Quaderni di birdwatching n10 2013

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QUADERNI DI BIRDWATCHING - n° 10, Anno 2013 - € 8,00 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, Aut. C/LT/10/2012

GALAPAGOS MANZOLINO STERPAZZOLINA IBIS EREMITA


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controcopertina

Piro piro piccolo (Actitis hypoleucos), foto William Vivarelli.

olitario, il piro piro ballerino incede bluffando con il solito tic: fingere di beccare con il culetto danzante mentre la testa sfila occasioni dal fango. Lesto, senza peso, ansioso pioniere sulla polvere molliccia di un nuovo pianeta, cercatore fra le impronte di mille altri atterrati prima di lui. Ricalca con sospetto i loro passi, si blocca di tanto in tanto per paura di un’aggressione straniera. Ecco: una pulsazione si specchia sullo stagno incastonato nel limo, un volo teso di un piro secondo, il sibilo acuto che approda e riaccosta i suoi remi venati di bianco su una riva desolata. Ora non si è più soli. E come occorre anche nei vasti deserti, due sconosciuti si ritrovano accanto, privi della possibilità di ignorarsi. Il binocolo del vecchio piro piromane già pregusta i balzi, i colpi eleganti di fioretto, la piro piccola battaglia, iniziata e già conclusa. Le code tornano a ballare, al ritmo calmo e disteso della palude. Federico Cauli


A ssociazione A nno 2013

Essere socio per il 2013 ti riserverà sconti sui prodotti

Quota sociale 2013: Italia: € 25,00. Soci sostenitori, enti, associazioni e biblioteche: € 50,00 Quota familiare: € 5,00 Estero (UE e Svizzera): € 30,00 Pagamento: Italia: Bollettino di c/c postale n. 2947128 intestato a “Associazione EBN Italia” Italia/Estero: Bonifico bancario: IBAN IT79 H076 0101 0000 0000 2947 128 BIC/SWIFT: BPPIITRRXXX Causale: Quota sociale Associazione EBN Italia 2013

EBN Italia - Via Allende, 3 - 27100 PAVIA (Italia)


Anno XV - numero 10,aprile 2013 Direttore responsabile Salvatore Grenci Direttore editoriale Luciano Ruggieri

In copertina: Sula zampeblù (Sula nebouxii excisa) Foto di Gianni Conca

Responsabile della fotografia Gianni Conca Redazione Silvio Bassi, Andrea Nicoli, Ettore Rigamonti, Michele Viganò Progetto grafico, impaginazione e stampa Edizioni Belvedere di Luigi Corsetti Via Adige, 45 - 04100 Latina (Italia) www.edizionibelvedere.it

EDITORIALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Mete del Birdwatching Viaggio alle Galapagos . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L’Oasi di Manzolino-Tivoli . . . . . . . . . . . . . . . . Specie a rischio Lungo la rotta dell’Ibis eremita . . . . . . . . . . . . TASSONOMIA/IDENTIFICAZIONE C’era una volta la Sterpazzolina . . . . . . . . . . . Rarità Maestosa, anzi imperiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . Segnalazioni Italia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Paleartico occidentale e Malta . . . . . . . . . . . . EVENTI Il primo Big Year italiano . . . . . . . . . . . . . . . . . Associazione Festa dei nodi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Birder of the Year. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Recensione: lo Svensson in italiano . . . . . . . In ricordo di . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Hanno collaborato a questo numero Daniela Balaci, Fabio Ballanti, Enrico Benussi, Laura Bonanno, Mattia Brambilla, Donatella Calvi, Gianluigi Castelli, Federico Cauli, Giordano Cerè, Roberta Corsi, Andrea Corso, Ennio Critelli, Marco Crivellari, Davide De Rosa, Marco De Silvi, Pietro Fadda, Paolo Faifer, Emanuele Forlani, Egidio Fulco, Nicholas Galea, Raymond Galea, Silvia Gandini, Fabio Gardosi, Arturo Gargioni, Hugh Harrop, Jens Mikkel Lausten, Andrea Lugli, Paolo Marotto, Angelo Meschini, Riccardo Moneta, Corrado Nava, Menotti Passarella, Fabio Perco, Nicoletta Perco, Alessio Quaglierini, Andrea Ravagnani, Maurizio Ravasini, Giuseppe Rossi, Jérémy Savioz, Marco Sozzi, Markus Unsold, Francesco Veronesi, William Vivarelli, Waldrappteam La rivista è distribuita ai soci di ®

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EBN Italia Via Peyron, 10 - 10143 Torino www.ebnitalia.it redazione: ebnitalia@ebnitalia.it

Registrazione al Tribunale di Verona n. 2239/01 R.R. del 14-11-2001 - Iscrizione R.O.C. n. 19290


Gianni Conca

Occhio alla Bonelli Continua la campagna per la protezione della più rara aquila italiana! Nel 2012, nell’ambito delle attività di contrasto alla predazione di pulcini di Aquila di Bonelli e Lanario (organizzati dal Coordinamento Tutela Rapaci Sicilia costituito da volontari di CABS, EBN Italia, FIR, FSN, LIPU, MAN, WWF), siamo riusciti ad allestire, anche grazie alle donazioni dei soci di EBN Italia, 4 campi di sorveglianza e a monitorare e controllare tutti gli altri siti noti in Sicilia di Aquila di Bonelli. I risultati sono stati rilevanti e inaspettati: 3 nuove coppie scoperte, oltre 50 siti storici controllati, 33 coppie residenti e 26 coppie riproduttive seguite e infine la documentazione dell’involo di 32 nuove giovani aquile. Cosa più importante, non è stato registrato nessun prelievo di pulcini ai nidi e rimane solo il sospetto di un prelievo di uova da un sito dove si è verificata una deposizione tardiva con involo avvenuto il 17 luglio. Più difficile invece il controllo e il contrasto al bracconaggio per quanto riguarda i nidi di Lanari dove purtroppo abbiamo costatato in alcuni casi la scomparsa improvvisa di pulcini. Se vuoi dare il tuo contributo di persona scrivi a lagruagio@alice.it indicando se sei socio EBN Italia e da quanti anni, per quanti giorni sei disponibile e in che periodo. Il campo inizia alla schiusa delle uova, di solito a fine marzo, e prosegue fino all’involo dopo circa 60 giorni. Si sosta in una zona da cui controllare sia il nido che le strade di accesso e quindi, con un cannocchiale, è facilmente osservabile tutta l’entusiasmante attività che gravità attorno al nido: le fasi dell’alimentazione, le cure parentali, le interazioni con altre specie, la difesa del territorio, possibili scene di caccia, ecc...

Giornalmente non possono stazionare più di 2-3 persone per cui se hai intenzione di dare una mano prenotati subito. Resta inteso che le spese sono tutte a carico dei campisti volontari e noi vi metteremo a disposizione un alloggio gratuito presso una struttura dell’Azienda Foreste della Sicilia. Se però volete alloggiare a vostre spese presso un B&B fatecelo sapere e vi prenotiamo. Potete approfittarne anche per un tour siciliano: 2-3 giorni al campo e altrettanti in giro... e aprile e maggio sono certamente i mesi più belli per venire in Sicilia, non solo per la migrazione ma anche per la bellezza dei paesaggi primaverili. Vi aspettiamo numerosi. EBN Italia Nodo Sicilia

Donazioni per la protezione dell’Aquila di Bonelli in Sicilia Conto corrente bancario - IT79 H076 0101 0000 0000 2947 128 - causale “Bonelli” Con carta di credito, sul sito www.ebnitalia.it Oppure ti invitiamo in Sicilia come campista!


Q B E ditoriale

Dopo lo Svensson, un’altra sorpresa!

Dopo anni di calma piatta, c’è aria nuova nel birdwatching italiano! Dopo la pubblicazione dello Svensson, l’editore Bruno Ricca presenta una nuova guida al birdwatching. Si chiamerà “Birdwatching facile” ed è la traduzione italiana del nuovo Singer. Si tratta di una guida fotografica agli uccelli d’Europa, in comodo formato tascabile, che si aggiunge allo Svensson e al Dierschke. Da una situazione in cui ci si doveva accontentare dell’Hayman e dell’obsoleto Peterson, godiamo ora di un’offerta articolata di nuove guide: una per principianti con disegni e foto (Dierschke), una per amanti dell’identificazione fotografica (Singer) e lo Svensson per chi ha già conoscenze avanzate. Il Singer verrà presentato con il logo di EBN Italia nella quarta di copertina. Ma la notizia più importante è quella del nuovo titolo che sarà presentato alla Fiera del Libro di Torino: “Birdwatching in Italia - i siti più interessanti dove fare birdwatching in Italia”, la guida che ci condurrà all’esplorazione dei luoghi più importanti per il birding in Italia. Si tratta di una guida edita dalla nostra associazione, frutto del lavoro di 119 collaboratori, che hanno redatto ben 295 schede che illustrano ciascuna un sito. A testimonianza della capillarità dell’opera, tutte le Province italiane sono rappresentate da almeno un sito, dalle Alpi alle Pelagie. Una guida che rappresenta lo stato dell’arte delle conoscenze sulla distribuzione dell’avifauna dal punto di vista del birder. Un viaggio attraverso la Natura del nostro Paese con l’esclusivo occhio del birdwatcher, citando laghi, fiumi, stagni, paludi, montagne, boschi, oasi e parchi, meritevoli di essere visitati per vedere uccelli. Un’opera che ha richiesto un editing dei testi e una armonizzazione dei contenuti durata 15 mesi, a cura di Igor Festari e del sottoscritto e che verrà presentata con foto a colori di Gianni Conca e Francesco Veronesi. Possiamo dire che con lo Svensson e con questa guida in tasca, davvero le conoscenze del birdwatching italiano saranno finalmente complete e pienamente realizzate! Nel 2013 un altro appuntamento importante sarà rappresentato dal meeting nazionale, che sarà organizzato dalla Società Ornitologica Modenese (SOM) in Emilia, dal 25 al 28 aprile. Si tratta di un meeting dalla doppia valenza: visiteremo le aree umide più interessanti (la Tomina, le Valli di Mortizzuolo e Manzolino) per vedere uccelli e daremo nel contempo la nostra solidarietà agli amici colpiti dal terremoto del maggio scorso. Saremo i primi a visitare quelle zone dopo il tragico evento e il nostro gesto è stato fin d’ora particolarmente apprezzato. Particolari sull’evento sul nostro sito web.

Luciano Ruggieri

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lo spettacolo dell’ voluzione ..

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Viaggio alle isole Galàpagos di Luciano Ruggieri foto di Gianni Conca

Lo spettacolare paesaggio lavico di San Bartolomè.


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■ Il tappeto rosso formato dalla vegetazione (Sesuvium) si può osservare soprattutto a North Seymour, solo nella stagione secca; al di fuori di questo periodo rimane di colore verde.

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uando il ventiduenne Char­ les Darwin salpò nel 1831 da Davenport per un viaggio in­ torno alla Terra della durata di cinque anni, era cosciente che la sua vita sarebbe cambiata, ma non poteva immaginare fino a che punto. Il viaggio sul brigantino Beagle avrebbe garantito un posto di primo piano nella Storia al­ la sua persona e a uno dei luoghi visita­ ti: l’arcipelago delle Galàpagos, le isole delle tartarughe. Visitando le Galàpagos 180 anni dopo, navigando su motonavi che sono paragonabili al Beagle solo per la sco­ modità delle cabine, ci si domanda che cosa spinse Darwin a rivoluzionare il modo di concepire la natura con una te­ oria che ha influito sul presente quanto quella di Einstein sulla relatività. Dar­ win arrivò alle Galàpagos a settembre e trovò le isole come appaiono oggi: ter­ re vulcaniche, brulle. Le specie vegetali più appariscenti sono i cactus e le acacie che caratterizzano il paesaggio con i lo­ ro rami, privi di foglie da luglio a set­ tembre. Darwin concluse che, fatta ec­ cezione per la Terra del Fuoco, nessun altro luogo visitato fino a quel momento

appariva così desolato. Fra i molti arci­ pelaghi che Darwin successivamente vi­ sitò, quello delle Galàpagos non risultò, a prima vista, fra i più interessanti. Nel suo diario manifestò più entusiasmo per le Isole Keeling (o Cocos, nell’Oceano Indiano) e Sant’Elena (nell’Oceano At­ lantico), nessuna delle quali è in seguito passata alla Storia per meriti naturalisti­ ci. Gli stessi fringuelli, che oggi porta­ no il suo nome, non generarono in lui grandi emozioni: raccolse diversi spe­ cimen, 9 delle 13 specie esistenti, poi spedì tutto al British Museum all’orni­ tologo John Gould. A dispetto di quanto tramandato dai libri scolastici, le impli­ cazioni evolutive legate alla specializza­ zione di questi uccelli non furono com­ prese immediatamente da Darwin. An­ che il birder più attento del XXI secolo faticherà ad appassionarsi ai fringuelli, più che altro perché risultano, sul cam­ po, quasi tutti uguali; mentre a voi (co­ me a Lui) piaceranno di più i Mimi. Per farla breve, perché sobbarcarsi un viaggio costoso per fare bird­watch­ ing alle Galàpagos? Perché le isole so­ no uniche nel loro genere, accolgono 29 specie endemiche di uccelli relati­


■ Mimo di MacDonald (Mimus macdonaldi). L’identificazione dei Mimi è facilitata dalla segregazione insulare. Questa specie si osserva facilmente a Punta Suarez, su Espaṅola.

■ Mimo delle Galàpagos (Mimus p. parvulus) sulla spiaggia di Santa Cruz. I mimi formano gruppi familiari che difendono un medesimo territorio. La dieta è onnivora e possono alimentarsi anche di uova e carne di animali spiaggiati.

vamente facili da vedere, il viaggio in motonave è splendido e qui è possibile comprendere quanto la mente di un ge­ nio possa influire sulla nostra concezio­ ne del mondo. Che non è cosa da poco, a conti fatti. Le Galàpagos sono un arcipelago di 128 isole situato nell’Oceano Pacifi­ co a Ovest del continente americano (a 1000 km dalla costa), proprio a caval­ lo dell’Equatore, dichiarato Patrimo­ nio dell’Umanità dall’Unesco nel 1979. Quattordici sono le isole abitate, di cui

la più estesa, Isabela (grande 1/5 del­ la Sicilia), accoglie il vulcano più alto dell’arcipelago (Wolf, 1700 m); l’iso­ la più abitata, da cui partono le crocie­ re, è Santa Cruz, che offre anche ampia ricettività turistica. Tutte le isole hanno due nomi, uno ufficiale in spagnolo, as­ segnato dal Governo ecuadoregno nel 1892, e l’altro inglese, derivato dalle vecchie carte nautiche del XVII seco­ lo. La struttura base di un viaggio alle Galàpagos prevede l’arrivo in aereo da Guayaquil (Ecuador), l’imbarco su una

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■ L’Isola di Santa Fè è caratterizzata da grandi piante di cactus del genere Opuntia e ospitava l’endemica Testuggine di Santa Fè, estinta già nel XIX secolo a causa del prelievo effettuato per scopi alimentari dalle navi di passaggio. ■ La scogliera di roccia lavica di Espaṅola, la più antica isola dell’arcipelago e tra le più interessante per il birdwatching.

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■ Fetonte (Phaethon aethereus mesonauta). Nidifica su alte scogliere, presente con qualche migliaio di coppie suddi­ vise in circa trenta colonie. ■ Albatros ondulato (Phoebastria irrorata), nidifica in colonia solo su Española da marzo a gennaio.

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■ Uno dei luoghi più visitati delle Galàpagos: il Cricker Rock, quel che resta di un’esplosione vulcanica.

■ Uccello delle tempeste di Elliot (Oceanites gracilis galapagoensis). Piccolo uccello delle tempeste con le ali relativamente corte e arrotondate, coda squadrata e zampe che in volo sporgono dalla coda. Nidifica da aprile a ottobre.

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motonave da Puerto Ayora e la crocie­ ra di 7 notti/8 giorni per la visita del­ le isole più importanti. L’arcipelago è Parco Nazionale e gli itinerari permessi sono esclusivamente due: quello che da Santa Cruz porta a Isabela, Fernandina,

Santiago e Genovesa, oppure quello che porta a visitare Floreana, Española, San Cristòbal, Santa Fé, North Seymour e Bartolomé. Le isole di Pinta e Marchena rimangono le più remote e difficilmente visitabili. Per scopi più strettamente le­


■ Gabbiano codaforcuta (Creagrus furcatus). Comune in tutte le isole orientali delle Galàpagos. È l’unico gabbiano del mondo che ha abitudini notturne. Si nutre prevalentemente di pesci e calamari che risalgono in superficie nelle ore notturne per alimentarsi. ■ Gabbiano fuligginoso (Leucophaeus fuliginosus). Specie endemica, ampiamente distribuita. La popolazione consiste in circa 400 coppie. Nidifica tutto l’anno, principalmente da maggio a ottobre lungo la costa in nidi isolati.

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■ Sula di Grant (Sula granti). Delle tre Sule che si possono osservare alle Galàpagos è quella di dimensioni maggiori. Nidifica prevalentemente su rocce, ma anche su terreno sabbioso, cespugli o alberi.

gati al birdwatching, se si viaggia in ma­ niera indipendente, la scelta è di com­ promesso tra i due itinerari, in quanto il Cormorano delle Galàpagos (Phalacrocorax harrisi) si vede solo su Isabela e Fernandina mentre le colonie più grandi di uccelli marini sono a Española, Geno­ vesa, Santa Fé e North Seymour. Viag­ gi organizzati (come BirdQuest o Victor Emanuel Tours) visitano invece dieci isole in 6 giorni, ma a prezzi superiori.

Itinerario di viaggio Le Galàpagos, a uso e consumo del turista, sono state definite come “le iso­ le di Darwin”, “il laboratorio dell’evolu­ zione”... ecc. Queste caratteristiche, dal punto di vista del birder, potrebbero ap­ parire di secondaria importanza. Quello che è certo è che un viaggio alle Galàpagos vi colpirà profondamente per la confidenza degli animali marini e

Uno scrigno di biodiversità Le Galàpagos non sono famose solo per gli Uccelli. Il 40% delle piante superiori è endemico. Il numero di spe­ cie, solo 560, è basso a causa della natura vulcanica delle isole e della lontananza dal continente americano. La di­ versità dell’area è favorita dalla presenza di differenti regioni biovegetazionali, che spaziano dal mangrovieto della linea di costa, alla pampa, fino ai suoli lavici più giovani. Le Galàpagos rappresentano un raro esempio di orga­ nizzazione della comunità ecologica degli Invertebrati prima dell’arrivo delle attività umane. Unici al mondo sono poi i suoi 40 taxa di Rettili, tutti endemici, di cui ricordiamo le celebri tartarughe del genere Chelonoidis. Di queste ultime sono state descritte 14 specie, di cui solo 11 viventi. Le Iguane - tra cui le appariscenti Iguana marina (Amblyrynchus cristatus), Iguana terrestre delle Galápagos (Conolophus subcristatus) e Iguana terrestre di Santa Fé (C. pallidus) - e le Lucertole della lava del genere Microlophus (7 specie endemiche) sono tra i rettili più appariscenti. Per una maggiore comprensione della biodiversità dell’arcipelago sarà utile una visita alla Charles Darwin Research Station a Puerto Ayora.

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Darwin e l’origine delle specie Nel giugno del 1858 Darwin, nella sua dimora nel Kent, era alle prese con la malattia del suo decimo figlio, che aveva la febbre alta, forse a causa della difterite. Erano già trascorsi 22 anni dalla conclusione del viaggio intorno al mondo e non si era ancora deciso a pubblicare nulla di definitivo circa le sue teorie. Proprio in quei giorni il suo ami­ co naturalista Alfred Wallace gli aveva inviato dalle Antille Olandesi un saggio che conteneva alcune ipotesi sull’e­ voluzione. Tale saggio (sotto l’influenza di altri scienziati dell’epoca, come Malthus e Lyell) ricalcava le sue stesse idee e intuizioni. Darwin comprese allora che era il momento di uscire allo scoperto. Mise mano ai suoi appunti e manoscritti e si apprestò a scrivere “L’origine delle specie” e, nonostante gli eventi familiari infausti (come la morte del figlio malato), riuscì a completarlo in soli 13 mesi. Fu la comunicazione di Wallace, il cui lavoro fu presentato assieme a quello di Darwin alla Società Linneana di Londra quello stesso anno, a spingerlo a pubblicare il suo saggio e ad accantonare ogni remora, tanto teologica (era un pastore anglicano) quanto scientifica. A questo proposito Dar­ win scrisse “Non mi era mai capitata una simile coincidenza; se Wallace avesse letto la bozza del mio manoscritto, stesa nel 1842, non avrebbe potuto farne un riassunto migliore”. Darwin passò alla Storia, Wallace un po’ meno.

degli uccelli. La distanza di fuga di tutti gli animali è minima, tanto che dovrete prestare attenzione a non essere investiti da un Leone marino o a non calpestare un Mimo troppo curioso. Incontrerete a distanza ravvicinata molti degli uccelli inseriti nella vostra lista dei desideri. Qui tutta la vita marina è a portata del visitatore umano, quasi come in uno zoo. Tartarughe marine, delfini, squa­ li sono spesso osservabili davanti alla

barca. Anche gli uccelli marini più timi­ di come l’Uccello delle tempeste di El­ liot (Oceanites gracilis galapagoensis) e quello delle Galàpagos (Oceanodroma t. tethys) seguiranno da vicino la barca oppure avrete l’occasione di osservarli in grandi stormi volare sull’Oceano. Le Sterne stolide (Anous stolidus galapagensis) così come i Petrelli del­ le Galàpagos (Pterodroma phaeopygia) sono facili da vedere. Pertanto ricordate di portare con voi il solo binocolo e che

■ Beccaccia di mare delle Galàpagos (Haematopus palliatus galapagoensis). Si differenzia dalla specie europea per il dorso, che non è nero ma marrone, e dalla sottospecie americana per il bordo inferiore del petto meno nettamente definito.

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raramente è necessario un obiettivo a lunga focale. Il periodo migliore per il viaggio? Il clima equatoriale offre general­ mente condizioni stabili di temperatu­ ra, che oscillano tutto l’anno tra i 18 e i 25°C, con stagioni riproduttive degli animali non specifiche. Considerando che gli Albatros non giungono prima di marzo, consigliamo un viaggio da giu­ gno a settembre. Agosto, periodo classico delle fe­ rie in Italia, è un buon compromesso. In considerazione della durata del volo dal­ l’Italia, la visita delle isole di una setti­ mana viene associata spesso a un viag­ gio in Ecuador. Ma di questo parleremo un’altra volta. Floreana Partendo da Puerta Ayora, Floreana è la prima isola che generalmente si vi­ sita. È l’isola più meridionale dell’arci­ pelago ed è nota ai turisti per il suo pic­ colo e pittoresco, quanto improvvisato, ufficio postale, dove potrete spulciare i

tanti biglietti appuntati prima di dedicar­ vi alla visita dell’isola. Non potete man­ care infatti di visitare la Flamingo Bay, perché, a differenza delle altre isole, su Floreana c’è acqua dolce. Alla Flamingo Bay solitamente so­ stano una decina di esemplari di Feni­ cottero americano (Phoenicopterus ruber), facilmente avvicinabili, come tutti gli animali delle Galàpagos. È possibile osservare, inoltre, Cava­ liere messicano (Himantopus mexicanus mexicanus), Nitticora violacea (Nyctanassa violacea pauper), Pellicano bruno (Pelecanus occidentalis urinator), Bec­ caccia di mare delle Galàpagos (Haematopus palliatus galapagensis) e Codone delle Bahamas (Anas bahamensis galapagensis). Ad agosto-settembre fanno sosta i li­ micoli nordamericani in migrazione co­ me il Piro piro vagabondo (Tringa incana), il Corriere semipalmato (Charadrius semipalmatus) o i più comuni Chiurli piccoli (Numenius phaeopus). La specie di Mimo endemica dell’i­ sola (Mimus trifasciatus) è considerata

I Fringuelli di Darwin Le variazioni esistenti tra le varie specie di Fringuelli di Darwin, in particolare la dif­ ferente morfologia del becco, sono il classico esempio del fenomeno che oggi viene definito “radiazione adattativa”. In questo caso, da una forma ancestrale, si sono evolute specie diverse con caratteristiche particolari del becco, adatte ai semi presenti sulle differenti isole dell’arci­ pelago. Darwin scrive: “I maschi tutti, o cer4 tamente nel maggior numero, sono neri, e le 3 femmine (eccettuate forse una o due) sono brune. Il fatto più curioso è la perfetta graduazione nella mole del becco delle differenti specie di Geospiza, da uno grosso quanto quello di un Frosone a quello di un Fringuello, e anche a quello di un Silvide”. Darwin non colse imme­ diatamente le implicazioni di questo fenome­ 1. Geospiza magnirostris. 2. Geospiza fortis. no. Ciò avvenne più tardi, grazie agli studi ef­ 3. Geospiza parvulus. 4. certhidea olivacea. fettuati da J. Gould, quando afferrò il senso di quella che lui chiamò “transmutazione”: “Vedendo questa graduazione e diversità di struttura in un gruppo di uccelli ristretto e molto affine, si può realmente immaginare che da un piccolo numero originario di uccelli di questo arcipelago, ne venne presa una specie e modificata per vari scopi”. Attualmente i Fringuelli di Darwin sono considerai appartenenti a quattro generi diversi: i Fringuelli terricoli propriamente detti (Geospiza, 6 specie), i Fringuelli arboricoli (Camarhynchus, 5 specie), il Fringuello vegetariano (Platyspiza crassirostris), e i Fringuelli cantori (Certhidea, 2 specie). 1

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■ A sinistra: Fringuello terricolo medio (Geospiza fortis). L’identificazione dei Fringuelli terricoli e dei Fringuelli arboricoli di Darwin è abbastanza problematica e, a causa della presenza di ibridi, vengono identificati con sicurezza solo gli individui con precise caratteristiche. ■ A destra: Fringuello terricolo piccolo (Geospiza fuliginosa). Uno dei più facili da individuare, è diffuso su tutte le isole, spesso vicino alle Iguane di terra.

■ A sinistra: Fringuello arboricolo di Charles (Camarhynchus pauper). Confinato su Floreana, è uno dei fringuelli di Darwin più rari e minacciati. ■ A destra: sull’estremità dei rami nudi degli alberi cerca cibo il Fringuello arboricolo piccolo (Camarhynchus parvulus) di cui sono note due sottospecie: parvulus e salvinii. Quest’ultima è presente solo a San Cristòbal.

“in pericolo critico”, dato che soprav­ vive con un centinaio circa di uccelli su due isole satelliti di Floreana, mentre è estinta sull’isola principale. Sulla montagna nidifica il Petrello delle Galàpagos, oggetto di un proget­ to specifico di conservazione. Inizierete ad appassionarvi ai Leoni marini e alla vita sottomarina, ma non perdeteci trop­ po tempo, perché dopo Floreana, c’è Española, una delle isole più belle.

Española L’isola non è abitata e rappresenta una delle mete più ambite dal naturali­ sta. Il sentiero che sale la montagna vi porterà, innanzitutto, a visitare l’uni­ ca colonia di Albatros ondulato (Phoebastria irrorata) del mondo. La specie è considerata “in pericolo critico” dal 2007 a causa del “Niño” e della pe­ sca oceanica con palamite. Passeggiare

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■ Nitticora violacea (Nyctanassa violacea pauper). Specie diffusa in America. Qui è presente la sottospecie pauper, più piccola e scura della specie nominale. Nidifica tutto l’anno nei mangrovieti.

■ Pellicano bruno (Pelecanus occidentalis urinator). Non dissimile dalla specie nominale, è endemico delle Galàpagos. Molto comune, frequenta spesso le baie riparate dove pesca sottoriva in piccoli gruppi.

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■ Pinguino delle Galàpagos (Spheniscus mendiculus). La popolazione mondiale non ha mai superato le mille coppie e ha subito un ulteriore decremento a causa del “Niño”. Nidifica su Isabela e Fernandina; qualche individuo si osserva a Bartolomé.

■ Airone della lava (Butorides sundevalli). Piccolo airone di colore ardesia; a seconda della luce il suo piumaggio cambia da grigio ad argento verdastro o viola lucente. Il becco è nero e le zampe, nel periodo riproduttivo, diventano rosse o arancio.

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■ Poiana delle Galàpagos (Buteo galapagoensis). Specie comune, ad eccezione di Floreana e San Cristòbal, dove è estinta a causa del disturbo e della persecuzione umana. La popolazione non supera i 250 individui.

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a pochi metri da questi giganti alati è un’esperienza incredibile che da sola va­ le il viaggio! Vi potrete sedere e ammi­ rare come le coppie si salutano e come i partner eseguono la pulizia reciproca (“mutual preening”). Per vedere Alba­ tros così da vicino dovreste recarvi in acque subantartiche, pertanto, godetevi il momento. Su Española è stata reintrodotta con successo la specie endemica di Testug­ gine gigante (Chelonoidis hoodensis), che era sopravvissuta con soli 14 indi­vi­ dui. Oltre 1500 piccole testuggini sono state rilasciate in seguito a un progetto di allevamento in cattività da parte della Darwin Research Station. Arri­verete dunque a Punta Suarez, che è uno dei luoghi più belli e affasci­ nanti del viaggio. Qui, in un paesaggio da fine del mon­do, troverete Iguane ma­ rine che pren­dono il sole sugli scogli di lava e sulla spiaggia di sabbia bian­ chissima, Leo­ni marini (Zalophus wollebaeki e Ar­ctocephalus galapagoensis) avvicinabi­li a meno di un metro (ma attenzione ai “machos” che sono mol­ to reattivi e mordaci) e le onnipresenti Sule zampeblu (Sula nebouxii excisa). Queste ultime sembrano veramente or­

gogliose dei loro piedi azzurri, che muo­ vono platealmente sul terreno facendo inchini rituali.Prestate attenzione, ci so­ no anche le Sule di Grant (Sula granti), molto più timide, sulle scogliere più di­ stanti, assieme agli Albatros. Lungo la scogliera volano Gabbiani codaforcu­ ta (Creagrus furcatus), Gabbiani fulig­ ginosi (Leucophaeus fuligino­sus) e gli splendidi Fetonti (Phaethon ae­­­the­reus mesonauta). Non è difficile osservare la Poiana delle Galàpagos (Buteo galapagoensis) ai margini delle colonie di uc­ celli marini e l’Airone della lava (Butorides sunde­valli) in riva al mare. Uno degli spettacoli più divertenti è offerto dai Mimi di MacDonald (Mimus macdonaldi) che vi corrono tra le gambe sulla spiaggia e sono molto attenti a tut­ to quello che gli offrite, avvicinandosi a prendere gli oggetti tra le mani. Si fini­ sce inevitabilmente a fare foto sulla sco­ gliera meridionale dove l’onda genera uno spruzzo d’acqua molto suggestivo. San Cristobal È una delle isole più popolate, con un porto che ospita la flotta di pesche­ recci più numerosa dell’arcipelago. L’interesse per il birder è rappresen­


■ Fregata del Pacifico (Fregata minor palmerstoni). La femmina si distingue dalla Fregata magnifica sia per l’anello oculare rossastro, anziché blu, sia per l’assenza di bianco sulle ascellari. I giovani (nel riquadro) hanno la testa gialloarancio. ■ Fregata magnifica (Fregata magnificens). Presente alle Galàpagos con circa 1.000 coppie distribuite in 12 colonie; il maschio in volo si distingue con difficoltà dalla Fregata del Pacifico (Fregata minor palmerstoni), da posato si notano le copritrici con riflessi violacei (verdastri nella F. minor). Gli esemplari giovani hanno la testa bianca.

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Galàpagos

■ Ani beccoliscio (Crotophaga ani), specie facile da osservare a Santa Cruz e Floreana.

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tato dalla presenza della Sula zamperos­ se (S. s. rubripes) che è l’unica possibili­ tà di incontro con questa specie se non si visita Genovesa. Su una collina, 30 mi­ nuti a piedi, è presente una colonia mista di Fregata magnifica (Fregata magnificens) e di Fre­gata del Pacifico (F. minor palmerstoni). Generalmente la visita di questa isola comprende un’escursione di snorkeling presso l’Isola di Los Lobos. Qui troverete Sule zampeblu e ancora Fregate magnifiche. Santa Fé Una piccola isola fittamente coperta da macchie di Opuntia. L’importanza di Santa Fé risiede nel progetto di conser­ vazione che ha eradicato dall’isola tutte le specie aliene, come la Capra domesti­ ca (Capra hircus), che aveva distrutto gran parte della vegetazione, e il Rat­ to nero (Rattus rattus), che aveva quasi soppiantato l’endemico Ratto di Santa Fè (Aegialomys bauri). La specie endemica di testuggine gi­ gante è estinta da secoli a opera dell’uo­ mo. L’altra specie endemica dell’isola è l’Iguana di terra di Santa Fè (Conolophus pallidus).

Per il birder l’isola è interessante per i Passeriformi che possono trovare rifu­ gio nei macchioni di Opuntia. Una breve escursione lungo la spiaggia, ai margini della macchia, per­ mette l’osservazione della Tortora delle Galàpagos (Zenaida g. galapagoensis) e della Dendroica gialla (Setophaga petechia peruviana). La specie più difficol­ tosa da trovare è senz’altro il Fringuello picchio (Camarhynchus pallidus striatipectus), che ha la particolarità di estrarre le larve dal tronco degli alberi mediante rametti tenuti con il becco, specie sco­ perta solo nel 1919, con buona pace di Darwin. Plaza Islands Le Plaza sono due piccole isole ge­ melle a est di Santa Cruz. La visita del­ l’isola meridionale offre buone possibi­ lità al fotografo e al birder di osservare le colonie di uccelli marini nidificanti, come Gabbiani codaforcuta, Fetonti, Su­ le di Grant etc. La vegetazione dell’isola è partico­ lare, con piante succulente e cactus che sono appetite dalle Iguane di terra, qui molto diffuse.


■ Tiranno delle Galàpagos (Myiarchus magnirostris). Non particolarmente comune, è residente su tutte le isole eccetto Genovesa, Wolf e Darwin.

■ Tortora delle Galàpagos (Zenaida galapagoensis). Presente su tutte le isole aride dove non ci sono gatti (eccetto Floreana, San Cristòbal e Santa Cruz). Due le sottospecie riconosciute: exul su Darwin e Wolf, galapagoensis sulle altre.

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Galàpagos

■ La spiaggia di Cerro Dragon, a Santa Cruz, famosa non solo per le sue Iguane di terra (Conolophus subcristatus) ma anche per delle piccole pozze d’acqua che attraggono limicoli nord-americani.

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North Seymour A North Seymour potrete percorrere un sentiero che vi porterà a camminare tra i Leoni marini, per godere della più numerosa colonia di Fregata magnifica delle Galàpagos. Naturalmente troverete anche Sule zampeblu avvicinabili a pochi centime­ tri. Si vedono facilmente a mare i Petrel­ li delle Galàpagos. San Bartolomè È un’isoletta vulcanica che si tro­ va davanti al pittoresco Pinnacle Rock, un cono vulcanico che emerge dal mare blu. Questa è l’area dove nidifica il Pin­ guino delle Galàpagos (Spheniscus mendiculus), l’unica specie di pinguino che frequenti acque equatoriali. Non avrete difficoltà ad osservarlo mentre nuota a pochi passi dalla barca e si arrampica con fatica sugli scogli lavici. Spesso i tour permettono di fare snorkeling in alcune baie riparate, con buona possibilità di vedere la Testug­ gine verde (Chelonia mydas) e piccoli squali. Santa Cruz È l’isola che segna il ritorno verso la civiltà e purtroppo verso casa. Santa Cruz ha in serbo, per il naturalista, an­

cora qualche motivo di interesse: Los Gemelos. Si tratta di un cratere caratterizzato da una foresta di Scalesia, albero ende­ mico delle Galàpagos alto fino a 20 me­ tri, che forma una lussureggiante foresta pluviale con Bromeliacee e Felci. Qui è presente, e si mostra presso il margine del cratere, lo splendido Pigliamosche scarlatto (Pyrocephalus rubinus nanus) e l’Ani beccoliscio (Crotophaga ani). Vi faranno visitare anche le due gallerie laviche molto suggestive. Un’altra escursione proposta è ge­ neralmente quella per il Cerro Dragòn, dove troverete un centro visitatori che è dedicato alla conservazione e alleva­ mento delle Iguane di terra. Questa spe­ cie era stata decimata dai cani randagi ma, grazie a misure di protezione più severe e all’allevamento in cattività, è stata reintrodotta in natura. Infine non potrete mancare, anche solo per onor di firma, di visitare la Charles Darwin Research Station, do­ve era ospitato “George il Solitario”, l’ulti­ ma testuggine rimasta dell’isola di Pinta (Che­lonoidis abingdoni). Questo esem­ plare, a dispetto di tutti i tentativi, non è mai riuscito ad accoppiarsi ed è stato trovato morto nel suo recinto a dicembre 2012, all’età di circa 100 anni.


■ Corriere semipalmato (Charadrius semipalmatus). Migratore comune, da agosto a maggio, sebbene si possa os­ser­ va­re tutto l’anno; frequenta le zone costiere. ■ Piro piro vagabondo (Tringa incana). Migratore comune nordamericano, si può osservare tutto l’anno lungo i litorali rocciosi.

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nel

Cuore

della

L’Oasi di Manzolino-Tivoli di Andrea Ravagnani e Giuseppe Rossi

Pianura


Giordano Cerè


I Giordano Cerè

■ Veduta della vasca di Manzolino. In questo bacino, durante il susseguirsi delle stagioni, è possibile osservare numerose specie di uccelli, comprese quelle meno frequenti nelle zone interne di pianura.

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I

n Italia, nel corso degli anni, è cresciuta la consapevolezza ambientale e sempre più zone sono riconvertite in oasi naturalistiche o in aree protette. L’oasi di Manzolino-Tivoli è una di queste, e rappresenta, uno dei principali siti umidi della Pianura Padana centrale ed è fra le più importanti stazioni della Provincia di Modena per quanto riguarda la raccolta dei dati ornitologici. Le osservazioni coprono ormai un periodo che si avvicina ai trent’anni, nel corso dei quali sono state osservate 258 specie di uccelli, tra cui 34 di limicoli e 24 di rapaci. Le segnalazioni più importanti comprendono specie rare come la Pavoncella gregaria (Vanellus gregarius), il Piovanello pettorale (Calidris melanotos), l’Aquila di mare (Haliaeetus albicilla) e l’Aquila imperiale (Aquila heliaca), ed hanno attirato birdwatchers da ogni parte d’Italia rendendo quest’oasi un sito ornitologico d’importanza nazionale. L’area Manzolino-Tivoli copre 255 ettari, di cui 67 composti di ambienti umidi con acque dolci stagnanti, 170 di campi coltivati e 18 tra coltivazioni arboree e aree sottoposte a interventi di

piantumazione; è attraversata dal canale di San Giovanni, per una lunghezza di quasi 3 km, che contribuisce al mantenimento di gran parte delle zone umide presenti nell’area. L’oasi è composta di tre distinte zone: Manzolino propriamente detta, situata nel territorio del Comune di Castelfranco Emilia (MO), e i bacini di Tivoli e Boaria Rossa, entrambi nel Comune di San Giovanni in Persiceto (BO). Il sito di Manzolino, istituito nel 1991 come Oasi di protezione faunistica, occupa 111 ettari, di cui 35 di zone umide (la Cassa di espansione del Canale di San Giovanni), 5 costituiti dall’area ambientale comunale dell’ex discarica e i restanti adibiti a terreni agricoli. I bacini di Tivoli si estendono per 29 ettari di zone umide, 10 dei quali adibiti ad allevamento ittico privato, mentre i bacini di Boaria Rossa, situati a nord ovest del sistema principale dell’area, un tempo utilizzati per ittiocultura e per la caccia da appostamento fisso, sono ora gestiti, a scopo di recupero ambientale, attraverso una convenzione tra la proprietà e il comune di San Giovanni in Persiceto. Nell’area vi sono cinque punti di os-


Giordano Cerè

■ La Cassa di espansione del Canale di San Giovanni (“vasca di Manzolino”) vista dalla torre di osservazione. Sullo sfondo sono visibili i capanni situati sull’area della ex discarica comunale, ora rinaturalizzata. Nei pressi della torre sorge un fabbricato che verrà destinato a centro visite.

Nei bacini di Tivoli, in Via Grignani, sono presenti 4 punti di osservazione che si affacciano su vasche un tempo adibite all’ittiocultura e ora convertite a fini protezionistici. Lungo il camminamento si incontra un piccolo stagno didattico con una vetrata, che permette l’osservazione delle forme di vita acquatiche sotto il pelo dell’acqua. Il sito di Boaria Rossa è situato, invece, interamente all’interno di proprietà privata, per cui sono consentite solo

Giordano Cerè

servazione fissi, altri sono in fase di realizzazione. Due si trovano a Manzolino e sono collocati rispettivamente a ovest ed a est della cassa di espansione. Sul lato ovest, vicino all’ex discarica comunale bonificata, si possono osservare le vasche della cassa di espansione, lo stagno, il bosco e la siepe. Sul lato est è presente una torre, collocata ai piedi dell’argine. Nei pressi di quest’ultima si trova un locale in fase di ristrutturazione che costituirà il futuro centro visite.

■ Il sentiero che conduce al capanno centrale dei bacini di Tivoli. Questa zona umida è situata nella porzione nord del territorio del SIC-ZPS.

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Andrea Lugli Fabio Gardosi

■ La Pavoncella gregaria (Vanellus gregarius) è un uccello minacciato di estinzione nel suo areale di nidificazione, ma molti sono i birdwatchers italiani che hanno avuto la possibilità di osservare questa specie grazie alle segnalazioni effettuate a più riprese (nel 1998 e dal 2008 al 2010) a Manzolino-Tivoli. La foto si riferisce all’individuo osservato a fine novembre 2009. ■ Benché gli uccelli del genere Gallinago siano difficili da identificare, da questa foto è possibile escludere sia il Croccolone (G. media) per i fianchi poco barrati, sia il Frullino (Lymnocryptes minimus) per il becco troppo lungo e il portamento eretto: resta solo il Beccacino (G. gallinago) tra le specie regolari.

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visite guidate e non vi sono punti di osservazione. Durante l’inverno, le anatre di superficie e tuffatrici popolano gli specchi d’ac­qua con contingenti anche di rilievo; quando i livelli delle acque non sono eccessivamente alti, le lingue di terra emersa rappresentano una zona di sosta e riposo per Pavoncelle (V. vanellus) e Cor­morani (Phalacrocorax carbo). Du­rante il mese di gennaio non è raro trovare fra i 3-4000 Gabbiani comuni (Chroi­cocephalus ridibundus), qualche

Ga­vina (Larus canus), Zafferano (L. fu­ scus) o Gabbiano reale (L. michahellis). Le anatre più comuni sono il Germano reale (Anas platyrhynchos) e l’Alzavola (A. crecca), seguite dal Mestolone (A. clypeata), che durante il passo primaverile può raggiungere concentrazioni di qualche centinaio di individui. Meno numerosi, ma comunque presenti, sono il Fi­schione (A. penelope), la Canapiglia (A. strepera), il Fistione turco (Netta ru­ fina) e il Codone (A. acuta). Le anatre tuffatrici sono più rare; si

Manzolino-Tivoli

Fabio Ballanti

■ A dispetto del suo nome, molte delle segnalazioni italiane di Aquila di mare (Haliaeetus albicilla) sono avvenute negli anni in corpi idrici dell’entroterra. Individuo, primo inverno, osservato a Manzolino-Tivoli nel novembre 1994.

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Fabio Gardosi

■ Le Oche selvatiche (Anser anser) nidificano nell’oasi di Manzolino-Tivoli e sono presenti con alcuni individui durante tutto l’anno.

battenti (Philomachus pugnax). La Pavoncella gregaria, specie del tutto eccezionale in Italia, è stata segnalata quattro volte. Sul finire dell’inverno, le prime avvisaglie di migrazione sono date dall’aumento dei contingenti di Mestoloni, Beccaccini (Gallinago gallinago) e Pivieri dorati. A fine febbraio compaiono le Pittime reali (Limosa limosa), all’inizio di marzo i primi Cavalieri d’Italia (Himantopus himantopus), Marzaiole (A. querquedula), centinaia di Combat-

Giordano Cerè

possono osservare Moriglione (Aythya ferina), Moretta (A. fuligula) e, saltuariamente, Moretta tabaccata (A. nyroca), Quattrocchi (Bucephala clangula), Pe­ sciaiola (Mergellus albellus), Orco marino (Melanitta fusca), Strolaga minore (Gavia stellata) e Smergo minore (Mer­ gus serrator). Fra le Pavoncelle, a migliaia nelle zone fangose, sono presenti Pivieri dorati (Pluvialis apricaria), Totani mori (Tringa erythropus), Piovanelli pancianera (Calidris alpina) e sporadici Com-

■ Il Martin pescatore (Alcedo atthis) è uno degli uccelli più colorati e piacevoli della nostra avifauna: vederlo sfrecciare basso sulla superficie dell’acqua è uno spettacolo irrinunciabile.

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Giordano Cerè

■ Il caratteristico canto del Tuffetto (Tachybaptus ruficollis) è un forte e acuto trillo che riempie l’aria delle mattinate estive nelle paludi.

Fal­co pescatore (Pandion haliaetus) così come altri veleggiatori quali Falco pec­chiaiolo (Pernis apivorus), Cicogna bianca e nera (Ciconia ciconia e C. ni­ gra). Le Oche selvatiche (Anser anser) ed il Martin pescatore (Alcedo atthis), presenti tutto l’anno, si insediano per nidificare. Tuffetto (Tachybaptus ruficol­ lis), Svasso maggiore (P. cristatus) e Fo­­laga (Fulica atra) nidificano nelle acque tranquille, mentre i canneti si popolano di Aironi rossi (Ardea purpurea),

Fabio Gardosi

tenti e decine di Corrieri piccoli (Chara­ drius dubius), seguiti più tardi dagli altri rappresentanti del genere Tringa, quali Albastrello (T. stagnatilis), Pantana (T. nebularia), Totano moro, Pettegola (T. totanus) e le tre specie più comuni di Piro piro. Completano il quadro Avocette (Recurvirostra avosetta), Volpoche (Ta­ dorna tadorna), Sterne comuni (Sterna hirundo), Mignattini piombati (Chlido­ nias hybrida) e Rondoni maggiori (Ta­ chymarptis melba). In aprile è di comparsa regolare il

■ Il verso del Porciglione (Rallus aquaticus) è uno dei più caratteristici che possono essere ascoltati nei pressi di paludi, canneti e vegetazione dei canali: un verso acuto e stridulo che ai primi ascolti può sembrare tutt’altro che un uccello...

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Manzolino-Tivoli 34

Fabio Gardosi

■ Il canto della Cannaiola (Acrocephalus scirpaceus) è quello che, insieme a quello del Cannareccione (A. arundinaceus), contribuisce maggiormente a caratterizzare l’ambiente acustico delle nostre zone umide in tarda primavera/estate.

Ta­rabusini (Ixobrychus minutus), Porciglioni (Rallus aquaticus), Cannaiole (A­crocephalus scirpaceus), Cannareccioni (Acrocephalus arundinaceus) e altre specie di passeriformi. I Falchi di palude (Circus aeruginosus), che si riuniscono a decine nel dormitorio serale, offrono uno spettacolo unico. Già da fine aprile si possono osservare Fratino (C. alexandrinus), Piovanel­lo comune (C. ferruginea), Gambecchio co­mune (C. minuta), Gambecchio nano (C. temminckii), Corriere grosso (C. hia­ ticula), Pettazzurro (Luscinia svecica) e Averla piccola (Lanius collu­rio), che nidifica regolarmente. In maggio l’oasi si popola di numerose specie di passeriformi, limicoli e ardeidi in migrazione, che possono sostare per periodi più o meno lunghi. Le spe-

cie più comuni sono: la Pernice di mare (Gla­reola pratincola), il Chiurlo piccolo (Numenius phaeopus), il Mignattaio (Ple­gadis falcinellus), la Spatola (Plata­ lea leucorodia), l’Averla capirossa (L. se­nator), l’Averla cenerina (L. minor), il Ca­napino maggiore (Hippolais icteri­ na) e la Bigiarella (Sylvia curruca). In questo mese non è raro osservare le tre specie di mignattino volare insieme sulle vasche, mentre dal canneto proviene il caratteristico canto della Salciaiola (Locustella luscinioides), che negli anni passati ha nidificato. Già dal mese di febbraio, la garzaia ospita i primi Aironi cenerini (A. cine­ rea), che iniziano i lavori di ristrutturazione dei nidi, arrivando a ospitare una decina di coppie. Dal 2011 è stata inoltre accertata la nidificazione di 2 coppie di


Andrea Ravagnani

■ Il Falco di palude (Circus aeruginosus) nidifica esclusivamente in ambienti umidi, ma durante la migrazione può essere avvistato un po’ ovunque. Questa specie nidifica nell’oasi di ManzolinoTivoli e concede emozionanti incontri a birdwatchers e fotografi.

La presenza del Basettino (Panurus biarmicus) e Pendolino (Remiz penduli­ nus) non è regolare; entrambi hanno nidificato saltuariamente negli ultimi anni. Da agosto in poi compaiono regolarmente il Gabbianello (Hydrocoloeus minutus) e la Sterna zampenere (Gelo­ chelidon nilotica); recentemente sono stati segnalati anche il Fraticello (Ster­ nula al­bi­frons) e il Marangone minore (Micro­car­bo pygmeus). Ad autunno inoltrato arrivano pun-

Fabio Gardosi

Garzetta (Egretta garzetta), mentre da qualche anno non si registra più quella della Nitticora (Nycticorax nycticorax), un tempo regolare. Varie coppie di Airone rosso nidificano in mezzo ai canneti, sia di Tivoli sia di Manzolino, insieme ai Tarabusini ed ai Falchi di palude. Molti fotografi sono attirati dai maschi di questi ultimi quando trasportano il materiale per il nido, sotto il vigile sguardo delle femmine che controllano i lavori.

■ Il Pettazzurro (Luscinia svecica), pur essendo presente anche in inverno, è una specie più facile da osservare in periodo migratorio: in marzo e aprile e tra fine agosto e settembre.

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Giordano Cerè

tuali le Averle maggiori (L. excubitor), si possono osservare più soggetti contemporaneamente tra Tivoli e Manzolino, i Forapaglie castagnoli (Acrocepha­ lus melanopogon), i Tarabusi (Botaurus stellaris), le Beccacce (Scolopax rusti­ cola) e tutti i più comuni passeriformi

svernanti, ma qui non nidificanti. Per il Tarabuso non è ancora stata provata la nidificazione, ma è stato osservato in corteggiamento aereo, uno spettacolo mozzafiato e unico. Le osservazioni effettuate dai bird­ watchers, i censimenti e l’attività di ina-

Fabio Gardosi

■ Tra gli uccelli europei, il Tarabuso (Botaurus stellaris) è uno dei maestri del mimetismo, essendo in grado di rendersi invisibile in prossimità di un canneto.

■ Il Basettino (Panurus biarmicus) è sempre un bell’incontro, soprattutto se capita di imbattersi in un maschio adulto come quello ritratto nella foto.

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nellamento hanno fornito i dati sulla migrazione delle specie presenti all’interno della zona. Le migliaia di catture, effettuate da volontari, hanno portato a conclusioni interessanti, mettendo in evidenza la fedeltà al sito di alcune specie, quali il Cavaliere d’Italia che è ritornato in questa zona per nidificare anno dopo anno. L’attività di inanellamento di Manzolino ha permesso inoltre di individuare uccelli con anelli provenienti da altri Paesi quali Svezia, Francia, Ungheria, Rep. Ceca, Spagna, ecc. Nell’area si possono osservare varie specie di anfibi, pesci, rettili e mammiferi; tra gli anfibi il Rospo comune (Bu­ fo bufo), il Tritone punteggiato (Lisso­ triton vulgaris), la Raganella italiana (Hy­la intermedia) e il Rospo smeraldino (Bu­fo viridis). A volte la Vol­pe (Vulpes vulpes) offre ai visitatori uno spettacolo unico sostando all’ombra delle canne per ripararsi dal sole estivo, mentre i suoi cuccioli giocano freneticamente. L’oasi è costantemente in evoluzione ed espansione, è prevista la realizzazione di nuovi bacini per la fitodepurazione, con relativo percorso visita. Numerosi sono i progetti per la tutela e il benessere degli animali: all’interno del pioppeto e del bosco, per esempio, sono stati installati molti nidi artifi-

ciali che sono puntualmente occupati da varie specie di uccelli, che riescono così a portare a termine al sicuro e con successo le loro covate. Volendo sintetizzare le caratteristiche di quest’area si possono citare: la varietà di ambienti, la sua particolare posizione fra il Tirreno e l’Adriatico, l’ab­­­bondanza di fauna e la grande biodiversità; la somma di queste qualità è stata determinante per il riconoscimento del sito come SIC/ZPS (Sito di Importanza Comunitaria/Zona di Protezione Speciale). Come raggiungere l’oasi L’area è divisa a metà tra la provincia di Bologna (comune di San Giovanni in Persiceto) e quella di Modena (comune di Castelfranco Emilia). Se si proviene dall’autostrada A1, si deve uscire a Modena nord e successivamente seguire le indicazioni per Bologna e poi per Castelfranco Emilia. Altrimenti si può uscire a Bologna Borgo Panigale e poi seguire le indicazioni per San Giovanni in Persiceto. Si giunge quindi alla strada che collega questi 2 comuni, denominata (in provincia di Bologna) Strada Provinciale 41 che diventa poi Strada Provinciale 6 (in provincia di Modena); da questa strada si trovano le indicazioni per svoltare in direzione dei punti di osservazione. Coordinate: N 44°36’36” E 11°07’44”

Manzolino-Tivoli

Giordano Cerè

■ Il Pendolino (Remiz pendulinus) prende il suo nome dal caratteristico nido che viene appeso ai rami in prossimità di corpi d’acqua.

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Q SPECIE A RISCHIO B

Lungo la rotta dell’Ibis eremita Il progetto di studio e conservazione dell’Ibis calvo settentrionale di Nicoletta Perco

■ Parapendio a motore con a bordo pilota e genitore adottivo seguito dalla stormo di Ibis eremita (Geronticus eremita) durante la migrazione guidata. I voli si svolgono principalmente la mattina, dopo le prime ore di volo attivo; più tardi è possibile sfruttare le correnti termiche ascensionali (foto Archivio Waldtrappteam).



Fabio Perco

■ Le due aree di nidificazione dell’Ibis eremita in Marocco si trovano rispettivamente a Nord e a Sud di Agadir (PN di Souss Massa). Da circa 220 soggetti per 60 coppie (minimo raggiunto nel 2003, dopo l’estinzione delle ultime colonie della catena dell’Atlante) gli ibis sono risaliti in un decennio a circa 500 esemplari.

una popolazione, non più migratrice, di circa 100 esemplari della specie, mantenuta allo stato di semilibertà (http://www.iagnbi.org, 2009). In epoca storica la specie era presente in Europa come migratrice nell’area alpina e nidificava in vari siti in Baviera, Svizzera, Austria ed Italia nonchè, secondo quanto riportato da Konrad Gesner nel 1555, sulle pareti rocciose esistenti presso Pola (oggi Pula, in Croazia), in Istria (Gesner, 1555; Bauer et al., 1966). Altra testimonianza riguardante la presenza storica di questi uccelli nell’area istro-dalmata è poi documentata nell’opera del naturalista bolognese Ulisse Aldrovandi che, nel suo classico lavoro del 1599, riferisce di un “Phalacrocorax ex

Fabio Perco

L’

Ibis eremita (Geronticus eremita) è una specie a grave rischio d’estinzione (Critically Endangered), inserita nella lista rossa dell’IUCN (International Union for Conservation of Nature). Attualmente è ancora presente allo stato selvatico con una piccola popolazione in Marocco stimata nel 2011 in un numero di circa 500 – 600 soggetti, in graduale aumento, dopo un periodo di drammatico declino. In Siria sono invece presenti gli unici superstiti ancora in grado di compiere la migrazione tra il Medio Oriente e l’Etiopia: si trattava tuttavia, fino a poco tempo fa, solamente di 3 adulti ed un giovane. In Turchia, presso Birecik, esiste, infine,

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Archivio Waldtrappteam Archivio Waldtrappteam

■ Due individui adulti; nonostante la specie non sia di norma apprezzata per il suo aspetto, sono numerosi gli scatti che riescono a mettere in luce l’indiscutibile fascino, vagamente tenebroso, di quest’uccello. ■ Gli esemplari giovani sono caratterizzati dalla presenza di piumaggio sul capo. Raggiunta la maturità sessuale diventano calvi (a parte il ciuffo sulla nuca) come indica il nome inglese: “Northern Bald Ibis”. Il nome di “Ibis calvo” è stato tuttavia utilizzato in passato anche da vari autori italiani. Attualmente si utilizza di norma per indicare la specie simile sudafricana Geronticus calvus.

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Archivio Waldtrappteam

■ Un Ibis eremita spiega le ali durante un “bagno di sole”: un comportamento osservabile di frequente.

illyrio missus”, le cui fattezze, riportate in una immagine assai dettagliata, corrispondono esattamente a quelle di un Ibis eremita e non a quelle di un marangone o cormorano che dir si voglia (http://www. sbic.it). Phalacrocorax, del resto, significa letteralmente “corvo calvo”, appellativo, se vogliamo, decisamente più idoneo alla specie nota oggi con il nome di Ibis eremita. Di recente alcuni affreschi, che potrebbero riferirsi all’Ibis eremita, sono stati trovati in due chiese, risalenti alla fine del XV secolo, situate in Slovenia, non lontano da Trieste. Una si trova nel villaggio di Hrastovllje (Perco & Tout, 2001), l’altra presso Skocian (San Canziano, il sito delle famose grotte). È stato peraltro appurato che la specie era conosciuta in Slovenia almeno fino all’inizio del XIX secolo. Era infatti inserita in una lista ufficiale elaborata da un naturalista dell’epoca, il Barone Žiga Zois (Jančar, 1999; Stumberger, 1999), noto anche come Sigmund Zois von Edelstein (Trieste, 23/11/1747 - Lubiana, 10/11/1819). Tale interessantissima testimonianza, messa in luce in una pubblicazione apparsa sulla rivista slovena Acrocephalus, può far pensare che la specie fosse ben conosciuta in tempi molto più recenti e probabilmente anche presente, tanto da meritare il nome sloveno di “Klavžar”.

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Le cause dell’estinzione La scomparsa dell’Ibis eremita dall’Europa potrebbe essere perciò ben più recente e forse risalire ad assai meno di 200 anni fa, anziché 500, come spesso erroneamente si riporta. Le cause dell’estinzione sembrano essere state molteplici. Principalmente essa pare risalire all’elevato numero di abbattimenti a carico della specie, spesso probabilmente anche perseguitata a causa del suo aspetto, che potrebbe ricordare quello di una strega. Non va sottovalutato anche il fatto che l’Ibis eremita, nell’Europa di un tempo, era considerato una leccornia da principi, specialmente se prelevato dal nido. Per tale motivo era talora tutelato da regolamenti ed editti di cui è rimasta testimonianza. La scomparsa dall’areale mediterraneo potrebbe essere altresì dovuta alla somiglianza dell’Ibis eremita con cormorani e marangoni, considerati responsabili di un eccessivo prelievo ittico e perciò abbattuti e perseguitati. L’Ibis eremita, oltre ad assomigliare a tali specie, soprattutto in volo, spesso nidificava in ambiente simile ovvero su scogliere e zone rocciose lungo la costa e nei pressi di zone lacustri interne. Altra causa è da ricercare nella graduale scomparsa di un habitat adatto. L’Ibis eremita predilige infatti, soprattutto per la ricerca di cibo, ambienti aridi e aperti con vegetazione alta al massimo un pa-


Il Waldrappteam Il progetto del “Waldrapp-team” (da Waldrapp: nome tedesco che identifica la specie) nasce nel 2002 con lo scopo di testare l’eventuale possibilità di ricreare una popolazione migratrice di Ibis eremita in Europa, in particolare nelle aree dove la specie era presente in passato. Nel 1997, a seguito di alcune sperimentazioni precedenti condotte tanto all’Alpenzoo di Innsbruck quanto in Israele, presso l’Istituto Konrad Lorenz di

Grünau (K.L. Forschungsstelle) venne allevata una colonia di Ibis eremita tenuti semiliberi. Ben presto gli uccelli manifestarono la volontà di spostarsi, ma si dispersero seguendo le direzioni più svariate, per la maggior parte verso il freddo Nord-Est, dal quale non fecero più ritorno. Il biologo Johannes Fritz, che a quel tempo stava concludendo la sua tesi di dottorato presso il centro studi, iniziò allora a valutare la possibilità di insegnare una rotta migratoria a questi uccelli, avvalendosi dell’allevamento tramite “imprinting”, metodo ampiamente descritto e studiato dall’etologo fondatore del centro. L’idea, ripresa in tempi moderni per prima da Ellen Thaler, dell’Alpenzoo di Innsbruck, prende lo spunto da quanto lo stesso Gesner riporta nelle sue antiche cronache: pare infatti che in Svizzera nel XVI secolo fosse diffusa l’abitudine di allevare giovani “Waldrapp” e lasciarli liberi di volare, come animali da compagnia. Tale metodo, ulteriormente affinato, prevede il prelievo di alcuni pulcini appena nati dalle colonie presenti in vari zoo europei partners del progetto. La specie infatti, sebbene sia molto rara in natura, è presente con ben più di mille soggetti in giardini zoologici e altre strutture a livello mondiale, dove si riproduce con notevole successo. I pulcini vengono quindi allevati “a mano” dai nuovi genitori umani subendo il cosiddetto “imprinting” ovvero ponendo “l’impronta” su di loro. Questo fenomeno, come definito da Konrad Lorenz (1989), è “l’apprendimento in fase precoce e sensibile”, possibile solamente in un breve arco di tempo subito dopo la schiusa (in parte avviene già anche all’interno dell’uovo). L’allevamento di più soggetti contemporanea-

Archivio Waldtrappteam

io di centimetri. La presenza della specie era quindi strettamente legata alla pratica della pastorizia, dello sfalcio, nonché dell’incendio di vaste aree che permettevano la conservazione di ambienti aperti. Il graduale abbandono di tali pratiche agricole e di un certo stile di vita da parte delle popolazioni stanziate sia nell’area alpina sia lungo la costa adriatica, con una conseguente riforestazione, può aver giocato un ruolo decisivo, in talune aree, nella graduale scomparsa della specie. Infine, dai dati meteorologici disponibili, risulta che tra il 1550 ed il 1750 l’Europa sia stata attraversata da un periodo particolarmente freddo, tanto da essere conosciuto come “piccola era glaciale”. Il clima rigido e gli inverni particolarmente lunghi potrebbero aver avuto anch’essi un’influenza negativa su numerose specie meridionali, la cui presenza nell’area alpina era stata fino a quel momento possibile. Più recentemente, invece, in Marocco ed in Turchia, la popolazione di Ibis eremita ha subito un notevole decremento a causa del largo uso, in agricoltura, di pesticidi e insetticidi contenenti DDT e DDE (Bowden & Aghnaj, 1999).

■ “Goja” a Burghausen nella primavera del 2012. Dopo aver migrato da sola dall’Austria alla Baviera si è riprodotta e ha allevato tre pulcini, che a settembre l’hanno seguita nel viaggio verso il quartiere di svernamento presso l’Oasi WWF della Laguna di Orbetello.

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Markus Unsold

■ Nicoletta Perco durante l’allevamento di un gruppo di Ibis eremita presso lo zoo di Monaco di Baviera. Grazie al supporto di alcuni zoo europei è spesso possibile usufruire di strutture adeguate per lo svolgimento di questa fase del progetto. In cambio il pubblico può assistere attraverso apposite vetrate.

■ Un Ibis eremita con il suo genitore adottivo. Durante l’allevamento è importante parlare molto ai pulcini e passare con loro più tempo possibile, in modo da creare un forte legame e una vera e propria “impronta culturale” (imprinting).

mente (imprinting sociale) fa sì che gli uccelli riconoscano l’essere umano come proprio genitore naturale e, allo stesso tempo, si identifichino nella loro reale specie di appartenenza sviluppando un normale comportamento sociale e riproduttivo nei confronti dei propri simili. I genitori adottivi, in genere due per un gruppo di circa 15 ibis, trascorrono un periodo di almeno due mesi a stretto contatto con i pulcini. Durante le prime settimane è necessario nutrirli ad intervalli di due ore. Si tratta perciò di una fase molto impegnativa. Durante l’alimentazione (un mix di carne di topo, maiale e pulcino, ricotta, larve della farina e

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grilli, con l’aggiunta di calcio) i piccoli ibis vengono abituati a uno specifico richiamo, nonché al suono del velivolo che poi impareranno a seguire. Dopo poco più di un mese si inizia l’addestramento al volo. Gli ibis vengono portati sui campi dove iniziano a volare ed imparano a seguire i propri genitori adottivi a bordo del velivolo. Così, una volta finito l’addestramento, a settembre, dalla Baviera il Waldrappteam parte in volo verso la Toscana, insegnando ai giovani ibis la rotta migratoria che li porta dal quartiere riproduttivo all’area di svernamento. Nei primi anni di esperienze si è visto che i gio-


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â– Il responsabile del progetto, Johannes Fritz, con Daniela Trobe e il pilota. Nel 2011, durante la migrazione guidata, il Waldrappteam è riuscito a coprire in volo senza sosta una distanza di ben 360 km. â– Markus Unsold, con un gruppo di Ibis eremita vicino al paraplano a motore (parapendio a motore); le eliche sono schermate con una rete protettiva per evitare incidenti.

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■ Dal 2012, in collaborazione con vari specialisti inglesi è iniziato un progetto di studio sul “volo in formazione” degli Ibis eremita. Grazie ai dispositvi applicati sulla schiena degli ibis è possibile registrare molti dati, tra cui l’esatta posizione di ogni individuo nello stormo.

vani Ibis eremita seguono in volo il genitore adottivo, ovvero quello naturale, solo durante il primo autunno. Perciò in seguito non è più possibile ripetere l’esperienza con gli stessi uccelli. L’obiettivo del progetto è d’altra parte far sì che, una volta adulti, attorno ai 3 anni di età, gli ibis ripercorrano autonomamente a ritroso la rotta imparata, migrando dalla Toscana alla Baviera, dove si dovrebbero riprodurre per poi tornare a sud con i giovani e tramandare loro la conoscenza della rotta migratoria. Nel settembre del 2003 il Waldrappteam mise in atto la prima migrazione guidata dall’uomo. Dalla Baviera un gruppo di giovani Ibis eremiti avrebbe dovuto seguire in volo i genitori adottivi che a bordo di due deltaplani a motore li avrebbero dovuti guidare fino all’area scelta per lo svernamen-

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to presso l’Oasi WWF della Laguna di Orbetello, in Toscana. Purtroppo questo primo tentativo non è andato a buon fine e si è concluso sulla costa adriatica. In seguito gli ibis sono stati portati comunque in Toscana, dove hanno trascorso l’inverno all’interno di una voliera. Poi, nel 2004, il gruppo è stato trasferito presso lo Zoo di Rosegg, in Carinzia, dove esiste tuttora una colonia allo stato di semi-libertà. Dal 2004, in totale, sono state effettuate ben sette migrazioni guidate dall’uomo. Inizialmente la rotta prevedeva il sorvolo della catena montuosa alpina. Tuttavia dal 2007 si è deciso di passare attraverso la Slovenia, in modo da rendere il volo meno rischioso (Fritz, 2012, unpubl.). Tutti i voli hanno come meta finale l’Oasi WWF della Laguna di Orbetello, scelta appunto co-


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■ Grazie all’utilizzo di questi velivoli, durante la migrazione, la velocità di volo non è troppo elevata e gli ibis riescono a seguire la guida senza difficoltà.

me area di svernamento per le condizioni climatiche apparentemente favorevoli. Un totale di 95 Ibis eremita allevati con il metodo dell’imprinting è stato addestrato a compiere la migrazione dalla Baviera alla Toscana. Non tutti gli esemplari sono riusciti ad arrivare a destinazione, ma comunque ben 81 tra di loro hanno raggiunto l’area di svernamento (Fritz, 2012, unpubl.). Ogni anno l’esperienza acquisita durante i voli aggiunge qualche elemento di maggiore conoscenza, fondamentale per venire incontro alle esigenze degli Ibis eremiti durante il viaggio migratorio. Oltre alla rotta vi sono stati altri cambiamenti che hanno permesso di migliorare la performance di volo. Tra questi fondamentale è stato l’utilizzo di un nuovo velivolo, infatti al posto del troppo veloce deltaplano ben presto si è scelto l’utilizzo di parapendii a motore che meglio si adattano alla velocità degli uccelli in volo. Inoltre dal 2008 le eliche dei velivoli sono state schermate con una rete protettiva al fine di evitare spiacevoli incidenti (Fritz, 2012, unpubl.). Fondamentale è poi stato l’impiego di un pilota

professionista durante la migrazione. Grazie al suo esperto aiuto nel 2011 la distanza media giornaliera di volo sfiorava i 360 km. Gli Ibis eremiti durante l’allevamento e durante il periodo di addestramento al volo dipendono totalmente dai loro genitori adottivi per quanto riguarda la fornitura di cibo. Cominciano ad alimentarsi in maniera autonoma solamente una volta finita la migrazione guidata dall’uomo, quando vengono integrati nello stormo svernante. È tuttavia necessario mantenere gli uccelli in qualche modo legati all’uomo al fine di poterli catturare agevolmente e senza stress. Questo è possibile grazie alla fornitura di un supplemento di cibo sia nel quartiere riproduttivo sia in quello di svernamento. Bisogna inoltre sottolineare che negli ultimi anni si è deciso di custodire gli uccelli in voliera presso l’Oasi WWF di Orbetello durante tutto il periodo venatorio ed in questo caso è necessario prendersene cura quotidianamente. Uno degli obiettivi futuri è quello di limitare al minimo i periodi di reclusione e infatti già dal-

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Nicoletta Perco

lo scorso autunno i soggetti presenti presso l’Oasi WWF di Orbetello sono stati liberati. Questo è stato possibile soprattutto grazie alla costante sorveglianza e presenza sul posto di Daniela Trobe, preziosa collaboratrice del Waldrappteam. Dal 2011 tutti gli Ibis eremiti del progetto Waldrappteam sono stati equipaggiati con trasmettitori GPS/GSM. In tal modo è possibile seguirne costantemente gli spostamenti, in particolare durante i periodi di migrazione primaverile e autunnale. Tali dispositivi funzionano attraverso la rete GSM ed inviano, tramite sms, ad intervalli regolari, la posizione dell’animale. È necessario tuttavia ricaricarli periodicamente e pertanto gli ibis devono essere catturati durante i loro spostamenti. A tale scopo vengono semplicemente attirati con del cibo e in genere non è necessario ricorrere a metodi più invasivi. Gli Ibis eremiti allevati dall’uomo, una volta conclusosi il periodo di addestramento, rimangono infatti confidenti, ma solamente con i genitori adot-

■ Una volontaria del Waldrappteam mentre applica il trasmettitore GPS/GSM. Grazie a questi localizzatori gli ibis vengono seguiti costantemente durante i loro spostamenti. Gli esemplari allevati con “imprinting” sono abituati a essere maneggiati e perciò queste procedure risultano poco stressanti per gli uccelli.

■ La mappa evidenzia la rotta seguita durante la migrazione guidata. La partenza può avvenire da Burghausen (Baviera, in Germania) o da Salisburgo (Austria); si attraversano poi la Slovenia e l’Italia per terminare presso l’Oasi WWF della Laguna di Orbetello.

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tivi o con chi se ne prende cura in maniera costante. In libertà mantengono comunque una certa distanza dall’uomo, indicativamente attorno ai 15 metri durante la migrazione e 5 metri nelle aree di riproduzione e svernamento, dove si sentono più sicuri. Dal 2004 all’agosto del 2012 un totale di 130 Ibis eremiti sono entrati a far parte del progetto Waldrappteam. Durante lo stesso periodo ben 88 di questi sono deceduti o scomparsi. Attualmente la popolazione consta di 42 uccelli. La maggior parte degli Ibis eremita è stata allevata con il metodo dell’imprinting (107 uccelli). Tuttavia è sempre maggiore il numero di pulcini allevati dai propri genitori naturali (Fritz, 2012). La tabella elenca gli Ibis eremita che sono partiti da Burghausen alla volta della Toscana nell’autunno 2012. Alcuni individui, purtroppo, sono stati presi a fucilate e perciò il Waldrappteam ha deciso di ricollocarli nelle voliere.


Nome Goja Jedi Jazu Turgay Janny Julio Domono Hella Bima Mikesch Gonzo Pepe Igor Alberich Shorty

Autumn Alp Po Apennine departure crossing valley 24-08-12 24-08-12 12-08-12 12-08-12 24-08-12 24-08-12 24-08-12 04-08-12 29-08-12 24-08-12 29-08-12 29-08-12 12-08-12 28-08-12 24-08-12

yes yes yes yes yes yes yes yes yes yes no no no no

yes yes yes yes yes yes yes yes no no no no no no

yes yes yes yes yes no no no no no no no no no

Final destination

Final country

Italy San Vincenzo Italy San Vincenzo Italy Vicarello Italy Vicarello Italy Valdalbero Italy Cesena Italy Cesena Italy Ferrara Italy Belluno Slovenia Sticna Austria Bramberg Austria Bramberg Austria Schladming Germany Chiemsee Swizerland Yvorne

Date final destination

Type

Distance L. Orbetello

13-10-12 13-10-12 07-10-12 09-10-12 19-10-12 08-10-12 11-10-12 07-10-12 10-10-12 15-10-12 15-10-12 15-10-12 06-10-12 16-10-12 21-10-12

shot and died shot and died transfer L.d.O. transfer L.d.O. transfer L.d.O. transfer L.d.O. shot and injured transfer L.d.O. transfer L.d.O. transfer L.d.O. transfer L.d.O. transfer L.d.O. died transfer L.d.O. missed

80 80 130 130 180 190 190 250 360 500 500 500 500 600

■ La tabella elenca gli Ibis eremita che sono partiti da Burghausen alla volta della Toscana nell’autunno 2012. Alcuni individui, purtroppo, sono stati presi a fucilate e perciò il Waldrappteam ha deciso di ricollocarli nelle voliere.

Gli ostacoli al progetto: la storia di Goja e Jazu Nella maggior parte dei casi non è stato possibile determinare la causa della scomparsa degli Ibis eremiti durante i periodi migratori. Nei casi in cui i soggetti deceduti sono stati recuperati la causa del decesso era riconducibile ad abbattimenti o a casi di elettrocuzione (Fritz, 2012, unpubl.). Tuttavia, anche quando gli ibis non sono mai stati ritrovati, tutto porta a credere che siano comunque caduti vittima di atti di bracconaggio (= abbattimenti illegali) avvenuti principalmente in Italia. Infatti in tutti i casi eccetto uno l’ultimo avvistamento è stato effettuato in Italia, inoltre il periodo di scomparsa, nella maggioranza dei casi, corrisponde con il periodo venatorio (settembre-gennaio). A distanza di 10 anni dall’inizio del progetto nessun ibis sessualmente maturo era riuscito a percorrere a ritroso la rotta da Orbetello verso l’Austria. Il 28 luglio 2011 Goja, una femmina nata nel 2009, riesce finalmente a raggiungere in modo autonomo il quartiere riproduttivo a Burghausen. Aveva lasciato la Toscana il 4 aprile 2011 e non era dotata di trasmettitore GPS. È una svolta importantissima per il progetto: per la prima volta un Ibis eremita riesce a ripercorrere la rotta ritornando al suo quartiere riproduttivo! Ma solamente pochi giorni dopo, il 4 agosto, Goja riparte e il primo ottobre raggiunge nuovamente la Toscana.

Trascorso il periodo invernale, il 29 marzo 2012, Goja lascia nuovamente l’area di svernamento. Questa volta Goja ha 3 anni compiuti ed è perciò da ritenersi adulta. Cinque giorni dopo, il 2 aprile, arriva a Burghausen, dove ci sono già alcuni Ibis eremita ad aspettarla: un gruppo appositamente creato per accogliere gli eventuali soggetti migratori provenienti dalla Toscana, la cui presenza dovrebbe stimolarli a nidificare. Goja infatti si riproduce con successo e alleva 3 pulcini. Finita l’estate, il 3 ottobre, riparte verso sud seguita da due dei suoi figli, Jedi e Janni. Dieci giorni dopo, a pochi chilometri da Orbetello, il viaggio di Goja viene purtroppo bruscamente interrotto. L’Ibis viene colpito e ucciso nei pressi di San Vincenzo ed assieme a lei viene recuperato anche il giovane Jedi, che morirà poco dopo. L’altro giovane, Janni, si era fortunatamente separato dalla madre e dal fratello qualche giorno prima, ed era rimasto fermo in un’area in provincia di Modena. Questo deve avergli salvato la vita. Tuttavia, privato della sua guida, non avrebbe potuto raggiungere la Toscana autonomamente ed è stato quindi recuperato dalle operatrici del Waldrappteam, che lo hanno portato ad Orbetello sano e salvo. Nei giorni successivi al tragico evento il Waldrappteam decide di recuperare tutti gli Ibis eremita ancora in movimento tra Baviera e Toscana al fine di evitare ulteriori perdite. Nonostante la storia di Goja abbia avuto un triste epilogo, è riuscita a lasciare un’importante ere-

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■ Ibis eremita in formazione di volo durante la migrazione guidata.

dità. L’anno prima, Goja, era infatti ripartita verso sud con tre giovani. Si trattava di soggetti nati presso la colonia stanziale di Burghausen ma allevati da altri genitori. Subito dopo la partenza, dopo pochi chilometri, uno dei tre giovani rimane ferito e non può più continuare il viaggio. I due Ibis rimanenti si chiamano Burgi e Jazu. Ben presto però anche Burgi si separa dal fratello e da Goja, continuando per conto suo in direzione ovest e poi sud ovest e il 29 settembre viene ritrovato morto per elettrocuzione nei Pirenei! Jazu invece continua a seguire Goja e il primo ottobre 2011 entrambi raggiungono l’area di svernamento. L’anno successivo, il 6 luglio 2012 Jazu lascia la Toscana e, viaggiando da solo, circa un mese dopo, l’8 agosto, raggiunge Burghausen. Dopo una brevissima permanenza presso il quartiere riproduttivo, il 12 dello stesso mese riparte verso sud. A seguito dei provvedimenti presi dal Waldrappteam in conseguenza ai casi di bracconaggio anche Jazu viene recuperato, a Vicarello, in provincia di Livorno, senza che possa terminare da solo il suo rientro ad Orbetello. Jazu di fatto è il primo Ibis eremita che sia riuscito a ripercorrere autonomamente la rotta

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tra la Baviera e la Toscana dopo averla appresa da un altro Ibis eremita anzichè dal deltaplano. Vedremo se una volta adulto riuscirà a instaurare un vero e proprio ciclo migratorio, raggiungendo Burghausen in tempo per nidificare. Questi Ibis eremiti non sono comunque gli unici a essere riusciti nell’impresa migratoria. Come si può notare, nella tabella è riportato un elenco di tutti quelli che nell’autunno 2012 hanno lasciato Burghausen per dirigersi verso sud. La primavera precedente (2011) in totale 6 Ibis eremiti erano riusciti a raggiungere il quartiere riproduttivo partendo dalla Toscana; altri 5 invece non erano riusciti a valicare le Alpi ed era stato necessario trasferirli oltre la catena montuosa affinché continuassero il viaggio fino a Burghausen (Fritz, 2012). Le Alpi rappresentano nei fatti un grosso ostacolo per la migrazione degli Ibis eremiti ma le osservazioni dimostrano che questi tentano comunque di valicarle secondo un percorso rettilineo anziché seguire la tortuosa ma meno insidiosa rotta che passa attraverso la Slovenia e che è stata peraltro insegnata loro durante la migrazione guidata (Fritz, 2012, unpubl.).


Il caso di bracconaggio a carico di Goja è stato sicuramente il più eclatante, in particolare per l’importanza che questo Ibis eremita aveva per il progetto. Grazie alle indagini della Polizia Provinciale di Livorno è stato tuttavia possibile identificare il colpevole (un cacciatore di Livorno), che dovrà affrontare le conseguenze del suo atto criminale. Quello di Goja non è comunque un caso isolato, infatti poco tempo prima anche un’altro Ibis eremita, Domino, era stato recuperato gravemente ferito da arma da fuoco nei dintorni di Cecina, Livorno. Grazie al repentino intervento di recupero e grazie alle prolungate cure da parte di Renato Ceccherelli, veterinario del centro recupero della LIPU, il CRUMA di Livorno, Domino è guarita completamente e ora si trova assieme agli altri ibis presso l’Oasi WWF della Laguna di Orbetello. Infine è da ricordare anche quanto è avvenuto nel dicembre 2011 in Abruzzo, presso l’Aquila, dove ben quattro Ibis eremiti sarebbero stati presi a fucilate. Di questi almeno uno fortunatamente si è salvato.

Prospettive future

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A seguito principalmente di questi ultimi fatti accaduti in Abruzzo il Waldrappteam ha deciso di sospendere la migrazione guidata dall’uomo per l’anno 2012, per dedicare tutti gli sforzi e le energie

a una campagna antibracconaggio, supportata anche della Federazione Italiana della Caccia. Dal settembre 2012, anche nella prospettiva di ottenere i fondi europei richiesti nell’ambito del programma finanziario LIFE+, il Waldrappteam ha ottenuto l’appoggio di numerose associazioni internazionali e italiane, attive in ambito ornitologico e conservazionistico, tra le quali compare ovviamente anche EBN Italia. Un vasto supporto è ora più che mai fondamentale per portare avanti il progetto. Infatti è con il coinvolgimento di tutti: ornitologi, appassionati e non solo, che si può pensare di limitare in modo significativo l’abbattimento illegale di esemplari di questa ed altre specie. Il Waldrappteam si propone perciò di portare avanti una campagna di sensibilizzazione e divulgazione rivolta principalmente al mondo venatorio, con l’ambizioso obiettivo di ridurre sensibilmente, se non eliminare del tutto, il fenomeno del ferimento o abbattimento di specie escluse dall’elenco di quelle cacciabili. Al di là di importanti acquisizioni a livello di conoscenza, che comunque esistono e sono ora disponibili, se è vero che il “Progetto Ibis Eremita” difficilmente potrà avere successo in tempi brevi per la ricolonizzazione di antichi areali in Europa da parte di popolazioni auto-sufficienti, potrà quanto meno rappresentare (ed è un auspicio) un importante passo avanti nell’accidentato processo di crescita culturale di chi esercita la caccia in Italia.

■ “Goja” nell’area di svernamento nell’Oasi WWF della Laguna di Orbetello. Durante la stagione venatoria gli Ibis eremita vengono custoditi in voliera al fine di evitare perdite dovute ad atti di bracconaggio.

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■ Daniela Trobe, preziosa collaboratrice del Waldrappteam, assieme ad un giovane Ibis eremita.

■ Johannes Fritz, responsabile del progetto Waldrappteam, partecipa ogni anno alla migrazione guidata che si svolge, in settembre, dalla Baviera alla Toscana. Durante il viaggio sono previste numerose soste presso campi da volo in varie regioni d’Italia.

Ho iniziato a conoscere gli Ibis eremiti parecchi anni fa, presso l’Oasi dei Quadris di Fagagna (UD) dove dal 1989 è presente una colonia riproduttiva all’interno delle voliere che ospitano anche un certo numero di cicogne bianche. Qualche anno dopo, mentre frequentavo il primo anno di università, ho collaborato ad un progetto di tesi universitaria seguito da mio padre e da Kurt Kotrschal, direttore dell’Istituto Konrad Lorenz di Gruenau (Austria). Lo studio avviato prevedeva l’allevamento tramite imprinting di alcuni Ibis eremiti. Conclusa l’interessante esperienza, per anni ho seguito solo marginalmente gli sviluppi del progetto promosso dall’organizzazione, “Waldrappteam”, nel frattempo fondata in Austria, finchè, nel 2009, è stata avviata una collaborazione con la Riserva Naturale Foce Isonzo e la Stazione Biologica Isola della Cona (SBIC), che qui ha sede. Così gli Ibis eremiti sono ricomparsi nella mia vita e, poco tempo dopo, anch’io ho iniziato a collaborare attivamente con il progetto, che ha lo scopo di garantire un futuro per una specie minacciata a livello globale. Nicoletta Perco Contatti: Johannes Fritz, jfritz@waldrapp.eu, 0043-676-5503244 Nicoletta Perco, nikipe@libero.it, 347-5292120

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■ Un ibis in alimentazione; in quest’immagine sono visibili gli anelli colorati con cui vengono marcati gli individui del progetto. Sull’anello blu è riportato il numero di telefono da chiamare in caso di avvistamento. Le segnalazioni sono di grande aiuto per il progetto stesso.

Bibliografia essenziale Aldrovandi, U. 1599-1603. Ornithologia, sive avium historia. Libri XX, t. 3. Bononiae, apud Franciscus de Franciscis, in folio. Bauer, K.M., Glutz von Blotzheim, U.N. 1966. Handuch der Voegel Mitteleuropas. Ak. Verlagsgesellschaft, Frankfurt am Main. Bowden C., Aghnaj A., 1999. Conserving the last remaining wild Northern Ibis population in Morocco. In Bohm C. ed.: 2nd Northern Bald Ibis Studbook. Alpenzoo Innsbruck, Tirol. 21-26. Fritz J., 2012. Northern Bald Ibis (Geronticus eremita) reintroduction feasibility study: an overview. Unpublished. Gesner, C. 1555. Historia animalium. III De Avibus. (prima ed. latina). 1582.Vogelbuch.1617 (seconda ed. latina). Jancar, T. 1999. Nomenclatura carniolica by Baron Ziga Zois - on 200th anniversary of his manuscript. Acrocephalus 20 (94-96): 71-86. Perco F., Tout P. 2001. Notes on recent discoveries re-

garding the presence of the Northern Bald Ibis Geronticus eremita in the Upper Adriatic Region - Zapiski o nedavnih odkritjih znamenj o pojavljanju klavžarja Geronticus eremita v območju gornjega jadrana. Acrocephalus 22 (106-107): 81-87. http://www.iagnbi.org - Status & Conservation. http://www.sbic.it - Articoli e pubblicazioni: Perco F., Note sulla recente presenza dell’Ibis eremita Geronticus eremita nel Friuli Venezia Giulia e all’Isola della Cona. Stumberger, B. 1999. Bald Ibis message. Acrocephalus 20 (94-96): 69-70.

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Q TASSONOMIA B

C’era una volta la Sterpazzolina Una sfida al limite tra le specie

L

a confusione tassonomica che ha contraddistinto questo passeriforme è un ottimo esempio di come possa essere fuorviante basare la sistematica sui caratteri morfologici e di come le sorprese possano giungere anche da aree geografiche ben indagate. Il caso più emblematico è rappresentato dalla Sterpazzolina di Moltoni, Sylvia subalpina (sin. Sylvia moltonii), descritta come sottospecie negli anni Trenta, ritenuta in seguito non più valida fino agli anni ’90 e recentemente definita specie a sé stante ed entità maggiormente diversificata dalle altre nell’ambito del complesso di specie Sylvia cantillans. Quella che una volta era la specie Sylvia cantillans, infatti, appare ora come un complesso di specie. I complessi di specie offrono spesso un interessante esempio di progressiva differenziazione tra taxa affini, e la sterpazzolina non fa eccezione; ciò che la rende però un po’ eccezionale è che l’interessante campionario di divergenza si ritrova in un areale piuttosto ristretto, coincidente, di fatto, con il bacino del Mediterraneo. Tolta la Sterpazzolina di Moltoni, le altre popolazioni di S. cantillans si possono ricondurre ad (almeno) altri due gruppi principali. Un gruppo ha una distribuzione che interessa la porzione occidentale del bacino del Mediterraneo e comprende le popolazioni tradizionalmente attribuite alla sottospecie nominale S. c. cantillans e, verosimilmente, quelle nordafricane (S. c. inornata, per le quali mancano dati genetici a supporto della parentela, ipotizzata in base a morfologia e distribuzione, con le popolazioni franco-iberiche). L’altro gruppo comprende le popolazioni della parte centro-orientale del Mediterraneo e include la popolazione dell’Italia continentale e della Sicilia (abitualmente attribuite a S. c. cantillans, come

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di Mattia Brambilla le popolazioni franco-iberiche, dalle quali risultano però ben differenziate, soprattutto a livello genetico), e quella dei Balcani (sottospecie S. c. albistriata). Questi due gruppi, occidentale e orientale, rappresentano indubbiamente due “specie filogenetiche” e il trattamento sistematico più adeguato per loro è probabilmente l’assegnazione a due distinte specie (o meglio ancora, a due allospecie facenti parte della stessa superspecie - vedi box), anche in ragione del fatto che recenti evidenze di campo mostrano una differente reazione al canto del proprio e dell’altro gruppo, a riprova di un possibile isolamento riproduttivo su base etologica, suggerendo ulteriormente l’opportunità di separare le due entità (M. Brambilla & D. Nespoli, dati inediti). L’Italia rappresenta il punto di incontro o di minor distanza tra tutti i taxa del complesso. S. subalpina (presente in Sardegna, Arcipelago Toscano e Italia centro-settentrionale) si rinviene in sintopia (presenza negli stessi posti, nello stesso habitat) con S. cantillans in diversi siti in Lombardia, EmiliaRomagna, Toscana, Umbria e probabilmente anche in Piemonte e Liguria. La sottospecie S. c. albistriata nidifica nell’estre­ mo nord-est del Paese; con individui/coppie sparsi è presente anche in alcune aree del centro-sud. Coppie nidificanti attribuibili al gruppo occidentale sono invece presenti in Piemonte e Liguria occidentali. A eccezione (forse) di S. c. inornata (la cui presenza nel sud non può essere esclusa in base alle conoscenze attuali), tutte le varie “forme” di Sterpazzolina sono quindi presenti in Italia. Questa compresenza rende particolarmente interessante lo studio di questi uccelli nel nostro Paese, e al tempo stesso richiede attenzione e cautela nell’attribuzione specifica o sottospecifica di individui appartenenti a S. cantillans (senso lato) osservati in Italia.


occidentale

inornata

subalpina

cantillans

albistriata

area di simpatria

■ Mappa della distribuzione delle diverse entità tassonomiche riconducibili al complesso Sylvia cantillans, in base ai dati attualmente disponibili. L’area di simpatria tra Sterpazzolina di Moltoni e sottospecie nominale ricade in gran parte nell’areale principale della prima specie, che è quasi invariabilmente l’entità più abbondante in questa fascia di sovrapposizione. In generale, la presenza di individui di una specie/sottospecie nel range principale delle altre è comunque un fenomeno osservato in diverse occasioni e appare in alcuni casi favorito da differenze fenologiche.

Con questo contributo intendo definire, per quanto possibile e in base alle attuali conoscenze, i confini delle varie entità che vanno sotto il nome di S. cantillans, alle quali spesso è difficile assegnare un preciso livello tassonomico, e presentare alcuni elementi utili alla distinzione (sotto) specifica di questi taxa. Altri elementi, relativi in particolare al pattern di colorazione della coda, sono attualmente in fase di studio e verosimilmente saranno disponibili nei prossimi mesi (L. Svensson, com. pers.). Non mi addentrerò nei problemi di nomenclatura (complicati dal fatto che tutti i “tipi” originali sono, in pra-

tica, andati persi) che interessano il gruppo di specie e che richiederebbero una lunga trattazione dedicata. In questo senso, il principale problema è legato al nome S. cantillans cantillans, che è tradizionalmente usato per definire le popolazioni occidentali e quelle italiane. Tuttavia, la specie è stata definita su individui italiani, dove la forma occidentale è molto rara, mentre sono abbondanti S. subalpina e la forma “italiana”. Stante la forte diversità esistente, soprattutto a livello genetico, tra la forma occidentale e quella italiana, sarà necessario rivedere la nomenclatura, poiché non è corretta la loro coesistenza sotto cantillans.

STERPAZZOLINE DEL “GRUPPO ORIENTALE” Le sterpazzoline presenti dall’Italia centrale ver­so sud ed est appartengono a un gruppo diverso rispetto a quelle occidentali (presenti invece in Fran­cia e Spagna). Rispetto a queste ultime, mostrano infatti una consistente divergenza a livello genetico, accompagnata da alcune sottili differenze morfologiche e, almeno in parte, vocali. Il piumaggio dei maschi si caratterizza per un colore mediamente più rosso e scuro nelle parti inferiori, che risultano meno aranciate, fino a essere

rosso mattone brunastro (albistriata). Le ali sono più lunghe, il mustacchio bianco mediamente più pronunciato (ma vi è ampia variazione e sovrapposizione), e la colorazione delle parti inferiori tende a essere concentrata al petto, mentre il ventre è spesso bianco. La coda tende a essere più bianca che nelle altre forme. Tutti questi caratteri si ritrovano accentuati nella sottospecie albistriata, mentre sono meno evidenti nella forma italiana.

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Sterpazzolina comune (sottospecie balcanica) Sylvia cantillans albistriata vata” sui fianchi, mustacchio bianco generalmente molto pronunciato (anche se questo carattere è molto variabile), redini scure, parti superiori grigio puro. Il becco appare più lungo e a volte leggermente incurvato verso il basso. Le femmine sono spesso molto bianche inferiormente e grigie supe­ rior­mente.

Enrico Benussi

Si distingue dalle altre specie/sottospecie per il verso di contatto (un “tret-tret” caratteristico), le dimensioni maggiori, le ali più lunghe e alcune caratteristiche del piumaggio. In particolare, i maschi adulti “tipici” hanno colorazione rosso mattone molto scura su gola e petto, che contrasta fortemente con il ventre bianco, colorazione rossastra “sla-

■ Sterpazzolina orientale, maschio della sottospecie albistriata; Croazia, maggio. Si nota bene la tipica colorazione delle parti inferiori: gola e petto rosso-mattone, contrastante con il ventre bianco, e colorazione tenue sui fianchi. Caratteristica anche la testa molto grigia con redini scure.

Sterpazzolina comune (sottospecie italiana) Sylvia cantillans cantillans Le sterpazzoline nidificanti in Italia centrale e meridionale (presenti in maniera sparsa in Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana e più diffuse da Lazio e Marche verso sud) sono geneticamente “vicine” a quelle orientali (albistriata), mentre morfologicamente appaiono intermedie tra queste e quel-

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le occidentali. Spesso posseggono una colorazione relativamente scura sul petto e ventre bianco, ricordando quelle orientali, ma alcuni individui mostrano una colorazione uniforme su tutte le parti inferiori, come quelle franco-iberiche, rispetto alle quali appaiono mediamente più rosse e meno aranciate,


Angelo Meschini Angelo Meschini

■ Sterpazzolina comune, maschio della sottospecie nominale; Lazio, aprile. Le parti inferiori mostrano spesso una tonalità di rosso intermedia tra il rosso-marrone di albistriata e il rosso-arancione delle popolazioni occidentali. Il mustacchio bianco è generalmente pronunciato, come in questo individuo. ■ Sterpazzolina comune, femmina della sottospecie nominale; Lazio, aprile. La colorazione delle parti inferiori appare come una copia “sbiadita” della colorazione dei maschi; non sono rari individui con colorazioni più estreme: alcune femmine appaiono molto simili ai maschi, altre sono quasi bianche.

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ma anche questo carattere appare molto variabile e alcuni individui appaiono aranciati almeno quasi quanto quelli delle popolazioni occidentali. Il verso

di contatto ricorda quello delle popolazioni occidentali (e quindi della Bigiarella), rispetto alle quali appare forse più dolce e più “bagnato” (“check”).

STERPAZZOLINE DEL “GRUPPO OCCIDENTALE” Le popolazioni franco-iberiche appaiono differenziate da quelle centro-sud italiane e del Mediterraneo orientale, in particolare dal punto di vista genetico. Mancano attualmente dati genetici e acustici relativamente alle popolazioni nord-africane, che morfologicamente appaiono simili a quelle franco-

iberiche. Nell’insieme queste popolazioni possono essere ragionevolmente attribuite a un’entità separata dal resto del gruppo (allospecie all’interno della superspecie), al momento definibile come “Sterpazzolina occidentale”, il cui status di specie a sé stante è molto probabile ma merita comunque conferme e approfondimenti.

Sterpazzolina occidentale (sottospecie franco-iberica) Sylvia sp. spp. d’Aosta), sebbene manchino in buona parte conferme dirette relative all’attribuzione tassonomica della maggior parte di queste popolazioni. La colorazione delle parti inferiori (nei maschi adulti) è solitamente rosso-arancione ed estesa fino al ventre.

Francesco Veronesi

Il nome specifico è da individuare: potrebbe essere inornata o un nome precedentemente definito su popolazioni francesi o iberiche. Diffusa in Francia, Penisola iberica e nell’estrema porzione occidentale del nostro Paese (Liguria, Piemonte, Valle

■ Sterpazzolina occidentale, maschio; Spagna, maggio. Notare la colorazione rosso-aranciata delle parti inferiori, uniformemente colorate, e il mustacchio ben visibile ma non molto pronunciato. Il verso di contatto ricorda quello della capinera e della bigiarella, rispetto alle quali è un po’ più dolce.

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Sterpazzolina occidentale (sottospecie nordafricana) Sylvia sp. inornata delle parti inferiori (nei maschi); sovente anche le femmine mostrano una colorazione giallo-arancione piuttosto marcata nelle parti inferiori.

Gianni Conca

Simile alla Sterpazzolina occidentale (sottospecie franco-iberica), rispetto alla quale è da considerarsi conspecifica, si caratterizza per il colore tendente all’arancione puro o all’arancione-giallastro

Gianni Conca

■ Sterpazzolina occidentale, maschio della sottospecie inornata; Marocco, aprile. Colorazione inferiore gialloarancione carico, mu­ stac­chio ben definito ma relativamente stretto.

■ Sterpazzolina occidentale, femmina della sottospecie inornata; Marocco, aprile. Colorazione inferiore gialloarancione piuttosto mar­cata.

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STERPAZZOLINA DI MOLTONI Sterpazzolina di Moltoni Sylvia subalpina (sinonimo Sylvia moltonii) il Verzellino (Serinus serinus) per la rapidità e l’assenza di stacchi tra una nota e l’altra. Morfologicamente, la Sterpazzolina di Moltoni si differenzia dalle altre per la colorazione delle parti inferiori, rosa salmone anziché rosso o arancione, di intensità variabile ma priva di pigmentazione arancione. Questo carattere vale ovviamente per i maschi adulti e per alcune femmine particolarmente colorate, mentre per molte femmine e per i giovani è di scarsa o nulla utilità. Negli individui di questa specie, la proiezione delle primarie appare relativamente corta e le punte delle primarie sono solitamente abbastanza arrotondate. Il mustacchio bianco risulta spesso poco pronunciato, con estremità assottigliate e/o arrotondate, sebbene vi sia ampia variazione in questo carattere.

Pietro Fadda

Si tratta dell’entità più distante dalle altre appartenenti al complesso, sia per quanto riguarda la divergenza genetica sia per le vocalizzazioni, le strategie di muta, la fenologia (date di arrivo e di riproduzione), sul cui stato specifico possiamo dirci sicuri. Il miglior metodo per distinguere la specie è rappresentato dal verso di contatto, simile a quello dello scricciolo (“trrrr trrrrrrr”). Il canto del maschio mostra note più ravvicinate e termina più bruscamente di quello delle altre sterpazzoline; inoltre, spesso, contiene note simili al verso di contatto. A differenza del canto delle altre specie/sottospecie, che ricordano spesso il Fanello (Carduelis cannabina) o il Canapino comune (Hippolais polyglotta), quello della Sterpazzolina di Moltoni può ricordare

■ Sterpazzolina di Moltoni; Sardegna, agosto). Individuo con colorazione delle parti inferiori molto meno intensa. La colorazione delle parti inferiori delle femmine varia molto individualmente e, forse, anche geograficamente, sia in questa specie sia negli altra taxa del gruppo. Notare come la proiezione delle primarie sia piuttosto corta e anche le punte delle primarie appaiano arrotondate.

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Alessio Quaglierini Pietro Fadda

■ Sterpazzolina di Moltoni, maschio; Toscana, aprile). La colorazione delle parti inferiori è molto caratteristica: colore rosa-salmone esteso anche al ventre e relativamente uniforme, mustacchio bianco poco pronunciato (ma ampia variabilità). ■ Sterpazzolina di Moltoni, femmina; Sardegna, agosto). Individuo con colorazione delle parti inferiori abbastanza marcata e tipicamente “rosata” più che rosso-arancione.

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Glossario Quando si tratta di definire specie, sottospecie, superspecie, qualunque definizione incontra necessariamente qualche difficoltà: definire questi concetti infatti significa fissare entro limiti ”rigidi” delle situazioni che sono invece ”fluide” e che rappresentano un continuum di variazione che per necessità di catalogazione viene suddiviso in intervalli discreti. Superspecie, allospecie, semispecie: superspecie indica un gruppo monofiletico ristretto di allo- e semi- specie che si può ritenere separato da altri gruppi simili. Allospecie e semispecie rappresentano popolazioni che hanno acquisito le caratteristiche di specie, ma rientrano nel range inferiore della differenza tra specie, e sono tra loro allopatriche (cioè separate geograficamente; allospecie) oppure collegate da una fascia di ibridazione (semispecie). Si ricorre a una superspecie e ad allospecie/semispecie quando non si può provare o comunque stabilire con ragionevole sicurezza l’effettivo isolamento di taxa molto simili tra loro ma assimilabili a specie, la cui indipendenza evolutiva non può essere dimostrata fino in fondo. Complesso di specie: termine più ”informale” che rappresenta di fatto un’estensione del concetto di superspecie e designa un gruppo di specie tra loro morfologicamente affini e che rappresentano l’una per l’altra i “parenti più stretti”. Speciazione: il processo di differenziazione che porta alla formazione di specie. Può avvenire secondo modalità e meccanismi tra loro differenti. Sottospecie: insieme delle popolazioni di una specie, tra loro fenotipicamente simili, che occupano una porzione dell’areale di una specie e si differenziano fenotipicamente dalle altre popolazioni della specie.

Conclusioni La tassonomia delle sterpazzoline e l’identificazione delle diverse forme sono ancora argomenti di studio e di indagine e il quadro qui esposto non ha nessuna pretesa di essere definitivo. Stanti le attuali conoscenze, la soluzione al rebus sembra poter essere rappresentata da una suddivisione in tre specie, di Moltoni (sul cui stato speci-

fico non vi sono dubbi), comune e occidentale, queste ultime due probabili allospecie appartenenti alla superspecie Sylvia [cantillans]. La Sterpazzolina comune e quella di Moltoni sono abbondanti in Italia, mentre la Sterpazzolina occidentale è piuttosto localizzata e probabilmente scarsa anche come migratrice.

■ Tabella riassuntiva della variazione specifica e sottospecifica nel complesso Sylvia cantillans. La nomenclatura proposta è da ritenersi provvisoria, sia per quanto riguarda i nomi scientifici sia per quanto riguarda quelli comuni (tanto in italiano quanto in inglese). Anche la tassonomia deve considerarsi come suscettibile di possibili variazioni in seguito a ulteriori ricerche e approfondimenti. Nome italiano Sterpazzolina di Moltoni Sylvia subalpina Sterpazzolina di Moltoni Sterpazzolina comune Sylvia cantillans Sterpazzolina comune italiana

Sterpazzolina comune balcanica

Sterpazzolina occidentale Sylvia inornata Sterpazzolina occidentale (europea)

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Sterpazzolina occidentale (africana)

Nome scientifico e sottospecie

Nome inglese

Note

al momento considerata monotipica: Sylvia subalpina

Moltoni’s warbler

sinonimo: Sylvia moltonii

(Italian) Eastern subalpine warbler (Balkan) Eastern subalpine warbler

nomenclatura da confermare nomenclatura da confermare

(European) Western subalpine warbler (African) Western subalpine warbler

nomenclatura da confermare nomenclatura da confermare

Sylvia cantillans cantillans Sylvia cantillans albistriata Sylvia inornata (ssp. da definire) Sylvia inornata inornata


La nomenclatura scientifica di questi taxa è anch’essa da discutere e rivedere; alle sterpazzoline sono stati attribuiti molti nomi differenti e ora si rende necessario scegliere un nome specifico per le popolazioni occidentali (potrebbe essere inorna­ta, già usato per le popolazioni nordafricane, ma non si possono escludere rimaneggiamenti e rivisitazioni di “vecchi” nomi a complicare ulteriormente le cose!).

L’identificazione delle tre “specie” e delle relative sottospecie deve tener conto soprattutto di vocalizzazioni (verso di contatto e canto), colorazione delle parti inferiori (nei maschi) e della coda, biometria. Molti dettagli in merito alla distinzione su base morfologica devono essere ancora precisati e meglio definiti. Insomma, sentiremo parlare di sterpazzoline e speciazione ancora per qualche anno!

Ringraziamenti Desidero ringraziare E. Benussi, G. Conca, P. Fadda, A. Meschini, A. Quaglierini, F. Veronesi per le foto. Sono molto grato a tutti gli amici e colleghi che hanno condiviso con me passione e conoscenze nell’avventura delle sterpazzoline: S. Vitulano, F. Reginato, A. Corso, O. Janni, D. Rubolini, E. Randi, E. Fabbri, A. Ferri, G. Boano, F. Spina, A. Quaglierini, P. Giusti, E. Strinella, D. Nespoli, A. Sorace, A. Magnani, M. Bonora, G. Tellini Florenzano, P. Arroyo, J. Blondel, G. Gargallo, e tutti gli altri che per ragioni di spazio non posso elencare.

cantillans species complex. Acta Ornithologica 43: 217-220. Brambilla M., S. Vitulano, A. Ferri, F. Spina, E. Fabbri & E. Randi. 2010. What are we dealing with? An explicit test reveals different levels of taxonomical diagnosability in the Sylvia cantillans species complex. Journal of Ornithology 151: 309-315. Brambilla M., S. Vitulano, A. Ferri, F. Spina, E. Fabbri & E. Randi. 2012. An unexpected pattern of migration revealed in the Subalpine Warbler Sylvia cantillans complex by mitochondrial DNA analyses. Ibis 154: 616-620. Brambilla M., S. Vitulano, F. Guidali, F. Spina, N. Baccetti, E. Fabbri, G. Gargallo, E. Randi. 2007. Divergenza e speciazione in un passeriforme mediterraneo analizzati attraverso l’approccio filogeografico. Atti del congresso congiunto AIOL-SItE “Ecologia, limnologia e oceanografia: Quale futuro per l’ambiente?”, pag. 107. Orlando, C. 1937. Nuove forme della regione italica. Riv. Ital. Orn. 77: 213. Orlando, C. 1939. Sylvia cantillans, Pallas (1764). Riv. Ital. Orn. 9: 147-177. Shirihai, H., Gargallo, G. & Helbig, A.J. 2001. Sylvia Warblers. London: Helm. Gargallo, G. 1994. On the taxonomy of the western Mediterranean islands populations of Subalpine Warbler Sylvia cantillans. Bull. B.O.C. 114: 31-36.

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michele falchi

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Q RARITà B

Maestosa, anzi... Imperiale Eccezionale svernamento

N

ell’attività di birdwatching ci sono momenti in cui ci si chiede se l’apparizione di una determinata specie sia un segno del divino. Sappiamo che gli antichi attribuivano all’osservazione degli uccelli, al loro volo e direzione, funzioni divinatorie. Ai tempi nostri, poiché è in uso analizzare la realtà in maniera più razionale, a questi segni “dal cielo” si assegnano significati statistici e probabilistici. Pertanto potrei riassumere l’articolo in: “Data 27 ottobre 2012, località Tronzano Vercellese, Aquila imperiale (Aquila heliaca), prima osservazione per il Piemonte”. Volendo introdurre qualche informazione in più, si può aggiungere che l’individuo era un immaturo, nel suo 3° anno di calendario, trattenutosi in zona fino al mattino del 29. Si tratta della prima segnalazione supportata da fotografie per il Piemonte, in quanto un’osservazione relativa a ben due individui (un adulto e un giovane) in migrazione in Val d’Ala il 9/9/1990, è stata esclusa dalla check list regionale. Per chi, invece, vuole dettagli meno asettici, ecco il racconto. Quel sabato il cielo era basso e, a tratti, scendeva una pioggia sottile e irregolare. Decido di fare un giro nel vercellese dopo molti mesi di assenza. Ipotizzo un itinerario circolare per visitare dapprima una garzaia in un’area privata nei pressi di Tronzano. Dalla Provinciale, però, sbaglio l’ingresso dello stradello, così devo fare inversione di marcia. Mentre cerco di fare manovra penso che il birdwatching non si fa dalla macchina e che potrei anche mettere i piedi a terra per sbinocolare cinque minuti. Una sagoma attira la mia attenzione. È un rapace, pare una poiana, ma a binocolo non riesco ad

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di Luciano Ruggieri appurare meglio... Torno alla macchina e monto il cannocchiale. Si tratta di una semplice Poiana (Buteo buteo). Mi giro alla mia sinistra ed a 400 metri di distanza vedo una sagoma enorme posata su un albero secco. Nella mia mente si intrecciano una moltitudine di informazioni perché quello che vedo mi sembra a tutti gli effetti un’apparizione. È un’aquila, non c’è dubbio. Ha un piumaggio bicolore, bruno e crema. Il vertice della testa è crema, con nuca e la parte posteriore del collo chiari, mentre il collo davanti è brunastro. L’aquila è rivolta verso di me e non mostra il dorso, ma il petto e il ventre sono crema screziato di bruno. La mia mente ipotizza un’Aquila imperiale o un’Aquila delle steppe (A. nipalensis), ma non credendo di essere di fronte a questo segno del destino, mi accanisco a considerare un’ipotesi più banale. Per struttura e dimensioni, l’unica possibilità alternativa è un’Aquila reale (A. chrysaetos) con piumaggio aberrante (sic). Di fronte ad una rarità, ragionare cercando di escludere l’eventualità più semplice può evitare brutte figure. L’Aquila se ne sta sempre posata in bella vista sull’albero, inizio così a scattare delle foto documentative in digiscoping, utili per una identificazione. Poi mi metto al telefono. Cerco qualcuno che sia vicino. Paolo M. è da IKEA. Mi dice che posso escludere l’Aquila reale, però mi avverte che A. heliaca o nipalensis sono specie difficili. Telefono a Dario D., che mi promette di arrivare al più presto. Telefono ad Andrea N. che è davanti al Personal Computer con guide a portata di mano. Concludiamo che non può essere altro che un’Aquila imperiale immatura. Lui decide di partire da Milano per venire assolutamente a vederla. Ho la grossa responsabilità di far fare chilometri a molta gente. Metto la notizia sulla lista EBN Italia come


Riccardo Moneta

Daniela Balaci

■ Aquila imperiale (Aquila heliaca). Le primarie interne hanno già l’apice nero che forma un bordo scuro. Nelle secondarie, la S4 sembra invece nuova.

■ Da posata, l’aquila si presenta con testa piccola che spicca molto sul collarino scuro e parti inferiori molto contrastanti rispetto alle ali scure. In base alle foto, considerando complessivamente lo stato di muta delle penne di volo e del corpo, l’Aquila imperiale di Tronzano appare come un 3° piumaggio.

■ Aquila imperiale posata, di spalle 3 piumaggio/3 cy. Un individuo al 2° anno avrebbe un solo fronte di muta e assomiglierebbe ad un I° inverno tranne per le primarie interne in muta, si notano invece qui varie chiazze scure e più di un fronte di muta con le prime penne scure del piumaggio da adulto che creano un effetto molto contrastato.

Bird­­­­Alert. Telefono a Francesco D., che sta facendo la spesa con famiglia. Decide anche lui di venire. Mando altri sms. La lista dei birders convenuti inizia ad aumentare. Mi tocca aspettarli tutti. Paolo e Laura partono da Varese, Gianni C. da Pavia. Altri da Ivrea e ancora da Milano. Paolo M. abbandona IKEA e accorre anche lui con Paolo T.

L’aquila imperiale si è fermata a Tronzano per tutto l’inverno, facendo accorrere molti birders. I quartieri di svernamento più vicini si trovano in Medio Oriente. Per l’Italia, dove la specie è considerata accidentale, si è trattato del primo caso di svernamento di un individuo di età superiore al I° anno di calendario.

Paolo Marotto

Gianni Conca

■ Aquila imperiale (Aquila heliaca). Si nota in volo il disegno del sottoala che ha un’ampia finestra chiara costituita dalle primarie interne. La muta ha due fronti, il primo è già arrivato alla P8 ed il secondo appare appena iniziato.

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S egnalazioni

dall’Italia

di Andrea Nicoli In questa rubrica sono riportate le osservazioni di specie interessanti diffuse sulla mailing-list EBN Italia nel periodo settembre-dicembre 2012. Si ricorda che le segnalazioni di accidentali devono essere confermate dalla Commissione Ornitologica Italiana (C.O.I.). settembre ● Il giorno 8 viene osservato un Pagliarolo (Acrocephalus paludicola) a Busseto (PR) (D. Ronconi). Verrà ricontattato anche il giorno seguente. Sempre il giorno 8, ai Pantani di Cuba e Longarini (SR), viene segnalato un Totano zampegialle minore (Trin­ga flavipes) (A. Corso). ● A Cervesina (PV), il giorno 9, viene osservato un Falaropo beccosottile (Phalaropus lobatus) (U. Binari, E. Tiso); resterà fino al giorno 17. ● Una Cannaiola di Jerdon (Acrocephalus agricola) viene inanellata il giorno 12 alla Stazione ornitologica di Mirandola (MO) (R. Gemmato, C. Giannella et al.). ● Il giorno 13 viene osservato un Avvoltoio mo­ naco (Aegypius monachus) in Val Veny (AO) (G. P. Pit­taluga). ● Il giorno 22, al Pantano Murana (TP), vengono segnalati quattro esemplari di Anatra marmorizza­ ta (Marmaronetta angustirostris) (R. Maistri, O. Bran­dolese). ● A Bocca di Serchio (PI) viene osservata una Sterna codalunga (Sterna paradisaea) il giorno 26 (A. Quaglierini). ● Il giorno 28 la seconda segnalazione, per questo mese, di Pagliarolo alle Valli di Argenta (FE) (R. Del Togno). ● Il giorno 30 viene osservato un Piro piro del Terek (Xenus cinereus) ai Pantani di Cuba e Longarini (SR) (C. Cappuzzello, E. Gambino et al.).

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Ottobre ● Il giorno 4, a Campobasso, viene segnalato un Luì di Hume (Phylloscopus humei) (C. Fracasso). ● A Ventotene, il giorno 6, viene inanellato un Luì forestiero (Phylloscopus inornatus). Un secondo individuo viene catturato il giorno 9 (A. Ferri/ISPRA). ● Il giorno 7 viene segnalata un’Aquila anatraia minore (Aquila pomarina) a Gela (CL) (M. Zafarana/LIPU Niscemi). ● Un Falaropo beccosottile viene osservato il giorno 8 alla foce dell’Entella (GE) (D. Papi). ● Il giorno 9 viene segnalato un Gabbiano sghi­ gnazzante (Leucophaeus atricilla) a Bocca di Serchio (PI) (A. Quaglierini, M. Marcone). Lo stesso giorno, a Capannelle (BG), viene inanellato un altro esemplare di Luì forestiero (F. Colnago). ● Una Cutrettola testagialla orientale (Motacilla citreola) viene inanellata il giorno 10 alla Stazione ornitologica di Mirandola (MO) (R. Gemmato, C. Giannella et al.). ● Il giorno 13 viene segnalato un Corriere asia­ tico (Charadrius asiaticus) alla penisola Magnisi (SR); è presente, inoltre, un giovane di Sacro (Falco cherrug) (A. Corso). Sempre lo stesso giorno viene osservata una Berta balearica (Puffinus mauretanicus) a Bocca di Serchio (PI) (L. Bonanno, G. Conca, C. Dell’Acqua et al.). ● Una Berta balearica viene segnalata, sempre a Bocca di Serchio (PI), anche il giorno 14 (S. Bassi). Sempre il 14 viene osservato uno Zigolo della Lap­ ponia (Calcarius lapponicus) al lago Matese (CE) (O. Janni, G. Capobianco). ● Il giorno 15 viene osservato un Mugnaiaccio (Larus marinus) sul lago Trasimeno (PG) (L. Fabbriccini). ● Il giorno 16 viene segnalato un Falaropo bec­


Jérémy Savioz

colargo (Phalaropus fulicarius) alle saline di Comacchio (FE) (P. Micheloni). ● Il giorno 19 ha inizio la consueta spedizione autunnale alle isole Pelagie, da cui la segnalazione di un Pigliamosche pettirosso (Ficedula parva) a Lampedusa (O. Janni et al.). Lo stesso giorno vengono osservati un altro Pigliamosche pettirosso a Salina (ME) (A. Corso) e un Luì forestiero alle isole Tremiti (FG) (S. Todisco). ● Il giorno 20 viene segnalato un Prispolone in­ diano (Anthus hodgsoni) a Filicudi (ME) (A. Corso). ● Il giorno 21 la spedizione alle isole Pelagie sbarca a Linosa (AG) e vengono localizzati 3 individui di Luì forestiero (O. Janni et al.). Lo stesso giorno viene segnalato un altro Luì forestiero a Iseo (BS) (P. Faifer) e viene inanellata una Cannaio­ la di Blyth (Acrocephalus dumetorum) a Ventotene (LT) (A. Ferri/ISPRA). ● Sempre a Linosa (AG), vengono segnalati un Pigliamosche pettirosso il giorno 22 e uno Zigolo minore (Emberiza pusilla) il giorno 23 (O. Janni et al.). ● Le isole Tremiti (FG) vengono visitate da due birders svizzeri (J. Savioz, B. Guibert) che, il gior-

Jérémy Savioz

■ Luì forestiero (Phylloscopus inornatus), isole Tremiti (FG), ottobre 2012. Anche questa specie, dopo essere stata considerata per anni rara ed accidentale, viene ormai segnalata ogni autunno anche con numerosi individui.

■ Prispolone indiano (Anthus hodgsoni), isole Tremiti (FG), ottobre 2012. Per questa specie, fino al 2002, non esistevano osservazioni italiane omologate. In poco tempo sono state superate le 10 segnalazioni accettate (quattro di queste nel 2011), soglia oltre la quale non è più prevista l’approvazione della COI e la specie cessa di essere considerata “accidentale” in senso stretto.

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Paolo Faifer

Jérémy Savioz

■ Luì scuro (Phylloscopus fuscatus), isole Tremiti (FG), ottobre 2012. La presenza di questa rara specie è uno stimolo per approfondire il monitoraggio autunnale dei passeriformi anche su queste isole dell’Adriatico.

■ Luì forestiero (Phylloscopus inornatus), Iseo (BS), ottobre 2012. Come anche in questo caso, spesso il primo indizio della presenza di questa specie è l’inconfondibile e caratteristico verso, uno “tsi-ui” alto, penetrante e potente che viene emesso di frequente.

no 24, osservano un Prispolone indiano, un Luì forestiero e, soprattutto, un Luì scuro (Phylloscopus fuscatus). Una conferma dell’importanza delle “piccole isole”, che andrebbero visitate più assiduamente in questo periodo. ● Il giorno 25 ancora una segnalazione di Luì fo­ restiero a Ventotene (LT); questa volta si tratta di un’ osservazione e non dell’ identificazione dal verso (D. De Rosa). ● Un’Aquila imperiale (Aquila adalberti) vie-

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ne segnalata il giorno 27 presso Tronzano (VC) (L. Ruggieri). La sua presenza attira subito molti birders, anche nei giorni successivi. Svernerà nella zona. Lo stesso giorno una Berta balearica viene osservata a Bocca di Serchio (PI) (M.G. Carpi, G. Natale). ● Ancora notizie dalle isole Pelagie. A Lampedusa (AG) il giorno 28 un Prispolone indiano e un Luì forestiero (A. Corso). A Linosa (AG) il giorno 28 un giovane di Storno roseo (Pastor roseus),


■ Cannaiola di Jerdon (Acrocephalus agricola), Torrile (PR), novembre 2012. In Italia questo acrocefalo è considerato un migratore raro ed uno svernante irregolare. La maggior parte delle segnalazioni deriva dall’attività di inanellamento; gli individui osservati, come in questo caso, sono decisamente più rari.

Egidio Fulco

Novembre ● Il giorno 1, sempre alla Foce del Bradano (MT), viene inanellato un Pigliamosche pettirosso (E. Fulco). ● Il giorno 2 a Linosa (AG) vengono segnalati un Prispolone indiano e un’Averla isabellina (Lanius isabellinus); il giorno seguente uno Zigolo bosche­ reccio (Emberiza rustica) (MISC). ● Il giorno 7 a Torrile (PR) viene osservata una Cannaiola di Jerdon (M. Ravasini). Uno Stercorario maggiore (Stercorarius skua) viene segnalato a Capo Linaro (RM) il giorno 10 (F. Fraticelli, S. Muratore). ● Si conferma lo svernamento di Calandro mag­ giore (Anthus richardi) a Pian di Spille (VT): ne vengono osservati 2 esemplari il giorno 10 (S. Hueting, M. Cento). ● Il giorno 12 viene segnalato un Sacro a Maccarese (RM) (S. Hueting, R. Scrocca). Le segnalazioni

Maurizio Ravasini

il giorno 30 un Trombettiere (Bucanetes githagineus) e il giorno 31 un secondo esemplare di Trom­ bettiere (MISC). ● Il giorno 30 viene inanellato un Luì forestiero alla Foce del fiume Bradano (MT) (E. Fulco).

■ Pigliamosche pettirosso (Ficedula parva), Foce Bradano (MT), novembre 2012. Questo individuo è stato inanellato nell’Italia continentale, dove le segnalazioni di questa specie sono più rare rispetto alle isole.

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Roberta Corsi

Davide De Rosa

■ Maccarese (Roma), novembre 2012. Questo individuo è stato osservato a più riprese ed ha fatto accorrere molti birders. Il sito di Maccarese ha già ospitato in passato diversi esemplari di questa specie.

■ Zigolo delle nevi (Plectrophenax nivalis), bonifica del Mezzano (FE), novembre 2012. Si tratta di una specie svernante localizzata ma segnalata con regolarità. Nell’Annuario 2011 di EBN Italia è riportata in 10 differenti località.

di questo individuo continueranno fino al mese successivo. ● Il giorno 17, a Donnalucata (RG), un Corriere di Leschenault (Charadrius leschenaultii) (C. Cappuzzello, E. Gambino). Si tratta del ritorno dell’individuo che sverna in questa località dal 2006. Sempre il giorno 17, vengono osservati uno Zigolo delle nevi (Plectrophenax nivalis) a Punta la Vecia (VE)

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(E. Stival, L. Sattin) e un Mugnaiaccio a Trani (BT) (G. Fiorella). ● Il giorno 20 viene segnalata un’Aquila anatra­ ia minore alla foce del Simeto (CT) (B. Bottini, M. De Filippo). ● Il giorno 21 vengono segnalati 3 individui di Zi­ golo golarossa (Emberiza leucocephalos) a Marina di Torre del Lago (LU) (J. Chapman).


● Un Piovanello violetto (Calidris maritima) viene osservato il giorno 24 a Livorno (L. Bonanno, A. Vezzani). Lo stesso giorno uno Zigolo delle nevi viene osservato nella bonifica del Mezzano (FE) (R. Corsi). ● Il giorno 27 viene segnalata una Berta baleari­ ca a Marina di Torre del Lago (LU) (M. Marcone). ● Il giorno 30 un giovane di Aquila di mare (Haliaeetus albicilla) viene osservato al carnaio della Riserva del Cornino (UD) (A. Candolini, S. Berra). Dalla lettura dell’anello risulta essere un esemplare nato in Polonia. Verrà segnalato a più riprese fino al 27 dicembre.

Roberta Corsi

Dicembre ● Si apre il mese con un Falaropo beccolargo segnalato il giorno 1 al Centro Cicogne e Anatidi di Racconigi (CN) (G. Vaschetti). ● Dal giorno 3 vengono segnalati gli Zigoli delle nevi svernanti a Bocca di Selva (VR), una presenza costante negli ultimi anni. (M. D’Offria, M. Sighele et al.). ● Il giorno 5 viene osservato un Calandro mag­ giore a Cervia (RA) (R. Corsi) ● Due notizie dalla Sicilia il giorno 6: un’Anatra marmorizzata al Pantano di Cuba (SR) e uno Ster­ corario maggiore a Portopalo (SR) (A. Corso). ● Il giorno 7 vengono segnalati un Luì forestie­ ro a Castellana Grotte (BA) (S. Todisco) e un’Oca facciabianca (Branta leucopsis) nella bonifica del Mezzano (M. Azzolini). ● Due esemplari di Cigno selvatico (Cygnus

cygnus) vengono osservati il giorno 8 al lago di Caldaro (BZ) (R. Maistri et al.). ● Iniziano le segnalazioni relative all’invasione di Beccofrusone (Bombycilla garrulus) che sta interessando l’Europa. Il primo individuo viene osservato il giorno 12 a Fano (PU) (V. Dionisi); poi un individuo il 15 a Bolzano (F. Viglia); sei individui il 18 a Vezza D’Oglio (BS) (F. Gragorini); dodici individui a Sega di Ala (TN) il 18 (A. Felicetti, T. Borghetti); cinque a Laion (BZ) il 21 (M. Azzolini); nove sul Monte Grappa (TV) il 24 (V. Binotto); sette a Giovo (TN) il 24; otto ad Avelengo (BZ) il 24 (M. Altieri); sette a Collio Val Trompia (BS) il 29 (S. Zanardelli). ● Il giorno 16, alla bonifica del Mezzano (FE), viene segnalata un’Oca lombardella minore (Anser erythropus) (G. Paesani). ● Il giorno 20 viene inanellato al Lago Borgarino (TO) uno Zigolo minore (B. Roux). Il giorno 22 vengono segnalati due individui di A­ quila anatraia minore alla foce del Simeto (CT) (G. La Grua, A. Ciaccio). ● Un altro esemplare di Zigolo minore viene osservato il giorno 23 a Borgo Priolo (PV) (F. Ferlini). Lo stesso giorno, alla Diaccia Botrona (GR), viene segnalata un’Aquila anatraia maggiore (P. Marotto, S. Benucci). ● Le ultime segnalazioni del 2012 provengono dalla bonifica del Mezzano (FE): il giorno 30 un’O­ ca collorosso (Branta ruficollis) (L. Marocchi, P. Casali, C. Dell’Acqua) e il giorno 31 due individui di Cigno selvatico (M. Azzolini et al.).

■ Calandro maggiore (Anthus richardi), Cervia (RA), dicembre 2012. Svernante ormai regolare in Sicilia sud-orientale, Lazio (prov. di Viterbo) e Sardegna (presso Cagliari); altrove le segnalazioni risultano più occasionali.

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S egnalazioni

dal Paleartico occidentale

di Michele Viganò settembre-NOVEMBRE 2012 ● Un Albatro sopracciglineri (Thalassarche melanophris) è stato osservato il giorno 29 settembre in Norvegia, al largo di Utsira, per poi essere ricontattato il 16 ottobre pochi chilometri più a sud. ● Un adulto di Fenicottero minore (Phoeniconaias minor) era presente dal 24 ottobre al 2 novembre presso il Lago Kulu, in Turchia. ● Il primo Falco pecchiaiolo orientale (Pernis ptilorhynchus) per Cipro è stato osservato ad Akrotiri il 21 ottobre, mentre due individui sono stati osservati il 4 settembre al campo di conteggio dei rapaci di Batumi, Georgia. ● Un giovane di Aquila imperiale (Aquila heliaca) dotato di un trasmettitore satellitare quando era ancora al nido, è giunto durante la migrazione autunnale al Niger: una rotta molto diversa rispetto all’individuo che ha scelto la campagna vercellese per svernare! ● A Eilat, uno dei più importanti luoghi di migrazione di Israele, è stato osservato un Pollo sultano africano (Porphyrio madagascariensis) il 29 settembre; considerando le spiccate attitudini alla dispersione dei rallidi chissà se qualche individuo raggiungerà anche l’Italia? ● Un adulto di Gabbiano di Sabine (Xema sabini) è stato osservato in Polonia, a Kołobrzeg, il 23 settembre. ● Un individuo di Sirratte (Syrrhaptes paradoxus) è stato osservato brevemente in Finlandia, a Povarivaara, il 4 settembre. ● Diversi individui di Tortora orientale (Streptopelia orientalis) della sottospecie meena sono stati osservati quest’autunno: uno in Germania, a Wabern, dal 28 ottobre fino a dicembre; un individuo a Bjaerangen, Norvegia, dal 30 ottobre all’8 novembre; uno a Kaiaani, Finlandia, dal 31 ottobre al 10 novembre e almeno due in Israele, in novembre.

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● La prima segnalazione di Rondone codacuta (Hirundapus caudacutus) per la Danimarca arriva da Romo, dove un singolo birder ha osservato e fotografato questo splendido rondone per circa 5 minuti. ● Il primo Tiranno orientale (Tyrannus tyrannus) per l’Irlanda e il WP è stato osservato a Inishmore il 5 ottobre: l’assenza di precedenti segnalazioni in Europa per questo migratore americano a lunga distanza è probabilmente dovuta al fatto che compie i suoi spostamenti post-riproduttivi molto presto, evitando così di venire catturato nei grossi fronti di maltempo che spingono così tanti passeriformi neartici verso le Azzorre e l’Europa occidentale in settembre-ottobre. ● La seconda Averla bruna (Lanius cristatus) per la Danimarca è stata osservata a Arslev Engso tra il 4 novembre e dicembre. ● Interessante osservazione sull’isola di Ouessant, Francia di un individuo di Luì bianco orientale (Phylloscopus orientalis) il 22 settembre. ● A Helgoland, in Germania, il 16 ottobre è stato osservato il settimo Luì coronato di Temminck (Phylloscopus coronatus) per il Paleartico occidentale: il birdwatcher proprietario del giardino in cui il luì è stato scovato da un birder di passaggio deve essere stato molto combattuto tra la gioia di avere una simile rarità in casa e lo sconforto per non averlo scovato per primo! ● Un altro luì d’eccezione è stato avvistato a Portland, Inghilterra, il 22 ottobre: si tratta o di un Luì gros­so zampechiare (P. tenellipes) o di un Luì zam­ pechiare giapponese (P. borealoides), due specie asiatiche identiche morfologicamente ma con vo­ calizzazioni differenti; in ogni caso si tratterebbe della prima segnalazione per il Paleartico occidentale! ● Sull’isola di Christiansø, in Danimarca, sono stati inanellate ben due specie di passeriformi ecce-


tembre a Karskär; se confermato si tratterebbe del primo dato per la Svezia. ● Quest’autunno si è assistito a uno dei più grandi influssi di Prispolone indiano (Anthus hodgsoni) di tutti i tempi: basti menzionare l’eccezionale totale di circa 33 individui per l’Olanda, con due gruppetti composti da addirittura 4 individui in due siti differenti. ● Il terzo Zigolo orecchie castane (Emberiza fucata) per il Paleartico occidentale, nonché il secondo per la Scozia, è stato osservato presso le Isole Shetland, a Pool of Virkie, tra il 23 e il 25 ottobre. ■ Zigolo orecchie castane (Emberiza fucata): durante le prime fasi identificative, era stato ipotizzato che potesse trattarsi di uno Zigolo minore (E. pusilla); osservazioni migliori e il rapido scambio di informazioni tramite il web hanno permesso di giungere alla giusta identificazione.

Jens Mikkel Lausten

Hugh Harrop / Shetland Wildlife

zionali provenienti dai due estremi opposti: tra il 14 e il 20 ottobre è stato inanellato e osservato un Usi­ gnolo di Swinhoe (Luscinia sibilans), un Muscicapidae asiatico, mentre tra il 21 e il 30 ottobre era presente un Tordo di Swainson (Catharus ustulatus), un piccolo Turdidae americano. ● In Ucraina, invece, è stato inanellato un primo inverno di Cesena di Naumann (Turdus naumanni) il 6 ottobre a Lviv; si tratta del secondo per la nazione. ● Una femmina di Calliope (Luscinia calliope) è stata osservata da un singolo osservatore il 23 set-

■ Usignolo di Swinhoe (Luscinia sibilans): questo bellissimo passeriforme asiatico è caratterizzato da zampe rosa chiaro, occhio molto grosso, parti superiori rossastre e un delicato disegno a scaglie scure sulle parti inferiori color grigio seta.

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Jens Mikkel Lausten

Jens Mikkel Lausten

■ Tordo di Swainson (Catharus ustulatus): questo Turdidae americano è stato osservato e inanellato sull’isola di Christiansø, in Danimarca, solo pochi giorni dopo l’avvistamento di un Usignolo di Swinhoe (Luscinia sibilans) proveniente dal continente asiatico.

Segnalazioni da Malta di Raymond Galea a cura di Michele Viganò

● Due giovani di Capovaccaio (Neophron percnopterus) sono stati osservati sopra i cieli di Buskett il 3 ottobre; tenuti sotto controllo durante la notte dai volontari e da alcuni membri delle forze dell’ordine si sono allontanati illesi dall’isola il 4 ottobre. ● Il 10 settembre, sempre a Buskett, è stato avvistato un individuo di Sacro (Falco cherrug). ● Il dato più interessante per il periodo in esame è senza dubbio l’avvistamento di un Limnodromo pettorossiccio (Limnodromus scolopaceus) alla Riserva naturale di Simar che si è trattenuto dal 5 al 25 ottobre. ● Il 10 settembre è stata osservata la seconda Cu­ trettola testagialla orientale (Motacilla citreola) per l’arcipelago maltese presso Buskett: il primo individuo era stato osservato solo pochi giorni prima ad agosto. ● In ottobre, tra il 5 e il 23, sono stati contati 5 individui diversi di Luì forestiero (Phylloscopus inornatus) sulle varie isole dell’arcipelago, mentre in novembre se ne sono aggiunti altri 7. ● Un Luì piccolo (Phylloscopus collybita) con tutte le caratteristiche fenotipiche della sottospecie siberiana tristis è stato inanellato a Salina il 27 ottobre. ● Un bellissimo maschio di Codirosso algerino (Phoenicurus moussieri) è stato osservato e fotografato a Migra Ferha dal 14 novembre in avanti. ● Un Pigliamosche pettirosso (Ficedula parva) ha sostato sull’isola di Comino il 19 ottobre, un se-

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■ Tordo di Swainson (Catharus ustulatus): in questa foto è possibile apprezzare il caratteristico disegno del sottoala tipico di tutti i Catharus, piccoli turdidi americani che, pur se abbastanza rari in Europa, potrebbero un giorno apparire davanti ai nostri binocoli.

condo individuo è stato avvistato a Zurrieq l’8 novembre mentre un ultimo esemplare era presente a Ghadira il 25 novembre. ● Il 18 ottobre, sempre a Comino, è stato avvistato anche un individuo di Zigolo minore (Emberiza pusilla).


Raymond Galea

■ Limnodromo pettorossiccio (Limnodromus scolopaceus): eccezionale osservazione di un limicolo neartico per le isole maltesi; chissà se questa specie non sia in realtà più frequente in Italia e non passi inosservata nei grossi stormi di limicoli che migrano attraverso la nostra penisola?

Raymond Galea

Nicholas Galea

■ Cutrettola testagialla orientale (Motacilla citreola): la seconda segnalazione di questa bella specie per l’arcipelago maltese è giunta solo pochi giorni dopo la prima.

■ Codirosso algerino (Phoenicurus moussieri): un bellissimo maschio di questo passeriforme nord-africano è stato osservato nella seconda metà di novembre a Migra Ferha; si tratta di una specie ormai quasi regolare a Malta e sulle isole Pelagie.

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Q EVENTI B

C ronache del Grande Anno Il primo Big Year italiano

L

a pellicola “Un anno da leoni”, brutta traduzione di “The Big Year: everyone is look­ ing for something”, ci ha introdotto a una tra le competizioni più bislacche e singolari che la storia dell’umanità possa ricordare: quella di vedere più uccelli nell’arco di un anno. Presentata così, a un osservatore esterno, la questione appare ridicola e delirante. La realtà, raccontata dai partecipanti, è differente. La storia del Big Year affonda le radici nel Christmas Count, che, negli Stati Uniti, contrapponeva chi uccideva più uccelli a chi li contava, seguendo un processo evolutivo del genere umano che vorremmo avvenisse anche nel nostro Paese e che è descritto nel libro “The Big Year, a Tale of Man, Nature, and Fowl Obsession” di Mark Obmascik. Ogni anno, su un’area di gioco che comprende tutto il continente nord-americano (Canada, Hawaii e isole francesi di Saint-Pierre e Miquelon comprese), i soci della American Birding Association (ABA) si sfidano a registrare più specie possibili. L’America è un grande Paese e il numero di specie osservate in un anno oltrepassa spesso la cifra di 600. L’impegno per raggiungere i siti più interessanti è notevole, visto che uno degli hotspot imprescindibili per sperare di vincere è Attu, ultima isola delle Aleutine, a soli 200 km dalla Kamchatka ma a oltre 2000 dalla più vicina città americana. Tra l’altro, come avrete visto nel film, Attu non è Linosa in quanto a ricettività turistica. Il capofila di questa competizione è Sandy Komito, che nel 1998 ha viaggiato per 430.000 km e ha speso la cifra di 120.000 dollari per raggiungere il record assoluto di 745 specie. Nel 2011, John Vanderpoel ha tentato senza successo di batterlo fermandosi a un soffio: 743. Come saprete dopo aver visto il film, tutto si basa sulla fiducia, visto che l’unica forma di controllo è rappresentata

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di Luciano Ruggieri dall’inviare la propria scheda alla ABA. Il nostro Paese sconta decenni di ritardo rispetto alla sensibilità ambientale raggiunta dagli americani e i suoi orizzonti geografici sono decisamente più ristretti; nonostante questo, il primo Big Year italiano si è rivelato un’esperienza unica, formante. Aggettivi come quelli usati da Vanderpoel per descrivere il suo Big Year (“It’s been one huge wild, crazy ride” - “È stata una grande, pazza cavalcata selvaggia”) non si applicano alla realtà italiana. Come potrete leggere dai resoconti dei primi classificati, la competizione italiana ha avuto una forte connotazione di affermazione della propria identità di birder. La gara non ha avuto aspetti parossistici e ha incentivato la partecipazione al Progetto Atlante (nidificanti e svernanti). Questo infatti era lo scopo all’interno della gara: “fare specie” non solo per sé stessi ma anche per aumentare la qualità delle segnalazioni per l’Atlante ospitato da Ornitho Italia. La possibilità di avere una piattaforma condivisa per segnalare le proprie osservazioni è stata uno degli aspetti più importanti del Big Year italiano: tutti sapevano di tutti e nessuno è stato proclamato vincitore solo per avere inviato una checklist a fine anno. La classifica veniva resa pubblica ogni mese e questo ha dato una spinta notevole ai partecipanti per superarsi a vicenda. Il Big Year ha significato anche incontrarsi “casualmente” sul campo. O, meglio, organizzare spedizioni di birdwatching con gli amici. Nel film è significativa la frase “devo aiutare un amico a trovare un uccello”. Così è stato fatto, spontaneamente, in una competizione spesso solidale. - A te cosa manca? - Facciamo specie assieme? E di birder solitari alla Bostick ce ne sono stati pochi, piuttosto si sono formate molte amicizie


■ “353” specie in 365 giorni: questo è il record fissato dal vincitore del primo Big Year italiano. Tale risultato premia una meticolosa programmazione dei luoghi da visitare nei periodi più favorevoli. La scelta di privilegiare la ricerca delle specie nidificanti e dei migratori regolari si è rivelata vincente.

“di penna e piuma”, come descritto nel film tra Stu Preissler e Brad Harris. C’è anche chi si è ostinato a dichiararsi fuori dalla gara nonostante fosse tra i primi ad accorrere davanti alle rarità (anche se per la gara non sono state determinanti). C’è chi ha inserito dati protetti per il tempo necessario per sviare eventuali inseguitori facendoli passare per “dati sensibili”. C’è chi è stato trascinato dalla foga a segnarsi specie appena intraviste o con manica larga, a distanza di settimane dal primo contatto. Sì, è capitato; ma, in generale, il Big Year è stata un’esperienza entusiasmante che nessuno ammette di voler ripetere a breve ma che tutti saranno pronti a ricominciare quando inizierà nuovamente: il primo gennaio 2015.

Analisi della gara Le specie registrate complessivamente sono state 391, pari al 74% della checklist italiana. Solo una specie considerata “regolare” non è stata registrata: lo Stercorario maggiore (osservato solo due volte nel 2012; dati Ornitho).

Il vincitore, Gianni Conca, ha segnato il 90% delle specie complessivamente registrate, una percentuale molto alta. Conca non è sempre stato il capofila della gara; nei primi 3 mesi la classifica è stata guidata da Matteo Toller, che ha condotto il suo Big Year quasi esclusivamente in Friuli Venezia Giulia, classificandosi poi al 17° posto. Ad aprile il capofila era Menotti Passarella con 263 specie, seguito da Andrea Nicoli e Conca. A maggio Conca ha superato Passarella, mantenendo poi la leadership fino al termine. Nella restante parte dell’anno, il duello per la seconda posizione è rimasto a lungo incerto e appassionante, risolvendosi solo a novembre quando Nicoli ha staccato Passarella di 7 specie, che si ridurranno a 3 a fine gara. La domanda che i partecipanti si sono posti fin dai primi mesi è stata: quanto potranno influire le specie accidentali o i migratori irregolari sul computo totale? In pratica la percentuale delle rarità è risultata minima per tutti, compresa tra il 3 e il 4% di quelle complessivamente segnalate, cioè tra 13 e 16 specie. Possiamo dunque affermare che il Big Year non si “corre” sulle rarità.

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La strategia vincente è stata la ricerca dei nidificanti e dei migratori regolari; questo ha spinto i partecipanti, come leggeremo più avanti nei loro diari, a viaggiare in lungo e in largo per il Paese. La specie più rara tra i nidificanti è risultata la Bigia grossa, segnalata solo da 5 dei primi 100 (e solo 6 volte su Ornitho nel 2012), a testimoniare un preoccupante declino di questa specie, seguita dall’Allocco degli Urali (6 nei primi 100) e, di seguito, da Capovaccaio, Gallo cedrone e Tortora delle palme. I numerosi viaggi nella Natura d’Italia hanno evidenziato le grandi lacune del nostro Paese in fatto di infrastrutture e fruibilità di molte aree naturali di pregio. Il mezzo più affidabile per viaggiare è stato, sempre e comunque, l’automobile e i soggiorni spartani, spesso, non sono stati una scelta ma una necessità.

Diari di gara Il Big Year del vincitore: Gianni Conca 353 specie, 35 mila km percorsi, 16 regioni visitate Ho pianificato il Big Year con il principale obi­ ettivo di osservare tutte le specie nidificanti italiane nel periodo giusto. Sono riuscito nel mio scopo, mancando solo l’Allocco degli Urali e la Bigia grossa. Ho visitato 16 Regioni italiane, eccetto Marche, Campania, Puglia e Calabria. Ho utilizzato l’ae­reo solo in occasione del mio soggiorno alle isole Pelagie. Il resto del viaggio è stato compiuto in automobile, percorrendo circa 35.000 km. L’impegno economico può essere riassunto in questi dati: 4.000 € di benzina, 2.000 € di autostrada, 500 € di traghetti per la Sardegna, 1.000 € di aereo e 2.500 € di alberghi. Per fortuna ho mancato solo poche volte l’obiettivo: la Moretta dal collare di Torino, che poi si è rivelata una semplice Moretta, e l’Oca facciabianca, per la quale ho effettuato tre viaggi a Comacchio; la prima volta abbiamo constatato che si trattava di un ibrido; nella seconda le condizioni di osservazione erano impossibili a causa del maltempo (neve e foschia); la terza eravamo convinti che fosse la volta “giusta”, ma l’esemplare si è poi rivelato un altro ibrido. La bestia nera, ancora una volta, è stata la Bigia grossa. Puntavo a contattare circa 330 specie e ho superato di gran lunga l’obiettivo con 353, di cui due lifer assoluti (Luì di Pallas e Zigolo minore) e 13 italiani (Cigno nero, Gabbiano glauco, Cutrettola testagialla orientale, Uccello delle tempeste, Stercorario mezzano, Oca del Canada, Cinciarella algerina, Tortora delle palme, Poiana codabianca, Aquila di Bonelli, Francolino di monte, Berta balearica, Pigliamosche pettirosso).

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Penso di aver adottato la strategia giusta e se dovessi ripetere la gara manterrei la stessa linea di condotta. Alla fine mi sono divertito molto, anche se in alcuni momenti ho pensato di mollare. Se sono arrivato alla fine devo ringraziare Andrea Nicoli e Marco Sozzi, che mi hanno tenuto costantemente sotto pressione. Ringrazio infine mia moglie Bruna che mi ha accompagnato in tutti i viaggi. Ogni uccello con una sua storia, in una ricerca mai solitaria: Andrea Nicoli. 346 specie Esperienza bellissima e trascinante, un percorso attraverso i luoghi e le persone durato un lungo, faticoso, interminabile anno. Il risultato finale non è la semplice lista degli uccelli contattati. Ogni specie ha una storia ed è stata, spesso, il frutto di uno sforzo collettivo. Il filo conduttore non è stato “Domani vado a vedere...” ma “Domani andiamo... hai senti­ to anche gli altri?”. Durante il corso della competizione, un gruppo di partecipanti ha stretto i rapporti già esistenti, è rimasto in contatto costante e si è mosso insieme per l’Italia. È stata questa condivisione di emozioni e di esperienze che ha trasformato l’anno appena trascorso in “Un anno da leoni”. Ho visitato tutte le regioni italiane tranne Molise, Marche e Puglia. Sono molte le specie collegate a una storia particolare: qualcuna perché è stata facile, altre perché si sono fatte desiderare. Per lo Zigolo boschereccio dei Magredi del Meduna ci siamo trovati al posto giusto nel momento giusto: i quattro birders svizzeri, guidati da Luca Boscain, lo avevano appena inquadrato nel cannocchiale. Il Luì di Pallas di Treviso si è mostrato alla fine di una lunga giornata di attesa, quando avevamo ormai perso le speranze; sul sentiero per ritornare alle auto ci siamo voltati per un’ultima occhiata e il “folletto” si è materializzato. Il Gabbiano glauco al Meisino (TO) era invece in bella vista, nel roost di gabbiani che sostavano all’alba sul ghiaccio che si era formato alla confluenza Po-Stura. La mattina della Cutrettola testagialla orientale avevo rinunciato a fare bw, nella notte ero stato male; poi è arrivata la telefonata di Cesare Dell’Acqua ed ecco che, per magia, mi sento in forma e mi precipito a Casei Gerola. In una gelida mattina di aprile, le guardie provinciali di Sondrio avranno pensato di avere a che fare con dei pazzi: sotto una fitta nevicata cercavamo il Francolino di monte; ma alla fine la sorte ci ha premiato. Finalmente, in Sardegna, con Gianni Conca e Marco Sozzi, sono riuscito a vedere una specie che mi sfuggiva da tanto tempo: la Magnanina sarda. Altra fantastica visione è stato il maschio adulto di Ciuffolotto scarlatto in alta Val Venosta: mai visto un colore rosso così intenso. Non mi è capitato spesso di incontrare la Civetta


1. Andrea Nicoli in Sicilia. 2. Menotti Passarella a Lampedusa. 3. Stefania Morandi e Laura Bonanno.

Laura Bonanno

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Menotti Passarella

2

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Marco De Silvi

nana; ma in questo anno “di birdwatching assoluto” sono riuscito a osservarla in tre occasioni differenti. Il Picchio tridattilo è stato di gran lunga più difficile; dopo aver passato diversi siti (e una grande quantità di alberi con i tipici fori di alimentazione), sono riuscito a vederlo in un bosco sopra il Lago di Resia. Per il Picchio dalmatino ci siamo dovuti recare due volte a Forca d’Acero (nel Parco d’Abruzzo): in giugno non è andata bene; abbiamo centrato l’obiettivo alla fine di agosto. Nella giornata di luglio in cui abbiamo deciso di provare con l’Avvoltoio monaco alla Riserva del Cornino ha piovuto per tutta la mattina; nessun avvoltoio al carnaio, per cui sciogliamo il gruppo e torniamo verso casa. Ma, a Vicenza, arriva la telefonata di Laura Bonanno: è uscito il sole e il “monaco” è apparso. Immediata inversione e altre due ore di auto per ritornare al Cornino, dove, prima del tramonto, riesco a vederlo. Per il Piviere tortolino abbiamo fatto due faticose escursioni in montagna nei posti classici (colle del Nivolet e passo del Foscagno) nel periodo “giusto”. Niente da fare: dovremo aspettare il 30 settembre, quasi fuori tempo massimo, per osservarlo nelle risaie del vercellese (pianura che più piatta non si può...) grazie alla provvidenziale telefonata di Gabriella Malusardi. A metà ottobre, una mattina di seawatching a Bocca di Serchio ci ha permesso di osservare una Berta balearica in un trenino di Berte minori. Poi, dal 19 al 26 ottobre, la trasferta alle isole Pelagie (Lampedusa e Linosa). Qui riesco finalmente a vedere il mio primo Pigliamosche pettirosso. Diversi i Luì forestieri, e il primo ci viene a “chiamare” direttamente a casa poco dopo il nostro arrivo a Linosa. Sentiamo il richiamo e ci precipitiamo in giardino, dove riusciamo a vederlo; poi dobbiamo rientrare in casa: è necessario scolare la pasta se vogliamo mangiarla al dente... A inizio anno avevo compilato un elenco delle specie da contattare. Ero arrivato a un numero che oscillava tra 310 e 320. Poi, con il passare dei mesi, mi sono accorto che “il gioco si faceva duro” e ho deciso di visitare località che non avevo messo in preventivo. Alla fine sono arrivato a 346 specie. Cinque lifers: Luì di Pallas, Magnanina sarda, Berta balearica, Pigliamosche pettirosso e Aquila imperiale. Due i “twitch” italiani: Gabbiano glauco e Avvoltoio monaco. Rispetto all’elenco iniziale ho mancato Capovaccaio e Civetta capogrosso. Per il Capovaccaio ho fatto due tentativi in Basilicata (giugno e agosto), senza successo. La Civetta capogrosso è stato l’unico nidificante delle Alpi che mi è sfuggito. Vani sono stati i tentativi per aggiungere questa specie, l’ultimo dei quali è stato effettuato in extremis, insieme a Roberta Corsi e Marco Sozzi, la sera del 31 dicembre sulle

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montagne del Friuli. A un certo punto abbiamo desistito perché gli altri amici ci aspettavano alla foresteria della Cona per il cenone. Qui abbiamo festeggiato insieme la fine del lunghissimo Big Year e abbiamo “incoronato” Gianni Conca. Una sfida con me stesso: Menotti Passarella 343 specie, 43 lifers Il mio Big Year parte in sordina: ai primi di gennaio sono in giro per il Delta del Po con le streghe del Mezzano (Laura Bonanno, Roberta Corsi, Laura Gramolelli, Alessandra Luponetti e Stefania Morandi) e non so ancora che parteciperò. Erano anni che mancavo dal birdwatching e me ne stavo tranquillo tra la mia collezione di piante grasse e qualche viaggio, prevalentemente all’estero e rigorosamente non di birdwatching. Poi arrivano il film “The Big Year”, che vedo in lingua originale prima della sua uscita nelle sale, e la Strolaga beccogiallo che vado a ‘twicciarÈ ai primi di febbraio nel padovano. Il film mi dà una prima carica e la strolaga mi porta alla decisione di partecipare alla gara italiana: era stato proprio dopo l’osservazione della mia prima Strolaga beccogiallo in Austria nel gennaio 2009 che avevo “appeso” il binocolo e riposto il cannocchiale nella scatola, per motivi personali che non vale la pena di raccontare in questa sede. Per me quindi la gara parte come una rimonta: a fine febbraio sono già 5°, a marzo 2° e ad aprile sono in testa. Cosa è successo? Come era noto ad alcuni, non sono mai stato uno che partecipava alle gare di birdwatching, non indulgevo troppo nel twitching e fondamentalmente non mi spostavo molto dal Delta del Po, dove rea­ lizzavo la quasi totalità delle mie osservazioni. Si trattava pertanto di cambiare indole, di vincere alcune paure e di partire per una cosa che non avrebbe lasciato molto spazio a ripensamenti. Ho quindi cominciato a prendere contatto con amici vecchi e nuovi (che desidero ringraziare tutti di cuore, sarebbe un elenco lunghissimo che da solo riempirebbe una pagina), poi ho pianificato i miei viaggi nelle varie regioni italiane, che in gran parte ho visitato (non sono stato in Valle d’Aosta, Molise e Puglia). Ho avuto, come tutti, qualche piccola disavventura, come forature di gomme dell’auto in Lessinia e vicino a Matera, senza dimenticare una breve sosta all’ospedale per un’ustione procuratami durante il viaggio in Basilicata. La specie più significativa del mio Big Year è stata quella che ha fatto scattare la molla: la Strolaga beccogiallo trovata da Giulio Piras alla Busa di Giaretta nel padovano. Il mestiere del twitcher va molto a fortuna e devo perciò registrare anche diversi viaggi a vuoto. Ben tre volte ho mancato il Croccolone, una volta il

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Piovanello pettorale (poi visti entrambi nelle risaie veronesi), viaggio a vuoto anche nelle Marche per la Schiribilla grigiata, mancata per qualche ora, così come l’Aquila imperiale di Tronzano (ma vista poi a gennaio 2013). Anche la Poiana calzata svernante in Toscana mi ha procurato un viaggio a vuoto. Il mio Big Year è stato una sfida con me stesso; uno degli scopi era quello di osservare in Italia le specie che mi mancavano (ed erano parecchie): alla fine ho raggranellato ben 43 lifers! Questa è la lista: Strolaga beccogiallo (Padova, già precedentemente osservata in Austria), Uccello delle tempeste (Sardegna), Avvoltoio monaco (Cornino), Aquila di Bonelli (Sicilia), Pernice bianca (Passo Gavia), Fagiano di monte (Monte Grappa), Colino della Virginia (Fiume Ticino), Pernice sarda (Sardegna), Re di Quaglie (Col Visentin), Gallina prataiola (Sardegna), Frullino (Piana fiorentina) Tortora delle palme (Pantelleria e Linosa), Parrocchetto monaco (Roma), Cuculo dal ciuffo (Patanella), Gufo reale (Friuli), Civetta nana e Civetta capogrosso (Bocca di Caset), Picchio cenerino (Carso triestino; già osservato in Slovacchia), Picchio nero (Carso triestino e Monte Grappa; già osservato in Slovacchia), Picchio rosso mezzano (Basilicata, già osservato in Slovacchia), Picchio dalmatino (Parco d’Abruzzo), Sordone (Passo Stelvio), Pagliarolo (Delta del Po), Magnanina sarda (Sardegna), Magnanina (Pantelleria e Sardegna), Sterpazzola di Sardegna (Tolfa), Sterpazzolina di Moltoni (Bocca di Serchio), Bigia padovana (Sondrio), Luì di Pallas (Treviso), Luì bianco (Sondrio), Balia dal collare (Pantelleria), Cinciarella algerina (Pantelleria, ma già osservata alle Canarie), Rampichino alpestre (Monte Grappa), Gracchio corallino (Sardegna), Storno roseo (Papozze, RO), Passera lagia (Sardegna), Fringuello alpino (Passo Stelvio e Passo Gavia), Venturone alpino (Sondrio), Venturone corso (Sardegna), Organetto (Alto Adige), Ciuffolotto scarlatto (Alto Adige), Panuro di Webb (Laghi di Avigliana), Usignolo del Giappone (Colli Euganei). Non so, ora come ora, se rifarò un Big Year. Mi rimane però ancora lo slancio per puntare, anche nell’immediato, ad aggiungere tutte quelle specie “possibili” con cui ho sempre rimandato l’appuntamento (o che hanno - loro - sempre rimandato l’appuntamento con me!). Senza un’auto, con un armadio pieno di post-it e di foto: Marco Sozzi. 334 specie Inizio con un po’ di numeri, per raccontare un’impresa che mai avrei pensato di poter compiere non possedendo un mezzo (e tanto meno una patente di guida), avendo passato da tempo i 20 anni quando, pieno di energia, ho iniziato ad aprire la mia finestra sul mondo e spalancare quella del bir-


4. Luca Boscain, Alessio Quaglierini e Marco Crivellari. 5. Marco Sozzi e Gianni Conca in Sardegna. 6. Luciano Ruggieri al Meisino (TO). 7. Corrado Nava, Lorenzo Prada e Marco Sozzi in Sicilia.

Marco Crivellari

4

Andrea Nicoli

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Donatella Calvi

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7

Lorenzo Prada

dwatching. Era una passione che “covavo” fin da ragazzino quando, per la gioia dei miei genitori, tentavo di allevare tutti gli uccelli feriti o abbandonati che mi capitavano tra le mani. 365 giorni di vagabondaggio, 14 regioni visitate, 39 province calpestate, alcune più volte (e non parlo di quelle confinanti con Milano, dove risiedo, ma di Potenza, Pisa, Bolzano...), 6 le specie di aufughi, 12 le sottospecie che, a un certo punto, non ho più segnato per non perdere i conti, 40 le specie perse clamorosamente (ma per vederle tutti non sarebbe bastato il dono dell’ubiquità, forse il teletrasporto...). 334 specie osservate, anzi 333 perché ho quasi calpestato il Re di quaglie senza riuscire a vederlo (e chi c’era al meeting sa cosa intendo). Quattro lifer: il mitico Luì del Pallas, la ormai rara Salciaiola, l’inafferrabile Uccello delle tempeste e la maestosa Aquila imperiale. Le bestie nere? Lo Smeriglio che si è preso letteralmente gioco di me, la Civetta capogrosso, cercata fino dopo il tramonto del 31 dicembre e i tanti giri a vuoto dimenticati grazie a un sano ed efficiente training autogeno; soprattutto la difficile lezione di non dare tutto per scontato e pensare “lo hanno visto tutti, lo vedrò anch’io...”. Più di 100 gli amici di EBN e non, nuovi e di vecchia data, con cui ho condiviso viaggi straordinari macinando migliaia di chilometri su e giù per la penisola per una gara contro me stesso; tante osservazioni ed emozioni indimenticabili; e poi le abbuffate: dai canederli dell’Alto Adige, passando per i peperoni cruschi della Lucania ai totani ripieni di sugo di cernia a Pantelleria. È capitato di fare anche qualche viaggio in solitaria, e non poteva mancare Ventotene, il posto ideale per festeggiare il compleanno, e dove sono riuscito a vedere un Usignolo d’Africa. In tutto questo, anche il mio armadio a quattro ante ha contribuito all’impresa, prestandosi a fare da lavagna che mi ha tenuto aggiornato sull’andamento della gara, con una raccolta di postit per le specie mancanti e le foto di pennuti fatte da tutti gli amici che ho incontrato durante questo “viaggio nel viaggio”. Ringrazio veramente le persone che ho incontrato sul mio tragitto perché tutti mi hanno dato qualcosa; un grazie particolare a coloro che mi hanno fatto sentire parte di una squadra invincibile e con i quali abbiamo perso il conto del numero dei chilometri percorsi lungo tutta la penisola: Andrea e Liana Nicoli (per un momento ho pensato di trasferire la residenza sul loro Doblò, nel quale mi sentivo ormai a casa), Gianni e Bruna Conca. A mia volta aspetterei i ringraziamenti dalle Ferrovie dello Stato, dalla Siremar, da Autostrade per l’Italia, dalla Swarovski Optik (perché nel frattempo ho “fuso” il cannocchiale), dalla mia Banca (cui avevo promesso di non andare in rosso) e da Mario Monti, cui ho

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dimostrato cosa vuol dire “far girare l’economia del Paese”. Non sono mancate le notti passate nelle stazioni, da quella ferroviaria di Cremona al porto e alla stazione di Formia. Da dimenticare il chum di “produzione propria” nel traghetto da Pantelleria a Trapani, con un mare forza “non lo so”, e poi neve, sole, pioggia, grandine, vento, nebbia... Sono arrivato al trecentosessantacinquesimo gior­no “steso” come una pelle d’orso ma mi sono proprio divertito. E sono pronto a ricominciare Il mio primo Big Year quasi per caso: Marco Crivellari. 329 specie, 64 lifers Il mio Big Year è iniziato per caso. Ho trascorso la prima settimana dell’anno in Estremadura ed è stato solo a fine gennaio che Luca Boscain mi ha trasmesso il “germe” della gara. Fondamentali sono state le quattro Oche lombardelle minori alla Cona: Luca quel giorno faceva i suoi calcoli per la classifica del primo mese e mi accorsi che non ero poi messo così male. A fine gennaio ero 25° con 109 specie, senza aver fatto nulla di speciale. A febbraio, in compagnia di Luca, mia sorella Laura e Paolo Schlagenauf, effettuo una trasferta di quattro giorni in Toscana, che ha fruttato un incremento di 24 specie e alcuni lifers. Nel mese di marzo, in compagnia di Enrico Benussi, giornata di lifers con Picchio rosso minore, nero e cenerino, chiusa dal canto dei Gufi reali; di sicuro una delle migliori dell’anno. In aprile gita sul Monte Grappa con Luca e Menotti Passarella. Qui aggiungo parecchie specie alpine: Merlo dal collare, Nocciolaia, Crociere, Lui bianco e Fagiano di monte. A maggio partecipo alla “24 ore” in compagnia di Fabio Piccolo, Paolo Vacilotto e Luca. Iniziamo sul Grappa per finire ai Magredi: una dura giornata che ha fruttato un bel bottino. Sempre in maggio, con Luca e Menotti, andiamo a cercare l’Avvoltoio monaco al Cornino, senza successo. Il dispiacere più grande, però, sarà apprendere che se fossimo arrivati mezz’ora prima avremmo visto l’Aquila imperiale. Ci rifacciamo con i due Piovanelli pettorali a Verona. A fine mese vado in Alto Adige dove sono stati segnalati gli Storni rosei... ma niente. Aggiungo comunque altre specie, tra cui Ciuffolotto scarlatto, Organetto e Rondine rossiccia. La sorte vuole che, rientrando a casa, riesca a vedere due Storni rosei vicino ad Adria. A giugno, mese in cui sono “fermo” per impegni di lavoro, mi saluta Luca, compagno di tante spedizioni. Lui parte per un’avventura ancora più grande: quattro mesi in Argentina. È suo il merito di avermi coinvolto in quest’avventura e a lui devo molti insegnamenti e consigli. Riparto a luglio in compagnia di un nuovo amico: Marco Sozzi (conosciuto anni fa al meeting in Sardegna, e rivisto a giugno in Alto

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Adige). Insieme riusciamo a osservare i Cuculi dal ciuffo nella Bonifica del Loncon e poi, finalmente, l’Avvoltoio monaco al Cornino. Il 20 invece sono sul Monte Catria (PU) per i Gracchi corallini e il 25 nel mantovano per il Falaropo beccolargo. Qui mi capita persino di finire con una ruota in un fosso, per fortuna arriva Menotti e mi tira su. Nel weekend di Ferragosto ho due giorni di ferie e, invece di far baldoria al mare, torno in Alto Adige con la speranza di essere più fortunato, ma alcune specie, più semplici da trovare in periodo di nidificazione, sono ora diventate dei fantasmi. A ogni modo, ho un incontro ravvicinato con sua mae­ stà il Gipeto. Mi sbuca alle spalle silenzioso, mi fa persino sobbalzare. Il 17, mentre stavo pensando che era il periodo giusto per il Terek, arriva un messaggio di Menotti: “Terek in salina”. Un regalo di compleanno con un giorno di anticipo. Il giorno 24 mi imbarco per un viaggio che è la sintesi pura della pazzia e della voglia di scoperta indotte dal Big Year. Il progetto è ambizioso: volare a Pantelleria, tornare in Sicilia in nave e da qui risalire in auto passando per la Basilicata. Sono insieme a Marco e a Stefano Grimelli (e dalla Sicilia si uniranno Lorenzo Prada e lo zio Corrado). A Pantelleria le cose non vanno per il verso giusto e i contrattempi si susseguono. Lasciamo l’isola con un giorno di ritardo e ci spostiamo nella Sicilia orientale. Ai Pantani di Cuba e Longarini è un tripudio di limicoli: 23 specie. Ma si tratta di specie nuove solo per Marco e Lorenzo. Lo stesso a Vendicari. Il “sortilegio” si spezza quando, con Andrea Corso, a Capo Murro di Porco vediamo l’Uccello delle tempeste. Il 31 siamo in Basilicata e vediamo il Picchio rosso mezzano già nel giardino dell’agriturismo. Il 26 settembre, in compagnia di Menotti, vivo una giornata epica, difficilmente ripetibile. A Lido di Spina vi sono in mare almeno una ventina di labbi, tra i quali distinguiamo due Stercorari mezzani e almeno un Labbo codalunga (confermati da foto). Chiudo settembre a 303 specie, 5° in classifica. Ho superato il mio obiettivo iniziale e ora non posso certo accontentarmi! Sposto il mio nuovo target a 330; non si tratta di un numero a caso: con le mie tabelle, fogli, calcoli sono convinto di poterci arrivare. A ottobre vado a Casei Gerola per la Poiana codabianca; poi Marco e Lorenzo mi accompagnano alla ricerca del Parrocchetto monaco e dal collare. Poi sono di nuovo in Toscana con Laura e Paolo per il coastal trip. Niente Berta balearica, ma porto comunque a casa una specie: il Bengalino. A fine mese, con Menotti, Roberta Corsi e Alessandra Luponetti, siamo a Tronzano per l’Aquila imperiale, ma, anche stavolta, arriviamo con mezz’ora di ritardo. Arriva novembre e ancora non ho deciso: vado a Linosa? Ho già speso molto, devo mollare il lavoro


di continuo e, non ultimo, ... ho la “morosa”, conosciuta da poco. Vediamo insieme il film “Un anno da leoni” e le spiego che ho una missione da portare a termine. Ho stravolto tutti i programmi di inizio anno, la febbre del Big Year mi ha preso del tutto e non posso farmi scappare questa esperienza, che mi descrivono come irrinunciabile. Appena sbarcato a Linosa vedo Prispolone indiano e Zigolo boschereccio. Il MISC mi ha accolto alla grande, non c’è che dire! Subito dopo vedo il Trombettiere, poi le rarità improvvisamente si bloccano. A ogni modo mi godo il posto fantastico e ho comunque la possibilità di raccogliere ancora qualche specie. Chiudo a 319 (+10), 5° posto. Sono arrivati gli ultimi trenta giorni. Vado in Les­sinia per gli Zigoli delle nevi ma, per strada, arriva l’sms dei Cigni selvatici, per cui cambio programma e corro a Caldaro. Qualche giorno dopo riparto per la Lessinia dove vedo, finalmente, gli Zigoli delle nevi. Uno degli ultimi giorni liberi a disposizione aggiungo Tordo sassello e Beccaccia. Il giorno 15, in Friuli vedo la Pesciaiola. Infine il 23 in Alto Adige vedo i Beccofrusoni segnalati a Laion da Maurizio Azzolini. Negli ultimi giorni dell’anno avrei ancora alcune specie da cercare in Toscana e Lazio, ma ho promesso alla morosa di passare a casa le feste di Natale; per cui, per non fare la fine di Bostik (che nel film passa la notte di Natale da solo al ristorante cinese), decido, a malincuore, di chiudere così il Big Year. Il Big Year di Laura Bonanno, undicesima 305 specie L’inizio del fatidico anno del Big Year non mi ha certo trovata cosciente di quello che sarebbe poi successo. Nei primi giorni di gennaio le “streghe del Mezzano”, cinque “tremende” signore, erano impegnate a festeggiare l’arrivo dell’anno nuovo con un’esperienza di birdwatching “estremo“ in solitaria (nel senso ovviamente che erano da “sole”, senza birdwatchers maschi!): quattro giorni nel Parco del Delta del Po, da Rimini a Gorino, percorrendo in lungo e in largo tutti gli angoli più belli della costa e dell’entroterra. Ci siamo divertite come pazze, abbiamo visto tantissimi animali: 19 civette in un solo giorno, i gufi di Anita e Ostellato, tutto quello che si poteva desiderare di gabbiani e uccelli di palude; siamo state raggiunte via via da un sacco di amici birders, anche loro a zonzo tra Comacchio, il Mezzano ecc.. Ma nessuna di noi, e tanto meno io, pensava ancora seriamente al Big Year. Poi, pian piano, siamo finiti tutti in una specie di vortice che ci ha portato a girare mezza Italia per vedere quello che non avevamo mai (almeno io) neppure pensato di poter vedere. Il momento in cui, forse, ho preso coscienza di poter-

mi regalare un’esperienza così particolare (e forse per me irripetibile), come è stato il primo Big Year italiano, è stato l’incontro con un animale che non avevo mai, da brava birdwatcher toscana, né incontrato, né pensato di poter incontrare: il mitico, anzi “i” mitici, Re di quaglie al meeting di EBN Italia nel Cansiglio. Da lì in poi le uscite sono state mirate. Le Crete Senesi per Lanari, averle e Occhioni (mancati), la splendida Basilicata per Picchio rosso mezzano e Zigolo capinero, il Gavia, lo Stelvio, San Valentino alla Muta per le specie di montagna, che in Toscana non si vedono certo, le vacanze in Sicilia... Non riesco ora a ripercorrere tutte le tappe di un anno che è stato sinceramente entusiasmante e che mi ha portato a conoscere ambienti e animali mai visti; tutto questo, spesso, in compagnia di amici che condividono la tua stessa “malattia”. Rimangono i ricordi. Le due Aquile reali incontrate sul confine italo francese del Piccolo San Bernardo di cui una è, fortunatamente, entrata in territorio italiano (altrimenti niente crocetta), i due viaggi a Forca d’Acero per il Picchio dorsobianco, i cinque (sei? sette?) viaggi alle varie cave toscane per il mai visto Picchio muraiolo, il Piovanello violetto, rivisto a distanza di qualche anno sui soliti scogli livornesi, dove è rimasto solo per mezz’ora. Mi sono riempita gli occhi di paesaggi e incontri con animali e uomini. Mi è rimasto il desiderio, ancora più forte, di continuare, anche senza lo stimolo della gara, a esplorare tutti gli angoli del nostro territorio conosciuti e sconosciuti, e a cercare l’incontro con qualcuno degli esseri che, accanto a noi, condividono l’esperienza della Vita. E ora si torna a esplorare il nostro territorio per l’Atlante, per i censimenti, per il nostro benessere e il nostro godimento, per la loro protezione. Sapete qual è il mio obiettivo per il 2013? Continuare a cercare l’incontro con ciò che mi è sfuggito, con le specie che non vedo da tanto tempo e con quelle che non ho ancora visto. Oppure che vedo spesso, ma non mi stanco di vedere. Tutto questo con un po’ di nostalgia, come dice Marco Sozzi, per quella gara che ci vedeva convergere e, quindi, ci faceva incontrare, senza neppure la fatica di metterci d’accordo. Un abbraccio a tutti! I rimanenti primi 20 classificati 6°: Roberta Corsi (320 specie). 7°: Lorenzo Prada e Cesare Dell’Acqua (317). 9°: Piero Bonvicini (309). 10°: Davide de Rosa (307). 12°: Roberto Maistri (304). 13°: Riccardo Del Togno (303). 14°: Maria Grazia Carpi (295). 15°: Giovanni Natale e Luciano Ruggieri (294). 17°: Matteo Toller (290). 18°: Roberto Lerco (282). 19°: Michele Cento (281). 20°: Ottavio Janni (275). Classifica completa sul Forum di EBN Italia.

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Q Associazione EBN Italia B

Festa dei Nodi 2012 Tris di gabbiani “reali” in Lombardia

EBN Italia

a cura di Emanuele Forlani La proposta di riunire i Nodi lombardi (Birdin’Lombardia e Menacò) per la Festa dei Nodi 2012 mi giunge a ottobre da parte di Paolo Casali. Inizia così una lunga corrispondenza per organizzare sul basso Lago di Garda una grande riunione di birders lombardi. Nella fredda mattina del 2 dicembre al porticciolo di Lugana, ancora deserto, vediamo un Piro piro piccolo che si invola tra le barche ormeggiate e scandagliamo tutti i pali sperando in qualche rarità da Big Year, purtroppo si vedono anche i numerosi stampi dei vicini appostamenti di caccia, per ricordare a tutti che siamo in provincia di Brescia, nota per l’intensa pratica venatoria. Decidiamo di incamminarci verso Punta Grò, dove vediamo qualche Luì piccolo e qualche Migliarino di palude; mentre Tuffetti e Porciglioni si fan-

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no sentire nel canneto, dal nulla quattro Volpoche ci sfilano davanti ai binocoli. Decidiamo di dirigerci a Sirmione per osservare i gabbiani e non rimaniamo delusi: osserviamo Gabbiano reale, nordico e pontico; uno dei pontici ha una anello in PVC che scopriremo provenire dalla Polonia. Si tratta di un individuo inanellato al nido a Kozielno Paczkow, mille chilometri di distanza, il 25 maggio. In lontananza uno Smergo minore si invola verso Sirmione. Dopo pranzo ci spostiamo al laghetto del Frassino, a fare indigestione di Morette e Moriglioni. Sul lago troviamo anche un paio di tabaccate, Mestoloni e dei Fischioni. Si conclude così una bellissima giornata tra amici vecchi e nuovi, che ha visto la partecipazione di più di 30 birders: nei giorni successivi leggeremo sul giornale locale un articolo su questo strano gruppo armato di guide, binocoli e cannocchiali sul Garda: speriamo proprio di essere stati di stimolo a chi ancora non conosce questa passione.


Associazione EBN ItaliaQ

B

Corrado Nava

Lorenzo Prada (Milano, 1995). Lorenzo è una delle promesse del bird­watching italiano; frequenta attualmente il quarto anno del liceo scientifico, dove ha scelto l’indirizzo sperimentale in scienze. Lorenzo è il frutto di quello che ci si aspetta di raccogliere cercando di seminare gli ideali che ci accomunano: è un birder abile sul campo e disponibile con tutti, sempre con il sorriso sulle labbra; quelli che lo hanno incontrato lo ricordano accompagnato

EBN Italia

Birder of the year 2012 costantemente dallo zio Corrado che lo ha scorrazzato per l’Italia in lungo e in largo, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia. Si è classificato primo tra gli Under 21 nel Big Year 2012, che ha concluso al settimo posto assoluto. Si è appassionato al birdwatching par­ tecipando alle visite organizzate pres­so l’Oasi Palude Brabbia; partecipa ai censimenti IWC; è iscritto a EBN Italia dal 2005 e al nodo Birdin’ Lombardia, di cui segue regolarmente gli eventi.

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Q Recensioni B

Finalmente in italiano! Nel 1999 la comunità dei birdwatchers accolse con grande entusiasmo la pubblicazione della prima edizione dello Svensson, Mullarney, Zetterström. Una pietra miliare per l’ornitologia da campo, che stabiliva il canone stilistico per tutte le future guide. La lunga gestazione e i frenetici sviluppi in campo tassonomico, in poco tempo, resero indispensabile per la “Collins”, come fu definita dal nome della casa editrice inglese, una corposa revisione. Nel 2010 vide la luce la seconda edizione, con un aumento del 10% delle pagine. Si era reso necessario inserire 50 specie in più, descritte nella sezione principale, e 33 “nuove” specie recentemente riconosciute o trattate come tali per aggiornamento della sistematica. Un lavoro monumentale, con nuove superlative tavole a colori (come ad es. gli Strigiformes e i Columbidae), che venne tradotto in più di una decina di Paesi europei. Un unico neo: non esisteva la traduzione italiana. Per quanto abituati, volenti o nolenti, all’uso della guida in lingua inglese e ormai assuefatti alla terminologia anglosassone, tutti noi ne abbiamo desiderata una tradotta nella nostra lingua. Grazie all’impegno di alcune associazioni, come EBN Italia e LIPU, e alla casa editrice Ricca, da poche settimane il panorama ornitologico nostrano si è arricchito dell’agognata “Svensson” in italiano.

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La prima e la quarta di copertina, che presentano una serie di disegni ingranditi, risultano subito accattivanti, un gustoso primo assaggio delle splendide tavole presenti all’interno. La scelta del titolo Guida degli uccelli d’Europa, Nord Africa e Vicino Oriente appare più consona al contenuto rispetto a quella della Collins Bird Guide, e anche se l’espressione “Vicino Oriente” può sorprendere, abituati come siamo al giornalistico “Middle East”, risulta geograficamente più adatta. Per espressa richiesta della casa editrice svedese Bonnier Fakta, il libro è stato stampato presso la Printer, tipografia trentina già artefice della prima edizione del libro, mantenendo così tutti i dettagli e le sottigliezze artistiche delle tavole presenti nelle edizioni in lingua originale e in inglese (ma conservando inevitabilmente anche alcuni difetti, come forse un eccessivo affollamento nel caso dei gabbiani). Diverse mappe di distribuzione appaiono modificate: l’Ibis eremita (Geronticus eremita) è correttamente indicato in Marocco soltanto al parco di Oued-Massa e a Tamri, così come il Porciglione (Rallus aquaticus), distribuito in modo frammentario in Islanda. Dove necessario, le mappe dei rapaci sono state riviste; si veda ad esempio l’attenzione al particolare nella distribuzione in Gran Bretagna del Falco pecchiaiolo (Pernis apivorus) dove è stato incluso il Galles (ma stranamente non la Scozia o il nord dell’Inghilterra), o la correzione delle mappe che ci riguardano direttamente con la segnalazione delle nidificazioni del Grillaio (Falco naumanni) e Falco cuculo (Falco vespertinus) nel Parmense. Purtroppo, nell’edizione italiana, la mappa dello Zafferano (Larus fuscus) è in realtà quella del Mugnaiaccio (Larus marinus), mentre quella dello Zafferano baltico (Larus fuscus fuscus) è da attribuire sia a graellsi sia a fuscus. Stranamente non viene indicata la nidificazione dello Zigolo capinero (Emberiza melanocephala) nell’Appennino settentrionale, mentre, nel testo, si cita lo status nell’Italia settentrionale. Si rilevano alcune discrepanze a livello di nomenclatura tra testo e tavola, come ad esempio Oca canadese/Oca del Canada, Oca colombaccio di Lawrence/Oca nera, Smergo dal ciuffo/Smergo dal cappuccio, Pernice del deserto/Pernice gola grigia, Monachella del basalto/Culbianco nero. Queste sviste possono creare confusione tra i lettori e probabilmente tradiscono l’abitudine all’utilizzo, da parte dei traduttori, di nomi differenti rispetto alle scelte tassonomiche e di nomenclatura riportate sulle liste di riferimento. In questo


caso gli autori si sono affidati in gran parte alla lista del Paleartico occidentale di EBN Italia (scaricabile dall’Area Download del sito http://www. ebnitalia.it/index.asp); la scelta dei nomi mi trova sostanzialmente d’accordo salvo alcune eccezioni quali Aquila imperiale spagnola (Aquila adalberti) al posto di Aquila imperiale iberica. Quest’ultimo nome rispecchia in modo più corretto la reale distribuzione (di recente ha colonizzato il Portogallo con alcune coppie). Si riscontrano poi alcune scelte lessicali discutibili, ma imputabili alla difficoltà di seguire la caratteristica concisione della lingua inglese, quali “letto di canne” o “proiezione piedi” o l’utilizzo un po’ ridondante di termini virgolettati (“collare”, “dente” ecc.) che fanno sentire la mancanza di un glossario inglese-italiano dei termini ornitologici. Un’opera realizzata a tre mani rischia di risentire di una certa disomogeneità che, in questo caso, appare sostanzialmente contenuta, senza eccessive discrepanze a livello stilistico.

Ho inoltre apprezzato particolarmente le note sulla fenologia che Andrea Corso ha inserito per le specie a lui commissionate: in poche righe si forniscono informazioni puntuali e preziose, con grande capacità di sintesi. In conclusione, a parte gli inevitabili refusi, che verranno certamente corretti in future edizioni, non posso che plaudire a questa importante iniziativa editoriale, da tempo attesa. Un’opera del genere, tradotta in lingua italiana, potrà avvicinare al mondo del birdwatching un numero di persone sempre maggiore, con positive ricadute sulla consapevolezza ambientale e protezionistica. Gianluigi Castelli Lars Svensson, Killian Mullarney e Dan Zetterstrom (2012). Guida degli uccelli d’Europa, Nord Africa e Vicino Oriente. Ricca Editore, Roma, 448 pagine, € 35,00. ISBN 978-88-6694-000-5

Qualche considerazioni sulla traduzione della fenologia Lo Svensson ha i simboli che indicano la fenologia: nella versione inglese si tratta di B, W, P e V che stanno per Breeding, Wintering, Passage visitor e Vagrant. Nella traduzione italiana “Passage visitor” è stato tradotto come “Migratore” ingenerando la solita diatriba: una specie che si sposta per venire a svernare in Italia è da considerarsi anche migratrice? Un esempio su tutti: la Moretta grigia considerata “svernante e migratrice regolare” mentre nella versione originale è solo W. Questa classificazione si applica anche a specie piuttosto rare come la Strolaga maggiore che è definita in italiano, S e M. Noi la avremmo definita più pragmaticamente solo S. In generale, forse perché ci siamo abituati a leggere simboli anglicizzati, avremmo preferito mantenere W come svernante e B come Nidificante. Pettirosso: “mN5, S5” cioè specie nidificante rara <100 coppie, migratrice, svernante rara. Un refuso clamoroso! Così come l’Usignolo nella stessa pagina “mN4/M” cioè nidificante raro >100 coppie ! Piviere tortolino: è indicato “in Italia principalmente osservato durante la migrazione autunnale (sett-nov picco in ottobre)”. In realtà almeno per il Nord e Centro Italia il periodo del picco migratorio è tra fine agosto e metà settembre. Otarda: Viene indicata come “migratrice e svernante irregolare”. Lo status di “migratrice” non pare suffragato da realtà recenti. Sarebbe stato più corretto: “Svernante irregolare” e basta.

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Ennio Critelli

In ricordo di Mauro Silveri

Ho conosciuto Mauro alla LIPU di Genova, tanti anni fa. Se penso a quel periodo, ricordo un gruppo di persone molto affiatate, propositive, nel quale Mauro spiccava per disponibilità e modestia. Credo siano stati anni nei quali abbiamo fatto qualcosa di buono per l’ambiente e per gli uccelli, anche grazie al suo apporto, divertendoci davvero tanto e sentendoci parte di un gruppo di amici. Successivamente, con EBN Italia e LiguriaBirding, sono arrivate le uscite sul campo, le gite e la sua collaborazione al sito, in un lavoro poco appariscente ma continuo e prezioso. Contemporaneamente lo sapevamo impegnato al CAI ed il coro presso il quale cantava con il suo vocione profondo. Mauro era sempre molto disponibile, divertente, allegro, sempre pronto a raccontarti qualche aneddoto collezionato nella sua lunghissima esperienza attiva nel mondo della protezione della natura. Aveva una sua loquacità tutta particolare, condita con un intercalare ligure “ruvido” per il quale, spesso, lo prendevamo bonariamente in giro, ma che

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era solo il camuffamento di un animo gentile, modesto ed estremamente rispettoso di tutti. Ho sempre apprezzato, soprattutto, il suo approccio equilibrato, adulto, alle cose, aspetto grazie al quale non perdeva mai di vista i veri valori, le cose importanti della vita. Quello che non sapevamo era che aveva la stoffa del combattente. Negli anni della sua lunga malattia, fatta anche di trattamenti dolorosi, non si è mai lasciato prendere dallo sconforto ma ha sempre guardato avanti, a un futuro dove avrebbe sicuramente trovato nuovi, anche se più limitati, equilibri. E ci abbiamo creduto anche noi, vedendolo risollevarsi, pian piano, da una situazione in cui gli era penoso anche il solo parlare al telefono fino alle prime uscite sul campo, ancora in natura, di nuovo all’aria aperta, a veder passare i rapaci in migrazione. Con noi mai un momento di sconforto, ma sempre quell’atteggiamento un po’ scanzonato verso la vita, da lottatore. Ma all’ennesima sfida, di questi ultimi giorni, ha dovuto cedere, lasciandomi incredulo. Ennio Critelli


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