivere assieme come dei morti”. Questa omertà percorre tutto il romanzo, i fatti del fascismo raramente sono enunciati in modo brutale, anzi vengono in qualche modo celati, così come cercano di fare i protagonisti, quasi a volerli dimenticare, per cancellare quel futuro che forse già Giorgio Bassani avevano immaginato.
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Hotel Rwanda
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“Quando lo vedranno in tv diranno - oh mio Dio è orribile - e continueranno a mangiare”
I genocidi non sono tutti uguali. Ce ne sono alcuni che vengono ricordati sempre, come il genocidio ebraico, e altri che non sono nemmeno noti, e se lo sono vengono trattati come fatti marginali e di seconda importanza. Rwanda, 1994. In pochi mesi, circa un milione di persone, di etnia Tutsi, sono state massacrate dai ‘rivali’ di etnia Hutu senza che la comunità internazionale facesse nulla. E’ in questo quadro che Paul Rusesabagina (Don Cheadle) fa del suo hotel in Kigali -capitale del Rwanda- un luogo di rifugio per oltre 1250 Tutsi e Hutu ribelli, che riuscirà a salvare dalla morte, insieme alla sua famiglia. Nel 2004 il regista Terry George ne fa un film, e informa il pubblico occidentale di ciò di cui i media hanno in gran parte taciuto. Ci sono anche elementi che il film non esprime chiaramente (forse per via della nazionalità inglese dei produttori). Il conflitto tribale tra le due etnie ha radici nel colonialismo ed è stato in gran parte impiantato. Durante il dominio coloniale europeo, prima tedesco e poi belga, i coloni introdussero le carte di identità e iniziarono a classificare rigidamente i ruandesi in funzione del loro status sociale e delle loro caratteristiche somatiche, in particolare distinguendo fra Hutu e Tutsi. I Tutsi già detenevano il controllo della terra, del bestiame e spesso anche del potere, mentre gli Hutu (la maggioranza) si occupavano di lavorare la terra e non possedevano niente. I belgi hanno ulteriormente allargato e alimentato la differenza tra queste due etnie, che però non si sono mai considerate un unico popolo. L’antropologia razzista teorizzò che i Tutsi appartenevano a una razza diversa dagli Hutu, intrinsecamente superiore in quanto più vicina a quella caucasica, cioè la razza bianca. Il non-intervento dell’Onu può essere imputabile ai vari interessi delle nazioni occidentali, economici e di potere. La Francia ad esempio, non solo non volle fermare i massacri (negli anni precedenti aveva armato e addestrato le FAR, forze governative ruandesi), ma anzi fiancheggiò le milizie Hutu in ritirata. Questo è uno di quei film che mostrano come il cinema, oltre a raccontare una storia, spesso si faccia carico di un ruolo che solitamente dovrebbe essere compito di altri mass media: quello di informare. “L’uomo non è del tutto colpevole, poiché non ha incominciato la storia; né del tutto innocente poiché la continua” Albert Camus
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La pagina di Oasiverde
La rivoluzione
biotecnologica
Ci meritiamo la tecnologia di cui disponiamo? “La biotecnologia è l’applicazione tecnologica che si serve dei sistemi biologici, degli organismi viventi o di derivati di questi per produrre o modificare prodotti o processi per un fine specifico” Uno degli esempi più esplicativi è rappresentato dalle piante transgeniche, piante il cui DNA è stato modificato attraverso l’inserimento di geni provenienti da specie diverse, con tecniche di ingegneria genetica, allo scopo di approntare miglioramenti o modifiche di una o più caratteristiche. Se si osserva la diffusione commerciale di piante transgeniche, passata dai 1,6 milioni di ettari del 1996 ai circa 90 milioni di ettari attuali (cioè il 52% della terra arabile nel mondo), si nota comunque come il 99% di esse è rappresentato da sole 4 varietà: soia, mais, cotone e colza modificate per ottenere la tolleranza agli erbicidi (principalmente al glyphosate o al glufosinato, cosiddetti erbicidi a ampio spettro) o la resistenza ad alcuni insetti (ad esempio la piralide o la diabrotica per il mais). Ma cosa si sa realmente degli OGM? Il cittadino ricava molte informazioni dai media, ma come è avvenuto nei casi degli scandali del “pollo alla diossina”, della “mucca pazza” e dell’ultima “influenza suina”, si innesca un meccanismo di associazione col cibo che vuole evitare che il cittadino-consumatore medio si ponga delle domande che vadano oltre il proprio personale benessere. Domande del tipo:come è possibile
che olio di scarto contenente diossina finisca negli alimenti dei polli? come possono cadaveri di pecore malate finire nei mangimi delle mucche? Anche quando si cerca di discutere dei rischi connessi alla coltivazione di piante transgeniche, si innesca lo stesso meccanismo sopra descritto di associazione col cibo. Certo, non che questo sia un aspetto di scarsa rilevanza, anzi, ma sicuramente non è l’UNICO aspetto. I pericoli più grandi connessi all’uso di piante transgeniche riguardano la loro stessa coltivazione, poichè del destino dei geni modificati dopo il loro rilascio nell’ambiente non si conosce ancora quasi niente: gli effetti che le piante transgeniche coltivate possono avere su tutti gli altri componenti dell’ecosistema, come gli insetti e gli uccelli che si cibano delle loro foglie e radici; il rischio di inquinamento genetico dovuto alla propagazione dei transgeni attraverso il polline, con tutte le profonde implicazioni sulla conservazione della biodiversità, ecc. La fame nel mondo è spesso utilizzata nelle campagne pubblicitarie e di informazione delle grandi multinazionali agro-biotecnologiche, che sostengono la necessità della produzione e coltivazione di piante OGM per garantire la sicurezza alimentare a quella parte dell’umanità a cui è ancora negato il diritto al cibo. Purtroppo l’interesse verso i poveri e gli affamati è solo strumentale e finalizzato a far accettare dai cittadini e dai governi la produzione e la vendita di sementi geneti-
camente modificate, brevettate e brevettabili. La nuova rivoluzione biotecnologica in agricoltura è strettamente collegata agli interessi commerciali delle grandi multinazionali dell’agro-chimica, sementiere e biotecnologiche, che, spesso fuse tra loro a formare grandi compagnie multifunzionali, isolano i geni interessanti, brevettano la modificazione genetica, producono e vendono i semi transgenici brevettati e contemporaneamente le sostanze chimiche da somministrare. E’ nata così la tecnologia che permette di costruire piante GM che uccidano i loro stessi semi di seconda generazione. Tale brevetto è stato denominato “Terminator Technology”. Non è questa la sede per descrivere nel dettaglio il complicato processo che induce i semi al suicidio invece che alla germinazione ma possiamo facilmente immaginare il disastro ecologico che potrebbe derivare dal rilascio nell’ambiente di semi transgenici contenenti “geni della morte”. L’introduzione dei geni della morte in colture fondamentali come il riso o il grano potrebbe consegnare nelle mani di poche multinazionali agro-biotecnologiche e sementiere un potere ancora mai sperimentato di controllo sulla produzione del cibo. Le implicazioni di Terminator sono quindi anche di natura sociale, politica, ed economica. Ma poniamoci una domanda: l’uomo merita la tecnologia di cui dispone? Secondo noi la risposta è NO e il perché ce lo spiega bene Alberto Angela: “…una società industriale (o post-industriale) non può essere costituita solo da macchine, fertilizzanti, centrali elettriche, antibiotici, elettronica, ruspe ecc. Deve essere obbligatoriamente costituita anche (e soprattutto) da educazione diffusa, capacità di controllo e di gestione, politiche adeguate, «anticorpi» di vario tipo, ecologici, etici, comportamentali e giuridici, «centri di eccellenza», comprensione delle
conseguenze dei vari interventi, capacità continua di auto correzione, rapidità nel riequilibrare le distorsioni, o eventualmente nel modificare la rotta ecc.Senza tutte queste cose (e molte altre) le tecnologie, anche le più utili, possono rapidamente trasformarsi in veleni e in strumenti di degrado per il Pianeta nel suo insieme. [...] La sola strada percorribile è quella di realizzare forti «iniezioni» di educazione nei sistemi umani, utilizzando nel modo più creativo tutti gli strumenti disponibili. A tale prospettiva
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Associazione Oasiverde www.oasiverdersm.org info@oasiverdersm.org
Favola del lupo e dell’asino
però si oppone un’allarmante inerzia ed indifferenza, sia nei Paesi ricchi che in quelli poveri.” Pensiamoci.
Se la notizia che questo mese andiamo a raccontarvi non fosse apparsa sul quotidiano “China Daily” qualche tempo fa si potrebbe tranquillamente pensare ad una vecchia favola di Esopo o di Fedro, una di quelle che le nostre mamme ci leggevano quando eravamo bambini. Invece, come accade di sovente, la realtà supera la fantasia e la morale che si ricava da questa storia è degna di quelle create dai due grandi favolisti classici. Albania, un giorno di primavera. Un vecchio asino ha lavorato per tutta la vita, trasportando carretti pesantissimi, basti sovraccarichi che avrebbero stroncato il motore di un trattore, uomini, legna, pietre, di tutto, insomma. Il padrone capisce che la povera bestia non gliela fa più, che la schiena e le gambe non sono più quelle di una volta, e che è ora di prendere una decisione drastica. Contemporaneamente, un lupo giovane e inesperto si aggira nei boschi che ornano le montagne dell’interno, a Patok, circa quaranta km da Tirana. E’ solo, probabilmente sta cercando una compagna con cui formare una famiglia, proprio come avevano fatto il suo papà e la sua mamma. E mentre si ferma ad odorare il terreno ricorda ancora quando era cucciolo, i bei tempi in cui con i genitori ed i fratelli giocava in mezzo alla neve, rotolandosi e rincorrendosi fino a perdere il fiato. Mentre pensa a tutto questo con un misto di felicità e malinconia, non si accorge della trappola, una buca scavata nel terreno e coperta da foglie e rami. E’ troppo tardi, cerca di aggrapparsi con le zampe al terreno ma non gliela fa e scivola giù. Ulula disperato chiedendo aiuto, ma inutilmente, nessuno può aiutarlo. Più tardi giunge un uomo che gli getta sopra una rete, ma lui, dopo aver provato per ore a saltare fuori dalla buca, è troppo stanco per reagire e si lascia catturare. L’uomo, dopo averlo legato, lo porta al villaggio e lo chiude in una gabbia. Va in osteria a bere un bicchiere di acquavite, stanco ed orgoglioso della sua impresa, convinto che il lupo, in qualche modo, lo arricchirà. Mentre è seduto al tavolo incontra un suo vecchio compare e gli racconta tutta la storia. Questi, dopo averlo ascoltato, gli dice: “Ehi, ma il lupo dovrà pure mangiare prima o poi. Senti, ho un’idea. Se me lo paghi bene, ti vendo il mio asino, tu glielo infili vivo nella gabbia, il lupo gli salta addosso e se lo mangia”. Detto fatto. I due vanno a prendere l’asino, lo portano dal lupo e lo infilano nella gabbia. Come in tutte le favole che si rispettino, a questo punto succede l’imprevedibile. Il lupo si avvicina all’asino, i due si odorano, si leccano e, da quel momento, diventano inseparabili. Anzi, quando qualcuno si avvicina alla gabbia, il lupo, spaventatissimo, si nasconde dietro il suo amico, che lo protegge da tutto e da tutti. Il padrone del lupo, a quel punto, capisce che l’asino gli serve più da vivo che da morto. E infatti, di lì a poco, la notizia si sparge in tutto il mondo e centinaia di persone vanno a visitare la strana coppia, compresi giornalisti e fotografi che, per vedere e immortalare i due dentro la gabbia, sono disposti a pagare fior di quattrini. I quali giornalisti però, da bravi cronisti, raccontano la verità e cioè che l’asino e il lupo sono denutriti, vivono in uno spazio ristretto, e che il loro destino è segnato. Nel giro di poco tempo su internet, attraverso numerosi forum, viene fatta una petizione per il rilascio dei due poveri animali (alla quale partecipò anche Oasiverde ), ed in breve centinaia furono le persone che risposero all’appello. Questo è un tangibile esempio in cui il popolo del web ha contribuito a dare un lieto fine a questa storia, riuscendo a destare l’indignazione di tante associazioni ambientaliste ed animaliste che unite, hanno spinto il primo ministro albanese ad attivarsi per la liberazione del lupo e dell’asinello. Come scriverebbero Esopo e Fedro (l’inventore della favola è considerato Esopo, uno scrittore greco vissuto nel VI secolo a.C., da cui prese ispirazione il poeta latino Fedro, vissuto nel I secolo d.C.) , la morale è la seguente: gli animali sono migliori di noi - e questo si sapeva già - e le bestie, in questa favola dei nostri giorni, se non l’avevate ancora capito, non sono l’asino e il lupo.
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L’articolo di Valentina Pazzini
La strada
Tante domande e forse una risposta “Tu non ci crederai, ma tutto quello che c’è a questo mondo serve a qualcosa. Ecco quindi, quel sasso li, per esempio (....) Questo, uno qualunque, anche questo serve a qualcosa, anche questo sassetto.(...) Serve... ma che ne so io! Se lo sapessi sai chi sarei? Il Padreterno, che sa tutto. Quando nasci, quando muori. E chi può saperlo? No, non lo so a cosa serve questo sassolino. Ma a qualcosa deve servire, perché se questo è inutile, allora è inutile tutto. Anche le stelle. Almeno credo. Anche tu, anche tu servi a qualcosa. Con la tua testa di carciofo” (da La Strada, di Federico Fellini).
Natura danzante
La vita passa, i giorni e i minuti ci scivolano davanti mentre noi siamo impegnati a pensare, ricordando o sperando, a cercare una risposta proprio in quello che ci rende più simili all’onniscente Dio: nella creazione a nostra immagine e somiglianza. E’ forse questo il nostro tempo, il tempo dell’arte? Non sarebbe più piacevole passare le serate a contemplare gli occhi della persona amata, a sentire nostro padre raccontarci come ha passato la giornata, la sua infanzia, mentre nostra madre lo contraddice, preparando con amorose mani e nascosto sorriso la cena? Perchè impegniamo giorni, mesi, anni, la nostra intera vita in qualcosa che ci porta lontano dalle persone amate? Forse perchè ci spinge dentro l’essenza delle cose, cose che in pochi riescono a capire, cose la cui condivisione è incomparabile. Ma dove e quando c’è stato quello slabbro, quella lacerazione, quel vuoto che in scultura diventa un’ombra, in pittura uno scuro, in danza forse un allontanarsi sulle punte dei piedi? Perchè c’è voluto del tempo per capire la forza di un’ombra, ci vogliono dei giorni per scavare la pietra, tempo per capire che quello scuro, quell’allontanarsi sta bene in una composizione. Scrivo queste cose da lontano, lontano dalle abitudini di cui vorrei sentire la nostalgia, lontano dalla mia famiglia, lontano anche quando era qui, dalla persona che ho amato. Domani tornerò in laboratorio, passerò ore a cercare di scolpire un ricordo. In questi giorni molti di voi investiranno il proprio tempo a preparare un progetto. Cosa cerchiamo, in fondo? “Dimmi solo una parola e io sarò salvato”: è una preghiera, è la disperazione di un uomo in Dostoveskij, è la pietra filosofale dei poeti. La cosa che ci differenzia dalle piante è la sensibilità: non hanno un sistema nervoso, non sentono dolore; tuttavia questa “mancanza” le porta a creare la bellezza più immensa e ordinata che noi, essere sensibili, potremmo mai contemplare. La cosa che ci differenzia dagli animali è la coscienza: agiscono per istinto, mentre il nostro male ed il nostro bene è basato sulla consapevolezza, un’eterna lotta fra antipodi di cui troppo spesso conosciamo il triste epilogo. E’ incredibile pensare che pur sapendo cosa si sente, la maggior parte delle volte l’uomo ferisce se stesso e gli altri. Tuttavia senza consapevolezza saremmo perduti; ed è proprio nella sua riconquista e nel suo approfondimento, nella storia di tutte le storie, nella ricerca di ogni artista o essere sensibile, che si trova la risposta perfetta, ultima e definitiva: “l’Amor che move il sole e l’altre stelle”. Amore e bellezza: credo umilmente, che tutti i trattati di estetica dovrebbero essere pieni solo di queste parole. La bellezza di uno sguardo che fa abbassare il nostro, nonostante l’unico desiderio di contemplarlo; la bellezza di una voce che zittisce la nostra, di un sospiro, di un corpo, di una pelle; la bellezza di un abbraccio; la bellezza di una visione. Tutto questo sarebbe impossibile se in ogni istante non saremmo mossi insieme al sole, da Amore.
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La canzone del mese Questo mese pubblichiamo una commovente canzone che Angelo Branduardi ha tratto da una poesia del poeta sovietico Esenin. Per completezza, e anche per poter comparare le due versioni, pubblichiamo anche la poesia da cui, come detto, Branduardi ha tratto ispirazione (o meglio - dato che si tratta quasi di una trascrizione letterale, solamente più idonea ad un testo cantato - alla quale Branduardi ha voluto tributare il proprio lavoro). Invitiamo chi non l’avesse mai ascoltata ad andare su youtube oppure di comperare l’album “La luna”, del 1975, in cui questa canzone è stata pubblicata per la prima volta.
Confessioni di un malandrino (Angelo Branduardi)
Mi piace spettinato camminare, col capo sulle spalle come un lume e mi diverto a rischiarare il vostro autunno senza piume. Mi piace che mi grandini sul viso la fitta sassaiola dell’ingiuria, mi agguanto solo per sentirmi vivo al guscio della mia capigliatura. Ed in mente mi torna quello stagno che le canne e il muschio hanno sommerso ed i miei che non sanno di avere un figlio che compone versi; ma mi vogliono bene come ai campi, alla pelle ed alla pioggia di stagione: raro sarà che chi mi offende scampi alle punte del forcone. Poveri genitori contadini, certo siete invecchiati e ancor temete il Signore del cielo e gli acquitrini, genitori che mai non capirete che oggi il vostro figliolo è diventato il primo tra i poeti del Paese e adora le sue scarpe verniciate e col cilindro in testa egli cammina. Ma sopravvive in lui la frenesia di un vecchio mariuolo di campagna e ad ogni insegna di macelleria alla vacca si inchina a sua compagna. E quando incontra un vetturino gli torna in mente il suo concio natale e vorrebbe la coda del ronzino regger come strascico nuziale. Voglio bene alla patria benchè afflitta di tronchi rugginosi m’è caro il grugno sporco dei suini e i rospi all’ombra sospirosi. Son malato di infanzia e di ricordi e di freschi crepuscoli d’Aprile, sembra quasi che l’acero si curvi per riscaldarsi e poi dormire. Dal nido di quell’albero, le uova per rubare, salivo fino in cima ma sarà la sua chioma sempre nuova e dura la sua scorza come prima; e tu mio caro amico, vecchio cane, fioco e cieco ti ha reso la vecchiaia e giri a coda bassa nel cortile ignaro delle porte dei granai. Mi sono cari i miei furti di monello quando rubavo in casa un po’ di pane e si mangiava come due fratelli una briciola l’uomo ed una il cane. Io non sono cambiato, il cuore ed i pensieri son gli stessi, sul tappeto magnifico dei versi voglio dirvi qualcosa chge vi tocchi. Buona notte alla falce della luna sì cheta mentre l’aria si fa bruna, dalla finestra mia voglio gridare contro il disco della luna. La notte è così tersa, qui forse anche morire non fa male, che importa se il mio spirito è perverso e dal mio dorso penzola un fanale. O Pegaso decrepito e bonario, il tuo galoppo è ora senza scopo, giunsi come un maestro solitario e non canto e celebro che i topi. Dalla mia testa come uva matura gocciola il folle vino delle chiome, voglio essere una gialla velatura gonfia verso un paese senza nome.
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Confessioni di un teppista (Sergej Aleksandrovič Esenin) 1895-1925
Non tutti son capaci di cantare / E non a tutti è dato di cadere / Come una mela, verso i piedi altrui. È questa la più grande confessione / Che mai teppista possa confidarvi. Io porto di mia voglia spettinata la testa, / Lume a petrolio sopra le mie spalle. / Mi piace nella tenebra schiarire / Lo spoglio autunno delle anime vostre; / E piace a me che mi volino contro / I sassi dell’ingiuria, Grandine di eruttante temporale. / Solo più forte stringo fra le mani / L’ondulata mia bolla dei capelli. È benefico allora ricordare / Il rauco ontano e l’erbeggiante stagno, E che mi vivono da qualche parte / Padre e madre, infischiandosi del tutto / Dei miei versi, e che loro son caro / Come il campo e la carne, e quella pioggia fina / Che a primavera fa morbido il grano verde. / Per ogni grido che voi mi scagliate / Coi forconi verrebbero a scannarvi. Poveri, poveri miei contadini! / Certo non siete diventati belli, / E Iddio temete e degli acquitrini le viscere. / Capiste almeno / Che vostro figlio in Russia / È fra i poeti il più grande! / Non si gelava il cuore a voi per lui, / Scalzo nelle pozzanghere d’autunno? / Adesso va girando egli in cilindro / E portando le scarpe di vernice. Ma vive in lui la primigenia impronta / Del monello campagnolo. / Ad ogni mucca effigiata / Sopra le insegne di macelleria / Si inchina da lontano. / Ed incontrando in piazza i vetturini / Ricorda l’odore del letame sui campi, / Pronto, come uno strascico nuziale, / A reggere la coda dei cavalli. Amo la patria. Amo molto la patria! / Pur con la sua tristezza di rugginoso salice. / Mi son gradevoli i grugni insudiciati dei porci, / E nel silenzio notturno l’argentina voce dei rospi. / Teneramente malato di memorie infantili / Sogno la nebbia e l’umido delle sere d’aprile. / Come a scaldarsi al rogo dell’aurora / S’è accoccolato l’acero nostro. / Ah, salendone i rami quante uova / Ho rubato dai nidi alle cornacchie! / È sempre uguale, con la verde cima? / È come un tempo forte la corteccia? E tu, diletto, / Fedele cane pezzato! / Stridulo e cieco t’hanno fatto gli anni, / E trascinando vai per il cortile la coda penzolante, / Col fiuto immemore di porte e stalla. / Come grata ritorna quella birichinata: / Quando il tozzo di pane rubacchiato / Alla mia mamma, mordevamo a turno / Senza ribrezzo alcuno l’un dell’altro. Sono rimasto lo stesso, con tutto il cuore. / Fioriscono gli occhi in viso / Simili a fiordalisi fra la segala. / Stuoie d’oro di versi srotolando, / Vorrei parlare a voi teneramente. Buona notte! buona notte a voi tutti! / La falce dell’aurora ha già tinnito / Fra l’erba del crepuscolo. / Voglio stanotte pisciare a dirotto / Dalla finestra mia sopra la luna! Azzurra luce, luce così azzurra! / In tanto azzurro anche morir non duole. / E non mi importa di sembrare un cinico / Con la lanterna attaccata al sedere! / Mio vecchio, buono ed estenuato Pégaso, / Mi serve proprio il tuo morbido trotto? / Io, severo maestro, son venuto / A celebrare i topi ed a cantarli. / L’agosto del mio capo si versa quale vino / Di capelli in tempesta. Ho voglia d’essere la vela gialla / Verso il paese cui per mare andiamo.
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Atene, classico esempio di Città Stato
Città Stato
L’equilibro instabile di una legittima sovranità in Aristotele Lo stato naturalmente altro non è, per Aristotele, che l’unirsi di più famiglie in vista di uno scopo comune. Da principio l’uomo si unisce alla donna per il naturale istinto di procreazione (non, dunque, per via di un volontario desiderio di perpetuarsi nel figlio, ma perché, come ogni animale o pianta, è spinto a farlo dalla sua natura in quanto
“nihil natura frustra facit” - la natura non fa niente senza scopo). L’uomo e la donna, con i loro figli, creano la famiglia, ovvero la prima elementare forma di comunità che fronteggia i bisogni quotidiani di ogni singolo componente. In seguito più famiglie si uniscono in villaggi o tribù per far fronte a bisogni non più quotidiani, che proprio
per questo necessitano di una maggiore divisione del lavoro: una sola famiglia non può far fronte ad ogni suo bisogno, più famiglie insieme possono dividersi i compiti per riuscirvi (lo fecero fino a pochi anni fa le grandi famiglie di coloni, i cui tanti figli servivano per dividersi il lavoro. Da qui il termine “proletario”, che designa una condizione in cui unica onte di richezza diviene la propria prole). Infine lo Stato emerge quando più villaggi o Tribù si uniscono (e si danno regole comuni) in vista della piena autosufficienza e di una più efficace difesa dall’esterno. Così, per Aristotele, in natura gli Stati sono definiti dalla capacità delle famiglie che vi fanno parte di far fronte ad ogni loro necessità; però, aggiunge, la città, da ente che serve alla vita, passa presto a ricercare non più la difesa della semplice esistenza, ma del benessere. I bisogni, dapprima elementari (la semplice sussistenza), si diversificano ed aumentano numericamente (divengono bisogni anche le cose non indispensabili, ad es. un bell’abito piuttosto che un abito capace di far fronte al freddo). Di conseguenza aumenta anche il numero di famiglie che ser-
vono per far fronte a questa mole sempre maggiore di “bisogni acquisiti”, così si passa dalle Città Stato agli Stati Nazione, fino all’attuale preconizzato StatoGlobale, cui pare gruppi del tipo di Bildenberg mirino per avere maggiore controllo su ogni procedimento globale. Ora, tralasciando i problemi che uno Stato Globale potrebbe ingenerare, mi concentro su questo: le dimensioni di San Marino potranno garantirgli l’autonomia soltanto finché perseguirà bisogni che le famiglie del piccolo paese possono fronteggiare autonomamente. La ricerca di sempre maggiori ricchezze rende necessario ricercare profitti al di fuori dai confini. È più o meno, azzardo, quanto successo dopo gli anni ‘60 del secolo scorso, quando da una popolazione agricola che badava alla sua autosussistenza si è passati a ricercare il massimo profitto, fino ad arrivare a cercare di attrarre capitali da altrove “in qualsiasi modo”. Questo crea però uno sconfinamento degli scopi (in Aristotele è lo scopo che determina l’azione – ad es. è lo scopo della ricerca della ricchezza personale che determina il “senso” del capitalismo), e questo sconfi-
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Dal 2 al 5 giugno: “27° Bellaria Film Festival”, il festival del film indipendente. www.riminibeach.it Dal 5 al 7 giugno: “Bestfighter Kckboxing”, 105 Stadium, Rimini. Campionato di kickboxing Sabato 6 giugno: “Flame Fest”, all’Estragon di Bologna. Festival Metal. Programma www.metalitalia.com Domenica 7 giugno: “Festa ecologica”, Parco Marano, Coriano. Gare, mostre,giochi. Per info 0541.656255 Mercoledì 10 giugno: “Festa del Bagnino”, a Riccione lungo la spiaggia, pesce, vino, musica e fuochi d’artificio. Giovedì 18 giugno: “Depeche Mode live”, allo Stadio Meazza di Milano. Dal 18 Giugno ogni giovedì: “La Biblioteca illuminata: Poeti e Filosofi sotto le Stelle”, al giardino della Biblioteca di Misano. Ospiti M.Gualtieri, Quelli della Recita, Q.Principe, M.Donà. www.misano.org Dal 18 al 20 giugno: “Premio Giornalistico Televisivo Ilaria Alpi”,alla Villa Lodi Fè di Riccione. www.riccione.it
namento, unito alla voglia di ottenere una ricchezza sconfinata per alcuni suoi cittadini, costringe San Marino a sfruttare i paesi confinanti per i propri scopi non più esistenziali ma “superflui”, aggiuntivi, e questo spiega infine la durezza con cui da fuori confine si inizi a ricordare alla più antica repubblica del mondo che se vuole mantenere la sua autonomia, non può non rispettare regole internazionali di convivenza e di lotta contro la malavita organizzata, e deve quindi tornare ad occuparsi degli interessi elementari dei suoi cittadini smettendo di legittimare atteggiamenti “poco” trasparenti pur di attrarre capitali che servono solo a beni voluttuari. Insomma: il parallelo, o il paragone, tra San Marino e l’Antica polis di Atene, è piuttosto difficoltoso. Secondo Lazzari, il padre del nostro vice-presidente Luca, è tristemente venuto a mancare il 9 maggio scorso. Ci uniamo al dolore della famiglia per questa prematura scomparsa, che ha scosso ogni persona che ha potuto apprezzare la sua bontà e la disponibilità.
Dal 18 al 21 giugno: “Festival del Mondo Antico”, a Rimini. Più di cento appuntamenti dedicati alla storia. Programma completo su http://antico.comune.rimini.it Venerdì 19 giugno: “Skeletal Family Live”, al Matis di Bologna. www.goth.it/events.html Sabato 20 giugno: “III FESTA DEL SOLSTIZIO”. Torna a Montecerreto la Mega Festa della Don Chisciotte assieme alMacello. Dalle 18 in poi (chi prima arriva meglio alloggia)! Si mangia, beve, balla! Dal 19 al 21 giugno: “Campionato Mondiale di Superbike”, circuito di Misano. www.misanocircuit. com Domenica 21 giugno: “So Eighties Climbing Meeting”, alle fessure di Perticara. Raduno di climbing gogliardico, per appassionati e curiosi, in stile anni ‘80. Dal 21 al 23 giugno: “Festa della Musica”, tante band sparse in ogni luogo all’aperto di Cervia. Lunedì 22 giugno: “Metallica Live”, al Datch Forum, Milano. Sabato 27 giugno: “Clan of Xymox Live”, al mamamia di Senigalli. www.goth.it/events.html Sabato 27 e domenica 28 giugno: - “Gods of Metal”, allo stadio Brianteo di Monza, band come: Slipknot, Mötley Crüe, Dream Theater, Carcass, Queensrÿche, Tesla, Epica, Napalm Death. www.godsofmetal.it - “San Leo: Giullari dal Mondo”, raduno di giullari, slatimbanchi, mercatini. www.viveremarche.it Domenica 28 giugno: “Coppa Placci”, la gara ciclistica professionale con arrivo a San Marino Mercoledì 1 luglio: - “Diamanda Galas Live: Prayers For The Infidel”, all’interno del Ravenna Festival. www.ravennafestival.org/ - “Patty Smith Live”, Piazza della Libertà, Arezzo. Info www.playarezzo.it Sabato 4 Luglio: “La Notte Rosa”, a Rimini, San Marino e dintorni. Info su www.lanotterosa.it
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Sopra di noi niente Rubrica a cura di Andrea Mina
Funerale laico
Una proposta per i candidati Capitani di Castello alle elezioni per le giunte Andremo a votare per il rinnovo delle Giunte di Castello, le amministrazioni locali possono essere un valido strumento per risolvere questioni pratiche e per migliorare la vivibilità dei nostri Castelli. Un po’ per via della recente scomparsa che ha colpito la comunità sammarinese ed anche perché nel circondario se ne sta parlando, ho riflettuto sulla morte ed in particolare sulla cerimonia che ad essa si accompagna: il funerale. Vorrei chiedere ai candidati cosa ne pensano di istituire nel proprio Castello una sala del commiato. Una sala del commiato è un ambiente, privo di simboli religiosi, dedicato ai funerali laici. Sarebbe inoltre di supporto per i fedeli di religioni, diverse da quella cattolica, che non hanno ancora strutture proprie. La società sammarinese è molto diversa da quella di 20 anni fa, anche a San Marino si registra la presenza di più religioni come gli ortodossi, i testimoni di Geova, i Bahá’í, gli islamici, i panteisti, gli atei ed gli agnostici. I cattocomunisti, endemismo tipico romagnolo, sono ormai estinti e sempre molte più persone non si riconoscono nei riti cattolici. Se dovessi morire adesso, “Dio non voglia”, probabilmente i miei cari, pur
conoscendo le mie idee sulla religione, si troverebbero in seria difficoltà perché la celebrazione di un funerale laico è praticamente impossibile: i locali dell’obitorio non sono fatti per questo e non sarebbe neanche possibile farlo all’aperto esposti al sole o alle intemperie. D’altro canto, se si optasse per la cerimonia cattolica, si
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dovrebbe sottostare alle rigide direttive, imposte dal vescovo, secondo le quali ogni intervento deve essere prima concordato per evitare che le eventuali espressioni spontanee di affetto possano essere in contrasto con la dottrina cristiana ed inoltre si dovrebbe assistere all’assurdità di un’omelia recitata per un ateo dichiarato. Di fatto quello dell’estremo saluto è l’ultimo monopolio rimasto alla chiesa cattolica: il battesimo non è più un obbligo sociale e sposarsi a Palazzo è diventata la norma. Credo pertanto che istituire la sala del commiato sia un piccolo passo alla portata delle amministrazioni locali, che darebbero così un ottimo segnale di civiltà e rispetto verso tutte le componenti della società che loro per primi hanno la pretesa di rappresentare. Andrea Mina
«La relativa eclissi di fenomeni quali socialismo di Stato, dittature militari di destra, guerriglie di sinistra, regimi nazionalisti dei paesi in via di sviluppo non è stato che un breve momento storico prima della caduta nella barbarie che in molte regioni del mondo è già cominciata. La Waterloo del neoliberalismo non è solo economica, ma anche culturale. Lungi dal creare il benessere generale e una convivenza appagante libera da coercizioni autoritarie, il mercato scatenato al suo più alto grado di sviluppo distrugge gli ultimi resti di socialità umana» Robert Kurz 1994 “L’onore perduto del lavoro”
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La nostra festa del 22 maggio
90 on the
road sul titano
Grande partecipazione, grazie a tutti i collaboratori che l’hanno resa possibile Venerdì 22 maggio, al DNA di Borgo Maggiore, abbiamo improvvisato la nostra nuova festa in collaborazione con i ragazzi dell’Associazione Quarta Torre. Una festa dedicata ai magnifici anni ‘90: sei monitor in videowall hanno proiettato non-stop immagini di quel decennio. Musicali, spot, sport, televisivi, cartoon, storici ecc. Nella sala, illuminata anche da due datate Luci di Wood, si è susseguita musica che ha spaziato dal pop, al synth pop fino al grunge e al metal, per poi dare spazio alla house music, alla dance, al rock, al punk fino alla new wave. Al bar si è bevuto cocktails finiti nel dimenticatoio: Black Russian, B52, Angelo Azzurro ecc. Ci dispiace per chi avrebbe voluto mohiti o cose del genere, ma dov’erano negli anni ‘90? Rimarrà nella storia la sfilata dei “modelli” anni ‘90! Una Cindy Lauper, qualche improbabile e attempato metallaro, un dark, qualche ragazza fashion ma soprattutto il mitico Lucky, a cui dobbiamo i nostri più grandi ringraziamenti non solo per la sfilata in stile “turista accaldato”, ma soprattutto per l’aiuto logistico e il contributo d’idee che hanno condotto al prodotto finale. Il buon tempo ha fatto desistere molti dal rimanere stabilmente all’interno del locale (anche se con l’aria condizionata si stava meglio dentro che fuori), perciò il prossimo anno riproporremo la stessa festa in periodo invernale. Chi si è perso questo spettacolo non avrà più scusanti per mancare! Un grande grazie a Deb, Vane, Pazzy, Plinio, Cri, Eli e Rosa (mitica improvvisata), oltre che ai ragazzi della Quarta Torre.
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Appunti di psicologia Rubrica di Davide Tagliasacchi
Le strutture
della coscienza
Gli elementi strutturali di cui il nostro ordinario stato di coscienza è composto, sono costituiti da un piccolo numero di potenzialità esperenziali, con l’aggiunta di alcuni fattori causali. Noi siamo al tempo stesso i beneficiari e le vittime della particolare selettività della nostra cultura. La possibilità di schiudere e sviluppare le potenzialità latenti al di fuori della norma culturale, entrando in uno stato di coscienza alterato, e ristrutturando provvisoriamente la coscienza, è alla base di un grande interesse per questi stati. Il nostro stato di coscienza ordinario non è qualcosa
di naturale o di dato, bensì una costruzione altamente complessa, uno strumento specializzato a far fronte al nostro ambiente e alla gente in esso. Se guardiamo alla coscienza attentamente, vedremo come essa possa essere analizzata in molte parti, mentre allo stesso tempo codeste parti funzionano come un unico insieme strutturale: esse cioè formano un sistema. L’approccio sperimentale scoperto ed utilizzato da Charles T. Tart, cerca di studiare la complessità della coscienza suddividendola in sottocomponenti facenti parte di un sistema complesso. Per tale motivo esso
Charles T. Tart
viene definito approccio per sistemi. Il postulato principale di tale teoria afferma come vi sia l’esistenza di una consapevolezza di base: poiché un certo livello di controllo volitivo del centro della cosapevolezza risulta possibile, esso viene denominato attenzione/consapevolezza, differenziato dal livello di auto-consapevolezza, ossia della consapevolezza di essere consapevoli. Le strutture psicologiche possiedono caratteristiche individuali che limitano e determinano i modi in cui possono interagire tra loro, quindi le possibilità di qualsiasi sistema costituito di strutture psicologiche son determinate e limitate sia dal dispiegamento di attenzione/consapevolezza, sia dalle caratteristiche delle strutture che racchiudono in sé il sistema stesso. In termini delle conoscenze psicologiche attuali è necessario distinguere dieci sottosistemi principali (raggruppamenti di strutture interconnesse) che prsentano variazioni importanti entro lo stato di coscienza di base: (1) esterocezione, percezione dell’ambiente esterno; (2) enterocezione, percezione di quello che il corpo fa o sente; (3) elaborazione dell’input, selezione e astrazione automatizzata dell’input sensoriale in modo da percepire soltanto ciò che risulta importante per i nostri standar personali o culturali; (4) memoria; (5) subconscio, l’inconscio della classica teoria freudiana, con l’aggiunta di altri processi psicologici al di fuori dell’ordinario stato di coscienza, ma che può divenire conscio in stati alterati; (6) emozioni; (7) va-
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lutazione e decisione; (8) senso di spazio/tempo, la costruzione di tempo e spazio psicologico e la collocazione di eventi nel loro ambito; (9) senso d’identità, quella qualità che permette all’esperienza di renderla personale invece di mera informazione; (10)output motore, outuput muscolare e ormonale verso il mondo esterno e il corpo. Da questa classificazione, se ne deduce come la mente, dalla quale deriva la coscienza, consiste di miriadi di strutture tra loro interconnesse. L’espressione struttura psicologica allude a un’organizzazione relativamente stabile di parti componenti che seguono una o più funzioni psicologiche collegate. Solitamente noi deduciamo (dall’esterno) l’esistenza di una particolare struttura osservando che un certo tipo di input di un’informazione risulta attendibile entro un’informazione di output trasformata specificamente in condizioni tipiche. Per fare un esempio, alla domanda “quanto fa quattordici diviso sette?”, risulterà abbastanza immediato dare la risposta “due”. Dopo la ripetizione di questo processo, assumendo delle varianti, possiamo dedurre l’esistenza di una struttura speciale o un insieme di strutture collegate che chiamiamo abilità aritmetiche. Esperienzialmente, noi deduciamo (dall’interno) l’esistenza di una struttura particolare quando, date certe classi di informazione input esperita, abbiamo esperienza di alcune classi trasformate di informazione output\ risposta. Quindi, quando si ascolta casualmente la domanda relativa al quattordici diviso sette e si osserva che qualche parte di noi risponde automaticamente con la risposta corretta, se ne deduce una struttura di abilità aritmetiche come facente parte della mente stessa. Verosimilmente è possibile quindi ipotizzare come le struttre continuino generalmente ad esistere anche quando queste non siano attive, poiché operano nuovamente quando è presente la giusta informazione atti-
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vante. A partire da questo assunto, risulta possibile definire quello che può essere chiamato uno stato discreto di coscienza alterata, ossia un nuovo sistema dotato di proprietà uniche sue proprie, una ristrutturazione della coscienza stessa, a partire da dei sistemi di riferimento. Il passaggio par arrivare da uno stato di coscienza di base, ad uno stato alterato, consiste in due operazioni fondamentali: in primo luogo, si applicano delle forze, dette disgreganti allo stato di coscienza, azioni che possono essere di carattere psicologico e/o fisiologico (l’uso di sostanze psicoattive, la meditazione, l’ipnosi, ecc..), e che vanno a frantumare i processi di stabilizzazione sia interferendo con essi che sottraendo a questi le energie di attenzione/consapevolezza. Se tale induzione procede con successo, le forze disgreganti spingono le varie struttre/ sottosistemi al limite della loro funzionalità stabile, e quindi oltre, distruggendo l’integrità del sistema e disgregando la stabilità del sistema di coscienza di base. La seconda parte del processo di induzione, consiste nell’applicare forze denominate strutturanti: durante questo disorganizzato periodo transizionale entrano in gioco forze cioè che inducono strutture/sottosistemi in nuovo sistema, lo stato di coscienza alterata: il nuovo sistema deve sviluppare, al fine di perdurare, dei suoi propri processi di stabilizzazione, entro i quali il fenomeno della coscienza alterata va a modificare e/o riprogrammare dei sistemi struttrure propri. Infine la de-induzione, il ritorno cioè allo stato di coscienza di base, risulta come il medesimo processo dell’induzione, lo stato modificato di coscienza viene disgregato, ha luogo un periodo di transizione, e quindi lo stato di coscienza di base viene ricostituito dalle forze strutturanti: il soggetto si riporta alla sua abituale regione di spazio esperenziale. Davide tagliasacchi
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Report ci
sputtana?
Reazioni scomposte dopo Report. “Ci avete sputtanati”, “siete faziosi”... ma chi è a sputtanarci? Chi svela altarini (chi vigila) oppure chi li crea? Per Gatti è colpa di Morganti. di fronte alle telecamere, e Per Morganti di Gatti. non li voterebbe alle elezioni. Per il governo l’opposizione Chiunque li voti, è corresponsta montando ad arte un caso sabile, immischiato, causa che mediatico per attaccare il del male che condanna! governo (ma cavolo: avrebbe Mi impaurisce la stupidità davvero un potere enorme con cui gran parte di questo l’opposizione, se potesse povero paese (e sono ahimè decidere l’agenda della ma- persone comuni) continui a gistratura di Forlì), per l’op- dire “noi viviamo di questo posizione è la maggioranza - cioè dell’evasione fiscale che non ha l’autorevolezza italiana -, voi ci smontate il per risolvere la situazione. giocattolo... è logico che ce In mezzo a loro, infanti litigio- la prendiamo!” si che s’incolpano a vicen- Come fosse naturale, o auda di fronte a “mamma San spicabile, far crescere i propri Marino”, ci figli e nipoti siamo noi in un pese cittadini coIn una vecchia can- che vive muni, speszone, Piero Pelù, dell’attrazioso troppo ne di capitaquando ancora era li di cui non rincolgioniti da cazzate la vocalist dei Litfiba, conosce tipo “San proveniendiceva: “Aprite i vo- za. Come Marino non si tocca”, o stri occhi”. è un mo- fosse auspi“prima guarattrarnito che molti sam- cabile dino in casa re denaro marinesi dovrebbe- “in qualsiasi propria”, per essere modo”, da ro riascoltare ancora in un mafioso, grado di cada un killer pire quanto tutto questo non come da un onesto lavoratoriguardi il 90% dei sammari- re, pur che il denaro arrivi e ci nesi, ma solo pochi individui, faccia un po’ più benestanti, dell’una o l’altra casta, che un po’ più cinici. hanno svenduto il paese e Mi fa paura chi dice “Prima noi tutti insieme ad esso per guardate alle vostre beghe arricchirsi personalmente. italiane”, come se la GabaNoi cittadini comuni così nelli non lo facesse da quancoglioni da difendere, con do “Report” è nato nel 1997, la nostra reticenza e la no- come se alcuni giornalisti stra omertà, con le nostre non avessero pagato con la figuraccie, l’operato dei pri- propria carriera, come Paolo mi responsabili del disagio Barnard, il peso di inchieste dell’economia del paese a scottanti che sono rimasti i livello internazionale. soli a condurre in Italia. Se chi lo afferma amasse Ma chi dice così, ha mai cerdavvero San Marino, invece cato di capire che cosa sucche difendere questi politici cede a San Marino? Ha mai responsabili li accuserebbe aperto gli occhi per vedere
che ruolo abbiano, già ora, le mafie al suo interno? Non mi consola il Segretario Morri che per difendere il paese dice che non tutti a San Marino sono evasori: è vero, ma ciò non toglie che quelli vadano perseguiti per legge! Allora che aspetta a rendere penalmente perseguibile il falso in bilancio, l’evasione fiscale, la truffa (reati da noi non contemplati)? Che aspetta ad abolire l’anonimato societario e il segreto bancario? Perché è questa mancanza di Trasparenza (l’altra faccia del rinnovamento) che ci attira le condanne d’oltreconfine. E noi, se ci tolgono quello, di che vivremmo? Qualcuno, cetamente, cede a questo luogo comune. La risposta è semplice: che interesse ha il cittadino comune a tenere a registro delle S.A. senza dipendenti, con fatturato zero, che non pagano niente ma fanno solo giri di fatture? Ci guadagna l’immobiliare, che affitta fittiziamente un ufficio. Ci guadagna il notaio, che segue le pratiche di un fantasma. Ci guadagna chi, spesso politico, entra in cambio della licenza nella SA. Ma noi, il paese... noi ne subiamo solo il cattivo nome che ci facciamo all’estero. Fuori queste società fantasma, perché chi succhia linfa vitale ad altri organismi si chiama parassita, e noi continueremo ad essere tali, per l’Italia, finché la nostra economia sarà basata sul reato di evasione da loro. E finché sarà così, il rischio di perdere la nostra sovranità sarà moto molto, molto, molto alto!
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Rinnovi
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contrattuali
Uno scenario ampiamente prevedibile, penalizzante i lavoratori, e impossibile da evitare senza scelte radicali La CSU, da anni in evidente difficoltà, in un ingenuo gioco delle parti continua a sostenere sulla stampa sammarinese che in occasione degli attuali rinnovi contrattuali (sono scaduti da dicembre i contratti industria e Pubblico Impiego, che occupano complessivamente più del 50% dei lavoratori dipendenti sammarinesi) l’ANIS (l’associazione degli industriali) sta tenendo posizioni “ottuse e arretrate” (da “l’Informazione, 20 maggio 2009). Questo perché la proposta di aumenti contrattuali dell’ANIS è dell’1,5%, a fronte di un’inflazione che a Dicembre 2008 su Dicembre 2007 era pari al 3,15%. Oltre a questo ,l’Anis (in accordo con le altre associazioni di categoria) pretenderebbe anche di “aumentare l’orario di lavoro, abolire festività civili e religiose, abbassare le retribuzioni domenicali e festive, allungare i periodi di prova”. L’UNAS (l’unione nazionale degli artigiani), ribatte a sua volta che il sindacato “persiste in improponibili richieste di aumenti, e appare come una fotografia irreale ed astratta di un mondo che non esiste più”, continuando con la solita minaccia che se si chiede un aumento troppo alto i lavoratori perderanno il lavoro. L’UNAS conclude dicendo che non si possono più chiedere aumenti, ma solo adeguamenti retributivi tesi a mantenere il potere d’acquisto. Esatto, ma il po-
tere di acquisto si mantiene se si copre l’nflazione, dunque dovrebbero proporre un aumento del 3,15%, non dell’1,5%! Personalmente non ho dubbi di come andrà a finire (o di come, forse, le associazioni sono già d’accordo di farla finire): le proposte dell’ANIS che peggiorano le condizioni di lavoro verranno quasi tutte accantonate, l’aumento dall’1,5% arriverà magari al 2%, e i sindacati firmeranno, convincendo i lavoratori che si tratta di una grande conquista, considerate le condizioni di partenza. è il solito gioco al ribasso della CSU, ma un gioco falso, che risponde più ad interessi di pace per la propria poltrona che di tutela dei lavoratori. E un gioco che era prevedibile! Se la CSU non avesse giocato a fianco e in combutta con L’ANIS la partita dei referendum contro la precarizzazione del lavoro e a favore di meccanismi automatici di rivalutazione degli stipendi, oggi i lavoratori avrebbero automaticamente ricevuto il loro bell’adeguamento del 3,15%. Il sindacato risponderà che in quel caso chi avrebbe più minacciato uno sciopero per evitare gli attacchi dell’ANIS sul fronte dei diritti? La risposta è ancora una volta semplice: quelle provocazioni non vanno nemmeno discusse, non vanno concertate, un sindacato incapace di capire che su quella china non si può che condurre il
mondo del lavoro allo sfascio, è un sindacato inutile, come lo è a mio avviso quello sammarinese. Se voi foste un’associazione a tutela dei diritti umani, e il vostro governo vi proponesse di uccidere tutti i maschi dai 60 anni in su, voi vi mettereste al tavolo per limitare il danno, convincendo il governo ad uccidere magari solo la metà dei maschi dai 70 in su? Questo risultato sarebbe una vittoria? E allora ecco, la scenetta è sempre la stessa, da quando ero dirigente sindacale e assieme ad altri 9 colleghi siamo stati espulsi proprio perché non disposti a recitare la parte dei duri e puri per poi cedere su tutto in base ad accordi a volte addirittura apparentemente predeterminati. La controparte minaccia misure indegne, tu le limiti con gli scioperi (facendo perdere soldi alla gente), e alla fine il lavoratore si trova con meno sicurrezze, paghe peggiori e un sindacato che esulta perché ha evitato il peggio. Ora si sono scoperti: tutelare i lavoratori lo potevano, e lì si sono messi insieme all’ANIS contro di loro, contro R&T, contro i referendum. Ora, la crisi che noi avevamo previsto, è arrivata. Ora sarà sempre più impossibile, al tavolo con l’ANIS, firmare
accordi decenti, e allora vai con la scenetta. Finché il sindacato sammarinese non si decide... non tanto a capire, quanto ad agire coerentemente e in buona fede a tutela dei lavoratori, quando i sindacalisti saranno non più dei burocrati della casta, ma persone che pagano i loro fallimenti, allora si potrà porre freno al vero problema alla base dell’attuale attacco ai diritti del lavoro. La crisi del lavoro stesso! Il lavoro volge al termine, la mano d’opera umana è sempre meno indispensabile, così non si può più basare le tutele sociali su diritti accessori al lavoro: il lavoro sarà sempre più un privilegio di pochi, e se non si mette mano ora alle norme per fare in modo che le tutele sociali siano dirette unicamente all’individuo, non più al lavoratore, ci troveremo con sempre più persone che perdendo un lavoro non avranno nemmeno più il diritto a tutele minime (penso agli assegni familiari, a sussidi di disoccupazione, pensione.. tutte misure di epoca fordista e del welfare state basato sulle intuizioni keynesiane, buone per un mondo di 50 anni fa, inutili e pericolose, perché discriminanti un numero sempre maggiore di persone, oggi). Ciò che serve è un reddito di cittadinanza, garantito in ogni paese di area europea a parte Itaia, Grecia e San Marino. Non servono più riforme, ma ricostruzioni radicali, perchè è oramai più ragionevole e semplice ricostruire dalla base il modello di tutele sociali che correggere quello, incasinato da decenni di incompetenza, attualmente vigente.
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A che
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Progetto “City life”, residenziale di lusso aggiuntivo all’expo
pro?
Mega investimenti per progetti faraonici in tempo di crisi. Ma perché? Per chi? Roma si prepara per i campionati mondiali di nuoto che inizieranno il prossimo 19 luglio. Previsti circa 600 milioni di euro di spesa per il progetto faraonico di “città dello sport” (in mano al solito Clatagirone) in cui si sarebbero dovuti tenere i mondiali, ma che sarà pronto solo nel 2011. Siccome la sua manutenzione costerà 8 milioni l’anno, è facile prevedere che una volta finita, la città dello sport di Roma sarà abbandonata a sé e lasciata marcire, come sta succedendo con gli impianti di Torino che hanno ospitato i mondiali invernali del 2006. Costi enormi per costruirli, e talmente enormi per mantenerli da rendere preferibile farli marcire. Morale: per i mondiali è stata calata una piscina prefabbircata dentro un campo da
Città dello sport tennis del foro italico! In questo contesto, nello stesso paese, Milano si è aggiudicata l’expo del 2015 dal titolo pomposo: “Nutrire il pianeta: energia per la vita”. Spesa preventivata 17 miliardi di euro, ma il sindaco Moratti (condannata nel 2008 dalla corte dei conti per aver provocato, assieme ad altri responsabili, un danno all’erario di 263.000 euro affidando incarichi non trasparenti) dice che ne rientreranno 44, e quindi l’expo è un’occasione di crescita. Ma per chi? Di certo chi venderà i terreni di cui Milano ha bisogno per costruire queste megastrutture. Di certo chi costruirà alberghi nei pressi del polo dell’expo.
Ma i cittadini, quelli che vivono a Milano non per scelta, che vantaggi avranno? Un traffico impazzito per 6 mesi, centinaia di ettari di terreno sventrati e riempiti di cemento, e oltre a questo? La Moratti promette 70.000 nuovi posti di lavoro grazie all’expo, ma di che lavori si tratta? Immagino co.co.pro. con durata semestrale, poi chi s’è visto s’è visto, e finito l’expo tutto il castello di sabbia sarà anche qua abbandonato al vento. Non sono contro il progresso, ma mi chiedo perché, se ci sono 17 miliardi da spendere, non li si investa per migliorare direttamente le condizioni dei cittadini più umili, senza favorire speculatori, lì come qua. Comico poi che
si spendano delle somme simili per “Nutrire il pianeta” a parole, mentre non se ne stanzia nessuno per nutrire i singoli individui che muoiono davvero di fame. Intanto, siccome c’è crisi e nessuno ha tutti quei soldi da investire a lungo periodo tranne le associazioni malavitose, sono già partite indagini per infiltrazioni della ‘ndrangheta negli appalti dell’expo. Nulla di nuovo, in una politica del “si salvi chi - come - può”.
Expo Milano: residenze per gli ospiti
Expo Milano: area attività, mostre, conferenze
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20 giugno 2009: imperdibile!
!3° Festa del Solstizio!
Torna per il terzo anno la Festa del Solstizio, al parco di Montecerreto, dalle 18.30 fino all’alba! Ci siamo: il 20 giugno torna la nostra annuale FESTA DEL SOLSTIZIO, con tante novità e molti miglioramenti logistici ed organizzativi rispetto gli anni passati. Come saprete il Solstizio d’estate segna il giorno più lungo dell’anno, e di conseguenza la notte più corta. Si tratta del momento in cui il sole, nel suo moto apparente intorno alla terra, incontra il momento di declinazione massima dell’asse terrestre (vedi foto). Quest’anno il Solstizio cadrà esattamente alle 5.45 di domenica, e noi saremo ancora alla festa del solstizio per festeggiarlo, assieme a chi sarà ancora con noi al parco di Montecerreto, con una bella colazione a base di panini alla marmellata (o nutella) e caffé presso lo stand di ristorazione!
Un’altra novità di quest’anno è che il gruppo “Il Cenacolo” (con la partecipazione del Centro Sociale di Dogana) reciterà poesie, prose e vecchie “bulle” lungo il percorso che conduce alla festa, illuminati da luci soffuse e in abiti da menestrello. Come sempre ci sarà il mercatino e gli stand informativi delle associazioni che vorranno partecipare, e degli artigiani ed artisti che vorranno vendere o mostrare ad un pubblico vasto le loro opere. Se siete interessati o conoscete qualcuno che lo è, contattate la nostra associazione tramite e-mail o telefono (ai recapiti indicati su questo giornale). Come sempre ci saranno dei gruppi dal vivo. Per ora non è ancora possibile anticiparne i nomi, perché le conferme devono
Declinazione del sole sull’asse terrestre durante il solstizio d’estate ancora arrivarci, ma di certo i “Leitmotiv” e i “Morta-della” saranno dei nostri, e attendiamo conferma di altri. Alla fine dei concerti ci saranno selezioni musicali con dj Dudu fino all’alba, in attesa della colazione. Venendo incontro alle segnalazioni che ci sono pervenute gli anni passati, cercheremo di fare in modo che sia più agibile raggiungere il luogo della festa: cercheremo di organizzare una navet-
ta, ma in ogni caso invitiamo tutti a venire nell’area in bicicletta, in moto oppure, se proprio in auto, almeno con 5 persone a bordo. Grandi miglioramenti organizzativi, infine, per lo stand di ristorazione che rimarrà aperto dalle 18.30 fino all’alba senza interruzioni e senza file! Quindi vi conviene venire presto nel pomeriggio e cenare lì, se non volete camminare troppo per raggiungerci!
I Festa del Solstizio - Montecchio
II Festa del Solstizio - Montecerreto