4 minute read
Un solo Natale, mille tradizioni
Non c’è solo la sfida tra panettone e pandoro, presepe e albero: nessun altro periodo accende la luce sulla moltitudine di tradizioni italiane come il Natale. Del resto, siamo il paese dei mille campanili e sotto ognuno di essi si spande il profumo di prodotti tipici, rigorosamente unici. Perché il Natale è diverso non solo da regione a regione ma da borgo a borgo, da collina a collina, da comune a comune, da forno a forno, da famiglia a famiglia. E tutto ciò che arriva sulla tavola è frutto di tradizioni antiche,
Advertisement
usi e costumi che hanno attraversato i secoli, la storia, le guerre, gli spostamenti, le fusioni e i mescolamenti perché la cucina, si sa, ama attingere di qua e di là senza farsi troppi problemi. E allora capita che in Calabria, se siete a San Giovanni in Fiore, borgo considerato capitale della Sila oltre che patria dell’abate Gioacchino da Fiore, a Natale troverete ovunque la pitta ‘mpigliata, sfoglia farcita di miele e frutta secca che a Catanzaro cambia nome e diventa pitta ‘nchiusa.
Questione di mostaccioli
Frutta secca, uvetta, vin cotto, agrumi e miele: è il caso di dire che cambiando la somma degli addendi cambia anche il risultato finale, almeno quando si parla di dolci natalizi. Le materie prime sono simili ma quello che esce dai forni ha volumi, forme, nomi, lingue e suoni diversi: impastando miele, farina, uova e zuccherini colorati otteniamo i mostaccioli, sinonimo di festa in Calabria e non solo. Celebri sono anche i mostaccioli di Oristano, in Sardegna: qui li chiamano mustazzolus, hanno la caratteristica
forma a rombo e una lievitazione lentissima per fare in modo che durino il più a lungo possibile. Contrariamente alla versione calabrese, che prevede una spolverata di zuccherini colorati, la versione oristanese contempla solo un po’ di zucchero o glassa. In Abruzzo i mostaccioli sono invece ricoperti di cioccolato, ingrediente che hanno anche nell’impasto insieme a mandorle e mosto cotto, in Puglia si aggiunge la cannella, nei borghi del Molise si aggiunge anche una tazzina di caffè.
Uno, cento, mille panettoni
E al nord, quali sono i dolci della tavola natalizia? Facile, il panettone. Già, ma quale? Non esiste solo il panettone milanese. Nei borghi della Valtellina, da Teglio a Caspoggio, a dicembre si prepara la bisciola, dolce tipico che vanta il Marchio Collettivo Geografico la cui origine risale a Napoleone Bonaparte, che da queste parti passò per invadere il nord Italia. Avendo voglia di un dolce, chiese ai cuochi al seguito di prepararne uno usando i prodotti locali e nacque la bisciola, a base di uvetta, noci, fichi secchi,
farina di segale, grappa, burro, zucchero, uova e lievito. A Bormio, invece, in onore di Santa Lucia, il 13 dicembre si prepara la cupeta valtellinese, una pasta a base di biscotti tritati e noci cotta lentamente nel miele e poi disposta tra due fogli di ostia. Andiamo verso il mare e troviamo il pandolce genovese, variante del panettone con frutta candita e anice: tipico di Genova e del ponente ligure, ad Alassio diventa il Pane del Marinaio, perde la parte alcolica e acquista un sapore più delicato.
Storie di pani e marinai
Da costa a costa, è facile scambiare usi, costumi e ricette, soprattutto quando c’è il mare a unire e dividere. E allora troviamo il Pane del Marinaio non solo in Liguria ma anche all’Isola d’Elba, da abbinare con una buona bottiglia di Aleatico dell’Elba Docg, il celebre vino rosso tipico dell’isola toscana. Attenzione, però, perché a Capoliveri e Rio Marina, ma potremmo includere anche molti altri borghi, il pasto delle feste si conclude con la schiaccia briaca, il dolce simbolo del Natale elbano:
si tratta di una focaccia arricchita con frutta secca e olio d’oliva e “fatta ubriacare” con l’Aleatico o l’Alchèrmes oppure, nella versione in bianco di Capoliveri, con il Moscato. Salendo in montagna, tra i boschi di castagni che circondano Poggio e Marciana, la schiaccia diventa schiacciunta, dolce biscottato, friabile e croccante a base di strutto di maiale - ingrediente che dà un senso al nome visto che parliamo di una schiacciata particolarmente unta -, cosparso di zucchero semolato.