PARCHI
Rivista digitale di viaggi, borghi e turismo slow
Numero 03 2019 Edizione gratuita
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e-borghi travel 03 www.e-borghitravel.com Publisher Salvatore Poerio direzione@3scomunicazione.com Coordinamento editoriale Luciana Francesca Rebonato coordinamento@e-borghi.com Art director Ivan Pisoni grafica@e-borghi.com Segreteria di redazione Simona Poerio segreteria@e-borghi.com Hanno collaborato a questo numero Antonella Andretta, Alessandra Boiardi, Simona P.K.Daviddi, Oriana Davini, Renata Giolli, Cinzia Meoni, Marino Pagano, Luca Sartori, Joni Scarpolini Traduzioni Beatrice Lavezzari Promozione e Pubblicità 3S Comunicazione – Milano Cosimo Pareschi pareschi@e-borghi.com Piersilvio Volpato volpato@e-borghi.com Redazione 3S Comunicazione Corso Buenos Aires, 92 20124 Milano info@3scomunicazione.com tel. 0287071950 – fax 0287071968 L’uso del nostro sito o della nostra rivista digitale è soggetta ai seguenti termini: Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di www.e-borghi.com può essere riprodotta, memorizzata in un sistema di recupero o trasmessa, in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronica, meccanica, fotocopia, registrazione o altro, senza previa autorizzazione scritta da parte di 3S Comunicazione. Nonostante l’accurata verifica delle informazioni contenute in questo numero, la 3S Comunicazione non può accettare responsabilità per errori od omissioni. Le opinioni espresse dai contributori non sono necessariamente quelle di 3S Comunicazione. Salvo diversa indicazione, il copyright del contributo individuale è quello dei contributori. È stato fatto ogni sforzo per rintracciare i titolari di copyright delle immagini, laddove non scattate dai nostri fotografi. Ci scusiamo in anticipo per eventuali omissioni e saremo lieti di inserire l’eventuale specifica in ogni pubblicazione successiva. © 2019 e-borghi
ditoriale
eLuciana Francesca Rebonato facebook.com/lfrancesca.rebonato
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mne trinum est perfectum. Ovvero “ogni trinità è perfetta”, almeno secondo i dettami medievali e, prima ancora, dei filosofi presocratici. Ci piace iniziare così il nostro - appunto - terzo numero di e-borghi travel, interamente dedicato ai parchi, forzieri di preziosi tutti da scoprire. Borghi e territori incastonati tra cielo e vette o appollaiati su speroni di roccia che sembrano tuffarsi nel mare, icone d’Italia sparse come coriandoli nelle campagne della Penisola o ancora affacciati sulle rive di laghi e di fiumi, come in perfetti quadri en plein air, quando ritraggono le impercettibili sfumature che la luce genera su ogni particolare, delineando differenti personalità. è con questa tavolozza di pennellate decise che raccontiamo il Parco Nazionale del Gran Paradiso in Valle d’Aosta e le Aree protette dell’Ossola in Piemonte, per poi cogliere i bagliori della roccia e del mare ligure nel Parco Nazionale Cinque Terre. A est, intanto, ecco il Parco Regionale del Mincio, illanguidito dal disegno dei corsi d’acqua nella Lombardia più slow, mentre sulla costa laziale si distende il Parco Nazionale del Circeo. Su quella pugliese, invece, vi conduciamo nel Parco Nazionale del Gargano e poi, tra il Tirreno e l’Adriatico, ci avventuriamo nel Parco di Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane in Basilicata ed esploriamo anche Civitella Alfedena, nel Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. In Sicilia, infine, è protagonista il Parco Naturale Regionale dei Nebrodi, la più grande area protetta dell’antica Trinacria. Con un gioco di sponda, passiamo dai capolavori della natura a quelli della mostra “La natura di Arp”, in calendario dal 13 aprile al 2 settembre presso la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia: ve la riveliamo in anteprima, con le sue sfaccettature d’arte allusiva e simbolica proprie del dadaismo. L’obiettivo di e-borghi travel è quello di regalarvi idee per le prossime vacanze o anche weekend all’insegna di un turismo slow, segnalandovi alcuni fra i più intriganti parchi italiani, all’insegna di bellezza e natura. E ha inizio l’avventura. Luciana Francesca Rebonato coordinatore editoriale
Sommario Civitella Alfedena
Nebrodi
Circeo
Mincio
Ossola
La natura di Arp
Prelibatezze dai parchi
Cinque Terre
Gargano
Gran Paradiso
Lucania da scoprire
Oltreconfine: Austria
Vacanze fuori posto
Leggende
CuriositĂ
Recensione
La valigia
Luca Sartori
twitter.com/LucaSartoriIT
Aquila, Abruzzo
Civitella Alfedena: il Medioevo, il lupo e la lince
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ivitella Alfedena è terra di lupi e linci. Borgo medievale del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, sorge nel cuore di una delle zone più ricche di fauna d’Italia, a oltre mille metri di altitudine. Quando si giunge a Civitella, bandiera arancione del TCI, si viene colpiti dall’armonia che lega l’abitato, dall’architettura tipicamente medievale, con lo straordinario patrimonio ambientale in cui è immerso. Attivo centro turistico a una manciata di chilometri dagli impianti sciistici del valico di Passo Godi e di Pescasseroli, a
tre chilometri dal lago di Barrea - bacino artificiale sul quale si affaccia anche il pittoresco borgo di Villetta Barrea - e a sette dalla Riserva Naturale della Camosciara, con la foresta patrimonio Unesco, Civitella è nel cuore dei Monti Marsicani, gruppo montuoso dall’aspra e articolata orografia, caratterizzato da un ambiente naturale particolarmente selvaggio ma ben preservato, dove le estese foreste di faggi sono popolate da animali selvatici, tra cui il celebre orso marsicano, il camoscio d’Abruzzo e il lupo appenninico.
Atmosfere medievali
È
lungo l’antico tratturo che collegava Pescasseroli a Candela che sorge il paese di Civitella Alfedena, dal borgo antico situato strategicamente nella zona alta dell’abitato che conserva la tipica struttura degli insediamenti medievali appenninici. Dalle case addossate le une alle altre, il nucleo antico del borgo propone stretti e tortuosi vicoli e edifici storici risalenti al 600 e al 700, una torre medievale di forma cilindrica risalente al 1400, il più antico edificio di Civitella, e la chiesa di San Nicola di Bari, monumento nazionale risalente al XVII
secolo, dal nome che è segno evidente del legame con la terra di Puglia, meta dei pastori transumanti, dall’interno in stile barocco con abside e navata centrale decorati con dipinti a olio. Tra le principali emergenze architettoniche del borgo antico vi sono anche il Santuario di Santa Lucia, la Fonte, antico lavatoio pubblico, e la Saettèra, costruzione cinquecentesca sita in posizione strategica con vista sulla vallata usata a difesa del borgo contro i briganti; attraverso le sue strette feritoie si potevano infatti usare le “saette”, archi per frecce o fucili.
Capoluogo dei Safini
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ià esistente in epoca romana, Civitella era, con ogni probabilità, l’antica cittadella di Alfedena, importante capoluogo dei Safini, i Sanniti che popolavano questa zona d’Abruzzo. L’originario insediamento andò distrutto durante le devastanti invasioni barbariche e i suoi abitanti trovarono rifugio inizialmente in ripari di fortuna per poi, col tempo, trasferirsi nei centri abitati che iniziavano ad organizzarsi ad opera dei Benedettini. L’attuale struttura del paese trae dunque la sua origine dal
Medioevo. Il centro abitato conserva infatti i caratteri tipici del borgo appenninico di quell’epoca, con gli edifici a formare una vera e propria “muraglia di difesa” non solo contro gli attacchi nemici ma anche contro il freddo di quest’angolo di Italia centrale. Fu attorno all’antica torre del 400, ancora oggi abitata, prima fortificazione sorta nel nuovo insediamento di Civitella dopo la distruzione della roccaforte safina, che andò a svilupparsi quello che oggi è il bel borgo di Civitella Alfedena.
Formaggi e scrupelle
È
la tipica gastronomia dell’Abruzzo montano quella di Civitella, dove i prodotti tipici locali si uniscono alle vecchie ricette locali fedeli alla tradizione. Dalla pasta all’uovo fatta a mano, tra cui le chitarre alla pecoraia, agli ottimi secondi di carne come l’arrosto misto cotto sulla brace di legna fino alla più rara zuppa di orapi con spinaci selvatici e fagioli, e gli gnocchetti preparati con acqua, farina. Legati alla tradizione pastorale e alla transumanza sono i formaggi e la ricotta; il pecorino e la ricotta di
pecora, il caciocavallo di mucca e la Marzollina, un raro formaggio caprino, sono alcune delle eccellenze locali alle quali si unisce il miele millefiori. Poi ci sono i dolci alle mandorle e il Ratafià, il liquore a base di ciliegie, amarene o mele cotogne. A celebrazione della tradizione gastronomica locale, ogni anno, in agosto, si tiene a Civitella la sagra della “scrupella”, il dolce fritto a base di pasta lievitata con uova, farina, semi di anice, sale e pepe, preparato dalle donne del paese e simboleggiante l’abbondanza.
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Safari fotografici
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i piedi degli imponenti gruppi montuosi come i Monti Meta, Godi, Greco e Marsicano, Civitella è terra di foreste tra le più suggestive della catena appenninica. Tra i tesori di quest’angolo d’Abruzzo vi sono il pittoresco Lago di Barrea, la suggestiva Val di Rose, la Valle Jannanghera e la più grande Riserva Naturale Integrale d’Italia “Camosciara - Feudo Intramonti”, rifugio di una grande varietà di flora e fauna un tempo presenti su buona parte delle montagne e vallate italiane. Civitella è affascinante meta escursionistica, dove alla magia dei boschi, vivacemente colorati d’autunno o ammantati di
neve, impongono un safari fotografico nel regno del camoscio, sulle tracce dell’orso o tra l’ululato di un branco di lupi. Emozioni che Civitella sa regalare durante una qualsiasi escursione che parta dal paese. Addentrarsi a piedi con la classica escursione o il trekking, con il cicloturismo o in mountain bike, con le ciaspole o gli sci ai piedi, con il cavallo o il mulo, con la canoa o il kayak, alla scoperta di boschi e vallate o di un’insolita visuale dell’acqua, sono le tante alternative che questo borgo propone a chi ne scelga la bellezza per una vacanza o un breve soggiorno.
La lince e il lupo
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celebrazione dello straordinario tesoro faunistico di questa terra c’è il Museo del lupo. Con sede in una ex stalla nei pressi del centro di visita del Parco Nazionale d’Abruzzo, propone una vasta raccolta di documenti sul lupo appenninico e sulle sue abitudini di vita, oltre a uno scheletro ricostruito, un lupo imbalsamato e il diorama di una tana con finti lupi. Terra di lupi ma anche di linci, Civitella regala un importante spazio a entrambi con due aree faunistiche, quella per il lupo appen-
ninico e per la lince europea, oltre a proporre un ricchissimo patrimonio floro-faunistico tra aceri, frassini, faggi e salici bianchi, noccioli e saliconi, ginepri, rose canine e biancospini, viole, orchidee, ranuncoli, sassifraghe, genziane e genzianelle e tanti animali tra cui lupi, linci, orsi, caprioli, cervi, camosci e aquile, espressione di una natura che in questo angolo delle terre aquilane diventa spettacolo, emozione e scoperta continua in un contesto che in Italia ha pochi eguali.
Civitella Alfedena
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COMUNE DI CIVITELLA ALFEDENA
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L’AQUILA
L’Aquila, Abruzzo Abitanti: 286 Altitudine: 1123 m s.l.m. Superficie: 29,49 km² Santo Patrono: Santa Lucia
Paul Klee, Ritratto di Frau P. nel Sud (Bildnis der Frau P. im Süden), 1924. Collezione Peggy Guggenheim, Venezia
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Sicilia
Parco dei Nebrodi, natura con vista Alessandra Boiardi
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Alessandra Boiardi
twitter.com/aleboiardi
Luca Sartori
twitter.com/LucaSartoriIT
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ncastonato tra le provincie siciliane di Messina, Catania ed Enna, il Parco dei Nebrodi si svela su percorsi naturalistici che stupiscono a ogni passo e con panorami inediti fatti di viste superlative, un intrigo di fauna e natura. L’area verde più grande della Sicilia è stata elevata a parco nel 1993, comprendendo ben 87mila ettari di vegetazione tra boschi, versanti montuosi e ambienti umidi. Il parco, oltre a estendersi su una vasta area, “sale in verticale” fino a 1.847 metri sul mare, l’altezza della sua montagna più alta, il Monte Soro. Da scoprire c’è molto, grazie a diversi itinerari che conducono i turisti attraverso borghi
e centri abitati, prati, coltivazioni e ambienti montuosi. Ci si guarda intorno per stupirsi, per esempio, della grande varietà e dei colori dei fiori, un vero tripudio in primavera, ma lo sguardo viene attratto anche dal volo di qualche rapace: se si è un po’ attenti, infatti, non sarà difficile osservare falchi, grifoni e aquile reali. E poi c’è il panorama, che gode del privilegio dell’eccezionale posizione del Parco dei Nebrodi: tra le vette delle montagne e i pascoli, la vista spazia dal mare, dove è possibile scorgere le Isole Eolie e sua maestà l’Etna. Un colpo d’occhio, questo, che da solo merita un’escursione.
La Sicilia più inedita e gli itinerari del parco
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ra le vallate dei Nebrodi si scopre una Sicilia come non ce la aspettiamo, selvaggia, fatta di natura lussureggiante e ricca di boschi. Gli itinerari escursionistici più classici del parco sono due e offrono a loro volta alternative escursionistiche di vari livelli. Molto bella è la Dorsale dei Nebrodi che, percorrendo l’area protetta da est ad ovest per circa 70 chilometri, collega Portella Dagara (Floresta) con Serra Merio (Mistretta). Il lungo sentiero escursioni-
stico attraversa aree montane incontaminate e importanti zone umide di altura come: il lago Maulazzo e il lago Biviere. Le Rocche del Crasto, invece, sono una formazione rocciosa di origine calcarea che abbraccia i centri di Alcara Li Fusi, Longi, Militello Rosmarino e San Marco d’Alunzio, raggiungibili con un’escursione che permette di ammirare le aspre architetture delle rocce e gli ampi panorami, dove è possibile scorgere in volo i grifoni.
Il parco, i borghi e la tavola
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l Parco dei Nebrodi è anche i suoi borghi, alcuni dei quali vantano patrimoni artistici e storici da non perdere. Tra questi spicca San Marco d’Alunzio, che nonostante sia un centro di piccole dimensioni, permette di visitare ben 22 chiese di epoche differenti. Da scoprire sono anche Mistretta, Troina, Capizzi, Cerami e Cesarò, tutti straordinari per le superbe architetture, impreziosite dall’utilizzo della pietra locale. Randazzo e Bronte, comuni alle falde dell’Etna, sono partico-
larmente famosi: il primo per i vini, il secondo per il pistacchio. E se pensare al pistacchio di Bronte ingolosisce, il Parco dei Nebrodi dà soddisfazioni anche a tavola. I piatti a base di carne di suino nero sono un’altra tipicità, insieme a formaggi, salumi, ma anche pregiate produzioni di olio di oliva, miele, nocciole, frutti di bosco, tutti da gustare in ricette che ancora oggi sono espressione antica della cultura contadina, semplice e ricca allo stesso tempo.
Gli eventi
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ra le diverse sagre e manifestazioni popolari legate al culto dei santi patroni che si sviluppano
lungo l’arco dell’anno, quelle di maggiore interesse sono rappresentate nel sottostante calendario:
• Ultimo venerdì di marzo I Babbaluti a San Marco d’Alunzio (Festa del Crocifisso accompagnato da particolari figure incappucciate da un saio blu) • Settimana Santa (I Giudei a San Fratello, Le Maddalene a Militello Rosmarino, U Scontru a Longi) • 24 giugno U Muzzuni ad Alcara LI Fusi (festa più antica d’Italia che celebra un rito propiziatorio in onore di Demetra) • 7-8 settembre I Gesanti a Mistretta (enormi figure di cartapesta accompagnano la Madonna della Luce in processione).
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i distende dal mare della costa nord alle pendici dell’Etna il Parco regionale dei Nebrodi, più estesa area naturale della Sicilia. Dal litorale si giunge fino ai 1847 metri del Monte Soro, principale vetta di questa zona della regione dove tra mare e monti si collocano zone ricchissime di vegetazione e ambienti umidi. È il mare il grande protagonista dell’hotel La Playa Bianca di Santo Stefano di Camastra, borgo della ceramica, con le moderne camere con balcone affacciato sul mare, dove si organizzano tour guidati alla volta delle Eolie, Messina, Agrigento, Taormina o Palermo. Anche l’hotel Za’ Maria di Caronia è sul mare, con camere per single, coppie e famiglie dove all’eleganza si uniscono la ceramica e le tipicità locali. A Sant’Agata di Militello, rinomata località balneare con vista sulle Eolie, c’è l’agriturismo Villa Luca, antica residenza immersa nel verde, in zona panoramica, con dodici camere, di cui una per disabili, con pavimenti in cotto e arredi in sti-
le siciliano. Sono le carni degli allevamenti dei Nebrodi le protagoniste della tavola del ristorante L’angolo di Manueliana a Santo Stefano di Camastra, mentre si assapora la cucina tipica locale al ristorante Monte San Giovanni di San Marco d’Alunzio, dove si servono, tra gli altri, le saporite pappardelle al ragù bianco di suino nero, la salsiccia al cartoccio con funghi porcini e l’agnello fritto con patate, mentre maccheroni casarecci al sugo di carne di suino nero dei Nebrodi, le carni alla brace e i salumi e formaggi locali sono invece parte di quanto viene servito alla trattoria La Petrusa di Longi. Per gli acquisti è Santo Stefano di Camastra la meta imperdibile di questa zona della Sicilia con le sue botteghe di ceramiche. Nella bottega Caruso Giuseppe ci si perde tra le tante creazioni artistiche, tra vasi, lampade, piatti e centritavola, così come alla Premiata fabbrica ceramica d’arte di Antonino Piscitello, dove all’arte locale si unisce una storia di oltre 330 anni.
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Ente Parco dei Nebrodi Tel 0941 702524 www.parcodeinebrodi.it info@pecparcodeinebrodi.it
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Antonella Andretta
facebook.com/antonella.andretta
Luca Sartori
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Lazio
Parco Nazionale del Circeo,
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Antonella Andretta
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mosaico di natura e storia
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on è mai semplice descrivere un luogo e si sa che spesso le immagini dicono più di tante parole. Per il Parco Nazionale del Circeo è ancora più difficile perché persino le fotografie, per quanto belle e suggestive, non sono in grado di raccontare tutta la storia, le suggestioni mitologiche e letterarie, la natura e la cultura che questo tratto di litorale, situato in provincia di Latina, racchiude. Iniziamo con il dire che, unico nel suo genere per molti motivi che andremo a raccontare in queste pagine, il parco fu istituito nel 1934, primo
parco costiero d’Italia e primo ad aver inserito nel territorio protetto un’isola (nel 1979). La sua istituzione evitò che l’antica selva di Terracina (estesa un tempo fino a Cisterna) venisse totalmente disboscata in seguito ai radicali interventi di bonifica effettuati negli anni Trenta nell’agro Pontino. Nonostante le sue dimensioni ridotte (circa 9.000 ettari), il Parco del Circeo è un’oasi che comprende luoghi di straordinaria bellezza e che stupisce per la molteplicità di ambienti. Scopriamoli insieme.
Un parco per tutti (ma proprio tutti)
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l parco comprende: un promontorio (il Monte Circeo), che rappresenta l’elemento paesaggistico più caratterizzante; un fantastico e integro cordone dunale lungo 22 chilometri con altezze massime fino a 27 metri, quattro laghi costieri (Lago di Fogliano, Lago dei Monaci, Lago di Caprolace, Lago di Paola); oltre 3.000 ettari di foresta di pianura (la Selva di Circe) tutelata dall’Unesco; un’isola (Zannone), che geograficamente appartiene all’Arcipelago delle isole Ponziane. A tutto ciò si aggiungono alcuni borghi, le antiche torri e l’area archeologica di Villa Domiziano. Tanta varietà rende il parco una meta dalle mille
sfaccettature, con punti di visita che si moltiplicano ulteriormente se si aggiunge la possibilità di partecipare alle numerose attività didattiche proposte dall’ente parco o di assaggiare le numerose specialità enogastronomiche della zona. Il Parco del Circeo ha anche una peculiarità preziosissima che va sottolineata: essendo in pianura, è possibile accedervi in molte aree anche a persone con disabilità sensoriali, cognitive e motorie. Un parco che punta ad essere davvero per tutti, insomma, facile da raggiungere (è a un’ora da Roma e due da Napoli) e ideale da vivere in tutte le stagioni dell’anno.
Da dove partire
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a andiamo con ordine e cerchiamo di capire quali percorsi di visita seguire. Diciamo subito che il parco è perfetto da girare in bici, ma si può esplorare anche a piedi, a cavallo, in canoa e in barca a vela e ha molti accessi: ne abbiamo scelti alcuni. Innanzitutto il Centro Visitatori-Museo del Parco che si trova a Sabaudia in via Carlo Alberto 188: il complesso include il Museo (che orienta i visitatori alla visita e fornisce informazioni), una sala proiezioni, una biblioteca e un’area all’aperto interpretativa anche della storia del suo territorio.
Un altro punto di partenza ideale per un’escursione è Cerasella, situata nel cuore della foresta: si tratta di un’area attrezzata in cui è presente un recinto faunistico con daini e cinghiali. Un altro accesso interessante è a nord del parco dove si trova il Borgo di Fogliano costituito da un complesso di edifici realizzati alla fine del Settecento: oltre a un laboratorio di educazione ambientale sulle zone umide e un museo ornitologico, vi si trova un orto botanico che dispone di un percorso per non vedenti (visitabile su prenotazione).
Dentro il parco: la foresta
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ddentriamoci ora nel parco per descrivere i cinque ambienti che lo caratterizzano. Iniziamo dalla Selva di Circe, ovvero dalla foresta, caratterizzata da un ecosistema ricchissimo e molto vario, comprese le caratteristiche “piscine”, aree paludose di grande pregio ecologico che nascono per accumulo di acque piovane e affioramenti di falda (nel 1977, la selva è stata dichiarata Riserva della Biosfera nell’ambito del Programma MAB patrocinato dall’UNESCO). La foresta è visitabile tramite una rete di sentieri pedonali e in parte ciclabili che si sviluppa per 21 chilometri e si esten-
de anche sul promontorio percorso da sentieri spettacolari per la vista. I tracciati sono di vario livello, dai più facili, percorribili anche coi bambini, a quelli per esperti, ben segnalati secondo lo standard del CAI (l’ente parco sta riqualificando tutta la rete) e percorribili liberamente. Attraverso questa rete si possono raggiungere luoghi di grande interesse, come il centro storico di San Felice Circeo, le fortificazioni costiere cinquecentesche di Torre Paola e Torre Fico o l’avamposto napoleonico della “Batteria” ai piedi del promontorio, direttamente sul mare.
Il promontorio del Circeo
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econdo Omero è il luogo dove la maga Circe trasformava i suoi prigionieri in maiali: il Circeo, l’antica isola Eea, terra di miti, approdo di saraceni, rifugio dei templari, feudo dei nobili Caetani e roccaforte pontificia. Questo territorio, 50.000 anni fa, era diverso dall’attuale e il livello del mare era più basso. Le grotte che costeggiano il promontorio, un tempo tutte accessibili via terra, erano abitate da tribù primitive (nella grotta Guattari è stato rinvenuto un cranio di Neanderthal), dalle iene e dagli orsi. Il
modo più rapido di vistarlo è quello di percorrere in automobile la strada che da San Felice al Circeo porta alle Crocette o a Punta Rossa: i panorami sono unici, col mare che circonda il promontorio e la vista che spazia sul golfo di Gaeta e sulle isole Ponziane. Chi invece voglia ammirare entrambi i versanti in contemporanea, può salire a piedi da Torre di Paola fino al Picco di Circe 541 metri), un’escursione per esperti da affrontare anche attraverso le informazioni presenti sul sito dell’Ente Parco.
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La duna
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ltra peculiarità del parco è la lunga duna costiera che si estende da Sabaudia fino a Capo Portiere e che in alcuni punti verso il promontorio arriva a sfiorare 30 metri di altezza. In primavera esplode in un tripudio di colori e fioriture, dal cisto giallo alle orchidee, dal fico degli Ottentotti al ginepro, dal mirto al lentisco, con specie vegetali che si sono adattate a sopravvivere in un ambiente reso difficile dal vento, dalla siccità e dalla salsedine. La duna è un ambiente in perenne movimento e sono
proprio le piante che vi crescono sopra, dette pioniere, le uniche che, con le loro radici, possono riuscire a “fermarla” e a rendere vivibile un ambiente che altrimenti sarebbe un deserto. Anche gabbiani, conigli, lucertole e coleotteri sono ovunque e l’hanno eletta a loro habitat e le numerose passerelle in legno che percorrono la duna servono proprio a preservarla dal calpestio di quanti si dirigono alla spiaggia antistante e a mantenere l’ambiente il più intatto possibile.
Le zone umide
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isti dall’alto del promontorio, i quattro laghi costieri (di Paola, dei Monaci, di Fogliano e di Caprolace) sono uno spettacolo indimenticabile: i laghi sono in realtà degli stagni costieri di acque non molto profonde (circa due metri) collegati al mare attraverso una serie di canali che assicurano il ricambio idrico. Questi specchi d’acqua e le attigue zone acquitrinose danno dimora, prevalentemente in primavera e autunno, a più di 260 differenti specie di uccelli, che qui trovano riposo e nutrimento durante le lunghe migrazioni tra Africa e nord Europa come aironi
cenerini, cavalieri d’Italia, cicogne e fenicotteri ma anche falchi di palude, germani reali, cormorani e molti altri. Gli avvistamenti sono possibili un po’ ovunque, ma in particolare nei “Pantani d’inferno” tra Caprolace e Sabaudia, lungo la strada Sacramento e anche sul lago di Fogliano: presso il Borgo, in località Cicerchia, sono presenti anche alcuni capanni di osservazione. Le zone umide danno ospitalità anche a tanti altri animali (come le rare testuggini lacustri) e non è raro imbattersi nei bufali che pascolano circondati dagli uccelli.
L’isola di Zannone
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annone geograficamente fa parte dell’arcipelago delle isole Ponziane. Oltra a essere la più vicina alla costa è l’unica a essere formata da una grande varietà di rocce tra cui alcune metamorfiche che sono in assoluto le più antiche d’Italia. L’isola, di soli 102 ettari, è disabitata e ricca di vegetazione: punto di sosta per gli uccelli migratori e di nidificazione per i gabbiani e berte, racchiude un ecosistema unico e delicato, protetto da una costa frastagliata con un unico approdo, quello di
Varo, posto dove è possibile sbarcare. Dall’attracco parte un sentiero che attraversa il bosco e arriva fino a un belvedere con vista su Ponza e Palmarola, proseguendo poi in discesa fino al faro oppure in salita fino al Monte Pellegrino. Sul percorso si trovano anche i resti di monastero benedettino diventato abbazia cistercense nel 1246, ma non sono presenti punti di accoglienza o servizi ed è meglio arrivare in forma organizzata, con acqua e calzature adatte.
Tra passato e presente
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illenni di miti e storia s’intrecciano nel territorio del Circeo e ne fanno un parco archeologico suggestivo da visitare senza fretta, per riscoprire il fascino epico del passato. Risalendo dalla località Le Crocette si possono incontrare le famose Mura Ciclopiche del III° secolo a.C., enormi blocchi megalitici montati senza l’impiego di malta. La prima cinta, più piccola, circonda l’Acropoli sul pianoro del promontorio; la seconda cerchia è più estesa e si trova in basso, inglobata nelle fondamenta del
centro storico di San Felice. Di particolare interesse storico è poi l’area attorno al lago di Paola, località amata un tempo da centurioni romani, ricchi patrizi e perfino imperatori. Adagiate sulle rive del lago si trovano i resti della Villa di Domiziano (I sec. d.C.), la più interessante delle aree archeologiche del parco, domus imperiale con stabilimento termale e grandiose cisterne fulcro di un complesso sistema idrico. Poco distante, l’incredibile opera di ingegneria romana costituita dal porto-canale di Paola.
Ospitalità e buon cibo
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utta la zona ben si presta per essere meta di una vacanza relax che può contemplare non solo trekking e passeggiate nel verde, ma anche “lente” giornate in spiaggia tra mosaici di colori, natura e servizi di balneazione, visite nei borghi o cavalcate lungo i sentieri (non mancano i maneggi). Numerosi sono gli alberghi, gli agriturismi, i campeggi e i ristoranti che si trovano all’interno del perimetro del parco o in zone limitrofe. Le giornate all’aria aperta nel parco del Circeo invitano a indulgere nei piaceri della buona tavola che, in questa terra di confine tra Lazio e Campania, possono essere particolarmente sfiziosi
come la bresaola di bufala ad esempio, ricavata dai tagli pregiati della carne di bufalo con la quale in zona si preparano anche salsicce, coppietta, speck e carpacci talvolta accompagnati da un particolare caviale di limone (Finger Lime) e da oli di assoluta qualità. Nella zona del Parco non mancano ostriche, cozze e vongole allevate localmente. Tra i vini, il protagonista è innanzitutto il Circeo Doc, adesso anche biologico, di Borgo Grappa, seguito da diversi vini locali freschi e profumati, da abbinare a mozzarella e scamorza di latte di bufala (prodotto agroalimentare tradizionale e DOP) o a una zuppa di pesce del Circeo.
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una storia lunga mezzo secolo, quella della spiaggia di Saporetti sul Lungomare di Sabaudia. Quasi mezzo chilometro di sabbia finissima, due bar e il noto ristorante la rendono una delle più apprezzate location della riviera di Ulisse. Saporetti è però anche una ricca offerta di sport da spiaggia e acquatici; al beach volley al beach tennis e al calcio tennis si unisce infatti l’opportunità di praticare canoa, surf, stand up paddle e windsurf, con la possibilità di affittare le tavole e di prendere lezioni. Gino Saporetti fu un precursore e un campione di questo sport tanto da ospitare un vero mito della tavola a vela, Robby Naish,
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Saporetti
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che arrivò direttamente dalle Hawaii per esibirsi sul litorale laziale. Autentica perla della struttura è il ristorante, gestito dalla stessa famiglia Saporetti, considerato un tempio del gusto della costa meridionale laziale. Gli spaghetti seppie e zucchine, i paccheri con polpa di ricciola, il merluzzo spaccato e le vongole sono solo alcune delle specialità della casa preparate con il pesce fresco pescato nelle acque del Tirreno dal peschereccio di Claudio. Ai piatti di pesce si uniscono tante altre prelibatezze tra cui la pasta alla “checca”. La montagna con il profilo della Maga Circe, Torre Paola e le lunghissime dune di Sabaudia fanno il resto.
Dormire, gustare e comprare Luca Sartori
È
nel profondo sud del Lazio, nelle terre di Latina, che si distende il Parco Nazionale del Circeo, una tra le più antiche aree naturali protette d’Italia. Per un soggiorno nella perla del parco, Sabaudia, c’è l’hotel Le Palme, situato a pochi passi dal centro, con 33 camere, di cui cinque family, con un esclusivo servizio di ristorante che si rifà ai sapori mediterranei. Sempre a Sabaudia c’è l’hotel Le Dune, ai piedi della caratteristica duna, con 78 camere ma anche una serie di villini per chi predilige un soggiorno più libero e informale. Elegante quattro stelle con confortevoli camere con vista mozzafiato sul promontorio o sul mare, l’hotel Maga Circe di San Felice Circeo propone una grande terrazza all’aperto, una veranda per gli incontri di lavoro e un ampio salone per i ricevimenti. Per i buongustai ci sono il ristorante L’Argonauta di San Felice Circeo, con la bella terrazza sul mare, dove il pesce è protagonista di gran parte dei piatti accompagnati dai vini della fornita cantina, il ristorante Rendez Vous
di Sabaudia, dove si servono spiedini di calamari e gamberi, il risotto alla crema di scampi, le linguine allo scoglio, il filetto di rombo con patate, fritture e grigliate di pesce, e il ristorante Il Grottino, situato nel centro storico di San Felice Circeo, dove ai piatti di pesce e al buon vino si uniscono le pizze. Per gli acquisti c’è la Cantina Sant’Andrea a Sabaudia dove comprare i migliori vini delle terre laziali, dal Circeo DOC bianco, al Moscato di Terracina DOC al Circeo DOC bianco frizzante, ma anche l’azienda agricola Ganci di Borgo Grappa, tra Sabaudia e Latina, immersa nelle fertili pianure tra il capoluogo e il mare, dove si trovano vini in bottiglia come il Greco Bianco IGP del Lazio e il Cabernet Sauvignon IGP del Lazio, e i vini sfusi tra cui il Malvasia, il Merlot e il Trebbiano. L’azienda Ganci partecipa a “Cantine Aperte” e a “Calici di Stelle”, iniziative per far conoscere ad appassionati e curiosi le attività, i prodotti e le tradizioni che hanno fatto la storia dell’azienda.
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Parco Nazionale del Circeo Via Carlo Alberto, 188 - 04016 Sabaudia (LT) Tel 0773/512240 - Fax 0773/512241 www.parcocirceo.it segreteria@parcocirceo.it
Mantova, Lombardia
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Parco del Mincio: in mezzo scorre il fiume
Simona PK Daviddi
Simona PK Daviddi
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Luca Sartori
twitter.com/LucaSartoriIT
Stefano Mariga
stefanomariga.com
Luca Ghidorzi
lucaghidorzi.it
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ccupa un territorio di oltre 15mila ettari il Parco del Mincio, un lembo di Lombardia incastonato tra il Garda, il Po e la bellissima Mantova. Un territorio attraversato dal fiume omonimo dove biodiversità, arte e storia si fondono armonicamente per regalare ai visitatori un’esperienza unica, scandita da ritmi slow, patrimoni Unesco da lasciare a bocca aperta e ambienti naturali incontaminati e popolati da specie animali e vegetali protette. Non è un caso, dunque, che le Terre del
Mincio - questo il “brand” della destinazione - e in particolare la zona umida d’importanza internazionale con i borghi di Grazie di Curtatone, Rivalta sul Mincio e Soave, siano state inserite tra le trenta Eden (acronimo di European Destinations of ExcelleNce) italiane già dal 2009 per la straordinaria valenza naturalistica dell’area. Sono infatti circa trecento le specie di uccelli presenti, tra i quali diversi tipi di aironi, i cormorani, i coloratissimi gruccioni e i martin pescatori.
Valli del Mincio e i borghi
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a riserva naturale Valli del Mincio rappresenta il cuore del Parco, nonché una delle aree più interessanti dal punto di vista floro-faunistico, formata dal Mincio che si divide in mille meandri sinuosi tra canneti e cariceti in uno scenario d’Oriente che poi confluisce nei tre laghi di Mantova. Che si decida di scoprire la zona a piedi o in bicicletta - numerosi sono i sentieri e i percorsi ciclopedonali attrezzati - si attraverserà un coreografico intreccio di canali e specchi d’acqua e ci si imbatterà in diversi esemplari di meravigliosi fiori palustri, in isole galleggianti di fior di loto, e ancora in canneti e tappeti di ninfee. Di rara suggestione è anche la navigazione di questo tratto di fiume - magari partendo dall’imbarcadero del piccolo borgo di pescatori di Grazie, un
gomitolo di casette strette intorno al trecentesco Santuario della Beata Vergine Maria, nato come ex-voto durante un’epidemia di peste. Anche la vicina Rivalta merita una visita, per la chiesa settecentesca sorta sui resti di un castello matildico, per la Corte Arrivabene, dimora patrizia dei conti omonimi, per l’interessante Museo Etnografico dei Mestieri del Fiume e centro visita del Parco e per il pittoresco porticciolo, da dove partire in barca o in canoa per indimenticabili escursioni. Poco distante, è interessante visitare anche un altro centro visita del Parco del Mincio: il giardino delle Bertone, dove sulle cime degli alberi secolari nidificano libere le cicogne bianche e tra aprile e maggio si assiste alle imperdibili “prove di volo” dei piccoli di cicogna.
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più romantici non possono mancare una visita al borgo medievale di Castellaro Lagusello, cinto da una possente cerchia di mura, dominato da un’antica torre campanaria - al cui interno, una serie di pannelli informativi spiega il ricco mosaico di habitat presenti nella zona - e adagiato su un laghetto a forma di cuore. E ancora una volta è l’acqua il filo conduttore delle passeggiate che si dipanano dal cuore del borgo, allo scrigno di biodiversità della riserva naturale, con sentieri sterrati e cam-
minamenti in legno che consentono di arrivare vicino alla zona umida nei pressi del lago e dei suoi canali, tra risorgive e piccoli specchi d’acqua, per ammirarne flora e fauna - con un po’ di pazienza, si potrà assistere al “pranzo” del Martin Pescatore, che frequenta regolarmente soprattutto la sponda meridionale del lago -. Tutt’intorno, una corona di colline moreniche con boschi e prati a perdita d’occhio, dove è facile incontrare molte specie di preziose orchidee selvatiche.
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Ritorno al Medioevo: Castellaro Lagusello
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Bicicletta? Sì, grazie!
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e è vero che il cicloturismo sta prendendo sempre più piede per i suoi ritmi slow che liberano dallo stress, è soprattutto per i paesaggi magici e incontaminati che le due ruote permettono di attraversare che sempre più persone organizzano intere vacanze in bicicletta. Che siate ciclisti “professionisti” o “pedalatori della domenica”, il Parco del Mincio offre una serie di percorsi tra i quali scegliere, differenti in lunghezza e in contesti naturalistici, ma tutti di rara suggestione. Sicuramente imperdibile, a tal proposito, è “l’autostrada verde
più lunga d’Italia”, 37 chilometri di percorso che in circa sei ore collegano Mantova a Peschiera del Garda in un susseguirsi di paesaggi mozzafiato: passerelle sull’acqua, boschi, borghi dove il tempo sembra essersi fermato, vigneti e canali. La pieve romanica di Massimbona e il vicino mulino medievale ancora funzionante sono tra le soste da non perdere, così come Volta Mantovana, con il castello risalente al X secolo e il rinascimentale Palazzo Gonzaga e Monzambano, dominato da un castello risalente addirittura al IX secolo.
Navigando sul fiume: fascino slow
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e le sue sponde riservano sorprese incredibili, anche la navigazione lungo il placido corso del Mincio è un’esperienza indimenticabile, sia che si decida di fare un giro in canoa - il tratto percorribile a remi va da Pozzolo a Mantova, con tre trasbordi in corrispondenza di altrettanti sbarramenti artificiali, e con una tappa a Goito, la città dei bersaglieri - sia che si opti per i più comodi battelli - la maggior parte a motore elettrico o alimentati a energia solare - o per le motonavi che “toccano” Mantova, Grazie di Curtatone e Rivalta. Interessanti anche le escursioni tematiche
in barca, da quelle a carattere naturalistico sulle tracce degli aironi, a quelle storiche, che da Mantova partono sulle orme di Virgilio sul Mincio, da quelle alla scoperta degli antichi mestieri, alla navigazione sui laghi di Mantova. E proprio dalle rive del Lago Superiore, nelle serate d’estate, è d’obbligo un aperitivo in uno dei locali all’aperto, ammirando il sole tramontare sullo scenario naturalistico della zona umida delle Valli del Mincio. La prospettiva cambia e diventa da cartolina, sullo skyline della città dei Gonzaga dal campo canoa, sul lago Inferiore.
Last but not least
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e Terre del Mincio non hanno certo esaurito i propri assi nella manica: sono infatti ancora numerosi i punti di interesse che meriterebbero una menzione. A iniziare dai siti archeologici, con ritrovamenti celti, etruschi e romani e insediamenti neolitici e palafitticoli; per continuare con gli innumerevoli castelli e fortezze che punteggiano il Parco (alcuni nomi, oltre a quelli già citati? Cavriana, Pozzolengo e Valeggio sul Mincio); e ancora i forti asburgici - ne rimangono 16! - e i mulini ad acqua. Infine, non si può lasciare il Parco del Mincio senza
aver assaggiato anche i sapori tipici che rendono irresistibile la sua tavola: tortelli di zucca, capunsei, fuiade con ragĂš di selvaggina, bĂŹgoi con le sardele sono tra i primi piatti che propongono le osterie e i ristoranti sulle rive dei fiume, seguiti da luccio in salsa e pesce gatto fritto come secondo, il tutto innaffiato dal vivace Lambrusco Mantovano - ma la zona produce anche rossi a base merlot e cabernet , bianchi chardonnay e pinot bianco e persino passiti - e coronato dalla regina dei dolci del territorio, la sbrisolona.
Dormire, gustare e comprare Luca Sartori
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nel cuore della pianura padana che si distendono le terre del Parco regionale del Mincio, tra il corso del fiume Po e il bacino del Garda. Storia, arte e natura si mescolano in una miscela d’emozioni e silenzi, itinerari di scoperta e il lento scorrere delle acque. Si respira tutta la storia di Mantova al confortevole ed elegante hotel Broletto, situato nei pressi del Duomo, Piazza delle Erbe e Palazzo Ducale, con camere doppie, family room e junior suite, mentre l’hotel Il Granaio di Porto Mantovano, situato in un edificio risalente al Settecento e dall’arredo in stile vecchio Novecento, ha il ristorante che prevede il servizio estivo all’aperto e nel verde. Sette sono le stanze, di cui una per disabili, dell’hotel Paradiso di Borgo Virgilio, a soli quattro chilometri da Mantova, con arredi in stile retrò e un bel giardino per gustarsi qualche attimo di relax. Per i buongustai le terre mantovane offrono diversi, ottimi piatti, ma il più classico è sicuramente il tortello di zucca. Tortelli
di zucca che sono tra le specialità del ristorante Canossa, situato nella piazza omonima a Mantova, ai quali non si può non unire un assaggio della tipica “sbrisolona”, il dolce tipico mantovano. Risotto alla mantovana, tortelli di zucca burro e salvia, mezze maniche al torchio con zucca e ricotta salata, baccalà alla mantovana e torta “sbrisolona” sono solo una piccola parte di quanto si trova all’antica trattoria Cento Rampini di Piazza delle Erbe a Mantova, mentre all’osteria Antichi Sapori di Borgo Virgilio si servono gli agnoli in brodo, i bigoli al torchio con sardelle, lo stracotto d’asino con polenta e il luccio in salsa mantovana con polenta abbrustolita. Per chi desidera portare con sé i migliori sapori di quest’angolo di Lombardia, c’è la gastronomia Il Tagliere, situata sotto i portici del Teatro Ariston, dove acquistare salumi tipici e formaggi, ma anche piatti pronti come i tortelli, gli stracotti, i brasati, e poi sughi, vini e tanti prodotti della tradizione mantovana.
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Ente Parco del Mincio Piazza Porta Giulia, 10 - 46100 Mantova (MN) Tel 0376/391550 www.parcodelmincio.it info@parcodelmincio.it
Oriana Davini
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Luca Sartori
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Oriana Davini
Piemonte
Ossola
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Aree protette dell’
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lte cime e valli che si spingono fino a bassa quota, antichi sentieri, torrenti, miniere, picchi e valichi, mulini e forni, alpeggi con una tradizione casearia vecchia di secoli: le aree protette dell’Ossola sono uno scrigno variegato incastonato nel cuore delle Alpi. La ricchezza di questo territorio nasce da un dono di natura: l’Alpe Devero, l’Alpe Veglia e l’alta Valle Antrona, sotto la tutela dell’Ente di Gestione delle Aree Protette dell’Ossola, sono tre aree distinte per territorio, ambiente, cul-
tura e storia. Bussare alla loro porta significa prepararsi a tre viaggi diversi: ci si muove sulle antiche vie di comunicazione tra Italia e Svizzera patrimonio della cultura Walser, tra sentieri tranquilli e trekking di più giorni. Alcuni tracciati attraversano ambienti naturali delicati, torbiere e lande alpine, altri si snodano lungo pascoli e prati, dove fioriscono le produzioni casearie. E dall’inizio dell’inverno alla tarda primavera sono numerosi gli itinerari per sci-alpinisti e ciaspole.
Il Parco naturale Veglia-Devero
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ra i borghi di Baceno, Crodo, Varzo e Trasquera, incastonato nelle Alpi Leopontine occidentali, si trova il Parco Naturale Veglia – Devero: uno stupendo libro aperto scritto dalla natura per raccontarci la storia delle Alpi, illustrato dai colori di un ambiente mai monotono. La posizione geografica delle montagne e la varietà geologica e morfologica rendono questo territorio estremamente ricco e diversificato e la vicinanza al confine svizzero gioca un ruolo fondamentale. Uno dei percorsi classici è il giro del lago di Devero,
con scorci che nulla hanno da invidiare ai paesaggi del Grande Nord. Altri percorsi di interesse sono il lago delle Streghe (Valle Devero), il lago d’Avino e il lago Bianco (Alpe Veglia). Molto apprezzati sono la Via del Formaggio tra pascoli alti, alpeggi che producono il Bettelmatt, mandrie al pascolo e marmotte, e il panoramico Sentiero dei Fiori, una lunga traversata che scende alla conca di Veglia. Questo è il territorio delle rinomate Terme di Premia, acque naturali calde, la cui presenza era documentata già nel 1556.
Il Parco naturale dell’Alta Valle Antrona
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l Parco Naturale Alta Valle Antrona comprende le due aree che si estendono nei territori dei borghi più alti della valle: Antrona Schieranco e Viganella. Da Villadossola, la Valle Antrona sale verso montagne o valichi dai nomi poco noti, come il Pizzo Andolla e il Passo di Sass, balconi privilegiati da cui è possibile sfiorare i giganti delle Alpi Pennine: il Monte Rosa e la Weissmies. È la valle delle acque, della natura, della pietra, delle antiche miniere d’oro e del ferro. Le mulattiere e i sentieri salgono dal centro industriale verso piccoli borghi, maggenghi e alpeggi, conducendo il visitatore in un affascinante viaggio nel tempo, alla scoperta dei luoghi che conservano ancora segni vitali del passato e di una orgogliosa semplicità montanara. Il borgo di Antrona, le cui lontane origini sono radicate nei rapporti con le popolazioni walser di Saas-Grund, in Svizzera, fu in parte distrutto da una gigantesca frana che nel 1642 ostruì il torrente Troncone formando il Lago
di Antrona. Da qui, il settore più alto del parco comprende le valli Loranco e Troncone: un vasto territorio caratterizzato da un’elevata naturalità al confine tra Italia e Svizzera. Se la Val Loranco, con Cheggio, è dominata dal Pizzo Andolla, la cui altitudine sfiora i 3656 metri, la Val Troncone è la valle dei grandi laghi artificiali, come quelli di Campliccioli, Cingino e Camposecco, dei vecchi larici e dei vasti alpeggi, in gran parte abbandonati, dove oggi pascolano soprattutto animali selvatici. Il settore orientale dell’area protetta si estende da Viganella e dal fondovalle allo spartiacque con la Valle Anzasca: qui il parco è un tuffo nel verde e nella storia, nei boschi selvaggi e nell’architettura rurale, nell’arte e nella misticità. Il piccolo nucleo del borgo è arroccato su un pendio che precipita verso l’Ovesca, torrente della valle Antrona, circondato da monumentali terrazzamenti che recano traccia dei vigneti che furono tra i più antichi e rinomati in Ossola.
Pedalare tra stradine e mulattiere
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edalare tra stradine, sterrati, mulattiere e sentieri, anche a quote basse: la bicicletta costituisce un mezzo divertente per visitare a ritmo lento luoghi, bellezze naturali, siti storici, paesi, alpeggi, tracce dell’antica civiltà rurale montana. Le Aree Protette dell’Ossola offrono percorsi medio-facili e itinerari ad anello, con percorso di ritorno diverso da quello di andata, oltre a diversi punti di noleggio bicicletta per chi arriva senza la propria due ruote. Per scoprire le meraviglie sto-
riche, culturali e naturalistiche di cui il territorio ossolano è ricco, in Val Divedro si può percorrere il Passo delle Possette, gli alpeggi di Varzo, il Giro di Solcio, l’Anello di Trasquera e Alpe Fraccia, Bugliaga e la salita all’Alpe Veglia. In Valle Devero ci sono i percorsi ciclabili Il Grande est di Devero, il lago di Agàro e Via di Squettar. Se siete in Valle Antrona, informatevi per i percorsi che passano tra gli alpeggi di Montescheno o il giro dei laghi della valle: Cheggio, Antrona e Campliccioli.
Parchi da gustare
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Parchi naturali non sono solo il regno di una natura selvatica e degli animali che lo popolano, ma anche di tradizioni gastronomiche antiche che partendo dal territorio e dai suoi prodotti sono arrivate fino a noi sottoforma di formaggi, vini, miele, pane, dolci e piatti tipici. Proprio la salvaguardia di sapori e saperi, di metodi tradizionali di lavorazione del latte e del bestiame, rappresentano un patrimonio inestimabile oltre che un fattore di richiamo per i turisti. Se siete buongustai,
un ottimo motivo per organizzare una gita delle aree protette dell’Ossola è l’appuntamento con “Il Menù del Parco”: a partire dal 24 maggio, Giornata Europea dei Parchi, prenderà avvio l’iniziativa, che coinvolgerà tutti i parchi piemontesi, dove i ristoratori aderenti offriranno piatti cucinati con i prodotti del territorio e con le specialità dei produttori locali. Insomma è il momento migliore per posare bici e zaini e scoprire Bettelmatt, Ossolano, pane nero e la più genuina cucina di montagna.
La cucina ossolana
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n molti alberghi e ristoranti si possono gustare i piatti tipici ossolani, a base di farina per polenta, patate, carne di maiale e latticini. Dalla ‘pasta rustia’, pasta corta e patate saltate nell’olio e servite croccanti, al ‘Serpentone’, un rotolo di pasta tipico dell’Alta Valle Antrona ripieno di arrosto di vitello, lonza di maiale, coste e verze e ricoperto con ragù o burro e salvia. Un altro piatto tradizionale, che si preparava quando si uccideva il maiale, è ‘La cuchela’, ovvero patate in pentola con pancetta e salamini di maiale. Da non perdere la polenta cotta con
patate e servita con panna montata, e gli gnocchi all’Ossolana, cucinati con zucca gialla, patate e castagne e conditi con burro salvia, rosmarino e nostrano a dadini. Tra i dolci non può mancare la ‘ torta del pane’, realizzata con gli avanzi di pane e latte Prima di tornare a casa, assicuratevi di avere acquistato i prodotti tipici prodotti qui: dai formaggi tipici, come il Bettelmatt e l’Ossolano, entrambi dal sapore unico conferito dalle erbe dei pascoli di alta montagna, al miele di rododendro, ai vini ossolani, come Prunent, Tarlap, Cà d’Maté e Terra di Pietra.
Il forno di Progno e il mulino di Sasso
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a segale è una presenza antica nelle valli alpine e per secoli è stata in Valle Antrona dando vita a riti, scambi di saperi, tradizioni e infrastrutture: mulini, forni, lavatoi, canali, terrazzamenti, sentieri e scalinate, cappelle votive, un sistema di beni comuni che oggi viene riscoperto. Due in particolare valgono una visita: il forno di Progno e il Mulino di Sasso, entrambi frazioni del borgo di Montescheno. Il primo è un antico forno comunitario costruito a metà del XIX secolo e utilizzato dalla comunità con-
tadina del luogo fino ai primi del Novecento: grazie a un intervento di restauro conservativo, oggi è di nuovo in funzione e il 13 ottobre di ogni anno, in concomitanza con la Festa della segale, sforna oltre 500 pani. Il Mulino di Sasso è un edificio particolarmente rappresentativo di questa tipologia di opifici, molto diffusi in Ossola grazie all’abbondante disponibilità delle acque. Oggi è funzionante e contiene pannelli descrittivi e un’esposizione di antichi attrezzi per la pratica della macinazione.
Be part of the mountain
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ambiente montano è unico e merita di essere trattato bene. Per questo motivo il turismo in questi territori deve essere consapevole, informato e soprattutto rispettoso della fauna e della flora selvatica, il cui equilibrio potrebbe essere turbato dalle attività sportive invernali. Per rispondere a questa esigenza e quindi trasformare i viaggiatori da ospiti a parte attiva della tutela ambientale, Alparc, la Rete delle Aree Protette Alpine, ha lanciato Be Part of The Mountain, una campagna di comunica-
zione per sensibilizzare escursionisti e amanti delle attività outdoor sull’impatto che la loro presenza può avere sulle risorse naturali delle aree protette alpine. Grazie alla collaborazione con Ong, enti pubblici e club alpini, si cerca di dare maggiore visibilità alle iniziative locali dei singoli territori, innescando una serie di comportamenti virtuosi tra i praticanti degli sport invernali grazie allo scambio di buone pratiche, l’aumento della consapevolezza e la divulgazione delle informazioni.
Le regole del turismo nei parchi
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he sia estate o inverno, in bici, sugli sci, con le ciaspole o a piedi, in un parco naturale è bene sapere come comportarsi per garantire agli animali l’integrità del loro habitat. L’Ente Gestore delle Aree Protette dell’Ossola ha stilato poche e semplici regole valide in ogni stagione: • Prestate attenzione a segnaletica e avvisi • Seguite le Aree Protette dell’Ossola sui social per ricevere informazioni aggiornate e tempestive • Preparate con cura le vostre escursioni, dalla
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scelta degli itinerari all’equipaggiamento, dalle condizioni climatiche alla preparazione fisica Siate turisti sostenibili anche a casa: approfondite l’impatto delle attività ricreative sull’ambiente, mobilità sostenibile, gestione dei rifiuti, rapporti con la popolazione locale Scegliete i periodi meno affollati per una visita alle Aree Protette dell’Ossola: l’autunno offre colori e panorami spettacolari e giornate terse Evitate rumori improvvisi e molesti Se un cane vi accompagna, deve essere tenuto al guinzaglio
Dormire, gustare e comprare Luca Sartori
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nel profondo nord del Piemonte che si distendono le terre ossolane: grandi montagne e boschi ai confini della Svizzera, un paradiso per i camminatori ma anche per gli amanti della buona tavola, dei salumi, dei formaggi e dei tanti piatti sostanziosi delle valli. Per chi decide di trascorrere qualche giorno di vacanza da queste parti, c’è il bed & breakfast del Viandante di Vogogna, delizioso borgo a due passi dai parchi delle valli ossolane, dove a colazione si gustano marmellate, torte e pane fatto in casa, mentre a due passi dalla stazione ferroviaria di Santa Maria Maggiore c’è l’hotel Miramonti, con dieci camere, dove si dorme anche con il cuscino biologico di fieno ed erbe officinali, ottimo rimedio contro l’insonnia. A Goglio di Baceno c’è l’albergo ristorante Villa Gina, situato in una conca a 1.092 metri di altitudine, a due passi dal Parco Naturale Veglia Devero: 22 stanze a due, tre o quattro posti, con un’ampia sala da pranzo. Si servono i salumi locali ma anche il carciofo al
vapore su fondo di prezzemolo e ragù di quaglia, i tagliolini di funghi porcini, fondo di prezzemolo e funghi cardoncelli e il petto d’anatra laccato al miele con verdure al ristorante Le Colonne di Santa Maria Maggiore. Formaggi, polenta e zuppe si servono invece all’albergo ristorante del Vecchio Borgo a Vogogna, mentre alla trattoria La Motta di Domodossola si assaggiano stuzzichini appetitosi all’ossolana, il carpaccio walser con olio e fieno, zuppa di pane nero, castagne e Bettelmat filante, tagliatelle alla trota e croccante di salvia e la trota stufata al vino rosso. Per gli acquisti golosi c’è la pasticceria Doria di Domodossola, dove ai dolci si uniscono le creazioni al cioccolato, l’enoteca Cantine Garrone, a due passi dal centro storico di Domodossola, dove acquistare vini di qualità ma anche una ricca selezione di liquori e distillati e la Latteria Vigezzina di Santa Maria Maggiore dove comprare burro fresco, formaggi tipici locali e yogurt dei produttori locali.
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Ente di Gestione delle Aree Protette dell’Ossola Villa Gentinetta, Viale Pieri 13 28868, Varzo (VB) Tel. 0324 / 72572 www.areeprotetteossola.it info@areeprotetteossola.it
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Alessandra Boiardi
twitter.com/aleboiardi
La natura di Arp in mostra alla Collezione Peggy Guggenheim
Jean (Hans) Arp Classical Sculpture (Sculpture Classique), 1960 Bronze 50 1/2 × 8 3/4 × 8 in. (128.27 × 22.23 × 20.32 cm) Dallas Museum of Art, Foundation for the Arts Collection, given in memory of Mary Seeger O’Boyle by her family and friends 1966.13.FA © 2019 Artists Rights Society (ARS), New York/VG Bild-Kunst, Bonn / © Jean Arp, by SIAE 2019
La natura di Arp in mostra alla Collezione Peggy Guggenheim
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a prima cosa che comprai per la mia collezione fu un bronzo di Jean Arp. Mi portò alla fonderia dove era stato fuso e me ne innamorai tanto che chiesi di poterlo tenere tra le mani: nello stesso istante in cui lo sentii volli esserne la proprietaria». Sono le parole con cui Peggy Guggenheim nella sua autobiografia Una vita per l’arte (Rizzoli Editori, Milano, 1998), in cui racconta il suo incontro e il suo immediato innamoramento con Testa e Conchiglia (Tête et Coquille). Accadeva nel 1933 e oggi proprio questa scultura è tra le protagoniste della mostra La natura di Arp, ospitata dal 13 aprile al 2 settembre presso la Collezione Peggy Guggenheim. L’esposizione, a cura di Catherine Craft e organizzata dal Nasher Sculpture Center di Dallas, mette in mostra la produzione dell’artista franco-tedesco Jean (Hans) Arp (1886–1966), fondatore del movimento Dada e pioniere dell’astrazione, che du-
Portrait of Arp, ca. 1926 Courtesy Stiftung Arp e.V., Berlin/Rolandswerth
rante la sua carriera artistica - lunga ben sei decenni ha realizzato un corpus di opere di notevole influenza in un’ampia gamma di materiali e formati, creando disegni, stampe, tessuti, collage, rilievi dipinti e sculture. Dopo Testa e conchiglia, Peggy Guggenheim continuò ad aggiungere opere di Arp alla sua collezione e oggi sono sette le sue opere appartenenti al museo
Jean (Hans) Arp Gnome, also called Kaspar, 1930 Plaster 19 3⁄4 × 11 × 7 1⁄2 in. (50.2 × 27.9 × 19.1 cm) Franklin D. Murphy Sculpture Garden, University of California, Los Angeles, Gift of Madame Marguerite Arp Courtesy of the Hammer Museum © 2019 Artists Rights Society (ARS), New York/VG Bild-Kunst, Bonn / © Jean Arp, by SIAE 2019
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di Venezia, che si ritrovano anche in La Natura di Arp. Un connubio artistico, quello della mecenate con Arp, che sfociò in diverse mostre di scultura contemporanea organizzate dalla collezionista d’arte. Non molto diverso è il legame che unì Arp a Patsy Nasher, che
nel 1967 acquistò un bronzo di Arp per il compleanno del marito Raymond, Torso con germogli del 1961, e proprio come nel caso di Peggy la scultura diventò l’opera fondante della loro nota collezione di scultura moderna.
La natura di Arp in mostra alla Collezione Peggy Guggenheim
Jean (Hans) Arp Awakening, 1938 Réveil Erwachen Plaster, painted green 18 5/8 x 9 1/2 x 9 in. (47.4 x 24 x 23 cm) Aargauer Kunsthaus, Aarau Gift of Marguerite Arp-Hagenbach © 2019 Artists Rights Society (ARS), New York/VG BildKunst, Bonn / © Jean Arp, by SIAE 2019 Photo: Jörg Müller/Aargauer Kunsthaus, Aarau
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Jean (Hans) Arp Three Disagreeable Objects on a Face, 1930 (two views) Plaster Overall, 7 1/2 x 14 1/2 x 11 5/8 in. (19 x 37 x 29.5 cm) Museum Jorn, Silkeborg, Denmark © 2019 Artists Rights Society (ARS), New York/VG BildKunst, Bonn / © Jean Arp, by SIAE 2019 Photo courtesy of Museum Jorn, Silkeborg
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L’esposizione: scoprendo “le nature” di Arp
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appresentare la natura per Arp significava trovare una forza ben più saggia e costruttiva dell’arroganza umana in un mondo sconvolto dalla prima Guerra Mondiale e il titolo La natura di Arp riflette, in parte, proprio il ruolo particolare svolto dalla natura nell’opera dell’artista. Ma è anche la natura dello stesso Arp a essere contenuta nelle opere in esposizione, le sue inclinazio-
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La natura di Arp in mostra alla Collezione Peggy Guggenheim
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La mostra sarà accompagnata da un articolato programma di attività collaterali gratuite, aperte al pubblico.
ni che lo portano per esempio ad andare contro l’ordine prestabilito e a rifugiarsi, ventottenne, nella Svizzera neutrale davanti al massacro della guerra e rifiutando il militarismo. Sono 70 le opere presentate nella mostra La natura di Arp. Oltre alle sette appartenenti al museo veneziano, sono esposte sculture in gesso, legno, bronzo e pietra, rilievi in legno dipinto, collage, disegni,
Jean (Hans) Arp Objects Arranged according to the Laws of Chance III, 1931 Oil on wood 10 1/8 in. x 11 3/8 in. x 2 3/8 in. (25.7 cm x 28.9 cm x 6 cm) San Francisco Museum of Modern Art, Purchase © 2019 Artists Rights Society (ARS), New York/VG Bild-Kunst, Bonn / © Jean Arp, by SIAE 2019 Photo: Katherine Du Tiel/SFMOMA
Jean (Hans) Arp Plant Hammer (Terrestrial Forms), 1916 Painted wood 24 ½ x 19 ½ x 3 1/8 in. (62 x 50 x 8 cm) Collection of the Gemeentemuseum Den Haag © 2019 Artists Rights Society (ARS), New York/VG Bild-Kunst, Bonn / © Jean Arp, by SIAE 2019 Photo courtesy Gemeentemuseum Den Haag
Jean (Hans) Arp Head and Shell, ca. 1933 Polished brass (cast 1930s) Height: 7 3⁄4 in. (19.7 cm); length: 8 7⁄8 in. (22.5 cm) Peggy Guggenheim Collection, Venice © 2019 Artists Rights Society (ARS), New York/VG Bild-Kunst, Bonn / © Jean Arp, by SIAE 2019
e Tre oggetti fastidiosi su un volto, 1930 dal Museum Jorn, Silkeborg. Degno di nota anche un gruppo di opere realizzate in collaborazione con la moglie, l’artista Sophie Taeuber-Arp, tra cui la scultura in legno Scultura coniugale, 1937, dallo Stiftung Arp, Berlino/Rolandswerth. La mostra è accompagnata da un ricco catalogo con un saggio principale della curatrice della mostra, Catherine Craft, e contributi di studiosi di Arp affermati ed emergenti: Lewis Kachur, professore di Storia dell’arte presso la Kean University, New Jersey; Walburga Krupp, ricercatrice associata alla Zürcher Hochschule der Künste di Zurigo; Tessa Paneth-Pollak, assistente di Storia dell’arte presso la Michigan State University.
La natura di Arp in mostra alla Collezione Peggy Guggenheim
tessuti e libri illustrati, provenienti da importanti musei statunitensi ed europei, fondazioni e collezioni private. Tra quelle più significative spicca Pianta-martello (Forme terrestri), del 1916, proveniente dal Gemeentemuseum Den Haag, Paesi Bassi, tra i primi rilievi del periodo Dada. Saranno poi esposte tutte e tre le composizioni multiparte risalenti ai primi Anni ’30, innovative rivisitazioni della forma scultorea che rifiutavano il piedistallo e incoraggiavano lo spettatore a interagire con gli elementi mobili: Scultura da perdere nella foresta (Scultura di tre forme), 1932 dalla Tate Modern, Londra, Due pensieri su un ombelico (Scultura di tre forme), 1932, dal Musée d’Art Moderne et Contemporain, Strasburgo,
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Renata Giolli
Prelibatezze dei parchi da nord a sud
Prelibatezze dei parchi
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oschi fitti, pietraie, laghi e torbiere e poi ancora mulattiere, alpeggi, vallate e panorami incantevoli, non di rado con vista mare. La quantità e la varietà dei parchi italiani è davvero unica. E se possiamo affermare che non basta una vita per conoscere i maggiori parchi italiani, lo stesso vale per le specialità culinarie da assaporare nei borghi che li costellano. Non c’è niente di meglio che concludere una piacevole
escursione gustando le prelibatezze locali e, perché no, acquistandole nelle botteghe del posto che ne garantiscono l’artigianalità. Non a caso, è proprio un percorso che seduce le papille quello che abbiamo progettato in queste pagine. L’idea è di accompagnare il lettore alla scoperta delle tipicità che davvero meritano di tornare a casa con noi dopo una bella escursione o, meglio ancora, una vacanza.
Prelibatezze dei parchi
Prelibatezze dei parchi
Paradiso da assaporare P
artiamo da nord, dal Gran Paradiso, amatissima riserva di caccia dei Savoia che, ironia della sorte, salvarono lo stambecco dall’estinzione per sottrarre la fauna locale ai valligiani e riservarla alla propria passione venatoria. Le due specialità valdostane di cui parliamo sono due insaccati, la mocetta e il boudin. Il primo, detto anche “motzetta”, ha la consistenza della bresaola e un tempo si faceva proprio con lo stambecco insaporito con aglio, erbe aromatiche, sale e pepe. Oggi la preparazione ricorda quel-
la di un tempo, ma la carne usata è di allevamento: di camosci, ovini o bovini. Il secondo, in origine, era un sanguinaccio molto nutriente: si preparava mescolando sangue di maiale (o cinghiale) con patate, barbabietole, lardo, cannella, noce moscata, bacche di ginepro ed erbe profumate e si consumava crudo o cotto. La ricetta si è tramandata e nel tempo si è modificata, anche per non violare le normative alimentari. Oggi è una salamella speziata di barbabietola, dal colore - naturalmente - fucsia.
P
rima di spingerci nel centro Italia, facciamo una passeggiata nel Parco delle Cinque Terre, tra i terrazzamenti che collegano i borghi di Riomaggiore, Manarola, Corniglia, Vernazza e Monterosso. Nel nostro cestino non potranno mancare le acciughe di Monterosso, semplicissime eppure così ricercate. Si producono nei mesi estivi: le acciughe vengono eviscerate e cosparse di sale e collocate a raggiera e a strati in barili di castagno o vasi di terracotta. Dopo la stagionatura ven-
gono messe nelle classiche arbanelle in vetro ed eccole pronte. Il modo migliore per gustarle? Su crostini di pane caldo con un velo di burro, accompagnate dal bianco delle Cinque Terre oppure, come suggerisce qualche audace sommelier ligure, con lo Sciacchetrà (o sciachetrà) che in genere è un vino da dessert. Si tratta di una chiccheria: è un passito di tradizione secolare prodotto da uve coltivate sui pendii, dove la terra è stata strappata a sassi e rocce.
Prelibatezze dei parchi
Al centro del gusto
Prelibatezze dei parchi
Prelibatezze dei parchi
Prelibatezze dei parchi
Icone di sapori I
l Parco del Gran Sasso è il posto giusto per chi ama i formaggi. Nel tagliere ideale dovrebbero senz’altro esserci tre o quattro prodotti, in un crescendo di sapore: la caciotta dolce dei Monti della Laga dei parchi nei dintorni di Accumuli e Amatrice, poi il pecorino di Farindola, un formaggio intenso che profuma di sottobosco, erba e fieno. La sua particolarità? È fatto con una ricetta antica che prevede l’uso del caglio di suino. Ottimo anche il marcetto, un cacio saporito con i vermi saltarelli, della zona di Castel del Monte. Per i formaggi non c’è accompagnamento mi-
gliore del miele e in quest’area la scelta cade sui monofloreali prodotti nel pascoli montani a partire da Santoreggia e Stregonia. Spostandoci a sud, infine, ecco il parco del Pollino, dove chiudiamo i nostri assaggi con il tipicissimo “biscotto a otto di Latronico”. No, non è un dolce. Si fa semplicemente con farina di antichi grani Carosella, acqua e sale: è uno “scaldatello”, ovvero si passa in acqua bollente e poi si cuoce in forno. La sua è una forma simbolica che richiama l’infinito e un tempo veniva tradizionalmente servito a fine pasto, inzuppato nel vino.
Foto da southwestbasilicata.it
Prelibatezze dei parchi
Prelibatezze dei parchi
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Prelibatezze dei parchi
Luca Sartori
twitter.com/LucaSartoriIT
vista mare
Liguria
Cinque Terre
U
n tempo era un gruppo di villaggi di pescatori. Oggi sono una delle più visitate e apprezzate mete turistiche d’Italia. E, dal 1997, le Cinque Terre fanno parte della lista dei Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco, in qualità di paesaggio culturale di valore eccezionale, simbolo d’armoniosa interazione tra uomo e natura, manifesto di uno stile di vita millenario. Qui l’opera dell’uomo, attraverso i secoli, ha modellato il territorio senza alterarne l’essenza, la bellezza, l’unicità. Un luo-
go straordinario tutelato e protetto, dal 1998 con l’istituzione dell’Area marina protetta e dal 1999 con quella del Parco Nazionale delle Cinque Terre che, oltre a includere i cinque comuni di Riomaggiore, Manarola, Corniglia, Vernazza e Monterosso, comprende anche una parte di Levanto e della Spezia. Una frastagliata porzione di costa dove le case colorate dei borghi e i porticcioli si alternano ai vigneti aggrappati ai terrazzamenti affacciati sul mare.
Tinte pastello
È
un itinerario sospeso tra entroterra e mare, quello che collega i cinque borghi del parco, un percorso tra natura e panorami, vigneti e muri a secco. Il primo è Riomaggiore, il centro più vicino a La Spezia, borgo verticale stretto tra due ripide colline terrazzate. Manarola, invece, sorge sulla scogliera. Le case dalle variopinte facciate sembrano esserne parte, formando un incantevole colpo d’occhio del centro che ha conosciuto un progressivo sviluppo ed è ora uno dei principali centri di produzione di vino e olio liguri. Arroccata
su una suggestiva scogliera, Corniglia, di origine romana, è circondata da vigneti e terrazzamenti ed è praticamente inaccessibile dal mare. Già citata nelle cronache del 1080 come centro fortificato e trafficata base marittima, Vernazza è un tripudio di tinte pastello, affascinante intreccio di vicoli. Monterosso è il più grande e antico centro delle Cinque Terre, diviso tra il nucleo vecchio e quello nuovo. Amato da Eugenio Montale, ha nei carruggi del porto vecchio la sua zona più pittoresca, con enoteche, focaccerie e ristoranti.
Sulla Via dell’Amore
È
il Sentiero Azzurro il percorso più celebre e spettacolare del parco. Tracciato nei secoli da chi si spostava da un borgo all’altro, in alcuni tratti è una vera e propria mulattiera. Un antico tragitto di dodici chilometri che collega Riomaggiore a Monterosso, già conosciuto ai tempi della Repubblica di Genova quando Vernazza era lo scalo e il mercato principale della zona. Del Sentiero Azzurro fa parte la famosa Via dell’Amore, strada pedonale a picco sul mare che unisce Riomaggiore a Manarola, straordinario percor-
so panoramico accessibile a tutti. L’intero parco è coperto da una fitta rete di sentieri che da ogni borgo partono alla volta dell’interno o dei più suggestivi tratti di costa. Tra i percorsi turistici c’è quello che dal Colle del Telegrafo giunge a Volastra, seguendo la strada “dei Santuari”, tra gli escursionistici quello che da Monterosso sale alla Madonna di Sovione, mulattiera storica tra il borgo e il Santuario di Santa Maria di Sovione, tra i percorsi per esperti c’è l’itinerario che collega Corniglia alla località Cigoletta.
Gechi e rondini di mare
U
n tempo c’erano i boschi di querce. Poi l’attività dell’uomo, la realizzazione dei terrazzamenti, il taglio dei boschi per l’utilizzo del legname ha visto cambiare il paesaggio. Il successivo rimboschimento a conifere e il crescere degli insediamenti abitativi hanno fatto il resto. Oggi la flora del parco ha le caratteristiche tipiche della macchia mediterranea. Pini marittimi, castagni, quercia da sughero e pini d’Aleppo si alternano alle tante specie arbustive degli ambienti rupestri e litoranei come il finocchio di mare, l’alloro, il ro-
smarino, l’elicriso, il timo, la lavanda e il cappero. Le rupi, la macchia, i boschi e i torrenti sono popolati da una grande varietà di specie animali come il cinghiale, il tasso e la volpe tra i mammiferi, la lucertola muraiola, il geco e il ramarro tra i rettili, la rondine di mare e il falco pellegrino tra gli uccelli e, nelle zone umide, gli anfibi come le rane e le salamandre. I fondali rocciosi dell’ambiente marino sono popolati da specie vegetali tra cui la posidonia oceanica e la cymodocea nodosa, ma anche da pesci tra cui cernie, occhiate e orate.
Basilico e Sciacchetrà
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icca e particolarmente variegata è la tavola delle Cinque Terre. La focaccia alle cipolle o al formaggio, la farinata preparata con la farina di ceci, le trofie o le trenette al pesto, i pansoti con la salsa di noci, le acciughe salate, fritte o marinate e il tipico minestrone di verdure locali sono solo una parte delle specialità servite nei ristoranti e nelle focaccerie dei borghi del parco. Tanti sono anche i regali della terra, fra cui l’ottimo basilico, elemento essenziale del pesto, le erbe aromati-
che come la maggiorana, il timo e il rosmarino, il miele, i limoni, con i quali si preparano il liquore limoncino e le marmellate, e l’ottimo olio d’oliva. Il Bianco delle Cinque Terre e lo Sciacchetrà sono gli apprezzati vini bianchi che si ottengono dalle uve che provengono dai celebri terrazzamenti del parco, ottimi per accompagnare i piatti della tradizione locale, della quale fanno parte anche primi e secondi di pesce serviti nei ristoranti dei cinque borghi bagnati dalle acque del mar Ligure.
Dormire, gustare e comprare
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l Parco delle Cinque Terre è la meraviglia del mare che si mescola con i monti, le acque che accarezzano la costa, i terrazzamenti assolati che guardano l’orizzonte. Alle Cinque Terre ci si ferma anche solo per un pranzo o una cena, si trascorre una giornata o ci si soggiorna per una vacanza. Per chi le sceglie per trascorrervi una vacanza c’è l’albergo degli Amici di Monterosso, a tre minuti a piedi dal mare, in una zona del borgo tra ristoranti, bar e negozi, archi e carruggi. E’ invece nel centro storico di Corniglia il bed & breakfast 3 Passi dal Mare, con camere affacciate sul golfo e sui terrazzamenti coltivati. Diverse tipologie di camere sono la proposta dell’albergo Gianni Franzi di Vernazza, quasi tutte con vista sul mare delle Cinque Terre, così come il giardino, a picco sulle acque. Tra le tipicità della riviera c’è la focaccia: imperdibile una fermata alla Focacceria Antonio di Monterosso per assaggiare la focaccia al rosmarino, quella acciughe e olio, alle cipolle oppure
al tonno, o magari per gustare una farinata allo stracchino oppure alla crema di tartufo. Insalata di polpo con patate, misto di acciughe alla Gambero Rosso e pansoti al sugo di noci sono solo alcune delle specialità servite al ristorante Gambero Rosso di Vernazza, mentre alla trattoria Dal Billy di Manarola si servono, tra gli altri, le acciughe salate, l’antipasto misto di mare, i tagliolini alla Billy con crostacei e peperoni, le trofie fresche al pesto, il fritto di mare e tanto pesce alla griglia e al forno. Per gli acquisti tante sono le aziende agricole sparse tra i terrazzamenti che si amalgamano con i borghi. All’azienda agricola Possa di Riomaggiore si comprano vini, tra cui lo Sciacchetrà Cinque Terre DOP, e tanto miele, prodotti di quest’angolo di Liguria affacciato sul mare, mentre all’azienda agricola Terra di Bargòn, sempre a Riomaggiore, si va per visitare cantina e vigneti, ma anche per comprare una buona bottiglia di Cinque Terre Sciacchetrà DOC.
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COPR
Parco Nazionale delle Cinque Terre Via Discovolo snc - c/o Stazione Manarola 19017 Riomaggiore (SP) Tel. +39 0187/762600 www.parconazionale5terre.it info@parconazionale5terre.it
Puglia
Parco del Gargano, trionfo di biodiversitĂ Cinzia Meoni
Cinzia Meoni
facebook.com/cinzia.meoni
Luca Sartori
twitter.com/LucaSartoriIT
È
il paradiso della biodiversità, con ben 120mila ettari di superficie che ospitano innumerevoli habitat. Nel Parco Nazionale del Gargano le sorprese non finiscono mai e qui trovano spazio diverse aree protette fra le quali la Riserva Marina delle Isole Tremiti nel mare, mentre nell’entroterra del promontorio garganico si distende al sole l’ultima testimonianza della Foresta Umbra. Il parco pugliese è costellato da piccoli borghi dalle tradizioni secolari e custodisce il 35% delle specie botaniche presenti in Italia grazie
all’alternanza di diversi ecosistemi che lo rendono un luogo unico da esplorare in tutte le stagioni dell’anno. È perfetto per immergersi nei colori e nei profumi della natura godendo dei piaceri della tavola così come per percorrere i suoi sentieri e le inedite strade dei pellegrini. In questo territorio gli spuntoni di rocce candide si immergono nell’intenso blu dell’Adriatico mentre lo sguardo si perde in un entroterra caratterizzato da foreste lussureggianti e costellato di castelli, monasteri, cripte, cattedrali e chiese rurali.
A piedi, a cavallo o su due ruote
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l Parco Nazionale del Gargano, “lo sperone d’Italia”, è un parco da vivere, assaporando lentamente ogni percorso a piedi, a cavallo o in bicicletta e prendendosi il tempo di ammirare la natura e i gioielli architettonici circostanti. La rete di sentieri è praticamente sterminata: sono oltre 350 i chilometri segnalati adatti alle due ruote, mentre la rete di ippovie consta di una cinquantina di chilometri tra i quali si distinguono gli otto che collegano - attraverso un paesaggio rurale caratterizzato da ”tratturi” e muri a secco
- San Simeone e Monte Sant’Angelo, da cui si dominano la costa e l’entroterra. Da San Giovanni Rotondo, invece, noto in tutto il mondo per ospitare le spoglie di Padre Pio, si può intraprendere la Grande Traversata Garganica che con un percorso ad anello - duecento chilometri circa tocca innumerevoli borghi che raccontano l’avvicendarsi di regni e territori come la Valle della Fratta, il bosco di Spinapulci - dove fioriscono i biancospini - e la Valle di Carbonara, nella quale spiccano carbonaie, casolari e masserie.
Terra d’amore e di fede
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ono numerosi i santi che hanno attraversato queste terre, non ultimo Padre Pio. Ma ce n’è uno in particolare che è celebrato in tutto il mondo anche da chi non ha mai messo piede in chiesa: San Valentino, santo protettore di Vico del Gargano, conosciuto anche come “il borgo dell’amore”. Il 14 febbraio di ogni anno il borgo, dominato dal castello di Federico II di Svezia, si veste a festa con ghirlande di arance prodotte nel territorio da oltre mille anni (le arance del Gargano godono del riconoscimen-
to Igp), mentre la statua di San Valentino, solitamente custodita nella chiesa Matrice, viene portata in processione per le strade del borgo. Nel frattempo, il dedalo di vicoli (tra cui il Vicolo del Bacio, nei presi della chiesa di San Giuseppe, talmente stretto da invitare almeno a un abbraccio) e le piazzette si arricchiscono di mercatini con i prodotti tipici. Secondo le leggende locali, le spremute bevute il 14 febbraio - ottenute dai frutti benedetti dal Santo - costituiscono un vero e proprio filtro d’amore.
Borghi tra laghi, laguna e mare
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n questo tratto di costa, i borghi si affacciano sul mar Adriatico: cristallino e punteggiato, a sua volta, dai trabucchi, antiche costruzioni in legno utilizzate un tempo per la pesca. A Vieste le lunghe spiagge dorate lasciano posto, verso sud, a scogliere, grotte marine e archi rocciosi come quello di San Felice. Spiagge bianche, abitazioni ricoperte da calce bianca e cupole danno invece il volto a Peschici, un piccolo borgo costiero sovrastato dalla cosiddetta Rocca Imperiale, eretta un
tempo a difesa dai saraceni. Di particolare fascino anche Capoiale con i suoi panorami lagunari e marini alle spalle del lago di Varano. Da conoscere sono anche Torre Mileto - il volto balneare di San Nicandro Garganico - e l’isola di Varano, verde istmo di terra - che divide il Lago di Varano dal Mare Adriatico - ricoperto da pini di Aleppo e marittimi, nel quale trovano rifugio l’upupa e gli aironi. L’isola di Varano è raggiungibile attraverso i ponti che la collegano alla terraferma.
Tra sacro e profano
L
a gastronomia è protagonista nel Parco del Gargano, un territorio con tradizioni culinarie secolari tutte da scoprire e che richiamano la storia di borghi dove il tempo pare essersi fermato. A Monte Sant’Angelo, centro religioso che si è sviluppato attorno al santuario di San Michele Arcangelo, tra i più antichi della cristianità (patrimonio Unesco dal 2011), si producono pane e le “ostie ripiene”, una sorta di croccante con frutta, mandorle e miele. Il borgo di Carpino dà il nome a una fava a cui è stato riconosciuto il presidio
slow food, mentre nelle lagune di Lesina si allevano anguille e ovunque si impastano le “paposce”, pagnottelle realizzate con la pasta della pizza a cui si aggiungono, a piacere, pecorino o verdure di stagione condite con olio evo estratto dagli antichi uliveti dell’area. Nella Foresta Umbra non mancano tartufi, funghi ed erbe spontanee e immancabile, infine, è il magliatello (carne di capretto), magari accompagnato da un buon bicchiere di Macchiatello del Gargano o da un San Severo Doc di Apricena.
Dormire, gustare e comprare Luca Sartori
È
il polmone verde della Puglia ed è circondato dal mare. Il Gargano, con il suo parco nazionale, è una delle aree naturali più belle del litorale adriatico. Ambita meta di villeggiatura della Puglia, propone un ricco ventaglio di alberghi e ristoranti, sul mare e nell’entroterra. Immerso nel verde e a pochi minuti dal mare, l’hotel Piccolo Paradiso di Peschici propone 30 camere di cui due per persone diversamente abili e un servizio ristorante che propone cucina di pesce e carne. Con spiaggia privata e a 400 metri dal centro storico di Rodi Garganico, l’hotel Riviera propone camera standard, la camera comfort, spaziosa e con vista mare, la family room, con due camere comunicanti, e la Suite con vasca idromassaggio e terrazza vista mare. Elegante e raffinato è il Palace Hotel Vieste, quattro stelle situato nel centro del capoluogo del Gargano; in stile Liberty, è una residenza storica risalente al XV secolo che propone doppia, tripla e quadrupla standard, junior suite e
suite. Tanti sono anche i luoghi dei sapori di questa terra, dove godersi piatti della tradizione e un buon bicchiere di vino. Una volta rifugio e ristoro di pirati e uomini di mare, il ristorante La Taverna di Peschici è un misto di tradizione e suggestive atmosfere, dove si servono l’antipasto di mare del pirata, gli spaghetti ai ricci, le orecchiette con porcini e vongole e le seppie al forno con patate. Cacciagione, grigliate e salumi sono solo alcune delle prelibatezze servite all’enoteca Sapor DiVino di Ischitella, dove grande protagonista è ovviamente il vino, mentre al ristorante Il Trabucco di Peschici l’aperitivo si serve direttamente sul trabucco e tra le specialità vi sono antipasti di mare, pesce alla brace, spaghetti di mare e fritture. Per gli acquisti c’è La Massaia, negozio di formaggi e non solo a Vieste, dove acquistare olio extravergine di oliva, caciocavallo podolico, cacioricotta, pecorino e vino cotto, e l’oleificio La Collina del Sole, sempre a Vieste, per acquistare l’ottimo olio del Gargano.
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Ente parco nazionale del Gargano Indirizzo: Via Sant’Antonio Abate, 121 - 71037 Monte Sant’Angelo (Fg) Tel +39 0884 568911 www.parcogargano.it info@parcogargano.it
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Piemonte - Valle d’Aosta
Gran Paradiso‌ terrestre
Luca Sartori
twitter.com/LucaSartoriIT
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a storia del Parco Nazionale del Gran Paradiso s’intreccia con quella dei Savoia. Nel 1856, re Vittorio Emanuele II dichiarò tale territorio “Riserva Reale di Caccia” - la cui superficie era più ampia di quella dell’attuale parco nazionale - e salvò l’estinzione dello stambecco. Lo stesso mammifero che oggi appare sul simbolo del più antico parco nazionale d’Italia - istituito nel 1922 con decreto firmato dall’allora re Vittorio Emanuele III - e che prende il nome dal massiccio montuoso situato nel suo cuore. Con l’istituzio-
ne della riserva reale, le valli si arricchirono di una fitta rete di mulattiere selciate, realizzate per collegare borghi e case di caccia e per consentire al re e al suo seguito di spostarsi comodamente a cavallo nella riserva, percorsi che ancora oggi disegnano il parco. Valli, ghiacciai, boschi, torrenti, laghi, cascate, prati e borghi compongono lo straordinario mosaico di questo angolo di Alpi, fortemente caratterizzato dall’unico massiccio montuoso di oltre 4mila metri d’altitudine interamente in territorio italiano.
Le cinque valli
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alle Soana e valle Orco in terra piemontese e valle di Cogne, valle di Rhêmes e Valsavarenche in Valle d’Aosta. Sono queste le valli dove si estende il Parco Nazionale del Gran Paradiso. Boschi di latifoglie, numerose chiesette, cappelle e piloni - tra cui il famoso santuario di san Besso - caratterizzano la valle Soana, i laghi tra cui il suggestivo Serrù -, torbiere e acquitrini la valle Orco, cascate - tra cui quelle di Lillaz - e spettacolari viste sui ghiacciai sono la particolarità della valle di Cogne. Il fondo pianeggiante e ricco di sentieri è invece caratteristico della valle di Rhêmes, così come i paesaggi selvaggi e
tanti rifugi disegnano la Valsavarenche. Cinque valli, dunque, tutte dominate da cime rocciose e ghiacciai perenni. Dalla cima più alta di 4.061 metri si scende alle vette valdostane della Grivola, di poco meno di 4mila metri, e all’Herbètet di 3.778. Sul versante piemontese svettano il Ciarforon, con i suoi 3.642 metri, la Tresenda, di poco superiore ai 3.600, e la Becca di Monciair di 3.544. Poi la Torre del Gran San Pietro, i Becchi della Tribolazione, la Punta di Galisia, le tre Levanne, la Granta Parey, montagna simbolo della Val di Rhêmes, Punta Lavina e la Rosa dei Bianchi, tutte oltre i 3mila metri.
Borghi con vista
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ei sono i comuni piemontesi del parco, sette i valdostani. L’Alta Valle Orco appartiene in larga parte al comune di Ceresole, ambiente ideale per escursioni, ascensioni e per la pratica dello sci di fondo, di sci alpinismo e dell’arrampicata. Principale centro della valle Soana è Ronco, dal bel nucleo storico che sorge sulla sponda destra del torrente Soana, in una conca circondata da abetaie e faggete. Cogne, cuore della valle omonima, sorge tra ampie distese prative ed è un borgo
ricco di ristoranti, botteghe artigiane e gastronomiche con viste mozzafiato sui ghiacciai e punto di partenza d’escursioni nel parco. Ideale per gli amanti dello sci nordico e dello sci alpinismo è invece il comune di Rhêmes-Notre-Dame, nell’alta val di Rhêmes, meta sempre più apprezzata per i suoi paesaggi incontaminati e per la conservazione del patrimonio architettonico. Il borgo di Valsavarenche è invece il paradiso degli escursionisti, attraversata dall’Alta Via n. 2 della Valle d’Aosta.
Sentieri selvaggi
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ono oltre 500 i chilometri di sentieri del parco, con percorsi per tutte le età e difficoltà e che abbracciano tutte le valli. Tra i sentieri più battuti vi sono il “Giroparco Gran Paradiso”, che si snoda sulle Strade Reali di Caccia - costruite nell’Ottocento dai Savoia -, l’Alta Via Canavesana - il percorso ad anello di dodici tappe che inizia e finisce a Pont Canavese - e il trekking dello stambecco, lo spettacolare percorso lungo oltre 40 chilometri tra boschi, praterie, torbiere e pietraie, ideale per regalarsi, con un po’ di fortu-
na, la vista degli stambecchi, delle marmotte o dell’aquila. Alla fitta rete di sentieri si uniscono poi gli itinerari in bici, tra i quali vi sono l’anello di Ingria in valle Soana, lo spettacolare anello del lago di Ceresole in Valle Orco, il percorso del colle del Nivolet al confine tra Piemonte e Valle d’Aosta e quello della Valsavarenche. Trekking, bicicletta ma anche arrampicate, escursioni con guide e visite ai rifugi fanno del Parco Nazionale del Gran Paradiso una delle zone delle Alpi più turisticamente fruibili.
Alta cucina
È
sicuramente la polenta il piatto più servito all’ombra del massiccio del Gran Paradiso, preparata in diversi modi, sia nelle valli canavesane sia in Valle d’Aosta. Tra le classiche ricette c’è la polenta concia, preparata con burro e fontina, il tipico formaggio Dop della regione alpina che, in Valle d’Aosta, si accompagna con uno dei vini locali più prestigiosi, l’Enfer d’Arvier. Ottimi anche i salumi serviti nei rifugi e nei ristoranti del parco, tra cui la saporita mocetta, il salame di patate canavesano e il boudin, l’insaccato preparato con sangue di ma-
iale, patate bollite, rape o barbabietole rosse, lardo, sale, pepe, aglio, cannella, noce moscata, salvia, rosmarino e bacche di ginepro. Alcuni dei dolci da assaporare, magari durante una passeggiata in mezzo alla natura, sono le tegole, i biscotti valdostani fatti con farina di frumento, albume d’uovo, nocciole e mandorle dolci e amare, poi ecco il mecoulin, il pane con l’uvetta preparato nelle pasticcerie di Cogne, e imperdibile è la torta del Nivolet, acquistabile nelle valli canavesane, fatta con farina, fecola, burro, zucchero, uova, cioccolato e génépy.
Dormire, gustare e comprare
È
terra di grandi montagne, il Parco Nazionale del Gran Paradiso. Da queste parti si viene per scoprire ed esplorare, per respirare la natura, godere dei colori e dei profumi, riposare e gustare le specialità locali. Il parco è terra di rifugi ma anche di eleganti alberghi. Allo storico hotel Sant’Orso di Cogne, con vista sul massiccio del Gran Paradiso e con piscina panoramica della Spa Lebois nel nuovo centro benessere, si abbina il rifugio alpino Santa Pulenta di Locana, in frazione Cambrelle, dove alle due camere si unisce la tradizionale cucina di montagna dove si serve, ovviamente, tanta polenta. A Valnontey c’è poi l’hotel Petit Dahu, ricavato dalla ristrutturazione di due antiche case nel cuore del villaggio. Sette camere alle quali si unisce la sala delle colazioni, un salottino con caminetto, un angolo per bambini e il giardino. Quella dei ristoranti e dei rifugi del parco è una cucina di sostanza. All’Osteria dei Viaggiatori di Noasca, sul versante piemontese, si servono
tomini fritti, trota salmonata in salsa piemontese e l’albese in salsa di mandorle tartufata. Tra i primi piatti ci sono gli agnolotti agli spinaci selvatici e tra i secondi la carne alla losa, servita su una pietra a 300 gradi. Cucina piemontese reinterpretata in chiave moderna al ristorante La Rocca di Sparone, tra tagliolini e agnolotti del “plin”, gnocchi e ravioli, fritto misto e pesce di torrente. Si servono invece la classica polenta alla valdostana, la pierrade, fondute e grigliate di carne al ristorante La Brasserie Du Bon Bec situato nel cuore di Cogne. Per gli acquisti c’è la bottega di Gibi di Cogne, laboratorio artigianale di pelle e cuoio dove acquistare borse, cinture e articoli vari. Per gli amanti del vino, tappa obbligata è l’enoteca Cave des Onze Communes di Aymavilles, a due passi dal castello, dove acquistare le migliori etichette di vini rossi e bianchi della Valle d’Aosta, dal torrette al prestigioso Torrette Supèrieur, dal Pinot noir allo Chardonnay.
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Parco Nazionale del Gran Paradiso Segreteria turistica: Via Pio VII, 9 10135 Torino Tel 011-8606233 www.pngp.it info@pngp.it
Marino Pagano
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Basilicata Turistica basilicataturistica.it
Parco di Gallipoli Cognato, Lucania da scoprire
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erde, natura incorrotta, paesi ricchi di fascino e storia: è il territorio del Parco di Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane, area sempre più rilevante a livello turistico, emblema di un Sud e di una Lucania che cominciano seriamente a credere nelle proprie potenzialità, anche prettamente culturali. Il parco si estende per 27.027 ettari e coinvolge i territori di Accettura, Calciano, Oliveto Lucano
in provincia di Matera, Castelmezzano e Pietrapertosa in provincia di Potenza. Siamo al centro della regione, area ricca di corsi d’acqua, autentico tesoro quanto a biodiversità di flora e fauna e con le maggiori attrazioni ben distinte: la Foresta di Gallipoli Cognato, le cosiddette Dolomiti Lucane, la montagna del Caperrino, il suggestivo bosco di Montepiano (Accettura) e il sito archeologico del Monte Croccia.
Calciano e le silenziose testimonianze del passato Immaginando un perfetto, sintetico ma efficace cammino attraverso il Parco, non possiamo che partire dall’area ancora materana di borghi come Calciano ed Accettura per poi arrivare alle perle delle Dolomiti: Castelmezzano e Pietrapertosa. Tra i paesi più piccoli del materano, Calciano introduce al Parco ed è collocato a 400 metri di altitudine, contraddistinto da un paesaggio segnato dai tantissimi uliveti. Sorge su una collinetta su cui emerge la chiesa matrice, munita di dipinti non trascu-
rabili. Qui anche i resti silenziosi del vecchio paese medievale, il “Paese di Pede”: si cammina indisturbati, con compagne le voci delle bestie lontane, vicine grazie al gioco d’eco. È Caucium, il primigenio borgo, con i ruderi del fortilizio (d’epoca osca), la Chiesa della Rocca (normanna) e quel che resta della cinta storica di Santa Caterina. Belle le grotte in cui vi si accasarono gli abitanti, forse eremiti: ambienti dipinti (immagini dedicate, appunto, a Santa Caterina), vere e proprie chiese rupestri.
Accettura, il borgo del matrimonio tra gli alberi Accettura rappresenta la Lucania ancestrale ed arcaica. Magie che trovi nel silenzio dei boschi, nei sacri spazi dove sono tagliati e portati in paese gli alberi per il famoso sposalizio mistico. Già, perché il celebre Maggio di Accettura, coi suoi riti arborei, è ormai un richiamo vero e proprio per queste terre. Ma cosa prevede il rito? Nel bosco di Montepiano viene scelto l’albero, il “Maggio”, la domenica dopo Pasqua; in quella successiva, nella foresta di Gallipoli-Cognato nelle Dolomiti Lucane, s’individua inve-
ce la Cima migliore di agrifoglio. L’obiettivo, secondo molti studi, è quello di farli convolare a “nozze”, come augurio di fertilità per la nuova stagione. E così, nel celebrare la natura che si risveglia, cultura pagana e cristiana trovano sintesi. Accettura è poi un bel borgo, con chiesa madre posta in posizione suggestiva, da cui può dominare visivamente un bel pezzo di Lucania. Nel museo dedicato al rito arboreo, immagini e foto raccontano queste tradizioni e il relativo collante identitario che resiste.
Castelmezzano, roccia e splendore
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Castelmezzano, in provincia di Potenza, non lontano dal capoluogo, è terra dove tra roccia e borgo, davvero, non c’è soluzione di continuità. Le case si affacciano sulla pietra e così lo spettacolo che ne deriva è molto suggestivo. Quasi unico, il borgo è curato negli aspetti eleganti, utili a cogliere ancor di più questa particolarità. Non mancano borghi dalle posizioni simili un po’ in tutto l’Appennino, ma qui tutto è minuziosamente “controllato a vista” nel nome della bellezza. Fiori in vista, sensazioni colorate: un’aria che rasserena. Anche a Castelmezzano e a settembre avviene il rito dello sposalizio tra gli alberi: intensi momenti della Lucania più ancestrale. Il paese è piccolissimo, 800 abitanti, autentica bomboniera del cuore. Conserva i resti della rocca e una chiesa madre anche qui da vedere per qualche scrigno artistico. Molte le tradizioni conservate con solerzia. Infine è ottimo il pane, da assaggiare negli antichi forni del paesino.
Pietrapertosa, l’ascolto del paesaggio tra gli alberi Pietrapertosa, ancora zona delle Dolomiti Lucane, è il paese più alto di tutta la regione e dunque anche del Parco. Nel cielo, tra questo borgo e Castelmezzano, hanno inventato un modo tutto particolare di gustare il paesaggio: è il famoso Volo dell’Angelo, possibilità di librarsi ad altissima quota con imbracatura a tutto “brivido”. Il piccolo paese permette scatti da scenari da fiaba. Siamo passati da Pietrapertosa di sera, quando si riassestano i pensieri. Cala il silenzio. Sola, s’affaccia dalla casa calda verso la finestra un’anziana. Un’anziana lucana. I visitatori s’incontrano, s’incantano. Capiscono, così, perché questo
borgo stia affascinando sempre più i viaggiatori. A livello storico, il paese garantisce testimonianze interessanti, in questo caso del dominio saraceno: ecco l’Arabata, quartiere arabo, proprio in cima al borgo. Conservato bene pure il piccolo castello normanno-svevo. Anche a Pietrapertosa ottima la cucina: famosa la “rafanata”, sfiziosa e semplice frittata preparata con le radici della pianta del rafano e condita al pecorino. Lasci, dunque, il Parco di Gallipoli Cognato e delle Dolomiti Lucane ricco dentro. Bellezza, paesaggi, storia, cucina. Sai, così, che in questa terra dovrai per forza di cose ritornare.
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Tirolo, borghi e ritmi slow
Oltreconfine: Austria
Marino Pagano
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Oltreconfine: Austria
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na terra fantastica, quella austriaca tirolese, dominata e segnata da sempre dalla città di Innsbruck, area simbolica per tutta questa grande zona. Ma questa è anche area di borghi, di piccole realtà che tanto hanno da dire e raccontare di sé. Già, non solo la classica e arcinota regione turistica invernale, terra eletta da questo punto di vista da tempo immemorabile; non solo l’eclettica ed elegante città dove è sepolto il patriota Andreas Hofer, né solo le famose stazioni turistiche e i rinomati comprensori sciistici
del luogo (due Olimpiadi invernali qui nella storia, ricordiamo). Ma anche, diremmo soprattutto, borghi, paesini fascinosi dall’aria e dalla natura incontaminate, con in più tante curiosità storico-artistiche e molte manifestazioni culturali. Passeremo in rassegna alcune di queste storiche realtà, interessanti da più punti di vista. Realtà da visitare che consigliamo caldamente. Non sembri fuori luogo questa affermazione: la zona di Innsbruck si fa apprezzare sempre, con tutte le temperature!
I borghi dell’area urbana
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’è da perdersi tra tante bellezze. Ecco Rum, sulla strada che da Innsbruck porta a Hall. Chiesa gotica caratteristica, il grande parco alpino Karwendel, tanti piccoli sentieri: splendore assoluto. A valle la pista ciclabile Inntalradweg. Non si può poi non passare da Kematen, con il piccolo borgo Afling, dai vecchi casali originali. Famosi i suoi forni e granai, anche qui bella chiesa gotica. D’estate il paese offre tante aree sportive, la sua caratteristica; mentre d’inverno, naturalmente, le piste di sci. Afling
fa parte del cammino di Compostela: consigliatissimo. E Völs? Borgo antico, oggi famoso a livello turistico invernale, collegato a Innsbruck dalla metropolitana. Qui il noto “Cyta Cup”, torneo calcistico, ma anche competizioni di pattinaggio sul ghiaccio. Per lo sci, ecco l’Olympia SkiWorld Innsbruck nelle vicinanze. Il lago di Völs, poi, a ovest del paese, vi catturerà. Merita una capatina il comune di Zirl. Riserve naturali, piscine pubbliche, incantevoli strade ferrate, a Natale bei presepi artigianali.
Oltreconfine: Austria
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Paesaggi del lago Natterer
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er capire le bellezze paesaggistiche del Tirolo, il loro eterno fascino, lo splendore del silenzio. Per “ascoltare” il Tirolo, per odorarlo è qui che si deve venire. Dove? È presto detto: al lago Natterer. Pittoresco, fuori dai grandi circuiti, assicura contemplazione paesaggistica ma anche la possibilità di essere vissuto direttamente, a nuoto. Di origine morenica, si nutre di acque dalla nota ed eccellente qualità. Siamo a 830 metri di altitudine. Tante le attrattive, qui: per una vacanza rilassante di coppia, ma anche per
famiglie. Strutture a non finire. Ce n’è per tutti i gusti. Nella zona, ecco la località di Axams. A 10 chilometri da Innsbruck, famosa per la vecchia coltivazione del lino, offre la grande stazione sciistica Axamer Lizum. Qui furono disputate varie gare delle Olimpiadi. Relax e svago con l’Axamer Freizeitzentrum: centro con piscine coperte e scoperte riscaldate, campo da beach volley, aree benessere. Per gli amanti dell’arte, immancabile la chiesa di San Giovanni. Tanti i maneggi: i piccoli ameranno i famosi pony di questa zona.
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I borghi a sud di Innsbruck
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artiamo qui da cinque borghi: Aldrans, Prockenhöfe, Wiesenhöfe, Rans e Herzsee, situati presso un bel lago. Costituiscono il territorio di Aldrans. Sentieri, un’abbazia antica e poi il curioso Herzsee, il lago a forma di cuore. Questa zona è vicina anche all’importante città di Hall in Tirol. Non perdete la bella Rinn, su un altopiano, con la storica chiesa Judenstein e poi Sant’Andrea, in stile Rococò. D’inverno i bambini potranno divertirsi al centro “Kinderland Rinn”. Vi sorprenderà anche Ampass, sull’antica Via del Sale.
Borgo assai caratteristico, vanta anch’esso un lago, il Taxerhof. Questi centri sono rinomati da sempre per le virtù terapeutiche dei loro paesaggi. Una vista che acquieta lo spirito. A 8 chilometri da Innsbruck andate inoltre a Lans, anche qui un bel laghetto, con zona ricreativa. Infine, Sistrans, a sud-est di Innsbruck. Qui antiche leggende tirolesi, sentieri in onore di patrioti del passato, piste di pattinaggio a non finire e lo Sistiger Bannzaun, muro a secco lungo 600 metri che separa il paese dalla vicina Aldrans.
Oltreconfine: Austria
Oltreconfine: Austria
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Miscellanea di attrattive
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egnaliamo, inoltre, Gries im Sellrain, distante 25 chilometri da Innsbruck: nel cuore della valle Sellraintal. Piacevoli le escursioni e le passeggiate, da godersi con del buon formaggio e tipico speck, così rinomati in zona. Sentieri, aree sciistiche: un paese fornitissimo sotto questo aspetto. Poi, ecco Kühtai, nel comune di Silz, nelle Alpi dello Stubai. Scarsamente abitato ma molto suggestivo, è forse il più piccolo borgo del Tirolo. Qui un maso molto antico. Il maso è la classica abitazione dei contadini tirolesi. Famo-
sissima la sua funivia, detta “dei tre laghi” perché permette di raggiungere altrettanti piccoli laghi. Da vedere, infine, Sellrain (celebre la chiesetta di San Quirico), Oberperfuss (cime di montagna visitabili grazie ai numerosi sentieri), Unterperfuss (ben strutturata l’area escursionistica “Rangger Köpfl”), Ranggen (qui il caratteristico sentiero meditativo “Weg der Befreiung”, “della liberazione”) e St. Sigmund con il borgo di Praxmar e la possibilità di praticare molte attività sportive invernali: sci ma anche snowboard.
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Oltreconfine: Austria
Antonella Andretta
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o t s o P i Fuor
Quattro passi in centro
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ell’antichità, per tutto il Medioevo e fino al XVII secolo, il verde pubblico urbano, a differenza di quello racchiuso in giardini privati di ville e conventi, non era contemplato: ecco perché i centri storici più antichi ne sono spesso privi. Ed ecco anche perché abbiamo scelto di proporre una carrellata di borghi cittadini come contraltare ai parchi delle pagine precedenti: oltre a essere un concentrato di storia, arte, shopping, locali e ristoranti, sono luogo di eventi e manifestazioni, pretesto ideale per partire in ogni stagione.
VACANZE FUORI POSTO
Quattro passi in centro
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niziamo a nord ovest da una città fondata duemila anni fa: Aosta. Fulcro della città è la piazza della cattedrale che sorge sul sito dell’antico foro e a cui si accede passando da Porta Pretoria, duraturo esempio di ingegneria romana, ammirabile anche nel vicino Parco archeologico. Poco distante, il medievale complesso di Sant’Orso, con un bel chiostro dai capitelli scolpiti: la zona circostante alla chiesa ospita ogni anno il 30 e 31 gennaio la millenaria Fiera di Sant’Orso dedicata all’artigianato (la versione estiva della fiera, chiamata Foire d’été, si svolge la pri-
ma settimana di agosto). Sempre al nord, merita sicuramente una visita Bergamo Alta, posata su un colle e cinta dalle panoramiche mura veneziane. Vi si arriva con la funicolare, in auto o salendo a piedi e varcando Porta San Giacomo. In piazza Vecchia sono concentrati il Palazzo della Ragione, la torre civica e il Palazzo della Biblioteca. Attraversando la piazza si sbuca in piazza Duomo, che oltre alla cattedrale custodisce anche la Cappella del Colleoni, il Battistero e la Basilica di Santa Maria Maggiore. Da segnalare in questo caso è la manifestazione diffusa
Quattro passi in centro VACANZE FUORI POSTO
Quattro passi in centro
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Quattro passi in centro VACANZE FUORI POSTO
Quattro passi in centro
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I maestri del Paesaggio, festival dedicato al landscape design (progettazione del paesaggio) che ogni anno a settembre trasforma tutto il centro, ma soprattutto la piazza, in un suggestivo giardino. Approdiamo ora al centro dello Stivale per visitare un altro borgo racchiuso da mura: quello di Lucca. Qui le mura, intatte in tutta la loro imponenza (12 metri di altezza, quattro chilometri di lunghezza e 30 metri di larghezza), sono state trasformate nell’Ottocento in una passeggiata di grande impatto da cui ammirare torri e tetti rossi. Gioiello architettonico e urbanistico è sicuramente piazza dell’Anfite-
atro, perfettamente ovale come l’antico teatro sui cui resti sorge: i tavolini dei bar, il mercato settimanale e tanto via vai di turisti ne fanno il cuore cittadino sempre pulsante. Da visitare è anche il Duomo dedicato a San Martino al cui interno si trova il monumento funebre di Ilaria del Carretto, commovente nella sua eterna serenità. Tra gli appuntamenti, il più importante è sicuramente Lucca Comics&Games, una fiera dedicata al fumetto, ai giochi di ruolo e al fantasy che si svolge ogni anno tra ottobre e novembre: è considerata la più importante d’Italia e tra le prime al mondo.
Quattro passi in centro
VACANZE FUORI POSTO
Quattro passi in centro
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In un balzo arriviamo invece al sud, in Basilicata e per la precisione a Matera, assurta agli onori delle cronache internazionali per essere la Capitale Europea dalla Cultura per il 2019 con un calendario degli eventi molto interessante e tutto da scoprire. Attrazione principale sono i famosi Sassi, patrimonio Unesco, un complesso di antiche abitazioni scavate nella montagna, abitate dall’antichità e fino agli anni Cinquanta che, recuperati, ora ospitano attività di vario genere ma soprattutto si prestano a percorsi di visita
unici. Ultima tappa in Sicilia, per la precisione a Siracusa, per un aperitivo sull’isola di Ortigia, una specie di città-fortezza affacciata sul mare: non servono pretesti per godersi una passeggiata tra le caratteristiche stradine fino alla Piazza della Cattedrale, costruita sopra un antico tempio pagano, per poi dirigersi verso la Fonte Aretusa e fermarsi infine in uno dei tanti locali del Lungomare Alfeo a godersi il clima e un mojito alla siciliana, con basilico al posto della menta e la sambuca siciliana al posto del rum!
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Ivan Pisoni
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Leggende dei parchi
LEggende dei parchi
La leggenda dei fantasmi del Parco della Tesoriera O
gni sera di nebbia, quando tutto tace e le porte del parco vengono chiuse, c’è chi afferma di veder un uomo a cavallo vestito di nero, impegnato nell’inseguimento di una donna dai capelli lunghi. Sono i fantasmi del Parco della Tesoriera, a Torino. La loro leggenda ci porta all’epoca sabauda, quando Aymo Ferrero di Cocconato, tesoriere e consigliere dell’omonino stato, fu accusato di furto dal re, il quale ne ordinò la confisca di tutti i beni, inclusa la sua dimora, Villa Tesoriera. Alla vista dell’arrivo delle guardie, Aymo era iracondo nel
cercare sua moglie Josephine, la quale si era nascosta in un armadio. Una volta fatta irruzione, le guardie reali trovarono i resti di Aymo bruciato vivo sotto la cappa del camino ma della moglie non si è mai trovata traccia. Il tesoriere preferì darsi la morte piuttosto che lasciare i suoi beni... Ma la moglie? Questa storia, al tempo, divise l’opinione pubblica. Sta di fatto che, ancora oggi, il malcapitato tesoriere fantasma, sta ancora cercando di raggiungere la moglie che scappa in lungo e in largo nel parco torinese... Chissà poi perché?
La leggenda della Majella, madre di tutti gli abruzzesi M
aja era la maggiore e la più bella delle ninfe delle Pleiadi. Figlia di Atlante e Pleione, la sua beltà fece invaghire anche Zeus, dal quale ebbe in figlio il gigante Ermete. Maja dovette scappare dalla Frigia per portare in salvo il figlio ferito in battaglia. Dovette attraversare il mare fino a Ortona, per poi nascondersi tra i monti del Gran Sasso. Maja cercava un’erba magica per poter curare il figlio ma, con dell’arrivo della neve, quell’erba non fu mai trovata. Ermete morì, lasciando la madre in disperazione. Maja, allora, lo seppellì sul-
la vetta di un monte e, il giorno dopo, quel monte diventò ancor più maestoso... come un “gigante che dorme”. L’angoscia per la ninfa era tale da portarla alla morte. Triste fu il giorno in cui i parenti la seppellirono su una montagna davanti al Gran Sasso, la quale prese la forma di una donna, ricurva dal dolore e con lo sguardo verso il mare. C’è chi dice che ancora oggi, nei giorni di vento, gli abruzzesi sentano il piangere di una madre addolorata. La loro madre, il loro simbolo di fertilità della terra... Maja, diventata Majella.
LEggende dei parchi
LEggende dei parchi
La leggenda del re degli stambecchi, dei salassi e del Gran Paradiso Q
uanta pena faceva quella tribù marinara che un giorno arrivò, nomade, sui Monti del Ferro! Abituata alla pesca e alle onde del mare, era sbigottita dal freddo e dalle avversità di una natura alla quale non era preparata. Dopo mesi di peregrinare, ormai allo stremo, arrivò in un luogo dal quale non avrebbe più avuto le forze di essere scacciata. Il suo capo era Salaxo, prode, orgoglioso e in pena per il proprio popolo. Salaxo decise di fare visita agli Uomini del Ferro per ottenere il permesso di vi-
vere in quel luogo. Gli Uomini del Ferro erano minatori e mercanti, ricchi di ferro e oro, mentre Salaxo portava in dono solo collane di conchiglie dalla terra natia. In preda alla preoccupazione, il prode porse i doni, così ben accetti che gli vennero concessi cibo e amicizia. Salaxo spiegò il desiderio della sua gente ma lo sciamano del villaggio decretò che ciò era possibile solo conquistando il permesso del re degli stambecchi. Salaxo era pronto a tutto e, spada alla mano, partì per la missione. Giunto nel
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sopra delle nuvole. “Sono in Paradiso!”, esclamò il prode, commosso e a fil di voce. “Si!”, rispose una voce mentre appariva in fianco a lui, il magico animale. “Se vorrai rimanere su queste terre, dovrai chiamarlo così, Gran Paradiso. Dovrai rispettarlo e portare la pace.” Il re degli stambecchi, che riconobbe l’animo puro di Salaxo, disse anche che i popoli a venire si sarebbero chiamati come lui, Salassi, e promise che nulla e nessuno li avrebbe mai allontanati da quel... “Gran Paradiso”.
LEggende dei parchi
luogo sacro, Salaxo vide il re degli stambecchi. Allo scatto dell’uomo, il re degli stambecchi iniziò a saltellare verso l’alto della montagna inseguito dallo stupito guerriero. “Dove vai? Non scappare!”, urlava Salaxo mentre inseguiva il nobile animale che sempre più s’inerpicava sul monte. La vegetazione, salendo, non c’era più: solo rocce e neve, finché il re degli stambecchi, sparì. Salaxo si trovava solo, con le ginocchia sanguinanti e il respiro fioco ma, davanti a lui, c’era un panorama magico, come se fosse al di
Ivan Pisoni
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lo sapevate che...
lo sapevate che... speciale parchi
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l biscione di Milano, simbolo della città, che dall’alto dell’interno del Castello Sforzesco domina su tutto Parco Sempione, è in realtà un drago! E sono numerose, le leggende che aleggiano intorno al biscione meneghino. Una di queste narra che nella metà del IV secolo, un drago di nome Tarantasio giunse nei dintorni di Milano trovando dimora in una grotta presso il lago Gerundo. Si riteneva che tale mostro divorasse i bambini. Dopo diversi tentativi di uccisione, Uberto Visconti affrontò e sconfisse il mostro, prima che quest’ultimo potesse ingoiare del tutto un fanciullo. Volendo immortalare l’evento, lo stesso Uberto, leggendario capostipite dei Visconti, si fece riprodurre il mostro sullo scudo e sull’elmo.
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pargere le ceneri dei propri cari a Disneyland è vietato. Sembra poprio che ci sia stato un certo interesse nello spargere le ceneri dei propri defunti nel giardino della villa di Cenerentola. Ultimo caso è quello di una donna, madre di un figlio brutalmente ucciso, il quale pare abbia descritto come ultimo desiderio quello di “diventare” un fantasma della casa stregata del parco californiano.
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imanendo a Disneyland, c’è chi sostiene che il cadavere di Walt Disney, il papà di Topolino, sia criogenicamente conservato sotto il primo dei suoi parchi divertimento in California. Incredibile? SI! Infatti è una bufala, principalmente alimentata da due pubblicazioni: Disney’s World – A Biography (1986) e Walt Disney – Hollywood’s Dark Prince (1993), le quali suggerivano che il genio del fumetto stesse interessandosi alla crioconservazione quando una malattia lo stava sottoponendo a un costante degrado.
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imaniamo in tema di fumetti e cartoni animati. Se pensate a “parchi”, quale orso vi viene in mente? Ma Yoghi! Quel briccone che si abbuffava di cestini da pic-nic con il suo inseparabile amico Bubu. Il nome Yoghi, nato alla fine degli anni ‘50 in America, mi fa pensare allo Yoga. Che ci sia un nesso? Sì e no. Il famoso orso sembra essere collegato con il giocatore di baseball dei New York Yankees, Lawrence Peter Berra, il quale usava sedersi a terra a gambe incrociate, proprio come faceva l’orso incravattato. Un suo compagno di squadra, dopo aver visto un film sull’India, lo soprannominò Yoghi ma, alla lunga, Berra non gradì e fece causa alla Hanna e Barbera (casa di produzione della serie) che vinse la disputa dicendo che era solo una “coincidenza”... Ci credete?
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l pic-nic è un’abitudine nobile medievale. Sembra che la parola pic-nic derivi dal francese “pique” (prendere) e “nique” (oggetto di poco valore). Come la conosciamo oggi, questa pratica iniziò a diffondersi verso la fine del Seicento con il significato di pasto frugale, ma già nel Medioevo era in gran voga presso le varie aristocrazie come “pranzo all’aperto” dopo le partite di caccia.
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lo sapevate che... speciale parchi
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antiamoci di avere il Parco dei Mostri! Sto parlando del parco di Bomarzo (Viterbo), un vero e proprio parco dedicato al mito, al fantasy e al grottesco. Il parco offre un’esperienza unica, una passeggiata ricca di suggestive sculture. Ad accoglierci, tra fantasia e terrore, due sfingi, poi giganti, ninfee, Nettuno, Pegaso, Orchi, una casa pendente, un orco e molto altro. Per rendere la visita ancor più golosa, la prima sfinge ci accoglie sfoggiando la scritta “Chi con ciglia inarcate et labra strette non va per questo loco manco ammira le famose del mondo moli sette”, frase simbolo che indica che il parco non teme le sette meraviglie del mondo.
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Recensione
La finestra sul parco di Barbara Taylor Siasel
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na finestra, un parco, tanti misteri. Ha gli ingredienti del perfetto thriller d’autore quest’opera della famosa scrittrice statunitense Barbara Taylor Siasel, La finestra sul parco. Un’atmosfera tranquilla è dilaniata dal sangue e dal male con, sullo sfondo, proprio un parco, a delineare l’aura apparentemente serafica poi dissolta da gesti cruenti. Uno stile introspettivo, quello della Sissel, che cattura il lettore. Vita tra Hawaii, Midwest e una bellissima fattoria texana, tradotta in varie parti del pianeta, è da anni autrice Newton Compton, editrice che ne ha pubblicato in Italia anche l’opera Una fredda mattina d’in-
verno. Lily Isley, la protagonista, vive in un contesto che sembra senza macchia: qui si incamera già ciò che verrà, vero e proprio stratagemma, un topos classico di queste storie. Ed ecco ciò che sorprende e disturba un ambiente altrimenti tranquillo. Al centro la storia di Axel, figlio di Lily, marine pluridecorato, prossimo a convolare a nozze: interviene in questo clima umano e familiare l’irreparabilità di diverse morti violente accadute nell’appartamento di Axel. Il mistero si infittisce ma assume anche un volto chiaro: il ragazzo è infatti introvabile. Accanto, ecco una storia parallela, mossa dal comune istinto materno. Sarebbe infelice svelare qui i grovigli della trama. Quel che conta è raccontare ciò che, nel profondo, anima la storia: un amore materno e familiare che va oltre tutto, a partire dalla consapevolezza del dolore, della colpa e delle atroci responsabilità. Il figlio sembra sempre innocente, anche contro l’evidenza: l’amore, dunque, in una cornice noir, fatta di segreti inconfessabili e realtà amare e però reali, esistenti, per quanto, appunto,
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Marino Pagano
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travaglio doloroso dell’uomo in certe circostanze. Un qualcosa che va ben oltre il plot, la trama e la suspense stessa. Un bel romanzo, decisamente.
Recensione
sottaciute. Un libro che lascia molto nel lettore tra dimensione viva del racconto e la capacità di tenere all’erta l’ordito degli eventi, dialoghi che rendono appieno il
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