NEL CUORE
TEORIA E METODO (CON UKULELE!)
ANTOLOGIA
STRUMENTI E STORIA DELLA MUSICA
EDUCAZIONE CIVICA E ORIENTAMENTO
TEORIA E METODO (CON UKULELE!)
ANTOLOGIA
STRUMENTI E STORIA DELLA MUSICA
EDUCAZIONE CIVICA E ORIENTAMENTO
ESTONIA
RUSSIA
Con la compagnia dei Balletti Russi fondata da Diaghilev si afferma il balletto moderno.
STATI UNITI
George Gershwin
John Cage
Leonard Bernstein
Steve Reich
FRANCIA
Si sviluppa la corrente dell’Impressionismo musicale.
FRANCIA
Claude Debussy
Edgar Varèse
Maurice Ravel
Lili Boulanger
Germaine Tailleferre
ITALIA
Con Puccini continua la grande tradizione operistica
Ar vo Pär t
RUSSIA
Igor Stravinskij
Sofija Gubajdulina
REPUBBLICA
CECA
Gustav Mahler
BRASILE
Heitor Villa-Lobos
IL CONTESTO
Guerre e grandi cambiamenti
A segnare i primi cinquant’anni del Novecento sono la Prima (1914-18) e la Seconda (1939-45) guerra mondiale. Negli anni successivi al primo conflitto si affermano in Europa le dittature totalitarie: Fascismo, Nazismo, Stalinismo. Al termine della Seconda guerra mondiale l’equilibrio politico è determinato dalla tensione tra Stati Uniti e UnioneSovietica («guerra fredda»). Nel 1989 la caduta del muro diBerlino segna l’inizio del crollo del blocco sovietico. Gli ultimi decenni del XX secolo sono
ITALIA
Giacomo Puccini
AUSTRIA
Arnold Schönberg
contrassegnati da conflitti in diverse parti del mondo. Negli anni Duemila crescono le migrazioni, soprattutto dall’Africa. Il mondo diventa un villaggio globale. Alla globalizzazione dell’economia si accompagna quella culturale.
Il processo tecnico e scientifico
Agli inizi del Novecento si affermano nuovi e rivoluzionari mezzi di trasporto come l’automobile e l’aeroplano. Nel campo scientifico nasce la fisica atomica, Albert Einstein formula la teoria della relatività.
muSica
1900
VideoBioGraFia
L’arte e la letteratura
La crisi di valori, provocata dalle trasformazioni economiche e sociali, condiziona gli artisti del Novecento che nelle loro opere manifestano inquietudine e bisogno dirinnovamento. Nascono nuove correnti culturali (Decadentismo e Futurismo) e artistiche (Espressionismo e Cubismo).
La musica come fenomeno di massa Nel Novecento la musica diventa un fenomeno di massa. Le sale da concerto e i teatri d’opera si moltiplicano e con loro nascono prestigiose orchestre sinfoniche.
La registrazione del suono determina nuovi modi di ascoltare la musica: dal fonografo alla radio, dalla tv fino a Internet, le tecnologie consentono una varietà illimitata di offerte musicali.
La nascita di nuove forme strumentali Nel Novecento le tradizionali forme musicali subiscono una profonda crisi e i compositori cominciano a utilizzare nuove tecniche compositive quali la musica atonale, la musica dodecafonica e la musica concreta. La musica diventa patrimonio di tutti e si affermano generi come il rock e il pop. In particolare, negli ultimi anni, anche la musica “colta” predilige le contaminazioni tra generi diversi.
1920
1903 Con Schönberg nasce la dodecafonia
1931
Nasce la prima chitarra elettrica
1935
A Broadway viene presentata l’opera Porgy and Bess di Gershwin
Viene assassinato Umberto I
1914
Inizia la Prima guerra mondiale (si concluderà nel 1918)
1929 Grande crisi economica in America
1939
Inizia la Seconda guerra mondiale (terminerà nel 1945)
1947 Inizio della «guerra fredda»
1965
1975
Nasce il Personal Computer
1989
1992
Muore John Cage, ideatore della musica aleatoria
Caduta del muro di Berlino
2001
Attacco terroristico alle Torri Gemelle di New York
Nasce YouTube
2011
Inizia la guerra in Siria
Nei primi anni del XX secolo entra in crisi il modello tradizionale di orchestra. Se fino all’Ottocento essa comprendeva le famiglie strumentali di archi, legni, ottoni e percussioni, nel Novecento si iniziano a comporre brani per formazioni molto diverse fra di loro. A partire dal 1910, dopo la massima espansione dell’orchestra sinfonica che arriva a più di cento elementi, si tende alla riduzione del numero degli strumenti e i compositori preferiscono l’orchestra da camera.
L’interesse crescente per il ritmo determina un potenziamento e una maggior varietà della sezione degli strumenti a percussione. Compaiono nuovi tipi di tamburi, gong e strumenti a suono determinato come lo xilofono, il vibrafono, la marimba e il Glockenspiel. Alcune composizioni sono scritte solo per strumenti a percussione.
La differenza fra suono e rumore è sempre più ridotta: alcuni musicisti cercano nella vita di tutti i giorni effetti sonori e rumori, per rendere ancora più realistica la propria musica. Per esempio le eliche d’aeroplano, le sirene, le macchine da scrivere sono inserite nelle composizioni per rappresentare una società dinamica. Anche gli strumenti tradizionali sono a volte modificati: il pianoforte, ad esempio, viene “preparato” inserendo oggetti di metallo fra le corde per modificarne il suono.
Grazie ai progressi dell’elettronica sono stati inventati strumenti completamente nuovi come le onde Martenot (ideato nel 1928 dal musicista Maurice Martenot) o il theremin (inventato dal fisico sovietico Lev Sergeevič Termen).
A metà degli anni Sessanta grazie a Robert Moog nasce il primo sintetizzatore. Ma la rivoluzione maggiore avviene negli anni Ottanta, quando il personal computer introduce modi nuovi di realizzare le composizioni, mettendo a disposizione del musicista un sistema completo per registrare, arrangiare, modificare ogni particolare del brano. Oggi, con programmi appositi, si possono “campionare”, cioè riprodurre i timbri degli strumenti tradizionali, o inventarne di nuovi, realizzare spartiti, memorizzare e trasferire file musicali. La tecnologia digitale e la microelettronica ci permettono di manipolare i nostri brani anche sullo smartphone e sui tablet.
Le percussioni della BBC Orchestra. La sorella di Maurice Martenot suona le onde Martenot.Il sintetizzatore è uno strumento monofonico (in grado di riprodurre un suono per volta) e monotimbrico (in grado di eseguire un timbro per volta). Oggi, grazie alla tecnologia digitale, i sintetizzatori (comunemente chiamati anche tastiere o pianole), oltre a essere polifonici e politimbrici, possono campionare (cioè memorizzare) le timbriche e i tratti tipici degli strumenti tradizionali, rendendo la loro riproduzione molto più realistica.
Attrezzatura presente in un moderno studio di registrazione: in primo piano un sintetizzatore collegato a un tablet.
L’organo Hammond, inventato nel 1935 da Laurens Hammond, inizialmente è destinato alle chiese che non possono permettersi un costoso organo a canne. Con il passare del tempo, grazie al suo timbro morbido e suadente che si integra perfettamente con gli altri strumenti, inizia a essere utilizzato da gruppi rock, blues e jazz. È dotato di una serie regolabile di timbri che generano un suono caldo e vibrante; ha il pregio di amalgamare tutti gli strumenti e di sostenere l’intonazione delle voci anche con suoni soft.
Dal 1931, data della sua invenzione, a oggi la chitarra elettrica si è evoluta costantemente nella struttura, nella forma e nella qualità dei componenti.
All’inizio si tenta di amplificare il suono di una chitarra acustica, ma poi ci si accorge che la cassa armonica, oltre a produrre effetti sonori indesiderati, risulta quasi inutile e ingombrante. Così lo spessore della cassa viene ridotto e i pick-up (i rilevatori di suono posti sotto le corde) diventano via via più numerosi.
Il chitarrista inglese
Eric Clapton, soprannominato Slow hand («mano lenta») per il suo modo di suonare.
I grandi costruttori scelgono per ogni genere musicale una tipologia diversa di chitarra: più bombata e spessa per il jazz, come la semiacustica costruita da Gibson; compatta e sottile per il rock, come la solid body inventata dal costruttore Fender.
Dagli anni Trenta del ventesimo secolo a oggi il successo e la diffusione di questo strumento sono stati inarrestabili, spinti anche dall’industria discografica e dal successo dei grandi gruppi rock e da solisti come Jimi Hendrix, Carlos Santana ed Eric Clapton.
La chitarra elettrica, non avendo una cassa armonica, ha bisogno di un amplificatore per potenziare il suono. Le vibrazioni quasi impercettibili delle corde vengono trasformate in corrente elettrica da una serie di pick-up (dispositivi simili a minuscoli microfoni).
Parole chiave: amplificatore • pick-up
Jimmy Smith con le sue esibizioni ha reso famoso l’organo elettrico Hammond B3.Fin dai primi anni del Novecento la musica e le altre arti subiscono cambiamenti rivoluzionari. I criteri che avevano guidato e ispirato gli artisti nei secoli precedenti vengono completamente superati nella ricerca di soluzioni più vicine alla nuova sensibilità artistica. Nuovi mezzi di riproduzione permettono una rappresentazione perfetta della realtà, pertanto l’interesse dell’artista si sposta verso un’interpretazione intima e personale.
Anche nella musica l’armonia e la melodia vengono progressivamente abbandonate in favore delle dissonanze (suoni non in armonia tra loro) che creano attrito e tensione.
1. Nel Novecento il progresso tecnologico fornisce la nascita di nuove forme d’arte: quali?
A La danza B La pittura C La fotografia D Il cinema
2. Il frammento di Schönberg quale stato d’animo suscita?
Schönberg Serenade op. 24 (frammento)
A Rilassamento B Indifferenza C Tensione D Noia
3. Quale immagine useresti per la copertina del CD di questo brano?
4. Per creare situazioni di attrito e tensione quali elementi utilizza il compositore?
A Dissonanze
B Lunghe pause
C Melodie orecchiabili
D Suoni acuti
Il concetto di ritmo nella musica contemporanea viene profondamente rivisto. Quello regolare e ben scandito che per secoli aveva dato sicurezza e stabilità al pensiero musicale è considerato troppo limitante per le nuove esigenze espressive. I musicisti, ispirati anche da nuovi generi come il jazz, si liberano da ogni vincolo del passato, cercando la libertà espressiva assoluta.
6. Indica due aggettivi che definiscono il ritmo di questo frammento.
Stravinskij
La sagra della primavera (frammento)
A Regolare B Imprevedibile C Molto marcato D Delicato
7. Quale nuovo genere influenza i compositori di questo periodo?
A La musica popolare B Il jazz C La musica per banda D La musica sacra
La musica del Novecento è ricca di effetti sonori ottenuti con i mezzi più svariati. Al suono degli strumenti musicali si aggiungono talvolta rumori ambientali come il ticchettio di una macchina da scrivere, un colpo di pistola o la sirena di una nave. Simile a un pittore, il compositore aggiunge alla “tavolozza” dei timbri orchestrali nuovi effetti sonori che usa qua e là come macchie di colore vivo.
8. Il frammento di Cage è caratterizzato dalla presenza di:
Cage
Sonata ed interludi per pianoforte preparato (frammento)
A soli suoni B soli suoni gravi C soli suoni acuti
9. Gli effetti sonori utilizzati da Cage causano un senso di:
A indifferenza B sorpresa
D suoni e rumori
C ammirazione D noia
10. Come definiresti l’altezza degli effetti presenti nel brano?
A Determinata
B Sempre uguale
C Indeterminata
D Molto grave
Giacomo Puccini nasce a Lucca nel 1858. La famiglia non dispone di grandi mezzi economici, ma Giacomo è avviato alla musica per seguire la strada dei suoi antenati, tutti musicisti. Puccini, compositore di melodrammi, è considerato l’erede di Giuseppe Verdi. Tra le sue opere più conosciute: Manon Lescaut, La Bohème, Madama Butterfly, La fanciulla del West e Turandot. Egli possiede una straordinaria abilità di orchestrazione: riesce a far suonare gli strumenti dell’orchestra in modo molto elegante. È considerato il maggior esponente del Verismo musicale. Muore a Bruxelles nel 1924.
Gli anni di Lucca
Giacomo Puccini nasce a Lucca nel 1858, cinque anni dopo il debutto della Traviata di Verdi.
La famiglia è di antica tradizione musicale, ma non dispone di grandi mezzi economici.
Per di più, Giacomo resta orfano del padre a sei anni.
La madre, nonostante le cattive condizioni economiche, vuole assolutamente che il figlio percorra la strada che è stata dei suoi antenati, fin dal XVIII secolo, a par-
tire dal trisavolo omonimo, Giacomo, compositore e maestro di cappella. Uno zio materno si offre di impartire al nipotino le prime nozioni musicali.
A dieci anni entra a far parte del coro della chiesa di San Martino, in Lucca: presto l’organo della chiesa ha pochi segreti per lui e, infatti, a Giacomo, appena quindicenne, viene affidato il ruolo di organista in diverse chiese della zona.
La scelta di diventare operista
Nel 1875, a diciassette anni, Puccini si fa a piedi una ventina di chilometri fino a Pisa per ascoltare l’Aida di Giuseppe Verdi e ne resta talmente colpito che la sua decisione è presa: seguirà le orme di Verdi, il «Cigno di Busseto», e diventerà anche lui operista.
Dopo aver finito gli studi a Lucca, Puccini debutta a Milano prima con l’opera Le Villi (1884), poi al Teatro alla Scala con Edgar (1889). Non viene fischiato, anzi, ma i guadagni sono insufficienti a garantirgli un tenore di vita decoroso. La situazione cambia soltanto quando il compositore comincia a riscuotere i primi diritti d’autore sulle sue opere.
Inizia così per Puccini un periodo più favorevole: si trasferisce in una villa a Torre del Lago, presso Viareggio, luogo che, nella felicità e nel dolore, sarà per lui un approdo sicuro.
Da Manon Lescaut a Madama Butterfly
È a Torre del Lago che Puccini compone nel 1893 Manon Lescaut, dal nome della giovane protagonista: portata in scena a Torino otto giorni prima che vi venga rappresentata Falstaff, l’ultima opera di Verdi, Manon Lescaut è un successo clamoroso e consacra Puccini come erede del suo idolo.
La carriera di Puccini da allora non conoscerà più ostacoli: la sua ispirazione, sulla scorta dei primi successi, diventerà sempre più potente, dando vita a indimenticabili capolavori e rendendolo ricco e famoso in tutto il mondo.
Compone La Bohème, dove gli squattrinati artisti che la sua musica renderà immortali – il pittore Marcello e il poeta Rodolfo, insieme alla tenera Mimì – ricordano la povertà che Puccini ha patito a Milano prima di diventare un compositore famoso: diretta nel 1896 da un giovane direttore d’orchestra, Arturo Toscanini, La Bohème è un trionfo, almeno per quanto riguarda il pubblico, spesso più sensibile e intuitivo dei critici.
Segue Tosca, nel 1900, a Roma: è la consacrazione. Nel 1904 compone Madama Butterfly, altra tragica storia d’amore che, dopo un primo insuccesso a Milano, diventa una delle opere più conosciute ed eseguite ancora oggi.
Il successo internazionale Puccini attraversa l’oceano e, preceduto dalla sua fama, viaggia in Sudamerica e negli Stati Uniti.
È proprio l’esperienza americana che ispira a Puccini l’idea dell’opera che molti considerano il suo capolavoro, La fanciulla del West, presentata a New York nel 1910.
L’ispirazione del maestro è ancora potente e produce prima
Il Trittico (Gianni Schicchi, La Rondine, Suor Angelica), nel 1918, poi Turandot, il capolavoro incompiuto: colpito da un malanno, nel 1924, all’età di sessantasei anni, Puccini muore a Bruxelles in seguito a un intervento chirurgico.
Le tragiche eroine di Puccini. Particolare del diploma conferito allo stesso autore toscano dai Musici di Buenos Aires in occasione di una sua visita nel 1905. Rodolfo e Marcello, personaggi della BohèmeL’erede di Verdi
Giacomo Puccini è l’erede di Giuseppe Verdi, come sognava a diciassette anni.
Il suo stile si caratterizza per una straordinaria efficacia drammatica. I suoi personaggi, infatti, sono ricchi della stessa intensa drammaticità di quelli del suo grande predecessore, ma Puccini riesce ad aumentare ancora il loro spessore umano. Questo grazie anche a due librettisti – i poeti, o letterati che stendono il testo da musicare – come Giuseppe Giacosa e Luigi Illica.
Se i personaggi di Illica e Giacosa sono tratteggiati e parlano con un’umanità sorprendente, anche quando sono inseriti in un ambiente “visionario” come il lontano Giappone di fine Ottocento di Madama Butterfly o la Cina fiabesca di Turandot, Puccini compie il miracolo di rivestirli di una musica molto moderna e allo stesso tempo aderente al loro carattere, senza mai eccedere, ma con la precisa volontà di sottolineare le loro emozioni, i loro dolori, le loro gioie. Inoltre Puccini possiede una “naturale”, straordinaria abilità di orchestrazione: riesce cioè a far suonare gli strumenti dell’orchestra con un’eleganza impareggiabile. E nel fare questo il compositore non si accontenta di formule già sperimentate: è audace e, oltre al suo istinto musicale, accoglie le suggestioni che la musica moderna di quei decenni produce senza sosta.
A ragione Giacomo Puccini è considerato unanimemente il più importante esponente di quella corrente chiamata «Verismo», insieme a Pietro Mascagni (18631945) e Ruggero Leoncavallo (1857-1919). L’opera verista, in modo simile all’omonima corrente letteraria, ha come protagonisti personaggi che sembrano reali, dei quali descrive le passioni e i sentimenti.
Il nome di Puccini non è però legato solo al Verismo e rimane uno fra i compositori più stimati di tutto il Novecento. Infatti Arnold Schönberg, forse il più eversivo fra gli autori del XX secolo, dichiara la sua passione nei confronti della musica di Tosca, allo stesso modo Igor Stravinskij esprime senza riserve la sua ammirazione per La Bohème.
I compositori Pietro Mascagni e Giacomo Puccini fotografati al pianoforte. Scena dall’opera Tosca.La prima della Turandot si tiene alla Scala di Milano il 25 aprile del 1926. Viene diretta da Arturo Toscanini, che a un preciso punto dell’Atto III ferma l’orchestra, depone la bacchetta e rivolto al pubblico con voce commossa afferma: «Qui finisce l’opera perché a questo punto il Maestro è morto».
L’opera è ambientata in Cina e narra la storia della crudele principessa Turandot che, in seguito alle pressioni del padre perché si sposi, organizza una gara tra i suoi pretendenti, che dovranno risolvere tre indovinelli: il vincitore potrà sposare la principessa, ma chi sbaglia pagherà con la vita. Sarà un principe sconosciuto (per questo chiamato Ignoto), che non solo si aggiudicherà la vittoria, ma con il suo coraggio e il suo amore conquisterà il cuore di Turandot.
Bozzetto per il costume della principessa Turandot.
Siamo nel III Atto, il Principe ha risolto i tre indovinelli, ma, spinto dall’amore, decide di dare alla principessa una prova del suo sincero affetto: se prima dell’alba Turandot scoprirà il suo vero nome, egli le sacrificherà ugualmente la sua vita. La Principessa allora ordina che a Pechino quella notte nessuno dorma per cercare di scoprire il nome del Principe. Seduto sui gradini della reggia, il Principe (il cui vero nome è Calaf) attende l’alba intonando una dolce melodia. Il brano si apre con un tema accompagnato dagli archi e dall’arpa, dal carattere quieto e pensieroso; segue il secondo tema, sicuro e carico di passione; riappare poi il primo tema leggermente variato e interrotto dalle voci lontane del coro femminile. Il tenore conclude l’aria con un crescendo carico di calore ed emozione, magnificamente accompagnato dall’orchestra. Il finale culmina in un fortissimo, in cui viene ripetuto per tre volte: Vincerò�
1. Il brano si apre con:
A l’orchestra
B il solista e l’orchestra
C il solista
D il coro
2. Quale versetto ripete il cantante?
3. Da 0.17 il tenore esegue il primo tema, che ha un carattere:
A agitato
B gioioso
C lento e orecchiabile
D ritmato
4. A 0.50 appare il secondo tema che, rispetto al primo, ha un carattere:
A più deciso e carico di passione
B insicuro e malinconico
5. A 1.55 appare il coro femminile che ha una sonorità:
A forte
B piano
C fortissimo
D pianissimo
6. Quale parola viene ripetuta tre volte nel finale?
7. Il brano si conclude con:
A l’orchestra
B il coro
C il solo tenore
D il tenore e l’orchestra
8. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.
1. Il Principe risolve i tre indovinelli. V F
2. L’aria Nessun dorma si svolge nel II Atto. V F
3. La Principessa ordina che a Pechino nessuno deve dormire per scoprire il nome del Principe.
4. Il Principe si chiama Calaf.
Igor Stravinskij nasce vicino a San Pietroburgo, in Russia, nel 1882. Appartiene a una ricca famiglia e il padre, sebbene sia cantante d’opera, ha già deciso per lui un futuro da avvocato. Quando il padre muore, il giovane si dedica allo studio della musica e, nel giro di pochi anni, ottiene un successo straordinario. Tra i suoi maggiori successi i balletti La sagra della primavera (che alla prima rappresentazione fu un totale insuccesso) e Petruška. Una delle caratteristiche della musica di Stravinskij è la forte presenza del ritmo scandito con precisione ora dalle percussioni, ora dagli archi. Muore a New York nel 1971.
Igor Stravinskij nasce in Russia, vicino a San Pietroburgo, nel 1882.
La musica in famiglia è... di casa: il padre è un famoso cantante, primo basso dell’Opera Imperiale di San Pietroburgo. Il piccolo Igor studia musica, imparando a suonare il pianoforte (come tutti i figli delle ricche famiglie ottocentesche), ma soprattutto, seguendo il padre, si immerge nell’atmosfera del teatro.
I suoi genitori, però, hanno altri progetti per lui e vogliono che il figlio diventi un avvocato.
Il padre muore quando Stravinskij ha vent’anni e da quel momento Igor, libero dalle pressioni familiari, comincia seriamente a studiare musica sotto la guida del compositore Rimsky-Korsakov (1844-1908).
A una rappresentazione di Fuochi d’artificio, una delle prime opere di Stravinskij, è presente Sergej Diaghilev (1872-1929), uno dei più importanti impresari teatrali russi. Diaghilev intuisce che il giovane Stravinskij ha davanti a sé un futuro brillante e lo chiama a Parigi, dove nel frattempo ha fondato la compagnia dei Balletti Russi.
Balletti rivoluzionari
Nel 1910, a Parigi, Stravinskij presenta l’opera sinfonica L’uccello di fuoco: ha ventotto anni e da quel momento, e per tutto il resto della sua
vita, sarà celebre in tutto il mondo. Nella capitale francese Stravinskij vive a stretto contatto con tutti i fermenti che animano la vivacissima città nel campo dell’arte, della musica e della poesia.
Sempre su commissione di Diaghilev, nel 1911 Stravinskij scrive i balletti Petruška e, nel 1913, Le Sacre du Printemps (La sagra della primavera), opera che risulta rivoluzionaria alle orecchie dei suoi contemporanei.
Nel 1939 si trasferisce negli Stati Uniti, dove continua la sua attività di compositore e di autore di musiche per film. Muore a New York nel 1971.
Bozzetto di Aleksandr Benois per la scenografia del balletto Petruška rappresentato nel 1947.Stravinskij crea uno stile personalissimo, che influenzerà molti futuri compositori.
È possibile rintracciare alcuni elementi ricorrenti nel suo modo di comporre, come il rigore ritmico, i colori nitidi, l’orchestrazione mai accademica, anche nello svariato repertorio di generi che egli sperimenta. Nel 1919 scrive per un piccolo organico di sette musicisti l’Histoire du Soldat (Storia del soldato), su testo del poeta e amico Charles-Ferdinand Ramuz: la Rivoluzione russa lo ha privato dei suoi averi e Stravinskij immagina di diventare un suonatore di strada e di esibirsi nelle piazze delle maggiori città europee per racimolare un po’ di soldi. Il risultato è un superbo esempio di musica moderna.
Riconosciuto come uno dei più geniali compositori contemporanei, Stravinskij non solo sperimenta nuove soluzioni, ma recupera stili e modalità compositive anche dal passato.
Conosce il jazz e ne trae ispirazione per Ebony Concerto per clarinetto e jazz band (1946); utilizza l’oratorio seicentesco per riprendere il mito edipico, tradotto in
Nel panorama musicale del Novecento svettano la figura di Igor Stravinskij e la sua opera forse più famosa, La sagra della primavera.
La prima rappresentazione avviene a Parigi il 28 maggio 1913.
Il colto e raffinato pubblico francese conosce già lo stile del geniale compositore russo, avendo apprezzato due sue opere precedenti, L’uccello di fuoco e Petruška, e si reca a teatro con la prevedibile curiosità che suscita una prima assoluta.
L’opera propone una musica talmente nuova da lasciare il pubblico sbalordito, tanto che scoppia una colossale protesta teatrale, con spettatori che urlano, litigano fra loro, scagliano sedie sul palcoscenico, se ne vanno indignati.
I resoconti dell’epoca sono concordi nell’affermare che il fracasso superava di gran lunga il volume
chiave moderna, con l’Oedipus Rex (Edipo re, 1948) e riprende le formule dell’opera settecentesca in The Rake’s Progress (La carriera di un libertino) del 1951. Infine, esplora la serialità dodecafonica con Canticum sacrum (Cantico sacro, 1955).
Anche da questa sua capacità di avvicinarsi a generi diversi si comprende come Stravinskij sia uno degli interpreti più vivi e lucidi del pensiero musicale.
dell’orchestra, peraltro molto nutrita e impegnata in una serie di passaggi di estrema potenza sonora. Qualcuno ha anche ipotizzato che in realtà sia stato l’apparato scenico – coreografie e scenografie – a essere così esageratamente provocatorio da disorientare il pubblico.
Il compositore Maurice Ravel (pp. 482-483), invece, celebra la definitiva affermazione di Stravinskij nell’Olimpo dei più grandi compositori del Novecento.
Un anno dopo, La sagra della primavera viene eseguita in forma di concerto, cioè senza balletto e scenografie, e ottiene un grandissimo successo: nessuno più protesta, tutti ascoltano in assoluto silenzio ogni suono, con un finale di scroscianti applausi a scena aperta.
La ballerina russa Tamara Karsavina nell’Uccello di fuoco, 1910.Il balletto moderno nasce con le musiche di Debussy, Ravel e Stravinskij, ma anche con il supporto dell’impresario teatrale Sergej Diaghilev, uno dei promotori, insieme ad altri artisti russi, di una corrente innovatrice del balletto e fondatore della famosa compagnia di ballo dei Ballets Russes (Balletti Russi).
La stagione dei Ballets Russes, che si inaugura a Parigi nel 1909, comporta novità non solo sul piano musicale ma anche sul piano scenico: costumi e scenografie sono opera di pittori e artisti che assumono il ruolo di scenografo o costumista. Questi interventi aggiungono originalità e determinano criteri di allestimento mai visti fino ad allora. Le produzioni dei Ballets Russes promuovono figure, soprattutto maschili, di danzatori leggendari, fra i quali primeggia Vaclav Nizˇinskij (1889-1950).
Un’altra figura fondamentale nella svolta che il balletto conosce agli inizi del XX secolo è quella della danzatrice americana Isadora Duncan (1877-1927), che porta da oltreoceano idee nuove: movimenti del corpo, focalizzazione del baricentro, passi e figure improntate a una naturalità prima schiacciata dal rigore della tecnica.
Nella Sagra della primavera Stravinskij rappresenta in musica la primavera, ma in modo completamente diverso da come l’avevano fino ad allora descritta gli altri compositori. Non più una dolce e melodiosa rappresentazione della bella stagione, dello scorrere dei ruscelli accompagnati da canti e danze, ma un dirompente e violento risveglio delle forze della natura che si ridestano per generare i propri frutti.
Il balletto non segue una vera e propria trama, ma vi sono rappresentate una serie di scene ambientate nell’antica Russia: le primitive tribù slave di religione pagana salutano, dopo il gelido inverno, il ritorno della primavera con riti propiziatori crudeli e barbari.
Nel secondo episodio del balletto, dopo la comparsa degli àuguri (sacerdoti indovini), le adolescenti iniziano la danza che celebra il ritorno della primavera.
Il brano, eseguito da un’orchestra di grandi dimensioni, è caratterizzato da un ritmo esasperato e da accordi politonali (impiego contemporaneo di due accordi diversi) molto dissonanti. Gli archi fanno subito il loro ingresso e in modo percussivo eseguono gli accordi politonali. Non c’è una melodia definita e cantabile, ma solo brevi frasi melodiche affidate ai fiati (tromba, fagotti, corno, flauto). Il ritmo è il vero, indiscusso protagonista.
1. L’aspetto predominante del brano è rappresentato:
A dalla melodia
B dalla dinamica
2. A eseguirlo sono:
A solo le percussioni
C dal ritmo
D dalla velocità
B vari strumenti con note ribattute
3. Quali sensazioni ti comunica l’ascolto?
4. L’atmosfera evocata dalla musica è:
A primitiva e selvaggia
B salottiera
C raffinata
D sportiva
5. Questa musica si può definire:
A percussiva
B tradizionale
C orecchiabile
D dissonante e ritmica
Germaine Tailleferre nasce nel 1892 nei dintorni di Parigi da una famiglia che, pur avviandola agli studi musicali in tenera età, non vuole che la ragazza trasformi questa sua passione in una professione. Germaine però non accetta l’imposizione della famiglia e a vent’anni si trasferisce a Parigi dove frequenta l’ambiente culturale della capitale. Insieme a cinque musicisti, lei, unica donna, fonda il Gruppo dei Sei, che lavorerà a diversi progetti, tra cui il balletto Gli sposi della Tour Eiffel. Per tutta la vita, tra alti e bassi, Germaine Tailleferre inseguirà il suo più grande amore, la composizione. La sua produzione è vastissima e spazia dalla musica solistica a quella da camera, dai balletti ai concerti, dalle opere liriche alla musica sinfonica. Muore a Parigi nel 1983.
Uno spirito ribelle e innovativo
Germaine Tailleferre nasce nel 1892 a Saint-Maur-desFossés, un comune nei dintorni di Parigi, in una famiglia che, pur avviandola agli studi musicali in tenera età, non accoglie di buon grado la sua intenzione, che fin da ragazza manifesta, di trasformare il dilettantismo in professione. Germaine ha uno spirito ribelle, non aspira al solo insegnamento, attività considerata “adatta” a una donna, ma punta alla composizione, che era ancora appannaggio esclusi-
vo del mondo maschile. Così a vent’anni si trasferisce nella grande Parigi, dove studia con Ravel, e dove incontra altri musicisti particolarmente in voga come Milhaud e Honegger. Assieme a loro frequenta l’ambiente culturale parigino: oltre a musicisti, conosce letterati e pittori e frequenta i circoli più d’avanguardia condividendone lo spirito innovativo.
Il gruppo francese “Les Six” (nella Parigi di inizio Novecento) comprende cinque uomini e una donna e si ispira alle ambizioni estetiche del poeta e drammaturgo Cocteau: «Basta con le nuvole, le onde, gli acquari, le ondine e i profumi notturni. Per noi ci vuole una musica terrestre, una musica concreta, una musica di tutti i giorni!». Nella foto, da sinistra: Darius Milhaud, la caricatura di Georges Auric, Arthur Honegger, Germaine Tailleferre, Francis Poulenc, Louis Durey, e Jean Cocteau al piano.
Una donna tra i “Les Six”
Nel 1917 il suo pezzo per due pianoforti, Giochi all’aperto (Jeux de plein air), viene eseguito a una serata dei “Nouveaux Jeunes” (Nuovi Giovani), gruppo animato dal drammaturgo Jean Cocteau. La compositrice entra a pieno titolo nell’élite culturale parigina e frequenta grandi personalità come Apollinaire, Picasso, Braque e altri ancora. È il tempo in cui si intrecciano i linguaggi della letteratura, della pittura e della musica, un processo fondamentale nell’Europa di inizio Novecento.
A Parigi si distingue il gruppo dei musicisti “Les Six” (Gruppo dei Sei), composto da cinque uomini – Arthur Honegger, Louis Durey, Darius Milhaud, Georges Auric, Francis Poulenc – e una donna: lei, Germaine Tailleferre. Il primo grande passo di una compositrice per uscire
dall’ombra e mettersi alla pari è compiuto. I sei lavorano insieme a molti progetti, tra i quali il balletto su soggetto di Jean Cocteau Gli sposi della Tour Eiffel (1921).
Comporre: il suo più grande amore
Nel 1925 Tailleferre parte per New York, assieme al marito, il caricaturista americano Ralph Barton. Frequenta il mondo del cinema e stringe amicizia con Charlie Chaplin, che le propone di comporre colonne sonore per i film di Hollywood. Barton, marito geloso e invidioso del successo della moglie, le impedisce di lavorare e di ampliare le sue amicizie, la ostacola in tutti i modi, fino a imporle il rientro a Parigi.
Tailleferre però non demorde e continua a scrivere musica, lavorando tra gli altri con il poeta Paul Valéry. Nel 1929 si separa da Barton e due anni dopo inizia una nuova relazione con il giurista Jean Lageat: si sposeranno nel 1932 e avranno una figlia.
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale si rifugiano negli Stati Uniti, a Filadelfia, dove Tailleferre interrompe l’attività musicale per qualche tempo.
Di ritorno in Francia nel 1946, anche questo secondo matrimonio va in crisi: Lageat è sempre più aggressivo e contrario alla carriera di lei, fino a che nel 1955 si separano. Ancora una volta Tailleferre non si perderà d’animo, e tornerà a dedicarsi al suo più grande amore, comporre: scriverà di tutto, toccando vari generi e stili, per oltre quarant’anni fino alla morte, che avverrà a Parigi nel 1983 all’età di 91 anni.
La produzione di Germaine Tailleferre è vastissima: musica solistica, da camera, balletti, musica sinfonica, concerti, opere liriche, cantate, musica per teatro, per film e anche musica per trasmissioni radiofoniche e te-
Il Gruppo dei sei insieme alla pianista Marcelle Meyer. In basso a sinistra si può riconoscere Germaine Tailleferre.
levisive. Una vastità che risulta ancora più sorprendente considerati tutti gli ostacoli incontrati, che avrebbero potuto scoraggiarla a tal punto da indurla a smettere di comporre. A ottant’anni le chiesero se avesse incontrato molti ostacoli alla sua carriera, e lei rispose: «Sì, sempre� Diventai famosa presto grazie al Gruppo dei Sei, e questo irritava tutti. Sposai un americano che impazzì di gelosia – per offendermi mi comprò un pianoforte giocattolo� Anche il mio secondo marito m’impediva costantemente di lavorare. Ho avuto una vita davvero difficile […] ma non è di questo che voglio parlare: per me la musica è come una liberazione».
La scrittura musicale di Tailleferre mostra un grande eclettismo. Il primo grande successo arriva nel 1923 con il balletto Il mercante di uccelli. Ma l’artista non si accontenta di scrivere pagine connotate della presunta eleganza “femminile”, vuole sperimentare e scoprire
aspetti vigorosi e sorprendenti. Per le Sei canzoni francesi del 1930 sfrutta testi antichi, del XVI e XVII secolo, per raccontare la condizione della donna del suo tempo: un raro esempio di femminismo in musica.
Al 1934 risale il Concerto grosso per due pianoforti, quartetto di sassofoni, otto voci soliste e orchestra: ed è un’esplosione di energia.
L’orizzonte creativo si allarga sempre di più e la curiosità la spinge verso generi appena nati: negli anni Quaranta comincia a scrivere colonne sonore per il cinema e la radio, attività che proseguirà fino agli anni Ottanta. Tra il 1954 e il 1955 realizza cinque opere brevi per Radio France, intitolate Dallo stile galante allo stile meschino, che mettono in parodia tre secoli di storia della musica, denotando la grande ironia dell’artista.
Così come pieno di ironia è anche il Concertino per flauto, pianoforte e orchestra d’archi, del 1952, una composizione ricca di colori che riflette ancora una volta la sua grande vitalità creativa.
Il Concertino per flauto, pianoforte e orchestra d�archi è una tra le tante opere di carattere brillante di Germaine Tailleferre. Si compone di quattro movimenti che possono essere definiti come quadri espressivi: Pastorale, Intermezzo, Notturno, Rondò. In ognuno di questi brani la compositrice lascia la fantasia libera di evocare i più svariati colori musicali, dalle sfumature vaporose in stile Debussy alle melodie danzanti di un cabaret parigino, dalle esasperazioni ritmiche che vedranno protagonista Stravinskij a una certa poetica del notturno che strizza l’occhio all’ormai lontano Romanticismo. Nell’ultimo movimento, in forma di Rondò, esplode infine un’esuberante giocosità nel dialogo, dove pare di sentire le risate tra flauto e pianoforte, che fa di questo brano uno dei più amati dai flautisti.
1. Quale strumento sostiene la melodia?
A Il pianoforte
B Il violino
C Il flauto
D L’oboe
2. Come si può definire il carattere di questo Rondò?
A Malinconico
B Sognante
C Esuberante
D Drammatico
3. A quale stagione paragoneresti questo brano?
A Autunno
B Estate
C Inverno
D Primavera
4. Motiva la tua risposta.
Edgar Varèse nasce a Parigi nel 1883. Trascorre l’adolescenza fra Torino, Parigi e Berlino, dove conosce i musicisti Debussy e Schönberg. A trentadue anni si trasferisce negli Stati Uniti: qui trascorrerà il resto della sua vita. Tra le sue opere più famose: Amériques, Ionisation e Density 21.5. Lo strano titolo (Density 21.5) è riferito al peso specifico del platino, metallo di cui è composto il flauto utilizzato dal primo compositore.
Muore a New York nel 1965.
Una formazione europea
Edgar Varèse nasce a Parigi nel 1883, da padre di origine italiana. Riceve la prima istruzione musicale a Torino, dove la famiglia si è trasferita, e rivela subito una passione per gli strumenti a percussione e per il pianoforte. A diciassette anni si trasferisce a Parigi, dove completa i suoi studi musicali e successivamente si reca a Berlino. Nelle due capitali Varèse ha modo di incontrare e frequentare personalità del mondo musicale fra le più significative dell’epoca, come Claude Debussy e Arnold Schönberg.
Di Debussy dirige una prima, in forma concerto, del Martirio di San Sebastiano, mentre del secondo ascolta un’esecuzione privata del Pierrot Lunaire
A trentadue anni si trasferisce negli Stati Uniti, dove vivrà per il resto dei suoi giorni. Una delle sue opere, Amériques, del 1921, è appunto dedicata alla nazione che lo ha accolto e che gli ha dato la cittadinanza.
Negli anni Cinquanta Varèse viene riconosciuto, soprattutto in Europa, come personalità di spicco del panorama musicale contemporaneo, riconoscimento che gli permette di divulgare, attraverso incontri accademici, la sua concezione musicale a giovani artisti come Bruno Maderna e Luigi Nono. Muore a New York nel 1965.
Torino: il ponte Vittorio Emanuele I e la chiesa della Gran Madre di Dio in un’immagine degli inizi del Novecento.
La passione per la psicologia del suono
Edgar Varèse è un musicista moderno, sin dalla formazione. Non è casuale che sia stimolato dagli studi dello scienziato tedesco Helmoltz, fondatore di una vera e propria corrente di pensiero sulla psicologia del suono. Varèse affronta il procedimento compositivo in modo non tradizionale. La sua passione verso gli aspetti fisici del suono e della sua percezione è evidente nei titoli che dà alle sue composizioni: Ionisation, per esempio, il titolo di una delle sue opere più celebri, si riferisce alla «ionizzazione» che è, in sintesi, un processo di aggregazione di atomi.
L’incontro con l’elettronica musicale
Uno storico brano di Varèse, per flauto solo, si intitola Density 21.5. Ventuno e cinque è la cifra che definisce il peso specifico del platino, metallo di cui è composto il flauto utilizzato dal primo esecutore.
Edgar Varèse subisce, e dimostra di saperlo gestire con personalità, il fascino della nascente elettronica musicale, allora sorprendente, con il Thereminvox di León Theremin e le Onde Martenot, tastiera progettata e costruita da Maurice Martenot.
Se un compositore comincia come batterista
Cosa c’è di più bello per un bambino che battere su un tamburo? Si tratta di uno strumento molto semplice, istintivo, grazie al quale però è facile trovare un senso di gratificazione che può aiutare a proseguire negli studi musicali. Edgar Varèse inizia proprio così e a soli nove anni suona già le percussioni nell’orchestra del Teatro Regio di Torino.
Naturalmente in seguito approfondisce e arricchisce i suoi studi con i migliori maestri in circolazione, ma la sua partenza come percussionista lascia un segno profondo nella sua concezione della musica. Non a caso Varèse è famoso in tutto il mondo per la sua opera Ionisation, composta per un organico di sole percussioni e in cui anche il pianoforte viene usato come fosse uno strumento a percussione.
Edgar Varèse mentre compone nel suo studio.Insieme al Boléro di Maurice Ravel e alla Sagra della primavera di Stravinskij, Ionisation può essere definita una delle opere miliari dell’inizio del Novecento.
La scelta di Varèse è quella di usare esclusivamente strumenti a percussione, con una parte finale in cui interviene il pianoforte che, comunque, è uno strumento a tastiera a corde percosse. Eseguito da tredici strumentisti, Ionisation è orchestrato con l’utilizzo di ogni percussione disponibile, dai tam-tam al tamburo militare, dalla grancassa alle maracas cubane.
Il ritmo prevale su ogni altro aspetto e i suoni della percussione aprono la porta a un concetto essenziale del mondo moderno: il rumore. Con questo si intende l’utilizzo in modo organico di strumenti a frequenza non determinata: definizione che in quegli anni corrisponde, appunto, all’idea di rumore.
1. Quali strumenti a percussione riesci a individuare?
6. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.
1. Ionisation è suonato da strumenti a percussione. V F
2. Il brano è eseguito da 13 strumentisti. V F
2. Pur essendo un brano eseguito da strumenti a percussione il ritmo è:
A regolare
B irregolare e imprevedibile
3. Pensi che questo brano sia di facile ascolto?
A Sì
B No Perché?
4. Verso la fine del brano compare anche il pianoforte che esegue:
A una melodia
B accordi ed effetti simili a percussioni
5. Come definiresti il carattere del brano?
A Romantico
B Bizzarro e agitato
C Passionale
D Calmo e tranquillo
3. Molti effetti utilizzati sono simili al rumore. V F
4. Uno strumento produce un suono simile a una sirena. V F
5. Varèse si ispira alla musica militare. V F
George Gershwin nasce a New York nel 1898. Studia pianoforte e a quindici anni inizia a comporre musiche per l’industria musicale americana. Si dedica poi ai musical di Broadway, fino a mettere in scena opere proprie come Un americano a Parigi e Porgy and Bess. È un virtuoso del pianoforte con ottime doti di improvvisatore. Nelle sue composizioni riesce ad unire le caratteristiche tipiche della musica colta europea con quelle della musica jazz. Muore a Hollywood nel 1937.
Dalle prime “canzonette” alle musiche per Broadway
George Gershwin, pseudonimo di Jacob Gershowitz, nasce a New York nel 1898, nel quartiere di Brooklyn. A dieci anni inizia a studiare pianoforte, a quindici riesce a trovare lavoro come pianista: per la precisione, scrive canzoni per la vorace industria della musica commerciale americana. A diciannove anni è autore di un primo discreto successo, la canzone Rialto Ripples, a cui seguono altri brani che lo portano via via a una fama sempre più vasta in campo nazionale. Questo successo però non basta a Gershwin, che ha ambizioni più alte. Inizia a comporre musiche per gli spettacoli di Broadway, strada di New York celebre per i numerosi teatri di musical, dove Gershwin mette in scena le proprie opere come Funny Face del 1927, Un americano a Parigi (1928) e Porgy and Bess del 1935. Il successo delle opere teatrali però non è assolutamente paragonabile a quello delle canzoni: del resto, il pubblico americano è ancora privo di una cultura musicale autentica.
L’apprezzamento dei suoi conterranei è assolutamente inferiore rispetto a quello che Gershwin si vedrà riconoscere dai famosi musicisti europei. Uno di questi è Maurice Ravel che Gershwin incontra in occasione di un viaggio a Parigi. Quando chiede, e ottiene, l’onore di incontrare il grande maestro, Gershwin gli domanda se può diventare suo allievo. La risposta di Ravel è imme-
diata e senza possibilità di replica: «E perché mai� Per imparare a suonare come Ravel� Continuate a suonare come Gershwin�». Muore nel 1937 a Hollywood, la città dello spettacolo, a soli trentanove anni.
Passione per il jazz e la musica sinfonica
Talentuoso pianista con ottime doti di improvvisatore, George Gershwin ha la grande qualità di saper operare una sintesi tra i diversi generi musicali a cui si dedica. Senza la musica sinfonica europea e senza il jazz, l’artista newyorkese sarebbe rimasto un compositore di canzoni, per quanto applaudito e stimato. Egli invece aggiunge allo spirito melodico, suo tratto specifico, alcuni elementi tipici del jazz, la musica della cultura nera di New Orleans. Coltiva anche la sua passione per la musica sinfonica. Nasce così Rapsodia in blu, dove «blu» sta per blues, l’autentico stile musicale “forgiato” dal dolore e dalla sofferenza degli schiavi neri d’America.
Gershwin è considerato il padre del musical americano, un genere di rappresentazione composto da canzoni, brani d’insieme, danze, balletti ed effetti scenici, derivato dall’operettaeuropea, ma adattato alle esigenze e al gusto del pubblico statunitense.
In Porgy and Bess, la sua opera più riuscita, spicca l’aria Summertime, un famoso standard jazz che verrà reinterpretato da autori di primissimo piano come Louis Armstrong ed Ella Fitzgerald.
Il termine «rapsodia» indica una composizione che raccoglie parti di più canti di diversa provenienza. Scritto da Gershwin su invito del direttore d’orchestra jazz Paul Whiteman, il brano per pianoforte e orchestra in un unico movimento è composto da cinque diversi temi musicali che si susseguono rapidamente. L’ascolto inizia con il clarinetto solista che esegue una scala ascendente inserendo un effetto particolare usato nella musica jazz, il «glissato», che consiste nel passare da una nota all’altra “trascinando” il suono, invece di eseguire le note separatamente. Il pianoforte entra successivamente con interventi molto marcati. Come potrai notare, la timbrica dello strumento è molto diversa rispetto a quella creata da Mozart o Chopin: le cadenze di Gershwin sono più ritmiche, accordi e note sono spesso ribattuti ad alta velocità e le sonorità risultano molto brillanti e vigorose.
1. Il brano inizia con:
A il clarinetto
B il pianoforte
C la tromba
D il flauto
2. Questo strumento esegue:
A un lungo trillo
B un arpeggio
C un glissato
D una nota lunga
3. Il ritmo del brano è:
A regolare
B irregolare e sincopato
C irregolare
D molto veloce
4. La sonorità è:
A uniforme
B sempre ff
C sempre pp
D varia e ricca di pp e ff
5. Il pianoforte si alterna ad altri strumenti solisti?
A Sì
B No
6. Da 3.58 a 4.20 troviamo un episodio che ricorda:
A un brano jazz
B un brano popolare
C un brano rock
D una marcia militare
7. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.
1. Rapsodia in blu viene scritta da Gershwin su invito del direttore d’orchestra jazz
Paul Whiteman. V F
2. Un musical è una raccolta di canti di diversa provenienza.
F
3. Il termine «blu» deriva da blues V F
4. Gershwin usa temi poco orecchiabili e classici. V F
5. In Rapsodia in blu il pianoforte viene utilizzato con sonorità brillanti e vigorose.
John Cage nasce a Los Angeles nel 1912. Compositore rivoluzionario e provocatore, inventa la musica aleatoria. Le sue opere più conosciute sono: 4’33’’, First construction in metal e Sonate e interludi per pianoforte preparato. Con Cage viene superato il confine fra suono e rumore. Secondo lui un violino ha la stessa dignità delle parti metalliche di un telaio di automobile. Entrambi possono essere utilizzati in una composizione musicale. Muore a New York nel 1992.
Un genio rivoluzionario
John Cage nasce nel 1912 a Los Angeles, negli Stati Uniti.
È allievo di Arnold Schönberg, le cui lezioni sono molto stimolanti sia sul piano tecnico, sia su quello creativo. Spirito rivoluzionario, Cage non ha nessun interesse per l’opera musicale in sé, che cerca in ogni modo di ridefinire. A partire dagli anni Quaranta, collabora con il ballerino e coreografo Merce Cunningham, con il quale propone performances che vanno al di là del semplice concetto di concerto, per aprirsi a una nuova relazione con le altre discipline artistiche: la danza, la poesia, la pittura.
Il pianoforte preparato
Intollerante e insofferente a ogni schema accademico, negli anni Cinquanta Cage avvia una collaborazione con il pianista David Tudor, condividendo con lui l’idea del pianoforte preparato. In sostanza, sistemano fra le corde del pianoforte degli oggetti – chiodi, viti, pezzi di carta – che ne modificano il suono.
Del 1952 è la sua composizione 4’33’’, in cui l’esecutore si siede al pianoforte e, per l’intera durata del tempo indicato nel titolo, quattro minuti e trentatré secondi, rimane immobile: Cage sposta così l’attenzione dal pianista al mondo
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che lo circonda, invitando il pubblico a riflettere sui suoni che, comunque, riempiono la sala per la durata del brano.
Personaggio istrionico, John Cage incontra notevoli ostacoli nella sua attività riformatrice: la portata della sua opera, gli effetti del suo pensiero musicale, che influenza in modo irreversibile l’idea stessa di composizione, sono però ancora ben presenti nel panorama musicale contemporaneo.
Muore a New York il 12 agosto 1992.
Lo stile di John Cage è stato spesso definito con l’aggettivo «provocatorio», non con un’accezione negativa, ma per sottolineare la sua capacità di stimolare una reazione. Per esempio, abbandonando ogni legame con la tradizione, per affrontare la composizione ogni volta con occhi nuovi.
La musica di Cage non ha confini ed egli afferma: «Fai musica come vuoi, con quello che vuoi». Per lui uno strumento come il violino o le parti metalliche del telaio di un’automobile hanno la stessa dignità e il medesimo diritto di apparire sul foglio di sala di un concerto, come avviene per la sua opera First construction in metal, del 1939.
Questo significa che viene superato il confine fra suono e rumore.
John Cage non è soltanto un musicista: è un pensatore, un filosofo della musica. Un giorno si trova in un’università americana e va a visitare il laboratorio di fisica, soffermandosi in particolare sulla camera anecoica. Con questa parola si indica un ambiente creato artificialmente dove non esiste eco (da qui, «an-ecoica»).
Nel pensiero compositivo di Cage è forte l’influsso delle filosofie spirituali orientali, attraverso la meditazione, il silenzio, il gioco inteso come atto purificatore, essenziale anche per l’adulto.
Inoltre, egli è affascinato, come uomo moderno, da uno degli elementi tipici della modernità, il concetto di casualità, che ha contribuito alla classificazione di Cage come esponente della musica aleatoria (alea in latino significa «rischio», in riferimento al gioco dei dadi). Secondo Cage e i suoi “discepoli”, infatti, i suoni di una composizione possono «scegliersi da soli», attraverso, appunto, un lancio di dadi.
Questa e altre strategie compositive fanno parte del più ampio concetto novecentesco di «opera aperta», libera dalla rigidità delle formule compositive accademiche e interessata ai contributi delle altre discipline artistiche.
Hai mai avuto esperienza di un’eco? Quando gridi il nome di qualcuno e il suono si riverbera diverse volte? Può accadere più facilmente in montagna e avviene perché le onde sonore rimbalzano contro una superficie e si espandono tornando verso la sorgente.
Nella camera anecoica questo non può accadere: essa è sospesa su delle travi ed è imbottita a tal punto che nessun suono può riflettersi o, tantomeno, entrare. È il luogo dove si crea il silenzio artificiale, utile per particolari esperimenti fisici.
Cage resta per un po’ in questa camera anecoica, senza muoversi. Una volta fuori chiede al tecnico di laboratorio cosa fossero i due suoni, uno grave e uno più acuto, che ha percepito, pur restando immobile e senza poter essere raggiunto da nessun suono esterno.
Il tecnico gli spiega che sono prodotti dalla pressione arteriosa, quello grave, e dal sistema nervoso, quello acuto.
Soddisfatto, Cage afferma: «Bene! Per il futuro della musica non dobbiamo preoccuparci perché, finché un essere umano sarà in vita, ci saranno almeno due suoni».
Il significato del termine aleatorio è «incerto», «non prevedibile». Non puoi sapere quale sarà il risultato lanciando due dadi: puoi scommettere su questo o quel risultato, ma con un evidente fattore di rischio. La musica aleatoria è la volontà di alcuni compositori di non voler avere alcuna... volontà.
In altre parole, è il tentativo di lasciare che l’opera, in modo sconosciuto, si componga da sé, secondo criteri del tutto casuali.
La ricerca della novità, del superamento dei modelli che la tradizione impone, può avvenire anche attraverso scelte estreme, come quella di lasciar decidere al caso la forma che un brano può assumere. In questo modo,
inoltre, il compositore elimina ogni possibile influenza soggettiva, quasi rifiutandosi di essere l’artefice del prodotto. I musicisti di questa corrente si rifanno alle dottrine delle filosofie orientali, il cui primo insegnamento è di abbandonare ogni pretesa di controllo e di volontà, per vivere la vita senza opprimerla con scelte, formule e decisioni.
Inoltre, la musica aleatoria propone scambi con altre discipline artistiche, come la pittura, anche eseguita in contemporanea con la musica stessa. La combinazione di queste arti parallele fa sì che la forma del prodotto non sia mai prevedibile.
John Cage è il fondatore del pensiero della musica aleatoria a cui faranno riferimento molti compositori moderni.
Cage compone più di venticinque opere per pianoforte preparato, tra cui le Sonate e gli Interludi, che sono fra le sue composizioni più conosciute.
Il brano mostra chiaramente come il timbro tradizionale del pianoforte venga trasformato in un’orchestra di strumenti a percussione.
La melodia e l’armonia, cioè gli elementi tradizionali della musica, sono completamente abbandonati a favore degli effetti sonori che costituiscono i suoni.
1. La particolare sonorità del brano ricorda:
A la musica classica
B un brano popolare
C un brano sperimentale
D uno studio
2. Quale elemento caratterizza il brano?
A L’armonia
B Il ritmo
C La melodia
D Il fraseggio
3. Come si chiama lo strumento che lo esegue?
4. A quali altri strumenti musicali risulta simile il timbro dello strumento utilizzato?
5. Il finale del brano ti sembra compiuto?
A Sì
B No, sembra interrompersi casualmente
6. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.
1. Il pianoforte preparato ha vari oggetti inseriti tra le corde. V F
2. Con il pianoforte preparato il risultato sonoro è imprevedibile.
3. Il timbro ottenuto è uguale a quello del pianoforte tradizionale.
4. La tecnica che lascia al caso le scelte compositive si chiama «aleatoria».
F
F
F
Steve Reich nasce a New York nel 1936. Da ragazzo compie studi sia musicali, sia filosofici. Attratto dalla musica africana e indonesiana, scrive composizioni soprattutto per le percussioni. È considerato uno degli esponenti maggiori del Minimalismo musicale.
Tra le sue opere più conosciute: Violin Phase, Drumming, Music for 18 Musicians, Music for a Large Ensemble, Double Sextet.
Un musicista filosofo
Steve Reich nasce nel 1936 a New York, negli Stati Uniti, dove vive tutt’oggi.
Compie parallelamente studi sia filosofici sia musicali. Frequenta il Mills College di Oakland dove ha come maestri Darius Milhaud (1892-1974) e Luciano Berio (1925-2003). Come molti altri autori del dopoguerra, anche Reich cerca un nuovo approccio alla composizione partendo da speculazioni più generali, appunto di carattere estetico e filosofico.
Attratto dalla musica africana, così come dal gamelan (= orchestra) balinese, scrive musica per diversi strumenti, privilegiando le percussioni.
È considerato uno degli autori più originali tra gli eredi del pensiero di John Cage.
Nel 2014 gli è stato assegnato dalla Biennale Musica di Venezia il Leone d’oro alla carriera.
Il codice binario al servizio della musica
La musica di Steve Reich può essere letta attraverso una realtà familiare: il computer.
Il linguaggio informatico è basato sul codice binario, formato da due elementi: i numeri 1 e 0. La capacità del calcolatore di elaborare infinite quantità di informazioni dipende dalle infinite combinazioni di 1 e 0. Una minima variazione rappresenta un nuovo dato.
Così Reich lavora su variazioni minime che, rinnovandosi attraverso la ripetizione, generano un affascinante
effetto di trasformazione, di mutazione: è una metafora del flusso incessante della vita.
Reich ha composto per ogni tipo di strumenti, privilegiando le percussioni.
Fra i suoi brani più affascinanti vanno ricordati Violin Phase per violini o violino e nastro magnetico (1967), Drumming per percussioni, due voci, ottavino (19701971), Music for 18 Musicians (1974-1976), Music for a Large Ensemble (1978), Octet (1979) per 8 esecutori, Double Sextet (2009).
Insieme ad altri compositori americani, fra cui La Monte Young, Terry Riley e Philip Glass, è considerato come esponente di spicco del Minimalismo musicale.
Nato negli Stati Uniti attorno agli anni Sessanta per opera di musicisti che considerano inascoltabile la musica delle Avanguardie di quegli anni, il Minimalismo musicale è una tecnica compositiva che ha nella ripetizione continua di poche note e nella loro incessantevariazione le sue caratteristiche principali. In queste composizioni risultano “minimali” sia il materiale musicale di partenza (le poche note che costituiscono la melodia), sia le sue variazioni, che sono sempre piccole e a volte
Music for 18 Musicians è scritto per una formazione orchestrale composta da un violoncello, un violino, due clarinetti, quattro pianoforti, tre marimba, due xilofoni, un vibrafono e quattro voci femminili. Ha una struttura piuttosto originale: è diviso in 11 sezioni ognuna delle quali si basa su un accordo diverso. Alla fine si ritorna al punto di partenza. L’incremento delle armonie e melodie utilizzate, assieme al numero elevato di musicisti, rende il brano particolarmente ricco di effetti “psicoacustici” capaci di grande suggestione e fascino sugli ascoltatori.
1. Il brano è caratterizzato da:
quasi impercettibili all’ascolto. Le variazioni possono riguardare la melodia o il ritmo e l’effetto risulta ipnotico e meditativo, non diverso da quello prodotto da certe musiche orientali o da alcuni generi di musica pop. Il lento variare del materiale sonoro porta gli ascoltatori a essere più attenti a piccoli particolari e sfumature. La musica, liberata dal “dovere” di comunicare per forza un messaggio o un’idea, diventa una manifestazione sonora autonoma che si esaurisce nella sua stessa esecuzione.
4. La musica così strutturata ha un potere:
A piacevoli melodie
B note ribattute C accordi D arpeggi
2. Sul tappeto sonoro di sottofondo compaiono:
A brevi inserti di note ribattute
B voci ed esecuzioni solo vocali
3. Da 4.00 circa troviamo:
A l’inserimento di nuove idee musicali
B il potenziamento di quelle precedenti
A ipnotico
B euforico
C esaltante
D depressivo
5. Come si può definire l’evoluzione del brano?
A Una lenta e costante variazione
B Un accostamento di episodi diversi
6. Come si chiama la tecnica compositiva utilizzata da Reich?
Reich (al piano) e la sua orchestra durante l’esecuzione di Music for 18 Musicians al Miller Theatre di New York nel 2000.Sofija Asgatovna Gubajdulina, nata nel 1931 vicino a Mosca, è una musicista e compositrice russa. Dopo gli studi al Conservatorio, come tutti gli artisti del periodo, subisce le imposizioni del regime sovietico che pretende di imporre precise direttive estetiche. Finisce nella “lista nera” e per diverso tempo la sua musica non viene né suonata né pubblicata. Negli anni Ottanta le sue opere iniziano a essere conosciute in Occidente e in breve tempo diventa una delle musiciste più importanti del panorama internazionale. Per Sofija la musica rappresenta l’occasione per riflettere sulla vita umana e una delle maggiori qualità riconosciute alle sue composizioni è quella di riuscire a mettere in dialogo espressioni diverse.
Le fatiche imposte dal regime
Sofija Asgatovna Gubajdulina è una compositrice russa. Nasce nel 1931 a Cistopol (cittadina a est di Mosca, sulla riva del fiume Kama), e da ragazza si trasferisce con la famiglia nella capitale.
Dopo gli studi di pianoforte e composizione in Conservatorio, la sua carriera incontra le fatiche nel contesto storico-politico dell’Unione Sovietica, quando il regime vuole ancora imporre agli artisti direttive estetiche precise.
L’arte, in qualsiasi forma, dalla letteratura alla pittura alla musica, deve descrivere il mondo circostante con immediata espressività e comprensibilità, ed è invece malvista, con tanto di opposizione e censura, qualsiasi apertura a forme espressive “astratte”, specialmente provenienti dalla cultura occidentale.
Certo non si tratta per Gubajdulina di un vero pericolo per la propria libertà o incolumità, come fu per altri compositori nei decenni precedenti, ma è pur sempre una condizione di estrema fatica umana e professionale. A tal punto che appena possibile, nel 1991, a sessant’anni, si trasferisce definitivamente in Germania, dove vive ancora oggi.
In un’intervista uscita nel 2013 su «la Repubblica», quando a Venezia le tributano il Leone d’Oro alla carriera, la compositrice racconta: «La generazione precedente, se scriveva cose che non piacevano al regime, rischiava di finire in prigione; quella di Sostakovic è stata una generazione molto infelice. Io, insieme ad altri musicisti del mio tempo, ero finita nella “lista nera”: la mia musica non veniva pubblicata né eseguita, non ero sostenuta da nessuno e, anche se non correvo un vero pericolo, potevo solo scrivere per il cinema». Questo significa per Gubajdulina un primo ventennio di difficoltà economiche (in parte attenuate dal sostegno di Sostakovic e di altri musicisti), ma nei primi anni Ottanta del Novecento le sue opere oltrepassano il confine e arrivano in Occidente, e dagli anni Novanta il suo nome diventa uno tra i più importanti nel panorama musicale internazionale, quello stesso nome che non molti anni prima faceva parte di una “lista nera”. Tra i vari omaggi, nel 1991 il festival “Torino Settembre Musica” (oggi “MiTo”) le dedica una sezione monografica; da allora Gubajdulina riceve commissioni di opere da istituzioni musicali di tutto il mondo.
Il dualismo dell’esistenza
Nella concezione di Gubajdulina la musica rappresenta l’occasione per riflettere sulla vita umana. Nel 1975 fonda con altri musicisti il gruppo di improvvisazione Astreja, che concentra il proprio lavoro sul senso �religioso� del fare musica insieme. Comporre da un lato ha un valore spirituale e dall’altro riflette il dualismo dell’esistenza: il bene e il male, il bianco e il nero, l’ordine e il caos. Molti titoli delle sue opere riportano questo dualismo: Vivente e non vivente, la sua unica composizione per strumenti elettronici (1970); Rumore e silenzio per percussioni, celesta e clavicembalo (1974); Chiaro e scuro per organo (1976); Parlare e tacere, una sinfonia in 12 movimenti, dove nell’ultimo il direttore d’orchestra scandisce con i suoi gesti il silenzio (1986). Il dualismo, oltre che nel contrasto tra i volumi sonori, le timbriche degli strumenti e l’espressività dei temi, si concretizza nel passare da momenti di forte drammaticità a momenti di grande quiete.
La stessa scrittura di Sofija Gubajdulina presenta una certa dualità: da un lato utilizza forme e tecniche compositive tipiche delle Avanguardie europee, come la musica atonale di Schönberg (p. 486), dall’altro adotta strumenti folkloristici e melodie popolari provenienti dalla propria terra. Ad esempio, introduce il domra (o balalaika, uno strumento a corde con cassa a forma triangolare) nei Pezzi per domra e pianoforte (1977); e usa spesso il bajan (una specie di fisarmonica a bottoni), ad esempio in Sette parole per violoncello, bajan e archi (1982) e in Silenzio, cinque pezzi per bajan, violino e violoncello (1991); e diversi tipi di percussioni, che rimandano a motivi etnici e a una certa ritualità religiosa che si esprime nel ritmo. Alla luce del suo amore per i contrasti e la sua varietà di timbriche, una delle maggiori qualità riconosciute alla musica di Sofija Gubajdulina è quella di conciliare mondi e di mettere in dialogo espressioni diverse.
Silenzio è un’opera scritta da Sofija Gubajdulina nel 1991, formata da 5 pezzi per bajan, violino e violoncello. Come spiega la stessa autrice, i brani devono essere suonati tra piano e pianissimo, con rari momenti di mezzoforte, e con un andamento controllato. Sembra che le linee melodiche, particolarmente delicate, cerchino via via di avvicinarsi al silenzio, suonando il più piano possibile, in un tempo tra moderato e lento, nonostante qualche volta siano attraversate da uno slancio energico e da un volume sonoro maggiore; questi ultimi sono tuttavia passaggi brevi, che subito si smorzano. La linea di confine tra suono e silenzio è molto labile, ad esempio nel rapporto tra suoni e pause, nell’interruzione delle melodie, che sono fragili, nei cambiamenti del ritmo che le sostiene. Per l’autrice il silenzio non è da intendersi in senso strettamente fisico, cioè come vera assenza di suono, ma in senso figurativo e spirituale, ed è per questo che anche l’intreccio delle voci dei tre strumenti può esprimerlo.
1. Ascolta le melodie di questo brano: in che modo esprimono l’idea del silenzio?
A Suonando forte e rapidamente
B Suonando piano e lentamente
2. Quale sentimento suggerisce l’ascolto di Silenzio?
A Eroismo
B Spiritualità
C Spensieratezza
D Tristezza
3. Che cosa ti fa pensare al silenzio in questa composizione?
A La totale assenza di suono
B Le melodie sostenute e vivaci
C Le melodie delicate e le pause
Arvo Pärt nasce in Estonia nel 1935. Pur avvicinandosi alle correnti compositive moderne come la dodecafonia o il collage (in quest’ultima si associano elementi musicali diversi per generare un’opera nuova), è apprezzato per le semplicità dell’ascolto.
Tra le sue opere più note: Alina: Spiegel im Spiegel, Magnificat e la Sinfonia n. 4: Los Angeles.
Il compositore Arvo Pärt nasce a Paide, in Estonia, nel 1935. Da ragazzo studia il pianoforte, le percussioni e l’oboe.
Si diploma al Conservatorio di Tallinn, nel 1963. La sua prima composizione risale al 1958, con le Zwei Sonatinen (Due sonatine) per pianoforte.
Pur avendo una formazione accademica tradizionale, sente un’attrazione verso le correnti compositive più moderne, come la dodecafonia. Curioso sperimentatore, Pärt non si sente affiliato a questa o quella particolare linea di pensiero. Attraversa così lo stile della minimal music, ma studia anche la musica barocca e il canto gregoriano. Questa ricerca lo rende famoso e stimato, procurandogli commissioni da tutte le parti del mondo. È aprezzato per la semplicità dell’ascolto delle sue opere.
Nel 1980 lascia il suo Paese d’origine e si trasferisce prima a Vienna e poi a Berlino, dove vive tutt’ora.
Nella sua giovinezza compositiva Pärt usa diverse tecniche compositive, da quella seriale-dodecafonica, a quella del collage: si tratta di un procedimento moderno secondo il quale vengono associati materiali diversi per generare un’opera dal risultato non scontato, come accade nella musica aleatoria. Conosce il Minimalismo, ma ne usa solo in parte le risorse; la ricerca di Pärt arri-
va a un punto decisivo quando riesce a trovare i mezzi espressivi che coincidono con il suo pensiero musicale. Spinto da una marcata spiritualità, Pärt si sente a suo agio nella semplicità, nella rievocazione del canto gregoriano, nell’eliminazione di sovrastrutture formali che appesantiscono il messaggio.
Il suo linguaggio vira definitivamente verso un’espressione raccolta, che trova completa realizzazione nella musica sacra. Nasce così Cantus in memoriam Benjamin Britten, del 1976. Seguono Alina: Spiegel im Spiegel (1978), Magnificat (1989), Missa sillabica (197791), Berliner Messe (1991), Orient & Occident (2000), La Sindone (2006) e la Sinfonia n. 4: Los Angeles (2008).
Il brano che stai per ascoltare è tratto dall’opera Alina. Già dal sottotitolo, Spiegel im Spiegel, che in tedesco significa «specchio nello specchio», l’autore vuole sottolineare come le note arpeggiate del pianoforte sembrano riflettere e dare spazio verso l’acuto alle note lente e gravi del violoncello.
La musica, molto ripetitiva, presenta ogni volta minime variazioni, per esempio aggiungendo a ogni ripetizione della frase musicale una nota della scala, per poi ritornare sempre alla stessa nota di partenza.
1. Il brano inizia con il pianoforte che esegue:
A un arpeggio
B delle note ribattute
C delle scale veloci
D degli accordi
2. Poi si aggiunge il violoncello che esegue:
A un arpeggio
B delle note brevi
C delle note lenti e gravi
D delle scale ascendenti
3. Sono presenti altri strumenti?
A Sì
B No
Se sì, quali riconosci?
4. Come risultano le variazioni a ogni ripetizione?
5. Come definiresti il carattere del brano?
Arvo Pärt raccoglie l’applauso del pubblico dopo un concerto alla Carnegie Hall di New York nel 2014.
West Side Story è un musical di Leonard Bernstein, tratto liberamente dalla tragedia Romeo e Giulietta di William Shakespeare. Nonostante sia un genere legato solitamente all’intrattenimento, il musical affronta problemi di rilevanza sociale e razziale: Tony e Maria, due adolescenti appartenenti a bande di diversa etnia, si innamorano e vivono un’intensa ma tragica storia d’amore.
Ascolta la spiegazione analitica del brano.
Nell’introduzione una vorticosa girandola di strumenti a percussione si insegue e si sovrappone con ritmi diversi.
Leonard Bernstein (1918-1990)
è un direttore d’orchestra, compositore e pianista statunitense che ha collaborato con le più grandi orchestre del mondo: dalla New York Symphony Orchestra all’Orchestra filarmonica d’Israele, dalla New York Philharmonic all’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia in Roma. Sicuramente la direzione orchestrale è stata l’attività che lo ha reso maggiormente celebre, anche se sono molto apprezzate le sue composizioni e le sue esecuzioni come pianista. È stato uno dei primi musicisti americani ad affermarsi esibendosi in tutti i più importanti teatri del mondo. Come compositore si è ispirato a generi e forme molto diversi tra loro: dai ritmi jazz ai musical (su tutte West Side Story del 1957), dai balletti alle musiche per film. Tra le sue performance più celebri si ricorda il concerto tenuto a Berlino nel 1989 quando, per commemorare la caduta del muro, diresse la Sinfonia n. 9 di Beethoven.
Inizia il tema principale, il carattere jazzistico viene messo bene in evidenza dagli strumenti a fiato. Alcune grida fanno intuire il clima di divertimento e di festa che caratterizza la scena.
La danza a cui si è ispirato il compositore è il mambo, un ballo del Centro America, molto popolare negli anni Cinquanta soprattutto nei Paesi caraibici.
I fiati irrompono con un secondo tema, aggiungendo nuova frenesia tra i partecipanti; il ritmo della danza diventa sempre più travolgente.
Solo la sezione degli archi risponde alla proposta dei fiati, creando così un contrasto di timbro e di intensità di suono.
L’uso di strumenti a percussione di derivazione popolare, come i campanacci delle mucche o le zucche vuote, aumenta il clima di allegria e di festa.
Il ballo continua e gli attori sottolineano ancora di più il ritmo battendo le mani in controtempo.
Un breve e improvvisato assolo di tromba rivela la grande passione di Bernstein per il jazz.
Nel finale gli strumenti e le voci tengono il ritmo, mentre gli attori in scena sono ancora coinvolti in un ballo scatenato.
Con una diminuzione progressiva di velocità e di intensità si chiude l’episodio e sulla scena calano le luci.
Ascolta i frammenti proposti in ordine casuale, poi scegli il completamento corretto.
1. I ritmi diversi e travolgenti che si sovrappongono e si inseguono sono eseguiti... dagli archi dai fiati dalle percussioni dalle voci
2. Il compositore si è ispirato al mambo, una danza popolare molto in voga negli anni Cinquanta in... Centro America Africa Europa Asia
3. Il tema principale si presenta anche con effetti sonori inusuali per una orchestra classica. Sono... chitarre elettriche grida fisarmoniche sirene
4. Il ritmo e i rumori d’ambiente inducono a pensare che sul palcoscenico gli attori stiano... ballando saltando conversando in silenzio
5. La risposta ai fiati arriva solo dalla sezione... degli archi dei fiati delle percussioni delle voci
6. Un nuovo tema introdotto da strumenti a fiato scandisce il ritmo di danza in modo... ancora minore ancora maggiore uguale diverso
7. Oltre alle voci, nuovi effetti sonori sono prodotti dagli attori in scena. Sono... colpi di tosse colpi di tacco battiti di mani fischi
8. L’episodio si chiude con intensità e velocità che diventano... sempre minori sempre maggiori uguali diverse
9. Ancora nuovi ritmi e sonorità tipiche di strumenti... ad arco a fiato a percussione a corda
10. Il carattere jazzistico è reso ancora più evidente da questo assolo di... corno tromba chitarra vibrafono
AUTOCORREZIONE n° risposte esatte
Ascolta il brano per intero cercando di riconoscere tutti gli aspetti precedentemente proposti.
La crisi del linguaggio romantico Da parte di artisti e musicisti vi è un rifiuto della società contemporanea, vista come un mondo in decadenza, povero di valori e caratterizzato solo dal progresso scientifico.
L’Impressionismo musicale La definizione di «Impressionismo musicale» si rifà all’omonimo movimento pittorico. Le principali caratteristiche dell’Impressionismo musicale riguardano la dinamica, con passaggi sfumati dal piano al forte, e l’armonia, che non segue più regole tradizionali, ma crea effetti coloristici.
Uno dei più importanti esponenti del movimento è Claude Debussy.
Nuove tecniche compositive Le forme musicali tradizionali subiscono una profonda crisi. I compositori iniziano a utilizzare nuove tecniche compositive, che segnano una decisa frattura con il passato.
La sinfonia contemporanea La crisi del linguaggio romantico si ritrova ad esempio nelle opere di Gustav Mahler, che rinnova profondamente la struttura della sinfonia e aumenta considerevolmente l’organico strumentale.
L’opera verista Giacomo Puccini, erede di Verdi nel melodramma, è il più importante esponente dell’opera verista italiana, che descrive con sensibilità i sentimenti dei personaggi.
Il balletto moderno Il balletto presenta novità sia sul piano musicale, sia sul piano della coreografia e scenografia.
I Balletti russi, compagnia fondata da Sergej Diaghilev nel 1909, si affermano grazie a ballerini leggendari. Stravinskij è il più importante autore di balletti.
La musica dodecafonica La dodecafonia crea un nuovo «alfabeto sonoro», attribuendo la stessa dignità sia alle 7 note naturali, sia alle 5 note alterate. Il nome significa infatti «dodici suoni».
La musica aleatoria Nella musica aleatoria il compositore lascia che l’opera si componga da sé, attraverso la casualità e l’improvvisazione.
John Cage è l’autore più rappresentativo di questa tecnica.
Completa la mappa con le seguenti parole: improvvisazione • compositive • scenografie • dodici • popolo • crisi
NEL NOVECENTO
gli artisti manifestano
un grande bisogno di rinnovamento.
CONTEMPORANEA
si rinnova la struttura e aumenta il numero dei musicisti dell’orchestra.
Nella musica e i compositori
le forme tradizionali subiscono una profonda
BALLETTO
MUSICA DODECAFONICA
utilizzano
nuove tecniche .
La musica diventa un fenomeno di massa.
i protagonisti sono sempre persone comuni appartenenti al .
le maggiori novità riguardano il ritmo, le e le coreografie.
le note della scala cromatica (naturali e alterate) hanno tutte uguale importanza.
SCHÖNBERG
l’opera si compone da sola, grazie alla casualità e all’ .
CAGE