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Elcito, dove s’incontrano le nuvole
Esistono luoghi che, se raccontati, a stento si penserebbe che siano reali. Piovuti dal cielo, o forse così prossimi alle nuvole da rimanerne intrappolati in un abbraccio. Un sodalizio tra spazio e natura come in un dipinto. Forse il segreto di Elcito, minuto borgo della provincia di Macerata, è proprio questo: il far sognare chi lo visita e chi si sofferma per qualche minuto col naso all’insù. Questa frazione del comune di San Severino Marche si è guadagnata il soprannome di “Tibet delle Marche” e sebbene le sue vette non raggiungano quelle himalayane, si difende con i suoi 821 metri di altitudine che in passato resero questa posizione strategica per l’isolamento necessario alla preghiera. Un antico castello, di cui non restano che ruderi, difendeva infatti l’Abbazia benedettina di Valfucina, oggi l’appellativo di “Borgo del Silenzio” sposa perfettamente lo spirito di Elcito. Quando la voce del vento è l’unica che urla e quando il sussurro della neve imbianca i tetti delle case durante l’inverno.
Pochi ma buoni
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A contare gli abitanti si fa presto: sette persone, forse dieci ma non di più. Alle pendici del Monte San Vicino, Elcito si presenta come un presepe, anzi come uno di quei borghi costruiti dentro una sfera di vetro, un souvenir che vien voglia di portare a casa ma di cui, invece, puoi raccoglierne scorci, suggestioni ed emozioni. Sì, perché questa piccola località è l’ideale per fuggire dal caos, per tuffarsi in una dimensione al limite del surreale dove non si trovano negozi o rumorosi centri commerciali.
La politica autarchica del borgo si è configurata sempre attraverso un rapporto diretto con la terra che come una madre ha nutrito i suoi figli. Elcito è un rifugio, le case in pietra danno vita al centro del paese, le stradine conducono verso una piazza in cui si erge una chiesa dedicata al patrono, San Rocco. Circolare in auto è impossibile, ma in fondo soltanto a piedi ci si può perdere e scivolare con la mente verso la vallata, lì dove si apre un panorama senza tempo il cui fascino appare eterno.
Passeggiare per scoprire
Gli escursionisti più audaci raggiungono Elcito dopo una lunga passeggiata nella faggeta di Canfaito, che ospita il più grande faggio delle Marche, fino alla Valfucina. La vista che si palesa da questo sperone arroccato è variopinta: le curve sinuose dei monti che incontrano il bianco delle rocce, e poi ancora il verde della vegetazione con il caldo marrone rossastro degli alberi. L’ultima pennellata è l’azzurro del cielo. Una tavolozza di colori piena di armonia che dona a questo borgo un’anima che non può che incantare chiunque desideri una vacanza attiva e spirituale allo stesso tempo. I sentieri sono ben indicati e chi ama fare trekking non rimarrà deluso. D’estate il paese si popola e si respira un’aria frizzante: ci si può avventurare nella Riserva Naturale Regionale del Monte San Vicino e del Monte Canfaito o lanciarsi nel solco della tradizione con la festa patronale il 16 agosto, in onore di San Rocco.
Peccati di gola
Dopo tanto scarpinare, ristorarsi è un dovere. La zona di Elcito ha una lunga cultura vinicola che inizia addirittura in epoca romana ed è giunta fino a noi con i suoi sapori. Tante le tavole imbandite nel corso dei secoli, dalle mense ecclesiastiche a quelle signorili. Si racconta, per esempio, che quando nel 1370 il papa Urbano V conferì la riconferma del vicariato di San Severino a tale Smeduccio di Nunzio di Rinaldo, la città rese omaggio al Pontefice con circa 850 litri di vino
locale. Il rosso Doc dei Terreni di San Severino ben accompagna prodotti tipici come formaggi di media stagionatura e salumi oltre che piatti della tradizione come tagliatelle al sugo di lepre, carni bianche e cacciagione con preparazioni aromatiche. E poi i dolci, spesso parecchio elaborati, da godersi sorseggiando un Passito. Chissà, magari sarà dopo qualche calice pieno e corposo, che leggermente ebbri si volgerà lo sguardo al firmamento e avvolti dalla magia di Elcito ci si sentirà più vicini alle stelle.