Don Chisciotte 39, febbraio 2011

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febbraio 2011

L’altra informazione a san marino

numero 39

Il Don Chisciotte

Inserto all’interno

Altrementi festival 2011 Voci dai territori

spazio riservato all’indirizzo

Globalizzazione

Spedizione in abbonamento postale per l’interno. Stampa periodica - autorizzazione n.1042 del 11.09.09 Direzione Generale PP.TT della Rep. di San Marino


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Attualità

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Rubriche

pensare locale, agire condominiale.

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L’afasia dei GAS

G.A.S. di Stefano Palagiano autismo: la persona “velata”.

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Un’indagine fenomenologica su un fenomeno ancora oscuro

Appunti di psicologia di Davide Tagliasacchi

L’autogestita

Biologia e vegetarianesimo. Una risposta alla

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lettera inviata lo scorso mese dalla lettrice T.F.

Pagina autogestita da Oasiverde

Articoli

l’oscena verità. Contro tutto quello che è menzogna di Marco Canarezza Appunti di sostenibilità. Dalla culla al riciclo di Riccardo Castelli La casta. Ovvero gli intoccabili di San Marino di Matteo Zeppa

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MININEWS! Marijuana mobile La Lifted Health and Wellness, società californiana con sede a San Francisco, vende cannabis terapeutica recapitandola direttamente a domicilio con modernissimi scooter elettrici. Oltre a consegnare il prodotto in maniera ecosostenibile, Lifted garantisce anche una produzione ecologica della canapa con un sistema indoor alimentato da energia solare fotovoltaica. Strano, vero? Vedere per credere su www.lifted420.org

L’INSERTO: ALTREMENTI festival 2011

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L’editoriale

Altrementi: difficolta’ ed attestati di stima Questo mese usciamo con un’edizione ridotta per via dell’inserto della seconda edizione del nostro Altrementi Festival, che ricordiamo a tutti si terrà al Teatro Titano dal 18 al 20 febbraio prossimi. L’inserto, se staccato, sarà un piccolo poster, con sul fronte il manifesto ufficiale e sul retro una breve descrizione dei relatori e dei loro interventi. Ringraziamo questo mese ancor più sentitamente i nostri collaboratori alla redazione del mensile, e i sostenitori che ci hanno inviato finanziamenti per il festival e grandi attestati di stima da San Marino e da fuori confine, segno che la qualità dell’evento è riconosciuta e la gente lo attende con trepidazione, anche se le istituzioni tardano a comprenderlo. I microfinanziatori hanno per ora contribuito alla realizzazione del festival con circa 1400 euro! A loro si aggiungono le Associazioni (GAS Marino, Liberamente - Mente Libera, Micologica, Oasiverde, Partigiani RSM), la Comm. Sammarinese per l’Unesco e le Giunte di Castello di Città e Chiesanuova. Inoltre gli sponsor, i cui loghi sono sul manifesto.

Tuttavia, al momento in cui andiamo in stampa, se sappiamo che alcune Segreterie dovrebbero sostenerci con una qualche cifra, di concreto non c’è nulla. Come se non stessimo lavorando da mesi su un progetto di cui non sarà certo la Don Chisciotte a godere, ma l’intero paese e il circondario. Saranno nostri ospiti relatori di grande statura: Lidia Ravera, Maurizio Pallante, Paolo Barnard, Jacopo Fo, Domenico Finiguerra, Giacomo Marramao, Franco Cardini, Peter Kammerer, Cristiano Bottone, Giuliano Battiston, Don Gianni Fazzini e Alberto Bassi. Ci saranno intervalli jazz con l’Associazione AllegroVivo durante i rinfreschi pomeridiani. Ogni sera una formula differente: dalla chiacchierata del venerdì alla tavola rotonda del sabato, alla proiezione di un breve documentario di Pasolini la domenica. Una partecipazione numerosa convincerà prima o poi, ne siamo certi, chi di dovere a sostenerci per crescere tutti insieme. Confidiamo come sempre su di voi!

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La stragrande maggioranza dei giornalisti in giacca e cravatta, quelli sbarbati e in compagnia di colleghe con la messa in piega e il tailleur, quelli che scrivono sui giornali più diffusi, quelli che a volte dicono due o tre cose con toni troppo marcati; quasi tutti i giornalisti che hanno un uditorio importante, si sono limitati a dire che Wikileaks ha deprecabilmente pubblicato documenti segreti e che il leader di questo brand sedizioso si chiama Julian Assange. Queste sono le informazioni date alla massa. Ma i fatti taciuti, quali sono? In primo luogo Wikileaks non è Julian Assange. Wikileaks è un gruppo di giornalisti investigativi indipendenti composto da hacker informatici e reporter. Queste persone hanno avuto la possibilità di maneggiare un’immensa mole di materiale secretato, dispacci, confidenze, rapporti di servizio redatti da militari e destinati ad alimentare le perifrasi dei leader politici oppure ad archiviare ciò che i leader stessi hanno preferito tacere. Il lavoro di questo piccolo gruppo richiama alle coscienze quello che ha un significato etico e morale; questo lavoro di reperimento dati e di archiviazione dei significati di tutti quei dispacci sommariamente raccontati dal giornalismo per bene, porta con sé una responsabilità, quella stessa responsabilità che -se fosse stata assunta da chi governanon avrebbe tenuto nascosta la prova della colpa, la prova che le decisioni e le azioni sul mappamondo delle relazioni tra gli stati sono macchiate da un cinismo che non ha precedenti. Gli occidentali sono colpevoli, ecco cosa emerge da Wikileaks, colpevoli di aver deliberatamente invaso un paese come l’Iraq, di averlo bombardato e distrutto intenzionalmente, mentendo prima, mentendo durante e mentendo dopo l’oc-


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L’oscena verita’ Contro tutto quello che è menzogna di Marco Canarezza cupazione; mentendo in buona sostanza al mondo civile circa le reali intenzioni degli autoproclamati “Grandi della Terra” e degli eserciti della cosiddetta Coalizione. I cittadini dell’occidente, pur avendo avuto il sentore che le cose non stessero proprio come le avevano raccontate, non hanno fatto molto per capire, non si sono indignati… forse anche perché viene mostrata solo una parte delle informazioni che noi tutti dovremmo sapere, o forse perché erano distratti da uno dei tanti gadget emozionali che sappiamo produrre e vendere così bene. L’immensa mole di rapporti

militari inerenti, per esempio, alla più propriamente definibile INVASIONE dell’Iraq, è stata analizzata da Wikileaks grazie all’aiuto di potenti software. Un lavoro immane in un ginepraio di 10 milioni di parole altrimenti senza senso. Estrapolati i dati per coerenza di significato emergono verità che né i generali americani, né Obama, né la Merkel, né Frattini, né nessun organismo diplomatico dell’ONU, della Comunità Europea, della Croce Rossa, nessun rappresentante politico fuori dal club dei G20 –con la sola eccezione forse di quello iraniano- dice chiaramente. Nessuno dice che da quando l’America ha deciso di

Julian Assange di Wikileaks

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punire Al Qaida nel paese dei Saddam, Al Qaida è diventata più forte. Nessuno dice che da quando gli eserciti sono sul suolo polveroso attorno al Tigri e all’Eufrate, si sono verificate le morti di quasi un quarto degli inermi cittadini iracheni, avvenute praticamente in ogni strada e senza motivo. Nessuno dice che da quando è stata istituita la nuova polizia locale -addestrata da esperti militari d’occidente, esperti anche dell’uso della tortura- sono aumentate le violenze tribali interne all’Iraq. Nessuno dice con convinzione che da quando molti soldati si sono tolti dalle strade -loro e i loro odiosi posti di blocco- da quando cioè si sorveglia dall’alto, comodamente seduti in un elicottero Apache, sono aumentati l’utilizzo di missili anticarro Hellfire contro obiettivi quasi esclusivamente civili. Tutto questo è ciò che riguarda l’Iraq, ma ancora non è dato sapere ciò che riguarda altri

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paesi, altri interessi, altri terrorismi, ma di certo non c’è da aspettarsi nulla di buono da questo tacere di notizie, che altro non è che censura. Rimane, per chi detesta essere preso per il naso, una continua e pressante disinformazione strisciante, presentata alla gente dell’Occidente come verità pur essendo una pura e semplice pantomima di chiacchiere. C’è da chiedersi se Julian Assange e il suo entourage, a fronte delle informazioni secretate che in altro modo non sarebbero mai giunte a noi, avesse valutato la possibilità di tacere, se avesse cioè considerato la possibilità di non dire ciò che ha solo incominciato a rivelare; già, perché di silenzio ce n’è fin troppo, di omertà a grandi livelli ce n’è davvero troppa. Sapere e avere il coraggio di non tacere; ecco, forse non tutti gli esseri umani di questo occidente sono oscenamente, pornograficamente, bugiardi.


Ecologia e sostenibilità

appunti di sostenibilita’ Dalla culla al riciclo di Riccardo Castelli

Tendenza organica-la casa sulla cascata di F. L. Wright

Tendenza high tech-il world trade center di N. Foster

Tendenza pluralista-città satellite vicino a Milano di M. Thun

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“Non c’è niente che non vada col pianeta. Il pianeta sta bene. E’ la gente che é fottuta. C’è una bella differenza.” George Carlin Nel 1987 una commissione presieduta dal primo Ministro norvegese dette vita al Rapporto Brundtland, che contiene la seguente definizione: “lo sviluppo é sostenibile se soddisfa i bisogni delle generazioni presenti senza compromettere la possibilità per le generazioni future di soddisfare i propri”. Quali sono dunque le emergenze di cui deve tenere conto un’architettura sostenibile? In primis il paradigma “luogo natura e architettura”: ossia la natura del luogo che guida la progettazione e connota l’architettura stessa. Poi il paradigma “bioclimatico”: basato sull’utilizzo del clima per controllare il benessere dei vari ambienti abitati. Infine il paradigma “energetico”: l’ utilizzo dell’ energia solare per la climatizzazione degli edifici. La cultura dell’ eco-compatibilità, sviluppata tra gli anni Trenta e Settanta del secolo scorso, fu recepita da architetti famosi come Frank Lloyd Wright, Alvar Aalto e Louis Kahn, contribuendo a ridefinire alcuni principi del movimento razionalista. Oggi le tendenze della cultura “ecocompatibile” sono sostanzialmente tre: quella high-tech ad alta efficienza energetica, quella organica ed ecologica e quella del pluralismo contemporaneo sostenibile (R. Giordano, “I prodotti per l’edilizia sostenibile”, Sistemi Editoriali Se). La tendenza high-tech, erede di esempi di certo non sostenibili come il Centre Pompidou a Parigi, mostra di volere utilizzare l’involucro dell’edificio in funzione del benessere termico, acustico e visivo, attraverso lo studio della ventilazione e del soleggiamento. L’architettura high-tech, di cui i portavoce sono architetti come Jean Nouvel e Norman Foster, fa ampio ricorso a sistemi di

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raffrescamento ventilativo, evaporativo, geotermico, e ad ampie superfici vetrate che accolgono cellule fotovoltaiche e sistemi di ombreggiamento. Il limite di questa corrente architettonica sta nei costi elevati, che la rendono adatta a edifici di prestigio, sedi di aziende, nella limitata possibilità degli occupanti dei vari ambienti di “scegliere il proprio clima”, in quanto le condizioni ambientali sono stabilite dal computer, e nell’ incompatibilità dei materiali naturali con questa tecnologia costruttiva. La tendenza organica ecologica (che ha annoverato i già citati Aalto e Wright) è alla costante ricerca di un equilibrio tra l’uomo e la natura, anche attraverso il recupero di elementi della tradizione costruttiva regionale. È posta l’attenzione sulle risorse di ciascun contesto (microclima, geomorfologia, tipologia della vegetazione) e sulla percezione psicologica da parte dell’ utente. Contrariamente alla tendenza high-tech, l’architettura organica si presta in modo particolare all’utilizzo residenziale essendo adatta ad una edilizia contenuta nei volumi; i suoi abitanti sono pienamente coinvolti nella regolazione dell’ombreggiamento, ventilazione ed irraggiamento. Meno legata al linguaggio vernacolare è la tendenza pluralista contemporanea, che in Italia comprende architetti come Benedetto Camerana (villaggio olimpico a Torino) e Matteo Thun (piano di una città satellite nei pressi di Milano). Questo linguaggio non é mai “ipertecnologico” come l’ high-tech pur facendo ricorso a sistemi di raffrescamento e a tecnologie solari attive e passive (ossia usando o tubi che convogliano l’energia solare negli ambienti, oppure i muri stessi dell’edificio, che accumulano il calore al proprio interno e poi lo distribuiscono). Il merito di questa corrente è l’importanza data alle tecnologie costruttive “a secco”, cioè quelle in cui ciascun elemento è tenuto


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staccato dagli atri in maniera tale che, in fase di dismissione, quando l’edificio avrà terminato il proprio ciclo di vita, potrà essere recuperato in un nuovo processo senza provocare inquinamento. E’ facile comprendere l’importanza che hanno avuto e continuano ad avere le tendenze architettoniche fin qui trattate, soprattutto se si pensa all’impegno preso a Bruxelles dall’Italia: la formula “20-20-20”, riportata continuamente sui quotidiani, significa che entro il 2020 dovremo ridurre le emissioni di CO2 del 20% rispetto al 1990, e che la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili dovrà raggiungere il 20% del totale dell’energia prodotta. Nel 1994 l’Italia ha aderito alla Carta di Aalborg e ha promosso la costituzione a livello locale di Agenda 21, un’organizzazione finalizzata alla riduzione del carico ambientale. Criteri per la valutazione delle prestazioni energetiche e ambientali di edifici e prodotti da costruzione sono stati emanati da enti internazionali come l’ISO (International Standard Organisation), il CEN (European Commitee for Standardisation) e dall’ente italiano UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione).

Questo insieme di attività ha portato a una nuova consapevolezza per il progettista: la necessità di selezionare prodotti non inquinanti e che non comportino un eccessivo carico sull’ecosistema, in maniera tale da poter essere smaltiti come rifiuti non pericolosi. Ecco quindi che si fa strada il concetto di “ciclo di vita di un edificio”, un processo che comincia col progetto e termina con lo smaltimento o il riciclo dei materiali risultanti dalla demolizione. Le domande che il progettista dovrebbe porsi sono: come vengono estratte, trasportate e lavorate le materie prime? Come si comportano i materiali durante la posa in opera e quando l’edificio è finito e occupato? Quali sono i costi umani e ambientali di questi processi? Infine, come vengono dismessi i materiali? Al termine del ciclo di vita dell’edificio i materiali posati a secco possono venire disassemblati in modo non distruttivo e riutilizzati o per ricoprire la medesima funzione (ad esempio i laterizi ancora integri) oppure se ne possono riutilizzare alcuni componenti per realizzare prodotti uguali a quelli di partenza. In altri casi i materiali dismessi

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possono essere trasformati cambiando funzione (ad esempio il calcestruzzo frantumato può diventare ghiaia) o inceneriti per produrre energia termica. La discarica autorizzata é, in quest’ottica, solo l’ultima spiaggia, ma anche da essa si può ricavare energia estraendo biogas dal materiale interrato. E a livello urbano cosa cambia? Oltre agli edifici dobbiamo considerare la mobilità e la produzione di beni in genere; in tutti e tre questi insiemi va verificata la gestione intelligente della domanda di energia e il suo uso razionale, nonché un uso più ampio possibile di fonti rinnovabili. È necessario quindi un ripensamento delle linee che hanno guidato fin qui lo sviluppo delle nostre città. Solo una nuova relazione tra abitanti-produttori di beni e territorio può determinare un equilibrio duraturo tra insediamenti e ambiente. Questo non significa ritornare “all’età della pietra” ma integrare la sapienza ambientale storica con le nuove tecnologie che abbiamo acquisito. Le “transition town” sono tra le iniziative più promettenti per coinvolgere le comunità in un processo che è necessario

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intraprendere, per mitigare gli effetti della fine del petrolio e dei cambiamenti climatici. Qualunque sia il modello economico che ci permetterà di affrontare le cosiddette “sfide del nuovo millennio”, esso dovrà essere fondato sul presupposto che l’impronta delle attività umane sugli ecosistemi sia tendente a zero. riccast@libero.it

MININEWS! Buone notizie! Sì ai referendum su acqua pubblica e nucleare Non tutti i quesiti referendari proposti sono stati accettati in quanto la Corte Costituzionale ne ha ritenuti ammissibili 4 su 6: due delle tre proposte del Forum dei movimenti dell’acqua pubblica, il referendum sul nucleare proposto dall’Italia dei Valori e quello per l’abrogazione della legge sul legittimo impedimento. Le votazioni si dovrebbero svolgere in primavera.


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Società

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pensare locale, agire condominiale L’afasia dei GAS di Stefano Palagiano Come espressione del consumo critico, non vi è dubbio che l’azione dei gas debba porsi su un piano di analisi, di riflessione, di indirizzo relativamente a processi globali. Le grandi sfide (ma sarebbe spesso più appropriato parlare di minacce) dell’attualità interrogano i gas e ne chiedono in qualche modo una maturazione. Questa maturazione è vista come necessaria da molti, ma impone alcune domande la cui risposta rischia di non essere scontata. Una posizione condivisa su grandi temi, da parte del movimento gasista nel suo complesso, stenta talvolta a prendere forma con modalità di forte impatto rispetto alla realtà circostante. Dal punto di vista culturale le premesse ci sarebbero tutte e dal punto di vista pratico la realtà sembra quasi imporre, almeno in alcune circostanze, di schierarsi in difesa di valori non negoziabili. Esiste il rischio che le vicende scavalchino il movimento, mentre questo si trastulla con discussioni sul metodo. La corsa dell’economia va verso un punto d’arrivo obbligato: la distruzione totale e siste-

matica della natura e dell’uomo, la sublimazione e la vittoria di interessi individuali a scapito del bene comune. Affinché parole come etica e solidarietà - concetti fondanti dell’agire dei gas - non rimangano vuote, è opportuno valutare la possibilità di prendere nettamente posizione su grandi temi. Questo prendere posizione non ha nulla a che vedere con un appiattimento sulle posizioni di partiti o sindacati, né sulle posizioni di chicchessia. È il contenuto che conta: e i gas ne hanno da vendere. Questi contenuti si possono poi certamente anche condividere: ma ciò deve avvenire in un rapporto di forza, mai di subalternità. Il movimento dei gas ha quindi forza, idee, capacità e basi per poter affrontare con posizione condivisa, con un messaggio chiaro e credibile, con contenuti significativi e con esempi la realtà che ci circonda. Questi sono i tratti che caratterizzano la parte più autentica, più sana, migliore del movimento. Esiste però una parte, sempre meno conciliante, che tifa per l’autocensura e l’immobilismo, nella convinzione che sia inutile schierarsi a parole e nei fatti, con forza, alzando la voce ove necessario. Serpeggia in certi ambienti la confortante idea che bisogna rimanere in silenzio in un dominio ristretto, asfittico. In questo angusto spazio il gas deve autolimitarsi,

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deve limitare a questioni logistiche la propria missione, deve fare poco rumore, deve trarre il massimo profitto dalle contingenze locali con il minimo impegno. Al di là delle legittime cautele che devono essere adoperate (bisogna stare ben attenti a non farsi strumentalizzare), è vero che una certa parte del mondo gas vive la contraddizione di non voler misurarsi in modo più maturo e consapevole con i grandi processi globali e i grandi temi. I gas costituiscono certamente un’esperienza che si confronta con il fenomeno della globalizzazione. A sfide importanti vanno contrapposte soluzioni coraggiose, soluzioni che vanno promosse con tutti i mezzi disponibili per promuovere il cambiamento. Il ricco patrimonio di pensiero coltivato dai gruppi di acquisto solidale rischia di rimanere almeno in parte inespresso, se non si utilizzano con saggezza tutti i canali a disposizione. Una certa mancanza della consapevolezza della propria capacità e del proprio dovere si può toccare con mano. Alcune iniziative si limitano a pensare locale e agire a un livello molto circoscritto, si potrebbe dire condominiale. Cecità o voglia di non vedere? Se si è coscienti dell’impatto delle proprie azioni di consumatori critici, non dovrebbe essere naturale assumere certi atteggiamenti e certe iniziative come conseguenza? Quale forza misteriosa suggerisce ad alcuni gasisti che sia opportuno mantenere il silenzio, attuando una rinuncia culturale in prospettiva molto pesante? Una cosa è certa: siamo di fronte ad una crisi economica e sociale senza precedenti e la gravità della situazione è tanto più chiara quanto più è evidente il tentativo di distrarci. Neanche la prospettiva, sempre meno nascosta ed evitabile, di anni durissimi come quelli a venire sembra spostare più di tanto la percezione di tanti. L’immobilismo, le rinunce, gli eccessivi distinguo rischiano di costare molto cari. Studiare le modalità per prendere posizione con intelligenza e senza farsi trascinare dalle provocazioni e dalla iperstimolazione del nostro tempo è una sfida importante, che può aprire spazi inaspettati ai gas e aiutarli nella promozione del cambiamento. La riflessione su questo tema, aperta in modo organico da qualche tempo, sembra possa ora giungere a un momento cruciale. Questo momento sarà ancora più importante se si saprà rispondere alla seguente provocazione: quanto è condiviso ciò che diciamo di condividere? Chi teme di fare ciò che dovrebbe, cosa teme? Dalla risposta a queste domande deriva la possibilità di porre un ulteriore, importante tassello per la crescita del movimento.


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Lidia Ravera è una delle scrittrici e giornaliste italiane più note. Celebre il suo “Porci con le ali”, romanzo di protesta giovanile che diede voce agli adolescenti dell’intera generazione succeduta a quella del ‘68. Ha scritto romanzi, saggi, racconti, collaborato in numerose sceneggiature per il cinema. Collabora con il settimanale culturale “Micromega” e con “Il fatto quotidiano”. La paura, la speranza Anno Domini 2011: Italia. Monologo di una donna, come tante donne, spaventata dalla globalizzazione: il marito è un operaio sottoposto alla cura Marchionne, lei deve scaricare le frustrazioni, e viene tentata dal razzismo degli ultimi (“noi comunque siamo nati in Italia”). Sarà sconvolta dal figlio che le porta a casa una fidanzata rumena, e alla fine si chiede: che cosa ha mai fatto la mia razza per me? La globalizzazione è una promessa, non una minaccia. Altrove è meglio.

Cristiano Bottone lavora nel campo della pubblicità e del marketing, è co-direttore di un’agenzia di pubblicità a Bologna. Appassionato di sostenibilità, si è avvicinato al movimento di Transizione nell’estate del 2008. Tra i soci fondatori di Transition Italia, ne è il vice-presidente. Mentre eravamo distratti Il movimento delle città di Transizione è un grande esperimento sociale che sta dando risultati incoraggianti e inattesi. Assomiglia a tante cose già viste, ma è diverso da tutto quello che si è tentato fino ad oggi per indirizzare il mondo industrializzato verso un nuovo livello evolutivo. La Transizione comincia nella testa delle persone, si diffonde nelle reti sociali e produce risultati estremamente concreti.

Giacomo Marramao docente di Filosofia Politica e Filosofia Teoretica all’Università Roma 3. Allievo di Eugenio Garin, nel 1969 si laurea in Filosofia all’Università di Firenze. Dal 1971 al 1975 prosegue gli studi all’Università di Francoforte. Dal 1976 al 1995 insegna Filosofia della politica e Storia delle dottrine politiche presso l’Istituto Universitario Orientale di Napoli. Nel 1983 pubblica “Potere e secolarizzazione”. È stato uno dei principali riscopritori del pensiero di Carl Schmitt. Titolo Intervento: Topologie del potere

Domenico Finiguerra si laurea nel 1996 in Scienze Politiche all’Università Statale di Milano con una tesi di ricerca sulle amministrazioni locali della provincia di Milano. Nel 2002 è eletto Sindaco di Cassinetta di Lugagnano,comune nella provincia di Milano, che fa parte dell’Associazione Comuni Virtuosi, risultando vincitore del premio nazionale Comuni a Cinque Stelle 2008 nella categoria “gestione del territorio”. È promotore del movimento nazionale “Stop al Consumo di Territorio”.

Terra, un bene comune da preservare Tutta la nostra vita, dipende dalle risorse che il nostro pianeta è in grado di donarci. La terra quindi ci serve e dovremmo tenercela stretta. Invece, anziché togliere cemento, continuiamo ad aggiungerne. In Italia (e a San Marino, n.d.r.) poi lo facciamo molto velocemente diminuendo così la biocapacità del nostro paese, e aumentandone la dipendenza rispetto ad altre aree del pianeta. Ci stiamo mangiando il futuro dei nostri figli. Allegramente...

Giuliano Battiston È ricercatore e giornalista freelance. Laureato in filosofia, Scrive per le pagine culturali del Manifesto, collabora con Liberazione, Il riformista, con il sito di informazione economica www. sbilanciamoci.info, e con MicroMega online. Viaggia e scrive reportage, in particolare dall’Afghanistan.

Globalizzazione. Com’è e come potrebbe essere Alla globalizzazione si attribuiscono significati diversi, equivoci, approssimativi. Al di là di tanta confusione, rimane costante l’idea che si tratti di un destino segnato, ma non è così. La globalizzazione è un processo conflittuale ancora in corso, come rivendicano gli attivisti che si battono contro gli effetti deleteri causati da essa.


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L’inserto di Altrementi

Maurizio Pallante è saggista, ricercatore e divulgatore scientifico sui rapporti tra ecologia, tecnologia ed economia. È il fondatore del Movimento per la decrescita felice e membro del comitato scientifico della campagna sul risparmio energetico M’illumino di meno e della testata online di informazione ecologica Terranauta. Laudato sii, mi’ Signore, per nostra sorella recessione Sta venendo a termine la fase storica iniziata 250 anni fa con la rivoluzione industriale. Per evitare che l’umanità regredisca verso una conflittualità diffusa di tutti contro tutti, occorre avviare una nuova fase storica caratterizzata da una decrescita in cui le attività umane, la ricerca scientifica e le innovazioni tecnologiche siano finalizzate a ridurre l’impronta ecologica.

Paolo Barnard Giornalista freelance, si occupa soprattutto di politica estera. Ha lavorato per La Stampa, Il Manifesto, Il Corriere della Sera, La Repubblica. Ha lavorato in RAI con Samarcanda di Santoro durante la Guerra del Golfo e con Report per dieci anni. Il più grande crimine Il progetto di 70 anni dei Poteri finanziari e industriali internazionali per distruggere gli Stati, il potere delle leggi, e la legittimità dei cittadini, di cui la creazione dell’Unione Europea e della moneta unica (euro) sono stati capitoli fondanti. In questa presentazione sono delineati gli allarmanti scenari di egemonia delle nuove élite finanziarie sull’Europa, destinata a una progressiva distruzione a scapito del mercato del lavoro e delle famiglie, per l’esclusivo profitto a breve termine di tali élite.

Don Gianni Fazzini è parroco di Altino, incaricato per la Pastorale degli Stili di Vita della Diocesi di Venezia. Ha iniziato il suo servizio pastorale nel Villaggio Laguna abitato da famiglie operaie di Mestre, e ha svolto per vent’anni la sua missione in fabbrica come prete operaio. I Bilanci di Giustizia L’obiettivo di questo progetto è modificare secondo giustizia la struttura dei propri consumi e l’utilizzo dei propri risparmi, cioè l’economia quotidiana. La sfida è proprio quella di combattere l’invadenza e lo strapotere della “razionalità economica” a partire dal carrello del supermercato e dallo sportello di una banca. Da qui l’adesione convinta al consumo critico e alla finanza alternativa (MAG e Banca Etica) a favore di una vita sostenibile per gli esseri umani e per la Terra. Peter Kammerer vive in Italia dal 1962, insegna sociologia nella Facoltà di Lettere e Filosofia di Urbino. Traduce in tedesco Gramsci e Pier Paolo Pasolini. Ha curato l’edizione tedesca degli scritti di Alexander Langer. Ha tradotto diversi testi teatrali, ed è autore di varie pubblicazioni e articoli. Globalizzazione e nostalgia. Pasolini in viaggio per mille e una notte Come reagire alla perdita dell’ “altrove”, alla distruzione del tessuto architettonico delle città, delle forme di vita precedenti la modernità? Viaggiando per scoprire luoghi e corpi Pasolini scrive: “Non c’è progresso senza profondi recuperi nel passato, senza mortali nostalgie per le condizioni di vita anteriori”. Come vivere con “mortali nostalgie”?

Associazione Culturale Con Chisciotte. Dal 2004 contro i mulini a vento!

Franco Cardini storico, medievalista, saggista, membro della Scuola Superiore di Studi Storici di San Marino. Consegue la laurea in Lettere presso l’Università di Firenze nel 1966. Ottiene nel 1989 la cattedra di Storia medievale a Firenze. Il suo campo di studi principale è quello della storia delle Crociate, affrontato con studi su scritti cristiani ed arabo-islamici.

Titolo intervento: Globalizzazione tra nuovo ordine e caos

Jacopo Fo è scrittore, attore, fumettista e regista. Figlio di Dario Fo e Franca Rame, collabora - con testi e disegni propri - a settimanali e rotocalchi come Il Fatto Quotidiano, Linus, l’Espresso, Zut, il Corriere della Sera. È il fondatore della rivista Cacao che ha portato in seguito sul web abbinata al progetto della Libera Università di Alcatraz, un ecovillaggio solare da lui lanciato nel 1979. Impegnato in battaglie civili e di solidarietà sociale, cura un blog personale molto visitato.

Saremo collegati in video-conferenza

Alberto Bassi Si occupa di storia e critica del disegno industriale. Insegna storia del design alla Facoltà di Design e Arti dell’Università Iuav di Venezia, dove svolge anche la funzione di vicedirettore del corso di laurea specialistica in Disegno industriale del prodotto.

Titolo intervento: Economia del limite e progetto


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autismo: la persona “velata” Un’indagine fenomenologica su un fenomeno ancora oscuro di Davide Tagliasacchi Il sintomo indicato come autismo è storicamente nato all’interno della teoresi di E. Bleuer sulla schizofrenia (1911). Da allora il fenomeno è stato al centro dello studio di grandi autori, da Minkowski a Binswanger. Nel manuale psichiatrico DSM-III-R, esso compare in relazione alla compromissione del rapporto con il mondo esterno, in cui: “quando il soggetto è intensamente fissato su idee e fantasie egocentriche e illogiche e distorce o esclude il mondo esterno, la condizione è definita autismo”. La Storia del concetto di autismo è paradigmatica non soltanto all’accrescersi della conoscenza, ma anche di come i temi stessi mutino a seconda delle angolature di studio. È come se il fenomeno autismo fosse un oggetto complesso del quale si possono evidenziare superfici diverse, ma l’illuminazione della sindrome è più che la somma dei singoli aspetti. Secondo Bleuer la sindrome di autismo rimanda direttamente al significato stesso di autoerotismo di Freud. Egli scrive: “chiamiamo autismo il distacco dalla realtà e la predominanza della vita interiore. La vita interiore assume una preponderanza patologica”. Nel 1943 lo psichiatra Leo Kanner descrisse un fenomeno analogo a quello indicato da

Bleuer, ma con un esordio ben più rapido, presentandosi fin dalla più tenera età, ma senza la sintomatologia tipica della schizofrenia. Chiamò tale disturbo “sindrome da autismo infantile”. Dei casi da lui seguiti e analizzati risultano bambini che mostrano un’enigmatica assenza relazionale, una sorta di evanescenza del normale sentimento di essere in collegamento con gli altri esseri umani e di condividerne l’esperienza. Tale vuoto fondamentale si poteva esprimere in diversi modi, che Kanner descrisse e che da allora compongono il quadro fondamentale dell’autismo “infantile”: tutti i bambini da lui studiati presentavano importanti deficit nella comunicazione e nel linguaggio, il quale risultava rudimentale e con molte particolarità, come l’ecolalia o l’uso bizzarro di alcune parole. Anche la simbolizzazione, i processi di astrazione e la comprensione dei significati risultavano alterati. L’intero rapporto con l’ambiente sembrava segnato da un fondo molto particolare di dissintonia, di debolezza interattiva; la modulazione mimica, posturale e gestuale nelle relazioni con gli altri esseri animati era inesistente o assai ridotta, la stessa distinzione tra animato e inanimato appariva incerta: questi bambini potevano essere indif-

ferenti ai genitori e agli interlocutori o viceversa ipersensibili a suoni, ai rumori, alle più piccole variazioni ambientali. Accanto all’isolamento, Kanner ritenne di individuare, come fenomeno fondamentale del quadro che stava descrivendo, il desiderio ossessivo di ripetitività e di immodificabilità. Essa, nel disturbo autistico, può assumere le forme più svariate, a seconda dell’età, dei livelli di intelligenza, delle propensioni e delle storie individuali. In molti casi, soprattutto in quelli associati a importante ritardo, si tratta di comportamenti ripetitivi semplici nei gesti, rituali elementari, in cui si fa via via più sfumato il confine con il grado minimo di intenzionalità rappresentato dalle stereotipie. In altri casi invece si tratta di creazione di routine di campi di interessi piuttosto elaborati, talvolta bizzarri e man mano che il livello cognitivo cresce, perfino sofisticati; in questi interessi il soggetto acquisisce sorprendenti competenze sempre coltivate con una pedanteria, una ricerca di ordine e chiusura, un bisogno di prevedibilità perseguite ossessivamente con intolleranza ad ogni ostacolo e anche indifferenza ad ogni aspetto pragmatico. Accanto a tali caratteristiche, a comporre il quadro eziologico della sindrome, Kanner nota un altro aspetto cui attribuisce

molta importanza: l’esistenza di “isolotti di capacità”. Questa tipica presenza di aree o sprazzi di competenze e d’intelligenza discontinua, disperse nella generale disabilità, è uno dei fattori che differenzia l’autismo dal ritardo mentale semplice, anche quando questo è presente. Tale caratteristica, assieme alla bellezza inusuale delle persone affette da autismo (nei quali mancano i tipici dimorfismi presenti nel ritardo mentale), sono fra le peculiarità che rendono questa condizione ancor più “misteriosa” e dotata di particolare fascino da parte dei ricercatori. Intorno agli anni ‘70 si cominciarono a sviluppare studi riguardo le competenze cognitive dei pazienti autistici. In quel periodo si definì il profilo cognitivo dell’autismo, con i tipici alti e bassi nelle prestazioni: peggiori nell’area comunicativo-linguistico-sociale, molto superiori nelle aree visuospaziali e di memoria visiva. In verità, a tutt’oggi, la questione del rapporto fra disabilità cognitiva e disabilità relazionale-sociale nell’autismo è tutt’altro che risolta: la ricerca si prolunga fino ai giorni nostri, con un intenso dibattito che coinvolge complesse questioni riguardanti i rapporti tra architettura cognitiva e sviluppo dell’intelligenza sociale nella mente umana e, in questo quadro, le radici della natura stessa della disabilità autistica.


L’autogestita: Oasiverde

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biologia e vegetarianesimo Una risposta alla lettera inviata lo scorso mese dalla lettrice T.F. Di seguito la risposta del nostro collaboratore A.F. all’articolo di T.F. pubblicato il mese scorso. Noi di Oasiverde non amiamo molto le etichette. Ci siamo imbattuti spesso in persone che, forti dell’aver messo in atto scelte di vita personali e lodevoli come quelle di smettere di mangiare carne, tuttavia si sentono in dovere di catalogare il mondo in base a questa loro scelta. Personalmente però credo che il problema del rapporto con l’animale tocchi temi ben più radicati e profondi che non è possibile risolvere con una scelta alimentare. Il pericolo vero è insito nel rifiuto da parte dell’uomo della diversità dell’animale, nell’esserci dimenticati che tutto ciò che noi oggi siamo diventati lo dobbiamo al nostro confronto con gli altri esseri viventi. Oggi ci siamo costruiti un mondo antropomorfo ove tutto è costruito su misura per l’uomo, invadendo la realtà che ci circonda e assegnandole valori e pregiudizi “umani”. Una cosa è smettere di mangiare animali, altra cosa è accettare la loro diversità e imparare a costruire con loro una relazione. Il male peggiore non è la deresponsabilizzazione verso ciò che abbiamo nel piatto, ma il fatto che non sappiamo accettare ciò che è diverso da noi. E gli animali sono diversi

da noi. Non peggiori, non migliori, ma diversi e nel perdere questa distinzione abbiamo perso la nostra stessa identità. La vita è fatta di scambio e l’uomo cerca al contrario di costruire isole (città) di separazione,uniformità, autosufficienza e la nostra stessa cultura è fondata sull’isolamento e sulle specializzazioni. Nell’uniformità non esiste dialogo ed è per questo che la natura ha trovato nella biodiversità la mossa giusta per l’equilibrio della vita. Occorre ricostruire questo dialogo, ridare dignità agli altri esseri viventi come nostri interlocutori. Ho smesso da tempo di mangiare carne e sostengo il vegetarianesimo, tuttavia non ho riscontrato tra i vegani una percentuale di persone meno legate a concetti antropocentrici e anzi spesso l’amore viene confuso con la proiezione sull’animale dei propri bisogni e questo non credo sia meno sbagliato. La differenza la gioca la capacità di instaurare un dialogo, il sacrificio dei propri pregiudizi, l’umiltà e la capacità empatica, tutte cose che si giocano nei rapporti e non solo nel piatto. Perciò prima di inveire verso chi mangia carne, impariamo a costruire una relazione con chi è diverso da noi, e tutto diverrà molto più “naturale”. Elena Tonnini

Gentile lettrice, Esiste un ordine naturale, se vogliamo chiamarlo così, per cui per esistere devi mangiare qualcun altro. Un erbivoro mangia innocenti piante, un carnivoro mangia innocenti erbivori, i decompositori si occupano di riciclare tutto quello che avanza e rimetterlo nel ciclo. Questo è quanto. Che diritto abbia una pecora di mangiare erbe in pieno rigoglio o l’aquila di mangiare la lepre, che diritto abbia qualunque essere vivente di esistere a scapito di altri esseri viventi è una domanda profonda, che ci siamo posti durante il nostro percorso di specie che indaga su se stessa e sul mondo. Siamo animali come gli altri, con una necessità vitale di nutrimento che è sempre stata basata su ogni cosa commestibile fosse a nostra disposizione. Dal primo comparire della nostra specie ci siamo nutriti di altri animali, oltre che di vegetali. Di certo allora non esisteva altra spinta che non fosse la sopravvivenza, non ci si poneva il problema se fosse o meno giusto uccidere altri viventi. L’uomo ha poi sviluppato un senso più profondo di sé, ragionando sulla sua esistenza e sulla morte, sviluppando un senso religioso della vita e della stessa Terra, ponendosi come intermediario tra Dio e natura “bruta” e interrogandosi sulla propria posizione in un mondo pieno di altre creature viventi.

Quasi tutte le religioni ci distaccano dagli animali, con i quali in ogni caso condividiamo la sorte e le necessità biologiche( nascita, vita, morte, malattia, paura e sazietà, cura e apprendimento…).Siamo o non siamo “sopra” la natura, come le religioni del mediterraneo ci inculcano fin da piccoli? O siamo parte del tutto, con lo stesso diritto di un lupo di mangiare altri animali perché questa è la normalità? Siamo andati oltre, la nostra ricerca ci ha spinti a provare un sentimento di “pietas” verso gli animali, in taluni casi anche verso i vegetali, e parte dell’umanità ha scelto di non uccidere più gli animali, di non nutrirsi più di animali. Molto prima che comparissero in occidente movimenti come i Vegani esisteva altrove un senso religioso allargato agli animali, una fratellanza che fa sentire l’uccidere un animale come l’uccidere un proprio simile. Le nobilissime scelte di parte della popolazione umana di non nutrirsi di carne, per motivazioni anche diverse, che vanno dall’evitare agli animali le sofferenze della vita in allevamento fino alla compassione che li fa sentire fratelli, sono appunto una scelta, che non può però spingersi a sostenere affermazioni sbagliate biologicamente. Quando si esce dall’ambito della scelta personale, motivata da una visione diversa, da una capacità di scelta superiore, si entra nel fideismo, ed il fideismo è pericoloso, foriero di


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battaglie al grido di “la verità è con noi”. E questo non va più bene. Riguardo alla necessità di eradicare le specie esotiche, dovrei fare una mini lezione di ecologia per spiegare perché una specie selezionata dalla natura per un dato ambiente non deve essere spostata dall’uomo in habitat diversi. Nessun animale o pianta ha un impatto zero sull’ambiente: un faggio elimina con la sua sola presenza una quantità di specie dal terreno sotto di sé, con la sua ombra e la qualità delle sue foglie secche. Le coccinelle che tutti amano divorano ogni afide che incontrano. Ogni specie tende a prendere ogni spazio e risorsa per la propria esistenza e spinta demografica, tuttavia esiste un equilibrio tra: 1- la sua capacità di usare del suo ambiente quello che le serve e 2- i competitori, i predatori, i meccanismi di feedback negativo che ne arrestano la crescita numerica e ne limitano l’impatto sulla altre specie. La pietà tipicamente umana non fa parte di questo equilibrio ove la morte falcidia tutti gli esseri viventi distinguendo coloro che sopravvivono da chi non ci riesce. Se le specie coevolute insieme da milioni di anni si trovano ad un tratto a coesistere con una specie nuova, con diversa ecologia, può succedere che non abbiano mezzi di difesa adeguati dalla naturale “violenza” della specie immessa. Ove nel suo habitat essa risultava essere una preda tradizionale di questo o quel predatore, con la nuova immissione può diventare (non per volere intenzionale, ma solo per come la natura l’ha costruita) un danno grave per le

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altre specie. Il meccanismo tra preda e predatore si è sviluppato in coevoluzione, nessuno dei due “contendenti” può avere la meglio, ad ogni vantaggio momentaneo di uno sull’altro corrisponde un feedback che riporta la situazione in equilibrio. Una specie che non sta dentro questo meccanismo diventa una tragedia. Se la povera nutria se ne stava dove è sempre stata, non si sarebbe creato il problema, da sola mai sarebbe arrivata in Europa; ora che l’uomo ce l’ha portata dobbiamo riparare al danno che questa specie fa a centinaia di altre, distruggendo ambienti di vita e divorando covate di uccelli. È un ragionamento laico, non fideista, se voglio davvero bene agli animali devo lasciare loro la possibilità di esistere: se una specie che io ho portato, ignorando le leggi naturali, lo impedisce, io devo riparare. La domanda su dove finisca il diritto dell’uomo di disporre della vita degli altri animali però deve essere onesta e rigorosa, altrimenti è una forma molto vicina al fanatismo irrazionale che ha radici non in un superiore senso etico ma in pulsioni molto personali che non hanno a che fare con la verità. La verità è che chi scrive sembra avercela molto di più con chi osteggia la caccia che con i cacciatori stessi, dimostrando ancora

una volta che si va ad individuare nel simile il peggiore nemico, ignorando i nemici veri. Chi mangia carne nella storia dell’umanità ha spessissimo conservato molto meglio la natura di chi si rifaceva a precetti e dogmi di altro tipo, basta pensare ai 75 milioni di bisonti esistenti in America prima dell’arrivo degli europei, bisonti che tutte le tribù indiane della pianura mangiavano. Quando siamo arrivati noi, col nostro carico di filosofia, di religione, di certezza di essere nel giusto, li abbiamo sterminati nell’arco di 50 anni. Gli ultimi 500 sono stati conservati dalla istituzione dello Yellowstone National Park. Chi li ammazzava per denaro o divertimento seguiva il regime penitenziale del venerdi, parlava diffusamente di pietà e di amore, mentre massacrava bisonti ed indiani, perché diversi dal mondo unico che aveva in mente. Quindi attenzione a fare affermazioni che esulino da una scelta, ammirevole, del tutto personale. Non si gioca sulla biologia, sulla storia dell’uomo che mangia quello che la natura gli ha permesso di mangiare (siamo indubbiamente onnivori e chi dice il contrario mente, e mentre si può sceglier cosa mangiare non si può sostenere una menzogna scientifica, i due piani sono diversi. Tutta la considerazione e l’ammirazione per chi sceglie di risparmiare vite,

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però mangiare carne uccidendo animali è cosa che rientra nella ecologia di questo pianeta e nella nostra). Io so con certezza che è molto più dannoso per gli animali il comportamento predatorio dell’uomo su tutto il pianeta. Costa molto più alla vita degli animali consumare 200 litri procapite di acqua al giorno, produrre 600 kg annui di rifiuti procapite, produrre tonnellate di CO2 per scaldare case dove stare in t-shirt, andare in auto sventrando il loro territorio, andare in aereo scaricando in atmosfera inquinanti di ogni tipo e consumando immense quantità di combustibili fossili, pretendere resort ed alberghi in ogni luogo naturale per andarci in vacanza, pretendere piste da sci sempre più lunghe, pretendere di mangiare frutta fuori stagione che percorre decine di miglia di km consumando incredibili quantità di energia e petrolio, divorare il territorio con la continua proliferazione di case, impianti industriali, parcheggi… A confronto di questo mangiare un pollo è un sollievo, per la natura. Fare una scelta a favore degli animali significa anche pensare cosa costa a loro ed al loro ambiente di esistenza, il nostro stile di vita. Poi si può discutere su tutto, su quanto costi allevare animali in batteria, di quanti cereali si debba nutrire una mucca di allevamento per diventare la nostra bistecca… dati, numeri, cifre e fatti, ed anche possibilità di scegliere stili di vita più rispettosi e meno impattanti. Discutiamo di questo. Ma tra il cacciatore italiano che spara unicamente per divertirsi e chi mangia anche carne per nutrirsi, chi è il vero nemico della natura?

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la casta Ovvero gli intoccabili di San Marino di Matteo Zeppa È sempre difficile riuscire a dare una definizione di Casta. Solitamente la si associa a un gruppo sociale che a suo modo è una gerarchia di tipo chiuso. Con questo breve articolo e il suo allegato (di cui a pagina 16 c’è la prima parte) cercherò di rendere evidente l’attinenza di tale termine con la Terra di Marino, usufruendo a piene mani di dati reperibili ed usufruibili da tutti e per tutti su internet (sito del Consiglio Grande e Generale, Libertas.sm, sito degli Interni). Piccola ma importante postilla: per quel che riguarda la dichiarazione dei redditi e partecipazioni societarie pre-elezioni del 2008, i valori riportano fedelmente le linee tracciate dal sito di Libertas.sm (che ringrazio per il gran lavoro). Ovviamente a due anni di distanza le cose potrebbero essere cambiate, ma per non ledere la privacy mi limito a citare ciò che è ad oggi verificabile. La tabella esplica in maniera ineluttabile cosa sia una Casta e come essa si sia attecchita, radicata e consolidata negli ultimi decenni a San Marino. Ma andiamo per gradi. L’attuale Consiglio formato da 60 persone, in carica dal 2008 ha una composizione di “lavo-

ratori prestati alla Repubblica ed alla Politica” così composto (fonte sito del Consiglio): 1 agente immobiliare - 2 avvocati - 1 capogruppo di partito – 11 dipendenti PA - 13 dipendenti privati - 3 dirigenti PA - 2 imprenditori - 18 liberi professionisti - 3 medici - 1 non lavoratore - 3 pensionati - 1 ragioniere - 1 studente. Ciò che balza subito all’occhio sono i 18 liberi professionisti, che incidono per il 30% sulla composizione dello stesso. Se a essi sommiamo coloro che si potrebbero annoverare fra i simil-professionisti, arriviamo a una percentuale pulita del 43,3%. Non si vuole mettere alla berlina il sistema democratico o chi è stato votato “liberamente”, si tratta solo di una mera analisi di quali categorie compongono il nostro Parlamento. Oggi, nel momento in cui si parla di estrema rappresentatività della classe politica, i numeri – estremamente chiari - smentiscono di fatto ciò. Circa la metà del CGG presta “servizio pubblico” attuando un distacco per 4/5 volte al mese (non contando poi le varie commissioni e sottocommissioni) nel ruolo di Consigliere essendo legato ad una professionalità estremamente autoreferenziale e quasi antitetica. E qui tutti i fiumi di parole sul possibile conflitto d’interesse le lasciamo perdere, non basterebbero le colonne del giornale, ma bisogna domandarsi: operai, casalinghe, la stragrande maggioranza della forza lavoro si sente REALMENTE rappresentata? Non voglio dire che non ci debbano essere i professionisti sopra citati, anzi sarebbe anche deleteria una loro assenza, ma quella percentuale è troppo alta per non pensar male; a

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pensar male si fa peccato, ma quasi sempre si indovina... In ogni democrazia dovrebbero esserci rappresentanti di tutti i ceti sociali quali latori di un’uniformità di vedute a 360 gradi. Tanto meglio in una piccola Repubblica come la nostra! Paradossalmente sarebbe da prendere in esame una “professionalizzazione” dell’attività politica nazionale, dando a essa “oneri e onori” che in questo momento latitano e che creano commistioni fra il bene pubblico e quello privato. La reale colpa non è però della Casta, che è una conseguenza di un gioco al massacro. La reale colpa è dell’elettore principe, che in maniera autonoma si reca a votare. E’ lui che ha il libero arbitrio ed è sempre lui che va nella cabina elettorale con la sua coscienza e nulla più, anche se poi i sistemi perpetrati dalla Casta tracimano, rendendo piuttosto farlocche certe manifestazioni di voto. Passando all’analisi dei redditi dichiarati (utilizzando sempre i dati forniti dal portale di Libertas.sm) e facendone una media (ipotizzando che possano essere realistici..anche se di dubbi ve ne sono) risulta che mediamente un consigliere dichiarò nel 2008 poco meno di €45.000. Ebbene, un impiegato di terzo livello con 14 mensilità dichiara (oggi al lordo) circa €22.400. Unendo tale dato a quello sopra della “rappresentanza”, vacilla ancor maggiormente tale concettualità. Vi sono davvero tanti Consiglieri mattacchioni che dichiarano veramente poco, grazie anche al sistema che la Casta si è costruita negli anni attorno a sé, rendendo iniquo il termine equità.


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Tra gli altri, fa davvero sorridere (per non dire peggio) il dato dichiarato da un Segretario di Stato, quasi a livello di sussistenza e nella possibilità realistica di richiesta di assegno integrativo dello Stato (sempre che esso sia vero). Nel 2008, 13 Consiglieri dichiararono meno della cifra presa quale esempio (quella dell’impiegato) pari al 21,6%, 19 di essi sotto i 30mila euro, pari al 31,6%. Va altresì detto che fra essi vi sono dipendenti pubblici, per cui il dato dovrebbe essere esatto, anche se in uno di essi non c’è riscontro su Libertas.sm. Analizzando invece i redditi degli attuali Segretari di Stato, quelli che balzano immediatamente agli occhi sono quelli del “mattacchione” sopra e quello di Antonella Mularoni, la prima per somme dichiarate nell’alveo delle 70 persone. Certo è che vi sono dei redditi dichiarati assolutamente ridicoli, conoscendo le persone che siedono su quegli scranni e sapendo che cosa svolgono a San Marino. Passiamo ad altro. Nelle pre-elezioni del 2008, venne richiesto oltre alla Dichiarazione dei Redditi dei candidati anche le quote partecipative nelle società che TUTTI essi avevano. Bene, sempre dal portale Libertas.sm è possibile visionarle ed ovviamente quelle riportate nella tabella sono relative ai soli Consiglieri e ai Segretari. Prendendo in esame le quote partecipative dichiarate nel 2008, (evitando commenti su chi dichiarò quote in 12 società, denunciando introiti poco più dell’impiegato di terzo livello...) modificando il parametro di paragone e passando in tal modo dai 60 consiglieri unendo i 10 Segretari di Stato, quindi un carniere di

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70 persone, ebbene il 47,14% dichiarò una quota partecipativa in una banca! Le stesse banche che oggi soffrono per una mancanza di liquidità fuoriuscita per varie vicissitudini in questo ultimo anno, hanno “interessi” altolocati. La San Marino “terra di finanziarie e di Istituti di Credito” trova alfin il suo compimento. La domanda anche questa volta sorge spontanea: siamo certi che tale intreccio fra Politica e Finanza, in un Paese piccolo come il nostro, possa essere talmente giustificato e per di più sotto gli occhi di tutti e a portata di clic? Ci si lamenta che Tizio o Caio siano da anni seduti in quei posti, quando basterebbe DOCUMENTARSI prima di fare i servili in sede di voto! Come detto inizialmente, La Casta ha avuto modo di attecchire e di radicarsi perché qualcuno lo ha permesso, ossia NOI ELETTORI. Ho parlato di anni di permanenza non a caso. Analizziamo meglio il parametro che evince ancor di più ciò che si intende per Casta, ossia la presenza in Consiglio, analizzando la data di prima ascesa alla Legislatura, una sorta di sedimentazione al potere. 13 su 70 sono in Consiglio dagli anni 1974/1983, più specificatamente: Galassi (1974); De Biagi, Gatti Gabriele, Terenzi (1978); Colombini (anche se non continuativamente), Menicucci, Stolfi, Morri, Podeschi (1983); Andreoli, Riccardi, Casali, Valentini (1988). Ossia il 18,57% dei 70 che governano San Marino ha un minimo di seduta sulle sedie del Potere di 28 anni! È evidente che se la discriminante la passiamo a tutti coloro che sono stati eletti dalle elezioni del 1993, il dato aumenta a 20 su 70, ossia il 28,57%!! Della generazione del ‘93 (quasi maggiorenni al potere) fanno parte: Macina, Michelotti, Mularoni, Rattini, Venturini, Ciavatta, Mularoni. Dunque la Casta persiste da anni in posti di Potere; ora bisognerebbe valutare ed analizzare con estrema serenità perché essa si sia sviluppata e sedimentata negli anni; non esistono alternative ad essa? I giovani eletti sono la sua normale continuazione? Cercando in tal modo di svecchiare l’età media, risultando in tal modo utilizzati quali meri specchietti per le allodole, oppure non hanno le armi democratiche per opporsi a questo potere? La Casta nasce in primis in un sistema Democratico grazie al Cittadino che non valuta attentamente l’enorme potere del voto elettivo. Ci si vende per un pieno di benzina (quando va bene) o per uno sblocco di un terreno piuttosto che per un posto di lavoro garantito. Tutto il mondo è paese certo, ma in una realtà piccola come la nostra, tutto ciò si evidenzia all’ennesima potenza. La Casta prolifera in tutti i substrati statali, capace di creare figli & figliastri in ogni ufficio e sezione. E’ capace di

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nascondere sotto le ideologie politiche (?), interessi personali o di famiglia che nulla hanno a che vedere con il sistema STATO. La Casta boccia inesorabilmente tutto ciò che potrebbe scalfire i suoi privilegi evidenti, negando il dialogo con i cittadini attraverso i sistemi di Democrazia Diretta come le istanze d’arengo, che potrebbero imporre uno stop al radicamento del potere oligarchico. Tutto ciò che possa limitarne il potere, chiunque provi a rendere evidenti certe brutture è preso a male parole dalla Casta, e indicato quale sobillatore o facinoroso. E’ evidente che si instauri un sistema di autodifesa in essa. Quello che Roberto Saviano definisce “la macchina del fango” è reale. Attraverso comunicati a volte davvero deliranti, essa mostra i muscoli al popolo, dimenticando che è proprio il popolo a delegare loro il diritto di poterlo fare o meno. La bellezza e il paradosso di San Marino è che alcuni degli appartenenti alla Casta li puoi benissimo incontrare al bar, oppure intenti a fare la spesa… e ti guardano negli occhi sapendo benissimo di irriderti, stringendo mani, dando pacche sulle spalle, offrendo caffè. Questi sono atteggiamenti tipici dell’attecchimento al potere. Bisogna essere capaci di leggere certi atteggiamenti con occhi critici e distaccati. Bisogna essere in grado di ritrovare la dignità di voltare loro le spalle quando chiedono il “piccolo favore” in cambio, e bisogna in primis NON CHIEDERLO quel favore. Siamo capaci di poterlo fare? Io penso di sì. Viviamo in un periodo straordinariamente critico, dove i nodi tornano al pettine. Certe chiusure mentali della Casta sono chiare. È ora di non essere più Don Chisciotte che combatte (ahimè) senza nulla poter fare contro il mulino a vento. E’ il tempo della riscoperta della dignità, altrimenti la Casta raggiungerà un altro scopo: l’omertà di pensiero. P.S. Prossimi passi futuri: studio sul radicamento dei membri della Casta nelle varie Commissioni... Una buona vita a tutti.

MININEWS! La Regione Lombardia dice addio alla carta Dal primo gennaio atti e provvedimenti dell’amministrazione lombarda non sono più stampati ma tenuti in formato digitale. Si risparmieranno così circa 300 quintali di carta all’anno, l’informatizzazione dovrebbe poi portare a una maggiore rapidità e sicurezza nella gestione dei documenti.


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Dal 2004 contro i mulini a vento!

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due conti in tasca

A corredo dell’articolo di Matteo Zeppa, ecco la tabella con i primi 35 consiglieri sammarinesi. La sigla PSM sta per “Patto per San Marino”. I prossimi 25 consiglieri (R&L starà per “Riforme e libertà”), e i 10 segretari di stato, saranno pubblicati nel prossimo numero

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Dichiaraz. Redditi Elezioni 2008 (libertas. sm)

Cognome (sito del consiglio)

Gruppo consiliare (sito del consiglio)

Professione (sito del consiglio)

AMICI

PDCS

LIB.PROF.

PSM

€ 29.067,11

BARTOLETTI BATTISTINI

AUTONOMO PDCS LISTA DELLE LIBERTA’ LISTA DELLE LIBERTA’

NON LAVORA MEDICO

PSM PSM

€ 8.998,65 €71.525,31

LIB.PROF.

PSM

€ 154.513,59

LIB.PROF.

PSM

€ 98.755,20

CECCOLI

PDCS

PENSIONATO

PSM

€ 43.420,04

CENCI

LISTA DELLE LIBERTA’

LIB.PROF.

PSM

€42.360,41

CONTI FIORINI

PDCS AP

DIRIGENTE PA LIB.PROF.

PSM PSM

€ 60.276,54 € 15.970,75

GALASSI

PDCS

LIB.PROF.

PSM

€ 74.170,92

GATTI G.

PDCS

LIB.PROF.

PSM

€42.077,61

GATTI M.

PDCS

LIB.PROF.

PSM

€28.932,40

Coaliz.

Partecipazioni (libertas.sm)

MELONI

AP

DIRIGENTE PA

PSM

€42.696,92

MENICUCCI

EPS

DIP.PUBBLICO

PSM

€ 36.468,41

MINA MUCCIOLI

PDCS PDCS

DIP.PUBBLICO MEDICO

PSM PSM

€ 40.476,15 € 86.546,20

MUSSONI

PDCS

AVVOCATO

PSM

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San Marino Laterizi Immobiliari Srl- Edil Costruzioni Spa Giorgetti Spa- Sociale sa- Market Srl Banca di San Marino- Banca Agricola Commerciale Banca di San Marino- Banca Agricola Commerciale Banca di San marino- Banca Agricola Commerciale Panoramic sa- Sice Srl- R.C. Consulting Srl- Account Srl- Stacchini Project SrlBanca Agricola Commerciale Istituto Medicina del Benessere Srl- IMB Gestione Srl- The Joker SrlInternational Fly Boat Service- ARS Medica Benessere Srl- Banca di San Marino- Banca Agricola Commerciale Auxilia Srl Erreci Srl- LM Group Srl- Teaminaction Srl- Auxilia Srl- Montini Spa- E-Vox SpaKea sa- San Crispino Immobiliare Srl Banca Agricola Commerciale- Cassa di Risparmio di Rimini Spa Centro Commerciale San Marino saDigital Business Srl- Insurance Service Srl- Banca di San Marino Banca di San Marino- Banca Agricola Commerciale Sail & Fly Sp- Callaway Service SrlBMS Srl- WTC San Marino Srl

PSM

€ 35.693,48

Istituto Investimenti Immobiliare Srl

PSM

€ 54.521,13

PENSIONATO

PSM

€35.526,06

LIB.PROF.

PSM

€25.000,00

Banca di San Marino- Banca Agricola Commerciale Banca di San Marino- Banca Agricola Commerciale Banca di San Marino CSA sa

BERTI G.N BERTI M.L.

GIORGETTI

AP

DIP.PRIV.

PSM

€ 20.029,19

LONFERNINI T. MARCHETTI

PDCS PDCS

IMPRENDITORE DIP.PUBBLICO

PSM PSM

€ 18.223,53 €53.540,71

MAZZA

PDCS

AVVOCATO

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€68.419,86

AGENTE IMMOBILIARE RAGIONIERE

OTTAVIANI

PDCS

PALMIERI RIGHI

AP LISTA DELLE LIBERTA’ PDCS

S.E. UGOLINI

PDCS

DIP.PRIV.

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€59.943,41

S.E. ZAFFERANI SANSOVINI SCARANO SELVA A SELVA N TAMAGNINI TERENZI VENTURINI A. VENTURINI L

AP UMS PDCS AP EPS PDCS PDCS UMS AP

DIP.PRIV. PENSIONATO STUDENTE LIB.PROF. DIP.PRIV. DIP.PUBBLICO IMPRENDITORE LIB.PROF. MEDICO

PSM PSM PSM PSM PSM PSM PSM PSM PSM

€ 0,00 €30.202,90 € 0,00 € 82.675,10 € 39.985,56 € 18.539,76 € 180.152,44 € 23.003,48 € 2.582,50

RATTINI

Coplas Srl

Prima Legislatura (sito del consiglio) 9 novembre 2008 4 giugno 2006 9 novembre 2008 9 novembre 2008 10 giugno 2001 9 novembre 2008 9 novembre 2008 4 giugno 2006 9 novembre 2008 8 settembre 1974 28 maggio 1978 4 giugno 2006 4 giugno 2006 9 novembre 2008 9 novembre 2008 9 novembre 2008 9 novembre 2008 29 maggio 1983 4 giugno 2006 10 giugno 2001 10 giugno 2001 4 giugno 2006 9 novembre 2008 30 maggio 1993 9 novembre 2008 31 maggio 1998 4 giugno 2006 10 giugno 2001 9 novembre 2008 4 giugno 2006 4 giugno 2006 9 novembre 2008 28 maggio 1978 9 novembre 2008 10 giugno 2001


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