4 minute read
Leggende di paesaggi mitologici e misteriosi
La leggenda della nebbia di Oria
Advertisement
Erano tempi duri, quelli della costruzione del castello di Oria. Sembra che su di esso fosse stata scagliata una tremenda maledizione e spesso si verificavano crolli e incidenti, impossibilitando il completamento dei lavori. I maghi e le streghe della città decisero di riunirsi e di escogitare un espediente per ribaltare la situazione. Questo “consiglio magico” decretò che solo un sacrificio umano potesse spezzare la maledizione: il sacrificio di una giovane fanciulla. Fu così, che nottetempo, un manipolo di cavalieri andò per le strade della città in cerca della preda. Trovarono presto la malcapitata, strappandola dalle braccia della madre – disperata - e uccidendola senza pietà davanti ai suoi occhi. Il sangue della piccola fu sparso sulle mura del castello, con l’intento di spezzare la tremenda maledizione ma né maghi, né streghe pensarono alla potenza di una madre dal cuore spezzato. In preda alla disperazione, la povera madre urlò “Possa tu fumare Oria, come fuma il mio cuore esasperato” maledicendo il territorio con un sortilegio che ancora oggi non lo ha abbandonato. Tra gli anziani del luogo esiste la nenia “A Oria fumosa ‘ccitera ‘nna carosa, tant’era picciredda, ca si la mintera ‘mposcia” (A Oria fumosa, uccisero una bambina così piccola che potevano metterla in una tasca). Si dice, infatti, che quando la nebbia arriva, sembra quasi voglia nascondere Oria e il suo castello in modo da celare la vergogna di quell’ignobile e ingiusto sacrificio.
La leggenda di Diomede e delle isole del Gargano
Dopo esser approdato in terra italica, il prode Diomede portò molti benefici ai suoi abitanti. Non solo insegnò la lingua greca e l’arte dell’allevare i cavalli: a lui si deve, infatti, la fondazione di molte città da Ancona a Vasto, da Lucera a Siponto e anche Venosa (che come dice il nome, fu dedicata alla dea in segno di perdono). Arrivato in Daunia, Diomede decise di fermarsi e aiutare militarmente il re dauno contro i Messapi. Naturalmente la vittoria fu chiara e, per ringraziarlo del valore dimostrato in battaglia, il sovrano concesse a Diomede di sposarne la figlia e gli diede un appezzamento di terra, che venne chiamato “Campi Diomedei”, dove il prode allevò i suoi cavalli. Un giorno Diomede decise di gettare nelle acque antistanti il Gargano tre sassi che portò da Troia. In men che non si dica, questi tre sassi riaffiorarono trasformandosi in tre bellissime isole: San Domino, San Nicola e Capraia. La leggenda vuole che Diomede morì sull’isola di San Nicola e che i gabbiani lo proteggessero dai suoi nemici per anni... ma questa è un’altra storia.
La leggenda di Bernardina Visconti e della zona di Porta Nuova a Milano
Bernardina era una ragazza disinvolta, allegra, di bell’aspetto e per nulla intimorita dalla figura del tirannico padre, Bernabò Visconti. Bernabò, infatti, era un uomo prepotente, avido, irabondo e irrispettoso di ogni legame. A 14 anni Bernardina fu promessa in sposa a Giovanni Suardo, giovane condottiero bergamasco, ma lei non ne volle sapere e, quasi in segno di sfida, cedette alle lusinghe di Antonio Zotta. Il crudele Bernabò venne a sapere di tale amore e non perse tempo a imporre le punizioni più efferate. Il Zotta fu impiccato con l’accusa di furto ma per Berardina la sorte fu ancora peggio. La giovane, infatti, fu fatta murare viva in una segreta della Rocchetta di Porta Nuova dove trascorse sette mesi al buio, cibandosi di solo pane e acqua, fino a morire tra atroci sofferenze. A un anno dalla morte della giovane, iniziarono a girare le voci di un fantasma che iniziava a manifestarsi sotto varie spoglie da Milano a Bologna, terrorizzando la gente e facendo sparire alcuni individui. Bernabò fu così spinto dall’insistenza popolare a riesumare il cadavere della figlia per verificarne la morte. Da quei tempi pare che il fantasma di Bernardina si aggiri in
quella zona di Milano che è stata - e ancora oggi è - dimora di alcune delle zone più iconiche del capoluogo meneghino, Porta Nuova. La leggenda “odierna” invece narra che un fantasma prenda i malcapitati sotto braccio e li faccia perdere, o addirittura, sparire. Chi conosce la zona non può certo dimenticare le Varesine, luna park ritratto in molti film, dove anche Adriano Celentano era solito portare i figli.Un luogo dove un tempo molti sparivano (e forse è meglio non sapere come e perché), ora luogo completamente rivalutato e incluso nel nuovo volto della città insieme al Bosco Verticale, a piazza Gae Aulenti e alla Torre Unicredit. Quel grattacielo, la cui guglia sembra cambiare colore in base agli umori dei milanesi. Chissà se tante delle sparizioni ai tempi delle Varesine sono da attribuirsi alla “nostra” Berardina. Chissà se ci sia ancora chi si perde misteriosamente in questa zona. Chissà se il fantasma vaga ancora, magari spaesato, tra le ipermoderne vie della “nuova” Porta Nuova... O se il suo spirito sia stato placato dalla riconversione di una zona - in passato definita “malfamata” – che oggi è uno dei paesaggi più avveniristici di Milano.