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Magico corallo
Uno dei racconti più pulp della mitologia classica ha a che fare con l’origine del corallo. Secondo Ovidio, infatti, nacque dal sangue di Medusa, decapitata da Perseo: versandosi tra i flutti, si pietrificò, mantenendo però quel colore intenso al quale siamo soliti abbinarlo. È questa una delle dimostrazioni che sin dai tempi antichi il fascino del corallo ha sedotto gli uomini che, pur incerti sulla sua origine (pietra? osso? vegetale marino?), gli hanno sempre attribuito facoltà magiche in grado di tenere lontani i poteri maligni e di guarire
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dai mali più svariati. In realtà il corallo rosso, unica specie del genere Corallium che vive nel Mediterraneo tra i venti e i duecento metri sotto il livello del mare, altro non è che lo scheletro calcareo su cui vivono minuscoli polipetti che si nutrono di plancton. A essere davvero prodigiose sono le mani degli artigiani che, da tempo immemore, lo lucidano e lo lavorano per ricavarne splendidi ornamenti, tanto preziosi da essere stati impiegati come merce di scambio lungo la via della Seta che conduceva in Estremo Oriente.
Torre del Greco: dai Borboni in poi
Dal XV secolo in poi il corallo è stato utilizzato in particolare per creare oggetti sacri, cui solo in un secondo tempo sono seguiti monili e camei. A inizio Ottocento la lavorazione di questo materiale ha trovato la sua capitale a Torre del Greco, borgo alle falde del Vesuvio dai generosi fondali: l’idea di aprirvi una fabbrica è attribuita a Paolo Bartolomeo Martin, un genovese già attivo a Marsiglia e fuggito durante la Rivoluzione, che chiese a Ferdinando IV di Borbone l’autorizzazione per portare avanti il suo progetto. La fortuna di Torre del Greco nasce proprio così e
qui ha tuttora sede la Scuola d’incisione su corallo e di disegno artistico industriale, erede della tradizione e allo stesso tempo prima al mondo per le tecniche più avanzate. Interessante anche l’annesso Museo del Corallo, così come imperdibile è un giro tra le vetrine delle oreficerie del centro storico che espongono elaborati preziosi e, in alcuni casi, antichi cimeli e tesori di famiglia legati a questa manifattura di grande pregio. Merita una visita anche il Colle Sant’Alfonso, sede di un’antica abbazia e punto panoramico per una spettacolare vista su tutto il Golfo di Napoli.
Trapani e Sciaccatra vicoli e vulcani
Pare che la parola corallo derivi dal greco, koraillon, cioè scheletro duro, ma non vi è certezza: secondo altri studiosi il termine viene dall’ebraico goral, nome dato alle pietre utilizzate per gli oracoli. Certo invece è che la raccolta del corallo fosse praticata in un po’ ovunque nel mare nostrum e che tra i primi in Italia siano stati i trapanesi. I pescatori, riunitisi in corporazione sin dal Seicento, risiedevano in quella che tuttora si chiama via Corallai, in pieno centro storico e ricca di suggestivi scorci insieme a via Garibaldi, corso Italia e corso Vittorio Emanuele (percorreteli a piedi: meritano). Un po’ più distante, il Mumickyso*
seo Regionale Agostino Pepoli dove ammirare le opere dei maestri locali realizzate tra il XVI e il XVIII secolo. Anche a Sciacca (Agrigento) il corallo racconta una storia, quella dell’isola Ferdinandea, apparsa e scomparsa nel 1831 a causa dell’eruzione di un vulcano sottomarino. L’isola sommersa è divenuta l’habitat di una varietà unica al mondo, tutelata dal marchio Corallo di Sciacca di cui è depositario l’omonimo consorzio, fondato da alcuni maestri artigiani: visitate le loro botteghe e oreficerie mentre passeggiate per questa caratteristica cittadina affacciata sul mare.
L’oro di Alghero
Se per secoli la pesca al corallo è stata effettuata senza badare alla salvaguardia della specie e dell’ambiente, ai nostri giorni è invece tutelata in modo molto rigido: niente più reti che strappano i ceppi dai fondali e dagli scogli, ma solo pochi prelievi mirati, effettuati in precisi momenti dell’anno da pescatori subacquei dotati di particolare licenza. Uno dei banchi più ricchi e monitorati è quello di Alghero: si tratta di un corallo rosso rubino, molto prezioso, che ha dato il nome a tutta la zona, nota appunto come Riviera del Corallo. Ad Alghero, dopo aver visitato il borgo antico con i suoi bastioni del Cinquecento, am-
mirato il paesaggio (che col mare mosso è persino più suggestivo), vagato nei vicoli dai nomi spagnoli, visitato la cattedrale e la chiesa di San Michele (visibile da lontano per la sua cupola policroma), fate un salto anche al Museo del Corallo: è piccolo e si visita velocemente, ma contribuisce a farsi un’idea di cosa sia il corallo e del perché venga chiamato l’oro del mare. A questo punto siete pronti per un tour nelle gioiellerie: per un monile di alto livello si possono spendere cifre importanti ma tutti troveranno almeno un ciondolo alla propria portata per rammentare per sempre un luogo così magico. Magico come il corallo.