Quaderni di birdwatching n 4, marzo 2011

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CONTROCOPERTINA


S ommario E DITORIALE

4

Bilancio di 10 anni di associazione (2001-2011)

Turchia

M ETE

DEL

B IRDWATCHING

6

M ETE

DEL

B IRDWATCHING

22

Pian di Spagna e Lago di Mezzola

C RIPTOORNITOLOGIA

30

Alla ricerca dell’ala perduta

B IODIVERSITÀ

35

Nuovo manifesto per la conservazione della natura

S PECIE

38

Gufo reale, il signore della notte

TASSONOMIA

44

L’antico mestiere dell’Acquaiolo

S PECIE

46

Piovanello in 4 salse: pancianera, comune, tridattilo e maggiore

B IRDWATCHING

54

Mangiatoie fai da te

C OMPORTAMENTI

58

Il Picchio rosso maggiore che si alimenta di more di gelso

D IGISCOPING

60

Digiscoping.. c’est plus facile

S EGNALAZIONI

64

Paleartico

S EGNALAZIONI

68

Italia

R ARITÀ

74

Un corriere dall’Asia

R ARITÀ

78

La piccola Gru dell’Est

R ARITÀ

80

Sorprese di ottobre

A SSOCIAZIONE

82

ABC

DEL


Quaderni di Birdwatching - anno XIII - nuovo corso

numero 4, marzo 2011 Registrazione al Tribunale di Verona n.2239/01 R.R. del 14-11-2001

DIRETTORE RESPONSABILE: Salvatore Grenci DIRETTORE EDITORIALE: Luciano Ruggieri DIRETTORE SCIENTIFICO: Igor Festari RESPONSABILE DELLA FOTOGRAFIA: Gianni Conca PROGETTO GRAFICO: Guglielmo Dossena REALIZZAZIONE EDITORIALE: EOS Editrice s.n.c. Hanno collaborato a questo numero: MATTEO BARATTIERI SILVIO BASSI MARCO BASSO GAIA BAZZI HANS BISTER ROBERTO BREMBILLA PAOLO CASALI MARCO CASATI GIANLUIGI CASTELLI BRUNO CAULA GIANNI CONCA GIGI DE CARLO SANTINO DI CARLO GUGLIELMO DOSSENA DAVIDE FERRETTI

IGOR FESTARI GIUSEPPE FIORELLA RICCARDO GALGANO ARMANDO GARIBOLDI FABRIZIO GIUDICI FRANCESCO GRAZIOLI ANTONIO GUARRERA BRUNA MORANDOTTI JAN KÅRE NESS ANDREA NICOLI ALESSANDRO SACCHETTI ETTORE RIGAMONTI CLOTILDE TOMEI ANTONELLO TURRI MICHELE VIGANÒ

Stampato da: Italgrafica s.r.l. - Novara Per contattare la redazione: ebnitalia@ebnitalia.it La rivista è distribuita ai soci di EBN Italia Copertina: Francolino (Francolinus francolinus), maschio adulto. Ph. Gianni Conca Controcopertina: simmetria di pettegole (Tringa totanus). Ph. Fabrizio Giudici

EBN Italia Via Peyron, 10 - 10143 Torino

www.ebnitalia.it


E DITORIALE

Bilancio

1-20 zione (200 ia c o s s a i d d i 10 a n n i

Avete mai cercato la parola “birdwatching” su Google tra i siti italiani? Se lo fate, il sito della nostra associazione è al primo posto, al secondo c’è la nostra rivista QB, al terzo la voce di Wikipedia relativa al birdwatching. Se cerchiamo “Birding Italia” il risultato non cambia. Dopo 15 anni di presenza sul web e 10 di associazione, EBN Italia si conferma l’associazione di riferimento in Italia per il birdwatching. Essere al primo posto nel motore di ricerca più utilizzato al mondo è segno che uno degli obiettivi dell’associazione è stato raggiunto: quello di farci conoscere da tutti quelli che vogliono avvicinarsi al mondo del birdwatching. Se incontrate qualcuno che ha un binocolo e non conosce EBN Italia, state certi che non è un birdwatcher! La nostra mailing list, la madre di tutto, è la più grande in Italia sulla fauna selvatica e una delle più grandi in Europa con 1135 iscritti mentre il nostro Forum, aperto solo dal 2008, ne ha 1212 con oltre 16.000 messaggi. La Gallery fotografica peraltro conta oltre 4500 immagini rappresentative dell’avifauna italiana! I segnali che il birdwatching sia un settore in movimento sono molteplici: una rivista dedicata agli uccelli in natura continua le pubblicazioni dal 2007, la Fiera internazionale di Comacchio promuove fin dal 2004 molteplici attività connesse con il birdwatching e rimane un punto di riferimento per lo sviluppo dell’area del Delta del Po emiliano-romagnolo, la guidina pubblicata da Muzzio è

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esaurita e nuove pubblicazioni stanno per essere lanciate sul mercato, ma tutto questo a noi non basta e forse neanche serve. Un’associazione è costituita da persone. Se siamo arrivati fin qui è grazie al patrimonio umano e alle molte persone che hanno creduto nei valori e nel messaggio che EBN Italia ha voluto diffondere. Persone che hanno organizzato senza fini di lucro 20 meeting nazionali, corsi di birdwatching spesso gratuiti, fatto campagne di salvaguardia degli ambienti e delle specie e creato una rivista su carta, questa che leggete, di qualità professionale. E come dimenticare i dati ornitologici raccolti negli annuari (2003-2009), che costituiscono di fatto un resoconto su base nazionale, impareggiabile. Dopo 10 anni, noi tutti crediamo che l’associazione possa ancora crescere, che Quaderni di Birdwatching sia un’ottimo vettore per raggiungere nuovi traguardi, ma siamo consapevoli che più grandi sfide richiedano mezzi e strutture differenti, riferite alla stessa vita associativa. Come vogliamo che diventi l’associazione EBN Italia nei prossimi 10 anni e da quali persone possa essere costituita è la decisione strategica del nostro prossimo futuro Luciano Ruggieri 4


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Mete del birdwatching

B ir d w a t c h in g in

Turchia di Bruna Morandotti e Gianni Conca

La Turchia rappresenta una meta turistica di indescrivibile fascino, ricca di mitologia, storia, musica, folklore e dotata di una natura incantevole. Un Paese vastissimo, che costituisce un ponte gettato fra due continenti, caratterizzato da una forte identità culturale, che non finisce mai di sorprendere ed emozionare per la sua bellezza e per la grande ospitalità che anima il suo popolo. Un viaggio in Turchia è senz’altro un’esperienza unica sia dal punto di vista turistico sia da quello naturalistico. Infatti, pochi Paesi al mondo hanno il fascino di questa terra che unisce memorie storiche e archeologiche di grande interesse a incredibili bellezze naturali. La natura della Turchia è speciale, un ecosistema talmente ricco da spaziare dalle alte catene montuose dei monti al confine con l’Iran alle dolci coste dei mari Egeo e Mediterraneo, senza tralasciare la natura del Mar Nero. La Turchia può offrire tanto al naturalista e al birdwatcher; la sua fauna e la sua flora sono protette attraverso parchi e riserve nati per salvaguardarle dai rapidi processi di sviluppo tanto agricolo quanto industriale che contraddistinguono questo Paese. La sua posizione geografica, ai confini con l’Asia e il Medio Oriente, fa della Turchia una delle mete più ambite dai birdwatchers europei, sia per l’elevato numero di specie che si possono osservare, oltre 500, sia per la rarità delle

stesse (molte specie occupano, infatti, un areale ristretto). Il miglior periodo per visitare il Paese va da maggio a giugno; tuttavia questo periodo può essere esteso fino alla fine di settembre, caldo permettendo. Il mezzo ideale per visitare il Paese è naturalmente l’automobile, che offre la possibilità di spostarsi rapidamente, e nonostante i trasferimenti obblighino talvolta a percorrere lunghe distanze, è tuttavia possibile in questo modo ammirare in piena libertà i meravigliosi paesaggi rurali e costieri. Nell’aeroporto di Ankara e in quello di Adana si possono trovare gli uffici delle principali agenzie di autonoleggio. La rete stradale è di buon livello e le strade principali sono in gran parte nuove o in rifacimento. La rete alberghiera è buona e copre l’intero Paese, la cucina turca è considerata una delle migliori del mondo perché assorbe le influenze di varie culture per poi rielaborarle in varie combinazioni. L’itinerario proposto è relativamente impegnativo, ma non impossibile, circa 5000 km da percorrere in 14 giorni con partenza e arrivo ad Ankara. Per chiarire meglio il percorso da compiere, occorre suddividere il Paese in tre regioni: il Mediterraneo orientale, l’Anatolia sud-orientale e la regione del Ponto (monti costieri del mar Nero). 6


Massiccio di Demirkazik, monti del Tauro. Ph. Gianni Conca

1) Delta del Goksu 2) Uzuncaburc 3) Delta del Tarsus 4) Monti del Tauro

5) Yesilce / Durnalik 6) Birecik 7) Nemrut Dagi 8) Van 7

9) Dogubayazit 10) Sivrikaia 11) Sumela


Allodola golagialla (Eremophila alpestris). Le sottospecie mediorientali sono pallide, con la nuca sfumata di rossiccio e poco giallo sulla testa. Ph. Gianni Conca

Passera scopaiola di Radde (Prunella ocularis). Ph. Gianni Conca 8


da arrivare in quota alle prime luci dell’alba, ora in cui i galli delle nevi cominciano a cantare e sono quindi facilmente visibili. È consigliabile effettuare la discesa a piedi, per godere meglio dell’incantevole paesaggio e osservare specie di uccelli interessanti quali Allodola golagialla ssp. penicillata, Monachella di Finsch, Cincia dalmatina, Picchio muratore di roccia, Verzellino fronterossa, Fringuello alicremisi asiatico, ecc. La terza struttura, il “Demirkazik Mountain Center“, si trova a Dermirkazik, 5 km a nord di Cucurbag. Attualmente l’albergo è alquanto degradato e offre solo pernottamento con prima colazione. L’unico ristorante dell’intera area si trova a Pinarbasi, circa 3 km a ovest di Demirkazik. Vista la scarsità di posti letto, è consigliabile prenotare con largo anticipo. Il delta del fiume Goksu è una delle zone umide più importanti della Turchia e si trova circa 10 km a sud-est di Silifke. Per accedervi bisogna percorrere la E 400 da Tarsus verso Tasucu e, superato Silifke, svoltare a sinistra in prossimità di una cartiera. Costeggiando poi un piccolo

Regione mediterranea orientale I monti del Tauro si trovano a ridosso della zona costiera mediterranea e sono il luogo migliore per osservare il Gallo delle nevi del Caspio e la Passera scopaiola di Radde. L’ambiente è montano: si parte dai 1600 metri d’altitudine di Cucurbag per arrivare a 3734 m del monte Dermirkazik, che è la vetta più alta. La vegetazione e l’ambiente cambiano secondo l’altitudine; roccia e prateria sopra i 2000 metri, boschi di pino, cedro del Libano, quercia e ginepro nella fascia mediana e infine, nella zona più pianeggiante, coltivazioni e pascoli utilizzati dalla popolazione nomade. Partendo da Ankara bisogna percorrere la E90 fino a Pozanti, quindi dirigersi verso Camardi, in direzione nord per circa 60 km, e proseguire per Cucurbag, 7 km dopo. Qui si trovano due delle tre strutture ove è possibile alloggiare. Le strutture raccomandate sono la “Safak Pension” gestita da Hasan (hsafak@e-kolay.net) e la “Oz Safak”, del fratello, che sono anche le guide che accompagnano i birdwatchers sulle montagne per cercare le specie sopra citate. La partenza è prevista per le 4 di mattina, in modo

Canneti e paludi, delta del fiume Goksu. Ph. Gianni Conca 9


orientali per osservare specie a gravitazione egea quali Canapino levantino, Bigia di Rüppell, Cincia dalmatina, Picchio muratore di Krüper, Zigolo cenerino ssp. cineracea e Ortolano grigio; altre specie interessanti sono: Bulbul ventregiallo, Usignolo d’Africa orientale (ssp. syriacus), Averla mascherata, Bigia grossa orientale, Picchio muratore di roccia, ecc. Il delta del fiume Tarsus si trova a sud dell’omonima città. Procedendo verso ovest, sulla strada 400, bisogna superare il bivio per Tarsus centro e svoltare poi a sinistra all’incrocio per Karabukak. Dopo qualche km si entra in un territorio prevalentemente agricolo frammisto a rimboschimenti di eucalipto, che è una delle zone migliori per osservare il Martin pescatore di Smirne (solitamente posato sui fili della corrente). Verso sud si arriva al villaggio di Kulakkoi, attraversando l’ambiente ideale per osservare il Francolino.

corso d’acqua fino ad arrivare all’Holyday Village, dopo aver attraversato un ponticello e mantenendo sempre la destra, si arriva in una strada sterrata che porta alla riserva. Il delta comprende alcune lagune d’acqua dolce tra cui quella di Akgol, la più importante, e il lago di Karadeniz. La maggior parte del territorio è utilizzato per scopi agricoli, ma dispone ancora di zone umide, dune di sabbia e ampie spiagge. Il lago Akgol, che si trova al centro della riserva, circondato da una ricca vegetazione palustre, costituisce il luogo più importante per la nidificazione dell’Anatra marmorizzata; altre specie di rilievo sono Pollo sultano testagrigia (ssp. caspius), Francolino, Corriere di Leschenault, Martin pescatore di Smirne, Prinia gracile, ecc. Uzuncaburc è un villaggio che si trova 28 km a nord di Silifke. L’intera area è di interesse archeologico; si possono visitare numerosi reperti, quali tombe, tempi, teatri, torri dell’epoca romana e bizantina. L’ambiente, attraversato da gole profonde formate dal fiume Goksu, è submontano, adibito a pascoli con boschi di conifere, macchia mediterranea e piccole zone coltivate. E’ una delle località più

Anatolia sud-orientale Yesilce, paesino situato a circa a 1000 m di altitudine, si raggiunge procedendo da Tarsus verso est sulla strada 400

Martin pescatore di Smirne (Halcyon smyrnensis). Ph. Gianni Conca 10


Colline aride di Isikli, nelle provincia di Gaziantep. Ph. Gianni Conca

per circa 240 km. Appena prima dell’abitato si può deviare a destra verso il villaggio di Durnalik da cui parte un’ampia sterrata che conduce, verso sud, a Isikly; da qui, infine, si guida di nuovo verso nord per reimmettersi, dopo aver compiuto un “loop” completo, sulla strada principale in direzione di Gaziantep. La zona è caratterizzata da estese formazioni rocciose e da una vegetazione di tipo xerofilo, frammista ad appezzamenti agricoli ed estesi frutteti (soprattutto pistacchio), che predominano lungo il fondovalle. Si tratta di un sito ideale per osservare specie altamente localizzate, quali Fringuello del deserto, Cincia dalmatina, Usignolo golabianca (qui presente in densità elevate), Canapino di Upcher e diverse specie del genere Oenanthe, tra cui la Monachella di Finsch e la rara Monachella codarossa ssp. xanthoprymna (specie per la quale il sito è diventato famoso, ma che oggi è di comparsa sporadica). Birecik è una cittadina di circa 50.000 abitanti, che sorge sulle sponde dell’Eufrate. È sicuramente una delle più importanti mete del viaggio perché rappresenta l’unico luogo dove si possono osservare alcune specie rare e lo-

calizzate. L’area offre diverse zone d’interesse ornitologico, tutte situate nelle immediate vicinanze dell’abitato. Ad esempio, provenendo da Gaziantep, prima di arrivare al distributore di benzina e al ponte che collega la città, si può svoltare a sinistra su una strada sterrata, proseguire per circa 2 km e, dopo aver superato l’indicazione del ristorante Kiyi, si arriva infine alle ex-cave di ghiaia sulla sponda occidentale del fiume Eufrate. L’area è molto estesa e costellata da piccoli stagni circondati da canneto, nel quale è possibile osservare la specialità locale più ricercata, ossia il Garrulo dell’Iraq, oltre alla Passera del Mar Morto e al Martin pescatore bianco e nero. Più avanti, percorrendo alcuni sentieri affiancati da cespugli che portano in riva al fiume, è possibile vedere altre specie interessanti, quale Silvia di Ménétries, Prinia gracile, Canapino pallido orientale, Gruccione egiziano, ecc. Si accede alla sponda opposta del fiume attraversando il ponte; dopodiché, svoltando a sinistra e superando l’agglomerato urbano, si prosegue lungo il fiume costeggiando la parete rocciosa dove, tra le colonie di Balestrucci, si possono osservare anche i Rondoni minori. In 11


ubicati nei dintorni di Birecik, si ricordano le zone umide lungo la sponda orientale dell’Eufrate (stagni e canneti raggiungibili guidando lungo il fiume verso sud dal “giardino del tè”) e le colline a nord-ovest della città (oggi fortemente degradate per l’avanzata dell’agricoltura intensiva, ma comunque sito di nidificazione per Francolino, Pernice golagrigia e Passera lagia golagialla); alcune specie considerate in passato come occasionali (tra le quali Corrione biondo, Grandule del Senegal, Falco di Barberia, ecc) sono state invece recentemente osservate con maggiore regolarità, soprattutto lungo la strada per Halfeti. Difatti, una visita a questa cittadina d’interesse archeologico (sita a circa 40 km da Birecik e raggiungibile lungo il vecchio tracciato della strada E90) può essere occasione di buone osservazioni, sia nella circostante area collinare, sia all’interno della forra rocciosa sulla quale è edificato l’abitato. Le specie osservabili includono Aquila di Bonelli, Capovaccaio, Rondone minore e numerosi passeriformi amanti delle aree rocciose, quali Picchio muratore di roccia orientale, Codirossone, Zigolo cenerino ssp.

questa zona si trova il centro WWF di riproduzione dell’Ibis eremita (oggi presente solo con poche coppie di origine ferale), dentro al quale nidifica anche la Passera del Mar Morto. Poco più avanti si incontra il sentiero che segue il corso di un grande uadi, lungo il quale si possono osservare Allodola del deserto, Silvia di Ménétries, Canapino di Upcher, Pernice golagrigia, Canapino pallido; il Gufo reale nidifica verso la fine del canalone, nella zona più impervia. Per raggiungere, invece, il famoso “giardino del tè”, unico sito dove si vede regolarmente l’Assiolo di Bruce, si torna all’estremità orientale del ponte sull’Eufrate e da qui si svolta verso sud e si prosegue per circa 500 m (l’ingresso è contrassegnato da una grossa insegna della “Pepsi-Cola”). Non sempre è facile individuare il piccolo gufo posato fra i rami degli alberi, ma il personale del chiosco sarà ben lieto in indicarvelo (nel 2009 usava sempre lo stesso dormitorio), ma occorre fare attenzione, perché nel parco nidifica anche il Gufo comune e inoltre può essere presente anche l’Assiolo. Tra gli altri siti interessanti dal punto di vista ornitologico

Assiolo di Bruce (Otus brucei) nel “giardino del tè” di Birecik. Ph. Gianni Conca 12


Zigolo cenerino (Emberiza cineracea). La forma orientale semenowi possiede una netta sfumatura gialla sul ventre. Ph. Gianni Conca

Zigolo collogrigio (Emberiza buchanani), maschio adulto. Ph. Gianni Conca 13


Area archeologica sulla cima del monte Nemrut Dagi, presso Kahta. Ph. Gianni Conca

semenowi e più raramente Usignolo golabianca e Monachella codarossa. Il parco nazionale del monte Nemrut è un’area di notevole importanza archeologica ed è anche uno dei luoghi migliori per osservare uccelli. Il Nemrut Dagi appartiene alla catena montuosa del Tauro Orientale e, con i suoi 2150 m s.l.m., è la vetta più alta che si affaccia sulla Mesopotamia settentrionale. Sulla sua sommità si erge la tomba del re Antioco I di Commagene, alla base della quale si possono vedere le statue del re e degli dei. Per accedere al parco occorre partire da Kahta, percorrere la strada 340 per circa 10 km fino all’ingresso, per poi proseguire e arrivare al ponte romano “a schiena d’asino” sul fiume Cendre del II secolo a.C., costruito in onore dell’imperatore Settimio Severo. Una sosta in questo luogo permette di godere dello splendido paesaggio roccioso, ricoperto di oleandri, e di osservare la colonia di Rondoni maggiori e Rondini montane nella gola adiacente, oltre a Picchio muratore di roccia orientale, Passero solitario, ecc. Superato il ponte, la strada comincia a salire sino ad arrivare al villaggio di Damlacik (circa 800 m s.l.m.) dove si incontra il bivio che da una parte porta in cima al

Nemrut Dagi e dall’altra all’ulteriore ingresso del parco, e quindi riporta a Kahta. Salendo verso la vetta l’ambiente diventa prateria alpina, habitat ideale per osservare Verzellino fronterossa, Fringuello alicremisi asiatico, Zigolo cenerino orientale, Passera lagia pallida, Monachella codarossa (comune) e Allodola golagialla ssp. penicillata. Arrivati al parcheggio si prosegue a piedi percorrendo il sentiero per circa 500 metri fino ad arrivare al cumulo di pietre dove c’è la tomba, zona nella quale è presente anche il Fringuello alpino ssp. leucura. L’Hotel Eufrate, situato all’altezza del bivio, è la base ideale per visitare il parco Nemrut Dagi; nei giardini dell’albergo nidificano la Monachella di Finsch e l’Usignolo golabianca. Altre specie interessanti sono Usignolo d’Africa, Canapino di Upcher, Picchio muratore di roccia, ecc. Van è una città situata a 1700 m di altitudine, con circa mezzo milione di abitanti, che sorge sulla sponda orientale dell’omonimo lago. L’area circostante è caratterizzata da ambienti paludosi, ideali per gli uccelli acquatici, e sul lago è comune il Gabbiano d’Armenia, che nidifica nell’isola di Achtamar. A ovest di Van, nelle vicinanze del ca14


Passera lagia pallida (Carpospiza brachydactyla). Secondo recenti analisi genetiche sarebbe imparentata più strettamente al Fringuello che non al Passero… Ph. Gianni Conca

Gabbiano reale armenico (Larus armenicus), adulto in abito riproduttivo. La banda nera all’apice del becco è caratteristica in tutti i piumaggi. Ph. Gianni Conca 15


Codirossone (Monticola saxatilis). Ph. Gianni Conca 16


stello, lungo le sponde del lago vi sono zone umide con prati e pozze, dove è possibile vedere Anatra marmorizzata, Cannaiola di Jerdon, Cutrettola testagialla orientale e Migliarino di palude beccogrosso ssp. caspia. Percorrendo la strada 300 per circa 30 km, verso Ozalp si incontra dapprima la discarica di Van e sulla destra si vede un piccolo invaso frequentato da Gabbiani d’Armenia e Casarche. Oltre la discarica, sempre sulla destra, si arriva in cima alla collina; la perlustrazione della zona può riservare delle gradite sorprese, quali Calandra asiatica, Fringuello alicremisi asiatico, Zigolo collogrigio, Monachella di Finsch, ecc. La strada continua sino a incontrare sulla sinistra il lago Ercek e, poco dopo sulla destra, un laghetto circondato da canneto; qui nidificano la Cannaiola di Jerdon e il Gobbo rugginoso. Per arrivare lungo le rive del lago nella zona nord, dopo il bivio che porta a Ercek, occorre superare il passaggio a livello e percorrere la strada che passa vicino al villaggio Karagunduz. Qui sono comuni Calandrina, Cutrettola capinera, Casarca, Forapaglie castagnolo ssp. mimica e, nei campi arati, la Calandra asiatica. E’ consigliabile alloggiare nei dintorni o all’interno della città di Van. Le paludi di Bendimahi, formate da un complesso di prati umidi e canneti siti allo sbocco del fiume omonimo, rappresentano la zona umida più importante nel bacino del lago di Van. La zona è ornitologicamente interessante sia nel periodo di nidificazione sia durante la migrazione. Per raggiungerla provenendo da Van sulla E 99, al bivio per Muradiye bisogna svoltare a destra verso Ercis e quindi, dopo aver attraversato il ponte sul fiume Bendimahi e il villaggio, si arriva al lago. Proseguendo sempre lungo la strada E 99 si arriva al passo Tendurek, 2680 m s.l.m., il più alto della Turchia, incontrando bellissimi paesaggi: cascate formate dal fiume Bendimahi (dove, con un po’ di fortuna, si può vedere la Balia caucasica) e torbiere con splendide fioriture di orchidee e colate laviche, testimonianza di non remote eruzioni vulcaniche. E’ opportuno fermarsi nei pressi di queste ultime ed esplorarle a piedi poiché sono presenti Calandra asiatica, Spioncello ssp. coutelli, Fringuello alicremisi asiatico, Trombettiere mongolo, Trombettiere (raro), Passera lagia,

Fringuello alpino ssp. leucura, Zigolo collogrigio, ecc. Anche la discesa rivela paesaggi mozzafiato e il monte Ararat (5137 m s.l.m.), sullo sfondo, offre uno degli spettacoli più belli del viaggio. La cittadina di Dogubayazit, al confine con l’Iran, rappresenta sia la base per le escursioni nelle colline adiacenti sia il punto di partenza per visitare l’Ishak Pasa (un complesso composto di moschea, palazzo e fortezza, iniziato nel 1685 e terminato nel 1784, la cui architettura è una fusione di differenti stili). E’ un posto buono anche per dedicarsi alla ricerca di specie di uccelli tipicamente orientali quali Trombettiere mongolo, Fringuello alicremisi e Zigolo collogrigio. Si possono osservare inoltre Poiana codabianca, Gipeto, Passera lagia, Zigolo cenerino, Verzellino fronterossa, ecc. Il Sim-er Hotel, che si trova 5 km fuori dalla città in direzione dell’Iran, è la sistemazione ideale durante la sosta in quest’area. Anatolia nord-orientale L’Anatolia nord-orientale è una regione montuosa che confina a est con Iran e Armenia e a nord con Georgia e Mar Nero. Da Dogubayazit bisogna imboccare la strada E 90 fino a incontrare la D 925, circa 30 km dopo Erzurum, per poi proseguire per Ispir e quindi superare il passo Ovitdagi e scendere verso Sivrikaia. Dopo 8 km dall’imbocco della D 925 si arriva a Gelinkaya, un piccolo villaggio, dove, lungo un corso d’acqua, si possono osservare Luì verdastro ssp. nitidus, Luì piccolo orientale ssp. lorenzi, Balia caucasica, Ciuffolotto scarlatto, ecc. La strada prosegue fino al passo di Gölyurt (2360 m s.l.m.), dove sono comuni Merlo dal collare, Ciuffolotto scarlatto, Allodola golagialla penicillata, Spioncello ssp. coutelli, ecc. Dopo pochi chilometri si arriva a Ispir, cittadina in mezzo alle montagne dove, con un po’ di fortuna, si possono trovare, nel parco cittadino e lungo il torrente, la Balia caucasica e il Pigliamosche pettirosso. La strada, lambita da zone innevate, risale di nuovo sino al passo Ovitdagi (2700 m s.l.m.). Il Gipeto è regolare in questa zona, mentre è più difficile vedere la Passera scopaiola di Radde. Altre specie comuni per l’area sono Spioncello ssp. coutelli, Allodola golagialla ssp. penicillata, Zigolo muciatto, ecc. Scendendo dal passo per 5 km si arriva al piccolo villaggio di Sivrikaia, formato da una decina di case, una sala da tè e una moschea, da dove parte 17


Spioncello (Anthus spinoletta). La sottospecie orientale coutellii ha il dorso più ocra ed il petto più pallido di quella nominale europea. Ph. Gianni Conca

Monachella codirossa (Oenanthe xanthoprymna). Monachella endemica delle pinete dell’area caucasica. Ph. Gianni Conca 18


Picchio muratore di Krueper (Sitta krueperi). Specie a baricentro Egeo, specialista delle pinete mediterranee. Ph. Gianni Conca

Gole rocciose e ponte di Settimio Severo, nelle vicinanze di Kahta. Ph. Gianni Conca 19


Calandrella (Calandrella brachydactyla). La sottospecie woltersi, endemica di Turchia e Siria, è piÚ pallida e sfumata di ocra rispetto alle popolazioni europee. Ph. Gianni Conca

Ortolano grigio (Emberiza caesia), maschio adulto. Ph. Gianni Conca 20


il sentiero che, dopo aver attraversato il torrente, porta nel bosco di conifere. Le specie più comuni che si possono osservare sono Merlo acquaiolo ssp. caucasicus, Luì piccolo orientale ssp. lorenzi, Lui verdastro ssp. nitidus, Ghiandaia ssp. krynicki del gruppo mediorientale “atricapillus”, Ciuffolotto scarlatto, ecc. Per trovare il Fagiano di monte del Caucaso occorre invece perlustrare alle prime luci dell’alba i rododendri lungo la vallata, oppure chiedere di Mustapha Sari, che vi condurrà di buon mattino ai lek dei fagiani. Il Motel Genesis è l’unico albergo della zona e si trova a Camlik, 4 km dopo Sivrikaia; nel bosco di conifere dietro l’albergo sono comuni Luì verdastro ssp. nitidus, Tordo bottaccio, Ciuffolotto, Rampichino alpestre, Ciuffolotto scarlatto, ecc.

Il monastero di Sumela si raggiunge procedendo da Trabzon verso sud per 25 km fino a Macka, poi da qui verso sud-est per altri 15 km circa, in direzione di Altindere. Il monastero, affascinante dal punto di vista architettonico e paesaggistico, è il sito più noto in Turchia per il Luì verdastro della sottospecie nitidus, conosciuto anche con il nome di “Luì giallo” per l’evidente sfumatura dorata del piumaggio. Il luì, facilmente riconoscibile per il canto squillante, è uno dei nidificanti più comuni nell’area del monastero e presente un po’ ovunque, sia nei cespugli sulla riva dei torrenti, sia nei boschi misti di abeti e faggi. Altre specie interessanti presenti in zona sono Pigliamosche pettirosso, Picchio nero, Merlo acquaiolo ssp. Caucasicus, Ghiandaia ssp. krynicki e Picchio muraiolo.

Cascate presso Bendimahi, bacino del lago di Van. Ph. Gianni Conca Bibliografia: Reise Karte – Road Map - 1:500.000, n°4 – 5 - 6 – 7 Euro Cart Turchia - Studio F.M.B. Bologna - 1:800.000 Finding Birds in Turkey – Ankara to Birecik – Dave Gosney Finding Birds in Eastern Turkey – Dave Gosney Lonely planet Turchia Field Guide to the Birds of the Middle East - Richard Porter and Simon Aspinall – Helm 2010-12-27 The Birds of Turkey - Helm Field Guides 2008 21


Riserva del Pian di Spagna, abitato di Dascio (CO). Ph. Roberto Brembilla


Mete del birdwatching

Riserva Naturale

Pian di Spagna e L a g o d i M e z z ol a di Gaia Bazzi


Piana del Pian di Spagna vista da

Montemezzo (CO). Ph. Roberto

Brembilla

Conteso tra montagne e acqua, il Pian di Spagna si trova su di una delle principali roe di migrazione delle Alpi. Grazie alla sua posizione strategica e al mosaico di ambienti che lo caraerizza, si configura quindi come un’importantissima zona di sosta e approvvigionamento per i molti uccelli che devono affrontare la fatica e le insidie dei valichi alpini. Un vero gioiello e una meta obbligata per gli ormai molti birdwatchers e fotografi lombardi, che in uno spazio relativamente ristreo possono osservare specie caraeristiche di ambienti profondamente diversi tra loro, dagli acquatici del “Grande Nord” agli uccelli alpini, dai passeriformi di campagna ai migratori trans-sahariani, che in primavera invadono ogni albero e cespuglio della riserva. Le brezze che soffiano sin dal primo maino, le cime imponenti a contorno di un paesaggio ricco di contrasti e le splendide luci ne fanno un luogo dal sapore selvaggio e magico, anche nelle giornate meno propizie dal punto di vista ornitologico. Lo sanno bene i fotografi, ma anche i semplici amanti della Natura: nessuno è mai rimasto davvero deluso dal Pian di Spagna.

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La Riserva Con i suoi 1586 ettari di territorio protetto, la riserva del Pian di Spagna e Lago di Mezzola, istituita nel 1983, non fa certo invidia a hot spot più classici e conosciuti. Ma la sua fama, almeno a livello locale, non è immeritata. In questo variegato fazzoletto di terra e acqua, regno dell’avifauna, sono state infatti osservate oltre 250 specie di uccelli, una buona parte di quelle che si possono trovare nell’intera Lombardia. Quasi del tutto pianeggiante e molto ricco di acqua, il Pian di Spagna è da secoli prevalentemente adibito ad uso agricolo. Coltivi, prati da sfalcio e campi di mais sono sicuramente le tipologie ambientali più rappresentate. Ma dove la terra cede il passo all’acqua, si incontra un susseguirsi rapido di ambienti, un mosaico di angoli diversi e animati. Il canneto circonda le sponde del Lario e del Lago di Mezzola, e lungo gli argini, oltre che tra un campo e l’altro, crescono siepi alberate e piccoli boschi. Ma l’aspetto forse più interessante è la presenza di alcuni prati soggetti ad allagamento, luogo di sosta di limicoli, anatre e passeriformi di palude. Zone però purtroppo spesso situate in proprietà private e in gran parte recintate con filo spinato.

Quando e dove Inverno e inizio primavera sono sicuramente le stagioni migliori per vedere anatre, strolaghe e svassi. Sia il Lario sia il Lago di Mezzola ospitano infatti grandi contingenti di anatidi. A dare spettacolo sono soprattutto gli stormi di Morette e Moriglioni (Aythya sp.), ma non mancano presenze più interessanti. Sono infatti regolari piccoli gruppi di Quattrocchi (Bucephala clangula) e Orchi marini (Melanitta sp.). Con un po’ di fortuna è possibile vedere anche specie più rare; occasionalmente sostano in questa zona Pesciaiole (Mergellus albellus), Morette grigie (A. marila), Morette codone (Clangula hyemalis) e Fistioni turchi (Netta rufina). Un discorso a parte meritano gli Edredoni (Somateria mollissima), fino a poco tempo fa presenti con una coppia stanziale con tentativi di nidificazione falliti. Molte anatre tuffatrici probabilmente si avvantaggiano della presenza abbondante di molluschi, come Dreissena polymorpha e Unio sp. Anche le Strolaghe sono regolari: non è difficile osservare la mezzana (Gavia arctica) e la minore (G. stellata) e nell’inverno 2005-2006 era presente anche la maggiore (G. immer).

Moretta codona (Clangula hyemalis), maschio immaturo al 1° inverno. Ph. Roberto Brembilla 25


(Motacilla flava ssp.), è possibile imbattersi in qualche accidentale. Alcune specie, altrove piuttosto rare, sono qui presenze regolari; tra queste ricordiamo Pispola golarossa (Anthus cervinus), Forapaglie macchiettato (Locustella naevia) e Canapino maggiore (Hippolais icterina). Con un po’ di fortuna è possibile imbattersi anche nei grandi veleggiatori: cicogne, gru e rapaci di molte specie. Anche i limicoli, seppur con pochi individui, sono bene rappresentati. Se la primavera è piovosa, i campi allagati diventano il regno di decine di piro piro e specie meno comuni. Uno sguardo al lago regala spesso la vista di Mignattini, Sterne, Gabbianelli (Hydrocoloeus minutus) e Zafferani (Larus fuscus ssp.). Sono in assoluto le giornate migliori per visitare la riserva, anche a costo di bagnarsi un po’. Con l’arrivo dell’estate la situazione si fa meno interessante; non mancano però gradite sorprese come Labbo codalunga (Stercorarius longicaudus) (osservato in giugno qualche anno fa), Sterna maggiore (Hydroprogne caspia) o Cicogna nera (Ciconia nigra). Già nei primi giorni di agosto si assiste all’inizio della migrazione autunnale. Piccoli contingenti di limicoli si contendono le rive di fiumi e canali e le pozzanghere che si formano nei campi dopo i temporali. L’arrivo del freddo e delle gelate porta con sé stormi di Tordi e Lucherini (Carduelis spinus). I cespugli si popolano

Durante la stagione fredda è possibile che le zone più interne della riserva siano coperte da neve o brina, o comunque ghiacciate e pressoché inanimate. Conviene quindi concentrarsi sui laghi; una meta obbligata in questa stagione è Gera Lario; dal molo turistico si ha una visione sulla foce del fiume Mera e l’alto Lago di Como. Da qui si possono osservare strolaghe, anatre tuffatrici e gabbiani. Anche il piccolo abitato di Dascio, affacciato sul fiume Mera, è un ottimo punto di osservazione per anatidi e ardeidi. Percorrendo la strada per la Valchiavenna prima dell’abitato di Verceia, dall’osservatorio, un balcone roccioso a picco sul lago, si gode di un’ottima vista sul bacino di Mezzola e sui canneti che lo circondano. Ma è in primavera che il Pian di Spagna dà il meglio di sé. Tra marzo e maggio i migratori si succedono senza sosta in ogni angolo della riserva. Il culmine della stagione coincide con l’arrivo dei migratori trans-sahariani. Ogni albero, cespuglio o campo si riempie di voli e di canti, una meraviglia per la vista e l’udito. Lo spettacolo è assicurato soprattutto nei giorni di pioggia: quando i passi alpini sono bloccati e diventa impossibile migrare oltre, gli uccelli sono costretti a fermarsi nella riserva. In questi momenti, in mezzo ai numeri consistenti di uccelli comuni, come Luì grossi (Phylloscopus trochilus), Balie nere (Ficedula hypoleuca), Culbianchi (Oenanthe oenanthe) e Cutrettole

Fistioni turchi (Netta rufina), coppia. Ph. Roberto Brembilla 26


di nuovo di Pettirossi (Erithacus rubecula) e nei canneti ormai dorati, preda della prima brina, tornano a volare i Migliarini di palude (Emberiza schoeniclus ssp.). Oltre alle specie più comuni è possibile imbattersi in qualche rarità, come lo Zigolo delle nevi (Plectrophenax nivalis) e tra i filari di pioppi e salici si possono osservare Astore (Accipiter gentilis) e Smeriglio (Falco columbarius). Anche se non è spettacolare come quella primaverile, la migrazione di ritorno merita sicuramente di essere osservata. Di contorno, il paesaggio dal sapore antico, i lembi di bruma sul lago e i canneti incendiati dalla luce dell’alba regalano sempre qualche emozione.

Tasto dolente: la riserva è scarsamente fruibile; oltre alle restrizioni di accesso poste dall’Ente gestore a tutela di zone delicate, la restante parte dei terreni è proprietà privata e pertanto difficilmente visitabile dai birders. L’area protetta è inoltre priva di sentieri e punti di osservazione attrezzati, salvo il capanno di recente costruzione presente nella zona dei ripristini ambientali, che peraltro non ha offerto finora avvistamenti interessanti. Nonostante queste difficoltà, il Pian di Spagna non delude mai il visitatore. L’ambiente naturale, in qualsiasi periodo dell’anno, regala luci e panorami unici e rende la giornata piacevole e appagante.

, maschio. Ph. Roberto Brembilla Edredone (Somateria mollissima)

Gera Lario (CO) Prendere la strada per Como, seguire le indicazioni per il porto turistico; dal parcheggio percorrere il molo, verso sud per una visione sul bacino del Lario, a nord per la sponda del fiume Mera. Visto che nei mesi caldi la vicinanza di campeggi reca disturbo all’avifauna, è consigliabile visitare la zona nelle prime ore del giorno quando i turisti non affollano la zona. Inoltre ricordiamo che l’area interessata è esposta a est, e con la levata del sole diventa impossibile utilizzare strumenti ottici. Da qui sono stati osservati strolaghe, svassi, gabbiani, Orchi marini (M. fusca), Morette codone e smerghi.

Dascio (CO) Piccola frazione di Sorico (CO) affacciata sul fiume Mera e sul Lago di Mezzola; si raggiunge prendendo la stretta strada subito dopo il ponte sul fiume Mera (direzione Como). Dal parcheggio e dalla passeggiata pedonale si possono comodamente osservare il fiume e il canneto circostante. Sempre da Dascio si può prendere l’unica strada che prosegue salendo verso la montagna per pochi chilometri. Terminata la carrozzabile si trova un piccolo parcheggio. Da lì, in pochi minuti di comodo sentiero si raggiunge un punto panoramico denominato “Sasso di Dascio”, che offre una vista impareggiabile sull’intera riserva. 27


Argine e ripristino con osservatorio Ph. Roberto Brembilla

Verceia (SO) Prendendo la statale 36, che porta in Valchiavenna, poche centinaia di metri prima della galleria di Verceia sulla destra (poco visibile) c’è un piccolo parcheggio con un tabellone informativo della riserva. Da lì parte un sentiero che in pochi minuti porta ad un punto panoramico dal quale si ha una splendida vista sul Lago di Mezzola e sui monti che lo circondano. In inverno qui è possibile osservare i Quattrocchi, mentre sulle rocce intorno è facile vedere il Sordone (Prunella collaris) e le Rondini montane (Ptyonoprogne rupestris).

ambientali: piccoli laghi circondati dal canneto sui quali si affaccia un capanno. Arrivati alla foce del fiume Adda lo sguardo può spaziare su tutto l’alto Lario e sulle montagne circostanti. La zona interna Se lasciato il parcheggio invece di proseguire lungo l’argine dell’Adda si svolta a destra lungo una strada sterrata ci si ritrova in breve nel cuore del Pian di Spagna. Si tratta della porzione agricola della riserva, con alcune aree ancora naturali. Si tratta della zona di più difficile fruibilità.

Argine dell’Adda È la più classica delle mete della riserva. Provenendo da Colico la si raggiunge svoltando a sinistra subito dopo il ponte sull’Adda (seguendo l’indicazione “Pian di Spagna”). Terminato il tratto stradale di libero accesso si lascia l’auto. Percorrendo l’alzaia si può godere di un’ottima vista sia sui campi sia sul fiume; i filari di alberi e i boschetti ospitano una grande varietà di passeriformi. Poco prima della foce sono stati realizzati dei ripristini

La Poncetta Seguendo la SS36 in direzione Chiavenna, alla rotonda di Dubino (SO) girare in direzione di Como; oltrepassato il passaggio a livello prendere la prima a destra. Dopo alcune centinaia di metri si incontra sulla sinistra una strada sterrata segnalata “Riserva Poncetta”. Da qui, seguendo le indicazioni, si giunge al centro di educazione ambientale della riserva, nonché stazione di inanellamento 28


Pettazzurro (Luscinia svecica). Ph. Roberto

Brembilla

Birders nella riserva. Ph. Andrea Nicoli 29


Criptoornitologia

Alla ricerca a t u d r e p a l ’A dell di Igor Festari La cripto-zoologia nasce nel 1955 grazie al lavoro dello zoologo Bernard Heuvelmans, che nel libro “Sur la Piste des Bêtes Ignorées” raccoglie per la prima volta tutte le segnalazioni fino ad allora conosciute relative a specie animali misteriose e potenzialmente nuove, non ancora descritte dalla scienza. Nell’incipit dell’opera, ne delinea le regole base, coniandone il nome e una definizione formale, ossia: “…la scienza degli animali nascosti. Mentre la paleontologia scopre e descrive gli organismi del passato, la criptozoologia tenta di fare la stessa cosa con gli animali sconosciuti attualmente viventi. [...] Il ruolo della mitologia è importante, dato che gli animali nascosti si prestano facilmente all'essere notevolmente mitizzati. Il compito della criptozoologia consiste nel filtrare il contenuto delle informazioni nel tentativo di rendere l'inventario della fauna del pianeta il più completo possibile”. Di conseguenza la criptozoologia si profila come una vera scienza, e anche una delle più affascinanti, visto l’argomento trattato! Se non fosse, però, che molti criptozoologi tendono a comportarsi più come i fedeli di un culto piuttosto che come seri ricercatori. Il credente a tutti i costi, infatti, tende sempre a pensare all’ipotesi più mirabolante, identificando ciascun “animale misterioso” con una specie nuova oppure considerata estinta (tipo dinosauri, plesiosauri, mammuth) o, a volte, con qualcosa di ancor più fantasioso (tirando in ballo il teletrasporto, i fantasmi o gli alieni); a loro non importa che un tale atteggiamento abbia pochi riscontri statistici e che le prove manchino o vadano addirittura contro le loro ipotesi. Il ricercatore, al contrario, deve essere critico, realista, e rendersi conto che, dal punto di vista delle probabilità, la maggioranza del-

le segnalazioni di animali misteriosi può essere spiegata con identificazioni erronee di specie ben conosciute, anche se ciò può non piacergli perché ne attenua il fascino…! Ragionando in questi termini, iniziamo ora il nostro viaggio alla scoperta degli “uccelli misteriosi” di tutto il mondo, cercando di coglierne l’aspetto piacevole e analizzarne l’origine dal punto di vista scientifico. MITI E LEGGENDE Uccelli mitologici e leggendari compaiono spesso nelle fiabe e nelle tradizioni popolari, ove fungono, per la capacità di volare, da legame tra mondo terreno ed empireo. Nel caso di alcune figure eteromorfe, è impossibile identificare un’ispirazione reale, risultando perciò predominante la componente allegorica. Nelle leggende europee troviamo Grifone (lupo o leone con testa d’aquila e ali variegate), Basilisco (serpente con becco da rapace e caruncole da gallo) e Arpia (grosso uccello con testa e busto da donna, e orecchie d’orso); si parla anche di Hai-Riyo (in Giappone; uccello-drago, forma volante del mostro d’origine cinese) e di Piasa (mito precolombiano del Nord America, animale con ali e artigli da aquila, corpo squamoso e faccia da orso, con palchi da cervo). Una categoria particolare è quella dei cosiddetti “umanoidi volanti”, alati abitatori delle foreste, dalle lunghe zampe e dalla faccia piatta, come ad esempio Alan (Isole Filippine), Chick-Charney (Isole Bahamas), Garuda (India e sud-est asiatico), Giant Owl, Wood-Woo e Slaguggla (Nord America e Scandinavia), Mothman (West Virginia e stati confinanti), Owlman (Cornovaglia, Inghilterra), Tengu (Giappone), ecc. Quasi sempre l’uccello che ispira questi miti è 30


un rapace, simbolo di potenza, maestosità e ferocia, ad increduli abitanti del Mediterraneo videro tali resti penesempio l’Aquila delle scimmie nel caso dell’Alan o un possarono subito a un uccello magico, rinato dopo il lungo viagsibile Gufo reale fuggito dalla cattività per l’Owlman... gio dalle ceneri del proprio nido costruito a uovo, e la sua Altri uccelli mitici meno conosciuti sono il Bennu (rapprelunga coda rossa prese le sembianze di una fiamma pusentato dagli antichi Egizi come un airone portatore di luce rificatrice! solare), gli “uccelli della Stinfalia” (migliaia di pennuti dalle piume d’acciaio che invasero il Peloponneso, fino a che QUANDO LE DIMENSIONI CONTANO... il prode Ercole riuscì a scacciarli definitivamente) e il CaOltre alla capacità di volare, una caratteristica che ha semladrius (uccello simile a un cigno, capace di scovare ed espelpre affascinato gli esseri umani sono le grandi dimensiolere le malattie dai degenti, vomitandole verso il sole). Un ni raggiunte da alcuni animali. Effettivamente molti miti caso affascinante è quello della piuma dell’Arcangelo Gariguardano enormi pennuti volanti, tanto grandi da sfidare briele, che secondo lo scrittore e magnate inglese Beckle leggi dell’aerodinamica e capaci di trasportare negli arford sarebbe stata per lungo tigli bambini, cavalli o additempo conservata come relirittura elefanti: il Simurgh quia nel palazzo de El Escorial, (antico mito persiano), l’Anka a Madrid, e descritta come (del Caucaso, con apertura una grande penna rosata, foralare di oltre 6 m!), il Kaha se appartenente in realtà a un (Tajikistan), lo Ngani-Vatu (Isofenicottero o a una spatola rosa le Fiji), lo Ngoima (Repubbliamericana. ca del Congo), il Poua (Nuova La Fenice, mito d’origini egiZelanda), per finire con lo Ziz ziane e mediorientali, è stata (di origine ebraica), in grado descritta nei modi più fantad’oscurare il cielo per ore! siosi, ma soprattutto possiede Tutti questi nomi si riferiscono una caratteristica veramente sicuramente all’idealizzaziofuori dall’ordinario: di tanto in ne di uccelli rapaci realmente tanto, infatti, muore tra le esistenti, tra i quali aquile e avfiamme, quando il sole ne involtoi. cendia il nido fatto di arbusti Mentre la descrizione del Roc, aromatici, dopo di che rinasce leggendario uccello asiatico dalle ceneri, appallottola i recitato ne Le mille e una notte, sti del nido a forma di uovo e Ara rossa della Giamaica (Ara gossei) dipinta da Joseph Smit nel sembra derivare dallo stesso vola tranquillamente verso il 1907. La reale esistenza di questa specie è spesso ritenuta dubbia modello, alcune sue citazioni o poco probabile dagli ornitologi moderni. tempio di Heliopolis! Per quanpotrebbero avere una spiegato siano state ipotizzate dozzine di origini diverse (tra cui zione più interessante. Si pensa, infatti, che i racconti inefagiani dorati, salamandre e fenicotteri), alcune ricerche renti le gigantesche uova di Roc osservate da antichi mastoriche hanno recentemente gettato nuova luce su querinai arabi, possano essere stati ispirati dai resti subfossto caso. Sembrerebbe infatti che, ben prima della sua scosili delle uova di Uccello elefante (Aepyornis maximus), perta ufficiale avvenuta attorno al 1530, la Nuova Guipiù grandi di quelle dello struzzo, che spesso si trovano nea fosse frequentata dai marinai arabi in cerca di spesulle spiagge del Madagascar, dove questo gigante, alto fino a 3 m. è sopravvissuto fino alla metà del ‘600. Un’alzie e schiavi; in tal modo, già nel 1000 a.C., poterono artra prova della strana attinenza esistente tra questo mito rivare in Siria e Libano le pelli di Paradisea del marchese De Raggi (Paradisaea raggiana), avvoltolate a scopi cone l’isola africana è insita nella vera identità delle penne servativi nella mirra e nelle foglie di banano. Quando gli di Roc esibite dagli stessi marinai al loro ritorno dall’Oceano 31


Dodo bianco (Ara gossei), uccello impossibile per eccellenza, qui idealizzato da Frederick William Frohawk nel 1905.

indiano: sembra fossero, infatti, semplici foglie secche di una palma endemica della flora malgascia (Raphia farinifera). Uccelli di dimensioni eccezionali sono stati osservati anche in epoca moderna; basti pensare alle segnalazioni di “Big Birds” provenienti dagli Stati Uniti. Alcune fotografie reputate “attendibili” si riferiscono in realtà all’Airone azzurro maggiore (Ardea herodias), che solitamente non supera i 2 m. d’apertura alare, mentre altri indiziati includono pellicani, cicogne, cigni e tutta una serie di grandi rapaci. A questi ultimi si riferiscono le segnalazioni di “Thunder Birds” (nome ispirato da una leggenda precolombiana, secondo cui l’arrivo di un enorme uccello anticiperebbe quello delle tempeste estive); questi sarebbero caratterizzati da ampie ali “digitate” e dalla capacità di artigliare con le zampe e quindi sollevare prede grandi quanto un cane o, a volte, un bambino! Anche se alcuni casi sembrerebbero databili a prima del 1840, la maggior parte degli avvistamenti é avvenuta nel XX secolo, in Nord America (soprattutto in Pennsylvania) ed Europa: famosi sono i casi di “Aquile reali” rapitrici di bambini, avvenuti in Mississippi nel 1868 e in Norvegia attorno al 1930. A parte l’ipotesi più accreditata, secondo cui si tratterebbe di semplici rapaci le cui dimensioni risultano esagerate da osservatori inesperti (o alcolisti…), alcuni criptozoologi hanno pensato bene di riesumare i Teratornitidi, giganteschi avvoltoi predatori estinti da migliaia d’anni e con apertura alare

superiore ai 5 m. Considerando quanti boscaioli, trekkers, escursionisti, naturalisti e altre persone frequentano praterie e montagne degli Stati Uniti, sembra come minimo improbabile che questi mostri possano essere sopravvissuti, inosservati, fino ai giorni nostri! SPECIE NUOVA O …GALLINA VECCHIA? Passando dal mondo del leggendario a quello reale, troviamo molti rimandi a uccelli misteriosi che corrispondono solo parzialmente all’aspetto di specie esistenti, e che per questo vengono indicate come possibili entità nuove, in attesa di una descrizione scientifica formale. Molte di queste segnalazioni provengono da isole oceaniche o foreste tropicali, dove è più probabile che uccelli sconosciuti siano passati inosservati; classico è l’esempio dell’Alovot dell’Isola Simeulue al largo di Sumatra, simile a un piccolo fagiano dalla coda corta, forse una nuova popolazione dei generi Polyplectron o Lophura. Nel museo di Londra è conservata una primaria (proveniente da Giava o da Tioman) appartenente a un fagiano del genere Argusianus che si riconosce da quelle dell’A. argus per via di due file di ocelli anziché una; è stata quindi creata una nuova specie, l’Argo bifasciato (A. bipunctatus), attualmente considerata estinta. Almeno una ventina di specie di uccelli del Paradiso (famiglia Paradisaeidae) sono state descritte, in passato, sulla base di una o poche pelli; secondo recenti studi, la maggioranza di esse non sarebbe altro che ibri32


di tra forme conosciute, come nel caso della Paradisea lobata di Rothschild (“Loboramphus nobilis”), anche se alcuni autori non escludono che grazie allo studio del DNA si possano identificare forme realmente sconosciute. In alcuni casi, personalità illustri riportano come probabile l’esistenza di specie nuove, sulla base di osservazioni sfuggenti o vocalizzazioni mai sentite prima, come nei seguenti casi: l’Allocco delle Isole Andamane (con canto diverso da quello di altri gufi, citato dai padri dell’ornitologia indiana Ali e Ripley); l’uccello nero del Bujuku (scuro, grande come una pecora ed emette un profondo muggito; segnalato dal diplomatico inglese Bagge in Uganda, sui monti Ruwenzori); il Devil Bird (così chiamato per il lugubre richiamo e udito da diplomatici inglesi sull’isola di Ceylon; è stato paragonato a un rapace notturno, a un succiacapre o a un’aquila del genere Spizaetus); il Turaco di Kigezi (senza rosso sulle ali, fatto inusuale per un uccello che prende il nome dal pigmento scarlatto turacina; osservato dall’ornitologo Williams presso Kabate in Uganda e ritenuto dal famoso naturalista Kingdon un Turaco del Ruwenzori, Ruwenzorornis johnstoni kivuensis); il Pappagallo rosso della Giamaica (dipinto dall’artista inglese Edwards prendendo spunto da un esemplare in pelle, potrebbe riprodurre un esemplare di Amazona sp. affetto da eritrismo, una specie sconosciuta ormai scomparsa o un esemplare di Ara rossa della Giamaica, Ara tricolor gossei, anch’essa estinta); il “Corvo” dell’isola Goodenough (aspetto da piccolo corvide, coda lunga e forte trillo d’allarme, è stato osservato due volte nell’arco di 20 anni, prima da una spedizione scientifica e poi dallo zoologo Menzies). Un caso molto interessante è quello del Koau, misterioso uccello inetto al volo di Hiva Oa, Isole Marchesi, descritto come un rallo blu-violetto con becco e zampe gialle. Nel 1937 sarebbe stato avvistato dall’antropologo ed esploratore Thor Heyerdahl, oltre che rappresentato nel dipinto del 1902 “Le sorcier d'Hiva-Oa” di Paul Gauguin, il quale ha ammesso d’aver preso ispirazione dalle descrizioni dei cacciatori locali, che lo conoscevano benissimo; il mistero, infine, ha preso una svolta inaspettata nel 1988, con la descrizione del Pollo sultano delle Isole Marchesi (Porphyrio paepae) sulla base di resti sub-fossili provenienti dalla medesima isola ed estintosi nei primi anni del ‘900! Potrebbe trattarsi dello stesso animale, e per di più …potrebbe non essere del tutto estinto!

Altre osservazioni potenzialmente riferibili a specie sconosciute, ma meno circostanziate, sono il Pollo sultano del Sudd (grosso rallide anomalo osservato in Sudan), la Pernice delle rocce del Senegal (nuova specie o sottospecie di Ptilopachus petrosus, ma più piccola e legata ad habitat di foresta), il Sasa (misterioso gallinaceo delle Isole Fiji, forse una nuova specie di Megapodio, famiglia Megapodidae), il Rondone di Marsabit (rondone tutto nero visto volare in Kenya; secondo l’ornitologo Williams sarebbe un Rondone di Shoa, Schoutedenapus myoptilus volato troppo a nord), il Guan unicolore (gallinaceo simile al Guan dal bargiglio, Aburria aburri, ma senza caruncole, osservato in Perù nel Parco Nazionale Yanachaga-Chemillén). Un celebre caso di specie “ipotetica” è quello del Dodo bianco (Raphus solitarius) o Solitario di Reunion, in quanto endemico dell’omonima isola; fu descrittto nel 1848 dal barone Michel Edmond de Sélys Longchamps sulla base di descrizioni e acquerelli del '600 di Holsteyn e Wothoos che lo ritraevano come un Dodo di Mauritius, ma con piumaggio candido. In realtà non esistono prove che l’uccello vissuto su Reunion fosse simile a un Dodo ed è probabile che gli artisti si siano ispirati a un esemplare di questa specie conservato a Londra. La recente scoperta di resti subfossili dell’Ibis di Reunion (Threskiornis solitarius), bianco e inetto al volo, getta nuova luce sul caso, concludendo ragionevolmente questa ridda ornitologica. Esiste inoltre una lunga serie di segnalazioni di uccelli reputati ignoti da alcuni autori, ma che possono essere ricondotte a specie ben conosciute, tra le quali: il Boobrie (uccello lacustre delle isole Argyll e Bute, Scozia, con canto ammaliante, assimilabile ad una strolaga, Gavia sp.); l’Uccello di Denman (probabilmente un’Aquila di Verreaux, Aquila verreauxii, in volo nuziale sui monti Ruwenzori dell’Uganda); il Serpentario delle Filippine (descritto nel 1772 dal naturalista francese Sonnerat sulla base di un Serpentario africano, Sagittarius serpentarius, introdotto da marinai, oppure da un resoconto di seconda mano dell’Aquila delle scimmie, Pithecophaga jefferyi); il Makakala (uno scheletro di Serpentario parzialmente conservato potrebbe essere alla base anche di questo mitico uccello gigante di Zanzibar); il Kikiyaon (del Senegal, identificabile con la Civetta pescatrice di Pel, Scotopelia peli); il Kondlo (nato da probabile confusione con stormi di Bucorvo cafro, Bucorvus leadbeateri, o Ibis calvo, Geronticus calvus, osservati in Sud 33


Africa); lo Storno del Monti Mathews (messo in sinonimia dall’ornitologo Williams con lo Storno alirosse africano, Onychognathus morio, comune in Kenya); la Pernice “roquette” (caratterizzata da zampe gialle e abitudini migratrici, è un mito comune ai cacciatori di diversi Paesi europei e si riferisce a gruppi errabondi di giovani Starne, Perdix perdix); la Pernice rocciatrice (ritenuta una specie a sè stante di pernice, è stata in seguito associata a rari ibridi naturali tra Pernice rossa, Alectoris rufa, e Coturnice, A. graeca, segnalati sulle Alpi marittime francesi e italiane); il Corvo marino di Steller (candido uccello marino descritto dall’omonimo naturalista al largo delle Isole Commander, nel mare di Bering, quasi certamente un’Uria nera, Cepphus grille in piumaggio non-riproduttivo oppure un esemplare albino di cormorano, Phalacrocorax sp.); l’Animale della grotta di Cosquer (pittura rupestre del Paleolitico nei pressi di Marsiglia, in Francia che sembrerebbe ritrarre un’Alca impenne, Pinguinus impennis, oppure una strolaga, Gavia sp., o una foca…); il Colibri di Sumatra (osservato dai coniugi Irrgang, i quali hanno probabilmente osservato una nettarinia, famiglia Nectariniidae, o un beccafiori, famiglia Dicaeidae, esasperandone la piccolezza); infine, il Rondone “dai mustacchi” (frequentemente osservato in Africa e Asia, per confusione con esemplari di Rondone minore, Apus affinis, che trasportano nel becco fibre vegetali o ragnatele formanti baffi ai lati della gola). Si noti, infine, come specie d’uccelli realmente esistenti siano alla base di alcune creature fantastiche e mostruose; è il caso del Kongamato dello Zambia e Zimbabwe, originariamente descritto come un uccello gigante con ali membranose, becco appuntito e zampe allungate; la sua figura è stata successivamente reinterpretata dai criptozoologi che ora lo considerano un classico esempio di Pterosauro ancora vivente o di Pipistrello gigante, mentre si tratterebbe solo di un’idealizzazione di Marabù (Leptoptilos cru-

meniferus) o di Cicogna dal becco a sella (Ephippiorhynchus senegalensis)! Un caso simile ormai passato alla storia è quello del Chupacabras, entità notturna paragonabile a un folletto goffo, ma capace di saltare repentinamente sugli alberi, senz’altro nato dalla rappresentazione di un succiacapre (generi Caprimulgus o Chordeiles) da parte degli indigeni di Puerto Rico; in seguito alla massificazione della vicenda, la creatura si è trasformata in un malefico demone zompante e assetato di sangue, e le segnalazioni si sono moltiplicate nei Paesi più disparati, dal Sud America al Canada, fino al Portogallo e alla Turchia…! Ma come “conclusioni”...?!?! Non si può finire così, senza citare i numerosi avvistamenti recenti di specie considerate estinte da tempo immemore, come il Parrocchetto della Carolina, la Colomba migratrice, l’Alca impenne, l’Ara glauca, l’Huia ed addirittura il Dodo, ma soprattutto il sacro graal degli ornitologi, ossia il Picchio dal becco d’avorio...! E non si può neppure far finta che non esistano osservazioni moderne di Moa, Emù giganti, Mihirungs, Uccelli elefante e Forusracidi (detti anche “Uccelli titano” o “Uccelli del terrore”)...! E per giunta non si è nemmeno discusso di Beccacce dal becco corto (ritenute mutazioni causate dalle radiazioni), di Barbagianni bioluminescenti (a causa di batteri che crescerebbero sul loro piumaggio), dello Jetete (specie non descritta di Fenicottero, ben conosciuto dalle popolazioni andine), del Pinguino gigante della Florida, degli Uccelli delle trappe, e così via... Ebbene sì, la lista dei possibili “uccelli misteriosi”, segnalati dall’antichità a oggi, potrebbe andare avanti ancora per venti pagine, ma non è questo lo scopo del presente articolo, che al contrario vuol fungere da divertissement, ma anche da spunto iniziale per una più seria e coerente ricerca scientifica! Quindi, arrivederci e... in bocca al Kilopilopitsofy!!

Nelle antiche leggende sugli uccelli giganti, si fa spesso menzione di enormi nidi, come in questa scena raffigurante marinai arabi alle prese con un uovo di Roc. 34


o t s e f i n a Nuovo M e n o i z a v r e s n o c a l r pe a r u t a N a dell di Armando Gariboldi Il 2010, anno mondiale per la Biodiversità, si è ormai concluso senza che nemmeno uno dei vari obiettivi focalizzati nell’ultimo decennio di battaglie per la conservazione della natura sia stato raggiunto. Gli sforzi attuati in questi anni, le risorse economiche e di tempo destinate per cercare di rallentare la perdita e il degrado di specie e habitat a livello mondiale si sono rivelate di gran lunga inadeguate rispetto all’aumentare della pressione antropica a tutti i livelli e pressochè in tutto il mondo. Anche soffermandoci solo sugli aspetti più strettamente faunistici e ornitologici in particolare e limitandoci al panorama europeo, se da una parte alcuni specifici progetti su singole specie (es. cicogne, avvoltoi) o siti e habitat (es. alcune paludi, torbiere, pinete alpine) stanno dando risultati positivi, il panorama complessivo è in via di costante peggioramento. Migliorano le conoscenze e le tecniche di censimento delle specie, aumenta la disponibilità di dati, si perfezionano e si usano sempre di più tecniche di ingegneria naturalistica e ricostruzione di ecosistemi ma, nei fatti, la tutela effettiva della biodiversità è ancora un tema per addetti ai lavori e non prioritario nella stragrande maggioranza degli interventi strutturali e di pianificazione territoriale. Quando si parla di tutela della fauna selvatica e dei suoi habitat emergono più gli aspetti connessi alla comunicazione di questi argomenti o ai valori indiretti per lo sviluppo turistico - economico di alcune aree, piuttosto che

la consapevolezza dei valori effettivi. Ovvero ci si trova ancora per lo più a utilizzare strumenti culturali mediati e indiretti per tentare di raggiungere obiettivi che esplicitare sarebbe inutile, incomprensibile ai più o addirittura controproducente. Alcune tematiche di fondo che sembravano “sdoganate” ed entrate almeno negli strumenti urbanistici ordinari (es. reti ecologiche o parchi locali) trovano grandissima difficoltà a essere attuate e ancor più ad essere gestite correttamente, contribuendo più all’immagine verde di progettisti e amministratori che a un’effettiva inversione di tendenza. Tra l’altro, se da una parte quest’anno vi è stata la tanto attesa approvazione della Strategia Nazionale per la Biodiversità da parte della Conferenza Stato-Regioni (in attesa che diventi legge), dall’altra il Governo non ha comunque ancora messo a disposizione i fondi necessari per renderla attuabile e anzi ha operato pesantissimi tagli (circa il 50%, nella legge finanziaria n.122/2010) alle risorse riservate alle aree protette. Sarebbe quindi interessante capire come i nostri illuminati amministratori pensino di portare l'Italia al 20% minimo di aree protette (come sottoscritto dal nostro Governo quest'anno a Nagoya, in Giappone) entro il 2020 se già nel 2011 non ci sono le risorse per tirare avanti… Dopo almeno 40 anni di lavoro, anche per un Paese come il nostro, dove ci si attendeva il fatidico salto culturale, è quindi ora di guardare in faccia alla realtà e di ammet35


tere che esso non c’è stato. Almeno non nei modi e per le tematiche sperate. Tutte le statistiche e i sondaggi ci dicono infatti che gli italiani mettono la qualità dell’ambiente ai primissimi posti dei valori connessi alla qualità della vita, soprattutto dal punto di vista della salute pubblica. La biodiversità, per la maggioranza dell'opinione pubblica, è invece ancora un gadget di contorno, da difendere e preservare solo se non costa niente e se non ci costringe a cambiare abitudini. Naturalmente non è sempre e ovunque così, ci sono numerose eccezioni, ma appunto sempre di eccezioni si tratta. Il quadro e il trend complessivi sono quelli sopra descritti. A questo punto sorge una prima domanda: le attuali strategie di conservazione della natura sono ancora valide? È evidente che la famosa generale strategia a “quadrifoglio” messa a punto da Birdlife International (ovvero agire per la salvaguardia di habitat – siti - specie e lavorare con e sulla gente), che ha orientato le azioni di questi anni, è tutt'ora valida. Così come sono validi i tre grandi obiettivi del Piano Nazionale della Biodiversità, come confermato anche in un recente convegno organizzato a Roma dall'ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale. Ovvero: massimizzare la salvaguardia e il recupero della biodiversità e dei servizi ecosistemici al fine di garantirne il ruolo chiave per la vita sulla Terra e il benessere umano; favorire l'adattamento delle specie e degli ecosistemi naturali e semi-naturali ai cambiamenti climatici e adottare le opportune misure di mitigazione; integrare la conservazione della biodiversità nelle politiche economiche e di settore.

Per il raggiungimento di tali obiettivi il Piano propone tredici aree tematiche di lavoro: specie, habitat, paesaggio, risorse genetiche, agricoltura, foreste, fiumi e laghi, mare, infrastrutture e trasporti, città, salute, energia, turismo, ricerca e innovazione, educazione e informazione. Nella costruzione della Strategia del Piano si è partiti dalle conclusioni della Carta di Siracusa sulla biodiversità, che ha fornito una visione della natura in cui la conservazione non è più sufficiente. Per coordinare e monitorare l'efficacia della Strategia nazionale è stato istituito il Comitato nazionale per la biodiversità. Questo il quadro “dall'alto”, ovvero dal punto di vista delle istituzioni e delle strategie internazionali e nazionali. Belle idee e proposte ineccepibili, peccato che, come abbiamo visto, in molti casi le stesse istituzioni fanno come Penelope, ovvero con una mano fanno e con l'altra disfano. Appare poi evidente che, anche solo rimanendo al panorama nazionale, le stesse istituzioni e anche le forze politiche attuali in questo momento storico hanno perso gran parte della loro credibilità e ormai in troppi ambiti non sono più in grado di garantire gli interventi gestionali minimi (vedi settore rifiuti o dell'energia ma anche, a questo punto, della tutela della biodiversità). E non si tratta qui di fare i leghisti o gli anarco - insurrezionalisti (ben lungi!!!), ma di decidere una buona volta di dirci le cose come stanno per cercare una possibile soluzione, al di là del rinnovato impegno che tutti i cittadini consapevoli e di buona volontà in un momento come questo dovrebbero mettere in campo, esponendosi in prima persona nella vita pubblica e per il bene comune! Ecco allora la seconda domanda: cosa possiamo fare per rilanciare una battaglia (quella della tutela della biodiversità), che in troppi casi sembra ormai persa o che per36


lomeno si trascina stancamente tra belle parole, frustranti contraddizioni e pochi risultati positivi concreti? Come uscire da questa pericolosa “melassa culturale”? E' ovvio che nessuno ha la bacchetta magica, ma che, con molta umiltà, qualche contributo intellettuale un po' diverso dal solito si potrebbe cominciare a dare. A livello strategico è fondamentale insistere affinchè la conservazione della natura entri in maniera il più possibile trasversale nella normale e ordinaria gestione: deve uscire dai concetti culturali di “speciale” o “straordinario”. Prevedere poi meccanismi di compensazione e perequazione che, attraverso l’introduzione di incentivi, consentano l’effettiva attuazione di buone pratiche a livello locale (comuni o gruppi di comuni, comunità montane, consorzi, ecc). Tra l'altro tutto ciò potrebbe attivare situazioni virtuose anche dal punto di vista economico, in grado di rimpinguare le esauste casse dei comuni! Alcune regioni (es. Lombardia o Emilia-Romagna) si stanno già muovendo in questa direzione, ma ciò andrebbe esteso a livello nazionale e individuato come vera e propria priorità. Un'altra azione concettualmente semplice (ma tutt'altro che facile da applicarsi, visto il contesto) sarebbe poi quella di introdurre la “Conservazione della natura” (e non solo “Ecologia”) come specifica materia di insegnamento in tutte le scuole dell’obbligo. Insistiamo per rendere da subito consapevoli i cittadini di domani di questi valori e dei rischi che essi corrono! Vanno inoltre moltiplicati gli sforzi per tutte le iniziative che possono innalzare il livello di consapevolezza dei cittadini su queste questioni, possibilmente senza far leva sulla paura ma piuttosto sulla bellezza (basta con la politica: “difendi la Natura se no la Natura ti distruggerà”!)

Inoltre, in un momento storico come l'attuale, una grande responsabilità ce l'hanno le forze del Terzo Settore, cioè tutto ciò che si differenzia sia dalla sfera pubblica (Stato, Regioni, enti locali, altri enti) che da quella privata, ossia dal mercato (o dall’impresa così come definita dalla legge). Esse sono chiamate a trovare nuove formule (che esistono) e nuove alleanze per formare una cittadinanza capace di auto-produrre servizi, anche in questi campi apparentemente specialistici, ma che in realtà con poche basilari cognizioni tecniche e molto buon senso e umiltà, avendo le risorse, potrebbero essere attuabili in molti casi quasi da chiunque. Per recuperare aree degradate o marginali, per evitare di distruggere e ammazzare, per imparare a riconoscere la bellezza e l'armonia non servono lauree! Le associazioni di volontariato, cominciando da quelle ambientaliste, sono così chiamate a un nuovo “colpo d'ala”, ad alleggerirsi nelle strutture e nelle politiche di “automantenimento” e a investire con maggiore efficacia sui progetti e sull'informazione-educazione (“Medici senza Frontiere” insegna). Inoltre devono unirsi: la vecchia idea di una vera Federazione delle associazioni ambientaliste è ormai un'urgenza di primo livello. Ognuno deve rinunciare a un parte del proprio “orticello” per creare una forza comune, indipendente e non egemonizzata dai partiti politici (Verdi inclusi), che possa diventare un effettivo e forte riferimento e stimolo per le istituzioni e per la stessa politica. In questo modo si potranno anche trovare, forse, le forze per rilanciare adeguate campagne di comunicazione con nuovi e più potenti strumenti (a quando una TV interamente dedicata alla natura italiana ed europea, e alla sua conservazione?). 37


Gufo Reale

e t t o n a l l e d e r o n g i S Il di Bruno Caula

Gufo reale (Bubo bubo), maschio in caccia d’appostamento. Ph. Bruno Caula Tutte le fotografie di queste pagine sono state realizzate dall’autore con la tecnica del digiscoping con cannocchiale a forte ingrandimento.

“Alpi cuneesi, una tiepida sera di inizio ottobre. Il sole è già scomparso dietro il profilo severo delle montagne, ma il suo riverbero ancora rischiara una porzione di cielo che da azzurro sta assumendo pian piano il cupo colore della notte. Quasi tutti gli uccelli che hanno trascorso qui la breve ma grassa stagione riproduttiva da tempo se ne sono andati verso altre latitudini o nella pianura meno severa, e il silenzio quasi irreale, cui noi umani non siamo più abituati, è rotto solamente da un paio di merli che si rincorrono chiassosi tra i cespugli di rosa canina. Come seguendo un antico rituale, in questi minuti sospesi tra il

giorno e la notte che sembrano non dover finire mai, un profondo e ovattato canto bitonale “hùuu-ho”, riecheggia tra le pareti rocciose. All’improvviso, come sbucata dal nulla, la possente sagoma del Gufo reale prende il suo posto sul posatoio di canto preferito. Oramai ne distinguo quasi solamente il contorno stagliato contro il cielo: inarcando il corpo in avanti e tenendo la coda sollevata, il maschio lancia a intervalli regolari il suo richiamo. In questo periodo dell’anno ha necessità di consolidare il rapporto con la sua compagna (che dura tutta la vita) e soprattutto di allontanare dal suo territorio i giovani che la coppia ha 38


prezzabili differenze di dimensione e colorazione si hanno tra i gufi della penisola iberica (ssp. hispanus) e quelli degli altri Paesi dell’Europa centro-occidentale, mediamente più grandi e chiari. Sempre, comunque, esiste una marcata differenza in dimensioni (in alcuni casi oltre il 20%) tra il maschio (più piccolo) e la femmina. Per questa differenza di corporatura, propria anche di parecchie specie di rapaci diurni, sono state proposte negli anni diverse interpretazioni: al momento, la più accreditata indica una spiegazione di tipo fisiologico, ovvero le maggiori dimensioni della femmina garantirebbero un migliore apporto calorico nella delicata fase di cova e nei primi giorni dopo la schiusa. Come detto, il Gufo reale è distribuito in una vastissima porzione del Vecchio Continente: dalla penisola iberica attraverso tutta l’Europa a nord (esclusa la Gran Bretagna, dove peraltro era presente in epoca storica) fino alla penisola scandinava e a sud in tutto il bacino del Mediterraneo, dove in alcune aree costiere (ad es. Provenza e Dalmazia) raggiunge densità elevate. Risulta invece assente dalle isole lontane dalla costa (la più lontana, Le-

amorevolmente allevato fino a poche settimane fa: ormai sono perfettamente in grado di cacciare da soli, e potrebbero costituire una seria concorrenza in un ambiente, come quello alpino, dalle condizioni di vita così severe, specialmente durante i lunghi e nevosi mesi invernali. Continua a cantare ancora per pochi minuti, poi allarga le enormi ali arrotondate e se ne vola via, inghiottito dalla notte come un fantasma …” Il Gufo reale (Bubo bubo), con una lunghezza che può arrivare a 75 cm e un’apertura alare che sfiora i 190 cm (come quella di una piccola aquila) è il più grande rapace notturno del mondo: tali misure presentano un’ampia variabilità a seconda delle sottospecie, secondo un cline proporzionalmente minore procedendo lungo una direttrice nord-sud dell’ampio areale distributivo, all’interno del quale viene suddiviso, a seconda degli Autori, in non meno di 14 sottospecie. Così, abbiamo individui enormi e dal piumaggio particolarmente chiaro di Gufi reali delle forme sibiricus e yenisseensis e piccoli e scuri soggetti appartenenti alle popolazioni della sottospecie nikolskii dell’Asia Occidentale. Nella stessa Europa continentale, ap-

Gufo reale (Bubo bubo), adulto. Ph. Bruno Caula 39


sbos, è a 11 km dalla costa turca, mentre in tutti gli altri casi la distanza massima dal continente è di 5 km) a dimostrazione della scarsa propensione della specie ad attraversare estese superfici d’acqua. Procedendo verso est, le varie sottospecie penetrano in Asia attraverso buona parte delle ex repubbliche sovietiche, il Medio Oriente e l’Asia minore raggiungendo le coste del Pacifico in Siberia, Cina e Corea. Nei Paesi del nord Africa e della penisola Arabica è sostituito dal Gufo reale del deserto (B. ascalaphus), più piccolo e chiaro, fino a pochissimo tempo fa considerato come una semplice sottospecie. La popolazione europea è stimata in circa 25.000 coppie, di cui circa la metà in Russia. Le successive popolazioni più consistenti si trovano in Turchia (3-6.000), Spagna (2.500), Norvegia (1-2.000) e Francia (1.600). In quest’ultimo Paese, il piccolo massiccio delle Alpilles, in Provenza, ospita da 32 a 35 coppie nidificanti su una superficie di appena 200 kmq! In molti Paesi europei, il trend di questa specie è in leggero ma costante aumento, dovuto soprattutto alla totale protezione legislativa di cui gode e alla conseguente cessazione delle persecuzioni dirette che ne avevano drasticamente diminuito il numero in

molte zone. Meno florida è la situazione italiana: pur non mancando aree in cui il Gufo reale raggiunge buone densità, la stima totale della popolazione della nostra penisola indica una forchetta compresa tra le 250 e le 350 coppie. Sulle Alpi è diffuso con regolarità nei settori alpini e prealpini, secondo un andamento crescente procedendo da occidente verso oriente, con discrete popolazioni in Lombardia, Veneto e Trentino Alto Adige. Scarso e localizzato in Piemonte e Valle d’Aosta, si ritrovano densità a tratti ottimali nella riviera ligure di Ponente (imperiese e savonese). Nell’Italia centrale e peninsulare il Gufo reale ha fatto registrare negli ultimi decenni una marcata rarefazione, con scomparsa da numerose aree storiche come in varie zone degli Abruzzi (indagate a fondo da Vincenzo Penteriani, certamente uno dei migliori conoscitori della specie in Europa) e in Sicilia, dove si è estinto nella metà degli anni ’30 del secolo scorso. Rimane comunque presente, anche se con areale frammentato, nei rilievi appenninici, dalla Toscana alla Calabria e Basilicata. Una così ampia distribuzione a livello mondiale è indice di un’elevata “plasticità” sia per quanto riguarda l’utilizzo

Gufo reale (Bubo bubo), giovane ben sviluppato e atto al volo. Ph. Bruno Caula 40


Gufo reale (Bubo bubo), giovane all’ingresso del nido. Ph. Bruno Caula

degli habitat sia per lo spettro alimentare. Nidifica infatti dal livello del mare fino ai 4.200-4.500 metri in Asia Centrale e Himalaya (sino a 2.200 metri sulle Alpi), occupando gli ambienti più disparati, dai deserti del Medio Oriente alle steppe siberiane, dalle foreste della taiga finlandese alle scogliere rocciose della costa greca. Grande opportunista, il Gufo reale può collocare il nido in un grande tipologia di siti. Il nido è in realtà solamente una piccola depressione scavata dalla femmina sul terreno nudo. Nei Paesi mediterranei vengono sfruttate quasi esclusivamente le pareti rocciose, mentre nel centro-nord europeo, in assenza di siti rocciosi, il Gufo reale diventa specie forestale, con diverse coppie presenti ad esempio nella foresta primaria di Bialowieza in Polonia e nelle foreste dei Carpazi in Romania, nonché nei boschi della taiga finlandese dove vengono utilizzati anche vecchi nidi di rapaci. Non sono rare, poi, coppie che si riproducono nidificando direttamente a terra, semplicemente addossando il nido alla base di un grosso albero o a uno sperone roccioso, oppure sfruttando siti di origine antropica, dalle cave estrattive ai depositi di legname, come in Svezia. Nella riserva di Coto Doñana, in Spagna, utilizza i vecchi nidi di Cicogna bianca sugli eucalipti, mentre nella Ca-

margue è recente la colonizzazione di boschi a ridosso di zone umide. Tutti questi adattamenti sono collegati da un comune fattore vitale: la disponibilità di prede. Da perfetto superpredatore, il Gufo reale tende a ottimizzare al massimo il rapporto tra dispendio energetico nella ricerca del cibo e apporto calorico in termini di biomassa: pur preferendo in genere prede di medie dimensioni (fino alla taglia di un coniglio), non disdegna di cibarsi di qualsiasi animale gli capiti a tiro, purchè di facile ottenimento. Così, alcuni individui in Svezia e Dalmazia si sono specializzati nel cibarsi di gabbiani reali prelevati direttamente dalle loro colonie su falesie rocciose, altri in Camargue nidificano in vicinanza di garzaie predando aironi e garzette, mentre in Spagna a Monfrague un Gufo reale nidifica da anni a pochi metri dal nido di una coppia di Cicogna nera, prelevando regolarmente i due giovani quando ritenuti belli “maturi” e grassocci… Si accontentano di meno i Gufi reali del Parco del Mercantour, sulle Alpi francesi, dove figurano nella loro dieta un buon numero di rane rosse catturate nei laghi alpini. Queste, comunque, sono tutte situazioni-limite che ben definiscono le capacità di adattamento di questa specie: normalmente, almeno in Ita41


Gufo reale (Bubo bubo), femmina adulta su posatoio diurno. Ph. Bruno Caula

Gufo reale (Bubo bubo), adulto e giovane. Ph. Bruno Caula 42


lia, le principali prede sono costituite da piccoli mammiferi (ricci, ghiri, arvicole e, presso i centri abitati, surmolotti) e uccelli di medie dimensioni come corvidi, galliformi e altri rapaci (sulle Alpi cuneesi sono state documentate predazioni a carico di Poiana, Buteo buteo, Sparviere, Accipiter nisus, Gufo comune, Asio otus, Allocco, Strix aluco, Civetta capogrosso, Aegolius funereus, Falco pellegrino, Falco peregrinus, e altri). L’abitudine, come tutti i rapaci notturni, di rigettare le parti non digerite delle prede (peli, ossa, ecc) sotto forma di boli (borre) di forma cilindrica e della lunghezza di circa 15 cm ha fatto del Gufo reale una delle specie più studiate dal punto di vista dell’alimentazione. Addirittura, in molti casi l’analisi delle borre ha permesso di scoprire la presenza di specie di micromammiferi finora sconosciute in determinate zone. Normalmente, la stagione riproduttiva inizia già nei mesi invernali: è in questo periodo, da dicembre a febbraio, che il maschio ha la massima attività canora, per delimitare il territorio dalla presenza di altri maschi. Il periodo di canto culmina con l’accoppiamento, in Italia tra metà febbraio e aprile, per cessare quasi completamente con l’inizio della cova da parte della femmina. Le uova, di colore bianco uniforme, sono deposte in numero da 1 a 4: tale numero varia in base alle condizioni climatiche, alle disponibilità alimentari del sito e alle condizioni fisiche della femmina; a un’elevata troficità corrispondono mediamente nidiate con più giovani. Viceversa, ad esempio in molti habitat alpini, i giovani prodotti sono generalmente solo 1-2, con coppie che non si riproducono tutti gli anni. I giovani nascono dopo 34-36 giorni di incubazione, e sono ricoperti da un fitto piumino bianco (neoptile). Durante tutto il periodo della cova e nelle prime settimane di vita dei giovani, la caccia e l’apporto del cibo a tutta la famiglia sono a esclusivo carico del maschio. Con

il passare del tempo e con la crescita delle prime penne, i piccoli Gufi reali si fanno più intraprendenti, sporgendosi via via sempre più frequentemente dal nido e iniziando ad esplorarne i dintorni ben prima di saper volare, dimostrando insospettate capacità arrampicatrici. Diventa allora di valido aiuto per la localizzazione dei siti occupati l’ascolto serale dei continui e forti richiami di richiesta di cibo da parte dei giovani, richiami assolutamente caratteristici, uno “tsssc” che ricorda il verso del Barbagianni (Tyto alba) oppure, a detta di molti, quello di “un pezzo di stoffa strappato”. La mortalità dei giovani dopo la completa emancipazione dagli adulti è piuttosto elevata, arrivando a superare in alcune aree il 30% durante il primo inverno di vita, principalmente a causa di carenze alimentari. Oltre ai fattori naturali, sono ancora molti i pericoli indiretti legati all’uomo che questa specie deve subire, nonostante la quasi totale scomparsa di persecuzioni dirette: una delle principali cause di mortalità è legata alla presenza di linee elettriche presso i siti di riproduzione, con frequenti casi di elettrocuzione e collisione con cavi aerei. Se consideriamo anche gli impatti con treni e autoveicoli, l’uso di rodenticidi e bocconi avvelenati, le modificazioni e alterazioni degli habitat di riproduzione e alimentazione e, non da ultimo, il disturbo diretto ai nidi provocato dall’attività sportiva e da sprovveduti escursionisti e improvvisati fotografi e “naturalisti”, è facile comprendere come il futuro di questa splendida specie sia – ancora una volta – nelle nostre mani, e solo una mirata e consapevole serie di misure di tutela potrà garantirne la sopravvivenza. INTERNET (webcam): http://www.beleefdelente.nl/oehoe http://webcam.pixtura.de/SWR_UHU/

43


di Igor Festari

Tassonomia

e r e i t s e m L ’a n t i c o . . . o l o i a u q d e l l ’A c Le specie del genere Cinclus (famiglia Cinclidae) sono gli unici passeriformi specializzati alla vita acquatica. La storia evolutiva di questo gruppo è stata analizzata fino al livello specifico; i merli acquaioli, infatti, si sarebbero differenziati da un antenato comune circa 4 milioni di anni fa in Asia, con successiva colonizzazione del Paleartico occidentale, verso ovest, e del Nuovo Mondo, attraverso lo stretto di Bering. Il Merlo acquaiolo (Cinclus cinclus) è la specie più diffusa, con popolazioni in Europa, Asia e nord Africa, ed esibisce una notevole variabilità geografica, sia nelle dimensioni, sia nel piumaggio. Sulla base di tali differenze sono state riconosciute fino a 17 sottospecie, scelta considerata molto discutibile da Tyler e Ormerod nel libro “The Dippers” (Poyser, 1994). Invece, nel loro “Birds of the Western Palearctic” (vol. 5, 1988, Oxford University Press), Cramp e Simmons ritengono validi solo 10 taxa in 2 gruppi a seconda della colorazione delle parti inferiori: il gruppo di cinclus a ventre grigio-nerastro (rappresentato in Europa dalla sottospecie cinclus, in Corsica, Sardegna, Spagna del nord e Scandinavia) e il gruppo di aquaticus a ventre castano-rossiccio (incluse gularis in Inghilterra, hibernicus in Irlanda e aquaticus in Europa centrale, Balcani, Italia e Spagna occidentale). L’aspetto più ambiguo di tale situazione è rappresentato dall’esistenza di popolazioni fortemente disgiunte all’interno di ciascun gruppo, con distribuzione “a scacchiera” di forme a pancia nera e rossa, l’una addossata all’altra senza tracce di ibridazione o intergradazione!

Nessuno studio molecolare era stato effettuato in modo da districare tale problema, fino al 2005 con l’uscita dell’articolo “Phylogeography of the white-throated dipper Cinclus cinclus in Europe” di Lauga et alii (Journal of Ornithology, n.146). In questo lavoro viene per la prima volta descritta la variabilità genetica (geni mtDNA del citocromo) esistente tra le varie forme europee di Merlo acquaiolo. Da ciò si deduce che l’arrivo della specie in Europa e la sua differenziazione in forme distinte è più recente di quanto prima si pensasse, tanto che nessuna popolazione differisce geneticamente dalle altre più dello 0,131% (contro un minimo di 1,5-2% di differenza necessaria per riconoscere due specie diverse). Di conseguenza, non esiste alcuna divisione netta tra le sottospecie a ventre scuro e quelle a ventre chiaro. Tutte le differenze morfologiche sarebbero da imputare esclusivamente a forze di selezione messe in atto dalle condizioni ambientali sul fenotipo delle popolazioni locali, fenomeno che spesso agisce in maniera rapida e incisiva. Una ricerca ancor più recente ha ulteriormente chiarito i gradi di parentela esistenti tra le varie forme. Nel loro articolo pubblicato nel 2008 sulla rivista Ornis Fennica (vol. 85), Sikora e Neubauer hanno investigato la composizione sottospecifica di una piccola popolazione recentemente scoperta nel nord-est della Polonia. Essa è costituita da esemplari di entrambe le forme cinclus e aquaticus, giunti in zona durante gli spostamenti postriproduttivi e poi rimasti a nidificare, formando spesso coppie miste. 44


Merlo acquaiolo (Cinclus cinclus aquaticus). Valle del Savena (BO). Ph. Francesco Grazioli

Le osservazioni sul campo hanno evidenziato che non esiste alcun isolamento riproduttivo né barriera genetica tra le due forme, ma il risultato più importante però è stato ottenuto dall’analisi morfologica: degli oltre 110 esemplari esaminati, infatti, molti dei quali presumibilmente d’origine ibrida, solo 2 presentavano fenotipo intermedio tra la forma a ventre rosso e quella a ventre nero! Ciò è possibile in quanto il colore del ventre è regolato da pochissimi geni la cui azione si espleta, di norma, in due soli effetti (pancia nera o rossa) qualsiasi sia la combinazione parentale! Come se non bastasse, tali effetti fenotipici (che sappiamo selezionati da piccole variazioni ecologiche dell’ambiente) si sono fissati nelle popolazioni locali grazie a recenti fenomeni di “colli di bottiglia” genetici, ma tanto flebilmente da poter essere prontamente rimescolati non appena l’isolamento geografico cessa d’esistere! Avendo infine chiarito i rapporti tra le forme cinclus e aquaticus in Polonia, gli autori auspicano futuri studi sulle interazioni tra le popolazioni delle

medesime forme che vivono a stretto contatto nell’area pirenaica e in Spagna nord-occidentale. Pertanto, chi sostiene che le forme morfologicamente differenziate di Merlo acquaiolo debbano essere considerate come specie diverse (ad esempio, il comitato ornitologico olandese, che segnala cinclus come “incipient species” nella loro lista del Paleartico occidentale) è su una falsa strada, com’è stato comprovato dal punto di vista filogenetico. Il fatto che sottospecie tanto differenziate morfologicamente da essere state proposte come futuri “split” siano tra loro molto simili o addirittura virtualmente identiche geneticamente è stato dimostrato anche da altri recenti studi, come nel caso di Pettazzurro (cyanecula a macchia-bianca vs. svecica a macchia-rossa), Sterpazzolina (cantillans occidentale vs. albistriata orientale), Migliarino di palude (schoeniclus a becco sottile vs. intermedia a becco intermedio vs. pyrrhuloides a becco grosso), e Codibugnolo (caudatus nordico vs. gruppo di europaeus / alpinus). 45


: e s l a s 4 n i o l l e n a v o Pi e n u m o c , pa n c i a n e r a e r o i g g a m e t r i da t t i l o di Gianluigi Castelli Uno sguardo d’insieme Ci occupiamo in questo numero di un gruppo di limicoli molto noti e assai simili a un esame superficiale. Appartengono tutti al genere Calidris: 24 specie divise in 6 generi. Tuttavia, dal punto di vista sistematico, alcuni autori collocano la maggior parte di essi nel genere Ereunetes, salvo il Piovanello maggiore che resterebbe in Calidris sulla base di una presunta distanza genetica dai precedenti. Si tratta di specie a diffusione mondiale, nidificanti nell’emisfero settentrionale, di dimensioni da minute a medie a seconda dei taxa, incluso il limicolo più piccolo, il Gambecchio americano (C. minutilla). Spesso con piumaggi criptici marroni o grigi, e con i bordi delle penne rossastri o color camoscio, presentano becchi in genere corti o in limitati casi lunghi e ricurvi, e rappresentano, soprattutto nei piumaggi giovanili e invernali, una vera sfida identificativa per il birdwatcher. Si tratta di specie altamente migratrici in grado di compiere tragitti di migliaia di chilometri per raggiungere i quartieri di svernamento dai siti di nidificazione, per lo più localizzati nella tundra artica. In Italia sono migratori e svernanti più o meno regolari con presenze migratorie concentrate soprattutto nelle zone umide costiere o, meno frequentemente, nelle aree interne, con aspetti fenologici a volte variabili da specie a specie e anche a seconda del periodo migratorio. Il primo passo nell’identificazione dei limicoli, e dei pio-

vanelli in particolare, consiste soprattutto nella valutazione delle dimensioni, del comportamento e della struttura, caratteri attraverso i quali possiamo iniziare a orientarci, ma non possiamo esimerci dal valutare altri importanti aspetti che ci indirizzeranno verso la diagnosi definitiva come il colore di fondo dell’animale che stiamo osservando, i versi di contatto o di allarme e soprattutto i dettagli fini del piumaggio, che ci impegnano di più perché impongono una buona conoscenza della topografia dell’uccello, della muta e degli effetti dell’abrasione sulle penne. In breve, capire in quale piumaggio si trova l’animale e quali penne stiamo studiando, rappresenta uno “step” essenziale per giungere a una conclusione definitiva! E’ necessario concentrarsi principalmente sulle piume scapolari, terziarie e copritrici delle ali, e valutare la reciproca posizione di terziarie, penne delle ali (punta delle remiganti primarie) e penne della coda. Approfondimento sull’età e muta nei Calidris La maggior parte delle specie del genere Calidris va incontro a 2 mute all’anno. Dopo la nidificazione, l’adulto compie una muta completa, detta “post-riproduttiva”, mentre quella che ha luogo in primavera è definita “pre-riproduttiva” e ha come effetto un cambiamento di piumaggio che coinvolge soprattutto le penne del corpo e del capo. Come già accennato, i piovanelli sono in genere migratori a lungo raggio; un’eccezione è rappresentata dalle popolazioni più 46


spesso molto simile: con colori vividi e brillanti, bordi chiari e ben definiti al punto da creare un disegno “a scaglie”. Le piume del giovane, molto soffici, sono soggette a rapida usura e quindi inizia presto la muta post-giovanile che conduce al piumaggio di “immaturo al 1° inverno” (completato solitamente in novembre), più opaco e privo di caratteri salienti. Sulle ali si notano ancora alcune penne giovanili, già piuttosto abrase e spesso marroncine e opache. Fino al 31 dicembre dell’anno in cui è nato, un piovanello si trova nel suo “1° anno di calendario” di vita. Quando entra nel secondo anno (dal 1° gennaio in poi) muta nuovamente più volte, acquisendo diversi piumaggi ancora da immaturo: prima il piumaggio da “immaturo in 1ª estate” (spesso simile a quello di un adulto nidificante ma con penne delle ali abrase), poi i piumaggi di “2° inverno” e “2ª estate”, che però sono virtualmente identici a quelli successivi da “adulto” in livrea rispettivamente non-riproduttiva (più omogenea, grigiastra) e riproduttiva (vivacemente colorata e ben differenziata da specie a specie).

meridionali di Piovanello pancianera (C. alpina) che svernano vicino ai siti di nidificazione. La muta generalmente avviene nei pressi dei quartieri di svernamento: questo accade, ad esempio, durante le soste migratorie, con notevole risparmio di energie per la migrazione. Ci può essere tuttavia una certa variabilità inter e intraspecifca, così come tra adulti e giovani, a volte con la combinazione di entrambe le strategie; la muta può iniziare nei territori di nidificazione, poi venire ripresa durante una sosta migratoria e infine conclusa nei siti di svernamento, come nelle sottospecie artiche di Piovanello pancianera. C’è una certa confusione nella terminologia internazionale adottata per definire gli abiti delle specie a seconda degli studiosi coinvolti. Tuttavia, i piumaggi sono in stretta relazione col ciclo riproduttivo e con la muta, in una sequenza ben definita. Dopo la schiusa il “pullus” (pulcino) presenta un piumino piuttosto ‘vaporoso’ e nel giro di tre settimane acquisisce un set di vere penne chiamato “giovanile” e acquisisce la capacità di volare. A questa età, il piumaggio di specie tra loro strettamente imparentate è

Piovanello pancianera (Calidris alpina) giovane in muta verso il piumaggio di immaturo al 1° inverno. Le scapolari più colorate sul dorso sono appena mutate e fresche. Ph. Gianni Conca 47


Piovanello maggiore (Calidris canutus), giovane. La sfumatura ocra sulle parti inferiori ed il disegno a scaglie del dorso lo distinguono dall’adulto in inverno. Ph. Antonello Turri

Piovanello pancianera (Calidris alpina) adulto in estate. Questo piumaggio è caratterizzato come dice il nome della specie, da una diagnostica macchia nera sul ventre. Ph. Guglielmo Dossena 48


Piovanello comune (Calidris ferruginea), adulto. La muta dal piumaggio estivo (rossiccio) a quello invernale (biancastro) crea un effetto “variegato”. Ph. Antonello Turri

Piovanello tridattilo (Calidris alba), giovane. Il disegno chiaro-scuro contrastato del dorso è tipico dei piumaggi immaturi. Ph. Gianni Conca 49


Identificazione di Piovanello pancianera e Piovanello comune. Il Piovanello pancianera è una specie di piccole dimensioni, diffusa soprattutto nelle aree costiere dell’emisfero settentrionale. In Italia è migratrice e svernante regolare, a volte in numeri considerevoli. Il nostro Paese è interessato dal passaggio soprattutto di due sottospecie, alpina e schinzii, che possono presentarsi assieme durante i due passi ma di non facile separazione a livello morfologico se non durante il periodo riproduttivo. Mentre il Piovanello pancianera presenta una diffusione circumartica, il Piovanello comune (C. ferruginea) nidifica solo nella tundra siberiana fra la penisola del Taimyr e quella della Chukotka. Anch’esso migratore regolare in Italia, come svernante è piuttosto scarso e incostante. In primavera ed estate è estremamente semplice distinguere gli adulti in pieno piumaggio riproduttivo: il Piovanello pancianera, infatti, è sfumato di bruno-rossiccio o ocra-dorato sulle parti superiori e possiede una grossa macchia scura al centro del ventre biancastro, mentre il Piovanello ha tutto il corpo, testa compresa, uniformemente colorato di rosso mattone intenso, tranne il sottocoda biancastro

e una lieve lunettatura pallida su fianchi e ventre. Vediamo ora come districarci nella separazione delle due specie in piumaggio giovanile e non riproduttivo, compito assai più arduo... Innanzitutto prestiamo attenzione alla struttura: in generale il Piovanello comune rispetto al Piovanello pancianera appare elegante, slanciato, affusolato, con ali, collo e zampe più lunghe (le primarie si proiettano al di là della coda), becco più lungo e ricurvo (soprattutto in punta). Il sopracciglio è sempre evidente in tutti i piumaggi, escluso quello estivo. Il giovane di ferruginea presenta parti superiori e copritrici grigiastre con una caratteristica orlatura delle piume color ocra pallido, che crea un aspetto “squamato”. Ciascuna piuma del dorso, inoltre, presenta una linea nerastra sottile che sottolinea il bordino chiaro, carattere condiviso solo con Gambecchio nano e Piovanello maggiore. Le parti inferiori sono in genere bianche con petto lievemente striato di scuro e a volte tinto di ocra-rosato. Ventre e pancia chiari sono senza dubbio tra le caratteristiche più importanti per la separazione dal giovane di Piovanello pancianera, che presenta quasi sempre una macchiettatura nera su petto e addome; spesso questo disegno può però svanire rapidamente

Piovanello pancianera (Calidris alpina), adulto inverno. Le parti superiori sono di un caratteristico color grigio-brunastro fosco. Ph. Francesco Grazioli 50


durante i mesi invernali. Osserviamo con attenzione anche le parti superiori che nel giovane di alpina presentano piume con centri scuri e orli chiari che formano un evidente disegno a V. Gli adulti in abito invernale possono rappresentare qualche difficoltà. Il Piovanello comune in inverno (raramente osservato in Italia) appare grigio-bruno chiaro senza contrasti, più pallido del Piovanello pancianera, con orli chiari stretti e con presenza di una fine stria nera longitudinale lungo il rachide. Le parti inferiori sono bianche con i lati del petto soffusi di grigio e finemente striati. Il sopracciglio, lungo e bianco, molto evidente, contrasta con le redini e con la stria oculare scura. In volo, caratteristico è il sopracoda bianco (come nel Piovanello maggiore) e le zampe che si proiettano un po’ oltre la coda. Nel Piovanello pancianera le penne delle parti superiori, di un grigio un po’ più fosco, presentano strie scure lungo il rachide ma solo sulle copritrici maggiori delle ali. Sul capo, grigio uniforme, il sopracciglio non spicca come nel Piovanello comune; sul petto è presente una banda grigia, più scura ai lati per la presenza di fitte striature scure contrastanti.

Come complicarsi la vita: Piovanello tridattilo e Piovanello maggiore! Il Piovanello tridattilo (C. alba) è un limicolo di piccole dimensioni, con zampe e becco neri, inconfondibile grazie soprattutto al suo comportamento quasi “schizofrenico” in quanto sempre in movimento, su e giù presso la battigia, lungo le coste marine; nel nostro Paese è solo di passo e svernante, in quanto nidifica nelle zone artiche di Siberia e Canada. E’ il solo Calidris senza dito posteriore, carattere da cui deriva il nome. In abito riproduttivo presenta collo e capo rosso castano con strie nere piuttosto fini, petto di colore simile con semilune scure tali da formare una pettorina evidente, mentre le parti superiori sono marezzate di nero e rossiccio con bordi bianchi delle penne. Esiste comunque una spiccata variabilità fenologica negli individui in abito estivo al punto tale che alcuni di essi mostrano solo tenui sfumature rosate. Il giovane è più facilmente riconoscibile per la presenza di parti superiori fortemente contrastate con sfondo grigio perlaceo e macchie nere a forma di stella, formanti un disegno “a scacchiera” chiara e scura. Il capo presenta un cappuccio scuro, dalla fronte alla nuca, che fa risaltare il

Piovanello comune (Calidris ferruginea), giovane. La colorazione grigiastra e la mancanza di nero sul ventre lo distinguono dal pancianera giovane.Ph. Gianni Conca 51


sopracciglio bianco. Le parti inferiori candide sono parzialmente interrotte sul davanti da un semicollare fulvo, di intensità variabile. L’adulto in abito invernale, come in tutte le specie descritte, è di colore grigio, ma particolarmente pallido, addirittura biancastro. Una caratteristica diagnostica è la presenza di una macchia nera a livello del “gomito”, a volte nascosta dalle scapolari grigie quando l’ala è chiusa. In volo è caratteristica la presenza di un’ampia banda alare bianca, bordata di nero sui due lati, estesa per tutta la lunghezza dell’ala. Il Piovanello maggiore (C. canutus) nidifica in Siberia, Groenlandia e Canada artico; in Italia è migratore regolare e svernante, ma in numero limitato. Nettamente più grande degli altri Calidris europei, questa specie possiede aspetto tondeggiante, compatto e poco slanciato, con becco corto, dritto e con base molto spessa (carattere diagnostico). Presenta un abito riproduttivo inconfondibile, soprattutto per le sue parti inferiori rosso-castane che ne permettono l’immediata identificazione, anche se sia il Piovanello comune sia il tridattilo possono superficialmente sembrare rossicci in estate. Le zampe sono grigie ma diventano verdastre in abito invernale, quindi più chiare che negli altri piovanelli presi in esame. La proiezione delle primarie è piuttosto lunga, circa 60-100% della lunghezza delle terziarie. L’abito invernale dell’adulto, molto pallido, di colore grigio-cenerino, a un esame ravvicinato presenta penne con una sottile venatura nerastra centrale e il petto con strie brunastre che si prolungano lungo i fianchi (altro carattere discriminante). Il giovane somiglia all’adulto in inverno, ma con piumaggio di un colore più bruno e fosco: piume del dorso con una fascetta scura arcuata terminale, petto fulvo chiaro e sopracciglio bianco molto evidente. Caratteristico è, a tutte le età, il groppone candido ben visibile in volo, condiviso solo dal Piovanello comune, che però ha una colorazione generale diversa e un lungo becco nettamente ricurvo!

CONCLUSIONI Dopo avere a lungo parlato di muta, colorazione, piumaggi variabili e quant’altro, è importante non scoraggiarsi. Per quanto le varie specie descritte siano realmente piuttosto simili tra loro, infatti, è sempre possibile identificarle, anche con un minimo di esperienza… Cerchiamo, quindi, di trarre qualche importante conclusione da quanto abbiamo letto finora! Prima di tutto, abbiamo accertato che gli adulti in livrea nuziale (osservabili in primavera-estate) sono molto diversi l’uno dall’altro e prontamente riconoscibili senza grossi sforzi. In secondo luogo, è ormai chiaro che anche i piumaggi giovanili e immaturi (autunno e inverno), pur assomigliandosi un po’ tutti, conservano qualche carattere diagnostico facilmente riconoscibile, ossia il netto e lungo sopracciglio bianco del Piovanello comune, la diffusa macchiettatura nerastra sul ventre del pancianera, il dorso fortemente contrastato di chiaro e scuro del tridattilo e la densa striatura grigiastra sulle parti inferiori del maggiore. Infine, pur dovendo ammettere che gli adulti in piumaggio invernale (da ottobre a marzo) sono molto simili tra loro e difficili da identificare sulla base della sola colorazione, possiamo sempre contare sui caratteri strutturali tipici, come: il becco lungo e arcuato del Piovanello comune e del pancianera (con la punta bruscamente ritorta verso il basso nella prima specie), in contrasto con quello corto e dritto del tridattilo e del maggiore (soprattutto in quest’ultimo la base è molto spessa); le zampe lunghe e affusolate del Piovanello tridattilo, in contrasto con quelle corte e tozze del maggiore; ecc. Quindi, gambe in spalla e corriamo alla salina o laguna più vicina per testare sul campo ciò che abbiamo imparato, senza scoraggiarci se in apparenza ci sembrerà di osservare tanti “cazzilli” grigi identici l’uno all’altro!!!

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Piovanello tridattilo (Calidris alba), adulto inverno. L’aspetto generale molto pallido e la macchia carpale nera sono tipici di questa specie. Ph. Francesco Grazioli

Piovanello maggiore (Calidris canutus), adulto inverno. Le pesanti striature su petto e fianchi sono caratteri diagnostici. Ph. Francesco Grazioli 53


ABC del Birdwatching di Alessandro Sacchetti

e i o t a i Mang e t a d i fa Forse ho un po' esagerato, ma devo confessare che per un decennio le mie mangiatoie hanno foraggiato ogni anno centinaia di fringillidi svernanti: Lucherini (Carduelis spinus) in particolare ma anche Cardellini (C. carduelis), Verdoni (C. chloris), Fringuelli (Fringilla coelebs), Frosoni (Coccothraustes coccothraustes) e, ovviamente, Cinciallegre (Parus major). Qualche mangiatoia l'ho comprata, altre le ho volute costruire da me, un po' perché mi piaceva mimetizzarle in maniera che sembrassero elementi naturali e sfruttare la situazione a scopo fotografico, e un po' perché si adattassero meglio alle esigenze ambientali del mio giardino. Le mangiatoie classiche (con o senza tetto), disposte su un paletto di sostegno, devono prevedere il fatto che non possano salire ospiti indesiderati (topi e ratti) o predatori potenziali (gatti); per cui mi sono ingegnato e ho adattato in diversi casi un bell'imbuto per impedire la salita al cibo di questi ospiti non graditi. Altro elemento indispensabile è evitare il ristagno dell'acqua che fa marcire i semi. Per le mangiatoie con semi di girasole una rete a maglia fine sarà la soluzione ottimale, mentre per i ripiani di legno andranno previste interruzioni della cornice per consentire il deflusso dell'acqua. Chi installa una o più mangiatoie deve tenere ben presente che d'ora in poi inizierà un rapporto molto diretto con il mondo degli uccelli, un rapporto magnifico ma delicato, che influirà nel bene e nel male sulla vita degli animali che frequenteranno le mangiatoie. Pertanto la disponibilità di

cibo deve essere costante nel tempo ed è importante non lasciare le mangiatoie per lunghi periodi senza alimentarle a sufficienza. E’ bene anche sapere che una mangiatoia può, a volte, rappresentare un serbatoio di malattie per gli uccelli, tanto che alcuni anni fa l'RSPB lanciò una campagna per la corretta gestione delle mangiatoie nei giardini inglesi. Le dico tutte non per scoraggiarvi, ma solo perché chi inizia sia consapevole di cosa si troverà a gestire; infatti, potreste trovare chi sostiene che voi causate un danno alla fauna selvatica dovuto all'artificiosità dell’alimentazione e all'eccessiva disponibilità di risorse, cosa che, secondo loro, impedirebbe un corretto svolgimento della selezione naturale. Francamente alla vista di un Cardellino morto per fame mi sono detto che forse questa selezione naturale non è poi così naturale (dato come la modifichiamo noi esseri umani nel quotidiano) e che avrei continuato a ingrassare i miei Cardellini in barba a tutte queste teorie filosofiche. Alimento le mangiatoie principalmente con semi di girasole, sia quelli grossi che con girasole nero, più piccolo e adatto a becchi meno potenti. Sul web si trova tutto quanto è necessario per rifornire le mangiatoie, c'è di che sbizzarrirsi, ma se si vuole fare del sano “fai da te” e un po' di riciclaggio, consiglio di non esagerare con gli avanzi di cucina: vanno bene dolci invecchiati o scaduti da poco, ma non va bene il cacao, che pare sia tossico per gli uccelli, e sono da evitare condimenti e alimenti salati. La frutta 54


I Fringillidi, come questi Cardellini (Carduelis carduelis) e Verdoni (C. chloris), sono granivori e prediligono semi di girasole e granaglie. Ph. Alessandro Sacchetti

Frosone (Coccothraustes coccothraustes). Alcune specie rare, come il Frosone, si associano occasionalmente a specie pi첫 usuali, come il Verdone ed il Lucherino. Ph. Alessandro Sacchetti 55


Occhiocotto (Sylvia melanocephala), che si nutre su di un caco, forse per cercarvi piccoli insetti e larve. Ph. Sandro Sacchetti

è molto gradita, soprattutto kaki e mele, e se viene tagliata e appesa agli alberi del giardino attirerà Merli (Turdus merula), Capinere (Sylvia atricapilla) e Storni (Sturnus vulgaris). Anche specie insettivore come Pettirosso (Erithacus rubecula), Passera scopaiola (Prunella modularis) e Occhiocotto (S. melanocephala) non disdegnano di raccogliere a terra il cuore del girasole caduto ai fringillidi. Un Pettirosso "da combattimento" ha strenuamente difeso per tutto l'inverno una mangiatoia piena di girasoli neri trovandovi evidentemente di che trarne vantaggio. In un giorno freddissimo e innevato, ho addirittura visto un Occhiocotto sbattere ripetutamente un seme per cercare di romperlo e mangiarne il contenuto! Le mangiatoie sono assolutamente un elemento invernale: bisogna infatti ricordare che la dieta dei nidiacei non può dipendere dalle nostre mangiatoie e che sarà bene interrompere la fornitura, anche se gradualmente, a primavera. Non dimentichiamo che esistono mangiatoie naturali a disposizione di chi possiede un giardino, rappre-

sentate da siepi baccifere che al momento giusto forniranno cibo per l'inverno e riparo per il nido a primavera. Come vedete di trucchi non ce ne sono; bastano un po' di inventiva e di buon senso, ma soprattutto di pazienza, visto che in Italia gli uccelli non sono abituati alle mangiatoie e sono molto diffidenti. Non sempre le mangiatoie vengono scoperte immediatamente, quindi per le prime volte consiglio di mettere poco cibo, per evitare che si deteriori, e di rinnovarlo via via che viene consumato. Sulle mangiatoie esiste nel web un'ampia bibliografia, sia nei siti istituzionali delle maggiori associazioni protezioniste, sia in appositi siti di vendita on-line. Questo, se si vuole contribuire alla raccolta fondi delle associazioni o semplicemente se non si vuole faticare a costruirne una da soli... Esiste anche un libro delizioso e ricco di suggerimenti, purtroppo non più reperibile in italiano, ma forse disponibile in qualche biblioteca più fornita: “Amici con le ali” di Robert Burton (ISBN: 8804336439).

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Ph. Guglielmo Dossena

La fedeltà dei lucherini

nciato nzionavano bene ho comi fu oie iat ng ma le e ch o Quando ho capit ogeo di inaalla questione. Iniziò un pr o nd fo a più re da an di te e a pensar fece sempre più interessan si e ch , ici am ri alt n co so ngiatoie: nellamento condivi stravano fedeltà alle ma mo lli ce uc lti mo e ch mo quando capim le diverse manvano nel corso dell'anno fra ga va e, lar ico rt pa in ini cque er i Luch alla cià di Firenze. Ne na no or int hio rc ce mi se a e giatoie dispost . Baaglia et ammo qualche anno fa (G lic bb pu e ch o nt co so re lo esso un picco cherini non hanno mai sm Lu i a or all Da ). 99 19 2, do non si al. Avocea 23:2 cezione di tre anni fa quan ec d (a oie iat ng ma le re di frequenta ni questi siti di nno tramandato ai giova ha e o) rn ve l'in o tu in o vider llino che fresvernamento. ento di un Cardellino isabe am ell an ll’in de è to do ed an n mio Un altro e mangiatoie. Poi sparì, co mi le ito gu se di ni an e rve un altro quentò per ben se llo di un anno, ne ricompa rva te l’in n co ma , re ce pia grande dis ale parentela! nza anello! Chissà con qu se ma o, llin be isa o nt a altre

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Comportamenti di Riccardo Galgano

e r o i g g a m o s s Il Picchio ro

o s l e g i d e r o m i d a t n e m i l a i s e ch

É con immenso piacere che condivido con voi tutti l’esperienza fatta nella primavera del 2009, quando, tra maggio e giugno, feci una scoperta sul comportamento e sulle abitudini alimentari di una specie che non avrei certo immaginato. Il tutto è legato a un piccolo albero di Gelso bianco (Morus alba) che ho nel mio terreno e che a fine maggio porta a maturazione le sue more. Constatato che ve ne erano in abbondanza e che erano molto appetite dai Rigogoli (Oriolus oriolus) presenti, decisi di tentare un appostamento per provare a fare delle foto. Nella terza settimana di maggio, con mio stupore notai che sui rami del gelso cominciò ad arrivare un Picchio rosso maggiore (Dendrocopos major), non per cercare insetti o larve ma per mangiare i frutti maturi. Incuriosito dal fatto, pensai a una casualità e niente più. L’azione continuò però a ripetersi e da quel momento iniziai a prolungare la mia presenza in loco, appurando che c’era una coppia di picchi che, con sempre maggiore frequenza, veniva al piccolo albero per cibarsi dei frutti. La tecnica usata è tipica di questo picide. Dal tronco principale risaliva, infatti, fino all’apice dei rami per prendere i frutti maturi. Alcuni venivano mangiati subito, altri venivano invece trattenuti nel becco per essere poi trasportati via. Questo comportamento, oltre a sembrarmi strano e inusuale per la specie, mi incuriosì a tal punto da trascorrere, in osservazione, diverse settimane

davanti al gelso. I picchi cominciarono nel corso del tempo a posarsi anche a terra per raccogliere le more cadute, riempiendosi il becco per intero con un numero considerevole di frutti per poi portarli via. A questo punto mi sorse il sospetto che li portassero al nido per nutrire i piccoli. Cominciai quindi a prestare attenzione alla frequenza dei passaggi e mi resi conto che i passaggi all’albero erano intervallati da un lasso di tempo di pochi minuti, con un massimo registrato di 20 minuti. L’andirivieni durò per parecchi giorni fino a che, nella prima settimana giugno, giunsero assieme a un adulto tre giovani picchi che subito cominciarono a nutrirsi delle more presenti con molta voracità. Da quel momento in poi ci fu un incremento notevole della loro presenza presso l’albero dove, con sempre maggiore naturalezza, continuarono a nutrirsi per lungo tempo fino a quando i frutti non terminarono 58


Picidae, la dieta i rappresentanti della famiglia Il Picchio rosso maggiore ha, tra e specie; quelli di anche frui e bacche di divers più diversificata, comprendente Simmons K.E.L. ati in leeratura (Cramp S., cit i ma o gon ven non ò, per gelso, citati uva spina, ano le more di gelso, vengono 1977). Tra quelli che più ricord nte l’alimentai e olivello spinoso, ma generalme ribes, ciliegie, prugnole, lampon lti di insei, di origine animale (larve e adu o cib e ved pre ei iac nid dei zione e, reili ri, altri artropodi e, più rarament e ido lep e eri no ime i, afid o soprau e nidiacei di altri uccelli, ecc.). 59


Digiscoping di Guglielmo Dossena

Digiscoping... c ’e s t p l u s f a c i l e In questi ultimi anni il digiscoping sta assumendo una più precisa connotazione tecnica, avvicinando sempre più persone a questo tipo di fotografia. Il progredire di questa nuova disciplina è principalmente nelle mani dei birdwatchers i quali, oltre all’osservazione, desiderano avere una documentazione della specie avvistata. Le prime immagini

di questo tipo venivano realizzate in modo quasi empirico, accostando la macchina digitale all’oculare del cannocchiale, ma attualmente molte aziende stanno offrendo strumenti specificamente dedicati al digiscoping, soprattutto per permettere di montare facilmente la macchina digitale sul cannocchiale.

Gufo comune (Asio otus), ripreso da una ventina di metri in una giornata scura e di nebbia, ingrandimento 30x. cannocchiale Leica APO TELEVID 82 con adattatore digiscoping D-LUX 4 e la camera Leica D-LUX 4, materiale usato per tutte le immagini di questo articolo. 60


Merlo maschio (Turdus merula), ripreso da una decina di metri in una giornata di buona luce, ingrandimento 25x. Camera impostata sul programma automatico ed auto ISO. Immagine messa a fuoco guardando il display della camera e manovrando la regolazione micrometrica del cannocchiale. Come per tutte le foto trovare un modello disponibile è importante, ed anche il fattore “C” deve essere messo in conto.

La tecnologia digitale dell’ultima generazione offre inoltre l’opportunità di realizzare brevi filmati e dunque sono disponibili in un’unica soluzione tecnica, il massimo delle possibilità: digiscoping e videoscoping. La qualità delle immagini - ed ora anche dei video – sta decisamente migliorando, anche perché le aziende del settore non vogliono lasciarsi sfuggire lo sviluppo di questo nuovo mercato e nuovi modelli di digitali ultracompatte e di sistemi integrati saranno disponibili nei prossimi anni. Questo tipo di tecnologia, più immediata e facile, permetterà a tanti cannocchiali italiani di innescare una piccola rivoluzione nel campo del birdwatching e della fotografia naturalistica: le immagini finalmente non sarebbero esclusivamente dettate da un gusto estetico, ma anche dalle esigenze più tecnico- scientifiche di tutti coloro che osservano gli uccelli con una conoscenza ed un occhio diverso. Cercheremo anche nei prossimi numeri di mantenere vivo l’interesse sul digiscoping, analizzando e testando le va-

rie opzioni che il mercato offre. In queste pagine un piccolo esempio dei risultati che si possono ottenere con cannocchiale e digitale; tutte le immagini sono state realizzate con l’impostazione automatica della fotocamera, in giornate climaticamente diverse fra loro e in differenti momenti di luce del giorno, proprio per far capire a chi non vuole perdersi nel meandri tecnici della della fotografia che oggi si può fare digiscoping e videoscoping anche senza una grande esperienza, preoccupandosi esclusivamente di trovare i soggetti interessanti. Altro esempio sono le pagine sul forum di EBN Italia dove, oltre alle foto, potrete trovare molti filmati interessanti. Per chiarezza devo aggiungere che tutte le immagini sono state corrette ed adattate alla stampa tipografica con Photoshop. Lascio a voi, in ultima analisi, il commento a questo piccolo test “sui generis”, ma in ogni caso il consiglio, parafrasando una vecchia pubblicità, è “provate per credere”.

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Cigni minori (Cygnus columbianus bewickii), ripresi da circa duecento metri in una giornata di luce discreta, ingrandimento 50x. Camera impostata sul programma automatico ed auto ISO. Immagine messa a fuoco dal cannocchiale e poi scattata dopo aver inserito simultaneamente camera ed adattatore. Nella scelta del taglio dell’immagine in postproduzione si deve tenere conto anche dell’inevitabile vignettatura.

Fischione maschio (Anas penelope), ripreso da circa 70 metri in una giornata di luce discreta, ingrandimento 50x. Camera impostata sul programma automatico ed auto ISO. Immagine messa a fuoco guardando il display della camera e manovrando la regolazione micrometrica del cannocchiale. 62


Cigno reale (Cignus olor), ripreso da una decina di metri in una giornata di luce discreta, ingrandimento 25x. Camera impostata sul programma automatico ed auto ISO. Immagine messa a fuoco guardando il display della camera e manovrando la regolazione micrometrica del cannocchiale. Molte volte si scorda che il digiscoping può essere usato anche su soggetti vicini con discreti risultati.

Alzavola maschio (Anas crecca), ripresa da circa 150 metri in una giornata di luce scarsa, ingrandimento 50x. Camera impostata sul programma automatico ed auto ISO. Immagine messa a fuoco dal cannocchiale e poi scattata dopo aver inserito simultaneamente camera ed adattatore. Immagine sicuramente utile per il riconoscimento anche se per un soggetto comune. 63


Segnalazioni dal Paleartico occidentale di Michele Viganò Le ultime osservazioni del Paleartico occidentale e Mediterraneo

Un primo anno di Albanella americana (Circus cyaneus hudsonius) è stata osservato dal 30 ottobre al 13 novembre a Tacumshin, Irlanda. Un primo inverno di Damigella di Numidia (Anthropoides virgo) osservato il 9 ottobre in Olanda e altri due individui a metà ottobre e inizio novembre in Francia. Il primo Voltolino striato (Aenigmatolimnas marginalis) per la Spagna è stato preso in cura il 12 dicembre e rilasciato con successo il giorno seguente. Osservato il 4 settembre in Ucraina un giovane del rarissimo Gambecchio becco a spatola (Eurynorhynchus pygmeus); se confermato sarebbe il primo record certo di questa specie per il Paleartico occidentale!

Settembre-Dicembre 2010 In Spagna (porto di L’Estartit, Girona) è stata osservata la seconda Sula zamperosse (Sula sula) per l’Europa, dal 3 fino al 23 dicembre, data in cui è deceduta a causa delle ferite causate da ami da palamita. Nel nord della Francia un’Anatra marmorizzata (Marmaronetta angustirostris) è stata avvistata in un grosso stormo di anatre nell’Arrigny, Marne, il 5 settembre e un’altra dal 29 settembre al 4 ottobre nell’Eure. Ai margini del WP, in Georgia, a inizio settembre, sono stati osservati 3 adulti (2 femmine e un maschio) di Falco pecchiaiolo orientale (Pernis ptilorhynchus) della forma siberiana orientalis.

Zigolo rutilo (Emberiza rutila). La sfumatura castana sul groppone tradisce la vera identità di questo altrimenti scialbo immaturo. Ph. Jan Kåre Ness 64


Passera scopaiola golanera (Prunella atrogularis). Immaturi ed adulti in piumaggio autunnale fresco hanno spesso il nero sulla gola quasi del tutto assente. Ph. Hans Bister

Dalla seconda metà di settembre si è avuto un importante influsso di limicoli americani in tutta l’Europa occidentale; ad esempio, in Spagna, sono stati osservati oltre 40 Piro piro pettorale (Calidris melanotos), 5 Pivieri americani (Pluvialis dominica), 18 Piro piro fulvi (Tryngites subruficollis) e altri ancora. Il primo Chiurlo nano (Numenius minutus) per il Belgio è stato osservato il 18 settembre; si tratta della settima osservazione per la regione. Il 9 novembre è stata fotografata sulla costa atlantica della Francia una Sterna dalle redini (Onychoprion anaethetus). Dal 20 settembre al 13 ottobre, sull’isola di Holmögadd, Svezia, osservata una Calandra siberiana (Melanocorypha leucoptera), la seconda per la nazione (ci sono ben 8 segnalazioni per l’Italia! A quando una “twitchabile”…?). In Svezia, dal 19 al 22 dicembre, è stato ripetutamente osservato uno Spioncello del Pacifico (Anthus rube-

scens) della sottospecie siberiana japonicus; altri individui appartenenti alla stessa forma sono stati osservati in Egitto, Israele e Kuwait. La prima Locustella lanceolata (Locustella lanceolata) per la Georgia è stata inanellata il 7 settembre. Il 5-6 settembre avvistato il quarto Pigliamosche della Dauria (Muscicapa dauurica) per il Regno Unito. Una Monachella nera testa bianca, Oenanthe leucopyga, probabilmente la stessa osservata in Luglio in Danimarca, è stata ammirata in Germania, a Wremen dal 28 agosto al 10 novembre, quando è stata trovata morta, probabilmente predata da un gatto. Un incredibile afflusso di Codibugnoli nordici (Aegithalos caudatus caudatus) è stato osservato per tutto l’autunno e l’inverno nell’Europa centrale (compresa l’Italia settentrionale). Il terzo Tordo oscuro (Turdus obscurus) per Israele è stato avvistato vicino a Gerusalemme il 16 novembre mentre diversi Tordi golanera (T. atrogularis) sono stati 65


Tordo golanera (Turdus atrogularis). La muta ed il disegno delle copritrici delle ali hanno permesso di identificarlo come immaturo al 1°inv. Ph. Gianni Conca

avvistati in Inghilterra, Danimarca, Scozia e Belgio. Il 21 dicembre osservato in Polonia un individuo di Tordo siberiano (Zoothera sibirica). Il terzo Usignolo di Swinhoe (Luscinia sibilans) per il WP è stato sfortunatamente trovato morto il 2 ottobre sulle isole Orcadi, in Scozia. Un altro afflusso senza precedenti è stato quello in ottobre-novembre di Codazzurri (Tarsiger cyanurus): ben 30 in Gran Bretagna, 12 in Svezia, 2 in Francia, uno in Danimarca, 5 in Germania, 15 in Norvegia, uno in Lituania, 4 in Olanda, 3 in Ungheria (dal primo al terzo per il Paese!) e un maschio trovato morto in Polonia; un individuo sta tutt’ora svernando in Spagna!

Il primo Saltimpalo bianco e nero (Saxicola caprata) per la Finlandia è stato largamente osservato e fotografato dal 9 al 17 ottobre; si tratta di una delle pochissime segnalazioni nel WP. In ottobre/novembre è stato registrato anche un altro mini-afflusso, quello delle Passere scopaiole golanera (Prunella atrogularis): la terza per la Svezia, sull’isola di Oland, il 10-15 ottobre; la prima per la Slovacchia inanellata il 30 ottobre; la seconda e la terza per Israele l’8 e 11 novembre; l’ottava per la Finlandia il 4 dicembre. Il secondo Zigolo rutilo (Emberiza rutila) per la Norvegia è stato inanellato il 5 ottobre sull’isola di Utsira.

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Segnalazioni dall’Italia di Andrea Nicoli

In questa rubrica vengono riportate le osservazioni di specie interessanti diffuse sulla mailing-list EBN Italia nel periodo maggio - agosto 2010. Si ricorda che tutte le segnalazioni di accidentali devono essere confermate dalla Commissione Ornitologica Italiana (C.O.I.).

Settembre Il mese si apre con la stessa specie che aveva chiuso la rubrica sul numero precedente: un Falaropo beccosoile (Phalaropus lobatus) viene osservato alle Saline di Trapani il giorno 3 (A. Corso). Il giorno 4 a Mirandola (MO) viene inanellato un Usignolo maggiore (Luscinia luscinia) (R. Gemmato et al.). Sempre a Mirandola vengo inanellati un Piovanello peorale (Calidris melanotos) il giorno 11 e una Cannaiola di Jerdon (Acrocephalus agricola) il giorno successivo (R. Gemmato et al.). Sempre il giorno 11 viene segnalato un altro Piovanello peorale (D. Di Noia) a Ronsecco (VC). Stessa data ma limicolo differente: al lago di Caprolace (LT) un Piro piro del Terek (Xenus cinereus) (E. Savo, R. Gildi). Il giorno 15, alla foce del fiume Livenza (VE), viene segnalato uno Stercorario maggiore (Stercorarius skua) (C. Izzo). Dello stesso giorno è la segnalazione sull’Aspromonte, in località Vela (RC), di un giovane di Cutreola testagialla orientale (Motacilla citreola) (G. Martino). Un Pigliamosche peirosso (Ficedula parva) viene osservato a Valle Vecchia di Caorle (VE) il giorno 16 (F. Trave). Il giorno 18, terza osservazione del mese di Piovanello peorale (S. Gao), fotografato a Casavelino Marina (SA). Un Mugnaiaccio (Larus marinus) viene segnalato (A. Corso, L. De Lisio) il giorno 18 a San Massimo (CB). Un altro Mugnaiaccio (P. Bertini) il 19 a Peschiera del Garda (VR). Probabilmente si traa dello stesso individuo che lo scorso inverno è stato segnalato più volte nel basso Garda tra le province di Verona e Brescia. Il giorno 22 a San Genuario (VC) viene segnalato un Piovanello peorale (R. Moneta). Si traiene per alcuni giorni ed è ipotizzabile che si trai dello stesso individuo visto il giorno 11 a Ronsecco, che è nelle vicinanze. Un’Aquila anatraia maggiore (Aquila clanga) viene osservata il giorno 26 (R. Molajoli et al.) nel Parco del Circeo (LT). Periodo decisamente propizio per il Piovanello peorale: ancora una segnalazione di questo limicolo americano il 26 (A. Guarrera) al Pantano Cuba (SR). Ultima segnalazione del mese, un Nibbio bianco (Elanus caeruleus) visto dal versante calabro araversare lo Streo di Messina (E. Grasso) il giorno 29.

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Ottobre Un rapace apre le segnalazioni di oobre: un’Aquila anatraia minore (Aquila pomarina) (N. Di Lucia) il giorno 2 al Biviere di Gela (CL). Poi un ulteriore Piovanello peorale (S. Inaudi, M. Della Toffola) il giorno 3 a Saluzzo (CN). Sempre il giorno 3 a Ventotene (LT) viene inanellato un Ciuffoloo scarlao (Carpodacus erythrinus) (M. Ferri/ISPRA). Il giorno 7 due segnalazioni di Pigliamosche peirosso: il primo (L. Pardini) viene osservato a Bocca di Serchio (PI), il secondo (M. Ferri/ISPRA) viene inanellato a Ventotene (LT). Ancora un Piovanello peorale (A. Vezzani) al Padule di Fucecchio (FI) il giorno 9. Altre segnalazioni dalla stazione di inanellamento di Ventotene (LT): due individui di Luì forestiero (Phylloscopus inornatus) (uno il 9 e l’altro il 13), un ulteriore Ciuffoloo scarlao il 9 (M. Ferri/ISPRA) e un Pigliamosche peirosso osservato il giorno 9 (D. De Rosa, M. Ferri). Altre segnalazioni di Pigliamosche peirosso: sul Monte S. Nicola a Monopoli (BA) il giorno 10 (S. Todisco) e alla bonifica di Vecchiano (PI) il giorno 17 (L. Pardini). Per quanto riguarda il Luì forestiero, un individuo inanellato a Fornacee di Inverigo (CO) il giorno 16 (M. Porro/ISPRA); tre individui osservati/inanellati a Ventotene (LT) il giorno 19 (B. Doe, M. Ferri/ISPRA); un individuo osservato a Ustica (PA) il giorno 20 (N. Di Lucia). Il giorno 21 la terza segnalazione di oobre per Ventotene (LT) di Ciuffoloo scarlao (B. Doe) e una Berta balearica (Puffinus mauretanicus) osservata dal tragheo tra Ventotene e Formia (B. Doe). Il giorno 23 diverse osservazioni interessanti: due individui di Calandro maggiore (Anthus richardi) (C. Cappuzzello, E. Gambino) ai Pantani di Cuba e Longarini (RG-SR); una Cesena fosca (Turdus eunomus) (G. Roux Poignant) al Bosco di Salbertrand (TO); infine un Prispolone indiano (Anthus hodgsoni) (M. Casati) fotografato alla Riserva di Pian di Spagna (CO-SO), quinta segnalazione italiana che, sfortunatamente, non verrà ricontaato nei giorni successivi. Uno Spioncello marino (Anthus petrosus) (G. Fiorella) viene osservato il giorno 24 a Molfea (BA). Il giorno 26 un Calandro maggiore (D. Occhiato) alla Bonifica di Vecchiano (PI). Il mese si chiude con due segnalazioni di Codazzurro (Tarsiger cyanurus), entrambi inanellati: il primo a Ventotene il giorno 28 (M. Ferri/ISPRA) e il secondo a Castrocaro Terme (FC) il giorno 30 (M. Bonora).

Piovanello pettorale (Calidris melanotos). In questo esemplare, osservato al Pantano di Cuba (SR), è ben visibile la pettorina striata che da il nome alla specie! Ph. Guarrera Antonio 69


Novembre Il giorno 5 una segnalazione di Zigolo golarossa (Emberiza leucocephalos) (P. Vaciloo) a Maserada (TV), luogo che ospita regolarmente questa specie. Il giorno 7 viene inanellata una Cesena fosca (R. Bertoli) presso Bovegno (BS). Sempre lo stesso giorno vi è la prima segnalazione di una rarità che airerà a Maccarese (RM) molti birders da tua Italia. Viene infai osservata, in un gruppo di 6 Gru, una Damigella della Numidia (Anthropoides virgo) (L. Noari). Rimarrà in zona fino al 4 dicembre e sarà il “twitch” più importante della stagione. Uno Zigolo delle nevi (Plectrophenax nivalis) viene osservato il giorno 13 (D. Papi, E. Ruggeri) alla foce dell’Entella (GE). Il giorno 18 viene segnalata una Morea codona (Clangula hyemalis) (G. Speranza) alla foce del Sarca (TN). Lo stesso giorno, alle Saline di Siracusa, viene segnalato uno Spioncello marino (A. Corso). Il giorno 21 viene osservato un Falaropo beccolargo (Phalaropus fulicarius) (G. Assandri) al Lago Grande di Avigliana (TO). Rimarrà fino al 23, airando molti birders. Un altro Zigolo delle nevi viene osservato a Mestre-Venezia il giorno 26 (S. Zampedri). Uno Zigolo golarossa (L. Boscain) anche ai Magredi del Meduna (PN). Ultima segnalazione del mese: due individui di Falaropo beccolargo (S. Slade) sulla spiaggia di Vasto (CH) il giorno 28. Purtroppo vengono entrambi rinvenuti morti il 1° dicembre (C. Fracasso); uno dei due individui aveva un anello metallico del Museo di Praga.

Spioncello marino (Anthus petrosus). L’aspetto fosco, la mancanza di sopracciglio chiaro e la pesante striatura scura sono importanti caratteri distintivi. Ph. Giuseppe Fiorella 70


Dicembre Mese caraerizzato dalla presenza di oche, soprauo nel Nord-Est dell’Italia. Il giorno 2 viene osservata un’Oca lombardella minore (Anser erythropus) (M. Azzolini) nella bonifica del Mezzano (FE), che verrà più volte individuata durante tuo il mese. Il giorno 4, sul fiume Po presso Monteu da Po (TO), viene osservata una Pavoncella gregaria (Vanellus gregarius) (P. Maroo). Il giorno successivo, a Manzolino (MO-BO), un’Aquila anatraia maggiore (L. Prada, C. Nava). Uno Zigolo delle nevi viene segnalato a Mola di Bari (BA) il giorno 6 (C. Liuzzi). Lo stesso giorno, a Marina di Pisa (PI), uno Spioncello marino (M. Stenico, M. Nordio), una specie considerata molto rara in Italia fino a poco tempo fa, ma probabilmente soostimata. Il giorno 8 viene segnalato un adulto di Mugnaiaccio (B. Doe) a Fiumicino (RM); forse lo stesso individuo che è stato qui osservato negli ultimi tre anni, dato che questa specie è in genere fedele ai siti di svernamento. Il giorno 11 uno Zigolo delle nevi (M. Azzolini, M. Maselli) alla bonifica del Mezzano (FE). Altro Zigolo delle nevi (R. Gherardi) a Viareggio (LU) il giorno 13. Il giorno 18 arriva un’altra segnalazione che attirerà molte persone: tre individui di Cigno minore (Cygnus columbianus bewickii) (N. Scatassi) in una cava di Isola S. Antonio (AL). Si faranno ammirare fino al 4 gennaio. Ancora uno Spioncello marino (A. Quaglierini) il giorno 19 a Bocca di Serchio (PI). Forse si traa dello stesso individuo osservato pochi giorni prima a Marina di Pisa. Sempre il 19 ai Pantani di Cuba e Longarini (RG-SR) viene osservata una Calandrina (Calandrella rufescens) (C. Cappuzzello, E. Gambino), una specie accidentale con 12 segnalazioni acceate dopo il 1950. Notizie dal contingente di oche che sverna alla Riserva dell’Isola della Cona (GO): il giorno 20 viene segnalata un’Oca lombardella minore e il 27 ben tre individui di Oca collorosso (Branta ruficollis) (S. Candoo). Chiude il 2010 un’altra Oca collorosso che viene segnalata a Valle Zignago (VE) il giorno 30 (F. Piccolo).

Cigni minori (Cygnus columbianus bewickii). I tre adulti presenti lungo il Po’ alessandrino costituiscono la 5° segnalazione per il Piemonte. Ph. Gianni Conca 71


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Linosa e Lampedusa Un capitolo a parte meritano le rarità osservate alle isole Pelagie (AG) dal 22 ottobre all’11 novembre. Nutrito il team dei birders che si sono avvicendati: A. Corso, D. De Rosa, M. Giraldi, O. Janni, I. Maiorano, L. Maniscalco, M. Viganò. Per quanto riguarda le specie “regolari” (per quei luoghi, ovviamente) sono stati contati in totale almeno 23 individui di Pigliamosche peirosso e 7 indd. di Luì forestiero. Per il resto, a Linosa, il 22 oobre viene osservato uno Zigolo minore (Emberiza pusilla). Il 30 oobre un Prispolone indiano, sesta segnalazione italiana, a pochi giorni di distanza, si noti, da quella di Pian di Spagna (CO-SO). Il 5 novembre un Codazzurro, seconda osservazione per l’isola dopo quella dell’oobre 2007. Sempre il giorno 5 viene osservata una probabile Bigiarella minore (Sylvia minula). Il 6 novembre una Monachella del deserto (Oenanthe deserti). Infine, il 7 novembre, l’osservazione più interessante: una probabile Tortora orientale (Streptopelia orientalis). Se confermata si traerebbe della seconda osservazione per l’Italia a più di 100 anni dall’unica segnalazione ritenuta valida (provincia di Verona, 1901). Per Lampedusa, va citata il giorno 2 novembre un’Averla del deserto (Lanius meridionalis algeriensis).

Prispolone indiano (Anthus hodgsoni). Ph. Michele Viganò Codazzurro (Tarsiger cyanurus), imaturo al 1°inv. Ph. Michele Viganò 73


di Davide Ferretti

dall’Asia Rarità: un Corriere

e ola testa arrotondata, zampe cort diagnostici della specie sono: picc tteri cara I s). golu mon ius radr Corriere mongolo (Cha Ph. Davide Ferretti e tozzo becco con punta “bulbosa”.

Da tempo pensavo che l’unico luogo della costa abruzzese dove poter trovare limicoli da fotografare fosse il porto di Pescara, ma ero sempre stato indeciso sul da farsi. Questo luogo era sempre stato avaro di soddisfazioni fotografiche: anche i confidenti Piovanelli pancianera (Calidris alpina) qui avevano una notevole distanza di fuga. Però ero ormai stanco di lasciar passare i bellissimi giorni d’agosto senza fare una foto e senza vedere nulla. Perciò il 23 agosto mi sono armato di pazienza e di un’abbondante scorta d’acqua e mi sono diretto verso la città dannunziana. Arrivato sul posto i versi di alcuni limicoli, che si mescolavano ai richiami dei gabbiani, confermarono la giusta intuizione: sulla riva fangosa c’erano Fratini (Charadrius alexandrinus), Piovanelli comuni (C. ferruginea), Gambecchi comuni (C. minutus), Corrieri

grossi (C. hiaticula), un Corriere piccolo (C. dubius), un bellissimo Voltapietre (Arenaria interpres) e un insolito limicolo dagli occhi grandi. Nella mia poca esperienza non avevo idea di cosa fosse: dall’aspetto pensavo a una qualche specie di piviere che non avevo mai visto, ma non capivo bene cosa fosse. Cercai subito di trovare il modo per scattare delle immagini. Scelto il posto che sembrava più adatto, posizionai il telo mimetico iniziando, con malcelato disinganno, ad aspettare che qualcosa si avvicinasse. I limicoli erano molto diffidenti e l’unico che si muoveva nella mia direzione era il Voltapietre; il lento scorrere del tempo dell’attesa era scandito dal suo continuo e ciondolante camminare sulla riva. Osservavo il suo andare e venire, sperando che ogni volta si avvicinasse un po’ di più, ma, come se arrivasse davanti a un muro invisibile, 74


Corriere mongolo (Charadrius mongolus). L’aspetto scomposto e “sfilacciato” è dovuto soprattutto allo stato di forte abrasione in cui versano penne e piume. Ph. Davide Ferretti

faceva dietro front, costantemente nello stesso punto e sempre troppo lontano. Lo sconforto iniziava a farsi pesante. La monotonia del pomeriggio venne interrotta dall’improvviso schiamazzo di una rissa tra i Corrieri grossi in un punto imprecisato alla mia destra. Un rapido battere d’ali attraversò il mio ristretto campo visivo e laggiù, proprio davanti a me, si fermarono lo strano “piviere” e un Corriere grosso, il quale decise all’istante che quello era il suo territorio. Il litigio che ne seguì arrivò provvidenziale in mio aiuto e mi diede la possibilità di scattare qualche immagine in grado di aggiungere informazioni preziose per l’identificazione del soggetto. Infatti, in un attimo di lucidità, pensai di ritrarre lo strano uccello sia vicino al corriere, così da documentarne le dimensioni, sia ad ali alzate, cercando di immortalare eventuali caratte-

ristiche del sottoala. Giusto in tempo. Il corriere, vinto il duello, costrinse l’avversario ad allontanarsi. Il piviere, dopo essersi guardato intorno, inaspettatamente iniziò a fare qualche passo verso di me. Sembrava incuriosito dalla mia informe presenza. Non potevo crederci: aveva oltrepassato il muro invisibile! Mentre si avvicinava fissandomi con sospetto, contavo i passi che lo separavano da una distanza fotografica accettabile. Più si avvicinava e più lo vedevo bene; più lo vedevo bene e più non capivo cosa fosse. Non potevo che andare per esclusione: sicuramente non era né una Pivieressa (Pluvialis squatarola) né un Piviere dorato (P. apricaria); a parte le dimensioni, che dal mirino della macchina fotografica vedo spesso falsate, non combaciavano quel piumaggio uniforme e quei colori. Iniziava ad affacciarsi l’idea che fosse una specie inconsueta.


Corriere mongolo (Charadrius mongolus). Questa specie condivide alcuni caratteri strutturali (corpo compatto, collo corto, testa tonda, ecc.) con il Corriere grosso. Ph. Davide Ferretti

Dopo avermi regalato poche immagini accettabili decise di aver curiosato abbastanza e si girò per tornare indietro. Sulla sua strada c’era ad attenderlo il battagliero Corriere grosso, così il piviere volò lontano, verso i piovanelli che si riposavano tranquilli. Intanto il sole si era nascosto dietro le nuvole che abbracciavano le montagne, perciò, rimessa a posto l’attrezzatura, tornai alla vettura stanco e indolenzito. Durante il viaggio verso casa la mia mente si arrovellava sulla possibile identità dello strano uccello. Una volta arrivato consultai subito le guide, ma la confusione aumentava. Sinceramente non ero in grado di identificarlo per cui mi rassegnai ad attendere l’incontro con gli amici Eliseo Strinella e Adriano De Faveri. Da loro avrei sicuramente ottenuto risposte e delucidazioni. Infatti, quando mostrai loro l’immagine sul monitor della fotocamera, si accorsero subito che si trattava di una rarità e Adriano, dopo l’entusiasmo iniziale arrivò a dare

un nome quasi definitivo al mio “piviere”. La scelta si restringeva, infatti, a due specie: il Corriere di Leschenault (C. leschenaultii) o, più probabilmente, il Corriere mongolo (C. mongolus), come si è effettivamente accertato in seguito. Solo una volta tornato dalle vacanze compresi fino in fondo cosa avevo visto. Non avevo mai nemmeno osato sognare un incontro del genere: una specie mai avvistata in Italia e per giunta segnalata nel mio Abruzzo! Stentavo a crederci, e ancora oggi lo trovo incredibile!

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Corriere mongolo (Charadrius mongolus). In questo scatto si apprezzano le dimensioni, che sono leggermente superiori a quelle del Corriere grosso. Ph. Davide Ferretti

Il Corriere mongolo (Charadrius mongolus) è un limicolo asiatico con diverse soospecie che vengono suddivise in due gruppi principali (i quali potrebbero essere in futuro separati in due specie differenti): il gruppo di mongolus che nidifica nell’est Siberia e sverna da Taiwan all’Australia e il gruppo di atrifrons che nidifica in Himalaya e Tibet e sverna dalla Tailandia al Sud Africa. A quest’ultimo gruppo, caraerizzato dalla fronte nera in piumaggio riproduivo, appartiene la ssp. pamirensis, l’unica che sverna nel Paleartico Occidentale (Golfo Persico e Mar Rosso). Nel periodo riproduivo frequenta ambienti montani, altopiani steppici, ma anche dune sabbiose e coste cioolose; sverna sulle coste fangose. La somiglianza con il Corriere di Leschenault (C. leschenaultii) ne rende problematica l’identificazione, soprauo in abito non riproduivo; tuo ciò è ulteriormente complicato dalle differenze presenti nelle rispeive soospecie, per cui alcuni caraeri non sono discriminanti di per sé e occorre valutare con aenzione le varie caraeristiche nel loro complesso. Rispeo a C. leschenaultii le dimensioni sono leggermente minori, ma questo caraere si riesce ad apprezzare con difficoltà; le zampe sono più corte e in volo non sporgono dalla coda; il becco è più corto, con la punta “bulbosa”; la testa risulta, infine, più arrotondata. Si traa della prima segnalazione italiana e va pertanto sooposta al parere della Commissione Ornitologica Italiana (COI). 77


ru dell’Est Rarità: la piccola G

di Santino Di Carlo

Domenica 7 novembre 2010 ero dai miei suoceri a Roma quando sulla lista di EBN Italia leggo il messaggio di Lorenzo Nottari che annuncia: "Damigella della Numidia alle vasche di Maccarese". In pratica veniva segnalata una mega rarità quasi sotto casa mia! Navigando su Internet scopro che i francesi della LPO segnalano un'altra Damigella in Francia. Lunedì mattina mi precipito a Maccarese per cercarla ma le condizioni meteo non sono delle migliori dato che in questo periodo piove spesso. Ma al diavolo la pioggia, devo trovarla! Alle vasche vedo di tutto ma non la Damigella. Visito, allora, la lunghissima via dei Collettori che percorro in auto molto lentamente ma, a causa della foschia e della pioggia incessante, la visibilità non è delle migliori. E la ricerca rimane senza esito. Cosa fare in questi casi? Contatto Riccardo Molajoli e Roberto Gildi, di solito bene informati su ciò che vola nei cieli laziali, ed entrambi mi indicano “... il campo arato vicino al campo di calcio di Maccarese". Mentre preparo il cannocchiale per un'osservazione più accurata che buchi anche la foschia, arriva un'auto che si ferma vicino. Si tratta dell’amico Giampaolo Ciccotosto con la moglie Valentina, in zona per lo stesso motivo. Saluti e breve conciliabolo. Anche Giampaolo conferma che la zona è quella giusta e infatti, poco dopo, troviamo il gruppo delle Gru (Grus grus) ma sono lontane e con il collo chinato per alimentarsi. Riprende a piovere e noi, imperterriti e decisi a vedere l’illustre ospite alato, continuiamo a cercare ed esaminare ogni collo e ogni testa che ogni tanto emergono dai profondi solchi dell'aratura per cercare l’estesa pettorina nera che distingue la specie... aspettiamo e speriamo. Verso le 12.00, complice l’aumentata visibilità, vediamo bene

tutto il gruppo, che è composto da 6 Gru (3 adulti e 3 giovani) e finalmente vediamo lei, la sospirata Damigella della Numidia (Anthropoides virgo), che paragonata alle Gru è quasi la metà, tanto che quando si trova nei solchi del terreno scompare dalla vista quasi totalmente. Ma che eleganza! Rimaniamo estasiati a rimirarla e discutere sui segni identificativi della specie (vediamo degli accenni di ciuffetti bianchi verso la nuca che ci fanno pensare a un individuo del primo anno). Per la cronaca si tratta della seconda osservazione per il Lazio. Da quel giorno le mie visite si sono susseguite pressoché quotidianamente, sia per il piacere di osservarla sia per controllare che tutto andasse liscio, tanto che qualcuno mi ha bonariamente soprannominato “Custode della Damigella”. In questo periodo ho osservato che il gruppo si teneva sempre a una distanza di sicurezza di non meno di 350/400 metri. Il 24 novembre le Gru passano da 6 ad 8 individui (4 adulti + 4 giovani). Dal giorno 25 in poi ho osservato più volte la Damigella in voli solitari alti e circolari (come i Nibbi bruni prima di partire) e questo mi ha indotto ad avvisare tutti gli interessati che la sua partenza era ormai prossima. Il momento buono è arrivato la mattina del 4 dicembre quando la brava Angela Rositi ha visto dalla finestra di casa sua (Maccarese) il piccolo stormo di Gru in volo battuto verso Sud. Durante questo eccezionale evento ho avuto il piacere di accompagnare e dare indicazioni per l’osservazione a birders arrivati da ogni parte d’Italia e ciò mi ha consentito di rivedere molti amici e conoscere volti nuovi, prima noti solo per e-mail. Chissà se e quando avremo nuovamente il piacere di osservare insieme questa bellissima Damigella…

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Damigella della Numidia (Anthropoides virgo), immaturo al primo inverno. La giovane età si evince dal disegno contrastato della testa, con barre scure su sfondo pallido: Ph Clotilde Tomei

o ci ricorda modo all’auale Algeria. Quest sso gro a dev pon ris cor idia Num ava nel nord delIn epoca romana la regione della idia (Anthropoides virgo) nidific Num la del lla ige Dam la 0, ‘90 del areale che, fino ai primi decenni della Spagna. Aualmente il suo sud nel e ent rm ola reg va rna sve a, e Russia, Kazakistan l’Africa, dove oggi risulta estint zione e si è ristreo a Ucraina, tra con te for in è le nta ide occ o una lunga riproduivo nel Paleartic il resto del mondo si estende per a ard rigu nto qua Per ). pie cop me considerate stabili. e alla Turchia orientale (pochissi caso, diverse popolazioni sono sto que in e, le tra cen ia l’As a periodo rifascia che araversa tu in Africa a sud del Sahara. Nel e an ist Pak ia, Ind in rna sve , rice dolce, ma si adaa La specie è monotipica. Migrat le vicinanze disponibilità di acqua nel o ian abb che ppe ste e ie ter produivo frequenta pra metà del ‘800, anche anche a estese piane coltivate. ante a Lampedusa (AG) fino alla ific nid e com ata ort rip è alia ziata la Per quanto riguarda l’It . A favore di ciò va anche eviden izie not i tal di ità ibil end l’a sul cordi ta accidentale, con 8 se non tui gli autori sono con uceva. Aualmente è considera rod rip si po, tem l que a e, dov , fermare. vicinanza con la Tunisia te omologate o risultano da con sta o son non oni azi erv oss une volo alla bonifica di segnalazioni ritenute valide. Alc tiva a un individuo osservato in rela lla que o am rdi rico e ent rec Come segnalazione più g list di EBN Italia. aglierini) e riportata sulla mailin Qu (A. 08 /20 /04 12 a dat in ) Vecchiano (PI

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di Marco Casati

ottobre Rarità: sorprese di

Prispolone indiano (Anthus hodgsoni). Il dorso verdastro non striato, le parti inferiori molto ocra e la macchia bianca sulle guancie sono caratteri diagnostici. Ph. MarcoCasati

Quando pratico il birdwatching in ottobre, dato il periodo propizio, il mio pensiero fisso sono gli uccelli rari. Però, fino alla mattina del 23 ottobre, per i diversi impegni e a causa del maltempo che nel Nord Italia ha colpito praticamente ogni fine settimana, non avevo ancora avuto la possibilità di uscire sul campo. La meta, decisa all’ultimo momento, è la Riserva di Pian di Spagna (divisa tra le province di Como e Sondrio, nell’Alto Lario), così “anche se non vedo niente (come al solito...), almeno mi godo un bel paesaggio”. Mi sveglio alle 7 e alle 8.40 sono sul posto e percorro il sentiero che costeggia il fiume Adda, perlustrando col binocolo i campi e, soprattutto, gli alberelli che contornano il lato destro del fiume. Si capisce subito che è pieno di uccelli in movimento: osservo voli continui di fringillidi (so-

prattutto Fringuelli, Fringilla coelebs), allodole, tordi e uno Smeriglio (Falco columbarius) che sfreccia nei paraggi. In un cespuglio a 2 metri vedo una strana cannaiola che non riesco a identificare e che mi scompare da sotto il naso (e sì che speravo in un accidentale). Verso le 10 e mezza, in un momento di stanca, vengo raggiunto da un gruppo di una trentina di passeriformi che si posano sugli alberi vicini: è un bellissimo spettacolo perché noto tante specie diverse; tra queste scorgo un “Prispolone”, che si posa su un ramo sporgente. Lo guardo pensando che sia uno dei soliti che vedo a Pian di Spagna in primavera. Siccome sarebbe tardivo e potrebbero esserci Pispole (Anthus pratensis) lo guardo bene: “....sopracciglio evidente, con parte davanti all’occhio color albicocca, bordino nero sopra di esso, macchia bianca ai lati del80


ntale, nidifica solo atica che, nel Paleartico occide asi cie spe una è ni) gso hod s Il Prispolone indiano (Anthu Siberia e si spinge fino alla dagli Urali, infai, è presente in do ten Par e. tal ien dor nor ne te più a in una piccola porzio is). La forma nominale è presen ens nan yun e eci osp so la n ne (co Sud orientaKamchatka e al Nord del Giappo ne. Migratore, sverna nell’Asia ppo Gia del le tra cen te par la Sud, nella Cina meridionale e nel ridionale e all’Indonesia. e vertice del capo) tenle, dall’India fino al Giappone me per le parti superiori (mantello gue tin dis si s), iali triv (A. e lon (ma è neSpecie affine al Prispo o con striatura quasi assente e, iat str no me is, ens nan yun o in denti al verde oliva e, soprau ilità individuale). iab nella parte posteriocessario fare aenzione alla var ciglio lungo ed evidente, bianco rac sop o: cap sul te sen pre o re nero, non visibile in Più diagnostico il disegn ciglio ha un soile bordo superio rac sop il ltre ino ; nte fro la so seguire e di colore fulvo ver ciglio, è presente un punto bianco rac sop del le fina te par la o e, so A. trivialis. Nella zona auricolar “macchiea” nera. una nalazione italiana. to immediatamente soo da obre di quest’anno è la quinta seg o 23 il ) -SO (CO a agn Sp di n L’individuo osservato a Pia embre 2002, dopo di che rto in provincia di Lecce nel dic mo uto ven rin uo ivid ind un a e: oobre La prima si riferisce nelle isole Ponziane (Ventoten i lat nel ina ui ivid ind a rite e rife ervazione per vi sono tre segnalazioni, tu ). Da soolineare che la sesta oss 09 20 e obr o : ene tot Ven , alii). 2006, Zannone: maggio 2009 a Linosa (O. Janni, D. De Rosa et e) obr o (30 rni gio hi poc o sol l’Italia è avvenuta dopo

le auricolari con tacca scura, barre alari evidenti e beige… sì, non è una Pispola, quindi è un Prispolone....”. Fortunatamente scatto qualche foto e poi proseguo sul sentiero, avvicinandolo senza volerlo a breve distanza; tento di fare un’altra foto, inquadro ma, improvvisamente, non lo ritrovo nel mirino: si è involato. Un’ora e mezza dopo da tutt’altra parte vedo col binocolo un altro Anthus sp., che disgraziatamente sottovaluto poiché “....tanto sarà un Prispolone, uguale a quello di prima”. La sera scarico le immagini sul computer, tra le quali spicca l’unica foto che non ho cancellato sul campo dell’Anthus; la guardo con sufficienza e la cestino subito: è mossa. Subito dopo scrivo il report della mattinata da inviare alla mailing-list, nel quale cito la presenza di un Prispolone (A. trivialis). In risposta ricevo un messaggio privato da un iscritto che solleva dei dubbi su quest’ultimo. E’ in questo momento che si accende una lampadina: consulto il libro di Brichetti-Fracasso “Ornitologia italiana” e mi viene, come

direbbe Fantozzi, “un leggero sospetto”. Accendo di nuovo il computer, recupero dal cestino la foto e subito mi accorgo dell’errore compiuto sul campo, notando altre caratteristiche evidenti e realizzando ciò che in realtà ho visto: si tratta di un Prispolone indiano (A. hodgsoni), quinta segnalazione per l’Italia e prima per la Lombardia! Sul campo avevo focalizzato alcuni dei caratteri che dovevano portarmi alla corretta identificazione, solo che non avevo compreso la portata di quello che stavo osservando. Siccome ancora non oso crederci, invio la foto sul forum di EBN Italia e contatto il “guru” Andrea Corso, speranzoso di ricevere una conferma. In pochi minuti da lui e da altri utenti giunge la sentenza: dopo il Luì di Hume (Phylloscopus humei), presente in novembre/dicembre 2009 nel giardino del condominio di Monza dove abito, un altro spettacolare accidentale scovato vicino a casa, quando meno me lo sarei aspettato. Quando si dice un colpo di fortuna disceso dal cielo.... 81


di Matteo Barattieri

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ASSEMBLEA SOCIALE ANNUALE - VOGHERA, 12 FEBBRAIO 2011

gli zaini Tamrac. Interessanti le annotazioni sulla rivista e sul suo passaggio al cartaceo. Sono poco avvezzo ad argomenti promozionali e affini, ma anche un’associazione deve tenere in considerazione l’impatto che un prodotto quale la rivista può avere su potenziali iscritti. Il socio gradisce ricevere qualcosa di tangibile, tant’è che, dopo un anno e mezzo di rivista, l’incremento di soci è del 45%. Ruggieri conclude accennando ai progetti più importanti in corso: la nuova lista del Paleartico, l’atlante nazionale e appunto, i nodi. Un uomo, un tassonomista La lista delle specie del Paleartico occidentale, recentemente compilata da Gianluigi Castelli e Igor Festari, merita adeguata presentazione: a parlarcene è lo stesso Igor. Buttata via la vecchia lista – “non l’abbiamo nemmeno guardata”, spiega il relatore –, i compilatori hanno preso una serie di riferimenti, tra digitale e cartaceo. Riferimento centrale è stata la “Gill e Donsker (Eds.), 2010. IOC World Bird Names (versione 2.7), disponibile al sito: http://www.worldbirdnames.org/ ". È la più importante al mondo, e i suoi estensori contano di arrivare all’edizione 3.0 entro la fine del 2011. Detto della base tassonomica, occorre dedicare una parte alle referenze bibliografiche per i nomi italiani. La CISO-COI è una delle basi utilizzate, insieme alla

L’editoriale L’introduzione spetta al Presidente. L’inizio è all’insegna del come eravamo. Qualche istantanea ripercorre i lustri fin qui trascorsi; il primo raduno del 1998, le prime escursioni: tutti insieme a scoprire angoli della penisola fin lì poco o punto noti. I contenuti dell’intervento hanno taglio istituzionale; il tono meno, a tradire un velo di appassionato coinvolgimento. EBN è da sempre “scoperta”. EBN è “condivisione”. EBN è “immediatezza delle osservazioni”. Ci interessano però le notizie e le novità. In primo luogo, al sito web (www.ebnitalia.it/) verrà data a breve una nuova veste a cura di Aldersoft. A parte la resa grafica, le pagine conterranno interessanti nuove. In sintesi, si tratta di mantenere tutti i contenuti attuali e di implementare nuove funzioni, quali ad esempio la mappa interattiva basata su Google Maps. L’elenco delle sottosezioni avrà un capitolo dedicato ai nodi, che sarà interattivo in quanto utenti registrati, a livello locale, potranno inserire documenti, foto e apportare miglioramenti. Una sezione sarà dedicata ai materiali, alle ottiche, gioia e dolore del popolo di EBN. Tramite la nuova sponsorizzazione con Polyphoto, nella nuova lista dei desideri dell’appassionato entreranno i nuovi registratori audio digitali, le macchine fotografiche per fare digiscoping, Olympus, le ottiche Leica, 82


Violani e Barbagli (2006), che purtroppo si ferma ai Piciformi, e alla Massa, Bottoni e Violani (2000). Processo eternamente in fieri la tassonomia, dichiara il Festari. Come tutto ciò che è scienza, e come tutto ciò che compone l’intero universo. Occorrono alcune puntualizzazioni. Il lavoro va visto come un tentativo di mettere ordine in questo campo, e non vuole porsi in polemica con la CISOCOI. Anzi, ha valore di contributo, fatto con rigore scientifico, ancorché con uno spirito che il nostro relatore non stenta a definire “ludico”. Un contributo per aiutare un aggiornamento da portare avanti nel nostro Paese. Il risultato parla di 1040 specie per il Paleartico occidentale, e, udite, udite, 206 sottospecie. Queste ultime sono davvero tante. “...e potrebbero essere di più..”, puntualizza Igor, che adora separare nuovi taxa. I nomi delle sottospecie indicate da Castelli e Festari vanno presi come suggerimenti. Nel caso si debba scrivere un articolo, si potrà parlare, ad esempio, di astore sardo o di forma insulare di astore. Il Progetto Atlante nazionale Eh, sì. Ci volevano gli svizzeri. L’argomento è la piattaforma Ornitho.it , prodotto elvetico come neanche orologi e cioccolato. A parlarcene è l’immancabile Roberto Lardelli, con il consueto stile garbato e accattivante. Inizialmente contenitore di dati realizzato in Svizzera per la Svizzera (era il 2003), nel 2007 viene allargato alla vicina Francia e successivamente a Catalogna e Austria. La banca dati sbarca nel 2009 nel nostro Paese. A dispetto dell’Italia dei campanili e delle mille parrocchiette, Ornitho diventa la piattaforma condivisa per EBN Italia e per le maggiori associazioni nazionali, e per molti (se non tutti) gruppi ornitologici regionali o locali. E la raccolta dati è poderosa: un milione in soli 23 mesi. Un successo che ha stimolato a far partire l’ambizioso atlante nazionale. Certo, c’è ancora molto da fare, in un Paese dalla morfologia tormentata e, in molte zone, infelice. Di più: esistono lande cui fa difetto un numero passabile di rilevatori. Ma a poco a poco, confida il Lardelli, e con lui il prof. Bogliani, le cose vanno incrementandosi, anche in territori da sempre poco fertili in termini non già di specie da vedere ma di soggetti disponibili ad andarle a cercare. Tornando al Bel Paese, giocoforza si è imposto l’utilizzo di Google Earth, di fronte alle difficoltà nel comparare le varie carte regionali, basate su reticoli differenti. Sistemare il reparto cartografico si è rivelato impresa titanica. Difficoltà informatiche? Discussioni

sulla resa grafica finale? Nossignori: i nostri hanno dovuto spendere tempo anche per passare i vari comuni e verificarne la provincia di appartenenza. A breve ci saranno delle novità. Un aggiornamento darà delle disposizioni per i rilevamenti dei nidificanti. Saranno indicate 121 specie da considerarsi come prioritarie. A miglioramento e a raffinamento delle operazioni, saranno individuate delle celle 1x1 km da studiare a fondo, sulla base di alcuni caratteri: distribuzione delle altitudini, tipologie ambientali presenti, etc. A breve saranno inserite carte con la distribuzione di varie specie. Ciò potrà servire a dare impulso a ulteriori indagini, qualora si evidenziasse che in qualche particella una specie comune non è stata censita. I dati via via caricati permettono una serie di verifiche da parte degli oltre 60 validatori. Ornitho, nelle intenzioni dei creatori, non vuole entrare in conflitto con realtà regionali o associative. Tutt’altro: gruppi locali – o nazionali, va da sé – potranno disporre, su richiesta al Gruppo di conduzione, dei dati. Anche chi è ornitologo di professione non deve temere; in questi contesti, non conta solo avere, e raccogliere, dati, ma saperli maneggiare e interpretare correttamente. Una rete europea unificata è lo scenario futuro. Dopo aver valutato piattaforme differenti, anche i tedeschi hanno optato per la banca dati svizzera. L’obiettivo a breve è di creare un corpus di dati che coinvolga un’area che dal Baltico arriva fino al Canale di Sicilia. L’angolo dell’esperto Non poteva mancare l’angolo dell’esperto. Approfondiamo qualche metodo per caricare i dati più rapidamente. È la volta di Diego Rubolini. Per una navigazione più rapida è consigliabile utilizzare come browser Google Chrome. In secondo luogo, la personalizzazione della propria pagina, attuabile individualmente, può far risparmiare tempo. Conviene muoversi sull’interfaccia che fa apparire le immagini di Google Earth. In questo modo sarà più immediato andare a individuare il punto che ci interessa e inserire il dato. Nella sezione “statistiche degli utenti” è possibile conoscere il numero di specie segnalato e il numero di dati inseriti nel sistema e la propria posizione in una classifica non competitiva. Il prof. Bogliani invita tutti a caricare con la massima precisione la localizzazione dei dati, per le innegabili ricadute a livello conservazionistico e nel campo della tutela del nostro sempre più minacciato Paese. 83


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LE CESINE, IN PUGLIA, VINCE IL PREMIO “VOTA L’OASI PIÙ BELLA PER FARE BIRDWATCHING“ 2010 Le Cesine, prima area protetta in Puglia dal WWF, è stata eletta come “Oasi più bella per fare birdwatching” per il 2010. L’oasi è stata strappata alla speculazione edilizia fin dal 1979 e si estende su di una superficie di 380 ettari, comprendendo l’ultimo tratto superstite della vasta zona paludosa che nel passato si estendeva da Brindisi sino a Otranto. Il paesaggio è costituito da un alternarsi di dune, aree palustri, canali di bonifica, bosco misto e macchia mediterranea. L’oasi di per sé è un vero e proprio scrigno di biodiversità per fauna e flora, unico in Italia. Oltre 200 specie di uccelli popolano i diversi ambienti della Riserva nei diversi periodi dell'anno, poiché l’area si trova proprio lungo una delle principali rotte migratorie che attraversano la penisola. Durante l’inverno, l’Oasi ospita migliaia di anatre, principalmente Alzavole, Fischioni, Canapiglie e Mestoloni. Durante le migrazioni sono comuni l’Albanella minore, l’Albanella pallida, il Grillaio e il Falco cuculo. Nell’Oasi nidifica il Fistione turco e l’ambiente dunale offre asilo al

Fratino e al Fraticello. Nel canneto nidifica inoltre il Vescovo dorato, specie esotica, qui acclimatata. Presenze meno comuni sono rappresentate dall’Aquila minore e dal Falco pescatore. Alcuni commenti dei votanti: "Le Cesine, per l'accoglienza, la professionalità del personale e per la qualità delle attrezzature nonchè per la suggestività dei luoghi". "Le Cesine, Lecce, per la dedizione con cui il WWF riesce a mantenere integre le peculiarità territoriali". ”Le Cesine, Lecce. Scrigno di biodiversità per flora e fauna unico in Italia". "Le Cesine. Per la varietà di ambienti raccolti in un fazzoletto di terra, per la capacità di resistere alla stupidità degli amministratori locali, per la preparazione e la perseveranza del Direttore e dei suoi collaboratori. Perché quello che ci offre, ed è tanto, è ancora nulla in confronto alle sue potenzialità. E' un voto per il futuro".

Ph. Gigi De Carlo 84


e di Casalbeltrame, a Naturale Speciale Palud erv Ris a all , ne rdi ll’o ne e, alla Le Cesine succed gionale Isola della Cona, Re e ral tu Na a erv Ris a all coli, i edizioni. all’Oasi LIPU di Massaciuc vincitrici delle precedent , llo rga Ga o iol Pr di e lin Riserva naturale LIPU Sa 2010 sono : bella per il birdwatching più i as l’O e sin Ce Le di I criteri che fanno ✮✮✮) ricchezza di avifauna (✮ 1) Offre grande varietà e ta ecologico (✮✮✮✮) portanti dal punto di vis im ne zo o at bit ha ge eg auna (✮✮✮✮) 2) Prot per l'osservazione dell'avif tà ali qu di ne zio rva se os 3) Offre struure di ✮✮) tifica e didaica (✮✮✮ 4) Promuove aività scien in tempo reale delle lista con aggiornamenti lia Ita N EB su a at nt se 5) É rappre anti (✮✮) osservazioni più interess enuto (✮✮✮) 6) Il birdwatcher è il benv

Santino Di Carlo è BIRDER OF THE YEAR Il Consiglio direttivo dell'associazione proclama per il 2010 Santino Di Carlo BIRDER OF THE YEAR !

Ph. Martco Basso

Romano, classe 1948, socio da sempre di EBN Italia, la sua presenza in lista è praticamente quotidiana, tanto che la località dove risiede, Anguillara Sabazia, è un toponimo conosciuto ormai da tutti. Il suo giocoso "Hasta la vista!" è diventato quasi un motto, e "condimeteo" un neologismo da copiare. Santino partecipa attivamente all'organizzazione della lista, tanto da diventare custode preciso della tempistica del Birding Contest. Si è sempre dimostrato persona gentile e ospitale: in occasione della presenza della Damigella di Numidia è stato un punto di riferimento preciso per tutti i birders forestieri che si sono avvicendati in quel di Maccarese durante il periodo di presenza di questa rarità. A lui come persona, alla sua costanza ed entusiasmo, siamo tutti grati!

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leartico La Check List del Pa Vista la recente presentazione della nuova check list degli Uccelli per la regione Paleartico occidentale da parte di EBN Italia, si è deciso di utilizzare la suddea come lista di riferimento per la tassonomia e la nomenclatura utilizzate dalla rivista "Quaderni di Birdwatching", partendo dal presente numero. Per chiunque lo desideri, la lista è scaricabile integralmente all'indirizzo web: hp://www.ebnitalia.it/files/Check_List_PalearticoEBN2011.pdf

CALENDARIO INIZIATIVE EBN ITALIA: PRIMO SEMESTRE 13 marzo Biancone day. Classico appuntamento, ormai al suo undicesimo anno, per salutare l’arrivo dei Bianconi dall’Africa. A cura della LIPU di Genova. Info: http://www.lipugenova.org/easyNews/NewsLeggi.asp?NewsID=100 19 marzo Notte della civetta. Con cadenza biennale, un’esperienza aperta a tutti, alla ricerca dei rapaci notturni assieme al Gruppo Italiano Civette (GIC). 20 marzo Pulizia a Bocca di Serchio. Il Comune di Vecchiano dispone per l’annuale pulizia della spiaggia del Serchio. 18-23 aprile Censimento nazionale della Gallina prataiola. Ne abbiamo parlato nell’ultimo numero della rivista: in collaborazione con Skua, si va a cercare le ultime Galline prataiole in Puglia e a contare quelle sarde. 30 aprile-1 maggio: 24 ore. Il Big Day all’inseguimento del record nazionale dei Frullini Furlani, che regge da quasi un decennio! 2-5 giugno - Meeting nazionale in Basilicata, Piccole Dolomiti Lucane. Quest’anno il meeting si terrà in Lucania per osservare le specie tipiche degli ambienti xerotermici e boschivi di questa Regione, come Zigolo capinero, Cicogna nera, Picchio rosso mezzano e Ghiandaia marina.

ERRATA/Corrige L'articolo a pagina 51 sul "Riconoscimento dei Cormorani" di QB2 non è a firma di Giorgio Paesani ma di Stefano Benucci. Ci scusiamo con l'autore.

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nno 2011 Associazione per l’a

EBN Italia

Essere socio per il 2011 ti riserverà sconti sui prodoi

La qu ota sociale per il 2011 è di di 2 5,00

€;

per i soci sostenitori, per enti, associazioni e bibl ioteche di 50 ,00

€.

ATTENZIONE: NUOVE COORDINATE BANCARIE! Il pagamento può avvenire: con bollettino di c/c postale n. 2947128 intestato ad associazione EBN Italia; con bonifico bancario sullo stesso conto, IBAN IT79 H076 0101 0000 0000 2947 128 Abbonamenti all'estero (UE e Svizzera) quota sociale 30

BIC/SWIFT: BPPIITRRXXX indicando come causale:"Quota sociale associazione EBN Italia 2011". EBN Italia -sede operativa- via Allende 3, 27100 Pavia. Speciale quota familiare (non riceve la rivista, ma un taccuino da campo) 5


BILANCIO CONSUNTIVO EBN ITALIA 2010 ENTRATE Avanzo esercizio 2009 Quote sociali Ricavi delle vendite e prestazioni

USCITE 4.686,07 12.959,56 675,44

Spese fiscali e istituzionali - Ritenute d'acconto

652,46

- Modello F 24 versamento IVA + imposte

312,46 402,92

Donazioni

5.395,00

- Registrazione statuto

Proventi da pubblicitĂ

4.000,00

Totale spese fiscali

1.367,84

Spese tenuta conto

389,93

Spese editoriali Spese cancelleria Spese postali Oneri per prestazioni professionali

2.774,47 764,00 39,59

Spese per iniziative sociali

450,00

Avanzo 27.716,07

358,22

Oneri diversi di gestione Totale uscite

Totale entrate

15.026,40

Totale a pareggio

88

21.170,45 6.545,62 27.716,07


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