PAESAGGI Rivista digitale di viaggi, borghi e turismo slow
MATERA E BASILICATA,
belle e con l’anima
FRIULI-VENEZIA GIULIA,
mosaico d’autore
ALPE CIMBRA,
alpeggi e tradizioni
Numero 05 2019 Edizione gratuita
#arteborghi universi differenti
Val d’Orcia,
Delta del Po,
labirinti d’acqua e Unesco
Calabria,
i paesaggi della contemplazione
dipinto naturale
Saline d’Italia,
Marche,
Francia del sud,
Leopardi e i “borghi dell’Infinito”
vento, sale e sole
tavolozza di scenari
www.e-borghitravel.com
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Val d’Orcia canadastock/Shutterstock.com
® e-borghi travel 05 www.e-borghitravel.com Publisher Salvatore Poerio direzione@3scomunicazione.com Coordinamento editoriale Luciana Francesca Rebonato coordinamento@e-borghi.com Art director Ivan Pisoni grafica@e-borghi.com Segreteria di redazione Simona Poerio segreteria@e-borghi.com Hanno collaborato a questo numero Antonella Andretta, Alessandra Boiardi, Grazia Gioè, Cinzia Meoni, Marino Pagano, Luca Sartori, Joni Scarpolini, Nicoletta Toffano, Carola Traverso Saibante Traduzioni Beatrice Lavezzari Promozione e Pubblicità 3S Comunicazione – Milano Cosimo Pareschi pareschi@e-borghi.com Sviluppo area commerciale Maurizio Bevilacqua commerciale@e-borghi.com Redazione 3S Comunicazione Corso Buenos Aires, 92, 20124 Milano info@3scomunicazione.com tel. 0287071950 – fax 0287071968 L’uso del nostro sito o della nostra rivista digitale è soggetta ai seguenti termini: Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di www.e-borghitravel.com può essere riprodotta, memorizzata in un sistema di recupero o trasmessa, in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronica, meccanica, fotocopia, registrazione o altro, senza previa autorizzazione scritta da parte di 3S Comunicazione. Nonostante l’accurata verifica delle informazioni contenute in questo numero, la 3S Comunicazione non può accettare responsabilità per errori od omissioni. Le opinioni espresse dai contributori non sono necessariamente quelle di 3S Comunicazione. Salvo diversa indicazione, il copyright del contributo individuale è quello dei contributori. È stato fatto ogni sforzo per rintracciare i titolari di copyright delle immagini, laddove non scattate dai nostri fotografi. Ci scusiamo in anticipo per eventuali omissioni e saremo lieti di inserire l’eventuale specifica in ogni pubblicazione successiva. © 2019 e-borghi
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nici e spettacolari. Sono i paesaggi, i protagonisti di questo numero di e-borghi travel, tessere di un mosaico in equilibrio tra natura e volontà dell’uomo. E la principale caratteristica del paesaggio italiano è la pluralità, un arazzo nel quale è il genius loci, a fare la differenza, a rendere unico un sito, a crearne un dna irripetibile, a delinearne volto e anima in un quadro composito. Il nostro viaggio inizia nel velluto verde dell’Alpe Cimbra in Trentino, un angolo di Alpi che rivela radici antiche, poi giunge in Friuli-Venezia Giulia con inaspettate sorprese e borghi incastonati in una natura generosa. Come nel Delta del Po: borghi sparsi come coriandoli e una laguna che è pura magia. E poi le saline: vento, sole, acqua e la produzione del sale, l’oro bianco del Mediterraneo. Arriviamo quindi nella toscana Val d’Orcia, un susseguirsi di colline ammantate da vigneti, uliveti e castagneti, borghi medievali, castelli, abazie e pievi, mentre a oriente e nelle Marche vi proponiamo un itinerario nei “borghi dell’Infinito” di leopardiana memoria e dove il paesaggio è fonte di ispirazione continua per gli artisti di oggi e di ieri. Proseguiamo verso il sud della Penisola e arriviamo in Basilicata, intrigante, dall’incessante alternarsi di paesi arroccati e laboriose cittadine, con Matera gemma della regione e capitale europea della cultura 2019. Paesaggi da conoscere senza fretta, seguendo i ritmi di un turismo slow che assapora e ammira, proprio come in Calabria, con i suoi “paesaggi della contemplazione”, una narrazione d’arte, natura, borghi e tradizioni. La nostra curiosità, come sempre, è andata oltreconfine ed ecco la Francia dei paesaggi, forme e scenari forti con panorami imprevedibili. Nel frattempo, la natura viene trasformata nell’individualità dallo sguardo dell’uomo: lo asseriva Goethe nel suo “Viaggio in Italia” e ne ha approfondito la visuale Georg Simmel in “Saggi sul paesaggio” scrivendo «Il paesaggio è territorio dell’azione umana che lo modifica continuamente». Ed è sicuramente un’Italia in divenire e composita, quella dei paesaggi. All’insegna di memorabilità ed emozioni. Luciana Francesca Rebonato coordinatore editoriale
Sommario Friuli-Venezia Giulia
Basilicata
Sassi
Alpe Cimbra
Delta del Po
Val d’Orcia
L’emozione di un paesaggio
Le vie del sale
Calabria
I “borghi dell’Infinito”
Oltreconfine: Francia
#Paesaggi dentro
Vacanze fuori posto
Leggende
Curiosità
Recensione
In copertina: Sassi, Matera arkanto/Shutterstock.com
Luca Sartori
twitter.com/LucaSartoriIT
Palmanova
Friuli Venezia Giulia: mulini, fornaci e Medioevo di confine
Torre Trulli Stefano_Valeri/Shutterstock.com
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onti e mare, colline e pianure, boschi e lagune poi paesi, città, arte e memoria. Ce n’è per tutti i gusti in Friuli-Venezia Giulia, terra di confine dell’estremo nord-est d’Italia. Fra le regioni più piccole ma più ricche di contenuti storici e culturali, è un susseguirsi di paesaggi che si mescolano alla moltitudine di centri abitati, dalle vivaci città-capoluogo alle numerose cittadine e ai piccoli borghi. Venate da una fitta rete di fiumi e torrenti, le terre friulane regalano inaspettate sorprese in un mosaico di testimonianze storiche, palazzi, castelli ed eleganti di-
Panorami estivi nei pressi di Sappada Paola
more: un susseguirsi di vivaci e laboriosi centri dove la storia è sempre protagonista. Una terra discreta, mossa dalla laboriosità della sua gente, spesso messa in ginocchio dai fatti e sempre capace di rialzare la testa tornando, senza paura, a guardare avanti. Una terra unica, straordinaria, costruita nei secoli, con il tempo che si racconta nelle strade e nelle piazze e attraverso castelli, rocche, palazzi, chiese ma anche mulini, fornaci, filande, laghi di cava e quell’archeologia industriale che custodisce tesori e memorie passate. www.turismofvg.it/Slow-Tour.
Molini Stalis Franca Versolato
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bagnato dal Livenza, l’antico borgo di Polcenigo. La ricchezza di acque, spesso paludose, della zona, spiega la tradizionale lavorazione locale del giunco, alla quale ogni anno, a settembre, è dedicata, in paese, la Sagra dei Thest. Di origini antichissime, Polcenigo propone un centro storico con nobili dimore del XVI e XVII secolo, tra cui il palazzo gentilizio Scolari Salice e Palazzo Fullini Zaia, la chiesa parrocchiale di San Giacomo, la chiesa di Santa Maria della Salute e l’oratorio di San Rocco, centro domina-
Luigi Esposito
Polcenigo to dai ruderi di un castello che i conti del luogo trasformarono in palazzo veneziano del ‘700. Antico borgo di contadini, tagliapietre e cestai, Polcenigo era, tra il ‘700 e l’’800, l’epoca delle filande, anche sede di una rinomata fabbrica di calzette di seta. Lo spettacolo delle acque contraddistingue l’intera zona e regala incantevoli scenari presso le sorgenti del Gorgazzo, dove alle acque limpidissime che scaturiscono da una cavità carsica fanno da cornice i colori della rigogliosa vegetazione.
Luciano Ghersinich
Roberto Viel
Polcenigo Ferdinando Terrazni
Michele Seghieri
Mirko Tommasella
Marco Siega Vignut
Maniago
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orge dove la pianura cede il passo alle alture. Maniago, Bandiera Arancione del Touring Club Italiano, è nota fin dall’epoca medievale per le sue coltellerie e ha origini antiche. Cuore dell’abitato è Piazza Italia, la più ampia della provincia di Pordenone, intorno alla quale si sviluppa l’abitato. Nel cuore della piazza sorge una fontana ottocentesca e lungo il suo perimetro si affacciano antichi edifici storici tra cui Palazzo D’Attimis-Maniago, impreziosito dall’affresco in facciata di un leone marciano attribuito a Pomponio Amalteo, la chiesa dell’Immacolata e la Loggia comunale. Dalla piazza si sale ai ruderi
del castello, edificato probabilmente nell’XI secolo. Perla di Maniago è il duomo di San Mauro, in stile romanico-gotico, dalla facciata a capanna, con un elegante rosone. L’interno è contraddistinto da affreschi e pitture del ‘600 e del ‘700, altari lignei dell’Auregne, acquasantiere e un fonte battesimale della scuola dei tagliapietre di Meduno. A celebrazione dell’arte fabbrile maniaghese c’è il Museo dell’Arte Fabbrile e delle Coltellerie, situato nel vecchio stabilimento industriale CORICAMA (Coltellerie Riunite di Caslino e Maniago), affascinante viaggio nella storia della produzione locale di oggetti da taglio.
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Valvasone
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a queste parti la gente parla il friulano occidentale. Qui ci si ferma anche solo per soddisfare il palato in uno dei ristoranti, per apprezzare un buon piatto di polenta con il muset, il tipico cotechino friulano, per un assaggio del Dolce del Priore o di Voleson, una torta casereccia prodotta nel periodo del Medioevo a Valvasone e per l’importante rievocazione storica che si svolge il secondo fine settimana di settembre. Terra di acque e campagne, Valvasone propone il suo delizioso centro urbano sulla destra del fiume Tagliamento, nei pressi di un antico guado: il borgo si sviluppa attorno all’imponente castello, documentato già
all’inizio del ‘200, che domina l’omonima piazza e custodisce affreschi tardogotici e rinascimentali e un prezioso teatrino ligneo del ‘700. Altri tesori del borgo sono il Duomo del Ss.mo Corpo di Cristo, che ospita un organo monumentale, unico esempio italiano dell’arte organaria veneziana del ‘500, la chiesa dei Ss. Pietro, Paolo e Antonio Abate, impreziosita da pregevoli affreschi del ‘500, un tempo luogo di rifugio di pellegrini e viandanti, il quattrocentesco chiostro dell’ex Convento dei Serviti, e l’antico mulino con la sua ruota Irma, che sfruttava la forza motrice dell’acqua che scorreva nella fossa di difesa della prima cinta castellana.
Valvasone
Paolo Frucella
Paolo Frucella
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ortificato inizialmente dai vescovi di Concordia, poi dominio della Repubblica di Venezia fin dai primi del ‘400, dopo secoli di violenze e sanguinose guerre civili, Cordovado conobbe, nella sua storia, la tragedia della siccità, la fame, il freddo, invasioni di locuste, inondazioni, terremoti e razzie. È più volte nominato da Ippolito Nievo ne Le confessioni di un Italiano ed entra di diritto tra i “Borghi più Belli d’Italia” nel 2004, tra i primi della regione. Oggi è la pace della campagna friulana a dominare questo borgo-gioiello della pianura, circondato dalle mura quasi completamente intatte e ancora ben visibili. A difesa del borgo c’è la scenografica torre scudata, mentre tra i suoi tesori religiosi l’antica Pieve di Sant’Andrea, risalente al XV secolo, l’Orato-
Paolo Frucella
Cordovado rio Trecentesco di Santa Caterina d’Alessandria e il secentesco Santuario della Madonna delle Grazie, gemma dell’arte barocca veneziana, a pianta ottagonale, unico del suo genere in Friuli, ricco di stucchi, affreschi, bassorilievi e statue. Tra gli edifici civili spiccano Palazzo Freschi-Piccolomini, costruito su vestigia medievali, il cinquecentesco Palazzo Beccaris-Nonis, Palazzo del Capitano, il Palazzo Municipale, antico ospizio dei nobili, la settecentesca Villa Segalotti e Palazzo Cecchini, che ospita la Biblioteca. A due passi da Cordovado c’è Morsano al Tagliamento, terra di fornaci che tra l’’800 e il ‘900 erano ben ventidue. Oggi ne rimane solo una ed è quella di San Paolo del 1902, simbolo e monumento alla storia di queste terre.
Cordovado Salvatore LiPira
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il più significativo esempio di città murata del Friuli e tra i più straordinari esempi di restauro in campo architettonico e artistico. Colpito dal catastrofico terremoto del 1976, è risorto grazie al lavoro dell’uomo che l’ha riconsegnato a quello che era il suo originario impianto urbanistico. Venzone è situato alla confluenza di due importanti valli, quella del Tagliamento e quella del Canal di Ferro, nell’estremo lembo orientale d’Italia, in provincia di Udine. Ai margini del Parco Naturale delle Prealpi Giulie, tra boschi e montagne ricche di fauna selvatica, Venzone propone un particolare fascino medievale, mura
Marco Fabris
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Venzone
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e apprezzabili monumenti storici. Dichiarata monumento nazionale ed eletta “Borgo dei Borghi 2017”, ha tra i suoi tesori il Municipio, bell’esempio di palazzo gotico-veneziano, il Duomo di Sant’Andrea e la misteriosa e antica Cappella di San Michele, dimora delle storiche mummie la cui storia risale al 1647, quando venne estratta la mummia del “gobbo” - la prima di una quarantina di altre - dalle tombe del Duomo. L’epoca d’oro venzonese, il Medioevo, rivive ogni quarto weekend di ottobre, con la Festa della Zucca: storia e cultura, enogastronomia e divertimento in un mix capace di accontentare tutti i palati.
Monica Simonelli
Massimo Beltrame
Venzone Daria Bellina
Stefano Padovan
Basilica Abbaziale
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i identifica con la maestosa abbazia benedettina di Santa Maria in Sylvis, risalente all’VIII secolo, e attorno a essa si è sviluppata in seguito. Sesto al Reghena appartiene ai “Borghi più belli d’Italia” e sorge in una zona di mulini e filande. Allo splendido complesso abbaziale, composto dalla basilica, dal robusto torrione d’ingresso unico superstite delle sette torri di difesa erette nella seconda metà del X secolo - dal campanile, dalla cancelleria, dalla residenza abbaziale e dalla casa canonica, si unisce, nelle zone che fanno da cornice al borgo, l’area dei mulini di Stalis. Uno spaccato locale, legato alla storia
Piazza Castello Leonardo Fabis
Sesto al Reghena dell’Abbazia di Sesto e agli insediamenti rurali che crebbero nei suoi domini. Di origine medievale, l’insieme degli edifici venne utilizzato nel lungo periodo fino ai nostri giorni e costituisce un esempio architettonico ancora piuttosto integro dell’arte molitoria e della sua importanza nei secoli, sia per le comunità contadine, sia per le signorie che su di esse esercitavano i poteri. Nella pianura verso Pordenone, nel comune di Prata, sorge un altro gioiello di archeologia industriale: la Filanda Centazzo, una delle prime filande a utilizzare la caldaia a vapore per riscaldare fornelli e per fornire forza motrice.
Sesto al Reghena Stefano Padovan
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Fabrice Gallina
ittà-fortezza a pianta stellare a nove punte, Palmanova è stata costruita nel 1593 dalla Repubblica di Venezia. È monumento nazionale dal 1960 e, nel 2017, è entrata a far parte del Patrimonio Unesco all’interno del sito transnazionale “Opere di difesa veneziane tra il XVI e il XVII secolo: Stato da Terra - Stato da Mar occidentale”. Dal 2018, inoltre, è nel circuito dei “Borghi più belli d’Italia”. Palmanova è da godere a piedi, passeggiando o pedalando tra le tre cinte murarie (due veneziane e una napoleonica) che la circondano, scoprendo le gallerie sotterranee utilizzate un tempo dalle milizie per gli spostamenti. Al centro spicca l’esagonale Piazza Grande, verso cui convergono i tre borghi cit-
Palmanova tadini, direttamente collegati con le porte Cividale, Udine e Aquileia. Sulla piazza si affaccia il duomo, dalla candida facciata in pietra bianca d’Orsera e pietra grigia di Aurisina. Da ammirare sono anche alcuni palazzi tipici veneziani che si aprono sulle larghe vie della città, per esempio la Loggia dedicata ai caduti e il Palazzo dei Provveditori Generali. Da non perdere, il primo weekend di settembre, la grande rievocazione storica con oltre ottocento rievocatori in abito rinascimentale (in scena negli anni pari) o napoleonico (in questo caso negli anni dispari). Provenienti da tutta Europa, i rievocatori ricostruiscono con rigore filologico gli accampamenti, le battaglie, gli usi e costumi del tempo.
Palmanova
Cascatelle Favretto
Bandfion
Favretto
Sappada blockbau. Tra le tradizioni locali, la più nota è il Plodar Vosenòcht, il carnevale sappadino, che impegna l’intero paese per tre domeniche e ha come protagonista la tipica maschera del Rollate. Bandiera Arancione del Touring Club Italiano, Sappada è zona di itinerari naturalistici. Da non perdere, tra le tante mete, le Cascatelle di Mühlbach, raggiungibili attraverso un sentiero ricavato nella roccia che risale il rio dei mulini, i Laghi d’Olbe, l’Orrido dell’Acquatona e le Sorgenti del Piave. COPR
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Sappada va in scena lo spettacolo delle Dolomiti. Famosa meta di turismo invernale ed estivo, affonda le sue origini nell’alto Medioevo, quando il Patriarca di Aquileia avrebbe chiamato in questa zona, allora disabitata, un gruppo di famiglie della Baviera. Ancora oggi, infatti, a Sappada si parla un antico dialetto tedesco. Oltre allo straordinario patrimonio naturalistico, Sappada vanta anche una particolare architettura rurale rappresentata da caratteristiche case di legno costruite con l’antica tecnica del
Toppo
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ra i borghi più belli d’Italia, il minuscolo centro di Toppo, nel comune di Travesio, conserva i resti del castello medievale che dominava la piana e l’abitato sottostante. Il complesso è un bell’esempio di architettura fortificata del Friuli. Nel 1220 erano otto masi (case rurali a conduzione familiare) a comporre il borgo di Toppo, per divenire, nel XVI secolo, venticinque. È da Palazzo Toppo Wasserman, originariamente un maso sviluppatosi poi nel Cinquecento in una dimora signorile di campagna, che inizia il percorso alla scoperta degli edifici originari del borgo, masi in sasso molto ben conservati. Nel piazzale davanti
Paolo Abbate
al Palazzo è visibile invece un palazzo del ‘600, con arco d’ingresso, bella residenza estiva dei conti di Spilimbergo. Da Toppo parte una bella ciclabile che porta al capoluogo Travesio, che custodisce una delle testimonianze più significative della pittura rinascimentale friulana, l’antica Pieve di San Pietro, dove sono custodite due opere del lapicida lombardo Giovanni Antonio Pilacorte: il portale interno della sagrestia, datato 1484, primo lavoro conosciuto del Pilacorte in Friuli, e una fonte battesimale. Alle pareti e nella volta del coro, invece, vi sono gli splendidi affreschi di Giovanni Antonio de’ Sacchis.
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Luisella Gubitta
Bruno Londero
Basilicata, cuore verde tra le Dolomiti e il mare
Luca Sartori
twitter.com/LucaSartoriIT
Basilicata Turistica
basilicataturistica.it
Paki Cassano
instagram.com/paky_cassano/
Maratea
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a Basilicata è terra di monti e mari, borghi antichi e piccole città, boschi e vigneti, canyon e antichi vulcani. È una terra che nasconde innumerevoli segreti, ed è uno dei più remoti e meno conosciuti mosaici di ambienti e paesaggi, un incessante alternarsi di paesi arroccati e laboriose cittadine. Dalla zona del Vulture-Melfese, al potentino e alle Dolomiti Lucane, dal massiccio del Pollino al Monte Sirino, dalla Val d’Agri alla collina materana, fino a giungere alla piana di Metapon-
Matera vista dalla Murgia
to, sulle rive del Mar Ionio, la Basilicata è un continuo succedersi di differenti paesaggi. È Matera, gioiello della regione, la grande vetrina sul mondo della Basilicata di quest’anno. Capitale Europea della Cultura nel 2019, con i sorprendenti Sassi, Patrimonio Unesco dal 1993, le gravine, la Murgia Materana e il Parco Archeologico Storico e Naturale delle Chiese Rupestri del Materano, la destinazione si è rivelata una delle mete italiane turisticamente più ambite dell’anno.
Parco nazionale del Pollino - Il Raganello dalla Timpa di San Lorenzo
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Aliano e i calanchi. La luna a pochi passi
liano è un piccolo borgo del materano arrampicato su un colle argilloso di poco più di cinquecento metri d’altezza, noto per il suggestivo paesaggio lunare offerto dai calanchi, vette create dalla natura che si adagiano scendendo morbide verso il mare creando uno scenario naturale emozionante e irripetibile. Qui nel 1935-36 fu esiliato Carlo Levi, che visse prodigandosi come medico, dedicandosi alla pittura e impegnandosi per dare vita alla sua principale opera letteraria, quel Cristo si è fermato a Eboli che ha ambientato proprio in quest’angolo di Lucania. Per espressa vo-
lontà dello scrittore, il suo corpo riposa dal 1975 nel cimitero del paese che celebra il suo illustre confinato con il Museo Storico Carlo Levi e la Casa Museo del Confino. Ai musei si unisce il Parco Letterario dedicato a Levi, che propone una visita ai luoghi legati agli episodi raccontati nel romanzo. L’offerta culturale di Aliano si completa con il Museo d’Arte Contemporanea e il Museo della Civiltà Contadina. Tra le principali emergenze architettoniche del borgo c’è la seicentesca Chiesa di San Luigi Gonzaga, arricchita da un altare barocco e da pareti adornate con grandi tele dipinte.
Aliano
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hiamata anticamente Montepeloso, Irsina era un tempo sede vescovile con Gravina di Puglia. Ancora oggi nel borgo si respirano arte e storia. La duecentesca cattedrale di Santa Maria Assunta è il suo gioiello più prezioso con la facciata barocca e il campanile a bifore in stile gotico custodisce all’interno un prezioso fonte battesimale in marmo rosso, tele settecentesche di scuola napoletana e una statua marmorea di Sant’Eufemia attribuita al Mantegna. Tra gli altri edifici religiosi c’è la chiesa del convento di San Francesco, un tempo castello
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Lungo la Via dell’acqua: Irsina e i Bottini
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di Federico II, mentre tra le architetture civili vi sono Palazzo Lombardi, Palazzo Cantorio, diverse porte e torri. Irsina è anche il borgo dei “Bottini”, i cunicoli sotterranei che seguono l’andamento della falda acquifera. L’acqua, captata dal sottosuolo, si deposita in vasche di decantazione e, dopo essere stata purificata, viene incanalata fino alla settecentesca fontana esterna dalla quale sgorga, fresca e pura, da tredici bocche. Unico nel suo genere, il sistema dei Bottini costituisce un enorme patrimonio rupestre per il territorio di Irsina.
Tricarico
Grassano
Sulle tracce dei cavalieri di Malta
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ppoggiata sul colle Sella Mortella, se ne hanno notizie dal XIII secolo, quando Grassano era un semplice casale del territorio di Tricàrico. Si raggiunge la parte alta del paese percorrendo via La Chiesa, sulla quale s’incontrano residenze settecentesche dotate di feritoie per la difesa dai briganti che spesso trovavano nascondiglio nelle zone boscose del territorio. La Chiesa Madre, in stile barocco, è dedicata a San Giovanni Battista e propone, dal sagrato, un’ampia vista panoramica sulla zona. Caratteristico è il rione Capolegrotte,
caratterizzato da profonde grotte utilizzate per la conservazione di vino e olio, soggetto di dipinti e fotografie di Carlo Levi. Grassano custodisce i resti dell’unico insediamento urbano fondato in Basilicata dai Cavalieri di Malta, oltre a importanti testimonianze geologiche e naturalistiche, i Cinti, un suggestivo sito geologico, naturalistico e architettonico, inserito nel Parco Letterario di Carlo Levi, situato a poche centinaia di metri dal centro storico ai piedi dei ruderi dell’antico castello dei Cavalieri di Malta.
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In volo sulle Dolomiti Lucane
astelmezzano e Pietrapertosa sono due gioielli all’ombra delle Dolomiti Lucane. Castelmezzano è dominato dalle rocce delle Piccole Dolomiti Lucane fino alle quali salgono le ripide scale, i tortuosi vicoli e le tante case che sembrano arrampicarsi sulle rocce. All’abitato si contrappone la natura delle zone verdi limitrofe dove alla flora, composta da tigli, aceri e ontani, si unisce la fauna ricca di tassi, lupi e gatti selvatici: una natura dove perdersi tra sentieri, scalinate e piccoli ponti di pietra. Pietrapertosa è il comune più alto della Basilicata, a ben 1.088 metri d’altitudine. Costruito interamente sulla nuda roccia, si distende
Castelmezzano
lungo la via principale che corre fino al castello, antica fortificazione d’origine romana dominata da un arco naturale, un tempo luogo di vedetta. Tra le emergenze architettoniche religiose vi è la quattrocentesca chiesa di San Giacomo, dall’originario impianto romanico, con due sole navate, l’imponente campanile e un prezioso coro ligneo cinquecentesco. Collega i due borghi un cavo d’acciaio che consente di provare l’ebbrezza di sorvolare in tutta sicurezza le Dolomiti Lucane, in coppia o individualmente. Un chilometro e mezzo in poco più di un minuto con il Volo dell’Angelo, sospesi a quattrocento metri tra cielo e terra.
Pietrapertosa StevanZZ/Shutterstock.com
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ra le poche regioni italiane a essere lambita da due mari, la Basilicata è bagnata dal Tirreno e dallo Ionio, e i borghi che si affacciano sulle sue coste sono dei pittoreschi centri balneari. Maratea è tra i centri più incantevoli della costa tirrenica, con i suoi 32 chilometri di costa alterna la scogliera frastagliata a picco sul mare alle spiagge delimitate dall’azzurro dell’acqua e dal verde della macchia mediterranea. Diverse sono le località balneari, da Acquafredda a Cersuta, dalla frequentata Fiumicello alla Spiaggia Nera, chiamata così per il colore della sua sabbia,
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La terra dei due mari
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Maratea, costa tirrenica
fino alle suggestive spiaggette raggiungibili solamente via mare. Da Metaponto a Nova Siri, ai confini della Calabria, la costa ionica comprende i comuni di Bernalda, Scanzano Jonico, Policoro, Rotondella e Nova Siri. L’entroterra della pianura metapontina è una delle zone più produttive della Basilicata, coltivata a vigneti, frutteti e agrumeti, mentre la fascia costiera è zona di villeggiatura impreziosita da spiagge di sabbia chiarissima e finissima, con un mare cristallino, adatto alla pratica di molte discipline sportive come la vela e la pesca.
Lido di Policoro, costa jonica
Riserva Naturale Bosco Pantano di Policoro
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Campomaggiore
Craco e Campomaggiore, dove il tempo sembra essersi fermato di uno spettacolo sospeso nel tempo. Nonostante l’esodo forzato, Craco è rimasta intatta meritandosi l’ingresso, nel 2010, nella lista dei luoghi da salvare della World Monuments Fund. Altra città- fantasma lucana è Campomaggiore, sogno infranto del conte Teodoro Rendina, che volle trasformarlo da piccolo paese all’ombra delle Dolomiti Lucane in quella che viene ricordata come “La città dell’Utopia”. Il Palazzo Patronale sorge in quella che un tempo era la piazza dell’antico borgo, tra i resti di antichi palazzi e case contadine.
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l sole si riflette sulla collina di roccia diafana su cui sorge Craco, situato a circa 50 chilometri da Matera, in un’area della Basilicata spesso scelta come set per molti film italiani e stranieri. Il suo borgo antico conobbe negli anni ‘60 una massiccia evacuazione dovuta a una frana di vaste proporzioni che spinse gli abitanti a trasferirsi a valle, evacuazione che lo ha reso una vera e propria città-fantasma, caratteristica che attira i turisti che giungono in questa terra di rocce e di calanchi per vedere le affascinanti rovine, teatro
Campomaggiore
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ncastonata tra due fiumi, l’Agri e il Sinni, Tursi sembra allungarsi verso l’alto, modellata nella sua forma dai calanchi di origine argillosa che danno vita a un vero e proprio impatto scenico naturale. Tursi si colloca nel territorio della gloriosa Siritide, fiorente regione dell’antica Magna Grecia. Dalla cima del suo colle si può ammirare un panorama che appare sconfinato: dal Mar Ionio fino al Golfo di Taranto e tutti i paesi della costa fino alle vette del Parco Nazionale del Pollino. Città di Albino Pierro, più volte candidato al Premio Nobel per la letteratura - al quale il centro lucano ha dedicato il Parco Letterario ambientato nella sua casa natale -, propone, tra le sue zone più pittoresche,
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Tursi, terra di storia e religione
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l’antico rione della Rabatana, contraddistinto da un’architettura che è testimonianza della dominazione araba che ha profondamente segnato la cultura del luogo. Incantevole groviglio di case costruite con pietre e laterizi, la Rabatana è esempio di architettura spontanea, uno scenario quasi sospeso nel tempo, un puzzle che si compone di immagini tanto diverse tra loro che conferiscono al borgo la sua peculiarità scenografica. Da vedere sono anche i resti del castello gotico, risalente al V secolo, visibili in Piazza Maria Santissima di Anglona, e poi ancora lo splendido santuario dedicato alla Vergine, a pochi chilometri dall’abitato, fino ai palazzi storici e alle altre chiese.
Tursi
Venosa, L’Icompiuta
Venosa e Grumento, a spasso nell’antica Roma dovuta divenire immensa e che oggi è mura e un tetto di stelle, e il quattrocentesco castello di Pirro del Balzo, che si erge nel cuore del paese e ospita il Museo Archeologico Nazionale. Anche a Grumento Nova, delizioso centro medievale della Val d’Agri, si respira l’aria dell’antica Roma: qui per la prima volta arrivarono gli elefanti nello scontro fra Annibale e le legioni romane. Soprannominata la piccola Pompei lucana, rivela, collocata perfettamente nella natura, un’area archeologica degna di nota con resti dell’acquedotto, dell’anfiteatro, delle terme repubblicane e dei templi. Molti dei reperti qui ritrovati sono custoditi nel Museo Archeologico Nazionale, uno dei più importanti del sud Italia.
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ra i borghi più belli d’Italia, Venosa è un centro lucano di rilevante interesse storico e culturale. Fondato dai romani nel 291 a.C. per porre sotto controllo la Valle dell’Ofanto e della Via Appia, fu profondamente legato a Roma ed elevato da quest’ultima a “Municipium”. Qui nacque il grande poeta latino Quinto Orazio Flacco. Imperdibile una visita all’area monumentale della città che stupisce per la ricchezza delle opere e dei manufatti presenti, gli splendidi capitelli, i mosaici, straordinarie espressioni di uno splendore che la città ancora oggi propone a chi scelga di visitarla e di apprezzarne la bellezza. Tesori della città sono l’Incompiuta, l’abbazia dell’XI secolo che sarebbe
Venosa
Area archologica di Grumento
Venosa
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Melfi si respira la storia, quella che vide protagonista Federico II di Svevia. Sovrano illuminato e misterioso, ebbe proprio qui la sua roccaforte, dove promulgò, nel 1231, le “Costituzioni melfitane”. Di Melfi colpisce la maestosità del suo castello, imponente struttura di origine normanna della fine dell’XI secolo, appoggiato sulla sommità di una collina, con le mura che cingono l’abitato, pittoresco reticolo di vicoli. Il castello ospita il Museo Archeologico Nazionale del Melfese, che custodisce reperti del VII-III secolo a.C. e lo splendido Sarcofago di Rapolla, proveniente dall’A-
Laghi di Monticchio - Rionero in Vulture
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sia Minore. Da vedere anche la bella cattedrale del 1056. Le terre di Federico sono anche patria del celebre Aglianico del Vulture, annoverato tra i migliori vini rossi d’Italia, e numerosi sono i comuni di produzione delle uve dell’Aglianico, nel nord della regione, ed è imperdibile una visita alle cantine storiche del territorio. Anche Lagopesole, come Melfi, è legato alla figura di Federico II e a suo figlio Manfredi. Frazione di Avigliano, nel potentino, il borgo è dominato dal famoso castello dal quale, nelle giornate più limpide, si scorge il Monte Vulture.
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Melfi, Lagopesole e le cantine del Vulture: i tesori federiciani
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Lagopesole - Castello
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Luca Sartori
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Matera, Basilicata
Sassi, canyon e magia
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un angolo fuori dal tempo, un paesaggio che evoca mondi lontani. Lunghi muretti di pietre si perdono in una terra ondulata e disseminata di ulivi che all’improvviso è interrotta da una profonda spaccatura, un canyon che porta a Matera, la magica Città dei Sassi. Affacciata sulla più celebre delle gravine, è elemento fortemente caratterizzante un territorio dal fascino irresistibile, dove alla meraviglia di una città unica, quest’anno Capitale Europea della Cultura, si unisce la straordinaria terra delle gravine, un paesaggio che proietta il visitatore in
una dimensione quasi mistica. Frutto del lavorio intenso e profondo dell’erosione, le gravine sono spettacolari formazioni rocciose carsiche che custodiscono diverse testimonianze del passato, veri e propri villaggi rupestri, con tanto di terrazzamenti per attività agricole, a inequivocabile prova che le gravine hanno sempre attirato l’uomo di queste terre. A questa zona d’Italia, che solo di recente sembra essersi finalmente aperta al turismo, Carlo Levi ha dedicato tante pagine dei suoi scritti, ma tanto c’è ancora da raccontare, da sapere e da scoprire.
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Grotte, cortili e scalette
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con una sosta al belvedere della Murgia Materana che deve iniziare la visita della città di Matera, spettacolare balconata sulla città vecchia, a picco sulla gravina sulla quale s’affaccia l’abitato. Dal belvedere se ne ammira la bellezza e se ne apprezzano i dettagli. I Sassi, il centro storico, l’asse settecentesco, i cortili, le piazzette, le scalinate e poi i musei e le chiese compongono uno dei mosaici più incredibili d’Italia, dove la storia si mescola con le leggende e l’arte si fonde
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con la natura in un paesaggio che incanta. Uno straordinario paesaggio culturale che l’Unesco ha inserito tra i patrimoni dell’umanità, una ricca stratificazione di elementi originari di differenti ere, dal Medioevo al Rinascimento, al Barocco fino ad arrivare ai giorni nostri. Un tripudio di dettagli che si susseguono in uno scenario magico tra grotte, chiese, orti, giardini, cortili, edifici storici, scalinate, ballatoi e affacci mozzafiato sulla gravina, il tutto in uno scenario senza tempo.
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Burroni e chiese rupestri
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e gravine sono i canyon d’Italia. Un misto di storia, cultura, natura e tradizioni. Un angolo di meridione che l’uomo ha vissuto, dal Paleolitico al Neolitico, lasciando importanti testimonianze, profondi burroni lunghi diversi chilometri e percorsi da torrenti. Differenti ambienti le caratterizzano. Alla zona rocciosa si uniscono quella più ricca di vegetazione - più verde - e quella umida ubicata nella sua zona più profonda, dove scorrono le acque che spesso forma-
no stagni e laghetti. Allo spettacolo della natura in gran parte dei casi si unisce l’insediamento urbano che raggiunge la sua più apprezzabile e scenografica espressione in Matera, ma che propone anche il particolare insediamento urbano in grotte ancorate sulle scoscese pareti della gravina, che con i villaggi neolitici e le tante chiese rupestri, anche situate in valloni aspri e isolati, sono gli elementi che più di altri caratterizzano questa parte di Basilicata.
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Chiesa di San Rocco a Montescaglioso Mi.Ti./Shutterstock.com
Pascoli e pastori
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una terra singolare, quella che contraddistingue la Murgia Materana. Terra di masserie e pascoli, zona di allevamenti e pastori. Un territorio povero di risorse che l’uomo, nel corso dei millenni, ha saputo sapientemente sfruttare, coltivando i piccoli pianori e i valloni meno impervi. Terre difficili e valloni selvaggi, profondi solchi vallivi che caratterizzano il paesaggio carsico murgiano dove domina Matera, cinta da due gravine dalle differenti caratteristiche. La prima è la gravina di Matera, che nasce in località Pan-
tano, termina nel comune di Montescaglioso ed è bagnata dalle acque del torrente che giunge da Altamura e sfocia nel Bradano. La seconda è la gravina di Picciano, bagnata dalle acque del torrente che giunge da Gravina di Puglia e sfocia anch’esso nel Bradano. Quella di Matera giunge fino a cento metri, meno accentuata e dalla conformazione più irregolare è invece la gravina di Picciano. Entrambe sono accomunate dalla quasi inaccessibilità all’uomo e da uno straordinario ecosistema.
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Orchidee e pipistrelli
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una vegetazione particolare, quella delle gravine, dove alle zone rocciose dei sassi si uniscono le aree ricche di vegetazione e le zone umide. Fragno, leccio, pino d’Aleppo, acero e roverella sono le specie di alberi più diffuse alle quali si uniscono gli arbusti come il terebinto, il ginepro rosso, l’olivastro e il lentisco e le piante erbacee come la salvia argentea, l’aglio moscato, il timo spinosetto e il timo arbustivo, poi orchidee, fichi d’india, ciclamini, caprifogli e biancospini. È inve-
ce ricco di rapaci il patrimonio faunistico con, tra gli altri, il gheppio, il biancone, il corvo imperiale, il capovaccaio e la poiana, mentre di notte è facile imbattersi in pipistrelli di varie specie. Al cinghiale, il tasso, la volpe e l’istrice si unisce qualche gruppo di lupi, mentre nelle zone umide, in prossimità degli stagni, ci si può imbattere nell’ululone dal ventre giallo, nel tritone italico, nel rospo smeraldino e nella raganella, mentre tra i rettili nel biacco, nel ramarro e nel geco di kotschy.
Murgia Materana Alberto Zuppardi/Shutterstock.com
Murgia Materana Francesca Cerretani/Shutterstock.com
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Luca Sartori
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Azienda per il turismo Folgaria, Lavarone e Luserna alpecimbra.it
forti, sentieri e antichi sapori
Trentino-Alto Adige
Alpe Cimbra:
Becco di Filadonna
Lavarone, Becco di Filadonna
È
una terra millenaria, una zona di confine. L’Alpe Cimbra è una delle terre trentine, un angolo di Alpi che racconta ancora le sue radici antiche. Una terra seducente per il suo patrimonio naturale e per la sua storia, per i suoi borghi e per le sue tradizioni. I centri di Folgaria, Lusèrn e Lavarone compongono il mosaico di un territorio costellato da deliziosi villaggi alpini, uno dei più grandi ed estesi alpeggi d’Europa, capaci di coniugare in perfetta armonia i suoi tratti identitari con una ricca e
variegata proposta turistica fatta di innovazione e grande attenzione alle esigenze dei turisti provenienti da tutto il mondo, con un’offerta che va dal bike, al trekking, allo sci alpino. L’Alpe Cimbra si propone anche come un’oasi di tradizioni e cultura, d’estate e d’inverno, dove alle meraviglie della natura, come il Lago di Lavarone e la cascata dell’Hofentol, si uniscono i tesori dell’enogastronomia tra cui lo speck, i formaggi, il miele e i prodotti tipici da gustare nei rifugi e nei ristoranti di montagna.
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Folgaria, Lavarone e Lusèrn
ono Folgaria, Lavarone e Lusèrn i tre centri principali dell’Alpe Cimbra. Ideale per un soggiorno estivo, Folgaria è tra le più antiche comunità del Trentino con un vivace centro che propone un lungo viale pedonale dove curiosare tra botteghe e negozi, e locali dove fermarsi per assaggiare le tipicità locali. Particolarmente romantica, Lavarone, affacciata sul lago omonimo, premiato nel 2017 con la Bandiera Blu d’Europa, era meta, in passato, di grandi personaggi della storia e del-
Lago di Lavarone
la cultura tra cui l’Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe e il neurologo e psicanalista Sigmund Freud. Cultura e tradizione contraddistinguono il delizioso borgo di Lusèrn, dove spicca la Casa Museo “Haus von Prükk”, nata dal restauro conservativo di un’antica abitazione dalle tipiche caratteristiche di dimora contadina cimbra ottocentesca. Da non perdere una visita a Guardia, il paese dipinto, con le case colorate dai murales, e le sette poderose opere fortificate degli altipiani cimbri.
Folgaria Fabio Guariento/Shutterstock.com
Forte di Luserna
Folgaria Piero Beggiato/Shutterstock.com
Canederli Anna q/Shutterstock.com
Formaggio Vèzzena
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Polenta di patate e speck
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ono sapori intrisi di storia e tradizione quelli dell’Alpe Cimbra. Formaggi, speck, miele e birra sono solo una parte delle delizie che propone l’enogastronomia locale. Tra i formaggi tipici locali c’è il formaggio Vèzzena: particolarmente apprezzato dall’imperatore Francesco Giuseppe d’Austria, con il suo gusto amarognolo e dalla consistenza burrosa, nasce nelle malghe dell’altopiano dal quale prende il nome. Utilizzato un tempo per condire le zuppe tipiche e i canederli è oggi “garantito” dalla Denominazione d’Origine Protetta. Ci sono poi il profumatissimo speck, la carne salada, i funghi e il miele al quale l’Alpe Cimbra ha addirittura dedicato un
museo, poi ancora lo strudel e lo zelten. Specialità gastronomica della zona è la polenta di patate, preparata con una purea che si fa cuocere sul fuoco diretto con aggiunta di burro, cipolla e formaggio Vèzzena grattugiato, da servire con carni al forno, con abbondante sugo o con un altro piatto tipico cimbro, il Tonco del Pontesel, uno spezzatino di carni miste e lucanica fresca, che in tempi lontani veniva fatto riposare sul davanzale, detto appunto pontesel. Per concedersi il meglio della cucina locale, da non perdere sono una sosta all’osteria Coe di Folgaria oppure al rifugio Malga Campo di Lusèrn o ancora allo chalet Tana Incantata di Lavarone.
Sentiero delle sorgenti
Baby trekking e cultura
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e terre cimbre sono il paradiso degli appassionati di camminate ed escursionismo, meta ideale per qualsiasi tipo di escursione e di ogni grado di difficoltà. Ricca è infatti l’offerta di percorsi, dalle camminate più semplici immerse nei pascoli e nelle immense distese boschive alle vie alpinistiche più impegnative come il massiccio dolomitico della Vigolana, Pasubio e del Becco di Filadonna. Ricca anche l’offerta per le famiglie, dai nuovi sentieri Baby Trekking a Folgaria, Lavarone e Lusèrn percorribili con il passeggino, ai tanti sentieri tematici dove ripercorrere e conoscere la
storia, la cultura, la natura e le leggende di questi monti: fra questi vi sono il Sentiero dell’Immaginario a Lusèrn e il Sentiero sulle tracce dell’Orso. A Lavarone ci sono invece il Respiro degli Alberi e il Sentiero delle Sorgenti. A Folgaria il Sentiero dell’Acqua, tra antichi mulini e segherie, poi il Sentiero Della Fauna e il Sentiero del Biotopo di Echen. Imperdibile è il percorso della Forra del Lupo, una lunga trincea di crinale - scavata tra alte pareti di roccia - fatta di feritoie, osservatori e caverne che si affacciano su strapiombi e pendii in faccia al Pasubio.
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Forra del Lupo
Seconde Poste
Valle del Rosspach
Paradiso delle due ruote
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ropria o a noleggio, la bicicletta è forse il mezzo più usato nelle terre cimbre: una rete capillare di percorsi contraddistingue, infatti, questo angolo di Trentino. Da Lavarone - lungo le rive delle acque del suo incantevole lago - a Lusèrn fino ad arrivare a Folgaria, è un susseguirsi di piste ciclabili per appassionati, famiglie ed esperti. Una fitta rete di percorsi consente un’immersione totale nella natura e nel paesaggio, un’emozionante alternanza d’itinerari nel
patrimonio ambientale locale tra storia e cultura. I percorsi che portano fino al Lago di Garda e all’Altopiano di Asiago rendono l’Alpe Cimbra un luogo unico, dalle pronunciate particolarità ma anche comodo alle vicine bellezze fuori regione. I percorsi di Millegrobbe, Nicolussi, Val di Gola, Passo Sommo e dei Forti di Lavarone sono solo alcuni dei luoghi toccati dai tanti percorsi di questo piccolo paradiso per gli amanti delle due ruote.
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Delta del Po, natura da Unesco
Alessandra Boiardi
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Gorino Ferrarese Uta Scholl/Shutterstock.com
Oasi di Campotto PriceM/Shutterstock.com
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n paesaggio colpisce nella misura in cui suscita emozioni. E le emozioni possono essere le più diverse, tra cui sicuramente l’attrattiva maggiore è quella dello stupore. Chi per la prima volta si affaccia sulla vista del Delta del Po non può che restarne colpito per le sue atmosfere rarefatte che sembrano plasmare ciò che l’occhio mette a fuoco, rendendo la visione quasi surreale. Una sensazione che accomuna i vari paesaggi e i diversi micro ecosistemi che questo territorio - davvero unico nel suo genere tanto da essere diventato Patrimonio dell’Unesco - regala nei suoi ambienti, ricchi di flora e fauna, storia, cultura e natura. Il Delta del Po abbraccia parte del
Polesine e sconfina in Emilia-Romagna, trasformandosi di volta in volta tra dune, argini, golene e lagune. Si tratta di un territorio da osservare - non per nulla è meta privilegiata degli amanti del birdwatching - che ispira un approccio meditativo e conquista per la sua dimensione di silenzio, nella quale a volte è molto piacevole indugiare. Ma il Delta del Po è anche tutto da vivere, nei modi che sanno accontentare i gusti di ognuno, a partire dalle numerose escursioni che si possono intraprendere, tra uscite in barca e cavalcate, percorsi a piedi e in bicicletta, senza rinunciare al relax che una giornata in spiaggia sa sempre regalare.
Laguna di Scardovari Luca Lanfranchi/Shutterstock.com
Laguna di Scardovari Andrea Padoan/Shutterstock.com
Storie di natura e uomini
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iamo in Polesine, in un territorio che non ha da spendere nomi famosi, ma tante suggestioni. Scardovari e Bonelli sono due piccoli centri dove la storia del territorio si racconta a partire dalle case caratteristiche dei pescatori, che con i loro colori accesi sembrano essere in posa per essere immortalate in uno scatto perenne. In questo angolo di terra e mare si trova in realtà una delle lagune più grandi del Delta, dove si coltivano vongole e cozze e dove scoprire una terra di bonifica e di zone umide, come l’Oasi di
Ca’ Mello, percorsi che sembrano fatti apposta per la bicicletta e per escursioni all’insegna dello “slow”, dove l’andare alla scoperta significa anche fermarsi ogni volta che il paesaggio diventa troppo bello per non essere gustato con calma. Alle porte del Parco Regionale Veneto del Delta del Po, invece, ci aspetta per un’escursione sui suoi sentieri l’Oasi Golena di Panarella, protetta dal WWF e attrezzata per l’osservazione della sua fauna, paradiso per il birdwatching tra giunchi, canne e salici.
Laguna di Rosolina, Rovigo ermess/Shutterstock.com
Goro, Gorino e i labirinti d’acqua
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i può scegliere di andare alla scoperta del Delta partendo da due caratteristiche località di pesca, Goro e Gorino, che si affacciano sulla Sacca di Goro, una laguna salmastra tra le più estese dell’Alto Adriatico, punto di incontro delle acque salate dell’Adriatico e di quelle dolci del Po, habitat naturale di vongole e cozze, per cui questo inedito territorio è conosciuto e apprezzato anche dal punto di vista gastronomico. All’apice della provincia di Ferrara, il nome del paese è legato
Scanno del Faro ROBERT67/Shutterstock.com
anche allo Scannone di Goro, conosciuto anche con il più suggestivo nome di Isola dell’Amore, un lembo di terra che regala nella sua parte estrema un vero gioiello che si erge su una striscia di sabbia che porta il nome di Scanno del Faro: il Faro di Go, alto 22 metri, che si erge tra dedali di acqua e terra. Piccolo tesoro della laguna è la Chiesa di San Basilio, nel comune di Ariano Polesine, incontro dei rami del Po con la campagna, con una bella facciata romanica, per una sosta fuori dal tempo.
Mario Saccomano/Shutterstock.com
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ui la storia la racconta l’acqua, quella salmastra da cui affiorano lembi di terra strappata dalle bonifiche. Comacchio, in provincia di Ferrara, è prima di tutto il paesaggio delle sue valli, tutto da osservare ma anche da vivere andando alla sua scoperta a bordo di motonavi in partenza da Stazione Foce alla volta di canali interni, navigazione aperta e casoni, i tipici edifici di pesca oggi recuperati per ridare il loro aspetto originario. Ma Comacchio
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Comacchio, le saline, l’anguilla
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Comacchio, Tre Ponti StevanZZ/Shutterstock.com
è anche le sue saline, situate alle spalle del Lido degli Estensi, parte particolarmente protetta del Parco Regionale del Delta del Po, da visitare anche a piedi purché con una guida autorizzata. Comacchio, disegnata dall’acqua, base etrusca e poi nell’Alto Medioevo emporio del sale, è da scoprire anche nel Museo Delta Antico e a tavola, assaggiando la tipica anguilla, la cui lavorazione è raccontata nell’antica fabbrica Manifattura dei Marinati.
Casa delle Saline cristian ghisla/Shutterstock.com
Casa di guardia Donnabona, Valli di Comacchio comance64/Shutterstock.com
Milano Marittima nnattalli/Shutterstock.com
Cervia, i mercati e la tradizione
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omacchio concede occasioni anche alla voglia di relax nei suoi Lidi, sette località di mare delimitate dal Parco Regionale Delta del Po dell’Emilia-Romagna, ma non è l’unica località balneare che dal Delta del Po si affaccia sul litorale. Cervia, con la sua frazione Milano Marittima, è celebre per il divertimento e la movida notturna, e forse non tutti sanno che è anche un centro i cui dintorni
possono essere scoperti in modalità slow, ancora meglio se sui pedali. Proprio a Cervia lo shopping può essere quello del mercato del giovedì mattina, dove acquistare i tipici tessuti stampati della tradizione romagnola, e sempre a proposito di mercati c’è quello ittico nel porto canale, oppure a Pila, con la tipica asta del pesce nei pomeriggi dei giorni feriali.
Mercato a Cervia claudio zaccherini/Shutterstock.com
Tramonto sulla Laguna di Goro Gimas/Shutterstock.com
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Val d’Orcia,
paesaggio che diventa arte
Cinzia Meoni
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San quirico D’orcia Shaiith/Shutterstock.com
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olline a perdita d’occhio ricoperte da vigneti, oliveti e castagneti, alternate a campi coltivati e delimitati con geometrica perfezione da cipressi, piccoli borghi medievali, casolari, castelli, abazie e pievi. È questo paesaggio, proprio della Val d’Orcia, che a partire dal Rinascimento è diventato un ideale di equilibrio tra uomo e natura grazie anche alle opere dei pittori della Scuola Senese. Il paesaggio naturale di questa valle, attraversata dal fiume Orcia e dominata sullo sfondo dal Monte Amiata,
è stato infatti “ridisegnato” per rispecchiare gli ideale di buon governo e di armonia nella natura tipici del Rinascimento. Per capirlo al meglio, si possono vedere negli affreschi di Ambrogio Lorenzetti “Allegoria del Buon Governo” (1338-1339), conservati nel Palazzo Pubblico di Siena. L’unione tra paesaggio naturale e opera dell’uomo ha regalato a questo paesaggio un’identità storica unica che è rimasta inalterata nel tempo tanto da essere riconosciuta Patrimonio dell’Unesco.
Krisztian Juhasz/Shutterstock.com
Pienza
Immergersi in un dipinto
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a scoperta della Val D’Orcia parte da Pienza, borgo sorto fra il 1459 e il 1462 per volontà di Papa Pio II di dare forma alla “città ideale”. Qui si passeggia tra vie dedicate all’amore, al bacio e alla fortuna, e ci si affaccia sul paesaggio circostante lasciando correre lo sguardo fino al vulcano spento del Monte Amiata. Basta un momento e diventa impossibile resistere alla tentazione di immergersi in questo caleidoscopio di colori, magari a bordo di una bici, di un motorino d’epoca o perfi-
no a cavallo per godersi il paesaggio lentamente. Si può così scoprire la Quercia delle Checche, un albero con oltre 400 anni di storia, conosciuto anche come albero delle streghe - ha ottenuto persino il riconoscimento di “primo monumento verde d’Italia” -, oppure ci si può fermare ad ammirare la solitaria Cappella della Madonna di Vitaleta sulla strada che collega Pienza a San Quirico d’Orcia, un borgo medievale che da solo vale il viaggio grazie alla sua collegiata del 1200.
Cappella della Madonna di Vitaleta Matteo Pappadopoli/BorghiPic
Pienza Jag_cz/Shutterstock.com
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Chianciano Monticello/Shutterstock.com
Ritmi slow, tramonti e teatro
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iaggiare in Val d’Orcia significa anche vivere momenti di relax nei borghi termali, a iniziare da Chianciano. In questi territori l’acqua, conosciuta fin dall’epoca etrusca, ha concorso a plasmare il paesaggio con cascate, ruscelli e piscine naturali che, con il passare del tempo, hanno creato concrezioni che sembrano uscite dalle pagine da un libro di fiabe gotiche, come la cosiddetta “Balena Bianca”, una roccia calcarea nei pressi di Bagni di San Filippo. Particolarmente suggestivo è il Parco dei Mulini
a Bagno Vignoni, un minuscolo borgo lungo la via Francigena, dominato da un’enorme vasca di pietra dove sgorga l’acqua termale e da cui si alza il vapore acqueo abbrancando poi, in una sorta di incantesimo, l’intero borgo. Una perfetta giornata slow si chiude ammirando il tramonto sulla Val d’Orcia dalle mura di Monticchiello, un borgo fortificato a cinquecento metri di altezza dove, se si ha fortuna, si può prendere parte agli eventi dal “Teatro Povero”, un’istituzione con oltre cinquant’anni di storia.
Monticchiello Simona Bottone/Shutterstock.com
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Radicofani Melinda Nagy/Shutterstock.com
San Quirico d’Orcia VOJTa Herout/Shutterstock.com
Miti antichi e recenti
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eggende, storie e tradizioni in Val d’Orcia si intrecciano al presente e rivivono nei nomi delle vie, nelle leggende, e, talvolta, persino nei menù. Ghino di Tacco, il bandito cantato da Dante Alighieri nella Divina Commedia e da Boccaccio nel Decamerone, è legato a doppio filo al borgo di Radicofani. Il Barbarossa invece ha incontrato a San Quirico d’Orcia i messi papali di Adriano IV. Santa Caterina, patrona d’Italia – dichiarata dottore della Chiesa da papa Paolo VI -, ha ricevuto il dono della scrittura a Rocca di Tentennano, una roccafor-
te strategica nei pressi di Castiglione d’Orcia che, tra l’altro, fu il primo comune a promulgare, 800 anni fa, una carta costituzionale grazie al conte Tignoso da Tentennano. A ricordo del passaggio di Carlo Magno da Montalcino, infine fu costruita l’abazia romanica di Sant’Antimo. Tra i miti più recenti non si può dimenticare Massimo Decimo Meridio nel celebre Il Gladiatore (interpretato da Russel Crowe). Ridley Scott e, in precedenza, Franco Zeffirelli e Bruno Bertolucci, hanno scelto queste colline per girare i loro capolavori.
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Paesaggio sensoriale
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l paesaggio della Val d’Orcia stimola tutti e cinque sensi grazie a tradizioni secolari che hanno trasformato i prodotti del territorio in eccellenze internazionali come il cacio pecorino di Pienza, prodotto con latte di pecora pastorizzato e stagionato in barrique di rovere per almeno novanta giorni; i pici, un tipico formato di pasta magari conditi con l’aglione; l’olio extra-vergine di oliva di Castiglione d’Orcia e i salumi di Cinta Senese, razza allevata da secoli proprio in Val d’Orcia. Ma
sono i vini rossi ad aver portato la Val d’Orcia nel mondo con il Brunello di Montalcino DOCG, prodotto da uve di Sangiovese in purezza e invecchiato in botte di rovere per almeno tre anni e il Nobile di Montepulciano DOCG, vinificato da uve di Prugnolo Gentile e invecchiato in botti di rovere. I borghi del “DOC Orcia” hanno costituito una strada del vino che porta turisti e appassionati in un paesaggio tutto da bere che si snoda tra le colline della campagna senese.
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Carola Traverso Saibante
Quando l’emozione di un paesaggio ti entra nella pancia
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L’emozione di un paesaggio
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tutto bello, il nostro Paese, ma ci sono dei paesaggi… che ti entrano negli occhi e non te li dimentichi più. Che ti entrano nella pancia, e ne vuoi ancora. Territori dai colori indelebili così come i loro sapori, che spesso si offrono anche in forma di specialità alimentari uniche. Che dire, per esempio, delle spettacolari Rocce Rosse di Arbatax, in Sardegna? Granito color fuoco contro un mare turchino, dove assaporare le specialità dell’Ogliastra tra cui i golosissimi Culurgiones, pasta
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ripiena che si presenta a forma di gravida spiga e nasconde nel ventre patate, pecorino e menta. Ci sono poi scorci meno noti, come la Laguna di Marano, intorno all’omonimo incantevole borgo. Paesaggio di cigni e quiete d’altri tempi, a due passi - o meglio due remate - dall’antitetica Lignano Sabbiadoro, dove tra i casoni di canne e legno dei pescatori si alleva il pesce di valle, organizzazione produttiva tradizionale del sistema lagunare che permette di aver pesce tutto l’anno.
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L’emozione di un paesaggio
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Serpi e fenicotteri, dolce e salato N
el borgo-balcone delle Marche, Cingoli, dove batte il sole anche quando nel resto della regione è già tramontato e dove la vista spazia su un paesaggio infinito, dall’Adriatico al Monte Conero, tra le mura castellane spunta una serpe. È la Serpe di Cingoli, dolce a “denominazione comunale” tradizionalmente associato alle festività natalizie, prodotto con genuini ingredienti locali e il cui ripieno è fatto d’albume d’uovo, mandorle, cacao in polvere, limone e zucchero.
Risaliamo l’Adriatico; arriviamo a Cervia, in Emilia-Romagna. Stop, e il mondo si tinge di rosa: rosa come il suo sale “dolce” e rosa come i fenicotteri che popolano - insieme ad altri uccelli protetti quali i cavalieri d’Italia - questa Riserva Naturale dello Stato è considerata Zona Umida di Importanza Internazionale. Un paesaggio dentro un paesaggio: le saline si trovano infatti all’interno del Parco del Delta del Po. Integrale, raccolto a mano, questo sale è privo dei cloruri più amari.
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L’emozione di un paesaggio
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Nero come la lava o come una pecora A
ltro Parco, quello dell’Etna. Irresistibile: la presenza del vulcano si percepisce non solo con gli occhi; i paesi etnei sono accomunati dalle delizie architettoniche in nera pietra lavica e da quelle culinarie fatte di prodotti locali. Quasi ogni borgo vanta la sua tipicità: dagli illustri pistacchi di Bronte (Presidio Slow Food) ai noccioli e ai vigneti di Sant’Alfio; dalle salsicce di Linguaglossa - lavorate sul ceppo di quercia e profumate con semi di finocchietto selvatico - all’abbondanza della frutta: le fragole
di Maletto, il ficodindia DOP, il ciliegio IGP e la pesca tabacchiera, altro Presidio. Senza contare che sull’Etna crescono anche i manghi! Dalla Sicilia di nuovo alla Sardegna, dal vulcano alle dune: quelle sabbiose di Piscinas, paesaggio “curvy” dalla bellezza mozzafiato. Siamo qui nel comune di Arbus, dove la Pecora Nera è la regola, non l’eccezione! Razza autoctona, i formaggi fatti con il suo latte sono appena stati riconosciuti - marzo 2019 - Prodotto Agroalimentare Tradizionale.
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L’emozione di un paesaggio
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L’emozione di un paesaggio
Grassi marmi e palloni filanti E
dal nero passiamo al bianco. “Bianco come il marmo”: e quale, se non quello di Carrara? Un mosaico creato dall’uomo, quello delle cave, all’interno di un paesaggio naturale imperiale: le Alpi Apuane. Sulle loro pendici, il borgo di Colonnata, famoso per la durissima pietra e il morbidissimo salume IGP: il lardo di suino, stagionato nelle conche di marmo strofinate con l’aglio e aromatizzato con pepe, coriandolo, salvia, rosmarino, cannella e chiodi di garofano. Da mangiare su un crostino
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caldo, magari arricchito con un’acciuga dei vicini mari liguri. Torniamo al sud: il Parco Nazionale dell’Alta Murgia, Puglia, aspirante Distretto Biologico. Alta densità di prodotti tipici: tra steppe e orme di dinosauri, scegliamo il Pallone di Gravina, formaggio a pasta cruda fi-
lata dalla forma tondeggiante, simile al caciocavallo. Stagionato in cantine naturali o grotte di tufo nel Comune che prende il nome dalle gravine, profonde spaccature della crosta terrestre, simili a canyon. E parlare di “croste”, in questa sede, mette l’acquolina!
L’emozione di un paesaggio
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L’emozione di un paesaggio Gravina Vadym Lavra/Shutterstock.com
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L’emozione di un paesaggio
Le vie del sale,
paesaggi tra terra e mare
Cinzia Meoni
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V
ento, sole, acqua. La produzione del sale, l’oro bianco del Mediterraneo, è semplice in apparenza, ma racchiude millenni di storia e tecniche che hanno portato al diffondersi su tutto il territorio nazionale di paesaggi sospesi tra terra, mare e borghi circostanti. Sono paesaggi dominati dalle vasche di raccolta dell’acqua di mare, costruiti attorno a dedali di canali e chiuse, quasi una scacchiera dove le caselle sono le saline, ciascuna con una propria funzione nel processo di produzione. Una scacchie-
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ra dove l’uomo e la natura giocano una partita infinita che ha consentito all’ingegno umano di trasformare un paesaggio naturale in uno funzionale, dedito alla produzione del sale. Un unicum di paesaggi che uniscono in una sottile linea bianca il nord - dove un tempo la via del sale era il Po - al sud d’Italia: sovente sono riserve e oasi naturalistiche, riassumono in sé il valore culturale e la storia dell’intero territorio a cui appartengono e sono, quindi, da preservare. E conoscere.
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Sicilia, fenicotteri rosa e piramidi di sale
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a via del sale, che in una trentina di chilometri collega Trapani a Marsala, è un tripudio di colori ed è immersa in un paesaggio quasi ipnotico: mulini a vento, piramidi di sale che si specchiano nelle vasche, fenicotteri rosa e il blu intenso del Mediterraneo sullo sfondo. E in mezzo la Riserva Naturale Saline di Trapani e Paceco, un paesaggio abitato da 170 specie differenti di uccelli, con le saline di Nubia proprio davanti al Museo del Sale e il paesaggio onirico della riserva della laguna dello Stagnone di
Marsala, racchiusa tra la costa siciliana e quattro isole. Un paesaggio candidato a diventare patrimonio dell’Unesco, dove l’intervento dell’uomo ha valorizzato il territorio all’insegna di una produzione alimentare ecosostenibile. Un territorio da scoprire con passeggiate tra gli argini, visite al Mulino d’Infersa, bagni di sale all’Isola Lunga o, stivali ai piedi, sperimentando la raccolta del sale. Dall’altra parte dell’isola, nei pressi di Siracusa, è imperdibile la Riserva Naturale Orientata Saline di Priolo.
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Cervia, lucente di oro bianco
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on i suoi 827 ettari di bacini e argini (pari a 1200 campi da calcio), Cervia è la “destinazione dell’oro bianco” per eccellenza. Le saline di questa località sospesa tra la terra e il Mar Adriatico - nonché porta di accesso al Parco del Delta del Po - sono le più a nord della Penisola, grazie alla presenza di numerose specie botaniche e di uccelli (compresi i cavalieri d’Italia, simbolo del territorio), e costituiscono una zona umida di rilevanza internazionale. Dal centro del borgo si raggiunge facilmente la salina Camil-
lone, l’unico bacino ancora gestito secondo il metodo artigianale, dove si produce un sale che ha ottenuto il riconoscimento di presidio Slow Food. Qui da giugno a settembre si ripete, ogni anno, il rito della raccolta che trasforma questo paesaggio in un museo a cielo aperto. Per conoscere tutti i segreti del sale si può poi esplorare il museo all’interno del Magazzino del Sale che testimonia la trasformazione del paesaggio e le tradizioni intrecciate a questo prodotto, legato a doppio filo con il borgo.
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Terme e tramonti a Santa Margherita di Savoia
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l momento migliore per ammirare il paesaggio di Santa Margherita di Savoia, nel foggiano, è il tramonto, quando l’esplosione di colori del cielo si riflette sul “domino” di vasche e bacini estesi per 4500 ettari e, contemporaneamente, fenicotteri rosa, germani, aironi e le altre specie di uccelli che popolano le saline si alzano in volo. In epoca romana, come racconta Plinio il Vecchio, il sale veniva raccolto in questo territorio senza alcun intervento dell’uomo: l’acqua del mare entrava nelle zone
basse del Lago di Salpi durante l’alta marea per poi evaporare, lasciando in dono il sale. Nel corso dei secoli l’opera dell’uomo ha profondamente trasformato il paesaggio, grazie alla costruzione di vasche e canali che hanno permesso a Santa Margherita di Savoia di diventare le più grandi saline marine in Europa. Oltre ai percorsi naturalistici nella riserva, nel borgo pugliese ci si rilassa su lunghe spiagge bianche e alle terme, che utilizzano proprio le acque delle saline per i trattamenti proposti.
Sardegna, saline e archeologia
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n Sardegna bisogna recarsi innanzitutto alla Spiaggia delle Saline: qui la torre aragonese ricorda i tempi antichi di quando lì accanto si raccoglieva il sale. E nel Sulcis Iglesiente sta per nascere la prima “Via del sale della Sardegna”, un nuovo itinerario per gli appassionati delle passeggiate in mezzo alla natura e della bicicletta. La “Via del sale” si svilupperà attorno alle saline di Sant’Antioco, che si estendono su una fascia costiera lunga circa 20 chilometri, e consisterà in percorsi di trekking
Sant’Antioco Sant’Antioco pointbreak/Shutterstock.com pointbreak/Shutterstock.com
e di piste ciclabili. Alle Saline Conti Vecchi, nella laguna di Santa Gilla e in provincia di Cagliari, invece, è da vivere il percorso che si snoda tra vasche naturali, montagne di sale, falchi pescatori e fenicotteri rosa. Qui si produce sale dagli anni ‘20 e dal 2017 l’area è affidata al Fai che ha concorso alla ristrutturazione degli edifici storici e al riallestimento degli spazi, consentendo al visitatore un tuffo nel passato da visitare in bicicletta o anche con il trenino elettrico che attraversa l’oasi.
Saline a Sant’Antioco Elisa Locci/Shutterstock.com
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Grazia Gioè
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Calabria, i paesaggi della contemplazione
Aspromonte Wild
Piminoro in Aspromonte Aspromonte Wild
«
...Dio che terra! Che terra di meraviglie! Che refrigerio ti dona all’animo!». Questa famosa frase dello scrittore russo Nikolai Vasilievich Gogol descrive perfettamente anche il sentiment che la Calabria e i suoi paesaggi scatenano agli occhi di ogni visitatore. Esattamente come è accaduto al noto regista tedesco Wim Wenders il quale, completamente
persosi nella bellezza dei paesaggi calabresi, li ha voluti definire come “i paesaggi della contemplazione”. La Calabria, infatti, con i suoi tanti e millenari contrasti, è con certezza una “narrazione” straordinaria d’arte, natura, genti, borghi e tradizioni. Un invito esclusivo alla contemplazione: la Calabria è uno stato d’animo.
Vallone della Madonna Aspromonte Wild
Aspromonte Wild
Uno scrigno di paesaggi e borghi
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n Calabria, paesaggi e borghi millenari ancora oggi intatti sono sempre pronti a diventare delle esclusive “scenografie e location” anche per l’industria cinematografica che, da sempre, è stata un valido strumento di promozione turistica per la regione in quanto i suoi paesaggi, i borghi e le città sono di un fascino struggente dislocato ovunque. Immersi nel verde dei suoi boschi tra bellezze, rovine e misteri; sulle coste, con torri e
tonnare; nelle piane, punteggiate da cedri, ulivi, agrumi e bergamotti; o nell’interno, fra chiese, conventi, abbazie, trappeti e fiumare; tutti emergono in maniera prepotente, urlando al mondo la loro presenza. Gli esempi che seguono, pertanto, bene interpretano ciò che «Davanti al paesaggio (calabrese) gli occhi dell’anima colgono, che gli occhi non possono invece cogliere» (con l’aiuto di Charles Baudelaire).
Borgo Fantasma di Roghudi nella Vallata dell’Amendolea Aspromonte Wild
Aspromonte Aspromonte Wild
Certosa Di San Bruno Grazia Gioè
Grazia Gioè
I paesaggi dell’anima
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ià dagli anni ‘30, sullo sfondo di un paesaggio smeraldo e incastonato nel misticismo della Certosa, il borgo di Serra San Bruno - Vibo Valentia - e il paesaggio e i borghi della Sila sono i protagonisti assoluti della macchina da presa. Ma l’aspra bellezza del paesaggio calabrese, con i suoi laghi e boschi, è anche lo sfondo di importanti film dell’epoca quali il Lupo della Sila e Il patto col diavolo, nei quali, indelebilmente, s’immortalano antichi paesaggi agrari della sua montagna:
Pentedattilo Aspromonte Wild
dalla Sila all’Aspromonte, confermando ancora la Calabria, come la terra dei paesaggi dell’anima. Nell’Area Grecanica, poi, tra i borghi di Pentedattilo, Chorio e Condofuri, nel film Terra senza tempo, fra i paesaggi d’ulivo e gelsomino, possiamo invece ammirare le eleganti movenze delle raccoglitrici calabresi, mentre il borgo di San Luca (Reggio Calabria) - uno dei pochi borghi italiani certificati come “Paesaggio d’Autore” - detiene appieno la scena nel film Terra d’Alvaro.
Bova Grazia Gioè
Paesaggi e borghi esistenziali
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nche celebri registi come Monicelli e Pasolini scelsero, per alcuni loro famosi film, i paesaggi esclusivi della Calabria. L’armata Brancaleone e Il Vangelo secondo Matteo, per esempio, sono stati girati rispettivamente a Le Castella e a Cutro (Crotone). La solennità di quest’ultima, peraltro, fu descritta dallo stesso Pasolini come un luogo «…Dove le colline sembrano dune immaginate da Kafka e il tramonto le vela di un rosa sangue». Anche altre e più recenti produzio-
Costa Tirrenica Aspromonte Wild
ni audiovisive, come il film Arbëria, fra i borghi del territorio arbëresche di Oriolo, Mormanno, Spezzano Albanese, San Giorgio Albanese e San Demetrio Corone (Cosenza) e Il povero Cristo di Vinicio Capossela, ambientato nel famoso borgo di Riace (Reggio Calabria), assurgono il paesaggio calabrese al ruolo di paesaggio esistenziale, che può emergere solo in una terra come la Calabria, nell’unico fil rouge della contemplazione paesaggistica.
Parco Museo, MUSABA a Mammola Grazia Gioè
Lo stretto al tramonto Aspromonte Wild
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Recanati gab90/Shutterstock.com
I “borghi dell’Infinito” Cinzia Meoni
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olci colline punteggiate da minuscoli borghi affacciati sul Monte Conero. È questo il territorio che ha dato i natali a Giacomo Leopardi e dove il paesaggio è fonte di ispirazione continua per gli artisti di oggi e di ieri e per i visitatori che desiderano dedicare almeno un weekend lungo alla scoperta dei suoi gioielli. Recanati, Osimo, Castelfidardo, Loreto, Montelupone ma anche Polverigi, Agugliano e Santa Maria Nuova sono tra le destinazioni più note tra i cosiddetti “borghi dell’Infinito”, la poesia leopardiana di cui quest’anno ricor-
re il bicentenario e da cui questo territorio ha preso il nome. Borghi antichi come Osimo (il cui Battistero custodisce opere di Antonio Sarti) e dove è impossibile annoiarsi: tra itinerari nel verde, percorsi artistici, musicali (Castelfidardo è la patria della fisarmonica), itinerari enogastronomici e pellegrinaggi religiosi. Corinaldo, infatti, è il borgo natale di santa Maria Goretti mentre a Loreto, dove ha sede il maggiore santuario mariano, la tradizione vuole che sia stata trasportata dagli angeli la casa di Maria.
Parco del Conero Eddy Galeotti/Shutterstock.com
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Chiesa di San Biagio a Montepulciano Angyalosi Beata/Shutterstock.com
Camerano Claudio Testa/Shutterstock.com
Azzurro, verde e rosso
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n itinerario ideale alla scoperta di questo paesaggio parte dall’oasi naturalistica del Conero con i suoi scorci su un mare cristallino, le sue vie del vino e i borghi storici. Magari da Sirolo, borgo premiato con la Bandiera Blu per la sua spiaggia dei Sassi Neri e da cui si gode una vista spettacolare sul Monte Conero. Verso l’entroterra, Camerano è una tappa d’obbligo per le sue cantine: questo borgo antico, infatti, è la patria del Rosso Conero, un DOC con una storia lunga
ormai 52 anni che tuttavia affonda le sue origini all’epoca dei monasteri benedettini. Tra i suoi estimatori, peraltro, vi era lo stesso Giacomo Leopardi. La zona di produzione di questo vino, dal colore rosso rubino prodotto da vitigni Montepulciano - in misura non inferiore all’85% - e con aggiunta di Sangiovese, si estende per tutti i colli dell’Infinito, da Ancona fino a Offagna, borgo dominato da una rocca nonché scenario di una delle feste medievali più importanti della regione.
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Recanati: poesia, musica e arte
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oesia, musica, arte e natura si intrecciano a Recanati, il “natio borgo selvaggio” di Leopardi e anche il borgo di provenienza di Beniamino Gigli, leggendario tenore a cui è dedicato il Civico Museo Beniamino Gigli, ospitato nella Sala dei Trenta del Teatro Persiani. Visitare Recanati significa prima di tutto respirare Leopardi e immergersi nella sua lirica spesso ispirata proprio dal borgo del maceratese immerso fra le colline marchigiane. Da non per-
dere il Palazzo Leopardi affacciato sulla piazzetta dedicata a “Il sabato del villaggio “, ma anche la Torre del borgo del XII detta anche del “Passero Solitario” e ovviamente, il Colle dell’Infinito. A Recanati merita una visita anche il Museo dell’Emigrazione Marchigiana, un museo interattivo ospitato a Villa Colloredo Mels che racconta la storia della regione e di quei suoi abitanti che hanno preferito - o dovuto scegliere - cercare fortuna altrove.
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Recanati Claudio Stocco/Shutterstock.com
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COPR
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Entroterra marchigiano, avventura e misteri
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istero, avventura e simbologia esoterica caratterizzano il sottosuolo dei borghi dell’“Infinito”. A Osimo e a Camerano già nell’antichità si scavava nell’arenaria per costruire camminamenti difensivi, passaggi segreti utili, in caso di assedio, a rifornirsi di acqua e materie prime, o ancora luoghi di culto segreti che, in ultimo, hanno dato vita a città sotterranee scavate nell’arena. Ancora oggi è possibile andare alla scoperta di questo mondo ammantato di mistero dove la storia si unisce alla leggen-
da. Nel borgo di Camerano si può praticamente esplorare un’intera città del sottosuolo. A Osimo le Grotte del Cantinone si snodano al di sotto del mercato coperto e del Santuario di San Giuseppe da Copertino e sono aperte tutto l’anno. Su prenotazione si possono invece seguire tre percorsi costellati da simboli esoterici: le Grotte Simonetti; le Grotte Riccioni, dove è presente una sala dalla forma a stella, e le Grotte di Piazza Dante, a cui si accede scendendo nelle vecchie cantine del Palazzo Fregonara-Gallo.
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Esplorazione slow
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l paesaggio dei “borghi dell’Infinito” si gode ancora se si percorrono a ritmo lento le strade dell’entroterra. Magari in bicicletta, anche elettrica, o con i bastoncini del nordic walking o a cavallo, prendendosi tutto il tempo necessario per assaporare pienamente i colori e i profumi dello scenario rurale circostante. Tra i luoghi che maggiormente invitano a “rallentare” vi è la valle del fiume Musone dove, tra l’altro, si possono osservare diverse specie di uccelli, dagli aironi bianchi e cenerini alle cicogne di fiume. Per i più sportivi,
invece, è possibile percorrere in bicicletta - prevalentemente su percorsi rurali - un’ottantina di chilometri anche per fotografare i borghi più iconici del territorio in un emozionante saliscendi della campagna marchigiana. Si parte da Camerano, si prosegue per la strada costiera verso Sirolo e Numana per poi toccare Loreto, rilassarsi al Colle dell’Infinito di Recanati e finire in un tripudio di fisarmoniche (quanto meno virtuale) a Castelfidardo, portando negli occhi tutti i colori di questi paesaggi.
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Sirolo
Francia del tra natura e umanitĂ
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Oltreconfine: Francia
Nicoletta Toffano
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sud,
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Oltreconfine: Francia
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rancia della cultura, della gastronomia e dei grandi vini: una certezza per chi viaggia in cerca di storia e di gusto conditi da quello charme tutto nazionale. Meno nota invece è la Francia dei paesaggi in cui la natura ha scolpito forme e scenari forti, ma anche quella, non meno bella, dei paesaggi forgiati dall’uomo. A caccia di borghi incastonati in questi panorami imprevedibili, si può compiere, nel sud del Paese, un percorso che parte dalle gole del fiume Verdon, in Alta Provenza, e arriva a Gruissan in Occitania. Il Verdon forma il canyon più impressionante d’Europa, este-
so per 25 chilometri con pareti a strapiombo alte fino a 1500 metri, immerse in una natura rigogliosa. Il tratto più interessante si trova tra Pont du Galates e Castellane, borgo medievale raggiungibile attraversando il Pont du Roc, di origine romana, unico punto di passaggio per secoli. La sosta d’obbligo per pranzo qui è il Restaurant de l’hôtel du Grand Levant, locale storico di cucina provenzale con un bel dehor affacciato sulla piazza principale. Domina il paese un massiccio, alto 200 metri, sulla cui sommità sorge la Cappella di Notre Dame du Roc.
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Valensole, l’altopiano della lavanda
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tretto tra il corso del Verdon e quello del Durance, l’assolato Plateau de Valensole è il regno della lavanda, che da maggio ad agosto inonda di colori e aromi tutto l’altopiano punteggiato di distillerie, ecomusei, botteghe di artigiani, ma anche da villages de caracteré. Uno di questi è Valensole, la cui fama è legata al miele di lavanda, che gli è valso l’ingresso di diritto nell’associazione delle 100 città del gusto. Per conoscere tutto sulla pianta aromatica il posto giusto è l’azienda Angelvin che organizza visite guidate della tenuta, dei
grandi alambicchi in rame in piena attività e del piccolo museo agricolo. A pochi chilometri un’antica leggenda accompagna la visita al villaggio di Moustiers-Sainte-Marie. Si narra che il cavaliere di Blacas, per ringraziare la Vergine di essere tornato salvo dalle crociate, fece issare una stella appesa fra le due pareti di roccia che racchiudono l’abitato. E ancora oggi la stella veglia sul borgo, celebre inoltre per le maioliche, prodotte fin dal XVII secolo, sulle quali naturalmente trionfano i decori blu della lavanda.
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Il giardino planetario di Domaine du Rayol
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l percorso punta verso il mare e precisamente a Rayol Canadel sur Mer, minuscolo borgo, indifferente alla mondanità della vicina Saint-Tropez: una manciata di case affacciate sull’acqua turchese, nascoste dalla fitta vegetazione. Per trovare il nostro panorama bisogna però proseguire e arrivare al Jardin des Méditerranées, progettato dal paesaggista Gilles Clément in linea con il suo principio di giardino globale. È un orto botanico di sette etta-
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ri a picco sul mare, che rappresenta un’esaltazione della biodiversità e comprende un mosaico di ambienti caratteristici di tutte le aree del Mediterraneo, una sorta di “indice planetario” di regioni del mondo biologicamente simili ma remote. Su una terrazza, nel cuore del giardino, lo chef Frédéric Dhaussy offre nel suo ristorante una selezione di piatti creativi: una sorta di viaggio tra le contaminazioni culturali delle diverse cucine mediterranee.
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Una tavolozza chiamata Camargue
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na mescolanza di terra e specchi d’acqua in continuo movimento a seconda delle bizze del Rodano, fenicotteri rosa, cavalli, canneti e tamerici: è questo il paesaggio della Camargue. E per poterlo ammirare nella sua interezza basta salire a Les Baux de Provence, borgo arroccato su uno sperone roccioso, scrigno di tesori architettonici, come lo Château de Baux, testimonianza unica nella storia medievale, la chiesa di Saint-Vincent, con tratti architettonici romanici e rinascimentali, e poi gallerie a musei. Tra questi Les Carrières de Lumières è
uno spazio espositivo ricavato da una cava di bauxite, che ogni anno dedica una mostra a un grande della pittura, ora è in scena il genio di van Gogh: 7.000 metri quadri di parete rocciosa alta 14 metri fanno da sfondo a scenografiche istallazioni multimediali. Non è distante Saintes-Maries-de-la-Mer, una cittadina dove si concentrano storie, leggende e capolavori sacri e profani, meta dei pellegrinaggi di gitani in venerazione a Santa Sara. Immancabile alla sera perdersi nelle sue viuzze tra infiniti localini che propongono ottima cucina e musica gipsy.
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L’oro bianco dell’Occitania
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igues-Mortes è una vera città-museo, esempio irripetibile per il suo stato di conservazione di borgo fortificato del XIII secolo nel quale spicca la Tour de Costance, ai tempi temutissima prigione per migliaia di ugonotti che, con i suoi 52 metri di altezza, caratterizza tuttora la silhouette della città. Da qui si abbraccia anche il panorama della più grande salina del Mediterraneo: 9.000 ettari di montagne di sale di un bianco abbagliante visitabili in trenino o in 4x4. Si punta di nuovo a sud in un
percorso che si snoda tra acque dolci e salate per giungere a Gruissan, un borgo di forma circolare dove si arrotolano piccole stradine, dominato dalla medievale torre Barberousse. Da visitare i due porti turistici e la località di Gruissan-Plage, con le belle spiagge di sabbia fine e il quartiere molto pittoresco, costituito da 1300 case su palafitte. Alcune sono proprietà di pescatori, vere e proprie terrazze sul mare dove gustare ostriche freschissime accompagnate dal vino bianco locale.
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Oltreconfine: Francia
Paul Klee, Ritratto di Frau P. nel Sud (Bildnis der Frau P. im Süden), 1924. Collezione Peggy Guggenheim, Venezia
ispirazióne [sostantivo femminile] Stato di entusiasmo, di eccitazione fantastica che spinge ad agire l’artista secondo estro creativo e potenza immaginativa.
Immergiti nell’atmosfera della Collezione Peggy Guggenheim. Scopri l’energia e la bellezza delle avanguardie con Pablo Picasso, Salvador Dalí, René Magritte, Giorgio de Chirico, Alberto Giacometti, Jackson Pollock e molti altri che hanno fatto la storia dell’arte del ’900.
Dorsoduro 701, Venezia guggenheim-venice.it
Nicoletta Toffano
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Per informazioni su questa rubrica: Assoarte Promozione AttivitĂ Artistiche Maurizio Bevilacqua direzione@assoadriatica.it facebook.com/assoarte.promozioneattivitaartistiche/
Armando Orfeo Il canto delle sirene
#arteborghi
Paesaggi dentro
#arteborghi Paesaggi dentro
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paesaggi del mondo che ci circonda esistono o sono soltanto un’illusione? La percezione che si ha di essi è comune a tutta l’umanità oppure ogni individuo ne percepisce forme colori, elementi, presenze in modo soggettivo? Quattro autori, ossia quattro differenti universi, raffigurano sensazioni che oltrepassano i paesaggi reali e sconfinano in tutti gli aspetti dell’esistenza. Iniziamo così il nostro percorso tra realtà e idea attraversando paesaggi di cieli tersi, città ideali, architetture rigorose: sono queste le impeccabili prospettive dell’u-
niverso di Armando Orfeo (Marina di Grosseto 1964). Lettere, libri, strumenti musicali, televisori da sintonizzare, aeroplani di carta fluttuanti in aria senza vento: sono le rappresentazioni utopistiche che sorprendono il nostro occhio, impreparato alla perfezione, e spingono la nostra mente a salire a bordo di un sema nel quale trovare, secondo l’autore, «piccole navi in guerra contro ogni forma di pensiero unico o semplici scialuppe di salvataggio dalle quotidiane banalità», annullando così le restrizioni della quotidianità.
Armando Orfeo Affondo
Armando Orfeo Paesaggi Armonici
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Armando Orfeo L’armonia del soprasotto
#arteborghi Paesaggi dentro
Armando Orfeo Il miraggio
Armando Orfeo Life is random
#arteborghi Paesaggi dentro
Armando Orfeo Wonderful world
#arteborghi Paesaggi dentro
Alberto Gallerati Dov’io t’aspetto
La verità di ognuno
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ell’universo di Alberto Gallerati (Piacenza 1945) la trasformazione narrativa del ricordo sublima la realtà in una rappresentazione al di fuori di ogni contesto temporale. L’autore ci accompagna in paesaggi ovattati, che rappresentano le verità dei personaggi che li abitano, personaggi con espressioni a volte assenti, imbambolate, spesso impegnati in scene della vita quotidiana, riproposta con spirito critico in situazioni apparentemente banali. Gallerati comunica con toni caldi, pennellate fluenti, sottili, con netta
definizione dei contorni degli oggetti e delle figure. I suoi paesaggi sono ritratti fantastici di luoghi, genti, mode e conformismi di vita quotidiana presi dalla memoria, pervasi da una positiva ingenuità e dal sottile desiderio di analizzarne l’essenza. Le opere risultano così permeate da un’ironia profonda e da contrapposizioni fantasiose che conducono l’osservatore a entrare nel mondo onirico dell’autore in cui abbandonarsi a un frangente ludico, ma inquietante nel tentare la fuga dal proprio destino.
Alberto Gallerati Campagna
Alberto Gallerati CittĂ mattutina
#arteborghi Paesaggi dentro
#arteborghi Paesaggi dentro
Alberto Gallerati Se vi andrò sarà in Rolls
Alberto Gallerati Castello oltre il muro
#arteborghi Paesaggi dentro
Alberto Gallerati Per soli uomini
#arteborghi Paesaggi dentro Miljenko Bengez Luce del nord
Città fantastiche
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aesaggi come racconti svolti tra sogno, fantasia e realtà. È questo l’universo fiabesco di Miljenko Bengez (Zagabria 1954), singolare paesaggista che dipinge luci, architetture, suoni, rumori, colori in netto contrasto con le smisurate quanto grigie città moderne: una visione viva e positiva di «ambienti urbani, oasi di pace con spazi di vita armonici e gradevoli». Le sue città vengono raffigurate come entità luminose, comples-
#arteborghi Paesaggi dentro
Miljenko Bengez Ostro
se, in cui possiamo facilmente riconoscere scorci di case e campanili, quartieri, chiese, piazzette, angoli di cielo e di mare, alberi variegati. È un mondo trasformato in accese cromie, tagli di luce e incastri geometrici architettonici che rendono articolata e affascinante la struttura compositiva dei suoi dipinti. Immagini di una terra di origine, la sua Croazia, in cui la città è vista e vissuta come il luogo dell’uomo dove abitare, vivere, sentire.
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Miljenko Bengez Paesaggio invernale
Miljenko Bengez Vento
Miljenko Bengez Mistery point
#arteborghi Paesaggi dentro
Miljenko Bengez Viadotto
#arteborghi Paesaggi dentro Franco Marzilli Ballerine sul lungo Tevere
Franco Marzilli Ponte romano
Paesaggi nella materia
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estenuante ricerca della bellezza rappresentativa ci conduce nell’universo di Franco Marzilli (Roma 1934 - Poggio Mirteto 2010). Il suo apparente agio fra paesaggio, natura morta e figura nascondono di contro un’eterna insoddisfazione nell’inseguimento della perfezione. Raffinatissimo il suo linguaggio pittorico “naturalista-astratto” tipicamente italiano: architetture rivelate da colori morbidi e ricercati, rapidi cambi cromatici, colpi di pennello veloci. Una
luce bianca illumina contorni poco definiti, si riflette, crea rimandi di colori e di luminosità generale alla ricerca di una rappresentazione viva, calda e sensuale. Paesaggi deserti e paesaggi romani dove ballerine che irrompono nella scena sono temi che accompagnano due decenni della produzione pittorica del Maestro. Un percorso emozionale in cui ci si meraviglia per l’affetto provato verso i soggetti dipinti, ritratti con felicità sensoriale, con piacere visivo e con amore.
#arteborghi Paesaggi dentro
Franco Marzilli Ballerina a Venezia
#arteborghi Paesaggi dentro
Franco Marzilli Paesaggio Franco Marzilli Ballerine a piazza Navona
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Franco Marzilli Lungo Tevere
Franco Marzilli Paesaggio
#arteborghi Paesaggi dentro
Antonella Andretta
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E Z N A VAC
o t s o P i Fuor
Luoghi chiusi per menti aperte
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li spazi aperti non fanno per voi o siete semplicemente stanchi di panorami “mozzafiato”? L’alternativa per “passare qualche ora al chiuso” può essere quella di visitare un museo, magari uno di quelli etnografici e del folklore che, oltre a essere interessanti e insoliti, spesso si trovano proprio in borghi e cittadine, motivo in più per parlarne in queste pagine.
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e vi trovate in Liguria nella Riviera di Ponente, non perdete uno dei più curiosi, il Museo Etnografico e della Stregoneria di Triora (Imperia) dove sono esposti documenti e inquietanti ricostruzioni di scene di vita vissuta, compresi processi e riti inquisitori avvenuti proprio tra le antiche mura del borgo. Leggenda vuole infatti che questo piccolo villaggio medievale, ora apprezzata destinazione turistica, fosse luogo di ritrovo di diavoli e fattucchiere che si davano appuntamento in un casolare chiamato Cabotina, tuttora esistente e
VACANZE FUORI POSTO
Luoghi chiusi per menti aperte
Museo Etnografico e della Stregoneria di Triora Paolo Trovo/Shutterstock.com
visitabile (perfetto a Halloween!). Attraversiamo ora l’Italia da ovest a est per approdare sull’Altopiano di Asiago, a Cesuna, una frazione di 600 abitanti di Roana (Vicenza), sull’Altopiano di Asiago: qui si trova l’incredibile Museo dei Cuchi, una collezione privata di oltre 12mila fischietti di terracotta, provenienti da tutto il mondo, alcuni dei quali sono dei piccoli capolavori di artigianato. I cuchi, il cui fischio imita il verso del cuculo, erano utilizzati un tempo come pegno d’amore e si possono acquistare durante un’antica sagra dedicata a San
Roana canbedone/Shutterstock.com
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Fortezza di Soragna Mi.Ti./Shutterstock.com
Marco, che si tiene ogni anno a Canove di Roana in aprile. Dal Veneto all’Emilia dove, tra i numerosi musei dedicati al cibo, abbiamo scelto il Museo della pasta di Collecchio (Parma) situato, insieme al Museo del Pomodoro, all’interno della Corte di Giarola, un imponente complesso di edifici di origine medievale che ospita, tra l’altro, la sede del Parco del Taro e un ristorante dove assaggiare salumi, torta fritta e tortelli d’ortica e d’oca o testaroli al tartufo. Il museo racconta la storia della pasta attraverso i secoli. Quello del pomodoro, invece, si sofferma dapprima sulle origini dell’or-
Chiesa Madre a Calimera Mi.Ti./Shutterstock.com
taggio (giunto in Europa dall’America nel ‘500) e quindi sulla sua diffusione nella cultura e nell’industria alimentare. Tutta la Food Valley in realtà, la zona cioè di Parma e provincia, è ricca di musei dedicati ai prodotti enogastronomici locali: tra gli altri, il Museo del Parmigiano Reggiano a Soragna, il Museo del Culatello di Zibello a Polesine Parmense e il Museo del Vino a Sala Braganza. Ed eccoci con un balzo in Puglia per visitare la Casa Museo della Civiltà Contadina e della Cultura Grika, che si trova a Calimera (Lecce), uno dei comuni del Salento dove ancora si parla un antico dialet-
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to di origine greca, rimasto nei secoli a testimonianza delle antiche colonie elleniche. Il museo raccoglie molti oggetti e reperti della tradizione contadina e grika, compresi foto, musica e testi scritti in griko, idioma la cui sopravvivenza è in costante pericolo a causa dell’esiguo numero di persone che ancora lo utilizza. Ogni anno, in agosto e a Melpignano, a pochi chilometri da Calimera, si svolge poi la famosissima Notte della Taranta, a cui partecipano migliaia di persone che danzano sulle note della Pizzica, musica popolare cantata proprio in griko (o in dialetto salentino). Ultima tappa del tour è la Sardegna, dove tra sagre, processioni, musica e antiche tradizioni, la cultura popolare è ancora molto senti-
ta e viva: a Castelsardo (Sassari), tra le stradine dell’antico borgo medievale a strapiombo sul mare, non è raro imbattersi in donne che, sull’uscio di casa, intrecciano cestini e manufatti (come nasse, panieri, crivelli, setacci) realizzati con fibre di palma nana, fieno marino e rafia. Quest’arte antica, tramandata nel tempo, è testimoniata nel locale Museo dell’Intreccio Mediterraneo, situato nel cinquecentesco Castello dei Doria, che merita una visita anche solo per gli scorci e la vista sul Golfo dell’Asinara che si gode da lassù. Usciti dal museo, nel dedalo di suggestive viuzze, c’è solo l’imbarazzo della scelta tra locali e ristoranti dove prendere un aperitivo o cenare al calare del sole.
Il palco della Notte della Taranta Ragemax/Shutterstock.com
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Castelsardo Spottino69/Shutterstock.com
Ivan Pisoni
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Leggende di paesaggi... leggendari
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Leggende di PAESAGGI monticello/Shutterstock.com
Le pietre dell’amore dei giganti di Badolato U
n paesaggio costellato da grandi massi di granito, che deve la sua origine a una particolare gara che doveva provare il valore e la forza delle tribù dei giganti della zona. Per ottenere la mano delle gigantesse più avvenenti, in origine, i giovani giganti si sfidavano nella lotta corpo a corpo dandosele di santa ragione ma, in seguito, i capi tribù inventarono la “gara delle pietre ro-
tolanti” o “pietre dell’amore” per salvaguardare i più deboli. In questa gara, i giganti dovevano far rotolare i più imponenti blocchi di roccia dalla cima delle colline verso il mare. Chi “scagliava” il masso più grande, il più lontano possibile, era il vincitore. Queste gare, che si svolgevano due volte l’anno, ci hanno regalato uno dei paesaggi più curiosi e particolari d’Italia.
La leggenda di Nunzia, la sopravvissuta alla nascita del lago di Varano S
i narra che un tempo, dove oggi si può ammirare il Lago di Varano, ci fosse la città di Uria. Uria era governata dal Re Tauro il quale, come quasi tutta la popolazione, viveva nel peccato e nella violenza. I cittadini di Uria erano dediti a nefandezze, tanto che Dio decise di punirli inondando la città con un diluvio e tutti perirono tranne la bella Nunzia, che a differenza del resto dei concittadini viveva una vita onesta, si dedicava a preghiere
e si prendeva cura del suo amato. Alla vista del gran diluvio, Nunzia volle salvare il compagno che stava annegando lanciandogli un gomitolo di tessuto ma, pur provando la purezza dell’anima della giovine e convincendo il Sommo a interrompere la punizione, non salvò la vita dell’innamorato. Nunzia divenne l’unica sopravvissuta e si dice che ancora oggi, durante alcune notti, si possa sentire il suo canto straziante lungo le coste del lago.
Leggende di PAESAGGI
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Leggende di PAESAGGI
La leggenda dell’amore di Bora B
ora era la più bella e amata tra i figli del dio Vento. Nel suo vagabondare, la famiglia arrivò su un altopiano che dava sul mare. Il luogo era così bello e affascinante che Bora volle esplorarlo allontanandosi dal gruppo. La curiosità dava una grande energia alla bella che si divertiva a soffiar via le nuvole e a correre tra gli alberi. Stanca, si rifugiò in una grotta dove stava riposando il
prode Tergesteo al ritorno dall’impresa del Vello d’Oro. I due si innamorarono perdutamente e passarono in quella grotta tre, cinque, sette giorni di felice passione. Ormai convinto della sparizione della figlia, Vento venne avvisato da un nembo scuro dove poterla trovare. Arrivato alla grotta, Vento scoprì i due e, folle dalla rabbia, divenne ciclone, uccidendo Tergesteo. La povera Bora era
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Sommaco, albero dal particolare colore rosso che oggi adorna questo luogo, e Mare ricoprì il suo corpo con conchiglie e stelle marine in modo da innalzare la sua memoria fino a diventare la più alta collina del posto. Ai piedi del colle nacque una piccola città che prese il nome del prode, Tergeste (Trieste) e Vento, impietosito dal dolore della figlia, le permise di rimanere in questa terra e di rivivere una volta all’anno quei tre, cinque, sette giorni con il suo amato.
Leggende di PAESAGGI
disperata per la perdita del suo amato e iniziò un pianto e le sue lacrime, toccando terra, divennero rocce aguzze. Nella sua disperazione, Bora piangeva, correva, soffiava contro tutto e tutti. Madre Natura, straziata dal pianto della giovane e preoccupata per la sorte del verde altopiano che stava ormai trasformandosi in un luogo arido e roccioso, cercò di calmare l’impetuosa creatura. Con l’aiuto del Cielo e del Mare, trasformò il sangue del defunto Tergesteo nel
Ivan Pisoni
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lo sapevate che...
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U
no dei paesaggi italiani più apprezzati dagli inglesi ha un suo soprannome inglese. È il “chiantishire”, ovvero quell’area di Toscana dove si produce il famoso e apprezzatissimo vino Chianti.
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COPR
I
S
lo sapevate che... paesaggisticamente
A
lla Scala dei Turchi non arrivavano solo “li turchi”. Lo spettacolare paesaggio di una delle più suggestive spiagge italiane deve il suo nome all’approdarvi di pirati che non erano tutti turchi, come li definivano gli abitanti del posto, ma erano in realtà pirati di varie etnie arabe.
S
tando al sito travel365.it, l’italia vanta 2 paesaggi tra la classifica dei 20 paesaggi più belli d’Europa. Sono effettivamente dei paesaggi mozzafiato i 20 citati nella classifica del noto sito di viaggi e, per quanto riguarda la nostra Penisola, troviamo al sesto posto le Dolomiti e al quinto posto il Monte Cervino. In testa alla classifica predominano le Scogliere di Moher in Irlanda.
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I
l fiume più corto del mondo è in provincia di Verona. Si chiama Aril ed è corto “ben” 175 metri. Alla fine del suo “lungo” percorso, in località Cassone, attraversando tre ponti e una cascata, il piccolo fiume si riversa nel versante orientale del Lago di Garda.
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L
E
siste un vero e proprio borgo italiano in Cina! Si chiama Hb Italian Town Changsha il borgo cinese dedicato alle eccellenze italiane che è stato realizzato da un gruppo di consulenti, architetti e artigiani italiani, con il supporto di una compagnia cinematografica cinese. Inaugurato qualche anno fa, il parco tematico vestito da piccolo borgo, che vanta riproduzioni di famosi scorci italiani, ha al suo interno 45 attività commerciali, 24 delle quali gestite da italiani.
COPR
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S
Lukas Gojda/Shutterstock.com
lo sapevate che... paesaggisticamente
’origine del termine Cinque Terre è dovuto al loro passato isolamento dal resto del mondo. In passato, infatti, i cinque borghi di Monterosso, Vernazza, Corniglia, Manarola e Riomaggiore erano tanto “distanti” tra loro da essere ritenuti cinque territori ben distinti e raggiungibili solo via mare o lungo alcuni impervi sentieri.
Recensione Se mi tornassi questa sera accanto di Carmen Pellegrino
P
aesaggi e silenzi, con accanto le storie, le storie degli uomini, delle famiglie, di un’umanità in gran parte ormai scomparsa oppure ancora esistente: nei paesi che resistono e restano lì, appollaiati a un passo dalle nuvole, su un colle scelto dagli uomini antichi per difendersi e contemplare il bello dei paesaggi stessi. Si nutre di queste suggestioni Se mi tornassi questa sera accanto, edito da Giunti, secondo libro di Carmen Pellegrino, dopo Cade la terra. Atmosfere e vicende simili, con trasporto lirico e vicenda tra il realistico e il fantastico allo stesso tempo. Emblematico il titolo dell’opera, incipit poetico di quegli illustri, dalla poesia A mio padre, del grande salernitano Alfonso Gatto. Genitori, figli, persone che si amano e si sono amate: c’è chi ha parlato di questo come di un “romanzo sulla distanza”, specie tra chi si è voluto bene. Come poter dialogare, scriversi tra lontani? Ci si ascolterà, ci si leggerà, ci si cercherà? Giosuè, nome di
quelli che non si usano più, dona al fiume le lettere che scrive per cercare una figlia che ha deciso di non dare più notizie. Da qui storie, soprese, riflessioni sui rapporti, sull’umano in sé, su cosa siamo e cosa lasciamo negli occhi e nei ricordi dell’altro. I paesaggi sono sullo sfondo, come sullo sfondo resta il fiume, raccoglitore di domande e forse di quegli stessi silenzi. Carmen Pellegrino, scrittrice di Polla (SA), classe 1977, è anche una storica. È nota per aver coniato il neologismo della “abbandonologia”, speciale scienza del recupero dei luoghi muniti di storia e storie e però oggi completamente (o quasi) privi di citta-
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Marino Pagano
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dini e ormai condannati all’oblio. Al di là di ogni discorso di fascino legato al luogo oggi incorrotto da contaminazioni, il recupero invocato è civile, legato al portato che quel luogo conserva. Un recupero umano e “politico” al con-
tempo. Nel romanzo di cui vi parliamo, il paesaggio non è un dettaglio o un elemento comprimario: è un protagonista. Trattandosi di un libro a firma di Carmen Pellegrino, questo non sorprende di certo.
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