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Cerveteri e Tarquinia, etruschi e Unesco
Chi era Velia Spurinna? Capelli castani raccolti in un’acconciatura scenografica, profilo scolpito dal naso in stile greco, labbra sensuali, spalle scoperte... Una ragazza di città. Nata più di 2300 anni fa. Italiana. O meglio, etrusca. Vissuta nell’unica civiltà urbana esistita nel territorio a forma di stivale in epoca pre-romana. Che noi cittadini odierni placidamente ignoriamo, anche se abbiamo delle testimonianze formidabili sotto il naso, un affascinante libro di storia antica edificato e dipinto: Cerveteri – in provincia di Roma - e Tarquinia – provincia di Viterbo -,
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entrambe sotto l’egida dell’Unesco. Da dove venivano gli etruschi? Mistero. In due continenti – Europa e Asia – non si trova minima traccia di altra cultura pari a quella e la loro lingua, attestata da oltre 13mila iscrizioni, farebbe parte di un’ipotetica “famiglia linguistica tirrenica”. Una civiltà morta e sepolta da due millenni e mezzo, che proprio grazie alle sue sepolture possiamo conoscere nella sua quotidianità. Velia, nota in tutto il mondo come “la fanciulla velca”, ne è straordinaria testimonial, ritratta in eterno nella Tomba dell’Orco.
Tra i rioni di Cerveteri
Strade, piazze, quartieri. Una città? No, un cimitero. A immagine e somiglianza della città. È Cerveteri, con le sue migliaia di tombe organizzate in un piano urbanistico che riproduce fedelmente gli edifici - al tempo - abitati e dalle caratteristiche che variano in base all’epoca di costruzione e allo status della famiglia a cui appartenevano. Come la Tomba dei Rilievi e le sue 13 nicchie funerarie matrimoniali, che si trova nella necropoli più famosa, la Banditaccia. Cuscini rossi, stucchi decorativi e tutti quegli oggetti
di uso quotidiano che ci offrono uno spaccato perfetto della vita di una famiglia benestante lì vissuta nel IV-III secolo a.C., periodo dell’ellenizzazione etrusca. Non solo: le installazioni multimediali all’interno degli otto monumenti più significativi ci permettono davvero di essere etruschi per qualche ora! Proiezioni audiovisive, effetti sonori e luminosi, ricostruzioni virtuali ci immergono negli arredi, negli ornamenti, nei banchetti, nella vita commerciale piuttosto che religiosa di quella società raffinata ed evoluta.
Tarquinia, borgo millenario
È la “capitale etrusca”, considerata epicentro di quella civiltà che una volta viveva nell’odierna Toscana, nell’Umbria occidentale e nel Lazio settentrionale: una delle 12 città-stato in cui erano organizzati i 12 popoli federati che chiamiamo etruschi. Meraviglioso borgo che oggi mostra spiccate caratteristiche medievali, le sue origini risalgono al X secolo a.C.. Come quasi tutti i principali centri del territorio dell’Etruria, venne fondato su un colle in prossimità del mare. Una vista mozzafiato e una necropoli, quella di Monterozzi,
che con i suoi affreschi ci offre una finestra straordinaria sulla storia. Insieme alla Banditaccia – e Cerveteri, ovviamente -, è sotto la protezione dell’Unesco dal 2004. Sono in tutto 600 sepolcri scavati nella roccia – il complesso più esteso che si conosca – e delle 200 tombe dipinte, la più antica risale al VII secolo a.C.. Ne scegliamo una per tutte: quella della Caccia e della Pesca, che oltre alle “fotografie” dei proprietari e una scena di caccia e pesca è famosa per il dipinto che ritrae una danza dionisiaca in un bosco sacro.
Con le ali sopra gli zoccoli
Immaginavate che fino al VI secolo a.C. esistesse in Italia centrale una razza autoctona di cavalli che volavano? Se non l’avete mai saputo, è perché in effetti non sono mai esistiti! Se non l’avete mai immaginato, è perché non avete mai visto i “cavalli alati di Tarchna”, una delle più importanti acropoli – acropoli, non necropoli! - dell’intero territorio dell’Etruria. Sul suo punto più alto sorgeva L’Ara della Regina, tempio sacro dove sono stati trovati reperti dal valore inestimabile, tra cui la lastra da 1.15 per 1.25 metri, datata tra il 500 e il 400 a.C. che era posta sul suo frontone: quella dei Cavalli Alati. Disintegrata in 100 pezzi, il magistrale lavoro di restauro ce l’ha restituita in tutto il suo splendore. Oggi si trova al Museo Nazionale Etrusco di Tarquinia. Usciti da lì, potete pensare a una pausa in natura: non avranno le ali, ma i cavalli vi possono davvero portare a spasso per la bella Maremma laziale.
Non solo d’archeologia vive l’uomo
Tutta questa ricchezza di storia si trova, infatti, in una zona prodiga anche di tesori naturali: esplorate - magari in mountain bike, questa volta - i Monti della Tolfa e le loro oasi d’acqua dolce. O ancora: la Riserva Naturale Saline di Tarquinia, con i suoi fenicotteri rosa e i cavalieri d’Italia, i gabbiani corallini e gli aironi cenerini. La Tuscia - l’Etruria per i romani - è poi terra ricca di borghi tutti da scoprire. Cosa manca? L’enogastronomia, ovvio. Grossa, tonda e di un bellissimo verde-viola,
vedrete la “mammola” dipinta persino nelle tombe di Monterozzi, dato che pare siano stati proprio gli etruschi a coltivare per prima questa variazione del cardo selvatico, ossia il carciofo, e in particolare quello romanesco. “Alla romana”, alla “giudia” o ripieni che siano, non perdetevi la leccornia, e innaffiatela con abbondante Cerveteri Doc, un vino che ne fa letteralmente di tutti i colori! Un brindisi a Velia Spurinna!