Don Chisciotte 48, dicembre 2011

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il denaro è diventato obsoleto?

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dicembre 2011

L’altra informazione a San Marino

numero 48

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Attualità

numero 48, dicembre 2011

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il denaro è chi diventato sbaglia obsoleto? non paga L’editoriale

di Anselm Jappe

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ncapace di intendere e volere fonda partiti, dirigente pubblico che insegna ad un camorrista come eludere le leggi continua a ricoprire ruoli dirigenziali pubblici. Sembra una caricatura, e invece è l’affresco fedele ed odierno di San Marino. Paolo De Biagi è cugino di Germano De Biagi e fratello di Silvano, col quale fu indagato negli anni ‘80/‘90 per -tra le altrela “Truffa dell’olio” alla CEE (una truffa da 2,7 miliardi di lire). De Biagi venne assolto perché “Incapace di intendere e volere”. Ebbene oggi Paolo De Biagi, con la macabra fantasia di chi chiamò schutzhaftlager (campi di custodia preventiva) i lager in cui si compì l’olocausto, fonda un movimento dal nome “San Marino per i sammarinesi onesti”. L’avv. Giuseppe Lonfernini, autore di un memorabile articolo contro i “Gentiluomini” del caso “Long Drink” (altra truffa di svariati miliardi che vide prosciolto Silvano D.B.), avrebbe molto da dire. Nello stesso momento Moreno Benedettini, dirigente di pubblica amministrazione presso l’ISS e nel 2008 segretario particolare di Pier Marino Mularoni in Segreteria di Stato per il Lavoro, al telefono con un camorrista gli insegna come fare a rendere il suo cellulare non intercettabile. Un dirigente pubblico con distaccamento politico consiglia come aggirare la legalità ad un camorrista, ci rendiamo conto? Ebbene, la normativa vigente a San Marino prevede che chi è indagato per reati che prevedano pene superiori all’anno di carcere, debba essere cautelativamente sospeso immediatamente, in attesa di sentenza. Certo, l’indagine che coinvolge Benedettini non è sammarinese ma italiana, ma credo che per questo il tribunale sammarinese dovrebbe aprire un fascicolo contro il Benedettini per costringerlo alle dimissioni. Solo atti di questa natura possono rendere a San Marino una credibilità internazionale da tempo perduta

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media e le istanze ufficiali ci stanno preparando: molto presto si scatenerà una nuova crisi finanziaria mondiale e sarà peggiore che nel 2008. Si parla apertamente di “catastrofi” e “disastri”. Ma che cosa accadrà dopo? Come saranno le nostre vite dopo un crollo su vasta scala delle banche e delle finanze pubbliche? L’Argentina ci è già passata nel 2001. A prezzo di un impoverimento di massa, l’economia di questo paese ha potuto successivamente risalire un po’ la china: ma in quel caso, non si trattava che di un solo paese. Attualmente, tutte le finanze europee e nord-americane rischiano di sprofondare insieme, senza alcun salvatore possibile. In quale momento il crack delle borse non sarà più una notizia appresa dai media, ma un evento di cui ci si accorgerà uscendo per strada? Risposta: quando il denaro perderà la sua funzione abituale. Sia rarefacendosi (deflazione), sia circolando in quantità enormi ma svalutate (inflazione). In entrambi i casi, la circolazione delle merci e dei servizi rallenterà fino a potersi arrestare totalmente: i loro possessori non troveranno più chi potrà pagarli in denaro, in denaro “valido” che gli permetta, a sua volta, di acquistare altre merci e servizi. Essi terranno quindi per sé quei servizi e quelle merci. Ci saranno magazzini pieni, ma senza clienti; fabbriche in grado di funzionare perfettamente, ma senza nessuno che ci lavori; scuole in cui i professori non si presenteranno più, perché privi di salario da mesi. Allora ci si renderà conto di una verità che era talmente evidente da non essere più vista: non esiste alcuna crisi nella stessa produzione. La produttività aumenta continuamente in tutti i settori. Le superfici coltivabili della terra potrebbero nutrire tutta la popolazione del globo e allo stesso modo le officine e le fabbriche producono molto più di quanto sia necessario, desiderabile e sostenibile. Le miserie del mondo non sono

dovute, come durante il Medio Evo, a catastrofi naturali, ma ad una specie di incantesimo che separa gli uomini dai loro prodotti. Quello che non funziona più è l’ “interfaccia” che si pone tra gli uomini e ciò che producono: il denaro. Nella modernità, il denaro è diventato il “mediatore universale” (Marx). La crisi ci mette di fronte al paradosso fondativo della società capitalista: in quest’ultima la produzione di beni e servizi non è un fine, ma soltanto un mezzo. Il solo fine è la moltiplicazione del denaro, è investire un euro per riscuoterne due. E quando questo meccanismo va in panne, è l’intera produzione reale che soffre e che può anche bloccarsi completamente. Allora, come il Tantalo del mito greco ci troviamo di fronte a ricchezze che si ritraggono proprio quando ci vogliamo mettere sopra le mani: perché non possiamo pagarle. Questa rinuncia forzata è sempre stata la sorte del povero. Ma ora, situazione inedita, questa sorte potrebbe toccare all’intera società, o quasi. L’ultima parola del mercato è di lasciarci morire di fame in mezzo ad alimenti stipati ovunque e che marciscono, ma che nessuno deve toccare. Ciononostante, quelli che disprezzano il capitalismo finanziario ci assicurano che la finanza, il credito e le borse non sono altro che escrescenze su un corpo economicamente sano. Una volta scoppiata la bolla, avremo turbolenze e fallimenti, ma tutto ciò alla fine non sarà che un salutare salasso, e in seguito si ricomincerà con un’economia reale più solida. Davvero? Oggi, noi otteniamo pressoché tutto pagando. Almeno quella maggioranza della popolazione che vive in città non sarebbe in grado di nutrirsi da sé, né di riscaldarsi, né di illuminarsi, né di curarsi, né di spostarsi. Nemmeno per tre giorni. Se il supermer-


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cato, la compagnia di elettricità, il distributore e l’ospedale non accettano che denaro “buono” (per esempio una moneta estera forte, e non i biglietti stampati dalla propria banca nazionale e totalmente svalutati), e se non ce n’è più molto, arriveremo rapidamente alla miseria. Se siamo abbastanza numerosi, e pronti per l’ “insurrezione”, possiamo ancora prendere d’assalto il supermercato, o collegarci direttamente alla rete elettrica. Ma quando il supermercato non sarà più approvvigionato e la centrale elettrica si bloccherà perché non potrà pagare i suoi lavoratori e i suoi fornitori, che fare? Si potrebbero organizzare il baratto, nuove forme di solidarietà, scambi diretti: sarebbe anche una bella occasione per rinnovare il legame sociale. Ma chi può credere che ci si arriverà nel giro di poco tempo e a una larga scala, in mezzo al caos e ai saccheggi? Si andrà in campagna, dicono alcuni, per appropriarsi direttamente delle risorse primarie. Peccato che la Comunità europea abbia pagato per decenni i contadini per tagliare i loro alberi, sradicare le loro vigne, e abbattere il loro bestiame… Dopo il crollo dei paesi dell’Est, milioni di persone sono sopravissute grazie a parenti che vivono in campagna e nei piccoli campi. Chi potrà dire altrettanto per Francia o Germania? Non è certo che si arriverà a simili estremi. Ma anche un crollo parziale del sistema finanziario ci metterà di fronte alle conseguenze del fatto che ci siamo consegnati, piedi e mani legate, al denaro, affidandogli il compito esclusivo di assicurare il funzionamento della società. Il denaro è esistito fin dall’alba della storia, ci si assicura: ma nelle sociètà precapitaliste non giocava che un ruolo marginale. Solo negli ultimi decenni siamo arrivati al punto che quasi tutte le manifestazioni della vita passano per il denaro e che questo si è infiltrato negli angoli più reconditi dell’esistenza individuale e collettiva. Senza il denaro che fa circolare le cose, noi siamo come un corpo senza sangue. Ma il denaro è “reale” solo quando è espressione di un lavoro veramente eseguito e del valore in cui questo lavoro si rappresenta. Il resto del denaro non è che una finzione che si basa sulla sola fiducia reciproca degli attori – una fiducia che può svanire, come si vede attualmente. Assistiamo a un fenomeno non previsto dalla scienza economica: non

alla crisi di una moneta, e dell’economia che questa rappresenta, a vantaggio di un’altra, più forte. L’euro, il dollaro e lo yen sono tutti in crisi, e i rari paesi ancora contrassegnati con AAA dalle agenzie di rating non potranno salvare da soli l’economia mondiale. Nessuna delle ricette economiche proposte funziona, da nessuna parte. Il libero mercato funziona tanto poco quanto lo Stato, l’austerità quanto il rilancio, il keynesismo quanto il monetarismo. Il problema va posto a un livello più profondo. Assistiamo a una svalutazione del denaro in quanto tale, a una perdita del suo ruolo, alla sua obsolescenza. Ma non attraverso una decisione consapevole di un’umanità finalmente stanca di quello che già Sofocle chiamava “la più funesta invenzione degli uomini”, bensì per effetto di un processo non padroneggiato, caotico ed estremamente pericoloso. É come se si togliesse la sedia a rotelle a qualcuno dopo avergli impedito per lungo tempo l’uso naturale delle sue gambe. Il denaro è il nostro feticcio: un dio che noi stessi abbiamo creato, ma dal quale crediamo di dipendere e al quale siamo pronti a sacrificare tutto pur di placare le sue ire. Che fare? I venditori di ricette alternative non mancano: economia sociale e solidale, sistemi di scambio locale, demurrage, aiuto reciproco… Nel migliore dei casi tutto ciò potrebbe valere per piccole nicchie, ma anche questo solo finché intorno il resto funziona ancora. Ad ogni modo, una cosa è sicura: non basta indignarsi di fronte agli eccessi della finanza o all’ avidità dei banchieri. Anche se questa è ben reale, non è la causa, ma la conseguenza dell’esaurirsi della dinamica capitalista. La sostituzione del lavoro vivo – la sola fonte del valore, il quale, sotto forma di denaro, è l’unico fine della produzione capitalista – con tecnologie, che non creano valore, ha quasi finito per prosciugare la fonte della produzione di

Anselm Jappe è nato in Germania, insegna estetica in Italia (Frosinone) e vive in Francia. è uno dei filosofi più interessanti di oggi, e la sua ricerca verte sulla critica del valore, in linea con i lavori di Robert Kurz e del gruppo Krisis, di cui è stato uno dei collaboratori. Anselm ha partecipato sia nel 2010 che nel 2011 al nostro AltreMenti festival, e ci auguriamo che anche nella terza edizione possa onorarci della sua presenza.

valore. Sviluppando le tecnologie, sotto la pressione della concorrenza, alla lunga il capitalismo ha segato il ramo su cui stava seduto. Questo processo, che fa parte della sua logica di base fin dall’inizio, ha oltrepassato una soglia critica negli ultimi decenni. La non-redditività dell’impiego di capitale ha potuto essere occultata solo con un ricorso sempre più massiccio al credito, che è un consumo anticipato dei guadagni sperati per il futuro. Ora, anche questo prolungamento artificiale della vita del capitale sembra aver esaurito tutte le sue risorse. Si può dunque porre la necessità – ma anche constatare la possibilità, la chance – di uscire dal sistema fondato sul valore e il lavoro astratto, sul denaro e la merce, sul capitale e il salario. Ma un simile salto nell’ignoto fa paura, anche a quelli che non smettono mai di fustigare i crimini dei capitalisti. Per il momento, ciò che prevale è piuttosto la caccia al cattivo speculatore. Anche se non si può che condividere l’indignazione di fronte ai profitti delle banche, bisogna dire che essa resta ben al di qua di una critica del capitalismo inteso come sistema. Non è affatto stupefacente che Obama e George Soros dicano di comprendere l’indignazione. La verità è ben più tragica: se le banche sprofondano, se falliscono a catena, se cessano di distribuire denaro, noi tutti rischiamo di sprofondare con loro, perché da molto tempo ci è stata sottratta la possibilità di vivere altrimenti che spendendo del denaro. Sarebbe bene riapprenderla – ma chissà a quale prezzo questo avverrà! Nessuno può dire onestamente di sapere come organizzare la vita di decine di milioni di persone quando il denaro avrà perduto la sua funzione. Almeno, però, sarebbe bene ammettere il problema. Forse bisogna prepararsi al “dopo-denaro” come al dopo-petrolio. [Tradotto da Alessandro Simoncini]


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Società

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Come uscire dalla crisi? Intervista a Enrico Caldari di Simona Dell’Aquila

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n tutto il mondo si moltiplicano le azioni di protesta contro le misure di austerità varate dai governi occidentali per arginare i debiti pubblici degli Stati, e sempre più si diffonde tra la popolazione un sentimento di sfiducia verso le banche e il sistema finanziario. La crisi economica continua a colpire duramente le nostre vite e a rendere precari i nostri sogni e le nostre speranze sul futuro, traducendosi in una crisi di coscienza. Sono tempi bui, di transizione. Tuttavia, fecondi: si

possono infatti elaborare delle soluzioni, ripensare i propri modelli comportamentali e sociali, attivarsi per cambiare il sistema in cui viviamo. A partire da una riforma del sistema monetario. La crisi può diventare allora un’occasione per evolvere, per creare una società migliore? Lo abbiamo chiesto a Enrico Caldari, ricercatore indipendente e autore del blog “Kaldari Report” (www.kaldarireport. com), recentemente impegnato in un’attività di divulgazione di queste tematiche in Italia e

all’estero. Nel tuo blog e nelle conferenze intitolate “Cos’è il denaro?” sostieni che il vero problema alla radice della crisi economica, sociale, ambientale e spirituale che stiamo vivendo è il sistema monetario. Che cosa intendi? Il denaro è il più importante “motivatore sociale” della società contemporanea. Viviamo tutti per guadagnarlo e spenderlo, senza sapere davvero cosa sia. Viviamo in una sorta di nevrosi sociale, indotta da un meccanismo molto semplice: ogni singolo dollaro, euro, sterlina circolanti oggi, sono un debito che va ripagato con gli interessi. E per definizione ripagare debito e interessi con soldi che saranno essi stessi un nuovo debito, implica la necessità di continuare a crescere all’infinito, crescere a livello “materiale”, “economico”, far crescere il “PIL”. Siamo a un punto in cui la crescita “fisica” della società non è più

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sostenibile e occorre iniziare a pensare in termini di crescita culturale (e spirituale), che a differenza di quella materiale può essere davvero infinita (e sostenibile). L’attuale sistema monetario/ bancario è stato spesso definito come il peggiore possibile: quale tipo di riforme ritieni auspicabili per migliorarlo? Che cosa dovrebbe chiedere la gente scendendo in piazza? Il primo passo - che è anche la finalità del mio lavoro di divulgazione - è capire il problema. Praticamente tutto il denaro circolante oggi rappresenta un debito, emesso da privati in regime di sostanziale monopolio, gravato da interessi, che quindi può solo crescere. E quando il “denaro/debito” malauguratamente cala, arriva la “crisi”, la “recessione”. La più semplice riforma possibile è quella di chiedere una moneta davvero “pubblica”, al servizio


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della società, libera dal debito, la cui emissione sia davvero controllata da enti pubblici, come la maggior parte della popolazione crede erroneamente che sia oggi. Poi ci sono altre semplici riforme auspicabili, di cui parlo nelle mie conferenze, come il superamento del PIL quale misura della crescita sociale, e la necessità di un’emissione monetaria trasparente (cioè dichiarata e verificabile), vincolata a investimenti per la Sostenibilità Ambientale. Conservare il Pianeta Terra, la nostra “Casa”, per i nostri figli e i nostri nipoti, deve essere l’obiettivo di base della società e quindi del denaro che tutti usiamo.

a Londra. In Italia, come potete capire, siamo un po’ più indietro. Ma dopo aver conosciuto personalmente Ben, Josh e il loro lavoro, so che qualcosa si può fare davvero. Con l’aiuto del fratello Loreprod – artista e graphic designer romagnolo - ho creato di recente un manifesto di comunicazione pubblica per focalizzare anche in Italia l’attenzione sul tema della riforma monetaria. Lo trovate sul mio blog ed è liberamente pubblicabile e no-copyright. È piaciuto molto e verrà adottato nella versione inglese anche dagli amici di Positive Money e NEF, e donato ai ragazzi di “Occupy London” per aiutarli a comprendere cosa chiedere.

Esistono dei movimenti di protesta o delle esperienze concrete che si stanno muovendo in questa direzione, sia a livello nazionale che internazionale? Quello che serve sono movimenti di “proposta”, non di semplice “protesta”. Scendere in piazza per protestare è il primo utile passo, ma deve essere accompagnato da una proposta seria, possibilmente semplice e chiara. Il miglior esempio internazionale è quello di Positive Money, a Londra, dove in un anno e mezzo di lavoro Ben Dyson e i suoi supporter, con l’aiuto di ricercatori come Josh-Ryan Collins (NEF - New Economics Foundation) e Richard Werner (Southampton University) hanno messo insieme informazioni inconfutabili sul “problema” (raccolte nel libro “Where does money come from?” pubblicato a settembre) e una proposta di legge concreta per una riforma monetaria, che riporti l’emissione monetaria in mano pubblica. Questo disegno di legge bipartisan è ora appoggiato da parlamentari di entrambi gli schieramenti (Michael Meacher, laburista, e Steve Baker, conservatore) che ho visto parlare insieme all’ultima conferenza di Positive Money

Attualmente le stesse persone, gli stessi potentati economico/ finanziari che hanno provocato la crisi siedono alle poltrone del comando (vedi Mario Draghi e Mauro Monti di Goldman Sachs). Ritieni opportuno continuare a rivolgersi a questi interlocutori o è preferibile iniziare ad attivarsi per cambiare veramente le cose dal basso, a livello locale? Chi ha controllato fino ad ora l’emissione monetaria in regime di sostanziale monopolio ha saputo costruire un sistema di protezione e regolamentazione ad hoc, sfruttando l’ignoranza dei propri interlocutori e facendo affidamento su un diffuso e sostanziale “misunderstanding”: l’idea che siano lo “Stato” e le Banche Centrali a creare il denaro. In realtà sono le banche commerciali a creare più del 90% del denaro circolante dal nulla, attraverso i prestiti che fanno (addirittura il 97% in UK secondo Positive Money). Meacher e Baker hanno dichiarato che solo 4 parlamentari su oltre 600 in Inghilterra hanno consapevolezza del vero meccanismo di creazione del denaro, su cui essi stessi dovrebbero “legiferare”. E ci ha dovuto pensare un ragazzotto di

26 anni (Ben Dyson, fondatore di Positive Money) a farglielo notare, raccogliendo centinaia di documenti e testimonianze inconfutabili per superare arroganza e diffidenza. Ma se ci è riuscito Ben possiamo farlo anche noi. Ci vogliono gli argomenti giusti e bisogna partire dal basso. “Think global, act local” è il mio motto. Non a caso, dopo aver studiato e raccolto documentazione in giro per il mondo, ho iniziato a parlare di questi temi con associazioni ed enti locali, partendo dal territorio in cui vivo, e a rendermi disponibile a farlo ovunque mi invitino, in Italia e all’estero. Ognuno di noi deve fare la sua parte, senza aspettare che arrivino Mario Monti o E.T. a “risolvere” i nostri problemi… La creazione di monete locali può essere una soluzione a breve termine contro la crisi? O ritieni questo tipo di esperienze poco impattanti sul sistema?

Esistono decine di esperienze nel mondo di sistemi locali alternativi al denaro/debito: monete locali (come il Totnes Pound e il Brixton Pound) e monete complementari (come lo SCEC), LETS (sistemi di scambio locale che superano il vecchio concetto di baratto) e Banche del Tempo. Sono tutti esempi concreti che vanno studiati e applicati nella propria comunità locale. Essi possono creare un’utile alternativa e integrare il sistema monetario attuale, soprattutto nel malaugurato caso in cui un bel giorno questo vada “inaspettatamente” a gambe all’aria… Ma soprattutto esse rappresentano un modo per “ri-educare” la gente comune a pensare al denaro come un mezzo, non un fine - compresi il nostro vicino di casa, il macellaio all’angolo e l’anziana signora cui paghiamo l’affitto - dimostrando loro che il denaro/debito è solo uno dei modi per organizzare le nostre vite e i nostri “scambi”, e non certo il migliore.

L’AFORISMA DEL MESE I

l carattere di pubblicità della politica non potrebbe mai, e non può nemmeno adesso, essere considerato come qualcosa di già dato. Esso è un prodotto in divenire della concezione politica della democrazia, la quale presuppone cittadini usciti dallo stato di minorità e ben informati sui loro interessi fondamentali. Pubblicità e democrazia sono reciprocamente interconnesse. Solo sotto la garanzia del diritto democratico alla libera espressione delle opinioni la sfera pubblica può prosperare; solo dove ciò su cui i cittadini votano è pubblico, è pensabile la democrazia Theodor W. Adorno, “Televisione come ideologia”


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Lavoro Ambiente

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puntoshop Rivisitazione della storia del contadino e del cetriolo di Matteo Zeppa

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uesta storia vuole essere un’esemplificazione di come sia difficile per dei lavoratori vedere saldati i propri diritti e come tutte le parti in causa, chi più chi meno, se ne lavino le mani. Sono un ex dipendente Puntoshop, ora Modulor Shop srl, che unitamente a tutti coloro che sopravvissero alle vicissitudini della prima società, a distanza di 7 mesi da un accordo datato aprile 2011, devono ancora essere saldati dalla stessa. Nel mio caso, in particolare, da prospetto, ho un credito residuo di €4.177,16. Ma iniziamo. La Puntoshop lasciò un buco di €3,5 milioni verso lo Stato, 116 dipendenti in bilico, una moratoria assurda (basta leggere il copioso plico), per la quale la metà di essi sarebbero stati riassorbiti in riqualificazione, un anno “di ferma” nell’attesa di un compratore, ferma da intendersi che il fatturato NON POTEVA MAI ANDARE SOTTO

LO ZERO, e non si dovevano toccare i livelli dei lavoratori o pagare straordinari (per ovvie ragioni). Piccola ma necessaria parentesi: tale crisi non dipese da cattivi rapporti con l’Italia né dalla crisi economica, ma solo dal fatto che qualcuno fece il passo più lungo della gamba. Bene, rispetto agli accordi sottoscritti avvenne esattamente il contrario: aumenti di livelli, 3 persone che nel solo periodo da gennaio ad aprile “bruciarono” il bonus delle 140 ore di straordinari aziendali (che necessitavano di particolari accordi tra ANIS, CSU e Azienda). A fronte di ciò in molti si ritrovarono di fronte a dilazioni di stipendi, mentre qualcun altro godeva del privilegio avuto. In tale contesto, arrivarono i compratori. Il Gruppo Omega, tristemente noto in Italia per la loro storia di acquisizioni di ditte in difficoltà, con conseguente defalcazione degli asset societari e del personale, che ebbe

i suoi problemini mesi dopo, con arresti eseguiti in Italia. [Si veda a tal proposito il link http:// collettivolavoratorigetronics. blogspot.com/2010/07/arrestieutelia-agile-e-omega-samuele. html” ] Alla fine rimanemmo in 56, tutti gli altri in mobilità. Tralasciamo tutto e arriviamo al 2011. Ebbene, nonostante le personali raccomandazioni (con testuali mie parole: “sono un lavoratore lì dentro, capite che è un modo di darsi la zappa sui piedi, ma guardiamo bene chi ci portiamo in casa, visto che di danni i precedenti ne hanno fatti sin troppi”), un inizio di cassintegrazione a zero ore per circa 18 persone e 16 riprese al lavoro, protrattesi per circa 6 mesi (giugno/luglio), passando per i 4 mesi iniziali dell’anno in cui non arrivò nemmeno l’assegno della CI per cavilli burocratici, arrivammo all’accordo di aprile 2011, che afferma al punto F: “Le parti prendono atto che alla data del 28/2/2011 il credito netto maturato in capo ai dipendenti della Web Market (società in liquidazione nuovo nome dell’allora PuntoshopRSM srl) risultante dalle buste paga di dicembre 2010, gennaio e febbraio 2011, oltre al TFR 2010, ammonta ad oltre 200mila euro, escluse le indennità a carico dell’ISS. In riferimento a tale credito la Modulor Shop SRL (l’attuale società) si impegna ad acquistare dalla Web Market (generando così liquidità alla stessa che userà secondo le norme che il suo status impone) per un valore ad almeno 200mila euro con CADENZE MENSILI in tranche da 40mila euro (circa) a far data dal 30/04/2011 come di seguito indicato: 
 1°tranche: 30/04/2011; 2° il 15/05/2011; 3° il 15/06/2011; 4° il 15/07/2011; 5° il 15/09/2011
. Con riferimento ai ratei relativi alle mensilità del 2011 non corrisposte (quota parte TFR, tredicesima e ferie relative al periodo 1° gennaio 2011 - 17

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aprile 2011 o comunque alla data di effettiva assunzione) l’impegno di Modulor Shop srl verrà adempiuto tramite l’accollo diretto di tali costi e quindi successivamente corrisposto alle scadenze naturali.” In calce ad esso, le firme del Segretario al Lavoro, di quelloall’Industria, Anis, Csu, ditta nuova (Modulor Shop), ditta in liquidazione (Web Market). Ma tutto quanto scritto in quell’accordo (che comprendeva, oltre alla sistemazione del personale, anche il rientro crediti della vecchia società), è carta straccia. Chi mi conosce, sa che non mollo l’osso quando vengono disattesi i più fondamentali diritti dei lavoratori, per cui cominciai la mia battaglia contro queste teste di ponte. Lotta iniziata con incontri, proseguita con mail e sms. Il tenore inizialmente garbato, andò via via degenerando, sino a toni accesi (mi prendo la mia parte di responsabilità in questo senso). Addirittura, la parte imprenditoriale diede la colpa alla curatela (gli stessi che gestirono la famosa moratoria... ) rea di interporre troppi cavilli alla nascita del progetto. Di contro, la stessa curatela, evidenziava la grossa criticità dei nuovi proprietari, che nel frattempo dichiararono d’essere usciti dal gruppo Omega. Nel mezzo i lavoratori, che ovviamente da buona ultima ruota del carro, se la prendevano in “der posto”, con ritardi “monstre” sul pagamento delle spettanze. Si giunse così, a metà estate 2011, a un incontro presso la CSU, con dipendenti e amministratore, in cui lo stesso affermò che era necessario, per la stessa sopravvivenza della ditta e del progetto (il problema fondamentale a suo avviso, fu un finanziamento estero che doveva arrivare a San Marino, passando per l’Italia... sappiamo che non ci sono buoni rapporti tra i due Stati), inserire in mobilità alcuni dipendenti


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di quelli mai riassunti. Ovviamente se ciò fosse accaduto, la ditta stessa avrebbe dovuto pagare sull’unghia ANCHE il mancato preavviso, oltre alle somme ancora non versate del credito residuo. Il clima quindi si scaldò, per distendersi “magicamente” una settimana dopo nei locali dell’ANIS, dove piuttosto che pagare il mancato preavviso, decise -questo- di farlo lavorare, mettendo le mani in avanti e non garantendo, al termine di tale periodo, (quasi tutti un paio di mesi) di vedere comunque salvaguardati i posti di lavoro ed infischiandosene bellamente delle esperienze maturate all’interno della ditta e delle varie professionalità conseguenti. Si arrivò quindi a una soluzione (più o meno), accettata a denti stretti da tutte le parti. Arriviamo a pochi giorni fa. La ditta non ha ancora pagato quasi nulla delle spettanze creditizie in sospeso, e molti lavoratori, dopo tanti mesi, finalmente si sono decisi di andare in Commissione Conciliativa. Chi scrive, ha ottenuto parte delle spettanze, solo per via delle sue insistenze. Gli altri, che io sappia ad oggi, hanno ricevuto un bel nulla, forse qualcosa coloro che come il sottoscritto si sono trovati un altro lavoro. Mi risulta che i pagamenti dei lavoratori rimasti, siano ancora scadenzati in rate. Qui termina la triste nenia di cronaca di mesi assurdi. Perché ho deciso di scrivere questo piccolo resoconto? Perché credo sia rappresentativo di ciò che potrebbe capitare a tutti i lavoratori. Una serie di promesse campate per aria, accordi sottoscritti MAI ottemperati, perdite di tempo in riunioni farlocche, tira e molla tra “buoni e cattivi” che nulla hanno portato alle pendenze verso e per i lavoratori (nonché verso lo Stato). È un piccolo scenario di che cosa è oggi San Marino, ossia un NON STATO, ove tutti

si credono dei padreterni nel fare quello che si vuole, grazie ad una serie di regole NON scritte. Ed ove fossero scritte, allora si troverebbe immediatamente la gabola per poterle bypassare allegramente. Dove si firmano accordi e nonostante siano TOTALMENTE disattesi, NESSUNO, a parte le parti sociali, si è mai posto il problema. I diritti sono calpestati giornalmente, e questo è solo uno spaccato della realtà sammarinese. Questo sistema è morto, è fallito ed i colpi di coda ne sono la dimostrazione. Non voglio che ciò possa accadere ad altri ma, in cuor mio, sono cosciente che accade anche di peggio. Ma la domanda che a distanza di mesi mi pongo è: come è possibile che due Segretari di Stato possano permetterlo? Non credo che la crisi di sistema sia una risposta valida. Così come non credo si possa tirare in ballo la criticità del mercato del lavoro. Allora Segretari, come la mettiamo? La crisi di quelle aziende è TUTTO fuorché DIPENDENTE DAL MOMENTO STORICO! Qualcuno negli anni precedenti la dovette salvare, inventandosi una moratoria assurda, e qualcuno oggi NON si pone nell’ottica dei lavoratori, forse perché nessuno ha davvero lavorato e quindi non capisce cosa significhi lavorare senza stipendio ANCHE PER QUATTRO MESI continuativi. La conclusione è: siamo tutti potenzialmente degli imprenditori, ma sino a che sei un lavoratore, te la prendi comunque e sempre “in der posto”. Facile far così, senza nessuna responsabilità o certezza delle pene. Siamo in un NON STATO. Buona vita. [Il verbale di accordo citato è in possesso della Don Chisciotte. Zeppa ce l’ha inviato per trasparenza e certezza delle fonti.]

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Legalità

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23 ottobre 2011 to per l’Industria, Egregia Segreteria di Sta per la giustizia, Chisciotte to egregia Segreteria di Sta iederVi, a nome dell’Associazione Culturale Don cciocchi, la Ba rich a io te Liv li sen interno delle qua sono con la pre risultino in un elenco delle attività all’ che presiedo, di ricevere o altre società di proprietà dello stesso Bacciocchi i. tti ativ stre istr più min i ttivi e/o am moglie, i parent ri o membri dei consigli dire la procedura qualità di soci, amministrato citi, infatti, a reperire tali dati per via del fatto che rius mo sia Dal tribunale non ata. è detenuto per di ricerca non è telematizz o varie ricerche che AIEP editore, ad esempio, (che le indagidop o ital res cap app Fin ò, Abbiamo, per enuta al 100% da det è ta vol sua a che l, il 66,67% da IMM-Capita o” di proprietà del Bacciocchi). fatt e questi ni sostengono essere “di greterie di Stato abbiano la possibilità di reperir abile ad Se me stre per Vo ere le ess che ti non cer di mo ere Sia be, il nostro paese, sosten ente dentro dati, altrimenti come potreb nemmeno è in grado di sapere chi c’è effettivam se infiltrazioni di tale natura stiamo tà dello stesso notaio, che un’azienda? di un’inchiesta sulla proprietese a realizzare una sorta di elenco fini ai i util o son ci i dat i Tal le indagini mensile “Il Don Chisciotte”, svolgendo all’interno del hi abbia potuto reinvestire i proventi risultanti dal occ delle attività in cui Bacci delle stescampagna di boicottaggio non è attualmente in corso. una iare avv per , nto me se mo ietà civile sammarine Dunque, in un secondo ostrare con i fatti che la soc pirle e sradise attività, e in tal modo dimmalavitose in Repubblica, intendendo invece col ni indifferente alle infiltrazio que ribenvista dalle SS.VV., dun carle. ione di questa natura sia e nominative siano rese al più raz ope un’ che ti cer mo rch Sia i richiesti, sa (sperando che tali rice maniamo in fiduciosa atte er disturbare dei Segretari di Stato) di ricevere i dat come colto dov Vostre Segreterie di Sta presto possibili senza quel punto saremo felici di indicare le dichiarandovi da ora che azione di attività potenzialmente infiltrate, che a idu per div enute da sonaggi laborative ai fini dell’in ioni: disfarsi delle parti det e perché erano state opz e sol due tra re glie di sce potrebbero e, in che mo cciocchi (e spiegare com o prestanome vicini al Ba surate pubblicamente. @associazioaccettate), oppure venir cen posizione all’indirizzo info dis a o am ani rim , dita gra Certi di aver fatto cosa al xxx.xxxxxxx Dott. Roberto Ciavatta nedonchisciotte.org oppure

l’assenza di rispetto per il cittadino

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Egregia Segreteria di Stato per l’Industria, Egregia Segreteria di Stato per la Giustizia, non posso evitare di rinnovare la richiesta già vamente di seguito. Dopo 15 giorni di attesa, posso ben immagina cadere nel dimenticatoio, fino a che punto per Come scritto anche ad altre istituzioni ed enti s dere alle mail di legittime richieste di cittadini s so che biasimarVi per non aver inviato notifica alla missiva precedente. Che vi siano problemi a reperire in breve temp prio la volontà di metterli a disposizione della s poi fatte valutazioni politiche, etiche, giuridiche Ma che per dovere istituzionale sia doveroso, rispondere ad un cittadino sammarinese, ques ben dirlo, anche solo del tipo “abbiamo ricevut procedere per farle ricevere i dati richiesti”, qu Dato che in più e più occasioni mi è capitato d Stato alcuna risposta alle mie richieste (peraltr problematiche non personali quanto invece di so ad adottare un atteggiamento più incisivo. La prima comunicazione che invierò alle sudd in via confidenziale. Se non riceverò alcun cenno di conferma di le zione in poi -quindi a partire da questa- le mie della trasparenza tanto agognata dalla società istituzioni, ma alla luce dei fatti ancora ben lun Dunque continuo ad attendere una vostra risp cazione sui social network nel momento in cui dovesse continuare a non giungermi, il sottosc giamento pubblicamente. Come istituzione pubblica, una risposta la dov tatti per questioni di pubblico dominio. Cordialmente, in attesa di una vostra celere ris porgo i più cordiali saluti.

Pregiatissimo Sig. Ciavat la Segreteria di Stato pe ta, r sua richiesta un mese fa l’Industria, l’Artigianato e preposto alla consultazionma non essendo noi “uno zioni è la Cancelleria Co e di dati, Le ricordo che mm cortesemente di suggerire erciale del Tribunale U come fanno TUTTI i cittad alla Vostra associazion richiesta direttamente al ini, di un avvocato profes Tri Le ricordo unicamente che bunale. anni, e i fatto lo dimostran la nostra Segreteria di S nostra economia ed è qu o, per dare trasparenza, nacce un mezzo propagaesto il compito a noi prepo ndistico veramente sconta Distinti saluti.

Le nostre richieste per conoscere le proprietà di Livio Bacciocchi, per sapere dove potenzialmente si annidano capitali della malavita, non riceve risposte

I

l potere logora chi non ce l’ha, diceva Giulio Andreotti. Così una dipendente, Patrizia Gallo, ipotizzando di disporre di un potere -per il solo fatto di lavorare in una Segreteria di Stato- risponde piccata, come il bambino con le mani nella

marmellata, alle richieste d’informazioni inviate alla Segr. per l’Industria e per la Giustizia. Dopo un mese di attesa, e solo perché la cosa è nel frattempo uscita sui giornali, una Segr. risponde ad un cittadino che richiede dati di interesse pubbli-

co, dicendo che quei dati deve richiederli altrove. Tuttavia ringraziamo questa dipendente, se non altro perché da parte della Segr. per la Giustizia nulla ancora è pervenuto. Glisso sulla risposta pubblicata dal quotidiano “La Tribuna

Sammarinese”, che sentendosi tirata in ballo per via della partecipazione della moglie di Livio Bacciocchi per un 30% circa della sua proprietà, ha sostenuto che le nostre richieste fossero mirate unicamente a smascherarli.


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6 novembre 2011 inviataVi il 23 ottobre scorso, che allego nuo-

are che la e-mail in questione sia stata fatta r distrazione non mi è dato conoscerlo. sammarinesi, anch’essi disabituati a risponsammarinesi impegnati nel sociale, non posa di lettura -come espressamente richiesto-

po i dati richiesti, oppure che non vi sia prosocietà civile, è un conto. Su cui verrebbero e... da parte di un ufficio pubblico quale siete, sto è fuori discussione. Una risposta, posso to la sua richiesta e stiamo verificando come uesta la pretendo! di non ricevere da parte delle Segreterie di ro molto sporadiche, e sempre indirizzate a pubblico dominio), d’ora in poi mi sono deci-

dette istituzioni avverrà, come in questo caso,

ettura o di risposta, dalla seconda comunicae richieste le pubblicherò su internet, a tutela à civile, tanto declamata da voi membri delle ngi dall’essere messa seriamente in atto. posta, della quale darò immediata comunii arriverà, e comunicandovi inoltre che se critto continuerà a denunciare questo atteg-

vete a me come ad ogni cittadino che vi con-

sposta a questa seconda comunicazione, Dott. Roberto Ciavatta

E siamo al terzo step. 23 novembre 2011 I due precedenti non sono mo lto not i alla pubblica opinione, dat comunicazione privata e il o che il primo dunque inaccessibile a chi secondo è stato divulgato solo sul social network “faè stata una non cebook”, lo util izza. Di cosa parlo? Di una rich iesta inviata il 23 ottobre (un Giustizia e per l’Industria, con la quale chiedevo di otte mese fa!) alle segreterie per la societarie del notaio Livio Bacciocchi, che servivano nere i dati relativi alle partecipazioni Don Chisciotte, che presie (e servono tuttora!) all’ass zioni della malavita organi do, per lanciare una campagna di sensibilizzazion ociazione e sulle infiltrazzata in Repubblica. Come associazione credia mo sar ebb e un ottimo segnale, fuori cittadini, un po’ come nelle confine, se un Bacciocchi -tuttora rinchiu terre di mafia, facesse un censimento delle attività gruppo di so nel carcere dei Casetti-, in partecipazioni, siedano nei oppure suoi familiari diretti, cui l’avv. con abbiano sig li d’a mm inis tra zione ecc. Il tutto allo scopo di promu possiblitata a farlo per car overe un consumo critico da parte della cittadinanza, enza di informazioni. Insom ad oggi imvoglio che i soldi che spe ndo finiscano in società in ma, se devo comprare casa ma non malavitosi, che devo fare? cui potrebbero esser conflui In Italia questa ricerca sar Evidentemente, a San Marino, confidare sulla buo ti capitali ebbe stata semplice: la tra na sorte. partecipazioni societarie, nonché l’informatizzazionesparenza degli atti giuridici e delle gere una richiesta nomina dei dati, avrebbe permesso tiva greterie di Stato competent . Da noi non è possibile, allora lo abbiamo chiest di svolo alle SeData l’assenza di risposta i. pubblicata su facebook il alle prime due comunicazioni (la seconda è stata inv 6 greterie di Stato: 1) nemmenovembre), non posso che sospettare tre scenari iata e per tali Sein tal caso la lotta alla mano loro sanno chi ha partecipazioni in attività sam ma fia rinesi (e è pu ra fac cia ta) ; 2) han né rispondono a chi ne fa richiesta (e cosa pensare no quei dati, ma non li divulgano andare di mezzo politici in tal caso? Forse che ci po un cavolo! Io voglio sapereo sponsor di politici? E non si tiri fuori la balla del trebbero la privacy: se coi mie i soldi finanzio “cosa loro” quei dati, e se ne fregano dei cittadini, delun camorrista!); 3) considerano caso non siamo più in de loro bisogno di chiarezza. E in tal Sono dunque con la presenmocrazia. te a rich ied ere alle due Segreterie di Stato inte tattate agli indirizzi info.giu ressat alla domanda lasciata nel stizia@gov.sm e segreteria.industria@gov.sm – di e – conrispondere cassetto per un mese. Altrimenti, dopo questa lett era pub blic a, scatterà il quarto step: telecamera, attenderemo armati di registr i nel bene o nel male, arrivi due Segretari sotto le rispettive sedi, affinché una atore e risposta, com e è giu sto e naturale che sia. E il online per amor di trasparen tutto verrà pubblicato za. Roberto Ciavatta

25 novembre 2011

e il Commercio ha ricevut o sportello aperto al pubbo la lico il detentore di tale inform ” Unico pertanto mi permett ane culturale di avvalersi, o ssionista e promuovere tale

Stato sta lottando da tre pulizia ed affidabilità alla osto, per cui riteniamo le miato ed inutile. Patrizia Gallo

Non ce n’è bisogno, e in ogni caso i testi qui pubblicati sottolineano come nostro intento fosse e rimane quello di conoscere dove potenzialmente si annidano capitali di provenienza incerta. Per combatterli, devi conoscerli.

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25 novembre 2011 Dott.ssa Gallo, dato che, come scrive, la sua Segreteria ha ricevuto la mia prima richiesta un mese fa, se aveste provveduto 29 giorni fa, o anche solamente dopo la seconda mail inviatavi, a rispondermi, non sarei stato costretto a divulgare tale e-mail alla stampa. Come scritto nella e-mail, del resto, se è vero che la cancelleria possiede i dati sulle partecipazioni, come specificato nelle precedenti non è possibile svolgere richieste nominative, dunque i dati non sono utilizzabili. Data la sua gentile indicazione, tuttavia, effettuerò nuova ricerca. Sul tema della trasparenza i fatti, a suo avviso incontrovertibili, sono per me interpretabili. Ad esempio non è trasparente, né serio, il dipendente di una Segreteria, quale lei è, che risponde con astio ad una legittima richiesta di un cittadino unicamente quando e perché la stampa ha divulgato il fatto, fregandosene bellamente del rapporto con la cittadinanza, per il rispetto della quale non è indispensabile essere uno “sportello pubblico”. Dato che la sua risposta è arrivata solo ora, significa che scrivere alla stampa è stata una giusta mossa. Riguardo alle minacce, non so di cosa parli, forse di una sindrome di accerchiamento.

La pregherei di riferirmi dove ravvede una qualsivoglia minaccia. Non ho mai minacciato nessuno, tanto meno in questa occasione, pertanto la prego di rileggere con più tranquillità le tre comunicazioni inviatevi, e di riflettere se a volte non sia il caso di rispondere ad una domanda senza sentirsi autorizzati di strom bazzare conclusioni senza fondamento. Ma in base a che presunta autorità lei si permette di definire “propagandistica” una richiesta di informazioni delle più innocenti? Quando penso al malfunzionamento della PA (e badi bene che pure io lavoro nella PA allargata), mi vengono in mente persone come lei, che al di là delle indiscusse -pur non conoscendola- qualità lavorative, dovrebbero quanto meno essere avviate a corsi di apprendimento dei modi con cui confrontarsi con il pubblico. Se ne vuole fare una questione personale, è libera di farlo (sbagliando, a mio umile avviso, bersaglio). Mia intenzione era e rimane unicamente quella di fare la mia piccola parte per rendere questo paese un po’ meno digiuno di informazioni. Continuerò. Libera di credere quello che vuole Roberto Ciavatta


L’autogestita: Oasiverde

Il Don Chisciotte

numero 48, dicembre 2011

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meglio ricaricabile Problemi di smaltimento di pile e batterie

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e pile sono certamente uno degli accessori che, sebbene non in bella vista, rappresentano un ruolo importantissimo nella nostra vita quotidiana. Le usiamo nei cellulari, nei riproduttori Mp3 e in quelli video portatili, negli orologi e, non dimentichiamolo, persino nelle automobili (batterie o accumulatori al piombo, riciclabili al 100%): si trovano praticamente ovunque ma una volta esaurite diventano “oggetti scomodi” e non sappiamo cosa farne. Ovunque si decida di buttarle, infatti, sbagliamo. Infatti tuttora non esiste un serio progetto di smaltimento nonostante siano uno dei maggiori fattori d’inquinamento ambientale. Dovrebbero essere gettate negli appositi contenitori gialli, ma purtroppo solo il 3% viene riciclato, mentre troppo spesso vengono gettate fra i rifiuti comuni con un comportamento scorretto e pericoloso per l’ambiente. Certo, diranno alcuni, per due batterie gettate nella pattumiera che danni si potranno mai causare alla natura? Ebbene, le pile e le batterie esauste sono estremamente inquinanti per i metalli pesanti che contengono, quali il piombo, il cromo, il cadmio, lo zinco, ma soprattutto il mer-

curio, il più pericoloso. Un solo grammo di mercurio contenuto in una singola pila se viene a contatto con una falda acquifera (cosa probabile nelle discariche ove c’è un contatto col terreno) può arrivare ad avvelenare più di 1000 litri di acqua!! E se calcoliamo che ogni anno in Europa vengono vendute migliaia di tonnellate di batterie, da quelle per cellulari (160mila tonn.), a quelle industriali (190mila) fino a quelle da veicolo (800mila), direi che il punto di vista debba cambiare!! Secondo gli obiettivi dell’Ue si deve fare di più, e in tempi brevi. Con una normativa del 2006 ogni Paese membro dovrebbe riciclare almeno il 25% delle pile e batterie sul proprio territorio entro il 2012, il 50% entro il 2016. Questa direttiva è stata recepita in Italia nel 2008 e prorogata al 2010. Ma sembra ci voglia ancora più tempo. Una delle misure più controverse è il principio secondo cui gli oneri industriali dovranno essere sostenuti dall’industria di settore, limitando la contaminazione generata dai loro prodotti e smettendo di affidarne l’onere ai governi o ai paesi virtuosi. Anche i negozi dovranno fare la propria parte: chiunque venda pile dovrà dotarsi di appositi contenitori per la raccolta delle esauste. Per quanto riguarda gli accumulatori esausti, almeno finché l’Italia non avrà un proprio impianto, verranno trattati in Francia e Svizzera. Eppure riciclare batterie può risultare economicamente vantaggioso vista la possibilità di ricavarne e riven-

derne il piombo. Ma come spesso succede, ci ha già pensato qualcuno. Sta infatti imponendosi sul mercato un vero e proprio settore che inizia con furti di batterie esauste (formate per il 65% di piombo e 28% da acido solforico), già presente nel Nord Italia (soprattutto Veneto e Lombardia) ma che da alcuni anni si sta spostando alle nostre latitudini. L’ultimo caso a Pesaro, dove i carabinieri nell’operazione “Piombo fuso” hanno scoperto un deposito di circa 7 tonnellate di batterie esauste pronte per essere imbarcate alla volta dell’Est Europa, dove viene estratto e rivenduto il piombo mentre è facile immaginare che fine facciano l’acido e la plastica di contorno. Fino ad ora officine meccaniche ed elettrauto seguivano questa una procedura di smaltimento: stoccavano le batterie in contenitori areati esterni, da cui ditte specializzate le ritiravano e le conferivano al COBAT (il consorzio che si occupa dello smaltimento). Ma ora capita spesso che le batterie vengano rubate dai contenitori esterni, obbligando le ditte a posizionare i cassonetti all’interno. Insomma finché non verrà trovato un metodo meno impattante sull’ambiente o attuato un reale progetto di smaltimento, il problema persiste. Dobbiamo trovare la soluzione che abbia meno svantaggi, cercando di fare un uso minimo di pile e soprattutto scegliere quelle ricaricabili, che rispetto a quelle usa e getta hanno una vita più lunga e convengono anche economicamente. Alcuni consigli per far durare

a lungo le vostre ricaricabili: – Usate le batterie in gruppi di 2 o 4 della stessa marca e tipo, comprate nello stesso momento: saranno sottoposte agli stessi sforzi, invecchieranno e moriranno insieme. Potete segnarle per riconoscerle dopo le ricariche e rimetterle insieme ogni volta. – Non usate mai una batteria nuova insieme ad altre più vecchie, né una appena ricaricata insieme ad altre scariche. Per non confondervi, separate le batterie a piena carica da quelle già utilizzate, conservandole in contenitori diversi. – Ricaricate le batterie solo poco prima di usarle: stando tanto tempo inutilizzate, possono perdere gran parte della loro carica. – Non portate le batterie sfuse in tasca: se entrano in contatto con oggetti metallici, come le chiavi, possono andare in corto circuito. Per quanto riguarda San Marino, i produttori di pile ed accumulatori presenti su territorio dovrebbero essere iscritti alla Camera di Commercio in un Registro, attraverso un rappresentante in Italia incaricato degli adempimenti previsti dal decreto. Sui rifiuti è arrivata anche la protesta del Comitato Liberaluso (la Valle Uso è quella utilizzata per i rifiuti di San Marino): «Dal 1994 San Marino conferisce 16 mila tonnellate l’anno di rifiuti a Ginestreto», è scritto nel documento, «In 17 anni questo Stato (…) non ha attivato alcuna misura per ridurre, recuperare e riciclare rifiuti. Se la responsabilità per la mancata gestione dei rifiuti (vedi raccolta differenziata, impianti di


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a scuola di... oasi N smaltimento e riciclo) vale per chi ha amministrato Napoli, non si capisce perché lo stesso criterio non valga per San Marino». * Con lo slogan «San Marino: importare ricchezza/esportare mondezza» veniamo paragonati a Napoli, e forse dovremmo prendere sul serio progetti come quello del porta a porta di Chiesanuova, allargandolo all’intera Repubblica affinché si occupi anche dei rifiuti speciali. L’AMS già dal 2006 propose il porta a porta, e l’ultimo piano dei rifiuti lo prevedeva, ma tra il dire e il fare… Oltre all’impegno dei cittadini in prima persona (anche al centro multiraccolta di San Giovanni si possono depositare rifiuti pericolosi, come pile, batterie e farmaci), ancora manca una sensibilizzazione adeguata e spesso i contenitori di pile sono scarsi o non ben segnalati. Inoltre occorrerebbe un impegno diretto da parte degli uffici della PA, affinché si facciano promotori di un metodo di lavoro che sia d’esempio e compatibile con gli interessi dell’intera comunità.

ovembre è stato un mese felice per gli animali di Oasiverde! Terminata la serra, abbiamo finalmente trovato il tempo per accogliere alcune classi di bambini che hanno portato ai nostri animali tante carote e altre leccornie!

La nostra Marta in particolare ha accettato di buon grado le coccole e le carote vinte dai bambini nel gioco dell’indovinello, dove hanno imparato a riconoscere gli alimenti preferiti dagli asini!!

la nostra pensioncina è

quasi terminata una piccola area adibita al pensionamento per cani, che ci aiuterà ad autofinanziare il progetto Oasiverde, con la gioia di Bata e Muffy, sempre ben felici di ricevere nuove compagnie a 4 zampe!!

*Italia Oggi, Numero 177 del 27/7/2011

attivita’ convenzionate

associazione oasiverde Sede legale: Strada Genghe di Atto, 122/b 47892 - Acquaviva (Rep. San Marino) Telefono: 335.7340580 Fax: 0549.944242 mail: info@oasiverdersm.org web: www.oasiverdersm.org IBAN: SM 22X03 26209 80000 00003 04885 COE: SM21783

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Il Don Chisciotte

L’Ippogrifo

numero 48, dicembre 2011

il gabbiano jonathan livingston Il Vostro corpo, dalla punta del becco alla coda, dall’una all’altra punta delle ali, non è altro che il vostro pensiero, una forma del vostro pensiero, visibile, concreta. Spezzate le catene che imprigionano il pensiero, e anche il vostro corpo sarà libero. di Angelica Bezziccari

Ogni mese, un discepolo era solito scrivere al Maestro un breve resoconto del suo progresso. Il primo mese, gli scrisse: “Provo un’espansione di coscienza e sperimento la mia unità con l’universo”. Il Maestro sorrise e gettò la lettera nel cestino. Il mese seguente, il discepolo gli scrisse: “Ho finalmente scoperto che il Divino è presente in tutte le cose”. Il Maestro rimase impassibile. Al terzo mese, le parole del discepolo esprimevano con entusiasmo: “Il mistero dell’Uno e dei molti mi è stato rivelato e sono in uno stato di totale meraviglia”. Il Maestro scosse la testa e ancora una volta gettò via la lettera. Nella lettera seguente il discepolo asseriva: “Nessuno è mai nato, nessuno vive, nessuno muore, perché l’ego non esiste”. Il Maestro alzò le braccia al cielo in un gesto di disperazione. Passò un mese, poi due, poi cinque e infine, dopo un anno di silenzio, il Maestro ritenne fosse giunto il momento di ricordare al discepolo che era suo dovere tenerlo informato sul suo progresso spirituale. Il discepolo scrisse: “A chi importa?” Quando il Maestro lesse questa frase, il suo volto s’illuminò di profonda soddisfazione. [storia taoista]

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uò un semplice romanzo breve racchiudere in sé molteplici significati? Leggendo questo libro si direbbe di sì. Pubblicato nel 1970 da Richard Bach, aviatore e scrittore statunitense, raggiunge fin da subito un grande successo, tant’è che è stato tradutto in decine di lingue. La trama è semplice e lineare: Jonathan è un gabbiano che si rifiuta di volare solo per procurarsi il cibo, peraltro in modo un po’ goffo, come fanno tutti gli altri. Decide di imparare a volare, questa volta sul serio, e di raggiungere la perfezione, per poi insegnare anche ad altri a volare come lui. Tutto qua? In realtà sono molti i temi che vengono svilippati, e il bello è che ognuno potrà darne un’interpretazione personale. Il primo significato che io leggo è il volo come metafora della vita. La maggior parte dei gabbiani, dunque degli esseri umani, sono visti come una massa (lo Stormo) che altro non fa che procacciarsi il cibo, dunque potremmo dire, lavorare. Ma veramente la vita è tutta qui e non vi è altro significato? Jonathan crede di no, vuole fare quello che gli piace, volare, e farlo nel migliore dei modi possibili. Imparare, scoprire cose nuove, essere liberi. Dedicarsi a qualcosa che veramente ci dà gioia e non solo farlo alla perfezione. Forse il concetto

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più importante che emerge è quello della perfezione, ma con un significato molto lontano da come la si intende di solito, cioè un qualcosa senza sbagli o errori. La perfezione è semplicemente realizzare la nostra natura, ascoltarci, essere presenti a sé stessi, qui e ora. Qualcosa che sembra banale, ma non lo è, sembra semplice, ma forse richiede ore e ore di esercizio, di vita, proprio come il gabbiano Jonathan ha dedicato tanto tempo al volo. Nella storia Richard Bach tira fuori anche il concetto di paradiso. Una sorta di ‘altro livello’ di vita, in cui Jonathan è trasportato, e dove gli vengono insegnate altre cose sull’esistenza. È facile, in questo senso, per un lettore cattolico leggere il significato che lui preferisce, soprattutto quando si parla del “Grande Gabbiano”. Anche se, devo dire, non sembra essere esattamente questo il messaggio. “Non t’è mica servita, la fede, per volare. T’è bastato l’intelletto: capire la faccenda. Sù, riprova”. Comunque sono presenti altre possibili metafore religiose, come i discepoli, a cui Jonathan insegna, o di perdono, per lo Stormo che l’ha esiliato come reietto. In questo, ad essere sospettosi, potremmo vedere una sorta di operazione di marketing di Richard Bach… In ogni caso la cosa stupefacente di questa storia è che in poche pagine vengono demoliti concetti che sono stati fondanti di un’intera epoca culturale. Ad esempio, la fisicità del corpo. Ad esempio, i concetti di tempo e spazio: “e la nostra amicizia dipendesse da cose come lo spazio e il tempo, allora, una volta superato lo spazio e il tempo, noi avremmo anche distrutto questo nostro sodalizio! Non ti pare? Ma se superi il tempo e lo spazio, non vi sarà nient’altro che l’Adesso e il Qui, il Qui e l’Adesso. E non si sa che, in questo Hic et Nunc, noi avremo occasione di vederci, eh, ogni tanto?” Per chi


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ha compreso ciò che veramente è, l’unica regola è adeguarsi a nessuno se non a sé stessi. E se vi sono limiti di qualsiasi tipo, qual è il trucco? “bisogna superarli un po alla volta, i nostri limiti, con un po’ di pazienza”. A questo punto forse qualcuno si chiederà se questo sia o sia stato l’ennesimo libro che ha cercato di propinare una nuova filosofia, una nuova verità o credenza (alcuni la possono chiamare con l’abusata espressione “new age” che invece ha un significato preciso). È chiaro che, in un’epoca ormai iniziata dai tempi di Nietzsche, in cui “Dio è morto”, l’Uomo è alla continua ricerca di Senso. Se questo senso non è più fornito dalle religioni, lo si cercherà altrove, ed è così che iniziano a prendere piede nuovi guru, che spesso ne fan-

no un lavoro, ed è proprio qui forse che bisogna iniziare ad avere qualche sospetto, quando si inizia a cavalcare l’onda del commercio, delle serie di libri e DVD. Tante persone sono lì in cerca di una Verità Unica, di una Spiegazione Suprema, di Un Ragionamento Lineare che spieghi il mondo e tutti i suoi meccanismi… l’Eterno Perché. Ogni epoca ci ha prospettato una Verità, e noi poveri esseri umani di volta in volta ci abbiamo creduto… in cerca di qualcosa di fisso, di reale, che desse senso alla vita, che fornisse la chiave della felicità. In cerca di Certezze. In cerca di una realtà che non esiste. Un daltonico non vedrà mai i colori di chi daltonico non è. Ma si può forse dire che i suoi colori,

perché diversi dalla maggioranza, sono meno reali? O che i raggi infrarossi non esistono perché sono invisibili all’occhio umano? Lo stesso principio lo credo applicabile a qualsiasi filosofia, credo religioso, concetto. La storia del Pensiero è un continuo ciclo e riciclo di filosofie e pensieri, costantemente rielaborate, a volte copiate. Rimangono le Leggi fisiche, che però sono vere fino a quando non arriva un’altra legge fisica pronta a smentire la precedente. Dopo aver dimostrato il superamento della velocità della luce, dopo essere giunti alla conclusione che la materia è praticamente “vuota”, potenzialmente credo che qualsiasi convinzione possa essere creata e distrutta con molta facilità, da nuove scoperte,o da nuove

intuizioni. Dovremmo forse ammettere che è molto raro giungere alla scoperta un’assoluta verità, o perlomeno di una verità completa. Il discernimento razionale e il buon senso, che ancora sono attivi in qualche umano, ci possono dare una grande mano in questo. E, se ricordiamo la favola del gabbiano Jonathan, in realtà egli non passa la vita seduto su uno scoglio a interrogarsi sul vero e sul falso. Lui agisce facendo quel che più gli piace, facendolo bene e con consapevolezza, secondo la sua natura. Solo da lì e per via di questo, la conoscenza (in senso molto lato, non intesa come sapere accademico) gli è data, come un dono, senza sforzo, trovato per caso, grazie ad altri gabbiani, e alle esperienze di volo, o di vita.


Il Don Chisciotte

Appunti di psicologia

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o studio della dissociazione trae origine nelle credenze e nelle pratiche riguardanti la possessione. Durante tale stato, la persona verrebbe invasa da un’entità estranea, la quale farebbe sì che la personalità del posseduto venisse sdoppiata, creando tutta una serie di manifestazioni tipiche divenute archetipicamente parte integrante del folklore religioso. Nel 1773, il dottor Franz-Anton Mesmer esercita medicina a Vienna. Durante quel periodo prende in cura una signorina di nome Cesterline, afflitta da una malattia convulsiva, i cui sintomi più spiacevoli comprendevano strazianti dolori ai denti e alle orecchie, a cui seguivano delirio, furore, vomito e sincope. Il fenomeno venne chiamato della “duplice anima”: una doppia mente, in uno stesso individuo. Mesmer decide di affrontare i disagi della paziente con una nuova tecnica ideata da lui stesso, nella quale si applicano delle calamite su stomaco e gambe. Il risultato, a detta del medico, fu sorprendente: la paziente riferì di sentire delle correnti dolorose di uno spirito sottile che le fecero cessare per ore tutti i sintomi. Successivamente Mesmer decise di fare a meno degli stessi magneti, poiché constatò di poter ottenere i medesimi risultati non più attraverso il magnetismo minerale, bensì quello animale. Egli considerò sé stesso come un potente emettitore di “fluido”, capace di produrre nel corpo del malato una crisi salutare, indispensabile per ristabilire in esso la libera circolazione del fluido bloccato. La produzione artificiale di codesta crisi costituisce la prima induzione di trance convulsiva spiegabile senza invocare l’intervento di forze divine. Nel 1775 Mesmer è invitato a recarsi, in qualità di esperto, presso un famoso esorcista

numero 48, dicembre 2011

L’esorcista Antony Hopkins in una scena del film “Il Rito” (2011)

possessione e dissociazione Ovvero quando lo psicologo si veste da esorcista di Davide Tagliasacchi nella diocesi di Ratisbona: gli si offre quindi la possibilità di poter mostrare che si possono raggiungere gli stessi risultati senza tradurre i disturbi in termini di possessione demoniaca. È un cambiamento importantissimo: si passa per la prima volta nella storia da un’interpretazione della trance di possessione in termini sovrannaturali, ad un’altra spiegazione di carattere naturalistico: se solitamente l’esorcista scatenava, attraverso il suo intervento, le convulsioni dei posseduti, allora interpretate come espressione del furore del demone, del suo odio per le pratiche religiose, la chiesa e i suoi rappresentanti, anche il magnetizzatore fa scattare una crisi nella medesima forma, ma con un altro tipo di interpretazione. L’isteria era una delle fonti essenziali della scoperta di Mesmer, ma per il medico essa rappresentava solo uno

sfondo accennato nelle sue descrizioni, ma mai teorizzato: egli riteneva infatti che esistesse una sola malattia, legata alla cattiva circolazione del fluido, ed un solo rimedio, il suo. Il primo vero studioso che cercò di approfondire l’argomento fu Charcot, grazie ai suoi studi legati all’ipnosi: con essi tentò di dare quel rigore scientifico che prima di allora era del tutto assente. Egli riuscì a distinguere quelle che venivano chiamate le stimmate dell’isteria, i segni permanenti, e l’attacco, sovente preceduto da segni precursori, come malessere diffuso, vomito, inappetenza, o al contrario, sovraeccitazione, allucinazioni, crampi. Durante la fase di attacco si succedevano regolarmente, come un rituale, due periodi ben distinti: il primo é chiamato periodo epilettoide. In esso vi si riscontrano tipici sintomi come per-

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dita di coscienza, roteazione dei globi oculari, ed una fase in cui gli espressivi muscoli del volto rendono la fisionomia orribilmente minacciosa. Il periodo principalmente esplosivo è quello di clownismo, denominato in tal modo perché i malati si esibiscono in vere e proprie prodezze, come gli acrobati e i clown. Si riscontrano agilità e forza muscolare fuori dal comune. Gli atteggiamenti sono illogici, strani, inaspettati, come il tipico arco di cerchio, nel quale il paziente è fortemente incurvato all’indietro. Nel 1895, quando la psicoanalisi come disciplina autonoma non è ancora costituita, Breuer e Freud presentavano l’isteria come effetto di una dissociazione interna alla coscienza. Freud, interessatosi alla demonologia, parla di dissociazione anche a proposito della possessione. Riguardo all’isteria, così scrive: “bisogna partire dall’importante scoperta di Breuer, vale a dire che i sintomi dell’isteria traggono la loro determinazione da alcune esperienze del paziente che hanno agito in modo traumatico, e che vengono riprodotte nella vita psichica del paziente sottoforma di simboli mnestici”. Da quel momento si verifica il passaggio dalla concezione dell’isteria in termini di doppia coscienza, alla teoria analitica. Freud rinuncia alla concezione della dissociazione come “altro stato di coscienza”, per aprire le porte allo studio della cognizione infiltrata e manipolata dai processi inconsapevoli, ai quali la coscienza non può avere spontaneamente accesso: il linguaggio non consapevole è un messaggio che necessita di decifrazione con lo scopo di riportare il malato alla scena durante la quale si sviluppa il sintomo. Nasce così lo studio dell’inconscio, il “posto del diavolo”.


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Gruppi d’Acquisto Solidale

il gasista sulla porta Forme di accoglienza e condivisione dell’universo dei gruppi di acquisto solidale di Stefano Palagiano

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l progetto “ospitalità gasata” rappresenta una risposta gasista al tema dell’ospitalità e una declinazione in senso ampio dello spirito di accoglienza, che tutti i GAS dovrebbero sempre vivere con passione. Su questo terreno, infatti, essi possono dire molto e giocare un ruolo di scambio e di condivisione importantissimo. L’ospitalità come stile di vita, come simbolo e potremmo anche dire come accoglienza della diversità pur nella somiglianza.Ne ho parlato con Massimo Lampa, del GAS Friarielli di Napoli, attuale coordinatore del progetto “ospitalità gasata”. Cos’è il progetto “ospitalità gasata”? Esistono molte reti di persone che operano nell’ambito dell’economia solidale (commercio equo, bilanci di giustizia, GAS…) e sempre è capitato a qualcuno di ospitare a casa propria persone che avevano necessità di soggiornare in una città per qualche giorno. Questa ospitalità consente a chi è ospitato di conoscere la cultura locale dall’interno e di risolvere rapidamente ed economicamente problemi logistici; a chi ospita di conoscere nuove esperienze. L’ospitalità GASata si propone di offrire questa possibilità nell’ambito della rete dei GAS. Gli aderenti ai GAS che

hanno voglia e possibilità di ospitare aderenti di altri GAS, che aderiscono all’iniziativa, in occasione di viaggi o tappe di viaggio, vacanze, convegni, danno i propri dati ad una segreteria che aggiorna periodicamente un file che viene poi messo a disposizione di quanti aderiscono al progetto. È un buon modo per “consumare criticamente” sulle necessità di soggiorno brevissimo, per scambiarsi reciprocamente le esperienze, per creare legami. A che punto è il progetto? Se ne può tracciare un bilancio? Il progetto è stato lanciato due anni fa da una socia del GAS La Montagna GASata di Montespertoli (Fi). Hanno aderito 60 famiglie e gli scambi di ospitalità sono stati una quindicina. Difficile trarre bilanci più approfonditi a causa della mancanza di uno strumento di comunicazione/partecipazione che consenta una stratificazione dei messaggi. Quale significato, soprattutto in termini culturali e relazionali, può rivestire il progetto? Quale valore aggiunto può dare all’esperienza dei GAS? Abbiamo sperimentato l’ospitalità gasata ed è stata una bella cosa. Non senza un certo imbarazzo iniziale perchè è un po’ faticoso sperimentare la gratuità in questo mondo. Ci siamo messi in contatto

con una famiglia di Roma che aveva aderito all’iniziativa. Essendo un’esperienza gratuita tu che sei ospitato, ti senti molto in imbarazzo perchè in qualche modo ti senti di dover ricambiare e ti viene in mente di fare un regalo: ma cosa? Da buoni romagnoli abbiamo risolto con dei prodotti alimentari locali acquistati attraverso il GAS e a qualcosa fatto da noi e … ci sembra che sia andato bene così. Conoscersi, chiacchierare e parlare dell’esperienza che ci accomuna è stato tutto molto semplice e simpatico. Nel nostro caso avevamo degli obiettivi abbastanza stringenti Luca partecipava ai campionati nazionali Master di Atletica Leggera e mia figlia voleva visitare Roma - perciò avevamo già un nostro programma e questo ci ha limitato nelle esperienze di conoscenza del territorio che una simile esperienza può offrire visto che noi GASISTI abbiamo sicuramente delle esperienze da trasmettere. Ci è dispiaciuto per esempio non poter vedere il mercatino dei prodotti locali organizzato nel quartiere (Pigneto) la domenica mattina e che era a rischio di essere eliminato perchè infastidiva un grande albergo a quattro stelle che si trova nelle vicinanze. Inoltre conoscere Roma attraverso un romano è tutta un’altra cosa. Quali sono i possibili

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sviluppi? Al momento si sta lavorando su due direttrici: la prima è la costruzione di uno spazio virtuale per consentire una comunicazione tra i membri più efficace e, principalmente, più collettiva. Attualmente la comunicazione si sviluppa su sollecitazioni del coordinatore e le risposte finiscono per arrivare solo a lui (credo per inesperienza informatica dei partecipanti); devo però dire che le risposte sono numerose e partecipate. La seconda soluzione è provare ad affiancare all’ospitalità GASata, basata su criteri di assoluta gratuità, proposte di accompagnamento da parte di gruppi locali di turismo responsabile, laddove gli ospitanti non fossero in grado di offrire una conoscenza adeguata della città. Questa idea nasce dalla voglia di affiancare allo scambio insito nell’accoglienza quello di conoscere i luoghi in una forma non convenzionale e che non potrebbe essere realizzata durante i pochi giorni di soggiorno; va anche nella direzione di sostegno allo sviluppo dell’economia locale. Secondo te, che valore ha essere ospitale per un gasista? Beh, credo che ospitare delle persone sia una cosa molto interessante e stimolante: parlando di esperienze diverse, la sera, intorno ad un tavolo e mangiando insieme, offre la possibilità di superare rapidamente l’imbarazzo della mancanza di conoscenza. Se a questa dimensione si aggiunge il fatto che si condividono idealità e progetti, la relazione diventa ancora più interessante. C’è poi un altro aspetto dello scambio di esperienze, quello che può contribuire a rendere la rete dei GAS più consapevole delle proprie possibilità. [Un sincero grazie a Massimo per la disponibilità]


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numero 48, dicembre 2011 Ci trovi anche su Facebook!

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buchi neri di Elena Guidi

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ra tantissimo tempo che non mi sdraiavo su un prato a guardare le stelle. Credo da quando, in montagna, con gli amici del campeggio, ci si inoltrava nel buio fino ai tavolacci di legno nella notte di San Lorenzo. Comunque, quella sera la temperatura era perfetta, il canto dei grilli assordante, le luci della riviera “più brillarelle che mai”, i ricordi della giornata abbastanza piacevoli da volerci fantasticare un po’ su in solitudine e il mio cane felice di starsene a zonzo con me. Ci avete mai fatto caso che le stelle, più le guardate e più ce ne sono? Poi dopo un po’ sembra persino che si avvicinino. Mi è venuta in mente una puntata di Quark che ho visto di recente, in cui si parlava dei buchi neri. Quei “luoghi” (o per meglio dire non-luoghi) in cui la materia collassa a una velocità tale da risucchiare tutto dietro di sé… in pratica un’incommensurabile implosione, che non riguarda però soltanto la materia, ma pure il tempo e lo spazio. Sarebbe a dire che questi punti – io li chiamerei “portali” – dell’universo si mangiano letteralmente materia, tempo e spazio (e luce, anche la LUCE). Vi rendete conto?? Una cosa spaventosa ma direi decisiva. Nel senso che una persona non può rimanere quella di prima dopo aver saputo della loro esistenza.

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Certo, tutti ne abbiamo visto almeno uno nel cartone animato di turno, ma sentirne parlare scientificamente è un’altra storia. Quello che mi ha colpito di più è che pare non siano fenomeni occasionali (la sorta di catastrofi cosmiche che ci immaginiamo), ma che ce ne sia uno in ogni galassia e che addirittura siano il fulcro generatore delle galassie stesse. Infatti, nel collassare violentemente verso l’interno, la materia (l’energia) provoca - quasi per risposta uguale e contraria - l’espulsione di altra materia ed energia, in un gioco di forze che, mantenendo l’equilibrio, alla fine dei conti permette l’esistenza di tutto quello che c’è lassù, insomma. Lassù, o quaggiù, che poi è lo stesso, non c’è differenza; che noi crediamo di essere quaggiù ma in-

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vece siamo lassù, o dappertutto o in nessun luogo… Assurdi antropocentrici che siamo. Come se avesse senso dire su o giù. Mi chiedo se resta ancora qualcuno che, dopo aver preso in seria considerazione la questione dei buchi neri, se la sente di continuare a credere in Dio… Cosa può esistere di più onnipotente di qualcosa capace di inghiottire il Tutto e allo stesso tempo di generarlo? Se Dio ci fosse, così come lo propinano a noi, beninteso, il buon vecchio con la barba verrebbe risucchiato anche lui da un buco nero! E se l’uomo è uno dei microcosmi che rispecchia fedelmente il macro - cosa che credo fermamente - non è geniale rendersi conto che anche noi siamo tutti dei buchi neri? In noi risucchiamo ciò che ci circonda, interpretandolo con

gli strumenti a nostra disposizione, e poi lo rigettiamo all’esterno rielaborato, quando interagiamo con il mondo; in noi inghiottiamo il tempo (dove se n’è andato tutto il nostro passato se non dentro di noi, e dove altro esiste il nostro futuro?), e la luce e lo spazio (chiudete gli occhi, la luce entra? Il fondo di voi stessi riuscite a toccarlo o a sentirlo?). Siamo dei divoratori e dei creatori cosmici, tutto è in noi e tutto viene da noi. Come si fa a rendersi conto dell’immensità di questa realtà e a continuare a vivere prendendo sul serio le risibili nostre faccenduole terrestri? Viviamo in superficie, e quando crediamo di essere profondi è perché abbiamo scavato un buco nel deserto col cucchiaino. http://newera74.blogspot.com/


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