Vittoria al referendum del 27 marzo: tutti sul carro dei vincitori? Vecchi politici diventano difensori della patria... ma chi ci crede? Né opposizioni, né governo: ha vinto il popolo contro le vecchie volpi della politica, di una parte e dell’altra!
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aprile 2011
L’altra informazione a san marino
numero 41
Sì Il Don Chisciotte
Il Don Chisciotte
Attualità
numero 41, aprile 2011
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L’editoriale
Sommario di questo numero Rubriche LA PRIVATIZZAZIONE DEL MONDO + lost in translation L’Ippogrifo di Angelica Bezziccari
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Gabriele gatti capo del personale p.a.?
l’insostenibile pesantezza dei gas
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Una vergogna che grida vendetta
Signore e signori, sua maestà l’economia
G.A.S. di Stefano Palagiano
Carl gustav jung e i simboli dell’inconscio Appunti di psicologia di Davide Tagliasacchi
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L’autogestita L’effetto serra si abbatte sull’oasiverde Pagina autogestita da Oasiverde
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Articoli fukushima è lontana... ...da San Marino?
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di Riccardo Balestrieri lo spettro nucleare
Quando è vicino il nostro destino ambientale, economico...
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di Marco Canarezza
Centro commerciale parlamento
L’odierno trasformismo parlamentare alla luce della vigente...
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di Pietro Masiello
movimento sottomarino Svegliamoci dal letargo!
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di Alessandro Paoloni che fare quando il volontariato viene ostacolato? di Roberto Ciavatta
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transition talk a san marino
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Immaginando un futuro condiviso... senza petrolio
di Associazione Don Chisciotte Riattivare i centri storici
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di Riccardo Castelli L’AFORISMA DEL MESE
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La storia ci parla ma noi non ascoltiamo
Assemblea dei soci! è convocata per giovedì 28 aprile l’assemblea annuale dei soci dell’Associazione Don Chisciotte con il seguente O.d.g.: 1. Relazione del presidente 2. Approvazione bilancio consuntivo 2010 3. Approvazione del bilancio preventivo 2011 (depositato alla Consulta delle Associazioni in data 11/02/2011) 4. Conto corrente aperto presso Banca di San Marino. Presentazione della deliberazione del Consiglio direttivo riguardo gli aventi potere di firma 5. Presa di posizione relativa alla richiesta dei dati anagrafici dei simpatizzanti da parte del Tribunale di San Marino 6. Prossime iniziative 7. Varie ed eventuali L’Assemblea, pubblicata ad valvas presso il tribunale della Rep. di San Marino, è convocata per le ore 21.00 in Via Zanone 3 a Fiorentino (RSM). Se avete questioni o consigli da sottoporre al consiglio direttivo, oppure se volete diventare attivisti dell’Associazione, è l’occasione per farlo.
Difficile a credersi, ma pare che Gabriele Gatti sarà il nuovo capo del personale (cdp) della Pubblica Amministrazione (PA) sammarinese. Il precedente cdp, Elisa Serra, ricopriva quel ruolo in deroga alla legge (che per il cdp prevede contratti triennali rinnovabili solo una volta, per un totale di 6 anni) da 3 anni, godendo anche di un omaggio ulteriore all’11° livello retributivo + indennità dirigenziale: un’altra indennità di funzione di €1.290 mensili pensionabile e non liquidabile. La sua 2° indennità, da sola, è un miraggio per un neoimpiegato. Dunque, posto molto ambìto quello di cdp: vi pare che con queste premesse si possa ricoprirlo in base al merito? Alle capacità? Nossignore: ci si accede, come per ogni ruolo dirigenziale PA, per nomina politica; in questo caso con delibera del Congresso di Stato! Gabriele Gatti, l’ex Segretario di Stato dimessosi per la registrazione audio fatta dal defunto Mario Fantini di Carisp, in cui
il Gatti invitava - così pare - lo stesso Fantini a depositare delle somme in Lussemburgo per risolvere il caso Delta, dirigerà dunque i dipendenti statali. Pare che il ruolo gli venga affidato per garantirgli una pensione d’oro, come fosse normale che chi governa -anche male, a mio avviso, che lo considero uno dei maggiori responsabili della perdita di credibilità del paese a livello internazionaledebba ricevere un regalo finale prima di congedarsi (finalmente) dal palcoscenico. Come se da quel ruolo non si possa influenzare l’esito elettorale in maniera determinante! Mi chiedo: Noi Sammarinesi, che alle scorse elezioni si dicevano “alternativi” ai dinosauri politici, e Alleanza Popolare, che si era alleata con la DC a patto di non dare ruoli a Gatti... che fanno? Stanno al gioco, si allineano e permettono un’altra vergogna per il paese. Loro, la vera delusione delle elezioni del 2008, i perdenti veri. Roberto Ciavatta
finanziaci senza spendere niente col tuo 3‰! I progetti culturali che proponiamo costano. Perché continuino ad essere incisivi, favorendo risvolti positivi per l’economia legata al turismo culturale in repubblica, è indispensabile che le nostre attività rimangano indipendenti. Le istituzioni del paese sono poco sensibili alla cultura, serve dunque che ci sosteniate sempre più numerosi voi liberi cittadini, invitando anche
i vostri conoscenti a destinarci il 3 per mille sulla dichiarazione dei redditi. A voi non costa nulla (il 3 per mille viene decurtato in ogni caso): decidere a chi destinarlo è l’unica forma di libertà che potete realizzare, invece per noi risulta quasi l’unica forma di finanziamento. Ditelo a chi vi compila la dichiarazione, e ricordatevi di firmare sotto all’indicazione “Associazione Don Chisciotte” quale beneficiario del 3‰.
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Sì
Vittoria al referendum del 27 marzo: tutti sul carro dei vincitori? Vecchi politici diventano difensori della patria... ma chi ci crede? Né opposizioni, né governo: ha vinto il popolo contro le vecchie volpi della politica, di una parte e dell’altra! di Roberto Ciavatta Il 27 marzo verrà ricordato per lungo tempo come data in cui il popolo ha battuto la politica. Vicino alla data dell’Arengo del 1906; un altro risveglio! Di questo si tratta: non di una bocciatura dell’operato di questo governo, ma dell’operato di tutta la politica e delle pseudoassociazioni interessate e serve dei servi che auspicano la devastazione del territorio (discariche, aeroporti, snodi autostradali, cementificazione, in nome di qualche baggianata in ritardo coi tempi e col bisogno di trasparenza e tutela dei beni primari che il 2010 ha inaugurato). Per questo motivo sono risibili le dichiarazioni di vittoria di chi da decenni si affretta a porsi al fianco dei vincitori, quando vincono, per distaccarsene quando perdono. Il referendum è stato vinto dalle associazioni
ambientaliste (Micologica, Apas, Oasiverde e il Comitato per la Tutela dell’Ambiente, della Fauna e della Salute del Cittadino), e da due movimenti extraparlamentari, formati da persone immuni dalle pluridecennali colpe della politica: Sottomarino e San Marino dei Valori. Hanno vinto i giovani, noi, quelli che non ne possono più di una politica gerontocratica ed iniqua, degli accordi sottobanco che favoriscono qualche profittatore politicizzato lasciandoci nella merda. Hanno vinto i social network e internet, i giovani galvanizzati dalle “onde” italiane ed europee, dalla voglia di cambiamento proveniente dal nordafrica che si respira nell’aria. Fuori i burocrati, vogliamo pesare e contare sulle scelte che ci riguardano, vogliamo punire chi sbaglia (si veda a fianco l’articolo su Gatti)!
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È risibile il PSRS, con a capo Paride Andreoli, al quale in un articolo rivolsi la curiosità, mai sopita, di conoscere come e con che soldi abbia costruito una villa greca in quel di Cailungo, e Germano De Biagi, immobiliarista da più di vent’anni in Commissione Urbanistica, lì a dare concessioni -ad altri e a sédi permessi per devastare il territorio rimasto che ora il suo movimento dovrebbe voler tutelare. È risibile il PSD, che un giorno sì e l’altro pure fa l’occhietto alla DC per sostenerla nella sua azione di governo in cambio di qualche poltrona, rigenerando lo spettro del “governo straordinario”, foriero dei maggiori danni dell’ultimo decennio, e con al suo interno tale Fiorenzo Stolfi, indagato per il “caso lotti” (per quanto poi scagionato da ogni accusa). Anche loro per un giorno difensori del territorio. E che dire di EPS e DdC, il cui numero di migrazioni e scissioni dalla mamma DC è oramai incalcolabile? E SU, oramai all’angolo, con entrambi gli alleati volati in altri lidi, segue la protesta per convinzione o per cercare di riciclarsi in qualche modo? Non parliamo poi della maggioranza, arrogante quanto stupida nel non respirare il cambiamento che è nell’aria cercando di soffocarlo nel suo accentramento di potere, indecente per tutti, ancor più deludente per gli ex celoduristi di AP. Perché un dato di fatto c’è: il popolo, soprattutto giovane, quello che molti politici considerano una minaccia, non ne può più di queste sigle partitiche sempre nuove le cui facce sono sempre le stesse ma ogni volta più shifose (tanto per citare Gaber)! Non ne può più del servilismo
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al ribasso di quelli che tempo fa chiamai “burattini”. Ora serve qualcosa di veramente nuovo, qualcosa che rimanga orgogliosamente e decisamente al di fuori da logiche clientelari o compromessi al ribasso con qualsiasi cialtrone responsabile dei danni del paese, un movimento che dia voce a quella che -con i mezzi e le modalità di un paese democratico- equivale alla nostra rivolta nordafricana! E qualcosa di veramente nuovo potrebbe esserci. Si chiama SottoMarino, un movimento che mi auguro possa diventare ufficialmente una forza strutturata contro il vecchiume in cui marciamo. Poco mi riesce, forse nulla, per dare una mano a questo movimento, ma di una cosa sono certo: i suoi componenti sono campioni di attivismo! Se nuovo verrà, lo porteranno loro! Sottomarino ha un programma rivoluzionario, che si può leggere su www. s8marino.org. Già quello, soprattutto la prima parte sulla trasparenza, sarebbe sufficiente per scardinare un sistema omertoso, clientelare, corrotto come il nostro. Auguri a questo paese, che non ha ancora perso la speranza di rialzarsi e farla pagare ai colpevoli. Con un solo sì la quasi totalità dei sammarinesi ha bocciato un quarto di secolo di errori dei propri padri. Ora sta a noi. Si facciano da parte o si preparino, perché prima o poi, volenti o nolenti, quando il sentimento di liberazione di un popolo continua ad essere ostacolato ed impedito da un potere sempre più centralizzato e saccente, un colpo di pistola arriva. E arriverà anche da noi, c’è da starne certi, se in tanti non faranno uno, due cento passi indietro.
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Dal mondo
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Foto satellitare dei reattori in fiamme
fukushima è lontana... ... da San Marino? di Riccardo Balestrieri L’11 marzo un terremoto ha raggiunto il 9° Richter nell’epicentro, a poco più di 100 km dalla costa sull’Oceano Pacifico del Giappone settentrionale: è uno dei più potenti sismi mai registrati. Dieci minuti dopo, uno tsunami ha colpito la stessa regione, penetrando in profondità nelle pianure alluvionali lungo la costa. È stato il maremoto a causare la maggior parte dei morti: il numero continua a salire mano a mano che il paese si riorganizza e si estendono i soccorsi. L’orgoglio, la dignità e le capacità del popolo giapponese sono proverbiali. È stato dimostrato anche in questa occasione: gli edifici contemporanei, costruiti con tecnologie d’avanguardia sulla base di rigorose norme antisismiche, hanno per lo più resistito; le strade sprofondate e spezzate sono state in gran parte già ripristinate! Il Giappone, però, è stato messo in ginocchio da una terza emergenza, ancora in atto. Nella regione colpita sono operativi undici impianti nucleari, i cui reattori si sono “spenti” automaticamente all’inizio del sisma. Hanno subìto danni vari i reattori di almeno quattro centrali: Fukushima 1, Fukushima 2, Onagawa, Tokai. L’attenzione si è poi concentrata sulla prima, a causa di incidenti sempre più gravi ai sei reattori presenti. Un nuovo studio commissionato da Greenpeace Germania al Dr. Helmut Hirsch, esperto di sicurezza nucleare, rivela che l’incidente di Fukushima ha già rilasciato un tale livello
Bimbo di Fukushima sottoposto ai controlli per la radioattività di radioattività da essere classificato di livello 7, secondo l’International Nuclear Event Scale (INES) [fonte: www.greenpeace.org]. La situazione, purtroppo, è in evoluzione e i contorni del disastro non possono essere circoscritti. Le conseguenze sono sorprendenti. I cittadini che hanno perso tutto per il terremoto e lo tsunami sono stati ancora più prostrati dal rischio nucleare. Le informazioni sono diramate
dalla TEPCo, la compagnia elettrica che gestisce Fukushima 1, in modo discontinuo, per lo più minimizzando e dovendo poi smentire i propri comunicati; e non mancano neppure gli errori per eccesso! Il governo ha dichiarato di non essere informato adeguatamente e il premier ha scaricato, a più riprese, la responsabilità della gestione dell’emergenza su TEPCo e sui costruttori dei reattori, Toshiba e Hitachi. L’evacuazione della popola-
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deve la previsione dell’arrivo della nube radioattiva sul resto del mondo. Le conseguenze sull’economia giapponese e mondiale dovrebbero essere rilevanti: sulla produzione agricola e industriale nelle aree coinvolte; sulla pesca, per la contaminazione già rilevata in mare; sulle maggiori compagnie di assicurazioni mondiali, coinvolte per la copertura dei danni di sisma e maremoto; sui disinvestimenti giapponesi necessari a recuperare le risorse per la ricostruzione del paese; sull’industria nucleare, quanto meno per i costi connessi a più rigorosi standard di sicurezza. A parte le conseguenze sull’economia mondiale, San Marino corre rischi per l’emergenza nucleare? Tenendo conto che la densità degli isotopi radioattivi diminuisce, ovviamente, con l’aumentare della distanza da Fukushima. Chi rientra dal Giappone può essere contaminato, ma le dosi ricevute non dovrebbero essere tali da causare danni a breve termine. È probabile che il consumo di cibi provenienti dal Giappone sia assai limitato e che possa essere evitato sino alla fine dell’emergenza. Molti prodotti consumati a San Marino provengono dal Giappone e buona parte delle merci vendute a San Marino proviene dalla Cina. I prodotti e, ancor più, gli imballaggi dovrebbero essere contaminati da isotopi radioattivi. Il fall-out sul nostro stesso territorio è inevitabile. A questo bisogna aggiungere che la centrale di Chernobyl continua a inquinare falde acquifere e ambiente circostante: il costo di un nuovo enorme sarcofago, in acciaio e materie plastiche, per contenere almeno i rilasci in atmosfera supera il miliardo di dollari.
zione è in ritardo per la sottostima della gravità dell’evento, ma i Giapponesi hanno agito da soli, anche al di fuori della zona colpita: gli uomini rimangono al lavoro, ma trasferiscono la famiglia, se possono, nel sud del paese. La TEPCo non riesce a raffreddare e mettere in sicurezza i reattori e sembra certa la fusione di uno o più noccioli, con la dispersione nell’ambiente degli stessi isotopi radioattivi rilasciati da Chernobyl. La TEPCo, tra gli altri tentativi, ha
rilasciato dal nucleo dei reattori vapore d’acqua altamente radioattivo per ridurre il rischio di esplosioni (poi comunque verificatesi), limitandosi ad aspettare che il vento soffiasse verso il mare. Ricercatori francesi del CMRS hanno immediatamente avvertito sui rischi della circolazione atmosferica a quote appena più elevate e non ha quindi stupito la contaminazione delle risorse idriche di Tokyo, che dista più di 230 km da Fukushima; agli stessi ricercatori di Tolosa si
San Marino può affidarsi a Unione Europea e Italia per i controlli sulle importazioni? Sembra opportuno che anche San Marino contribuisca a misurare la radioattività su merci importate e ambiente e condivida i dati sul web. È possibile che l’ISS sia in grado di farlo o che possa attrezzarsi o che possa chiedere la collaborazione dei fisici sanitari dell’Università di Bologna. Acquisire conoscenze sull’argomento è comunque un’opportunità da cogliere, anche in una crisi come l’attuale.
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Ambiente
lo spettro nucleare Quando è vicino il nostro destino ambientale, economico, nucleare e spirituale di Marco Canarezza
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Incredibilmente l’attuale comunità scientifica, politica ed economica internazionale, riesce quasi a distrarci e a fare finta di nulla di fronte alla catastrofe giapponese. Sconcerta il fatto che dopo il terremoto, seguito da uno tsunami e poi da una contaminazione atomica che farà sicuramente molte vittime, l’attenzione dei media e di noi ebeti cittadini occidentali si concentri sulla crisi della borsa e sull’ineluttabilità della corsa all’energia nucleare per tutelare la crescita. Sarà perché i giapponesi per propria cultura sono un popolo che non si lamenta, che non fa pena e che accetta tutte o quasi tutte le avversità con contegno; ma non si capisce perché il maledetto affare nucleare sia
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sfacciatamente ritenuto ineluttabile. C’è un tale disgustoso blaterare dei governi europei a proposito dell’incidente nucleare nipponico, che viene da chiedersi come sia possibile che noi cittadini riusciamo quasi ad accettare le loro argomentazioni senza scomporci. Già, perché se i terremoti e gli tsunami sono fatti naturali e veramente inesorabili, il nucleare non lo è affatto: il pericolo nucleare è evitabile proprio perché è un’invenzione umana. È talmente chiaro che il fabbisogno di energia sia un fatto commerciale, che anche le surreali e farraginose rassicurazioni di quasi tutti gli scienziati e governanti occidentali e nipponici, ci sembrano tutto sommato verità. Come sia possibile per una persona normalmente intelligente, ritenere accettabili – per non dire sicure – le centrali nucleari, sfugge alla mia personale capacità di intendere. Credo che l’errore di fondo stia nella delega, nell’incapacità di prendersi la propria responsabilità personale, nella fiducia cieca in questo disgustoso medioevo tecnocratico che sta avviluppando il nostro pianeta. Siamo stati abituati a credere che delegando il potere a qualcuno avremo fatto più che abbastanza, tanto sono i politici che devono lavorare per noi. Si tratta invece dell’atteggiamento di Pilato: è un lavarsene le mani, è un lasciare decidere agli altri, quando in realtà non abbiamo voglia di nessuna responsabilità. Mi fanno schifo le affermazioni dei meteorologi che mostrano il Giappone sovrastato da una nube radioattiva, mentre ci rincuorano dicendo che non è un’altra Chernobyl per il fatto che la nube infernale non può arrivare in Europa, si esaurirà prima. Mi fa vomitare questo genere di tranquillizzazione e mi fa vomitare che di fronte ad un fatto certissimo – ovvero che le centrali nucleari esplodono malgrado tutto – il ministro italiano dell’ambiente declama l’intenzione di tirare dritto con il programma di nuclearizzazione del territorio. Grande è anche la delusione per il signor Obama, colui che definirei il Grande Bluff: presidente affabulatore in campagna elettorale, ma in grado di rimangiarsi tutto quello che aveva promesso, boccone dopo boccone. Il messaggio è chiaro, se l’America non abbandona la colonna portante della
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sua economia energetica, siccome tutti gli altri paesi alleati sono in sudditanza psicologica, nessuno farà retromarcia. Neppure l’evidenza del disastro smonta la determinazione aberrante dei nostri governanti. Crediamo davvero nelle loro terribili favole? Crediamo davvero nelle loro velenose ricette economiche? Oppure, semplicemente non siamo migliori di loro, perché se fossimo seduti dove loro sono commetteremmo gli stessi delitti? Deludente la razza umana, davvero deludente. Dopo secoli e secoli di stupro delle risorse planetarie, puntualmente a discapito di pacifiche popolazioni sterminate sul posto, ora che il sottosuolo è stato scavato, il mare depredato e il cielo e le acque inquinate, ci si butta a spargere lo spettro invisibile e mortale del nucleare. Nella migliore delle ipotesi - ovvero che la scientificamente dimostrata possibilità di esplosione delle centrali atomiche non avvenga - il ciclo di vita di una centrale produrrà tonnellate di sostanze radioattive. Questi rifiuti non si possono trasferire nell’ambiente naturale come un rifiuto qualsiasi, perché sono
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mortali per ogni forma di vita. Quindi si dovranno aspettare dai 1000 ai 15000 anni affinché tali sostanze decadano naturalmente. I nostri figli ringrazieranno per questo stupendo dono, frutto dell’esigenza economica e dell’avidità pornografica dell’attuale generazione. Già, perché tutta questa energia non serve, non serve proprio. O meglio, serve a chi la produce, per creare fatturato e produrre la necessità di produrre ancora, in un ciclo interminabile. Non starò a dilungarmi nella lista di possibili tecnologie più leggere, meno inquinanti, ma che sia chiaro: QUELLA DEL NUCLEARE E’ UNA GRANDIOSA, FOLLE, STUPIDA BUGIA. A questo punto viene da chiedersi cosa serve realmente all’uomo e alla sua felicità, e sfido chiunque ad affermare che questa malefica idea dell’energia da fusione nucleare sia utile allo scopo. Qualcuno avrà sentito parlare di Nikola Tesla, un genio gettato nel discredito – com’è d’uso quando non si hanno argomentazioni - i cui brevetti sono tutt’ora dentro i nostri principali dispositivi elettrici. Be’, l’avversario di Tesla era
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un certo Thomas Edison, sì quello delle lampadine, e a Edison non andava a genio che l’energia che serve all’uomo si possa ricavare autonomamente e a basso costo, senza cioè un monopolio che produce e distribuisce energia a pagamento. Il pericolo, come sempre, è il terrore da parte dei nostri malsani amministratori che si materializzi una società libera e felice. Buon lavoro dittatori della Terra, ma ricordate, prima o dopo perderete quello che avete rubato, lo perderete assieme alle vostre misere e marce coscienze; e non è una idiota minaccia questa ultima frase, ma la sintesi della Legge Naturale, molto più antica e molto più alta della stupida arroganza.
La scienza non è nient’altro che una perversione se non ha come suo fine ultimo il miglioramento delle condizioni dell’umanità Nikola Tesla
L’autogestita: Oasiverde
l’effetto serra si abbatte sull’oasiverde Questo mese lanciamo un appello di aiuto. Oasiverde è un’Associazione No Profit che ha quale scopo principale la salvaguardia di una delle poche aree verdi rimaste a San Marino, laddove la speculazione edilizia non è ancora arrivata. Vogliamo lasciare un piccolo pezzo di verde “selvaggio” da far conoscere, per creare una cultura fatta di quei valori che muovono dalla curiosità verso ciò che è diverso dall’umano, di un modo di vivere fatto di conoscenza e rispetto per tutte le altre forme di vita, favorendo un approccio di tipo relazionale con gli animali domestici e ribaltando quegli abituali riferimenti dell’
“animale da” che presuppongono una produzione o una performance escludendone soggettività e specificità. In realtà il progetto presuppone anche importanti svolte sociali e si muove soprattutto sul fronte dell’integrazione, per unire in un luogo pieno di energia bambini e anziani, esperti (biologi, naturalisti, botanici) e amatori, ma anche toccando vari settori del disagio sociale e della disabilità attraverso progetti specifici in cui le sensazioni e gli stimoli naturali la facciano da padrone. Parti del progetto sono: protezione di un bosco ricco di biodiversità; una fattoria zoo antropologica con pos-
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sibilità di approcciare asini e altri animali spesso recuperati dai macelli; una zona rurale con arboreto di frutti antichi e serra didattica per attività con bambini e persone diversamente abili. Tutto questo parte da un gruppo di ragazzi volontari che ce la stanno mettendo tutta per realizzare questa realtà, che in cinque anni di duro lavoro e ingenti investimenti privati, dopo tante lotte, successi e delusioni sorrideva al 2011 come l’anno dell’inizio di quelle attività con i bambini e i disabili che si trovano tra gli obiettivi principali dell’Associazione. Tutte attività da svolgere all’interno di una serra didattica di ultima costruzione, inserita in un contesto agreste che crea un percorso definito assieme all’arboreto degli antichi frutti e il giardino delle piante aromatiche. Della serra fa parte un ulteriore progetto che vede la sistemazione sul suo tetto di un impianto fotovoltaico ad isola per rendere l’intera area autonoma a livello energetico.
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MA TUTTO QUESTO CROLLA CON L’ULTIMA NEVICATA DI META’ MARZO. Ecco come appare oggi Oasiverde: alberi caduti, recinzioni distrutte dal fiume statale di cui da tre anni chiediamo il ripristino degli argini completamente smottati, con il ponte crollato e i recinti franati. Soprattutto, la serra è distrutta, e con essa la possibilità di ospitare scuole e progetti didattici e terapeutici. Il 2011 si è trasformato in un anno pieno di lavoro per ripristinare i danni e ci vede impossibilitati in ulteriori investimenti, già prosciugati per la realizzazione della serra stessa. Ora come mai ci troviamo soli, con tante richieste di visita da parte di scuole, famiglie ed enti che fino all’anno scorso sono state guidate nell’area in maniera del tutto gratuita, ma per ora da nessuna delle istituzioni sammarinesi c’è un reale interesse concreto per terminare la realizzazione del progetto. Oltretutto, essendo San Marino un paese extracomunitario, il nostro progetto non dispone
SCAMBI DI AIUTO
La serra crollata per effetto della neve
Viste le già numerose richieste di visita all’area e la nuova situazione di emergenza nella quale ci troviamo, Oasiverde ha deciso di lanciare una proposta a chi intende venirci a trovare per godere dei benefici della primavera: il mercoledì pomeriggio e parte del week-end, previo avviso telefonico, i ragazzi dell’Oasi metteranno un’ora del proprio tempo a disposizione per una guida nell’area per corrispondere al tempo dell’ospite in aiuto a risistemare la stessa. Perciò chi intende offrirsi per questo scambio può contattare Elena: 335 5719652
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questione irrisolta del mese Perché dopo un’istanza d’Arengo accolta, una Delibera ed uno stanziamento avanzati già da due anni, la strada che porta all’Oasiverde non è stata ancora sistemata? Dove sono finiti i fondi stanziati? Mah…
Particolare del tetto della serra crollato di quei contributi europei destinati a progetti simili perciò dobbiamo cavarcela da soli. Senza parlare del fatto che il gestore della ditta che ha montato la serra se ne lava le mani e si disinteressa completamente dell’accaduto, rifiutandosi persino di venire a constatare i danni. Tuttavia non possiamo credere che questo progetto si blocchi, ed è per questo che ora chiediamo aiuto, ma aiuto non per noi. Per chi avesse dubbi, ogni nostro volontario ha un proprio lavoro privato lontano dall’Oasi e non trova benefici economici in questo progetto, e anzi se vogliamo solo guardare al lato economico qui per noi si parla di debiti e non di profitto. Il nostro profitto è la soddisfazione e la gioia di lasciare un’ impronta positiva per il futuro, è far capire che a
San Marino non ci sono solo evasori fiscali e speculazioni di dubbia origine, ma c’è anche chi prova a dare agli altri col proprio sudore la possibilità di entrare in contatto con realtà genuine come la terra. Il vero aiuto è per gli animali selvatici che hanno bisogno che questo spazio non venga invaso dal cemento, è per le rare varietà di piante che si trovano al suo interno che hanno bisogno di equilibrio per compiere il loro ciclo vitale, è per i simpatici animali ospiti della fattoria, che hanno trovato nell’Oasi una nuova fiducia nel rapporto con l’uomo, nella speranza di poterne in futuro ospitare altri. L’aiuto è anche per la famiglia stanca di portare i figli a passeggio nei centri commerciali, è per gli anziani che hanno tanto da trasmettere sugli strumenti di lavoro
e sul rapporto con gli animali e la natura, è per i tutori di persone in disagio psico-fisico che cercano nuovi contesti stimolanti, è per il bisogno che le nuove generazioni hanno di relazionarsi con animali veri e non attraverso le immagini distorte di schermi interattivi, è per una caccia che sia soltanto fotografica basata sul rispetto della vita, è per chi vuole conoscere e approcciare uno stile di vita che sia in sintonia con le esigenze altrui, è in realtà per tutti. Quello che chiediamo è un aiuto per continuare un progetto che è concreto, non è dall’altra parte del mondo ma è tangibile, accessibile a tutti. L’intenzione è spargere la voce, raccogliere fondi per risanare i danni di un inverno troppo lungo attraverso una serata-evento. Questa
attivita’ convenzionate
associazione oasiverde Sede legale: Strada Genghe di Atto, 122/b 47892 - Acquaviva (Rep. San Marino) Telefono: 335.7340580 Fax: 0549.944242 mail: info@oasiverdersm.org web: www.oasiverdersm.org IBAN: SM 22X03 26209 80000 00003 04885 COE: SM21783
serata si terrà a fine aprile, nell’occasione della quale ci sarà una raccolta fondi che possa aiutarci a risistemare la serra, con la partecipazione della magia del suono del grande percussionista Michele La Paglia. Per chi vuole fare una donazione: IBAN SM 22X03 26209 80000 00003 04885 Chi volesse contattarci o ricevere a breve maggiori info sull’evento lo faccia alla mail: info@oasiverdersm.org o tramite il sito www.oasiverdersm. org (qui sono disponibili altre foto della serra crollata). Un grazie di cuore a tutti coloro che abitualmente ci aiutano e trasmettendoci il proprio entusiasmo ci sostengono, in particolare anche all’Associazione DNA di Rimini che ci aiuta nella divulgazione della questione serra.
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Lo spettacolo indecente che si è visto e si vede ancora nel Parlamento Italiano induce a riflettere sul pessimo stato di salute della democrazia del paese. Mi riferisco al triste show offerto dai parlamentari, che in vista di futuri o presenti ritorni hanno offerto il loro appoggio al traballante governo Berlusconi. Tralasciamo le motivazioni più o meno farneticanti o fantasiose fornite da questi transfughi contemporanei, alcuni dei quali in un eccesso di patriottismo filogovernativo si sono autonominati “responsabili”. Data la loro sensibilità al “moneysuasion”1 fatta dalla coalizione di centrodestra, sarebbe più corretto definire questo gruppo i “disponibili”, in attesa del prossimo rimpasto di governo che premierà con poltrone prestigiose la loro abnegazione a sostegno del Cavaliere. Ci sono state indiscrezioni secondo cui ai deputati Scilipoti e Razzi (entrambi ex IDV) è stato pagato il mutuo per il loro cambio di casacca. In merito a ciò un deputato del PDL, Giorgio Stracquadanio, ha sostenuto: “Non credo assolutamente sia accaduto,ma anche si fosse pagato loro il mutuo non sarebbe un reato”. E’ utile ricordare che nel grande viavai di parlamentari comprati e venduti qualcuno di questi “onorevoli” ha cambiato gruppo parlamentare per tre o quattro volte. E’ chiaro quindi che i voltagabbana voteranno a comando tutte le proposte più pericolose, indecenti e scandalose che siano state poste al voto nelle aule parlamentari. Qualcuno dirà “nulla di nuovo sotto il cielo”. In effetti, già nel 1835 il filosofo e storico francese Alexis De Tocqueville2 così descriveva l’aula dei rappresentanti: “Quando voi entrate nell’aula dei rappresentanti a Washington restate colpiti dall’aspetto volgare di questa grande assemblea, invano vi cercate un uomo celebre. Quasi tutti i suoi membri sono oscuri personaggi. Si tratta di avvocati di provincia, di commercianti, o anche di uomini appartenenti alle infime classi […] si resta assai stupiti nel vedere a quali mani sia affidato il potere pubblico”. Storicamente in Italia il fenomeno del trasformismo non è nuovo: ha illustri precedenti già a partire dal governo Depretis del 1882. Occorre fare alcuni distinguo: il fatto che un partito di opposizione dia il suo apporto alla compagine di maggioranza, rinegoziando i punti del programma e occupando poltrone governative, rientra nella fisiologia del funzionamento delle democrazie parlamentari. Altro discorso è il reclutamento quasi “ad personam” di onorevoli per ingrossare le file
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della maggioranza. Non ci si deve tuttavia troppo stupire di questo stato di cose, vista l’attuale legge elettorale in vigore definita “porcata” dal suo stesso ideatore il ministro leghista Calderoli, legge voluta da Silvio Berlusconi e approvata a pochi mesi dalle elezioni politiche con i voti della maggioranza parlamentare della Casa delle Libertà, Alleanza Nazionale, Unione dei Democratici Cristiani, Lega Nord, senza il consenso dell’opposizione (Italia dei Valori, Democratici di Sinistra, Margherita, Rifondazione Comunista). Questa legge di fatto ha consegnato ai partiti il potere di designare i candidati, favorendo la caccia ai portatori di voti – tessere, tanto che perfino il candido Di Pietro non ha prestato molta attenzione al pedigree dei candidati del suo partito. Pertanto possiamo dire di trovarci davanti a un problema strutturale del sistema dei partiti. Sarebbe ragionevole attendersi da un parlamentare che passa ad un altro schieramento (senza
stare a sindacare i motivi) le dimissioni dalla sua carica, ma è evidente che a questi politici dell’etica e degli elettori non importa niente, conta solo la poltrona. Lo spettacolo dei grandi acquisti al centro commerciale della politica non fa altro che aumentare la distanza tra cittadini e Palazzo, finendo con alimentare quello che Luca Ricolfi3 definisce “Il partito del disincanto”, ossia quegli elettori che coscientemente decidono di non votare, partito senza rappresentanti nelle aule parlamentari che raggruppa circa il 30 % dei votanti. A conclusione, mi sovvengono le parole profetiche del poeta Giosuè Carducci: “Trasformismo, brutta parola a cosa più brutta. Trasformarsi da sinistri a destri senza però diventare destri e non però rimanendo sinistri”. ______________
NOTE 1 M.Giannini, “Uno scandalo della democrazia” da La Repubblica, 18.02.2011 2 A.De Tocqueville, 1835, “La democrazia in America” 3 L.Ricolfi, “Le illusioni italiche”, pag. 142 – 143 ed. Mondadori
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L’AFORISMA DEL MESE «Oggi, finalmente, l’organizzazione industriale, i suoi venerati principi di standardizzazione, sono rimessi in discussione dalle fondamenta. Resta fermo solo il modo di considerare le organizzazioni da parte dei conservatori e degli ignoranti. Perché l’ordine attuale non sia minato alle sue fondamenta si dirà alla gente che il lavoro rischia di mancare... che il mostro della disoccupazione incalza, invece di spiegarle come e perché avremo sempre più tempo libero. Si tenterà di aizzare i lavoratori ad azzuffarsi tra loro per i rari posti di lavoro residui invece di spingerli a lottare insieme per un’altra razionalità economica. Allo stato attuale tutto lascia supporre che il coraggio di accettare e pianificare la liberazione dal lavoro si troverà soltanto dopo che la totale sconfitta di questi sforzi sarà diventata evidente per tutti e avrà costretto gli emarginati a reazioni violente. La possibilità di rifornire l’umanità dei beni e dei servizi che le sono necessari, impiegando una minima quantità di lavoro umano, comporta l’esigenza di progettare una ridistribuzione del lavoro, della ricchezza, del sapere e del potere. Occorreranno forme nuove di Welfare per soddisfare i bisogni di chi non lavora in senso tradizionale e forme nuove di gratificazione per soddisfare i bisogni di chi lavora.»
Domenico De Masi, “Il futuro del lavoro”
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L’Ippogrifo
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la privatizzazione del mondo Padroni, predatori e mercenari del mercato globale di Angelica Bezziccari Internet è un grande mezzo che ci ha permesso di ampliare la nostra conoscenza, evitando di farci soggiogare dalle moine della tv e dei principali mass media. È accaduto però che, in questi ultimi anni, la mole di informazioni sia costantemente aumentata, e anche i cosiddetti siti di informazione alternativa sono cresciuti. Come fare a districarsi in questo mare magnum? Come sapere se quello che ci viene detto su internet è vero o falso? Spesso, capita che quello che leggiamo sul web lo prendiamo per vero al 100%, anche se si tratta solo dell’opinione di un blogger, e se c’è un video di youtube (l’inganno ottico è il più facile da attuare ) si passa dal semplice credere alla fede pura. L’ultima news “alternativa” che arriva dal web è che a causare il terremoto in Giappone siano stati gli USA. Posto che i dati, le prove sono praticamente nulli, resta da capire come mai gli USA debbano avere interesse a causare un terremoto che per poco non ha provocato danni fino alla California, nonché anche alla stessa economia USA, ovviamente collegata a quella nipponica. Detto ciò, ci sono persone che scrivono di interessi occulti e
magheggi finanziari da molto prima che si parlasse di New World Order. Tra questi, troviamo un’autorevole fonte in Jean Ziegler, autore di “La privatizzazione del mondo”, saggio pubblicato per la prima volta nel 2002. Ziegler , insegnante di sociologia, è stato membro del parlamento svizzero ed è relatore speciale all’ONU per il diritto all’alimentazione. Ha scritto numerosi saggi in cui ha criticato la politica e il sistema finanziario del suo paese. È un insider, insomma, uno che è riuscito a svelare certi meccanismi perché li ha conosciuti. Ziegler ci parla di poche persone che vogliono il mondo tutto per loro. Vecchia storia no? Dalla fine del XV secolo, nelle loro colonie d’oltremare, i signori del mondo hanno praticato un sistematico saccheggio che è alla base dell’accumulazione primaria di capitale dei paesi europei. Ziegler ci spiega come oggi l’ordine mondiale del capitale finanziario non può funzionare senza l’attiva complicità e la corruzione dei governi in carica. Gli spunti che fornisce il libro sono molti: già allora c’era chi, come il brillante ministro Pierre Moscovici, lanciava moniti riguardo
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l’Unione Europea (“l’Europa può diventare una potenza democratica, pacifica [ ] ma può anche regredire verso una zona priva di regole e legittimità, sottomessa al dominio del governo americano”). A contare veramente è un gruppo di poche imprese nordamericane, europee o giapponesi che domina il commercio mondiale. I mercenari del WTO si occupano dei flussi commerciali, quelli della banca mondiale e del FMI dei flussi finanziari. Le conseguenze di tutto ciò sono disastri ecologici, carestie, erosione dei diritti fondamentali dell’uomo, cioè quello che abbiamo sotto gli occhi ma che non vogliamo vedere, distratti dalle tragedie di serie A, rispetto a quelle di serie B. Ricordiamo ad esempio come nessuno Stato occidentale sia “umanamente” intervenuto a fermare il genocidio di circa un milione di persone avvenuto in Ruanda. La storia del genocidio ruandese è la storia dell’indifferenza dell’Occidente di fronte ad eventi percepiti come distanti dai propri interessi, come in tanti altri casi di cui ci siamo scordati. Niente interesse economico = niente interesse mediatico. Alla luce di questo attualissimo saggio, non c’è bisogno di tante speculazioni filosofiche per capire cosa sta succedendo in Libia, o perché anche in una micro realtà come San Marino si vuole far sì che sia sempre un manipolo più ristretto di persone a gestire la terra. “I predatori stanno oggi distruggendo il pianeta”. Tuttavia, Ziegler non si dimentica di chi cerca di costruire una nuova società civile planetaria, e ce lo ricorda nell’ultimo capitolo del libro, con tante storie di persone che ancora oggi si oppongono ai signori del mondo, senza retoriche e ideologie alle spalle.
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lost in translation Siamo a Tokyo. Città ricca razionale ordinata tecnologica e precisa. Almeno apparentemente. Avvolti in questo mondo nipponico ci sono Bob e Charlotte. Chi è Bob? Il ritratto dell’infelicità e del vuoto. O, se vogliamo, di un’apparente felicità. Bob ha tutto, ma in realtà non ha niente. I soldi non fanno la felicità, non è un modo di dire. In questo vuoto, in questa città, trova un altro “vuoto”, Charlotte. Così persa e senza strada e senza motivi per vivere. Il marito, le amiche, non vedono, sono ciechi. Solo Bob vede e capisce. Bob e Charlotte si vedono. E finalmente si trovano, e
si parlano, e vivono, e la vita non sembra più così brutta e banale e senza senso. Quello che c’è tra Bob e Charlotte è difficile da definire. Amore o amicizia? O qualcosa di ancora diverso? Con questo film la regista Sofia Coppola ci mostra l’inutilità di qualsiasi definizione che cerca di voler inquadrare un sentimento, un trasporto verso un’altra persona. Ci sta dicendo “ehi tu che cerchi la felicità in un matrimonio, in un viaggio, nel denaro… non funziona così”, e ce lo dice con una delicata ironia che pervade tutto il film, assieme a una colonna sonora che si adatta
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perfettamente ad ogni scena. Accade che incontri una persona che forse dovevi incontrare, e tramite l’incontro con questa persona tu stai incontrando te stesso, ma non lo sai. Anche in una città divorata dall’urbanizzazione insensata, in realtà da qualche parte si nasconde la vita vera, o meglio l’autenticità. Così come per vedere il vero Giappone Charlotte deve uscire dalla città, dalle sale giochi, dai video pubblicitari, e andare in mezzo alla natura e ai templi, così ognuno di noi deve uscire da sé stesso prima, per scoprire il vero Sé. Uscire da sé stessi significa liberarsi dai ruoli che interpretiamo. Così Bob non è solo un attore
Scarlett Johansson e Bill Murray in una scena del film
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cinquantenne con un matrimonio noioso. Charlotte ha da poco finito l’università e non sa bene cosa fare della sua vita, forse perché ha capito il giochetto del ruolo, perché lo vede in Bob, che lo recita molto male, controvoglia. In quella terra dove senza un biglietto da visita non sei nessuno, paradossalmente puoi per contrasto riuscire a capire tutto ciò che va oltre il preconfezionato, razionale, il falso Io. Bob e Charlotte si trovano. Si trovano e si amano, in un modo del tutto particolare che non comprende nessuno degli stereotipi che l’industria cinematografica occidentale ha appiccicato al concetto di amore.
Se dimenticate che i frutti sono di tutti e che la terra non è di nessuno, voi siete perduti J. J. Rousseau
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Società civile Ancorché mediato dalla multiformità delle esperienze, l’anelito verso l’affermazione di una progettualità condivisa ed efficace contraddistingue i gas, che sembrano riuscire a percepirsi come una forza capace di muovere, contare, pesare. Ebbene sì, i gas hanno un peso: quantificarlo è operazione ardua e semplice al tempo stesso. Con ogni evidenza, viviamo una fase in cui la diffusione dei gruppi di acquisto solidale, capillare e strutturata, dimostra la praticabilità e la desiderabilità di un modello di netta contrapposizione rispetto a quello cui siamo abituati. Paradossalmente, la praticabilità ha per certi versi perfino preceduto la riflessione sulla desiderabilità di cambiare, creando un elemento potenzialmente critico e gettando una luce ambigua sulle reali motivazioni che spingono taluni ad accostarsi all’esperienza dei gas. Di conseguenza, burocratizzazioni e formalizzazioni eccessive hanno finito per creare più problemi di quanti non fossero in grado di risolvere. In un modello che si caratterizza, al contrario, per vitalità e una sana dose di utopia, questi elementi finiscono con il diventare estranei. L’impronta (sostenibile) che i gas sono capaci di lasciare sui territori, in un’ottica tipicamente locale, è significativa. È un’impronta prima di tutto di tipo economico, ma attenzione: il paradigma che impone l’economia come metro di ogni cosa rappresenta al contempo risorsa e limite per l’agire dei gas. In qualche modo, una condizione necessaria ma non sufficiente. Il mezzo dell’acquisto costituisce la modalità di cui ci si serve per offrire davvero la possibilità di parlare d’altro. E’ qui che si consuma la frattura tra l’economia orientata solo al profitto e l’economia solidale, tesa alla salvaguardia
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l’insostenibile pesantezza dei gas Signore e signori... sua maestà l’economia di Stefano Palagiano dell’uomo e dell’ambiente, alla protezione e alla trasmissione dei saperi e dei beni comuni, alla creazione di una coscienza e di una cultura critica. L’idea comune dell’economia, arida e numerica, acritica e lontana, imposta e non vissuta, subita e non guidata, fine a se stessa, è completamente ribaltata dalle proposte del consumo critico e dell’economia solidale, dagli attori di questa economia altra che deve porsi l’obiettivo non di un appiattimento collaborazionista ma di un cambiamento radicale. Nella più classica delle manovre, l’economia tradizionale ha dapprima guardato con curiosità e interesse, poi con suffi-
cienza, quindi con malcelata ostilità al fenomeno. Nel volgere degli ultimi tempi, valutate le possibilità e il peso del movimento dei gas (desiderabilità e praticabilità del cambiamento, vasto seguito, capacità di mobilitare persone e consensi, di agire con buone capacità di coordinamento, possibilità di spostare quote di denaro non trascurabili), numerosi sono stati i tentativi di avvicinamento da parte di soggetti economici e politici tradizionali. Il minimo comune denominatore tra questi è il punto dei punti, irrinunciabile: quello della crescita, dello sviluppo, del Pil, dei consumi. È su questo terreno che si
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confronteranno sempre più le diverse posizioni. I tentativi dell’economia e della politica sembrano al momento più che altro tesi a osservare e studiare il fenomeno dell’economia solidale, e per quanto questo sia per certi versi apprezzabile e finanche lusinghiero è difficile stabilire quale sia lo spirito e il fine di queste osservazioni. Alcuni risultati non paiono incoraggianti: l’economia tradizionale fa battaglie di retroguardia, intese a non perdere quote di mercato e fasce di consumatori, in un contesto in cui il sacrificio anche di un solo consumatore è un prezzo intollerabile. In quest’ottica vanno visti il green washing e l’ossessione verde, caratterizzate dalla consueta, cieca obbedienza alla logica spietata degli utili. Da questo punto di vista, siamo in presenza di due modelli talmente diversi ed alternativi che, con tutta evidenza, non esiste possibilità di convivenza: chi opera in un’ottica tradizionale tenta di ricomporre una frattura insanabile riportando a più miti consigli i consumatori mentre chi consuma criticamente aspira a (ri)diventare sempre più persona e sempre meno consumatore. A tale gesto d’insubordinazione non va naturalmente concessa pietà. Realtà inconciliabili e conflittuali sono unite solo dalla volontà di estendere universalmente il proprio modello, l’una se necessario anche con la forza e spesso di fatto manu militari, l’altra con la lenta ma inesorabile forza della cultura e della persuasione, del piccolo e del lento, di un’organizzazione efficace e di una utopia che diventa realtà. La corsa del modello sviluppista e consumista ha un finale segnato e tragico: ma si può ancora fare molto, in particolare unendo le forze di tutte le esperienze alternative, per ridurre il danno e tornare finalmente a occuparci del futuro.
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movimento sottomarino Svegliamoci dal letargo! di Alessandro Paoloni Siamo finalmente tornati alla primavera, anche se come sempre si dimostra instabile nei suoi primi giorni, e il disgelo dalle ultime nevicate ci mostra il risveglio di una natura che vuole tornare al suo splendore. Personalmente, essendo amante del caldo, non vedo l’ora che la temperatura si faccia più mite per farmi una bella passeggiata all’aria aperta, in mezzo alla natura... Già, ma la natura rischia grosso, per colpa nostra. Siamo reduci dalle pessime notizie provenienti dal Giappone, che necessita di aiuti non solo di facciata, e in casa nostra ci siamo dovuti rimboccare le maniche e andare al referendum per l’abrogazione di una legge che stupidamente (ma dovrei dire furbescamente) vuole favorire ulteriori svendite dei terreni pubblici e speculazioni ai danni della vivibilità. Anche in Italia sono prossimi due referendum su nucleare e privatizzazione delle reti idriche. Cos’è successo? Le persone che sono state votate
in rappresentanza della volontà popolare non sono più capaci di ascoltare la voce dei cittadini? Pare proprio di no, anzi pare che non siano neanche più capaci di esercitare il buon senso e il principio di precauzione. Hanno costretto la popolazione a recarsi alle urne con uno sperpero di denaro che si poteva evitare, da un lato perché non è il periodo per le spese inutili (e che spese...), dall’altro perché con una migliore pianificazione o con una maggiore coscienza non si sarebbe dovuti arrivare alla tornata referendaria. Mentre oltre confine è importante che la gente si esprima contro il nucleare e la privatizzazione dell’acqua, a San Marino abbiamo visto quanto sia stato difficile coinvolgere la popolazione sul tema dell’alienazione dei terreni. La cosa che mi ha lasciato perplesso, ma non stupito, non è stata tanto il far capire quale era il proposito del quesito referendario, quanto l’inerzia di mol-
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ti cittadini ad interessarsi alla tutela del proprio territorio. Mi sono chiesto per quale motivo a tante persone pare non importi del luogo in cui vivono: non escono mai per fare due passi? Se sì, non si sono mai rese conto di quanto poco verde attrezzato ci sia? Molte volte la spiegazione è che terreni pubblici identificati come aree a servizi sono stati occupati da palazzine di appartamenti o di uffici, mezze vuote e sicuramente meno godibili di un parco. Il governo ha cambiato la precedente legge che prevedeva la vendita dei terreni pubblici con un voto di almeno 40 Consiglieri, portando il “quorum” a 30 voti favorevoli: a questo punto al Paese è rimasto di dover raddrizzare la decisione arrivando ad un quorum di quasi undicimila votanti. La sproporzione è evidente, ma nel Palazzo sempre più lontano dai cittadini qualcuno fa spallucce e forse si frega le mani per aver dimostrato che è possibile minare fortemente la stabilità del sistema paese, anche se sinceramente non c’era bisogno di un’ulteriore dimostrazione. Non si può sempre arrivare al referendum per cercare di mettere una pezza agli squarci provocati da questi soggetti (uso un termine neutro, ma leggeteci pure qualcosa di più forte), perciò occorre fare come la natura: svegliamo-
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ci dal letargo, apriamo gli occhi e facciamo maggiore attenzione a quello che ci accade attorno, prima che si debba correre ai ripari rischiando di non farcela. La questione del nucleare ci offre un esempio inquietante ma significativo. Il movimento SottoMarino (non a propulsione atomica) cerca di tenersi informato e di rendere note le problematiche che nascono a San Marino: nel nostro vademecum l’aspetto della tutela ambientale ricopre un ruolo importante, perché riteniamo sia giusto poter vivere al meglio il nostro territorio, per noi e per le prossime generazioni. Ci sono persone che si sono impegnate nel tentativo di portare avanti programmi di formazione e cultura dell’ambiente: l’associazione Oasiverde ad esempio ha cercato di avvicinare i bambini alla natura e di favorire il recupero sociale con programmi mirati, ma ora sono in difficoltà perché hanno problemi economici e scarso appoggio da parte delle istituzioni, a cui pare che le finalità dell’associazione non interessino. Concludo quindi invitando tutti voi lettori a fare sentire la vostra voce e ad impegnarvi a collaborare con coloro che vogliono impedire che questo Stato venga compromesso nel suo essere e nelle sue tradizioni. www.s8marino.org
L’intervista
che fare Quando il volontariato viene ostacolato? L’intervista rilasciata dal nostro presidente al quotidiano “l’Informazione”, in cui stigmatizza le indecenti politiche di controllo centralizzato sulle associazioni sammarinesi, auspicando una levata di scudi Intervista di David Oddone a Roberto Ciavatta
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Roberto Ciavatta, ci ha contattati chiedendoci di dare risalto ad una difficile situazione che incontrano le associazioni senza scopo di lucro di San Marino. Lei presiede l’Associazione Don Chisciotte, che organizza l’Altrementi Festival, pubblica una rivista mensile e organizza cineforum, feste, seminari ecc. Di che problema si tratta? Con la legge 127 del luglio scorso le Associazioni di San Marino sono equiparate ad una qualsiasi società. Questo comporta una serie di difficoltà gestionali, aggravate ultimamente da richieste pervenute dal Tribunale che scavalcano addirittura gli obblighi di legge! Qual è il motivo di questa parificazione di trattamento di Associazioni e Società? Il motivo è la trasparenza delle attività e dei flussi finanziari, e fin qui nulla da eccepire. Ma il legislatore ha dimenticato di fare le dovute distinzioni, preferendo sbrigativamente mettere tutti nello stesso calderone. Senza pensare che questo potrebbe causare la chiusura di molte associazioni “povere”. In che senso? Glielo dico prendendo ad es. la mia associazione, che è un’associazione povera. La normativa italiana stabilisce che le associazioni che mobilitano flussi di danaro inferiori ad una certa somma (mi pare attorno ai 200.000 euro l’anno) non devono tenere i conti come una società, per es., finanziaria! La Don Chisciotte, che non mobilita nemmeno un ottavo della cifra suddetta, deve invece ottemperare ad ogni pratica burocratica. Per dirla con un amico “dobbiamo gestire una multinazionale con il budget di un clochard!”.
La raccomandata inviata dal tribunale
Ma non crede che la trasparenza sia un concetto importante che anche le associazioni dovrebbero rispettare? Certo che sì, e per quanto ci riguarda siamo da sempre molto più trasparenti di tante attività che conosco! Però si deve distinguere tra trasparenza ed intromissione ingiustificata nella privacy. Essere sottoposti a controlli contabili sull’uso e la provenienza dei finanziamenti è sacrosanto, il problema non è questo. Le confido la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Entro dicembre 2010 ogni associazione ha dovuto comunicare al tribunale l’elenco dei nominativi dei propri iscritti. Trasparenza o
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intromissione, schedatura? Ricordiamo che spesso le associazioni divulgano anche posizioni civiche, che possono contrastare con i comportamenti di chi governa, essendo la società civile un arbitro dell’operato dei vari governi! Ma questo è ancora nulla. C’è di più? La Don Chisciotte ha molti iscritti: quasi 900! L’alto numero d’iscritti è favorito dalla gratuità dell’iscrizione, dalla libertà di effettuarla ovunque, anche su facebook, e dalla consegna gratuita a domicilio del nostro mensile ad ogni simpatizzante. Noi consideriamo la gratuità uno dei nostri punti qualificanti, cercando di mantenerci con piccole donazioni volontarie, con le nostre attività e piccoli spazi pubblicitari sulla rivista. Qualche giorno fa a me come a tanti altri presidenti d’associazioni è stata recapitata una raccomandata dal Tribunale in cui si esorta di integrare (in modo perentorio entro 15 giorni) l’elenco dei nominativi degli iscritti con codice ISS, data e luogo di nascita; pena una multa di 2000 euro (che per l’80% delle associazioni sammarinesi equivale allo scioglimento)! Lei come ha reagito? Cosa intende fare? Mi sono andato a leggere la legge 129 e ho riscontrato molte incongruenze: quanto richiesto non è previsto dalla legge! è sicuro di quanto afferma? Certo! Ho parlato telefonicamente con il cancelliere, che me lo ha confermato. La legge stabilisce che ogni associazione debba comunicare annualmente i nominativi dei propri iscritti. Non parla assolutamente di dati anagrafici ecc. Il cancelliere mi ha comunicato che i superiori le hanno detto di inviare questa missiva in quanto «evidentemente il legislatore con “nominativi” intendeva “dati anagrafici” con cui poter
risalire all’iscritto». Mi chiedo: a che pro e a che titolo? A cosa serve al tribunale un siffatto elenco? I simpatizzanti di un’associazione non sono dei soci d’azienda, non percepiscono nulla (anzi talvolta versano somme volontarie)! Nel nostro caso cerchiamo di facilitare in ogni modo l’iscrizione per divulgare in modo sempre più capillare le nostre attività e il nostro mensile. Nel nostro caso è come se il tribunale pretendesse di conoscere da un’attività di ristorazione i dati anagrafici di ogni singolo cliente, perché i simpatizzanti di un’associazione sono i suoi fruitori. Questo è ciò che accade quando chi scrive e interpreta una norma non conosce le dinamiche di chi deve applicarla. Inoltre a che titolo viene interpretata la legge? Se vado in auto e c’è il limite dei 50 km all’ora, e lo rispetto, ve lo immaginate un agente che mi ferma e mi multa perché secondo lui nonostante la segnaletica il limite è di 30 km orari? Se il tribunale è convinto che con “nominativi” si intendesse “dati anagrafici e codice ISS” lo comunichi al parlamento. Ma finché la legge non viene modificata mi pare un abuso richiedere dati non previsti dalla legge. In definitiva che cosa intende fare, a questo punto? Per quanto mi riguarda, come ho già comunicato al cancelliere, sono già in regola con la legge. Ho presentato in tribunale l’elenco dei nominativi degli iscritti all’associazione. Non posso permettermi di spendere settimane a cercare di rintracciare gli iscritti per dati che non mi servono e la legge non prevede. Se gli interessano quei dati, se li cerchino alla stregua della “stasi”. Amministrare un’associazione, senza avere i soldi per pagare un commercialista e un pool di avvocati, non è una passeggiata.
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Segnalerò il mio codice iss e quello dei membri del consiglio amministrativo, dei sindaci revisori e degli attivisti più stretti. Se non gli basterà problemi loro, da ora in poi, se è una questione di terminologie, gli altri li chiameremo simpatizzanti! Spero che anche altre associazioni vogliano seguire questa condotta, perché dovere della società civile è anche quello di contrastare stupidaggini di questa natura. Finché il legislatore, a cui virtualmente inoltro questa intervista e con cui sono pronto a confrontarmi, non farà un passo indietro. E se in seguito a questa protesta la Don Chisciotte venisse davvero multata? Pagherò di tasca mia, come sempre, e se ci sta leggendo qualche avvocato che voglia difendere a titolo gratuito il diritto alla privacy rispetto alle proprie scelte associative, si faccia vivo e mi sostenga legalmente.
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La nostra sarà pure una piccola associazione, ma siamo stati i primi, insieme al vostro giornale, a denunciare i punti oscuri nella gestione di Fincapital. Ebbene, che il governo concentri i suoi controlli sugli enti che fanno girare milioni di euro, che intensifichi i controlli sulle dichiarazioni dei redditi di alcuni lavoratori autonomi che girano in ferrari e dichiarano meno di 5000 euro l’anno, e lasci perdere chi, gratuitamente, senza scopi di lucro, spesso di tasca sua e usando buona parte del suo tempo libero, si dà da fare per fare di questo paese un paese migliore! È scandaloso che in uno Stato dove molte società fantasma, con una residenza fittizia, possono fare indisturbate il buono e il cattivo tempo, ci si accanisca contro la parte più sana. Attenzione, l’esito del referendum dovrebbe insegnare: la società civile non ne può più di queste ottusità!
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Psicologia
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Carl Gustav jung e i simboli delll’inconscio di Davide Tagliasacchi Nel celebre testo “L’uomo e i suoi simboli”, Jung espose le sue teorie relative alla simbologia dell’inconscio, riguardo alla
struttura personalistica, collettiva e di espressione. Secondo tale ottica, una volta compresa l’importanza dei simboli creati
Dalì: “sogno causato dal volo di un’ape intorno a una melagrana, un attimo prima del risveglio”
dall’inconscio (la forza d’urto, costruttiva o distruttiva), resta però da risolvere l’annoso problema della loro interpreta-
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zione. Lo psicanalista svizzero dimostrò che una possibile soluzione dipendeva dalla circostanza che ogni particolare interpretazione suscitava sulla base del significato soggettivo, in rapporto all’individuo interessato. In tal modo è giunto alla conclusione dell’enorme importanza della funzione del simbolo onirico. Ma qual è il fine della vita onirica individuale nella sua totalità? Durante tutto il corso della sua lunga carriera (egli stimò di averne interpretati qualcosa come 80000), Jung concluse che i sogni si inseriscono in una trama complessa di fattori psicologici, presentandosi secondo uno schema preciso: egli lo chiamò “processo di individuazione”. Dal momento che l’attività onirica si produce in nuove situazioni ogni notte, apparentemente appare piuttosto complicato rappresentarsi una struttura schematica generale. Studiando però tali sogni in un arco di tempo piuttosto prolungato, si noterà come nel corso del suddetto determinati contenuti emergano, si dissolvano e si presentino nuovamente, in una recondita tendenza direzionale e regolatrice che determina un lento, impercettibile processo di sviluppo psichico: il processo di individuazione. Il centro organizzativo da cui dipende l’effetto regolarizzatore risulterebbe come una specie di “atomo nucleare” del nostro sistema psichico. Si potrebbe definirlo come un centro di creazione e di organizzazione da cui originano le immagini oniriche. Jung lo denominò come “sé”, il costituente della vita psichica, distinguendolo dall’ “ego”, il quale comprende solamente una parte della psiche. Nel corso delle varie epoche l’uomo ha avuto una conoscenza intuitiva riguardo all’esistenza di tale centro interiore: nelle società primitive as-
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sumeva l’aspetto di uno spirito interiore, incorporato in un animale o in un feticcio, per i greci esso era il “Daimon” dell’uomo, in Egitto lo si esprimeva sotto forma dell’”anima di Ba”. Jung studiò in particolare una tribù di indiani del Labrador, i Naskapi, in quanto ritenne che in loro albergasse una forma particolarmente pura e disadorna del centro interiore. Questi popoli semplici sono composti da cacciatori che vivono in gruppi famigliari isolati, tanto distanti l’uno dall’altro da precludersi lo sviluppo di costumi tribali o di riti religiosi collettivi. Durante il corso della sua esistenza in gran parte solitaria, il cacciatore Naskapi deve necessariamente aver fiducia delle proprie “voci interne” e delle rivelazioni che provengono dal suo inconscio: non conosce una tradizione religiosa che lo guidi, senza riti di solennità o costumi che lo possano sostenere. Nella sua fondamentale concezione della vita, l’anima è semplicemente il “compagno intimo”, che egli chiama “mista’peo”, “il grande uomo”; quando i Naskapi esaminano i propri sogni e cercano di individuarne il significato, entrano in profondo rapporto con “il grande uomo”, con l’impegno di seguirne le indicazioni ricevute e di esprimerne il contenuto in modo permanente, per mezzo dell’arte: i sogni lo aiutano nella caccia, da cui dipende la sua stessa sopravvivenza. L’esempio di tali popoli permette, secondo Jung, di mostrare quello che sarebbe un atteggiamento naturale, incontaminato da sovrastrutture culturali, rispetto al proprio sé. E proprio riguardo a tale “sé”, egli tentò di dargli attribuzione, definendolo come un principio interiore di guida, distinto dalla personalità conscia e individuabile solo tramite l’interpretazione dei sogni, i quali dimostrano come esso sia il centro regolatore
che determina la maturazione e l’espansione costante della personalità. Ma il modo in cui esso si sviluppa dipende in larga misura dalla volontà dell’ego di seguirne i dettami. Proprio come i Naskapi hanno avvertito che chi accoglie i suggerimenti del “grande uomo” fa sogni più ricchi e utili, così si può affermare che il “mista’peo” innato in ogni persona acquista maggiore realtà a chi decida di dargli udienza, rispetto a coloro che
Il Don Chisciotte
numero 41, aprile 2011
lo trascurano. Jung sosteneva che l’ego fosse in qualche misura creato dalla natura non per seguire indefinitamente i propri impulsi arbitrari, quanto piuttosto nel contribuire a rendere più reale la totalità, il complesso della psiche: l’ego illumina tutto il sistema, facendo sì che questo acquisti coscienza e in tal modo si realizzi. In conclusione, riporto un estratto dall’ultima opera di Jung, l’introduzione al già
transition talk a san marino Immaginando un futuro condiviso... senza petrolio
C
hi era presente al Festival AltreMenti nella giornata di sabato 19 febbraio ha avuto modo di ascoltare l’entusiasmante relazione di Cristiano Bottone sulla realtà delle Transition Towns. Il modello proposto dalle Transition Towns, nate in Inghilterra
nel 2005, è un appassionante esempio di innovazione sociale, che chiama a raccolta le energie di tutti i cittadini per affrontare la doppia sfida della fine del petrolio e del cambiamento climatico, costruendo insieme una visione condivisa di un futuro di abbondanza e creatività.
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sopracitato “L’uomo e i suoi simboli”: “non possiamo permetterci di essere ingenui nell’interpretazione dei sogni. Essi hanno origine in uno spirito che non è affatto umano, ma che costituisce piuttosto un respiro della natura. Se vogliamo caratterizzare tale spirito, dovremo andarlo a studiare, più che nella coscienza dell’uomo moderno, nella sfera delle antiche mitologie o nelle leggende primordiali della foresta”.
Purtroppo i tempi ristretti del Festival non hanno permesso di approfondire come avremmo voluto l’argomento. Abbiamo quindi pensato di organizzare per sabato 11 GIUGNO una TRANSITION TALK, ossia una giornata di approfondimento sulla Transizione, con proiezioni di documentari, momenti di incontro, pranzo, dibattito e gioco... Sarà un’occasione di condivisione per informarci sullo stato del nostro pianeta, confrontarci sul presente del nostro territorio e divertirci a immaginare insieme cambiamenti concreti e possibili per una vita migliore. A breve diffonderemo - sul sito dell’associazione e sul giornale - il programma definitivo dell’incontro. I curatori di AltreMenti Festival
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San Marino
numero 41, aprile 2011
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COLLABORATORI: Riccardo Balestrieri, Marco Canarezza, Riccardo Castelli, Pietro Masiello, Oasiverde, Stefano Palagiano, Alessandro Paoloni, Davide Tagliasacchi
riattivare i centri storici
La storia ci parla ma noi non ascoltiamo di Riccardo Castelli I nostri centri storici sono stati spogliati del loro valore relazionale per fare posto alle auto e ai parcheggi. I nuovi poli d’attrazione per i cittadini sono diventati i centri commerciali, lontani dai centri abitati e raggiungibili solo in macchina, e tutti i sammarinesi pagano le spese di uno sviluppo urbano realizzato per le auto, più che per le persone; la funzione delle piazze viene svolta dai dagli shopping center, edifici privati che hanno la funzione di fare spendere, non di accogliere la cittadinanza, e sono rivolti alla gente in quanto consumatori, non cittadini. Non sono contrario all’esistenza dei centri commerciali, sono contrario che questi ultimi sostituiscano i centri storici. San Marino è carente di una pianificazione urbanistica (una qualsiasi!), per cui lungo le strade si alternano indiscriminatamente fabbriche e residenze, uffici e negozi con un criterio “espositivo”, l’allineamento di edifici messi in vetrina, in una determinata posizione solo per essere raggiungibili in macchina. Oppure si costruisce in un determinato luogo solo perché lì c’è posto. I centri storici vanno restituiti ai cittadini e sottratti alle auto, i cittadini hanno il diritto di trovare nei centri storici la maggior parte delle attività di cui hanno bisogno. I quartieri dormitorio di lusso tipo Galazzano devono avere un nuovo e proprio centro,
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lo Stato potrebbe acquistare alcune aree baricentriche e indire concorsi di progettazione per realizzare nuovi poli con negozi e uffici che rendano indipendenti i quartieri stessi. Ogni casa non dovrebbe distare da un centro più di un quarto d’ora a piedi e i percorsi pedonali dovrebbero essere curati, ben distinti da quelli veicolari tramite marciapiedi e piantumazioni. I percorsi veicolari esterni alla superstrada devono essere rallentati (non troppo larghi e con vari attraversamenti pedonali). Le macchine hanno alterato i rapporti tra le persone: un uomo con una macchina vale più di un uomo da solo, come spiegate il fatto che quando lasciate passare un pedo-
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ne sulle strisce anziché fingere di ignorarlo come si fa di solito, questo vi ringrazia oppure aumenta il passo per non sottrarvi troppo tempo nell’attesa? Eppure è lui ad avere la precedenza e voi l’obbligo di farlo passare. Le nostre città, i nostri Castelli, devono essere pensati per le persone, non per le automobili. La gente deve riscoprire le proprie gambe e smettere di pretendere di arrivare con l’auto fin dentro l’ ufficio, fin dentro la chiesa, fin dentro la scuola dalla quale sta per uscire il figlio. Dobbiamo preservare l’aspetto storico dei nostri centri storici (le famose “preesistenze” tanto care agli architetti). La storia deve insegnarci a non ripetere gli errori del passato (come la vista panoramica di Faetano dal monte, ad esempio, in cui la chiesa è stata completamente occultata e il centro storico snaturato). Una rete di trasporti pubblici che collega i vari centri (sia storici che nuovi, a loro volta facilmente raggiungibili a piedi dalle abitazioni) è più efficiente di una che serve nuclei abitativi sparsi a pioggia sul territorio. Come ho già scritto su queste pagine, corriamo il rischio di passare la nostra vita nella routine dei
Veduta storica di San Marino da Faetano
comparti stagni di quattro mura di casa nostra, dell’auto, dell’ufficio, poi ancora dell’auto, del centro commerciale e di casa nostra, come delle monadi tristi che hanno perso il piacere della condivisione con gli altri cittadini. Gli spazi anonimi che percorriamo tutti i giorni ci rappresentano solo una perdita di tempo, nient’altro che lunghe strade che hanno anch’esse dimenticato la propria storia, nonluoghi misurabili in minuti che ci fanno perdere per percorrerli. I Castelli di San Marino un tempo erano centri storici vitali e autosufficienti, ognuno con la propria chiesa, i negozi, vari punti di interesse per chi volesse passeggiare e fare vita sociale; oggi sono solo nomi che scandiscono il percorso della Superstrada. Stiamo perdendo il contatto con la nostra storia perché il nostro Paese è sempre più a misura di macchina e, si sa, le macchine non hanno bisogno di storia. Siamo in attesa di un Piano Regolatore degno di questo nome, affinché venga gestita l’urbanizzazione di questo paese attraverso criteri che guardino innanzitutto al benessere del cittadino.