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Val di Noto, meraviglia barocca e non solo

La pietra “black and white” dei palazzi che scontorna l’azzurro profondo del cielo, i “colori pintati” sulle ceramiche, il cioccolato granuloso, la terra schietta, il mare che buca in trasparenza e il vulcano che non ti lascia mai, i dolci ipnotici e i pomodorini odorosi. Si chiama Val di Noto, terra di tardo barocco siciliano e di bellezze custodite dall’Unesco. Ma chi sa cosa è veramente? Il Vallo di Noto era l’intero triangolo sud-orientale della Trinacria, ossia l’area siciliana che punta verso Malta e poi le coste libiche e che comprendeva

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le provincie di Ragusa, Siracusa e parte di quelle di Catania, Enna e Caltanissetta. Anno 1693: un terremoto rade al suolo i maggiori centri urbani. La ricostruzione è maestosa: dalle macerie sboccia quel Barocco siciliano che costituisce l’ultima prodigiosa fioritura del Barocco europeo. Oggi 8 località sono sotto l’ala dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura. Non solo arte e architettura ma cibo, natura, esperienze a 360 gradi: visitatele subito!

Pinne ai piedi, bicchiere in mano e occhio alle sirene

Partiamo dal borgo che dà il nome al tutto: a metà strada tra Siracusa e Ragusa, Noto, “Capitale del Barocco”. Incarnato da Palazzo Nicolaci, con i riccioli di pietra dei leoni umanizzati, le sirene, le sfingi, gli angeli, gli ippogrifi e i cavalli alati che sorreggono le balconate dal ferro ricurvo e l’opulenza di un edificio iconico di uno stile. Dovete scegliere quando andare? Sempre, meglio ancora la terza domenica di maggio, per il saluto alla primavera, ossia l’Infiorata: il centro storico è tappezzato da mosaici

floreali profumati e iper-scenografici, ispirati ogni anno a temi diversi, espressione della tradizionale festa barocca. Se fa abbastanza caldo, inforcate la maschera e non perdetevi uno snorkeling nella vicina Riserva di Vendicari, partendo dalla caletta sabbiosa di Calamosche. Sappiate poi che sul mare, proprio di fianco a Noto, c’è Avola. In Val di Noto, dove i Greci diffusero l’allevamento delle viti con impianti “ad alberello”, si possono organizzare eccellenti tour delle cantine.

Sicilia, Africa e Montalbano

Da Avola ci spingiamo ancora più a sud, verso il lembo estremo della Sicilia, dell’Italia e dell’Europa: Capo Passero. Ci si arriva passando in mezzo a chilometri e chilometri di rossi pomodori: è la patria del Pachino. A Capo Passero il mare è caraibico, i tramonti africani. Altra tappa obbligatoria è Scicli, monumentale città barocca e nello stesso tempo borgo incastonato nella roccia carsica di cui pare una fioritura incantata. Tra i suoi palazzi storici, il più noto oggi è senz’altro quello del Municipio, in quanto set cinematografico del

Commissariato di Vigata (Porto Empedocle) di Montalbano. Parlare del Commissario di Camilleri ci scatena un “pititto lupigno”: è ora di fare una pausa per assaggiare un paio di specialità locali. Intanto il famoso Caciocavallo ragusano, che sta alla Sicilia come il Grana sta alla Pianura Padana. Poi ci facciamo portare a Palazzolo Acreide, borgo tra i più belli d’Italia, barocco Unesco Doc, dove dopo aver visitato Palazzo Caruso, che vanta la balconata più lunga al mondo, ci sediamo a tavola per gustare i cavatieddi e la salsiccia locale.

Dolce vagare

Per il dolce andiamo a Modica, dove nel mese di settembre si producono i “lolli”, dolcetti a base di mosto. E soprattutto dove, tutto l’anno, si lavora “a freddo” il famoso cioccolato, che è il più simile a quello che preparavano le antiche civiltà mesoamericane e nello stesso tempo è il primo prodotto italiano Igp ad avere il “passaporto digitale“, per garantirne autenticità e tracciabilità. Cannella, vaniglia, agrumi, peperoncino, vino, zenzero: provate tutti gli aromi. Il punto è: ma dove mangiare tutto questo ben di Dio? Ma negli sgargianti piatti di ceramica di Caltagirone,

naturalmente! Questo borgo, con la sua scenografica scalinata lunga 103 metri decorata con le maioliche policrome isolane, è una vera gioia per gli occhi. Dopo il cibo, un po’ di moto! Perché non organizzare una bella gita, per esempio tra le mega-sugherete della Riserva naturale Bosco di Santo Pietro, che si estende su un grande altopiano sabbioso a 20 chilometri da Caltagirone? O andando verso Ragusa, tra le vallate dei Monti Iblei, che qui si chiamano ”cave” e sono dei veri scrigni naturalistici. Affidatevi a un’associazione di guide escursioniste, come Kalura.

L’altra Sicilia e il seno perduto

Ed eccoci infine a Ragusa, “l’altra Sicilia”, quella storicamente ricca. È la “città dei ponti“ e dei 100 pozzi. A 500 metri sul livello del mare, davanzale della catena collinare dei Monti Iblei, nel mese di ottobre ospita Ibla Buskers, il festival di mangiafuoco, giocolieri, trapezisti e altri artisti di strada. Il Castello di Donnafugata è una sontuosa dimora a una quindicina di chilometri dal centro cittadino, che vale la pena visitare: gelato di gelso in mano, avventuratevi nel labirinto dentro il suo

parco. Avviso: controllate giorni e orari di apertura. Fine di questo viaggio tra le otto città Patrimonio dell’Umanità. È rimasta fuori dal nostro tour la splendida Catania col suo vulcano, il suo elefante e i suoi borghi etnei. E Militello in Val di Catania, con la sua fontana della Ninfa Zizza, dal cui seno sgorgò per la prima volta, nel 1607, l’acqua potabile nel borgo. Niente da fare, se non le valigie per tornare al più presto in Val di Noto!

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