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L’incanto di Sant’Agata de’ Goti
È quasi un mistero come quella schiera di casette, finestre e balconi di tante forme e fattezze si regga in piedi affondando le proprie radici nelle profondità di un dirupo, svettando strette strette verso il cielo. Vien da pensarlo, ammirando lo scorcio più bello di Sant’Agata de’ Goti, l’affascinante borgo in provincia di Benevento che si erge quasi per magia su uno sperone di tufo. È lì, dove finisce a strapiombo, che si affaccia quella fila di edifici che compongono la sua famosa “terrazza”,
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in un incantesimo tra natura e opera dell’uomo, che è persino difficile dire qual è il punto esatto in cui la roccia lascia il posto alle fondamenta, nei segni che stratificazioni secolari hanno reso un tutt’uno. E poi c’è tutto il centro storico, che sembra uscito da un libro di fiabe, tra viette e chiese, botteghe, palazzi e angoli incantati. Ecco allora che un viaggio a Sant’Agata de’ Goti si trasforma in scoperta e quel libro di fiabe inizia a narrare un fantastico racconto.
Le tante storie del borgo
Il borgo, per come lo conosciamo oggi, fu opera dei Normanni. Furono loro che per primi utilizzarono le sue cave solcate nel tufo come cisterne, le stesse che i nemici svuotavano dopo averle raggiunte scavando cunicoli per affamare i suoi abitanti nel tentativo di conquistarlo. Non potevano fare altro, visto che il borgo svettante, dall’alto, era praticamente inespugnabile. E alla storia di una famiglia normanna si risale anche per trovare il significato del nome di quello che ancora oggi ha tutto l’aspetto di un incantevole borgo medievale.
Si chiamavano Drengot e per riconquistare il loro buon nome dopo essere caduti in disgrazia a causa di un omicidio, divennero mercenari del duca Riccardo II di Normandia e ricevettero in dono la Rocca di Sant’Agata, trasformandola in fortezza. Risalendo nel centro storico, la direzione è scandita dalle due strade principali dove una volta c’era il castrum. Ed è proprio lo scorrere dei secoli a creare il raro incantesimo che non manca di intrigare, con un pizzico di mistero, chi arriva in questo borgo.
Tufo, tradizioni e magia
Una favola con qualche tinta noir, quella che vede Sant’Agata de’ Goti protagonista nel corso dei secoli, che però non ci fa mancare il lieto fine. E una visita al borgo lo sarà senz’altro, tra belle tradizioni da vivere, come il momento più tipico dell’anno, il ‘Corpus Domini’, che anche Sant’Agata come tanti borghi italiani onora con la tradizionale infiorata. Ma anche le tante chiese da visitare, come, solo per citarne alcune, la Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, dal profilo barocco, e l’adiacente Monastero delle Redentoriste, dove le suore di clausura accoglievano i bambini “indesiderati” alla Ruota degli Esposti,
che ancora si può ammirare. E poi, a guidare da lontano una passeggiata tra le vie, i vicoli e le piazze c’è il duomo, maestoso e incantevole, che così appare dal Settecento, testimone della storia di Sant’Agata de’ Goti da almeno sette secoli prima. E l’incanto non finisce tra cielo e terra, ma penetra nel cuore sotterraneo del borgo, dove ancora pulsano le cave di tufo. Alcune sono state trasformate in ristoranti e in cantine dove assaporare i piatti migliori della tradizione gastronomica e vitivinicola - qui si producono ottimi Falanghina, Greco, Aglianico e Piedirosso - in un’atmosfera davvero magica.
La perla del Sannio
Che Sant’Agata de’ Goti sia un piccolo gioiello lo dice anche il suo soprannome, l’evocativo “perla del Sannio”. Lo si deve al suo borgo, ma soprattutto al suo paesaggio, che conserva bellezze naturali tutte da scoprire. Un’escursione da non perdere è per esempio quella al Parco Regionale del Taburno-Camposauro, per seguire i percorsi naturalistici che oltre alla natura, permettono di scoprire le tradizioni di questi luoghi. Ma la perla del Sannio brilla anche sotto le luci dei riflettori, quelli dei tanti film e cortometraggi a cui Sant’Agata de’ Goti ha fatto da sfondo.
Qualche esempio? Qui è stato girato “Il resto di niente”, la pellicola ispirata all’omonimo romanzo di Enzo Striano. E sempre qui Silvio Orlando, Claudio Amendola e Stefano Accorsi hanno dato vita al film “La mia generazione”. La lista è lunga e possiamo continuare, per esempio, con “L’imbroglio nel lenzuolo”, diretto da Alfonso Arau, basato sull’omonimo romanzo di Francesco Costa, con Maria Grazia Cucinotta. Infine, anche Alessandro Siani ha scelto Sant’Agata de’ Goti per il suo film “Si accettano miracoli” con Fabio De Luigi e Serena Autieri.