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L’arte di chiamarsi Piemonte

Il Piemonte è come una camicia di seta preziosa che una giacca ben abbottonata lascia appena intravedere. Aprire quel bottone non è difficile: basta prendere l’auto o il treno e recarsi a Torino per scoprire una città in realtà assai lontana dai luoghi comuni che la vogliono grigia e austera quando invece è chiara di palazzi barocchi dalle facciate sinuose. Ma tutta la regione vive da sempre una sorta di dicotomia: sobria (“esageruma nen”, cioè “non esageriamo”, è una specie di mantra locale) e lussuosa allo stesso tempo,

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come i tartufi di Alba o i morbidi cachemire del distretto di Biella. Ma anche antica e moderna, tra i sacri monti con le cappelle barocche e le più importanti aziende del design italiano che sfornano idee futuristiche. Infine morigerata nel suo understatement un po’ blasé e allo stesso tempo amante dei suoi preziosi vini. Il Piemonte è così: tutto e il contrario di tutto. Ed è proprio per questo che ci piace così tanto: via allora a un viaggio tra il lifestyle, l’arte e il design di questa regione dalle mille sfaccettature.

Vino: tra coltura e cultura

Iniziamo proprio dal vino, tra Langhe, Roero e Monferrato dove la vitivinicoltura ha modellato il paesaggio ispirandone la cultura. Ed è quello che si respira visitando le 14 enoteche regionali da cui parte un’intensa attività di valorizzazione di questi territori dichiarati Patrimonio dell’Umanità. Molte delle cantine del circuito risalgono al Medioevo, spesso collocate in edifici costruiti come fortezze e trasformati nel tempo in palazzi signorili dove ancora si narrano le storie che hanno reso celebri i nobili vini. Corre voce che fu la marchesa Giulia Falletti a inventare a Barolo (Cuneo) l’omonimo rosso: oggi la sua residenza è stata trasformata in una preziosa enoteca che raccoglie più di 6mila bottiglie.

La fortezza trecentesca che domina Grinzane Cavour (Cuneo), sede della prima cantina regionale inaugurata nel 1967, ospitò invece il conte Camillo Benso: si racconta che lo statista conferì nuova impronta all’agricoltura locale introducendo nuovi metodi di coltivazione. Sono ancora più lontane le origini del Brachetto d’Acqui, noto già in epoca romana con il nome di Vinum aquensis. E antichissime sono anche le mura di Palazzo Robellini, nel centro storico di Acqui Terme (Alessandria), che ospitano la cantina regionale dove si conservano ben 3.500 bottiglie dei produttori del Monferrato.

Le forme dell’arte: dal Barocco…

Lasciamo il Medioevo per approdare allo stile che caratterizza maggiormente il Piemonte: il Barocco. Il suo trionfo coincide con l’ascesa del regno Sabaudo, iniziata con il duca Emanuele Filiberto: tra la fine del Cinquecento e la metà del Settecento, ovunque si rinnovano e si costruiscono edifici che rispecchiano i criteri estetici e formali di questo stile ricco e complesso come l’epoca di cui è espressione. Sorgono palazzi (tra cui il Palazzo Reale di Torino e la Reggia di Venaria), chiese sontuose come la Basilica di Superga, ma anche pievi e sacri monti, questi ultimi strategicamente collocati sulle alture per contrastare il dilagare della religione luterana

e calvinista che furoreggiava oltralpe. Tra i tanti meravigliosi esempi di sacro monte sparsi tra Piemonte e Lombardia e tutelati dall’Unesco, abbiamo scelto quello di Orta San Giulio (Novara), unico dedicato a San Francesco (e non alla passione di Cristo come solitamente accade). Costituito da venti cappelle (con affreschi e gruppi di terracotta finemente lavorati che rappresentano la vita del santo) e una chiesa, sparse sull’altura boscosa che sovrasta Orta e realizzate a partire dal 1590 da artisti di fama. È un luogo di grande fascino e suggestione, al quale si accede attraversando una porta monumentale. Indimenticabile la vista sul lago che si gode dall’alto.

…Al design

Ma restiamo sul Lago d’Orta che, dietro ai borghi romantici, ai monumenti arroccati e alle ville nobiliari, nasconde anche un’anima geniale che da questo minuscolo lembo del Piemonte ha viaggiato in tutto il mondo. Proprio in punta al lago si trova Omegna: si percorre la sua storia più lontana in una manciata di monumenti medievali, mentre altri manufatti raccontano una storia più recente legata all’eccellenza del Made in Italy. E’ qui, infatti, che si sviluppò a partire dagli anni Venti il cosiddetto “distretto del casalingo” grazie alla presenza di marchi celebri quali

Bialetti, Girmi, Lagostina e soprattutto Alessi: presso la sede dell’azienda un ricco museo espone la storia di un marchio che ha fondato il suo successo col “rendere straordinario l’ordinario”. E straordinaria, nel borgo gioiello di Pella, è anche la storia della produzione di rubinetteria di qualità: un racconto che parte addirittura dal Quattrocento, che si lega alla tradizione della fonderia di campane e si sviluppa in chiave industriale nel dopoguerra. Proprio nel 2020 è l’azienda Fantini ad aggiudicarsi l’ennesimo “Compasso d’Oro”, l’oscar del design, per l’AK/25 di Paik Sun Kim.

I love cinema

Concludiamo con una carrellata sulla settima arte: dai tempi di “Cabiria”, un kolossal dell’epoca del cinema muto girato a Torino nel 1914, ai virtuosismi dell’epoca digitale, il legame tra il cinema e il Piemonte è una tradizione ben radicata e non solo nel capoluogo (dove si trova anche il Museo Nazionale del Cinema e dove sono stati girati decine di film e fiction) ma un po’ ovunque. Le piste da sci del Sestriere ad esempio hanno fatto da sfondo alle scene iniziali del film “La solitudine dei numeri primi”. Il Castello ducale di Agliè ha invece ospitato i set di alcune tra le fiction di maggior successo degli ultimi anni, tra cui “Elisa di Rivombrosa”

e “La Bella e la Bestia”. Il castello, prevalentemente settecentesco e appartenuto ai Savoia, è aperto al pubblico: aggirarsi nelle ricche sale è come fare un salto nel tempo e tornare ai fasti barocchi e rococò dell’epoca. Per i cinefili più accaniti e per chi è sempre alla ricerca del luogo sconosciuto, ricordiamo anche “Il vento fa il suo giro”, un film del 2005 girato nella Valle Maira, in provincia di Cuneo e non lontano dal confine, dove ancora si parla l’occitano (una variante antica del francese). Il film è ambientato nel minuscolo borgo di Ussolo, poco più di 170 abitanti, immerso nei boschi alpini a 1.300 metri di altitudine.

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