QUADERNI DI BIRDWATCHING - n° 7, Anno 2012 - € 8,00 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. C/LT/10/2012”
QUADERNI DI BIRDWATCHING - marzo 2012
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ISLANDA PANTANI DELLA SICILIA POLLO SULTANO SAXICOLE
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arbagianni (Tyto alba) “parzialmente albino” fotografato nel Ferrarese il 17/10/2011 da Francesco Grazioli. In questo esemplare si nota la mancanza di pigmento scuro in alcune parti del piumaggio, soprattutto ali, dorso e testa. Al contrario, le piume periferiche del disco facciale, alcune copritrici scapolari e quasi tutte le remiganti sembrano colorate in modo consueto. Questo genere di aberrazione cromatica detta impropriamente albinismo, è un leucismo. Negli Uccelli, esistono due forme di melanina, la feomelanina e l’eumelanina. Un deficit genetico che interessi la distribuzione di questi pigmenti nelle penne determina alterazioni di colorazione del piumaggio, con parti più o meno chiare, come in questo caso, mentre la totale assenza dell’enzima tirosinasi, evento raro, determina un individuo albino, con occhi rossi e parti nude prive di colorazione. I veri albini hanno una ridotta fitness in Natura per difficoltà di visione, mentre quelli leucistici presentano una normale sopravvivenza.
EBN Italia
Anno XIV - numero 7, aprile 2012 Direttore responsabile Salvatore Grenci
In copertina: Pulcinella di mare (Fratercula arctica) Foto di Gianni Conca
Direttore editoriale Luciano Ruggieri Direttore scientifico Igor Festari Responsabile della fotografia Gianni Conca Redazione Silvio Bassi, Paolo Casoli, Andrea Nicoli, Ettore Rigamonti, Michele Viganò, Giorgio Paesani
EDITORIALE Il 2012 ? Un grande anno! . . . . . . . . . . . . . . . . . Mete del Birdwatching Islanda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I pantani della Sicilia orienale . . . . . . . . . . . . . Tassonomia La Pittima reale d’Islanda . . . . . . . . . . . . . . . . . Specie a rischio Bentornato Sultano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Identificazione Il genere Saxicola in Italia . . . . . . . . . . . . . . . . Rarità Un Falaropo alpino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Labbo coda lunga sul lago di Garda . . . . . . La rarità che non ti aspetti . . . . . . . . . . . . . . . . Specie Sulle ghiaie del Po . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Segnalazioni Italia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Paleartico e Malta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il ciclo BW L’amore per la natura su due ruote . . . . . . . Fotografia Su la testa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Associazione Festa dei nodi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Vasche di Maccarese . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Occhio alla Bonelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Progetto grafico, impaginazione e stampa Luigi Corsetti/Edizioni Belvedere Via Adige, 45 - 04100 Latina www.edizionibelvedere.it Hanno collaborato a questo numero Roberto Barezzani, Umberto Binari, Franco Borsi, Luca Bracci, Pierandrea Brichetti, Donatella Calvi, Carlo Cappuzzello, Gianluigi Castelli, Giovanni Catalani, Carla Chiappisi, Remo Ciuffardi, Santino Di Carlo, Valerio Di Carlo, Brendan Doe, Guglielmo Dossena, Giuseppe Fiorella, Virginio Fuser, Raymond Galea, Egle Gambino, Francesco Grazioli, Giulio Ielardi, Cristiano Izzo, Roberto Lerco, Roberto Macario, Paolo Marotto, Arnold Meijer, Riccardo Moneta, Simone Moscardini, Niranjan-Sant, Luciana Norfo, Giuseppe Passacantando, Massimo Piacentino, Francesca Scotti, Giacomo Sighele, Maurizio Sighele, Giuseppe Speranza, Emanuele Stival, Karol Tabarelli de Fatis, Antonello Turri La rivista è distribuita ai soci di ®
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Q B E ditoriale
Il 2012 ? Un grande anno !
Il calendario Maya non c’entra. Per rendere il 2012 un grande anno di birdwatching abbiamo lavorato sodo, pianificando tutti gli eventi in modo che si integrino al meglio tra loro. Innanzitutto parliamo del film “The Big Year”, che verrà distribuito nelle sale italiane a partire da giugno con il titolo “Un anno da leoni”, una commedia americana con attori di assoluto rilievo che parla di birdwatching e della sua esasperazione: la gara annuale. È il primo film che descrive esplicitamente le caratteristiche del birder del XXI secolo, quello che legge le notizie sul pager o sulle mailing list direttamente sul proprio Smartphone, che deve documentare le rarità che vede in digitale, che percorre migliaia di chilometri per quella determinata specie, che fa di tutto questo una competizione e una collezione. The Big Year è uno specchio del birdwatching esasperato, un pò schizzato e paranoico, ma anche divertente ed entusiasmante, che è entrato nelle case delle nostre famiglie, in questi anni di EBN Italia. Ma se il Big Year può scimmiottare comportamenti estremi che in Italia non sono all’ordine del giorno, il nostro 2012 sarà davvero un anno da leoni teso a ampliare le conoscenze sull’avifauna italiana. Un Big Year focalizzato a raccogliere dati per l’atlante italiano su Ornitho. Noi birders facciamo anche gare sì, ma per uno scopo ben preciso: quello di ottenere informazioni sulla distribuzione dell’avifauna italiana, ormai ferma all’ultimo atlante datato 1993. La gara “The Big Year - 12 mesi di assoluto birdwatching” ha ovviamente dei premi in natura, dei soggiorni in luoghi ameni e ricchi di uccelli. Ma non basta! Il 2012 è anche l’anno della Fiera del birdwatching e dell’attesissimo lancio della traduzione italiana dello Svensson, che tutti chiamano in gergo “la Collins”. Abbiamo invitato l’autore a partecipare a uno stage con noi in Fiera a Comacchio! Infine, dopo la pubblicazione di una nuova guida identificativa per il neofita dopo 10 anni dalla precedente, EBN Italia pubblicherà “Birdwatching Italy”, la guida ai 260 più importanti siti di birdwatching in Italia, segnalati direttamente dai suoi soci! Ve l’avevo detto che il 2012 sarà per il birdwatching un anno speciale. Appuntamenti 27-29 aprile Fiera del birdwatching a Comacchio. Invitato speciale è Lars Svensson. Leggi il programma della Fiera! 1 maggio Big Day - la 24 ore del birdwatching 1-3 giugno Meeting nazionale EBN Italia - Bosco del Cansiglio. Specie target: Pernice bianca, Gallo forcello, Re di quaglie, Picchio cenerino. Organizzatore Giuseppe Tormen 29 giugno Nelle sale cinematografiche “The Big Year” (Un anno da leoni)
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ISLANDA l’artico più spettacolare di Roberto Macario
■ Il Vatnajokull è una delle numerose cappe glaciali visibili durante il tour dell’Islanda; tutto il centro dell’isola, infatti, è ricoperto da ghiac ciai e nevai perenni (foto Gianni Conca).
L’Islanda non è altro che un enorme scoglio nel mezzo dell’O ceano Atlantico, ai limiti del Paleartico occidentale, battuto da forti venti e flagellato da pioggia e neve per buona parte dell’an no: allora cosa ci si va a fare? Ma birdwatching, naturalmente!
Làtrabjarg L’estrema punta occidentale europea a 350 km dalla Groenlandia è caratterizzata da una sco gliera lunga 14 km con un’altezza massima di 450 m. Ospita una delle colonie di uccelli marini più impressionanti del Paleartico Occidentale! Il birder deve venire qui non solo per lo spettaco lo costituito da milioni di uccelli ma anche per
osservare: Uria di Brünnich, Uria, anche forma dalle redini, Gazza marina, Gabbiano tridattilo, Fulmaro e il Pulcinella di mare. Làtrabjarg, infat ti, viene considerata il sito dove è più facile foto grafare quest’ultima specie. A luglio, nella stessa area, possono essere osservati maschi di Moretta arlecchino ancora in abito e l’Aquila di mare.
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ficanti) e Tordo sassello (Turdus iliacus), Tra gli uccelli marini vanno citati: Fulmaro (Fulmarus glacialis), Gabbia no glauco (Larus hyperboreus), e Gab biano tridattilo (Rissa tridactyla). Ster na codalunga (Sterna paradisaea), Ster corario maggiore (Stercorarius skua), Gazza marina (Alca torda), Uria (Uria aalge), Uria di Brünnich (U. lomvia), Uria nera (Cepphus grylle), Pulcinella di mare (Fratercula arctica). Un’isola che è un vero paradiso per il birdwatcher, anzi un’isola di uccel li. Infatti sono proprio gli uccelli, tra i vertebrati superiori, a dominare l’Islan da, in quanto sono presenti pochissime specie di mammiferi terrestri (soprattut to renne, introdotte dall’uomo, volpi ar tiche e roditori) e i predatori naturali so no presenti in numero ridotto (in alcune aree è stato introdotto il visone ameri cano, che causa enormi perdite alle co vate). Queste caratteristiche, associate a una bassa densità di popolazione, con ■ Famoso è il caso dell’inversione termica che interessa le coste islandesi: a causa del circuito intrapreso della calda corrente del Golfo, infatti, il clima della costa settentrionale risulta mediamente più mite rispetto a quello della costa meridionale, dov’è stata scattata questa fotografia. ■ Uria di Brunnich (Uria lomvia). Uno dei pochi siti di nidificazione regolare dell’Europa del nord è proprio l’Islanda, dove questa specie, oltretutto, è molto numerosa e facile da vedere.
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Islanda
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Islanda non ospita nessun en demismo particolare, ma vi si può osservare un vasto as sortimento di specie nordiche molto in teressanti per un birder italiano. Le spe cie imperdibili sono Girfalco (Falco rusticolus), Moretta arlecchino (Histrionicus histrionicus) e Quattrocchi d’Islan da (Bucephala islandica). Le ultime due sono presenti in Islanda come unica sta zione nel Paleartico occidentale, mentre il Girfalco è più facile da vedere qui che in altri luoghi del Grande Nord. L’interesse del birder italiano è spes so focalizzato nei confronti delle specie artiche e degli uccelli marini coloniali. In particolare, tra le prime, si possono osservare: Oca zamperosee (Anser brachyrhynchus), Strolaga maggiore (Gavia immer), Strolaga minore (G. stellata), Svasso cornuto (Podiceps auritus), Piovanello violetto (Calidris maritima), Falaropo beccosottile (P. lobatus) e il Falaropo beccolargo (Phalaropus fulicarius) (presente con poche coppie nidi
■ Le scogliere del promontorio di Latrabjarg impressionano non tanto per le dimensioni, in una paese ricco di coste rocciose come l’Islanda, quanto per il numero di uccelli marini che vi nidificano, il che è intuibile dalla tinta biancastra che la roccia assume a causa delle loro deiezioni (foto Gianni Conca).
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tribuiscono a creare un’area di quasi centomila chilometri quadrati che, sotto diversi aspetti, è uno degli ultimi lem bi di wilderness dell’Europa moderna. Basti pensare che nel 69% del territorio è assente la vegetazione, anche perché l’11% è occupato da ghiacciai e il 10% da campi di lava. Chi si aspetta una enorme biodiver sità, intesa come numero di specie, ri marrà forse deluso (meno di un centina io di specie nidificanti), perché la vera “forza” dell’isola è la biomassa alata: milioni di uccelli marini ne popolano le coste (per il Pulcinella di mare si sti mano da 2 a 3 milioni di coppie e per il Fulmaro da 1 a 2 milioni). Il territorio interno è quasi tutto occupato da deser to lavico e tundra artica, con scarsa vita animale. Un discorso a parte va fatto per la fauna marina: tra pesci e mammiferi ma rini non si riesce nemmeno a immagina re la ricchezza di vita presente lungo le coste e sui fondali oceanici. Il viaggio, effettuato in auto con par tenza da Torino, è durato 22 giorni, per un totale di 7.500 km (4.000 in Islanda
dei quali 1.500 di sterrati) con due lun ghe tratte in nave. Abbiamo effettuato una breve pausa in Germania, sul Wad densee, e una sosta di tre giorni e mez zo alle isole FaerØer. Queste tappe di avvicinamento, col senno di poi, ci so no state utili come preparazione all’im patto con i paesaggi estremi dell’artico. L’Islanda non è enorme (è lunga circa 450 km e larga 250), e ha un’unica stra da principale che ne percorre il periplo: la Ring Road 1. In alcuni tratti è ancora sterrata, però è l’unica opportunità per poter godere delle maggiori attrattive naturalistiche del Paese. Per semplicità esaminiamo ora le aree maggiormente interessanti per il birder. Va comunque sottolineato che ci sono angoli sperduti fuori da questo anello immaginario che valgono una vi sita. Soprattutto occorre comprendere che qui gli uccelli sono dovunque e che un incontro emozionante, addirittura in dimenticabile, è sempre dietro l’ango lo: Girfalchi e Pernici bianche (Lagopus mutus) si possono trovare anche all’ae roporto, appena atterrati. Immaginatevi il resto!
Fiordi dell’est Borgafjordur è un piccolo e grazio sissimo centro abitato tra i fiordi orien tali, una delle aree meno frequentate dai turisti che si concentrano a sud e a ovest della nazione. È noto ai birdwatchers per
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■ Fulmaro (Fulmarus glacialis). Pur nidificando spesso in compagnia di alcidi e gabbiani coloniali, questa specie appartiene all’ordine dei Procellariformi, risultando quindi strettamente imparentato con berte ed albatross, come si deduce anche dalla peculiare struttura del becco.
essere da anni il luogo dove estiva un maschio di Edredone di Steller (Somateria spectabilis) che vive in compagnia delle Morette arlecchino. Malgrado le indicazioni precise (anche sui pieghevo li turistici) e la presenza di un capanno posizionato di fronte al porto, non lo ve
■ Moretta arlecchino (Histrionicus histrionicus), coppia di adulti. Altra specialità islandese nidificante anche nel Canada artico; si tratta di un’anatra tuffatrice che vive quasi esclusivamente lungo i torrenti graciali e nei laghi ad essi collegati, ma che durante l’inverno preferisce le coste marine rocciose, dove si imbranca spesso con altri anatidi (ad esempio, con gli edredoni). ■ Pernice bianca (Lagopus mutus), maschio adulto. La sottospecie endemica islandorum è caratterizzata da una colorazione del piumaggio estivo piuttosto fredda e grigiastra, che ben si adatta al substrato lavico dell’isola.
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Lago Myvatn La tappa successiva è uno dei pezzi forti del viaggio. Nell’ambiente desolato
■ Strolaga minore (Gavia stellata). Specie comune in tutta la fascia artica, sia in Eurasia che in Nord America. Come tutte le strolaghe, pur frequentando il mare durante la migrazione e l’inverno, questa specie nidifica sui laghi della tundra e nelle paludi dell’interno.
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che si attraversa avvicinandosi al lago vi sono specchi d’acqua e paesaggi vulca nici con colate che risalgono a migliaia di anni fa che si alternano ad altre più recenti. Gli uccelli non sono numero si e, all’incrocio tra la Ring Road 1 e la Road 901, osserviamo diversi esempla ri di Oche zamperosee, già a coppie o in gruppetti di 6-8 esemplari; abbastanza confidenti, al contrario di quanto mi im maginavo. Arriviamo così nella regione del Myvatn,caratterizzata da crateri, fu marole, laghetti vulcanici e dall’omoni mo lago, il cui nome islandese significa “lago dei moscerini”. Vista la grande quantità di insetti presenti, per poter gi rare con relativa tranquillità sulle spon de del lago, si rivelano essenziali le re tine che ci siamo portati dall’Italia (che comunque sono in vendita nei supermer cati locali). Giunti in prossimità del Parco Nazio nale ci si apre una visione paradisiaca: centinaia di anatidi di specie differenti (ne nidificano ben 13) che si alimenta no e volano dovunque: Cigno selvatico (Cygnus cygnus), Canapiglia (Anas strepera), Fischione (A. penelope), Codone (A. acuta), Germano reale (A. platyrhynchos), Alzavola (A. crecca), ma soprat tutto Quattrocchi d’Islanda, Moretta gri gia (Aythya marila), Moretta (A. fuligula), Oca selvatica (A. anser), Smergo mi nore (Mergus serrator) e maggiore (M. merganser), Orchetto marino (Melanitta nigra) e Moretta codona (Clangula hyemalis).
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guardando nel prato di fronte, scorgo al cuni Pivieri dorati (Pluvialis apricaria) e Beccacce di mare (Haematopus ostralegus). Tutto questo in meno di un mi nuto fuori dall’auto.
■ In alto. Svasso cornuto (Podiceps auritus), adulto con pulcini. Si tratta dell’unica specie di svasso che nidifica in Islanda, la quale, di conseguenza, costituisce uno dei migliori siti per osservarla in abito riproduttivo in tutto il Paleartico occidentale. ■ Al centro. Oca zampe rosee (Anser brachyrhynchus), adulto con pulcino. Nel Paleartico occidentale, oltre che alle Svalbard, questa specie di oca artica nidifica solo in Islanda, dove risulta piuttosto comune e facile da osservare ovunque si trovi l’ambiente adatto. ■ In basso. Cigno selvatico (Cygnus cygnus), adulto con pulcino. Molte delle specie nidificanti in Islanda sono comuni anche altrove, ovunque vi siano ambienti a loro adatti, come in Scandinavia, Paesi Baltici e Scozia nel caso del Cigno selvatico.
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diamo; in compenso facciamo la cono scenza con le Morette arlecchino. L’e stuario del fiume che sfocia nella baia di Heradsfloj è impressionante. Mi accosto a uno stagno apparentemente privo di vita causando così l’involo di un Bec caccino (Gallinago gallinago) mentre poco più in là partono tre Sterne coda lunga che iniziano a mobbarmi. A po chi metri sento il verso di allarme di un Chiurlo piccolo (Numenius phaeopus) e,
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■ Strolaga maggiore (Gavia immer). Visto che gli esemplari nidificanti in Islanda sono molti meno di quelli regolarmente svernanti lungo le coste atlantiche dell’Europa occidentale, si ipotizza che molti di questi ultimi originino da più a ovest, ossia dalla Groenlandia e dal Canada artico.
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Myvatn Il famoso lago è una meta imprescindibile. Sono presenti migliaia di anatre, principalmen te Fischioni; il luogo è famoso per il Quattroc chi d’Islanda e per la Moretta arlecchino. L’area circostante il ponte sul torrente Laxa è il sito più favorevole per l’osservazione di quest’ultima.
Dopo il periodo riproduttivo (fine giugno) è più difficoltoso contattare i maschi, che si disperdono per l’intera isola. A Myvatn sono presenti anche: Falaropo beccosottile, Strolaga maggiore, Svas so cornuto, Moretta grigia, Orchetto marino e, nei dintorni, il Girfalco.
■ Myvatn è un complesso di laghi di grandi dimensioni, famoso tra i birdwatchers per l’enorme numero di Anatidi che vi nidificano, tra i quali anche Quatrocchi d’Islanda e Moretta arlecchino (foto Gianni Conca).
mattina successiva osserviamo Pispole (Anthus pratensis), Organetti (Carduelis flammea) e Ballerine bianche (Motacilla alba). Poco dopo, su una collinetta appare una sagoma chiara possente, da
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Alle ore 23.30, dopo il giro del lago, l’ultima immagine è una coppia di Mo rette insieme ad un Quattrocchi d’Islan da che brucano (come pecore) l’erba nel prato antistante il Bed & Breakfast. La
■ Falaropo beccosottile (Phalaropus lobatus), maschio adulto. Uno dei pochissimi casi di inversione dei sessi tra gli uccelli: le femmine di questa specie, infatti, si riproducono con molti maschi (riconoscibili per la livrea più smorta), i quali poi covano e si curano di uova e pulcini.
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predatore in attesa: il Girfalco! È suf ficiente che l’auto si accosti a 300 m di distanza per farlo involare e seminare il panico tra gli uccelli presenti. Successi vamente, nella zona di Kalfastrond tro viamo una baia dove nuotano 200 e più Quattrocchi d’Islanda. Si tratta di ango li incontaminati senza presenza umana. Proveremo più tardi anche l’esperienza del bagno all’aperto in splendide terme naturali (come quelle di Jardbodin). Fi niamo la giornata di fronte a una coppia di Strolaghe maggiori nidificanti in un sito storico (secondo i rangers del Parco da me interpellati) a poche centinaia di metri da dove dormiamo. Da non perde re l’arrampicata sul vulcano Vindbeljar fjall. Dalla sua cima si domina tutta l’a rea e accanto a noi, su un “omino di roc cia” trovo una grossa borra di Girfalco costituita da penne e piume di uccelli. Di ritorno dal vulcano, ancora esta siati dai paesaggi visti da lassù, visitia mo il museo ornitologico creato in me moria di Sigurgeir Stefansson, un gio vane collezionista di uova e di uccelli impagliati, mancato nel 1999.
Merlakkasletta Si riparte, in direzione nord, verso la cascata di Godafoss e poi Husavik, ca pitale europea del whale watching. Pro seguiamo quindi, in direzione est, verso Nupskatia e la penisola di Melrakkaslet ta. Nonostante decine di chilometri at traverso aree rurali, lande selvagge as solutamente incolte e abitate da miglia ia di uccelli, non riusciamo ancora ad abituarci alla bellezza dei luoghi e ogni scorcio ci sorprende. Ruscelli con un’e suberanza che solo i ghiacciai che fon dono in primavera possono donare, du ne costituite da ghiaia lavica, estuari im mensi e rari boschetti di betulle. Pernici bianche, Labbi (S. parasiticus), Strola ghe minori e Corrieri grossi (Charadrius hiaticula) sono gli attori che animano un palcoscenico che muta ad ogni passo. Ci stiamo dirigendo verso Raudinupur e dobbiamo deviare dalla Road 85 su una sterrata abbastanza malconcia. La cosa non ci impensierisce, anche perché scor go su una montagnola una sagoma or mai familiare: un Girifalco. Sarà il terzo
■ Quatrocchi d’Islanda (Bucephala islandica). L’unico sito di nidificazione di questa bella anatra tuffatrice nel Paleartico occidentale è, come dice il nome, l’Islanda; altrove, è piuttosto comune e ben diffusa nel Nord America artico.
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■ Jokulsarlon, Islanda. Torrenti, fiumi e foci d’origine glaciale, dove l’acqua scorre turbolenta tra le rocce, sono l’habitat d’eccellenza della rara Moretta arlecchino, che si tuffa tra i gelidi flutti per cercare il cibo tra i sassi del fondale, soprattutto vermi, molluschi d’acqua dolce e larve d’insetti (foto Gianni Conca).
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si potrà scendere dall’auto a causa del disturbo che si potrebbe arrecare all’a vifauna nidificante (Sterna codalunga, Piovanello pancianera (Calidris alpina), Pettegola (Tringa totanus) e Cor riere grosso). Ancora qualche centinaio di metri a passo d’uomo (ci sentiamo di
■ Zigolo delle nevi (Plectrophenax nivalis), maschio adulto. Il passeriforme che nidifica più a nord, uno dei pochi uccelli canori in gradi di nidificare nella tundra artica e l’animale più numeroso in alcune zone apparentemente nude e desolate dell’Islanda interna.
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troppo in mezzo a tutta questa vita sel vaggia) e giungiamo a una fattoria in cui risiedono dei ricercatori. Qui, tramite un sito di birdwatching islandese, veniamo a conoscenza dell’avvistamento di una femmina di Re degli edredoni (Somateria spectabilis). Peccato che ci siano 2.000 o 3.000 Edredoni (S. mollissima) sulla spiaggia. Sulla falesia lì vicino c’è una delle colonie di Sule (Morus bassanus) più a nord del Paleartico occidenta le. Mi affaccio sul Mar Glaciale Artico che in questo momento ha una tempe ratura di 4°C (fuori ce ne sono 8); pio viggina, sono le 20 di sera e mi sento al confine del mondo. Davanti a me, a 300 km di distanza, c’è la Groenlandia, con gli orsi polari e tutto il resto.
Fiordi occidentali, Latrabjarg e Isola di Flatey Siamo nella regione dei “fiordi occi dentali”, il Far West dell’Islanda. In un giorno percorriamo 370 km, di cui 300 di sterrati, incrociando un paio di viag giatori e 5 auto locali. La temperatura è di 8°C e persiste una pioggia non fasti diosa. Da Holmavik continuiamo sulla Ro ad 61, in direzione ovest fino a uno ster rato che parte sulla sinistra e che, dopo
circa 20 km, ci porta sul Porskafjordur. Si fa il pieno a Flokalundur, poco lon tano, e arriviamo alla splendida casca ta di Dynjandi (sulla Road 60). Im bocchiamo poi la Road 63, raggiungia mo Patreksfjordur e, dopo 35 km, sia mo all’Hotel Latrabjarg, omonimo del le scogliere più famose d’Islanda. Qui nidificano un milione di Pulcinella di mare, oltre a tutti gli alcidi. Definire gli incontri “ravvicinati” è riduttivo, visto che solo pochi passi ci separano dai Pul cinella o dai Fulmari. Il primo forte im patto è causato dagli odori: tra deiezioni, cadaveri di pulli, rigurgiti a base di pe sce predato il fetore è intenso anche se fa molto freddo e tira un forte vento; ma il resto è tutto quello che ci si attende da una colonia di alcidi. Ci spostiamo nel villaggio di Brjàn laekur, dove prendiamo il traghetto per l’isola di Flatey. Se si vuole avere una concreta possibilità di vedere il Falaro po beccolargo in Europa questo è il po sto giusto in quanto in Islanda la specie è estremamente localizzata e i siti di ni dificazione sono tenuti segreti, tranne questo. L’area di nidificazione è protetta da una recinzione oltre la quale è vie tato proseguire, in compenso l’area da esplorare è poco estesa e le probabilità di vedere questi uccelli sono alte. Inutile
Islanda
nidificano Stercorario maggiore e Labbo. Si pos sono inoltre osservare: Oca facciabianca (Branta leucopsis) e Zigolo delle nevi. Nei laghi vicini nidificano Strolaga minore e Cigno selvatico.
esemplare di questa specie che vedremo e, tenendo conto che tra adulti, giovani e immaturi si stima ci siano un migliaio di animali in tutta la nazione, direi che siamo stati molto fortunati. Arriviamo di fronte a un cancello e a un cartello che avverte che, oltre questo limite, non
■ Piviere dorato (Pluvialis apricaria). Le popolazioni nordiche, un tempo considerate una sottospecie a sé stante (altifrons), devono competere per il territorio con altre specie di limicoli nidificanti; più al sud, invece, dove queste sono scarse e o assenti, il Piviere dorato è il limicolo dominante.
Gianni Conca
Jökulsárlón La spettacolare laguna glaciale di Jökulsárlón è una meta obbligata per tutti i turisti sia per lo spettacolo costituito dagli iceberg che per la pre senza di avifauna Nell’area circostante la laguna
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■ Gabbiano d’Islanda (Larus glaucoides). A dispetto del nome, questa specie bella ed aggraziata non nidifica sull’isola, prediligendo invece la Groenlandia e la Siberia sudoccidentale, ma vi sverna regolarmente; un certo numero di esemplari, però, soprattutto immaturi ma anche qualche adulto, vi si trattengono fino alla tarda primavera.
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Rejkiavik e dintorni Se si esclude la capitale, dove ci sono comunque itinerari cittadini per i birders, nel raggio di qualche decina di chilometri si possono visitare aree inte
ressanti. Ad esempio il Parco Nazionale di Thingvellir sede del primo parlamen to islandese, ma anche la punta estrema di Gardur (vicino all’aereoporto) per cercare Uccelli delle tempeste e Ber te minori atlantiche (Puffinus puffinus). Vedremo solo queste ultime, assieme a qualche Sula, tra i flutti di un mare che sembra proprio indomito. Al largo del la penisola di Reykjanes c’è l’isoletta di Eldey, famosa per esser stata l’ultima
■ Sterna coda lunga (Sterna paradisaea). Sembra incredibile che un uccello così piccolo ed aggraziato possa compiere la migrazione più lunga tra gli uccelli: dalle isole artiche, dove nidifica, ai quartieri di svernamento subantartici, e ritorno, per un totale di 70.000 km all’anno!
Gianni Conca
Gianni Conca
descrivere la ricchezza di vita alata pre sente sull’isola, Falaropo beccolargo a parte.
colonia nota di Alca impenne (Pinguinus impennis) al mondo.
Costa meridionale A parte l’arcipelago delle isole Vest mannaeyjar, che sono famose soprattut to per i Pulcinella di mare, le attrattive sono legate ai ghiacciai e alle lagune nelle quali si muovono enormi iceberg.
Remo Ciuffardi
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■ Gabbiano glauco (Larus hyperboreus). A dispetto del nome, il Gabbiano d’Islanda (Larus glaucoides) non nidifica sull’isola, dove viene sostituito da questa specie, assai più diffusa ed adattabile dal punto di vista dell’alimentazione.
Il Parco Nazionale di Skaftafell offre in teressanti possibilità per i trekkers, ma anche per gli appassionati di uccelli. Questi ultimi possono dedicare qualche ora alla visita delle grandi lingue di sab bia che partono a sud della Road 1 e che si gettano in mare; localmente queste aree si definiscono “Sandur”. In partico lare la Skeidararsandur è l’area a più al ta densità di labbi e stercorari nidificanti d’Europa.
Le specie più difficili La Gazza marina minore (Alle alle) non nidi fica più da decenni in Islanda e si può vedere solo nei mesi invernali, quando è meno probabile che un italiano visiti questo Paese. Il Gufo delle nevi (Nyctea scandiaca) è un nidificante occasionale (ultimo caso nel 1998) ma è presente con singo li individui durante tutto l’anno. Il Gabbiano d’I slanda (L. glaucoides), a dispetto del nome, non nidifica sull’isola ed è svernante regolare (alcuni esemplare, soprattutto giovani estivano nei porti di Sandgerði, Blönduós, Hofn e Húsavík). L’Uc cello delle tempeste codaforcuta (Oceanodroma leucorhoa) ha le più grandi colonie europee pro prio in Islanda (oltre 80.000 coppie nel solo arci pelago delle Vestmannaeyjar), ma è estremamen te difficile da vedere come il congenere Uccello
delle tempeste (Hydrobates pelagicus), che però si avvicina di più alle coste e può essere avvistato dal faro di Garður. Le coste occidentali dell’Islanda fungono da stop-over per gli uccelli nordamericani che si av venturano, più o meno regolarmente, in Europa. Tra le specie più frequenti: Alzavola americana (A. carolinensis), Fischione americano (A. americana), Anatra nera americana (A. rubripes), Ga vina americana (L. delawarensis) e Totano zam pegialle minore (T. flavipes). Tra gli accidenta li più interessanti, inoltre, troviamo Tarabusino americano (Ixobrychus exilis), Gabbiano di Ross (Rhodostethia rosea), Tordo di Pallas (Catharus guttatus), Dendroica delle palme (Setophaga palmarum).
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■ Tordo sassello (Turdus iliacus). La sottospecie endemica coburni, caratterizzata dal piumaggio più pesantemente striato e chiazzato di scuro, nidifica in Islanda e sverna più a sud, nelle Isole Britanniche e lungo le coste atlantiche dell’Europa nord-occidentale.
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ciai. Di tanto in tanto una Foca grigia (Halichoerus grypus), un Edredone o una Sterna codalunga fanno la loro com parsa. Il 23 giugno 2010 c’erano tra i 5 e i 7°C, il cielo era plumbeo e nel piazza le dei turisti c’era uno Zigolo delle nevi
(Plectophenax nivalis) in canto. Prima di ritornare in Italia vale la pena fare un giro nel porto di Hofn: spesso è qui che si osservano (complici i molti pesche recci) rarità atlantiche. A noi è toccato un Gabbiano di Sabine (Xema sabini).
■ La cascata di Svartifoss è un vero spettacolo della natura e, come tale, una delle principali attrazioni turistiche dell’Islanda.
Gianni Conca
Gianni Conca
Per chi non avesse ancora visto una cascata islandese possiamo ricordare Svartifoss e Skogafoss, con gli imman cabili Fulmari che nidificano sulle pa reti prospicienti il salto d’acqua. Infi ne, sempre in zona, c’è il promontorio di Dyrhòlaey con il suo gigantesco ar co di lava sul mare che ci costringe a
più di un’ora di contemplazione, sem pre accompagnati dai versi degli uccel li marini che si riproducono su queste scogliere. Procedendo verso est si incro cia prima Fjallsjokull e poi la grandio sa Jökulsárlón, due lagune glaciali che sfociano in mare. Qui si assiste al lento passaggio di iceberg staccatisi dai ghiac
Gianni Conca
Islanda
■ Piovanello violetto (Calidris maritima), adulto in estate. Visitare l’Islanda durante la bella stagione significa anche poter osservare la vivace livrea riproduttiva di molte specie d’origine nordica, delle quali, noi abitanti del Mediterraneo, conosciamo solo lo smorto e poco appariscente abito invernale.
Periodo
Notizie utili
Quando? Indubbiamente tra giugno e luglio si hanno le maggiori soddisfazioni per un naturalista: tantissime ore di luce, temperature attorno ai 15°C di giorno e i nidi ficanti a portata di mano. Ci sono però anche molti turisti e gli insetti possono risultare fastidiosi. La fine dell’estate e la primavera sono molto produttive grazie ai migratori americani che in questo periodo compaiono soprattutto sulle coste occidentali.
In Islanda è vietato importare attrezzature per la pesca non decontaminate in precedenza: alla dogana, specie se si arriva in auto col traghetto, possono essere severissimi. Alla partenza dal Paese è vietato portare con sé ani mali o piante o parti di essi. Il clima può cambiare spesso nell’arco della giornata ed è bene essere preparati. I distributori di benzina non sono frequenti ed è con sigliabile fare il pieno appena se ne ha la possibilità. È necessario ricordare che se si viaggia con un’utili taria l’assicurazione non copre eventuali danni provocati sulle strade sterrate. Essenziali risultano le carte di credito, soprattutto nei distributori di benzina dove il contante non è accettato. Il birdwatching è conosciuto e incentivato dall’ente del turismo. Uno dei siti migliori, ricco di consigli utili e aggiornato in tempo reale, è (http://notendur.hi.is/yannk/ indexeng.html). La fotografia naturalistica è regolamentata se diret ta alle specie rare, come ad es. Girfalco, Aquila di mare (Haliaeetus albicilla) e Falaropo beccolargo, e serve un permesso da richiedere in anticipo al Ministero dell’Am biente.
Logistica Per raggiungere l’Islanda (sito da cui iniziare l’esplo razione: http://www.iceland.is/) si possono scegliere due mezzi: l’aereo o il traghetto. Se per il primo possiamo op tare tra differenti compagnie, per il secondo c’è solo una nave che parte dalla Danimarca, la Norrona della Smyril line. Conviene poi affittare un’autovettura in loco, ma è fondamentale fin dall’inizio sapere cosa si vuole vedere e quanto si è disposti ad allontanarsi dalla Ring Road: molti sterrati sono sconsigliati ai veicoli non 4x4 e alcuni guadi verso l’interno risultano impegnativi anche per un fuori strada, soprattutto in giugno/luglio quando si sciolgono i ghiacciai.
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BIrdwatching E onservazione
C
I Pantani della Sicilia sud-orientale di Egle Gambino e Carlo Cappuzzello
â– La vista dello stagno di Longarini che si staglia sullo sfondo della campagna ondulata circostante ne fa, oltre che un gioiello dal punto di vista ambientale, anche un piacevole soggetto per i fotografi paesaggisti piĂš esigenti (foto Egle Gambino).
Egle Gambino
■ Lo stagno di Cuba è una delle perle naturalistiche facenti parte del complesso di pantani della Sicilia sudorientale; conosciuto per il gran numero di uccelli acquatici che vi sverna, questo sito è ottimo anche per l’osservazione dei migratori e per il buon numero di nidificanti.
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mo posto si trova attualmente l’attività venatoria. Nonostante l’area fosse stata inclusa già dal lontano 1991 nell’elenco delle riserve da istituire, si attende ancora l’ultimo passaggio formale, ovvero il decreto istitutivo della Riserva Naturale Orientata. La mancanza di tutela, combinata al disinteresse delle istituzioni e degli organi preposti alla vigilanza in materia ambientale e venatoria, ha favorito negli anni il proliferare di discariche abusive e di fenomeni di bracconaggio. Da circa tre anni nei taccuini dei birders siciliani non figura più solo il dettagliato elenco delle specie avvistate e degli individui conteggiati durante le escursioni, ma anche quello delle riunioni e degli appuntamenti per cercare di cambiare uno stato di cose che rischia di danneggiare in maniera irreparabile una delle zone umide più importanti d’Italia. Quella che segue è, in sintesi, la storia di un gruppo di appassionati birdwatchers di EBN Italia appartenenti al nodo Sicilia che hanno scelto di dedicare il loro tempo libero e le loro risorse a questa causa, coniugando osservazioni ornitologiche e conservazione.
Donatella Calvi
I
Pantani della Sicilia sud-orientale sono un complesso sistema di zone umide costiere che si estende lungo la fascia che va da Marzamemi (Siracusa) fino al Pantano Gorgo Salato (Ragusa); si trovano a una latitudine in feriore a quella di Tunisi, al centro del Mediterraneo e proprio su una delle prin cipali direttrici migratorie. Sono costitui ti in particolare dall’insieme di 11 Panta ni (da est verso ovest: Marzamemi, Mor ghella, Ponterio, Ciaramiraro, Baronello, Auruca, Cannone, Cuba, Longarini, Bru no, Gorgo Salato) di diverse dimensioni, caratterizzati da profondità e salinità diverse e il cui regime idrico è per lo più condizionato dalle precipitazioni. Il paesaggio dei Pantani della Sicilia sud-orientale rappresenta le ultime vestigia di come doveva apparire questo tratto della costa meridionale della Sicilia prima delle opere di bonifica. Anche se sono ormai circondati quasi interamente da serre e costruzioni (spesso abusive), questi specchi d’acqua conservano ancora un elevato livello di naturalità e soprattutto un enorme potenziale inespresso. Tra le maggiori cause del soffocamento di tale potenziale, al pri-
Nonostante un quadro non proprio esaltante, questi luoghi si rivelano sempre magici per il birdwatcher, offrendo giornate di splendide osservazioni e frequenti avvistamenti di rarità. Le stagioni si alternano, ma le acque dei Pantani sono sempre popolate dalla presenza dei nostri amici alati. Alla fine di gennaio, dopo la chiusura della stagione venatoria, cominciano lentamente a ripopolarsi, offrendo riparo e nutrimento a migliaia di uccelli appartenenti a numerosissime specie durante la fugace migrazione primaverile: limicoli e ardeidi di ogni specie, Mignattai (Plegadis falcinellus), Spatole (Plata laea leucorodia), cicogne, mignattini, Cutrettole (Motacilla flava subsp.), ecc.. Al progredire della stagione, è possibile osservare le famigliole di Morette tabaccate (Aythya nyroca), specie presente tutto l’anno e nidificante con oltre 30 coppie nel 2010, e con un po’ di pazienza la ben più rara ed elusiva Anatra marmorizzata (Marmaronetta angusti rostris). Il tutto immersi nel vociare dei Cavalieri d’Italia (Himantopus himanto pus) o tra un volo e l’altro di Tarabusini (Ixobrychus minutus) indaffarati a nutri-
re i piccoli. Ma proprio quando la stagione riproduttiva è ormai agli sgoccioli, mentre i pulcini più tardivi di Folaga (Fulica atra) si aggirano ancora in compagnia dei genitori, comincia ad andare in scena la parte migliore dello spettacolo ornitologico offerto dai Pantani: la migrazione post-riproduttiva. All’incirca dalla metà di luglio cominciano ad arrivare i primi contingenti di Piro piro culbianco (Tringa ochropus) e boschereccio (T. glareola), ma sono solo le prime avvisaglie di quello che di lì a metà novembre sarà un continuo susseguirsi di specie diverse con centinaia, migliaia di individui. Stavolta, diversamente da quanto accade durante la migrazione primaverile, il viaggio è più rilassato, l’esigenza di fare rifornimento più forte e quindi la sosta è più lunga. Ancora una volta, i limicoli la fanno da padroni; nel periodo da fine luglio a metà novembre è possibile osservare praticamente tutte le specie, anche quelle meno regolari nel resto d’Italia. A migliaia si alternano: piovanelli e gambecchi (genere Ca lidris), piro piro, corrieri (genere Cha radrius), varie specie del genere Tringa, Avocette (Recurvirostra avosetta), ecc.;
■ Anatra marmorizzata (Marmaronetta angustirostris). Per decenni considerata come semplice accidentale in Italia, questa bella e rara anatra nord-africana ha recentemente colonizzato la Sicilia meridionale, dov’è presente in piccoli numeri.
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è sempre emozionante scoprire in mezzo a un gruppo di Gambecchi comuni (C. minuta) un Gambecchio nano (C. tem minckii) o un Gambecchio frullino (Li micola falcinellus), oppure affacciarsi da un’insenatura e trovare un Falaropo beccosottile (Phalaropus lobatus) intento a nutrirsi con il suo caratteristico movimento “a trottola” o un gruppetto di Piovanelli maggiori (C. canutus) in mezzo a quelli comuni (C. ferruginea). Per non parlare di presenze ben più rare, come l’Airone schistaceo (Egretta gu laris), la Cutrettola testagialla orientale (M. citreola), il Piro piro pettorale (C. melanotos), il Piro piro del Terek (Xe nus cinereus), la Sterna di Rüppel (Tha lasseus bengalensis), la Calandrina (Ca landrella rufescens), ecc.. I Pantani rappresentano un posto in cui non ci si deve stupire di nessun avvistamento: in questo periodo dell’anno, tutto è possibile! Le sponde e gli argini dei Pantani sono ottimi appostamenti per la fotografia naturalistica, e non ricordo nemmeno una volta nella quale siamo tornati delusi dal magnetico incantesimo di quel posto. Ma come tutti gli incantesimi che si rispettano, anche questo è (o almeno è
stato finora) destinato a dileguarsi. Alla vigilia dell’apertura della caccia, infatti, quasi legati a una maledizione, dovevamo lasciare il posto ad altri, consapevoli, dall’esperienza di anni, che quei luoghi magici in pochi giorni si sarebbero completamente spogliati di quella enorme ricchezza che tanti chiamano biodiversità. Non solo, molti di quegli uccelli che avevamo osservato a lungo e fotografato rischiavano di venire abbattuti o catturati da gente senza scrupoli. Questa triste tradizione si ripeteva puntualmente a ogni autunno, seguita come sempre da discussioni, commenti, la mentele, mugugni, che però poi finivano nella rassegnazione. Fino a tre anni fa, quando nel nostro gruppo del nodo Si cilia di EBN Italia è avvenuta la svolta. Stanchi di assistere rassegnati, abbiamo voluto provare a fare la differenza, abbiamo voluto non sentire più dentro di noi quel senso di amara impotenza. Armati di binocolo e cannocchiale abbiamo iniziato a rendere sistematica la nostra presenza sul posto (almeno durante i fine settimana), proprio quando gli altri anni disertavamo la zona. Dai primi di settembre del 2008 abbiamo
sulla base delle indicazioni fornite negli anni precedenti, nonché dei numerosi pareri dell’ISPRA in tal senso, il calendario venatorio imponeva il divieto di caccia presso i Pantani della Sicilia sud-orientale. Era già successo in passato, ma alla prima controffensiva da parte delle associazioni venatorie, l’Assessore di turno si affrettava a emettere un decreto ad hoc per riaprire la caccia. Anche stavolta le cose sembravano dover andare nello stesso modo, ma qualcosa ha fatto la differenza: il fatto di aver raccolto i dati delle presenze ornitiche con costanza e regolarità ci ha permesso di sostenere e dimostrare che, in assenza di attività venatoria, il contingente svernante di Moretta tabaccata era il più importante d’Italia (conteggio di 102 individui il 4/1/2011) e che la colonia di Fenicottero (ormai quasi stanziale nella zona) a metà ottobre aveva iniziato un tentativo di nidificazione, arrivando a costruire circa 60 nidi, poi sommersi a causa delle abbondanti piogge. Dati scientifici alla mano, siamo riusciti a bloccare per diversi mesi i tentativi di riapertura della caccia; e più riuscivamo a contrastare i tentativi di riaper-
■ Spatola (Platalaea leucorodia). A differenza degli aironi, molto più adattabili dal punto di vista trofico, la Spatola sosta solo nelle zome umide dove riesce a trovare le giuste condizioni di profondità, substrato, pulizia delle acque e assenza di disturbo antropico.
Giovanni Catalani
Carlo Cappuzzello
■ Fenicotteri (Phoenicopterus ruber), immaturi. Le coste della Sicilia meridionale sembrano fungere da fermata intermedia per quei Fenicotteri i quali, provenendo da colonie orientali (dalla Tunisia alla Turchia), si disperdono verso ovest fino alla Sardegna, alla Provenza e alle coste spagnole.
iniziato a monitorare e controllare in modo cadenzato l’area, improvvisando una sorta di “campo di sorveglianza”. L’iniziativa è nata d’impulso, senza programmazione, ma negli anni è diventata più strutturata e sono cambiati anche gli obiettivi. Mentre inizialmente lo scopo era semplicemente quello di prevenire fenomeni di bracconaggio (caccia prima dell’apertura, cattura con le reti, ecc.), con il passare del tempo ci siamo resi conto che forse i dati raccolti durante la nostra presenza settimanale potevano servire a dimostrare il valore naturalistico dell’area; in particolare, nei documenti inviati alla Regione per chiedere di imporre il divieto di caccia nella zona, avevamo sempre sostenuto che in assenza di attività venatoria, la Moretta tabaccata non si sarebbe limitata a nidificare, ma avrebbe anche svernato nell’area con contingenti importanti. Ovviamente, non avevamo dati che potessero dimostrarlo, visto che ogni anno la caccia veniva riaperta puntualmente non più tardi della metà di ottobre. Nell’autunno del 2010, ormai al terzo anno consecutivo di monitoraggio, si è verificata la svolta che attendevamo;
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tura, più tempo avevamo per raccogliere ulteriori dati a sostegno della nostra posizione. Grazie anche al preziosissimo contributo dal punto di vista legale di associazioni quali Legambiente e MAN (che hanno portato avanti i ricorsi contro i decreti di riapertura emanati dalla Regione), i dati raccolti sistematicamente dai birdwatchers hanno prevalso anche su valutazioni di incidenza redatte da Dipartimenti universitari poco aggiornati e un po’ sprovveduti che erano state utilizzate per sostenere “scientificamente” la compatibilità dell’attività venatoria nella zona dei Pantani. Per mesi abbiamo lavorato duramen te, privandoci spesso del riposo domenicale (i turni di sorveglianza antibracconaggio/censimenti erano previsti sabato e domenica dall’alba al tramonto) o dell’appostamento per la foto particolare, ma tutti questi sforzi sono stati ripagati da quello che abbiamo ottenuto. Nelle giornate di sorveglianza sono state bloccate le attività di bracconaggio e le nostre segnalazioni hanno permesso di denunciare diverse persone sorprese dagli organi di vigilanza a sparare in gior-
nate di silenzio venatorio o con mezzi vietati. Le autorità preposte alla sorveglianza e tutela hanno inserito la zona nel loro programma ordinario di controlli venatori e antibracconaggio. Nel giro di un anno una zona sconosciuta ai più è diventata meta di visite anche di persone non appassionate. Si è ritornati, dopo 20 anni di silenzi, a riparlare seriamente dell’istituzione della Riserva, e addirittura il relativo procedimento istitutivo è stato già avviato. La strada è ancora lunga, ma quanto meno è già tracciata, e soprattutto non abbiamo più la sensazione di subire passivamente gli eventi. Volevamo condividere con tutti i so ci EBN Italia questo racconto per due ragioni ben precise. Innanzitutto, far conoscere a tutti gli appassionati un luogo incantevole per il birdwatching, che promette un elenco di potenziali lifers di tutto rispetto e nel quale poter programmare la prossima vacanza. Ci piacerebbe che una zona in cui fino a oggi l’unico movimento “turistico” era legato ai cacciatori di altre province o regioni che venivano a fare man bassa potesse diventare invece meta regolare di gruppi
dall’assistere passivamente allo scempio operato a danno di quei luoghi in cui ci rechiamo per praticare la nostra passione e che magari hanno contribuito negli anni a farla nascere e crescere dentro di noi. Un concetto che adesso ci appare scontato, è vero, ma del quale per anni noi per primi siamo rimasti prigionieri.
Pantani
Carlo Cappuzzello
■ Cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus). Gli stagni e i pantani della Sicilia sudorientale danno rifugio a grossi numeri di uccelli acquatici, soprattutto Anseriformi ed Ardeidi, ma anche a svariati limicoli, tra i quali questa specie, localmente presente durante tutti i mesi dell’anno.
di birders da tutta Italia e, perché no, anche dall’estero. In secondo luogo, vorremmo trasmettere la nostra esperienza per testimoniare che spesso è più utile agire che lamentarsi, e che è meglio rischiare di fare uno sforzo enorme per ottenere risultati modesti, piuttosto che restare con quell’amarezza che deriva
Carlo Cappuzzello
Carlo Cappuzzello
■ Cicogna nera (Ciconia nigra), giovane. Molte delle cicogne e degli altri grandi veleggiatori (soprattutto rapaci diurni) che migrano dall’Africa alla Sicilia e viceversa, sorvolano la costa meridionale dell’isola e sostano presso i pantani per riposare ed alimentarsi.
■ Falco pescatore (Pandion haliaetus). Un tempo diffuso in tutto il Mediterraneo, questo rapace è attualmente estinto come nidificante in Sicilia, anche se passa in gran numero sui pantani del sud-est dell’isola, dove pochi esemplari si fermano anche a svernare regolarmente.
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Franco Borsi
Logistica La zona si raggiunge da Ispica percorrendo la S.P. 50 Ispica-Marza-Pachino, che si imbocca svoltando a destra in direzione “Marza” circa 500 m dopo il passaggio a livello sulla provinciale Ispica-Pachino, oppure da Pachino imboccando la provinciale per Ispica e svoltando poi a sinistra in direzione “Marza”, circa 2,5 km dopo Pachino. Poiché l’area è estesa e i vari pantani non sono segnalati, per facilitare la visita anche senza guida trovate di seguito alcuni consigli pratici su come orientarvi e sui punti migliori per l’osservazione e la fotografia. L’area non è dotata di strutture specifiche, quindi non troverete capanni e schermature; per i fotografi consigliamo l’utilizzo di teli mimetici o capanni mobili.
Virginio Fuser
■ Gambecchio nano (Calidris temmincki), giovane. Questa è una delle numerose specie di uccelli di origine orientale che migrano dalle zone di svernamento africane all’Europa dell’est, alla Scandnavia o alla Siberia meridionale, sorvolando prima il Canale di Sicilia e poi i Balcani. ■ Mignattaio (Plegadis falcinellus). La Sicilia rappresenta da sempre uno dei principali siti di sosta del Mediterraneo centrale di questa specie rara e minacciata, spesso presente nei pantani del sud-est in stormi di decine di individui, sia in migrazione che durante l’inverno.caratteri diagnostici della specie.
Pantano Longarini (Luce favorevole: la mattina, adatto per bw e foto) Arrivando da Ispica, percorso il tratto di strada che attraversa il Pantano, subito dopo la curva a destra c’è il ponte sul confine di provincia RG-SR (36°42’49” N; 15°00’8.63” E); sempre sulla destra, 200 m più avanti, troverete una strada secondaria dove lasciare la macchina. I punti d’osservazione si trovano lungo gli argini del canale prima del ponte che si dipartono sia a destra (36°42’30.52” N; 15°00’9.14”E), sia a sinistra (36°42’ 23.22” N; 15°00’6.18” E) della strada principale. Altri punti interessanti si trovano sul lato siracusano del Pantano Longarini; si riprende la S.P.50 Ispica-Marza-Pachino e dopo 2 Km circa dal ponte sul confine di provincia RGSR (36°42’49” N; 15°00’8.63” E) si arriva a uno slargo (36°42’41” N; 15°01’23” E); si gira a sinistra immettendosi in una strada asfaltata secondaria: da questo momento tutti i punti sono buoni per una sosta di birdwatching. Vi consigliamo però di fermarvi al Ponticello (36°42’55” N; 15°00’69” E) e di percorrere tutta la strada fino al Ca nale (36°42’58.00” N; 15°00’81” E). Pantano Cuba (Luce favorevole: il pomeriggio, adatto per bw e foto) I punti migliori per il bw al Pantano Cuba sono il Galoppatoio e l’Affaccio nord. Il Galoppatoio (36°42’ 32” N; 15°1’39” E) si rag-
giunge percorrendo la S.P. 50 Ispica-Marza-Pachino e imboccando dopo 1,5 Km circa dal ponte sul confine di provincia RG-SR (36°42’49” N; 15°08’63” E) un’entrata secondaria sulla destra. L’Affaccio Nord (36°42’99” N; 15°1’44” E) si raggi unge sempre lungo la S.P. 50 Ispica-Marza-Pachino, dopo 2 Km circa dal ponte sul confine di provincia RG-SR (36° 42’49” N; 15°0’8.63” E), si arriva ad uno slargo (36°42’ 41’’ N; 15°1’23” E); proseguendo sulla strada principale ancora per 500 m circa (sulla destra è già visibile il Pan tano Cuba), si imbocca a destra una stradina sterrata lunga poche decine di metri che porta sulla sponda del Pantano. Pantano Baronello (Luce favorevole: pomeriggio, adatto per bw e foto) Si raggiunge percorrendo la S.P. Pachino-MauciniPunta delle Formiche e si trova proprio presso la località Punta delle Formiche. I punti migliori per osservare sono lungo la strada che cinge il pantano, il primo al livello dell’acqua (36°40’36.87” N; 15°3’14.83” E) il secondo più panoramico con splendida visuale dall’alto (36°40’40” N; 15°3’90” E). Pantano Ciaramiraro (Luce favorevole: pomeriggio, adatto per bw) Dopo aver lasciato il P. Baronello, si riprende la strada dall’ultimo punto di osservazione panoramico sul Ba ronello, si supera una curva a 90° e dopo circa 200 metri si svolta sulla sinistra in una sterrata che conduce nello spiazzo davanti a una casa abbandonata. Da qui (36°40’ 10.77” N; 15°3’45.01” E) si domina dall’alto il Pantano Ciaramiraro. Pantano Ponterio (Luce favorevole: tutto il giorno, adatto per bw e foto) Si riprende la strada asfaltata per Portopalo che dopo un’altra curva a 90° costeggia il Pantano (sulla destra); dopo circa 1,5 Km si imbocca sulla destra una strada sterrata che costeggia il Pantano consentendo di fermarsi in diversi punti per l’osservazione (36°39’47.77” N; 15°4’ 16.30” E), direttamente dalla macchina.
ULTIMA O
RA
Finalmente è Riserva! Con il decreto n. 577 del 27 luglio del 2011 l’Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Sicilia, con una decisione epocale lungamente attesa, ha finalmente istituito la Riserva Naturale Orientata “Pantani della Sicilia Sud-Orientale”. La Riserva, ricadente nei comuni di Ispica (RG), Pachino (SR) e Noto (SR), ha un’estensione complessiva di circa 1400 ettari (di cui circa 450 in zona A e circa 950 in Zona B) e comprende tutti gli 11 pantani che costituiscono questa splendida zona umida, dal Bruno al Morghella. Il 7 settembre del 2011 diverse associazioni venatorie, il Comune di Pachino ed il Consorzio di Tutela del Pomodorino Ciliegino di Pachino IGP, hanno presentato ricorso al TAR contro l’Assessorato Territorio e Ambiente per richiedere l’annullamento del decreto di istituzione della Riserva, ma a novembre il TAR di Catania respinge il ricorso e condanna i proponenti al pagamento delle spese. Per la prima volta nella storia, durante l’intera stagione venatoria non è stato possibile esercitare la caccia! Gli effetti sulla presenza di avifauna sono andati ben al di là di ogni più rosea aspettativa: migliaia di anatre, soprattutto Fischioni e Moriglioni, 132 Morette tabaccate, Falco pescatore e 3 Aquile minori sono state censite a dicembre 2011!
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Gianni Conca
L a prima Pittima reale d’Islanda
Umberto Binari
Q TASSONOMIA B
(Limosa limosa islandica)
per la Lombardia
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el tardo pomeriggio del giorno 18 settembre 2011, durante una visita al suo abituale “local patch” presso il Parco Le Folaghe di Casei Gerola (PV), Umberto Binari osserva e fotografa un limicolo interessante: una Pittima reale (Limosa limosa) con i caratteri della sottospecie islandica. Il giorno successivo l’osservatore spedisce via e-mail le fotografie scattate ad alcuni amici birders di EBN Italia, i quali subito ne confermano l’identificazione. Eccitato e motivato dal consenso ottenuto, quindi, Umberto manda un messaggio alla mailing list, sperando che qualcuno possa ripetere l’osservazione dopo di lui. Purtroppo nessun altro è più riuscito a vedere il raro trampoliere ma, fortunatamente, restano alcuni scatti documentativi a testimoniare questa interessante osservazione. Nelle immagini si riconosce perfettamente un immaturo al 1° inverno di Pittima reale appartenente alla sottospecie islandica. Questa forma è la vicariante nord-occidentale della nominale limosa e nidifica in Islanda, più irregolarmente sulle isole Faroer e Shetland, e sporadicamente in Scozia, Irlanda e Norvegia settentrionale. Pressoché tutta la popolazione sverna nelle Isole Britanniche, mentre un piccolo contingente continua verso sud e si distribuisce lungo le coste atlantiche della Francia e della penisola iberica, fino al Marocco. Durante le migrazioni, oltre che nei Paesi sopra elencati, alcuni esemplari vengono annualmente osservati in Danimarca, lungo le coste norvegesi e in Olanda, dove, fino agli inizi degli scorsi anni ’90, era considerata come semplice accidentale; il recente aumento d’osservazioni della sottospecie islandese in queste regioni sembrerebbe dovuto all’incremento delle conoscenze riguardanti la sua identificazione sul campo. Pur non esistendo altre segnalazioni accertate per il bacino del Mediterraneo, la Pittima reale d’I-
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di Igor Festari slanda è già stata osservata in Italia, ma sempre nel Meridione. Esistono, infatti, almeno altre 5 precedenti segnalazioni, tutte effettuate in Sicilia: ■ 1 immaturo al 1°inverno osservato il 9/12/2002 alle Saline di Augusta (SR); l’esemplare era stato precedentemente catturato e inanellato in Inghilterra. Osservatore: Andrea Corso et al. ■ 5 individui presenti nell’inverno 2003-2004 alle Saline di Augusta (SR). Osservatore: Andrea Corso. ■ 2 adulti in abito estivo osservati il 21/6/2006 presso Vendicari (SR). Osservatori: Andrea Corso e Angelo Scuderi. ■ 1 adulto in abito estivo segnalato il 21/7/2009 alle Saline di Priolo (SR). Osservatori: Andrea Corso e Gabriele Papale. ■ 1 adulto in abito estivo visto il 25/4/2011 agli stagni di Cuba e Longarini (SR). Osservatori: Carlo Cappuzzello ed Egle Gambino. La presente segnalazione rappresenterebbe, quindi, la sesta per l’Italia e la prima per la Lombardia. Alle suddette ne vanno aggiunte poche altre piuttosto recenti, effettuate in Lazio e nell’Alto Adriatico, ma non adeguatamente supportate da materiale documentale, oppure rivelatesi successivamente errori d’identificazione. Il fatto che alcuni esemplari possano arrivare fin da noi è tutt’altro che improbabile, visto che l’Italia si trova esattamente lungo il prolungamento della linea retta che è possibile tracciare tra i siti di nidificazione (Islanda) e quelli di svernamento (isole Britanniche); effettivamente, durante l’autunno, alcuni esemplari possono essere forzati da condizioni atmosferiche particolarmente avverse a proseguire il loro volo migratorio ben oltre il normale limite della costa atlantica, secondo il modello classico del fenomeno chiamato “overshooting”.
■ Pittima reale d’Islanda (Limosa limosa islandica), immaturo al 1° inverno. Questo esemplare osservato a Casei Gerola (PV) possiede i caratteri identificativi della sottospecie: struttura compatta, becco e zampe corti, colorazione rossiccia vivace, copritrici di ali e dorso contrastate e soprattutto terziarie barrate di nero ed arancione.
■ Pittima reale d’Islanda (Limosa limosa islandica), adulto. Anche in questo esemplare, fotografato in Islanda, si notano la struttura compatta ed il becco corto, caratteri tipici della sottospecie in esame. L’adulto, oltretutto, è largamente sfumato di castano rossiccio e con barre nere nette sulle copritrici delle ali e del ventre.
L’identificazione dell’esemplare osservato al Parco Le Folaghe è stata, contrariamente a quanto farebbe pensare la rarità dell’osservazione, piuttosto semplice. Dopo aver appurato che si trattava di un immaturo al 1° inverno (dalla colorazione generale vivace e dal disegno di scapolari e copritrici alari), è stato possibile rilevare consistenti differenze, sia strutturali sia cromatiche, rispetto agli immaturi della forma nominale che regolarmente sostano nell’area protetta. Tra i caratteri percettibili citiamo: le piccole dimensioni, la struttura visibilmente più compatta e tozza, il collo più corto e spesso, la testa proporzionalmente più grande e arrotondata con becco visibilmente corto e sottile (in effetti, le proporzioni dei quarti anteriori la fanno assomigliare più a un Limnodromus che ad una pittima), le zampe corte con tibia ben più corta del tarso, la notevole sfumatura rosso mattone su collo e petto (mentre in limosa gli immaturi sono al massimo sfumati di ocra o appena aranciati), le copritrici di ali e dorso nere con due
evidenti tacche arancioni in punta e le terziarie nettamente barrate di arancione e nero (la colorazione delle ali e del dorso che ne deriva è, quindi, molto più vivida e contrastata che in limosa). Una miglior conoscenza dei caratteri identificativi di questa forma non potrà che riflettersi in un maggior numero di future segnalazioni, anche per quanto riguarda l’Italia; l’esempio della Pittima reale d’Islanda, inoltre, deve spingerci a cercare altre sottospecie nordiche raramente osservate nel nostro Paese ma sicuramente in grado di raggiungerlo durante le migrazioni e lo svernamento. Queste sono probabilmente attualmente sottostimate per problemi riguardanti il loro riconoscimento sul campo, come ad esempio l’Oca lombardella della Groenlandia (Anser albifrons flavirostris), il Cormo rano atlantico (Phalacrocorax carbo carbo), il Beccaccino d’Islanda (Gallinago gallinago faeroeensis), l’Organetto maggiore (Carduelis flammea rostrata) e lo Zigolo delle nevi d’Islanda (Plectrophenax nivalis insulae).
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Q SPECIE A RISCHIO B
Bentornato Sultano ! Storia del progetto per la reintroduzione del Pollo sultano in Sicilia
I
testo e foto di Massimo Piacentino
l Pollo sultano (Porphyrio porphyrio) è un uccello acquatico strettamente legato alle zone umide d’acqua dolce del Mediterraneo. Questo Rallide, di abitudini tipicamente sedentarie, trova il suo habitat ideale in paludi costiere, canali d’irrigazione, fiumi e invasi artificiali caratterizzati dalla presenza di acque ferme con ampie forma zioni di vegetazione ripariale, come la cannuccia palustre e la tifa. Già dall’Ottocento, a causa della distruzione del suo habitat e dell’intensa persecu
zione diretta, il Pollo sultano ha subito un rapido declino in tutto il suo areale europeo. Fino agli inizi degli anni quaranta per le massaie di Catania era abbastanza comune poter acquistare tra i banchi del mercato una “anatra blu dal becco vermiglio”, piuttosto strana ma buona di sapore, e purtroppo, a causa della pressione venatoria, il Pollo sultano in Sicilia si estinse presumibilmente attorno al 1957. Al momento la sottospecie occidentale por
phyrio è ancora presente nella Penisola Iberica, in aree ristrette e localizzate nel nord Africa (Tunisia, Algeria e Marocco) e in Sardegna. Considerando il suo stato di conservazione, il Pollo sultano è una specie particolarmente protetta nella normativa nazionale, ed è oggetto di un piano d’azione internazionale. È stato inserito inoltre tra le specie meritevoli di usufruire di fondi comuni tari per l’avvio di misure di conservazione (LIFE Natura). Nel 1996, grazie a un’iniziativa congiunta del l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (ora ISPRA) e della LIPU, è nata l’idea di verificare la fattibilità di un progetto sulla reintroduzione del Pollo sultano in Sicilia. Dopo una prima fase di studio e di verifiche tecniche durata tre anni, du rante la quale sono state coinvolte istituzioni quali ad esempio l’Assessorato all’Agricoltura e Foreste della Regione Sicilia e sono stati avviati i contatti per le necessarie collaborazioni, finalmente nell’ot tobre del 2000 si è passati alla fase operativa, con il rilascio dei primi 14 esemplari nel Biviere di Gela. Fino a oggi, con sei differenti liberazioni sono stati rilasciati complessivamente 104 giovani esemplari, di cui 66 alle foci del Simeto, 26 al Biviere di Gela e 12 alle Saline di Siracusa e al Fiume Ciane. Contemporaneamente al primo rilascio è partita l’attività di monitoraggio per seguire l’evolversi
del processo di colonizzazione del nuovo contesto ambientale. In Sicilia, per riformare una popola zione vitale, si è scelto di utilizzare polli sultani provenienti dalla Penisola Iberica, in gran parte nati in cattività nel Centro de Estudio y Proteccion del Medio Natural (CEPMN) gestito dalla Generali tat Valenciana (Conselleria de Medio Ambiente), mentre pochi soggetti di origine selvatica sono stati catturati nell’Albufera di Valencia. La scelta di ricorrere a questi animali è stata dettata non solo dalla volontà di non depauperare le scarse popolazioni selvatiche ancora presenti in Sardegna, ma anche dalla grande esperienza del CEPMN e dalla notevole professionalità e dalla disponibilità a collaborare al progetto siciliano di Juan Antonio Gòmez Lòpez, Direttore del CEPMN. Raggiunta l’indipendenza dai genitori all’età di 3-6 mesi, i Polli sultani nati in Spagna sono stati trasportati a Catania con voli di linea e il giorno successivo, senza nessun periodo di ambientamento in voliera, sono stati rilasciati in perfette condizioni nei siti ritenuti idonei. Nelle reintroduzioni è di notevole importanza verificare i risultati ottenuti attraverso i rilasci per poter capire come i soggetti fondatori reagiscono nell’ambiente naturale, in modo da programmare al meglio la prosecuzione delle attività. Anche per questo motivo, in Sicilia, sono state
■ Le zone umide della piana di Catania sono dominate dal maestoso profilo dell’Etna. L’intensa attività del vul cano influenzò il progetto di reintroduzione: nel dicembre 2002 la pioggia di polveri sulle piste dell’aeroporto Fon tanarossa determinò la sospensione temporanea dei voli, imponendo la modifica del calendario dei rilasci.
■ All’interno del proprio territorio, il Pollo sultano ama spostarsi a piedi, camminando con estrema agilità su suoli ac quitrinosi e tra le canne. All’occorrenza, tuttavia è capace di un volo potente e deciso che utilizza quando deve fuggire da un nemico o quando deve sorprendere un rivale che ha sconfinato.
■ Nella Riserva Naturale Oasi del Simeto i rilasci sono stati effettuati presso la vecchia ansa, un braccio morto del fiume dal valore naturalistico particolarmente elevato, visto che nel canneto nidificano numerosi uccelli acquatici, come Moretta tabaccata (Aythya niroca), Airone rosso (Ardea purpurea) e Sgarza ciuffetto (Ardeola ralloides).
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impegnate ingenti energie per effettuare monito raggi e osservazioni per verificare eventuali nidi ficazioni nei periodi successivi all’immissione dei giovani Polli sultani. Un paio di esemplari in via sperimentale sono stati dotati anche di radiotrasmit tenti per poterne seguire meglio gli spostamenti. Tutto ciò ha permesso di constatare come, fortunatamente, l’inserimento in natura di questo animale sia avvenuto senza eccessivi problemi. Infatti si è riscontrato che dei 104 animali liberati, tutti inanellati, solo 4 sono deceduti (2 per preda zione naturale, 1 probabilmente intossicato e 1 per bracconaggio). Alle foci del Simeto, dove l’habitat risulta parti colarmente favorevole, si sono concentrati gli sforzi di monitoraggio grazie anche alla piena collabora zione tecnico-logistica del direttore dell’oasi, dott. Turrisi. Già nella primavera del 2002 si è registrata la nidificazione di almeno due coppie, con la nascita di ben 5 pulcini! Questo piccolo successo ha alzato il morale dei ricercatori, dimostrando la bontà e la fattibilità del progetto e convincendo anche i più
scettici a continuare. Le osservazioni di diversi individui privi di anello, completamente sviluppati e autonomi, hanno dato prova di come le nidifica zioni abbiano avuto pieno successo, incrementando la popolazione introdotta. Tutto ciò ha dimostrato non solo la velocità con cui i giovani Polli sultani si adattano al nuovo habitat, ma anche la notevole capacità di crescita della specie. L’11 dicembre del 2003 nella Riserva Naturale del Fiume Ciane e delle Saline di Siracusa è avvenuta l’ultima liberazione. Successivamente, infatti, dato il successo registrato, si è deciso di interrompere i rilasci e di intensifi care i monitoraggi per seguire l’evoluzione della situazione, con un crescendo di emozioni e scoperte continue! Degli ultimi esemplari liberati (e inanellati) si sono perse quasi subito le tracce, ma con sorpresa, successivamente, uno di essi è stato avvistato al Simeto e l’anno seguente un altro di questi soggetti ha nidificato con successo all’interno della Riserva Naturale delle Saline di Priolo, portando 2 giovani all’involo.
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■ Alcuni aspetti della biologia del Pollo sultano sono ancora poco noti. In base alle informazioni disponibili, tuttavia, sembra che i rapporti sociali abbiano un ruolo importante nella vita della specie; in particolare, i legami familiari sono molto forti e si mantengono anche dopo il raggiungimento dell’indipendenza dei giovani.
■ Tutti i polli sultani rilasciati in Sicilia sono stati mar cati con due anelli, uno di acciaio inossidabile e l’altro in PVC giallo con due lettere nere che permettono il ricono scimento di ciascun animale. Il soggetto nella foto, ripre so il 27 marzo 2007, è nato il 12 febbraio 2001; in prece denza era già stato filmato mentre accudiva tre pulcini, il 10 settembre 2002.
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Nel settembre 2004, all’interno della Riserva Orientata dell’Oasi del Simeto, veniva già stimata la presenza di almeno 30-35 nuclei riproduttivi. A settembre 2005 le coppie nidificanti raggiungeva no almeno le 40 unità, mentre un altro nucleo ri produttivo si era insediato in corrispondenza dell’in vaso di Ponte Barca (Paternò, CT). Altre importanti osservazioni venivano fatte al Biviere di Gela, al Pantano Cuba dove nel 2005 una coppia portava all’involo 2 giovani, alla foce dell’Irminio, al lago di Pergusa (EN) e nel Pantano Murana (TP), dimo strando come diversi esemplari si siano dispersi, co lonizzando nuovi biotopi nei vari angoli dell’isola. A fine 2009 un esemplare di Pollo sultano, pre sumibilmente di origine siciliana, viene ritrovato a Malta, dimostrando la tendenza all’espansione di questa specie. I dati disponibili a tutto il 2008 indicano come la popolazione reintrodotta goda di buona salute, sia in fase di crescita e si stia diffondendo in tutte
■ Benché sia privo di zampe palmate, il Pollo sultano nuota agilmente ed è capace di attraversare ampi specchi d’ac qua. Il nuoto riveste anche un significato territoriale perché consente di mettere in risalto alcuni segnali visivi, quali il bianco del sottocoda ed il rosso del becco.
le zone umide con caratteristiche ambientali idonee. La presenza nel 2008 di 108-132 coppie nidificanti, distribuite in otto ambiti geografici diversi, lascia ritenere che le previsioni effettuate nel piano di fattibilità del progetto di reintroduzione fossero corrette in quanto: ■ sull’isola possono vivere almeno 150-230 cop pie, sulla base dell’estensione e delle caratte ristiche delle principali zone umide presenti lungo la fascia costiera; ■ tutte le zone umide idonee possono essere rag giunte e colonizzate, garantendo la creazione di diverse meta-popolazioni vitali. Attualmente si intende proseguire il lavoro di monitoraggio delle zone umide. Chiunque avesse dati al riguardo può contribuire al progetto, comuni candoli a: alessandro.andreotti@ispra.it. Questo per avere conferma del buon andamento del progetto di reintroduzione, nonchè per acquisire nuovi dati sul la biologia di questa specie, sino a ora poco studiata. Sulla base dei dati finora raccolti, a oltre dieci anni dall’inizio del progetto, sembrerebbe che l’in
tento di ricreare una popolazione vitale e diffusa in tutta la Sicilia sia stato raggiunto. Più impegnativo e difficile sarà garantire la sopravvivenza del Pollo sultano nel lungo periodo: per questo già da ora si sta lavorando alla creazione o al ripristino di nuovi ambienti idonei a ospitare la specie. Parallelamente sarà fondamentale diffondere sull’isola la consape volezza dell’importanza della tutela delle zone umi de, veri e propri forzieri di biodiversità, da gestire e preservare con cura. L’impresa è certamente ardua e difficile, ma l’entusiasmo che ha sempre circondato i fautori di questo progetto (da Alessando Andreotti a Renzo Ientile, da Emilio Giudice ad Andrea Ciac cio, da Ariel Brunner a Marco Gustin, per citarne solo alcuni) fa ben sperare. I buoni risultati fino a oggi raggiunti sicuramente incoraggiano a non lasciare nulla d’intentato. In ogni caso, bentornato Sultano!! Ringraziamenti Ringrazio (anche a nome del Pollo sultano...) il dott. A. Andreotti e il dott. R. Ientile per la loro professionalità e la loro amicizia.
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Q IDENTIFICAZIONE B
Antonello Turri
d i palo in frasca il genere Saxicola in Italia
Togliamoci ogni dubbio sul riconoscimento di Saltimpalo, Stiaccino e Saltimpalo siberiano
sto ad un’intensa revisione sistematica grazie a lavo ri di genetica molecolare. Tradizionalmente, il Sal timpalo comune era considerato una specie singola, con il nome scientifico di S. torquata, e numero se sottospecie allopatriche a distribuzione europea, asiatica ed africana. Ricerche tassonomiche più re centi tendono a splittare questo complesso in diverse unità autonome; alcuni autori ne riconoscono alme no sei. Un recente studio basato sulla variazione ge ografica nel DNA mitocondriale, infatti, attribuisce lo status di specie filogenetica e biologica a S. torquata (Africa sub-sahariana ed Arabia), S. rubicola (Paleartico occidentale), S. maurus (Paleartico cen trale) e a S. stejnegeri (Paleartico orientale), anche se non tutti gli Autori concordano con questa con clusione, auspicando maggiori studi nelle potenzia li aree d’ibridazione e/o intergradazione, soprattutto per quanto riguarda gli asiatici maurus e stejnegeri.
■ Stiaccino (Saxicola rubetra), maschio adulto. Assolutamente inconfondibile, grazie al sopracciglio bianco e la sfu matura arancio sul petto; il maschio è riconoscibile per il disegno contrastato e la maschera auricolare nera e netta. ■ Stiaccino (Saxicola rubetra), femmina adulta. Le guance brunastre e la sfumatura slavata sulle parti inferiori identi ficano le femmine; il disegno “a scaglie di tartaruga” del dorso, l’alula bianca e nera ed il sopracciglio contrastato sono invece caratteri diagnostici della specie. Gianni Conca
I
l genere Saxicola comprende 15 specie a distri buzione paleartica ed afro-tropicale. Questo gruppo, appartenente alla famiglia dei Muscicapidae, si fa notare per le dimensioni picco le, la sagoma tozza e tondeggiante (enfatizzata dalla brevità della coda e delle ali) e le tonalità brunastre e rossicce del piumaggio. Le specie appartenenti a questo genere hanno l’abitudine di sfruttare posatoi elevati, come sterpi, cespugli, paletti o cavi aerei, sui quali sostano in po sizione eretta, dominando spazi aperti e cespugliosi. Ci occupiamo in questo articolo delle specie che incontriamo più spesso durante le nostre uscite di birdwatching, lo Stiaccino (S. rubetra) ed il Saltim palo (S. rubicola), ma anche di una specie intrigante e di comparsa rara ed irregolare in Italia (ma forse sottostimata), il Saltimpalo siberiano (S. maurus). Recentemente il genere Saxicola è stato sottopo
di Gianluigi Castelli e Igor Festari
Stiaccino Si tratta di specie monotipica a distribuzione euroasiatica; in Italia è migratore e nidificante nelle zone montane del continente tra i 1100 e i 2200 me tri. Il birdwatcher alle prime armi ‘inciampa’ spesso nella distinzione tra Stiaccino e Saltimpalo; infatti, pur essendo facilmente separabili in abito riprodut tivo, le due specie presentano a prima vista simili tudini che traggono spesso in inganno negli abiti giovanili e nelle femmine, in particolare d’autun no. Incominciamo subito col dire che lo Stiaccino è sempre separabile dal congenere in qualsiasi età ed abito per la presenza di un netto sopracciglio chia ro e soprattutto per la metà basale biancastra della coda, per la struttura più affusolata e, soprattutto, per le ali più lunghe (con proiezione delle primarie pari alla lunghezza delle terziarie). Partiamo subito
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e vediamo brevemente da vicino come si presenta lo Stiaccino in abito nuziale. Il maschio adulto ha mantello e calotta nerastri con sfumature fulve ta li da creare un caratteristico disegno a “scaglie di tartaruga”, ed il groppone è variegato come le parti superiori. Presenta sui lati della testa una mascheri na scura circondata da due strie bianche: il grande sopracciglio e la stria malare sulla gola. Il petto ha una tinta arancione che sfuma verso il ventre bian castro. Come già anticipato, si deve fare attenzione alla coda che presenta quasi tutte le timoniere con base completamente bianca. Le ali sono scure con una fascetta biancastra evidente a livello dell’alula e delle copritrici minori. Il becco e le zampe sono neri. In abito invernale i disegni sono simili ma con colori più spenti, meno contrastati, più simili a quel
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li delle femmine. Il petto appare macchiettato ed il sopracciglio sfumato di ocra, mentre la stria malare è impercettibile. Le femmine appaiono simili ai maschi ma meno distintamente marcate, più pallide nell’insieme, sia in abito riproduttivo che invernale, con sopracciglio fulvo chiaro anziché bianco (anche se sempre molto evidente) e mascherina sfumata di bruno. Il dorso ha il tipico aspetto scaglioso ed il petto è ocra-rosato, piuttosto che rosso-aranciato. In genere ricordiamo ci che tutti gli abiti dello Stiaccino sono molto simili tra loro in autunno, con piumaggio praticamente in distinguibile da quello delle femmine in estate, per la presenza di evidenti bordi apicali chiari a mezza luna sulle penne del mantello e delle scapolari. Con l’inizio dell’estate iniziano a comparire i giovani, dal piumaggio variegato a scaglie, molto
■ Saltimpalo (Saxicola rubicola), maschio adulto. Si distingue dal Saltimpalo siberiano per la vivace e molto estesa tinta rossiccia del petto e dei fianchi, per il cappuc cio nero sviluppato e per le macchie bianche sul collo di dimensioni limitate.
■ Saltimpalo (Saxicola rubicola), femmina adulta. La colorazione scialba è tipica delle femmine, mentre la qua si totale assenza di sopracciglio e la gola brunastra distin gue questa specie dal cugino siberiano che ha sopracciglio pallido evidente e gola senza pigmentazione scura.
Gianni Conca
un esame più approfondito, questi soggetti mostra no almeno una o più copritrici caudali superiori con gocciolatura scura all’estremità. Il petto è fulvoarancio vivo, la colorazione sfuma poi sui fianchi e degrada verso ventre e sottocoda bianchi. Spesso i fianchi in periodo primaverile presentano un aspet to grigiastro con la presenza di lunghe e sottili stria ture scure appena sopra le zampe, caratteristica ti pica di rubicola e che conferisce a questi individui un aspetto ‘sporco’. A livello delle scapolari si nota la presenza di un piccolo specchio bianco. Le copri trici sottoalari sono per lo più grigie inframmezzate di bianco nella forma nominale o di ocra-fulvo ne gli esemplari della forma occidentale hibernans. La coda appare nera e abbastanza corta. In tarda esta te, gli adulti acquisiscono una livrea simile nel di segno, ma più bruna e rossiccia. L’aspetto generale è pertanto meno vivace e marcato rispetto all’abito nuziale, con il nero del capo e del dorso più limita to e lunettato di ocra, mentre il groppone assume un aspetto maculato con la parte centrale parzialmente oscurata da una colorazione brunastra. Il dimorfismo sessuale nei saltimpali è piutto sto pronunciato nel piumaggio nuziale e la determi
Roberto Lerco
Gianni Conca
■ Stiaccino (Saxicola rubetra), immaturo al 1° inverno. Negli immaturi il piumaggio appare fresco ma poco contra stato, senza disegni neri e tinte arancioni vivaci; inoltre, le aree chiare (sopracciglio, ventre e sottocoda) sono uniforme mente sfumate di ocra-giallastro.
quelle nidificanti nel Bacino mediterraneo, Italia compresa, appaiono più pallide, contrastate e con bianco più esteso, soprattutto su ventre e groppo ne (rendendo più complicato il riconoscimento del Saltimpalo siberiano); questo fenomeno è dovuto soprattutto alla maggiore e più rapida abrasione del piumaggio in climi caldi ed assolati. Vediamo ora le caratteristiche salienti per l’i dentificazione. Il Saltimpalo risulta strutturalmente differente dallo Stiaccino per la sua corporatura più arrotondata, con coda leggermente più lunga ed ali più corte (la proiezione delle primarie è meno del la metà della lunghezza delle terziarie), testa piut tosto grossa e collo taurino. Il maschio adulto in abito nuziale presenta un piumaggio inconfondibile con testa, gola e mento neri, senza sopracciglio ma con due sottili tacche bianche ai lati del collo che si prolungano non oltre la piega dell’ala. Il groppone ed il sopracoda sono chiari con la presenza di dia gnostiche striature nerastre all’estremità delle sin gole piume. Questo è un carattere costante anche in quei pochi individui di rubicola che presentano un groppone in apparenza biancastro e che possono far superficialmente pensare a maurus; infatti, ad
simili a quelli di altre specie, tra le quali Saltimpalo, cul bi anchi e monachelle, ecc. Il piumaggio del lo Stiaccino immaturo appare più sbiadito e con disegni meno marcati rispetto all’adulto. Appare, quindi, più simile al giovane di Saltimpalo, ma pre senta un tonalità generale più fulva e la diagnosti ca presenza del netto sopracciglio. Le redini sono nerastre, mentre le guance e le copritrici auricolari bruno fulve. Le remiganti e le copritrici alari, sulle quali si nota la presenza del caratteristico specchio bianco, presentano una colorazione simile a quella degli adulti. Le parti inferiori, invece, appaiono ocra e occasionalmente il petto appare soffuso di una cal da tonalità giallo-brunastra. Il groppone color can nella pallido risulta macchiato di nero fino alla base della coda, che è ocra e non biancastra come negli adulti, ma con lo stesso forte contrasto in volo.
Saltimpalo Specie politipica diffusa in Europa con due sot tospecie: hibernans (isole britanniche e coste atlan tiche dai Paesi bassi alla Spagna) e rubicola (dal l’Europa continentale e Nord Africa, fino al Cau caso settentrionale), tra loro intergradanti e di dif
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ficile riconoscimento, soprattutto sul campo. Nel nostro paese la forma nominale è parzialmente se dentaria, migratrice regolare e nidificante nelle zo ne adatte, dalla pianura ai monti fino a 1500 me tri. Rispetto alle popolazioni dell’Europa centrale,
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nazione del sesso è solitamente un compito facile. Le femmine hanno in genere un piumaggio meno contrastato bruno-grigiastro (più scuro che nello Stiaccino) con testa e dorso chiari e la presenza di un semicollare decisamente poco marcato o addirit tura assente. Il petto ha una tonalità arancio slavato e la gola mostra spesso un alone scuro, a volte nera stro in primavera. Il sopracciglio è sfumato e poco evidente, a volte del tutto assente. Lo specchio ala re chiaro è molto ridotto e slavato; groppone e so pracoda sono piuttosto scuri, di un bruno rossiccio intenso senza particolare contrasto con le parti su periori e con marcate striature nere. Alcune femmi ne di rubicola appaiono però incredibilmente scure e molto contrastate in abito riproduttivo, a seguito dell’effetto d’abrasione, risultando molto simili ai maschi, al punto tale da rendere molto difficile l’i dentificazione del sesso. I giovani di Saltimpalo presentano un piumag
di rubicola sono molto variabili nel disegno e nella colorazione generale, soprattutto nell’Europa me diterranea, dove appaiono mediamente più pallidi, sbiaditi e quindi più simili al cugino siberiano, che in tal modo può passare facilmente inosservato! In generale però i maschi di maurus presentano una combinazione di caratteristiche abbastanza origi nale: pannello scapolare bianco più esteso, spesso molto grande e ben contrastante con le copritrici del mantello, le quali a loro volta sono più scure, tanto da formare un’evidente “sella” nera sul dor so; semicollari bianchi più sviluppati, che dai lati del collo si allungano fin quasi a toccarsi sulla nuca (da una certa distanza e da particolari angolazioni, l’animale sembra provvisto di un collare comple to, con cappuccio nero del tutto staccato rispetto al dorso); colorazione delle parti inferiori più pallida e contrastata, con pigmentazione rosso-arancio me no estesa, isolata al centro del petto e ben demarca ta rispetto a ventre e sottocoda bianchi; in piumag gio fresco, dall’inverno all’inizio della primavera, inoltre, i bordini delle piume e delle penne tendono ad essere di un colore più freddo, ocra-grigiastro, rispetto alla sfumatura calda, bruno-rossiccia, del rubicola; infine, il sottoala è più o meno uniforme
Niranjan-Sant
Giuseppe Passacantando
■ Saltimpalo (Saxicola rubicola), giovane. I giovani del genere Saxicola e di altri muscicapidi hanno aspetto mimeti co, grigio-marrone macchiettato di scuro e ocra. L’assenza di sopracciglio e le tonalità cupe del piumaggio sono tipiche del Saltimpalo, mentre il giovane di Stiaccino e Saltimpalo siberiano hanno livrea più chiara, variegata e contrastata.
nidifica essenzialmente nell’Asia del nord, ad est del Mar Caspio e dei monti Urali, e sverna più a sud, dal Medio Oriente all’India, fino all’Indone sia. Però, durante le migrazioni, principalmente in autunno, appare regolarmente (anche se in numero variabile) nell’Europa centro-occidentale, con nu merose osservazioni lungo le coste atlantiche e nel la Scandinavia meridionale; anche se è tuttora con siderata molto rara in Italia, con poche osservazio ni valide comprovate da fotografie. La sua fenolo gia nel nostro continente implica che questa specie possa essere più comune nel nostro Paese di quanto normalmente si pensi. La scarsità di osservazioni, quindi, sarebbe da imputarsi più ad una sottostima degli effettivi che non alla vera rarità della specie. Il riconoscimento del maurus dal Saltimpalo può ri sultare, in effetti, piuttosto problematico, anche se, osservando i caratteri giusti, è sempre possibile por tarlo a termine con successo; sicuramente, un primo luogo comune da sfatare è quello secondo cui gli immaturi al 1° inverno (più probabili in Italia da un punto di vista fenologico) siano i più difficili da ri conoscere, solo perché più smorti e meno colorati... Questo non è assolutamente vero! Anzi, in questo caso vale la regola contraria: infatti, i maschi adulti
gio spento, con parti superiori marroni o nerastre, testa bruna con strie fulve e parti superiori con netti triangolini ocra-giallastri all’apice delle copritrici, formanti un disegno marezzato. Il groppone è ros siccio con macchie e strie nere, come nella femmi na. La gola è variabile (chiara in alcune femmine o velata di scuro negli altri individui), mentre sopra all’occhio si osserva a volte un sopracciglio tenue e sfumato. Le parti inferiori non sono mai rossicce come negli adulti, bensì sfumate di ocra-fulviccio, un po’ più carico sul petto. Le penne delle ali, so prattutto quando sono state mutate da poco, sono scure con sottili bordini chiari. Nel complesso, il giovane Saltimpalo appare più scuro del giovane di Stiaccino, che al contrario sfoggia un netto soprac ciglio chiaro, parti inferiori più pallide, un pannello alare nettamente bincastro, una più vivace colora zione a scaglie del dorso ed anche una proiezione delle primarie molto più lunga.
Saltimpalo siberiano Dopo aver descritto ogni minimo particolare del piumaggio delle due specie regolari nel nostro Paese, cimentiamoci ora nell’identificazione di un
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uccello molto simile, oltreché strettamente imparen tato con le suddette, ma assai più raro: il Saltimpalo siberiano. Come ci ricorda il nome, questa specie
■ Saltimpalo siberiano (Saxicola maurus maurus), maschio adulto. Il cappuccio nero poco esteso sulla gola, la sfuma tura rossiccia pallida e limitata al centro del petto, le macchie bianche sul collo molto estese (che quasi si toccano sulla nuca), il dorso variegato e le primarie abbastanza lunghe sono caratteri tipici di questo accidentale siberiano.
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Quante osservazioni di siberiano in Italia ? Il Saltimpalo siberiano è considerato di com parsa rara e irregolare; Brichetti e Fracasso, nel 2008, indicano solo 8 osservazioni recenti, defi nite “non esaminate dalla COI e in alcuni casi non 26/01/2007. Canale Cavour (VC) 8/11/2007. Ceggia (VE) 10/11/2007. Bocca di Serchio (PI) 14/10/2008. Albate-Bassone (CO)
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12/02/2009. Foce Acquicella (CT) 27/10/2009. Linosa (AG)
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supportate da documentazione o descrizione det tagliata”. A quelle sopra indicate devono essere aggiun te le seguenti: D. Di Noia: Annuario EBN Italia A. Nardo: Annuario EBN Italia A. Quaglierini: Annuario EBN Italia M. Brambilla: discussione http://www.ebnitalia.it/ public/forum/viewtopic.php?f=4&t=187 A. Corso: Annuario EBN Italia A. Corso, I. Majorano: Annuario EBN Italia
Queste segnalazioni, come già accennato in precedenza, fanno supporre una presenza rara ma rego lare in Italia.
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■ Saltimpalo siberiano (Saxicola maurus maurus), fem mina o immaturo al 1° inverno. La gola appare scura ma si tratta solo di un effetto di ombra delle piume copritri ci; il Saltimpalo siberiano non ha mai pigmento scuro sot to il becco. Il groppone immacolato è un altro carattere diagnostico della specie.
mente nerastro, con pochissime lunette biancastre, non grigiastro largamente marezzato di chiaro co me nel Saltimpalo comune. Il carattere da sempre considerato più importante e diagnostico nel rico noscimento di questa specie rimane comunque il colore del groppone: nel maurus, infatti è del tutto bianco candido, dalle copritrici superiori del sopra coda all’attaccatura delle timoniere (queste ultime nerastre); sul campo, però, bisogna stare attenti e verificare bene in quanto la variabilità delle popo lazioni mediterranee di rubicola è grande, ed alcuni maschi possono avere groppone largamente bianca stro, anche se, come è già stato detto in preceden za, anche negli esemplari più chiari di questa specie almeno alcune copritrici del sopracoda possiedono strie scure lungo il rachide, le quali interrompono la continuità e l’uniformità del bianco. Le femmine adulte e gli immaturi al primo in verno si assomigliano ed appaiono molto dissimili dai maschi adulti; passiamo, quindi, ad analizzarne i caratteri identificativi. La proiezione delle prima rie è leggermente più lunga rispetto a quella di rubicola, ma comunque corta e pari a meno di 2/3 della lunghezza delle terziarie. La colorazione generale è assai pallida, dominata da freddi toni ocra-grigiastri (mai bruno-rossicci come nel cugino europeo): il dorso è tipicamente striato di chiaro e scuro, ma la differenza è minima, tanto che da lontano può ap parire uniformemente bruno-grigiastro, e le parti in feriori sono biancastre sfumate di color crema, più intenso su petto e fianchi. La gola è sempre chiara, biancastra, senza l’alone scuro spesso presente nel
■ Saltimpalo siberiano (Saxicola maurus maurus), immaturo al 1° inverno. L’immaturo di questa specie è molto di verso da quello del Saltimpalo, con piumaggio più variegato (soprattutto le ali), sopracciglio bianco esteso e groppone chiaro sfumato di ocra. Si distingue invece dallo Stiaccino per il sopracciglio più sottile, per la struttura generale, la man canza di macchie sul groppone e le primarie notevolmente più corte.
le femmine e negli immaturi di Saltimpalo; questo è un carattere importante: se presente, infatti, la pig mentazione scura sulla gola elimina in maniera de finitiva il Saltimpalo siberiano (attenzione quindi a non confondere l’ombra scura tra le piume arruffate per colorazione nerastra)..! Inoltre, il groppone, co me già detto per i maschi adulti, è uniformemente chiaro: all’inizio dell’autunno appare ocra intenso o addirittura sfumato di arancione, mentre con l’an dar del tempo sbiadisce fino a diventare biancastro (molto contrastante con la coda scura) all’inizio della primavera. Il disegno della testa è solitamente diagnostico: a parte la già citata gola chiara, è pre sente un evidente sopracciglio biancastro o sfumato di ocra, che dalla base del becco tende ad ampliar si a ventaglio fino al retro delle copritrici auricola ri. Nel Saltimpalo, invece, il sopracciglio è appena percettibile, sfumato o del tutto assente. A questo punto va ribadito una volta per tutte che, anche se smorti e meno appariscenti dei maschi in abito ri produttivo, gli immaturi e le femmine di Saltimpalo siberiano sono più facili da riconoscere dai rispet tivi piumaggi di Saltimpalo. Questo perché la co
lorazione generale pallida e fredda, la gola chiara, l’evidente sopracciglio, il dorso pallido e striato, il groppone ocra uniforme ed i bordini chiari spessi sulle penne di ali e coda formano una combinazione di caratteri unica e diagnostica. L’aspetto generale così riassunto può far pensare di più all’immaturo di Stiaccino, ma in realtà il Saltimpalo siberiano diffe risce da quest’ultima specie sia nella struttura (pro porzioni più tozze, collo taurino e proiezione delle primarie molto più corta) che nella colorazione (co da senza bianco alla base delle timoniere, dorso più chiaro e meno macchiettato, groppone uniforme mente pallido, ecc.); anche il sopracciglio chiaro, presente e ben sviluppato in entrambe le specie, dif ferisce nettamente, dato che nello Stiaccino è molto più netto (in quanto contrasta con guance e vertice più scuri), più allungato (visto che continua fin qua si alla nuca) e non si allarga a ventaglio verso l’e stremità posteriore (i bordi sono paralleli per tutta la lunghezza).
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di Giuseppe Speranza Gavine (Larus canus) della stagione, magari di uno Zafferano (L. fuscus) o di Gabbianelli (Hydroco loeus minutus), già avvistati pochi giorni prima nella vicina Riserva dei Canneti di San Cristoforo, nella parte settentrionale del lago. Mentre mi avvedo soddisfatto dell’effettiva presenza di alcune Gavine imbrancate in un folto gruppo di Gabbiani comuni (Chroicocephalus ridibundus), scorgo in lontananza una figura non comune e dal comportamento singolare. Il picchiettare continuo, frenetico, definirei quasi nevrotico del lungo becco sulla superficie dell’acqua mi appare subito diagnostico per limitare la sfera delle ipotesi al genere Phalaropus, che compren-
Maurizio Sighele
l 21 ottobre 2011 è un venerdì di lavoro come tanti, ma in ufficio faccio fatica a concentrarmi. Decido così di prendermi una pausa salutare e un po’ speciale: all’ora di pranzo mi reco a fare birdwatching lungo le rive del Lago di Caldonazzo (TN). Il lago, situato lungo la Valsugana a pochi chilometri da Trento, è un luogo di interesse ornitologico soprattutto in periodo di migrazioni, essendo una delle poche aree di sosta per gli uccelli acquatici che attraversano le Alpi centro-orientali. Per questo parto fiducioso e pieno di aspettative. Sono sul prato di Calceranica da pochi minuti, monto il cavalletto e con il cannocchiale inizio a scrutare il centro del lago alla ricerca delle prime
■ Lago di Caldonazzo. La ricerca di uccelli acquatici estremamente rari, come questo Falaropo beccolargo, spinge i birders all’uso di mezzi estremi, come l’affitto di un’imbarcazione per raggiungere il centro di laghi o bacini artificiali; un’ulteriore ricompensa per questa fatica è data dallo splendido paesaggio che si gode dal centro del lago.
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Roberto Lerco
U n falaropo alpino
■ Falaropo beccolargo (Phalaropus fulicarius). Praticamente tutte le fotografie che ritraggono i falaropi in Italia, mostrano esemplari che nuotano nelle acque aperte; questo non fa che ribadire il comportamento strettamente acquatico di queste specie e la loro netta preferenza, dal punto di vista ambientale, per i bacini idrici ed il mare aperto.
de solo tre specie, due delle quali di comparsa più o meno regolare in Italia: il Falaropo beccosottile (P. lobatus), migratore regolare ma con scarse presenze, e il Falaropo beccolargo (P. fulicarius), più raro. Purtroppo il limicolo é a notevole distanza (almeno 500 m dalla riva) e, quando mi sembra di averlo inquadrato a un ingrandimento accettabile, sparisce dalla vista inghiottito dall’effetto del riverbero delle correnti d’aria sull’acqua. La giornata è calda e luminosa e fa seguito a una breve ma intensa perturbazione protrattasi fino alla mattina del giorno prima. Sono emozionato e finanche preoccupato, mi rendo conto che si tratta di una rarità che travalica i confini locali e il mio dovere di birder è quello di rendere tale evento archiviabile in modo ufficiale. Un senso di frustrazione mi invade quando provo ad andare sulla riva opposta del lago convinto di riuscire a osservarlo a una distanza di decine e non di centinaia di metri. Per ben due volte provo a contattarlo dalla sponda orientale col binocolo e il cannocchiale, ma niente, sembra un fantasma che si palesa solo se lo si osserva da quella che ritenevo essere la riva più lontana. Inizio anche a dubitare di ciò che ho visto, ma ogni qualvolta torno a Calceranica
mi tranquillizzo vedendo che è sempre nello stesso specchio d’acqua dove, da quasi un paio d’ore, non fa altro che muoversi disordinatamente a destra, a sinistra, avanti e indietro, sempre su e giù con il collo e il becco che mi sembra lungo e sottile, tanto che in lista invio un messaggio di “alert” dal titolo: “Avvistamento di Falaropo beccosottile al Lago di Caldonazzo”. Ma la realtà riesce talvolta a superare la fantasia. Si tratta di una specie ancora più rara per il nostro Paese: un Falaropo beccolargo! Però questo lo scoprirò solo l’indomani, dopo una notte insonne e grazie all’aiuto di Maurizio Azzolini, Paolo Bertini, Marco Cabassa e Karol Tabarelli de Fatis. Maurizio Azzolini sarà il primo a identificarlo correttamente già a notevole distanza per comparazione con un vicino Germano reale (Anas platyrhynchos), ma la certezza l’avremo solo dopo averlo avvicinato, facendo attenzione a non recare alcun disturbo a questo piccolo limicolo in sosta durante uno dei viaggi migratori più lunghi tra quelli noti in natura. Oltre alla forma del becco, anche la sua colorazione consente di distinguerlo dal congenere: il beccolargo adulto a inizio inverno ha solitamente una colora-
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Karol Tabarelli de Fatis
Falaropo beccolargo (Phalaropus fulicarius) Il Falaropo beccolargo (Phalaropus fulicari us) è una specie monotipica appartenente alla famiglia degli Scolopacidi. Rispetto al congenere Falaropo beccosottile (Phalaropus lobatus) è più spiccatamente pelagica. Nidifica nelle regioni artiche del Nord America e dell’Eurasia, dal 60° all’80° di latitudine nord, per poi migrare lungo rotte oceaniche e svernare in mare aperto negli oceani tropicali: Pacifico e Atlantico australi. Il grosso della popolazione europea nidifica lungo le coste delle isole Svalbard con una popolazione stimata di 200-1.000 coppie, altre 150500 coppie sono stimate in Groenlandia, mentre resistono poche decine di coppie in Islanda (limite meridionale del suo areale) e nella fascia settentrionale della Russia europea. La maggior parte della popolazione mondiale nidifica in Alaska, Canada e Siberia settentrionali con un totale stimato di circa 1 milione di coppie. Grazie al numero elevato e all’ampia estensione del suo areale, il suo status di conservazione è considerato a rischio minimo, ma negli ultimi decenni sono noti trend di decrescita in molte aree. Le minacce principali sono rappresentate dall’inquinamento da petrolio nei siti di sosta e svernamento e dal diffondersi di pozzi petroliferi nei quartieri di nidificazione. Ha una lunghezza media di circa 21 cm, dita lobate e becco diritto, lungo e sottile, ma più spesso di quello del Falaropo beccosottile. Il beccosottile è più piccolo, misura mediamente 18 cm di lunghezza, ha il collo meno robusto e il becco a spillo, ma questi caratteri si riescono ad apprezzare solo a distanza ravvicinata. In abito estivo le due specie sono chiaramente distinguibili e in entrambe è la femmina che presenta colori più sgargianti, come è tipico nelle specie in cui è il maschio a occuparsi della cova e delle cure parentali. In inverno i sessi sono praticamente indistinguibili, mentre le due specie si riconoscono per il tono di grigio delle parti superiori (chiaro e omogeneo nel beccolargo, scuro con strisce bianche nel beccosottile) oltre che per forma, struttura e colore del becco (con base gialla nel beccolargo soprattutto a inizio inverno, come nell’individuo osservato in Trentino). In volo entrambi presentano una barra alare bianca, sottile e di spessore uniforme nel beccosottile e più larga soprattutto nelle secondarie interne nel beccolargo, nel quale produce un contra-
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sto meno marcato per via delle copritrici grigie. Gli individui al primo inverno differiscono dagli adulti per qualche traccia scura nella parte posteriore del collo, oltre che per remiganti nere e parte delle copritrici brunastre. Il Falaropo beccolargo si alimenta di minu scoli invertebrati acquatici sulla superficie del l’acqua, idrozoi e piccoli crostacei, e in pieno oceano è stato osservato spesso in compagnia di altri uccelli marini approfittare delle opportu nità di foraggiamento offerte da Balene grigie (Eschrichtius robustus) in alimentazione. Siccome non ha una struttura corporea adatta all’immersione, utilizza il becco per descrivere movimenti circolari sulla superficie dell’acqua, formando piccoli mulinelli che portano in superficie il cibo di cui si nutre. Il movimento di apertura e chiusura del lungo becco crea una tensione superficiale che spinge velocemente le gocce d’acqua ricche di sostanze nutritive nella bocca, ma questa abilità lo rende particolarmente vulnerabile in caso di inquinanti disciolti o dispersi nelle acque. A differenza del beccosottile, che utilizza prevalentemente rotte migratorie interne, il beccolar go attraversa gli oceani, per cui viene difficilmente osservato in Europa continentale se non a seguito di fenomeni atmosferici avversi di particolare intensità che lo spingono lontano dalle rotte principali. Da notare che nello stesso giorno in cui veniva ammirato il beccolargo in Trentino, Andrea Corso e altri birders del nodo romano GROB avvistavano un altro esemplare conspecifico al largo dell’isola di Ventotene (LT), nelle isole Pontine, mentre un terzo fulicarius veniva osservato il 6 novembre da Cristiano Liuzzi a Torre Canne, sulle coste brindisine. Un numero di avvistamenti quasi da record in Italia, dove nell’ultimo secolo e mezzo sono note poco più di 50 segnalazioni. Otto di queste sono riferibili agli ultimi cinque anni: segnale di una tendenza in atto o pura casualità statistica?
■ Falaropo beccolargo (Phalaropus fulicarius). La colorazione bianca sotto e grigia sopra con segni neri sulla testa i fianchi e le copritrici delle ali è tipica della livrea invernale, non riproduttiva. Le dimensioni del becco (spesso e tozzo), la mascherina scura estesa e le strie sui fianchi fini e nette distinguono questa specie dal cugino beccosottile (P. lobatus).
zione gialla alla base del becco, residuo dell’abito estivo, mentre il beccosottile presenta sempre un becco di colore nero. Saranno meno di una decina quelli che riusciranno a vederlo durante il sabato 22 ottobre. Lui è tanto confidente da lasciarsi avvicinare a una distanza che solo i limicoli dell’estremo nord riescono a regalare. E io mi sento quasi imbarazzato per aver osato invadere il suo spazio vitale, quello di un nativo dell’Artico che qualche strana corrente e tempesta d’alta quota ha dirottato verso est facendogli abbandonare la rotta atlantica che avrebbe dovuto portarlo a svernare in pieno oceano Atlantico, a ovest dell’Africa centro-meridionale. I suoi occhi scuri ci scrutano interrogandosi su chissà quale alchimia l’abbia trascinato al centro di questa scena, tra decine di click e sguardi affascinati da tanto candore. Scoprirò poi che era da quasi 150 anni che in Trentino non veniva avvistata questa specie, non comune nemmeno nel resto d’Italia e dell’Europa continentale. Il Falaropo beccolargo è quasi esclusivamente pelagico, più facile da avvistare navigando a bordo di un cargo in pieno oceano piuttosto che solcando mari interni e, men che meno, nei bacini d’acqua dolce. Dopo essersi rifocillato a sufficienza, il falaropo “alpino” ha iniziato a intervallare i pasti con brevi voli a pelo d’acqua, sintomo di un’irrequietezza migratoria che andava montando, per poi sparire dalla nostra vista la sera stessa. Nei giorni a seguire non sarà più ricontattato, nonostante la presenza di numerosi birders giunti da diverse regioni del Nord Italia. Con loro abbiamo scrutato senza successo ogni angolo del lago alpino, la cui magia rischia in
un futuro non troppo lontano di essere spazzata via da speculatori senza scrupoli e da urbanisti improvvisati. Si fanno sempre più concrete, infatti, le minacce di sfruttamento commerciale delle aree a ridosso del lago con costruzione di parcheggi, campi da golf, parchi tematici e piste ciclo-pedonali dove oggi sorgono gli ultimi lembi di canneto. Ancora una volta, dietro la cosiddetta “riqualificazione ambientale” si nascondono operazioni speculative senza alcuna utilità per la collettività locale e assolutamente irreversibili per l’ambiente. Bibliografia Brichetti P. e Fracasso G., 2004. Ornitologia Italiana. I den tificazione, distribuzione, consistenza e movimenti degli uccelli italiani, Vol. 2 Tetraonidae-Scolopacidae. Alberto Perdisa Editore, Bologna. Festari I., 2003. Falaropi d’inverno. Considerazioni feno logiche. Quaderni di Birdwatching, Anno V, vol. 9, aprile 2003. Lausetti M., 2003. Che falaropo è quello? Quaderni di Birdwatching, Anno V, vol. 9, aprile 2003. Message S. and Taylor D., 2006. Shorebirds of North America, Europe and Asia. A Guide to Field Identification. Princeton University Press. Obst B.S. and Hunt G.L. Jr., 1990. Marine Birds Feed at Gray Whale Mud Plumes in the Bering Sea. The Auk, Vol. 107 (4): 678-688. Pedrini P., Caldonazzi M., Zanghellini S., 2005. Atlante degli Uccelli nidificanti e svernanti in provincia di Trento. Museo Tridentino di Scienze Naturali, Trento. Prakash M., Quéré D. and Bush J.W.M., 2008. Surface Tension Transport of Prey by Feeding Shorebirds: The Capillary Ratchet. Science, 16 May 2008: 931-934. Van Duivendijk N. 2010. Advanced Bird Id Guide: ID of Every Plumage of Every Western Palearctic Species”. New Holland Publishers Ltd.
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L abbo codalunga... ...sul Lago di Garda ! l 10 settembre 2011 resterà una giornata da incorniciare per i birdwatchers veneti “continentali”!
■ Labbo codalunga (Stercorarius longicaudus), immaturo al 1° inverno. L’osservazione a distanza così ravvicinata di un qualsiasi Stercoraride è un accadimento assai raro (se non eccezionale) nel nostro paese; in questo caso è stato addirittura necessario noleggiare una barca per poter ottenere l’effetto desiderato... ■ Labbo codalunga (Stercorarius longicaudus), immaturo al 1° inverno. Classico stercorario nella struttura robusta, nella colorazione scura e nella forma del becco (da carnvoro generalista e spazzino); le pesanti barrature su sottoala, ventre e groppone e la testa brunastra striata di scuro sono tipici del giovane immaturo in inverno.
Maurizio Sighele
Sono le 8.00, la località è Lido Campanello e uno di noi, Cristiano Izzo, sta facendo birdwatching in compagnia di Carla Chiappisi e Massimo Faccioli. Era da un po’ che non si frequentava il basso Lago di Garda in cerca di emozioni ornitiche, poiché nel periodo balneare tutta la zona è densamente frequentata dai turisti. Ai tre si aggiunge Roberto Lerco con i piccoli Giacomo e Filippo, allorquando l’attenzione dei birders viene catturata da un paio di uccelli abba-
stanza scuri, agili, con ali a punta e volo regolare. Non c’è dubbio: si tratta di 2 stercorari, ma sono troppo lontani per stabilire esattamente di quale specie si tratti. Allertati da Cristiano, arrivano poco dopo anche Maurizio e Giacomo Sighele. La banda di pazzi è ormai al completo e cominciamo a confrontarci, escludendo subito le due specie più grandi, Stercorario maggiore (Stercorarius skua) e Stercorario mezzano (S. pomarinus); uno degli individui è ormai sparito, mentre l’altro, più chiaro, continua a farsi osservare sebbene sia molto al largo, compiendo voli abbastanza brevi per poi posarsi poco più in là. Si cimenta anche in una specie di spirito santo,
Cristiano Izzo
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di Cristiano Izzo, Roberto Lerco, Carla Chiappisi e Maurizio Sighele
■ Labbo codalunga (Stercorarius longicaudus), immaturo al 1° inverno. Così come altri uccelli pelagici (soprattutto berte, sule e gabbiani), gli stercoraridi sono animali facilmente avvicinabili dall’uomo; in alcuni casi, anzi, sono attirati dalle imbarcazioni, spinti dalla curiosità e dalla speranza di reperire cibo.
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Cristiano Izzo
Giacomo Sighele
Cristiano Izzo
to di una foto di Cristiano, che inquadrava l’individuo più scuro osservato a grande distanza, suggerisce a Klaus Malling Olsen (coautore di “Skuas and Jaegers”, Yale University Press) che possa trattarsi di un secondo labbo codalunga, cosa che però non si può dire con certezza, visto il tipo di immagini a disposizione. Il sabato mattina successivo, dopo una settimana lavorativa che sembrava non finire mai, torniamo sul luogo del delitto attuando lo stesso schema: dapprima avvistamento da riva con le ottiche, quindi successivo avvicinamento con l’imbarcazione a noleggio. Una volta in acqua, contattati al telefono da Andrea Mosele arrivato in loco dopo la nostra partenza, torniamo a riva a raccogliere lui e il figlioletto, impietositi dalle sue richieste. Anche questa volta ci va bene, anzi meglio! Infatti gli stercorari posati in acqua sono due, entrambi del primo anno, e avvicinandoci riusciamo a capire che uno è un Labbo codalunga, probabilmente lo stesso del sabato precedente, mentre l’altro è diverso, anche se ci lascia un po’ interdetti, perché ha sì la colorazione piuttosto spenta come il codalunga, ma la testa (per forma e striature) e il becco (per forma e quantità di nero) ci ricordano il Labbo. È proprio un Labbo, ci dice in seguito ancora Klaus Malling Olsen, anche se questo individuo non ha la colorazione color mattone tipica della specie, ma mostra invece una poco frequente tonalità bruno-grigiastra. Prima di imbarcarci, a dirla tutta, è stato brevemente osservato da Roberto e Cristiano un terzo individuo, molto distante, con caratteri più da stercorario adulto o sub-adulto nella forma chiara, ma purtroppo è scomparso subito, allontanandosi definitivamente verso il centro del lago. Che dire: Magico Garda! Nonostante ormai sia un gigantesco parco giochi in cemento, fortunatamente è ancora possibile incontrare delle rarità. Poi, quando succede che ci si diverte tanto con leggerezza e tra cari amici, il tutto è ancora più bello. O no?
restando però sempre a distanza proibitiva dai nostri cannocchiali. È un labbo, ma quale? A questo punto Maurizio coglie la palla al balzo: nota, proprio sul molo dove siamo appostati, una barchetta ormeggiata a noleggio. Contrattato velocemente il prezzo con il proprietario e sbrigate le formalità, fatto indossare il salvagente ai piccoli, salpiamo. Il labbo, continuamente controllato, è ancora lì. Ci dirigiamo urlando come dei pirati all’arrembaggio (si fa per dire) verso lo stercorario posato in acqua a poco più di 1 km dalla riva, avvicinandoci in realtà con caute manovre di aggiramento. L’uccello, per nulla disturbato dalla nostra presenza, si lascia ammirare e fotografare in tutto il suo splendore, sia impegnato in brevi voli sia posato. Possiamo identificarlo come un immaturo al primo inverno di Labbo codalunga (S. longicau dus)! Notiamo l’assenza di una qualsiasi tonalità aranciata (che sarebbe tipica del Labbo, S. parasiti cus), il piumaggio piuttosto contrastato, con primarie più scure e copritrici più chiare, i flash bianchi solo sui margini superiori dell’ala, la testa gentile e arrotondata, le timoniere centrali lunghette (le guide
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ci diranno che devono essere almeno come la lunghezza del becco), la punta della coda ampia (non appuntita come nel Labbo), il becco nero per circa la metà della sua lunghezza (nero solo nel terzo distale nel Labbo). Il Labbo codalunga è una specie sporadica sul Lago di Garda veronese. L’unica segnalazione “recente” è del 1988, nella vicina Cisano, mentre le precedenti segnalazioni risalgono agli anni ’40 del XX secolo. Storicamente era considerato un migratore irregolare piuttosto che una rarità, con osservazioni che perduravano anche un mese e concentrazioni fino a una quarantina di individui, quasi sempre osservati tra fine agosto e fine settembre (Garbini, 1904; Arrigoni Degli Oddi, 1929; Dal Nero, 1947; De Franceschi, 1996). Una specie rara qui da noi, insomma. Giacomo, Maurizio e Roberto avevano già osservato il codalunga in Norvegia, ma per gli altri si tratta di un graditissimo lifer. La diagnosi definitiva, vista la nostra assoluta inesperienza per questa specie in questo piumaggio, è stata confermata a posteriori grazie alle foto scattate a distanza ravvicinata. Un potente ingrandimen-
Giacomo Sighele
■ Labbo codalunga (Stercorarius longicaudus), immaturo al 1° inverno. Caratteri diagnostici dell’immaturo di questa specie sono: mancanza di flash bianchi alla base della faccia superiore delle primarie, becco con tanto nero in punta, quarti posteriori nettamente barrati di chiaro/scuro e sfumatura grigia uniforme sulla nuca.
Ringraziamenti Si ringrazia Klaus Malling Olsen per la disponibilità nel valutare le nostre immagini.
■ Labbo codalunga (Stercorarius longicaudus), immaturo al 1° inverno. Anche se in questo scatto la base delle primarie sembra bianca, in realtà solo il rachide è chiaro mentre il resto delle penne è nero uniforme, carattere tipico del codalunga, esattamente come la coppia di timoniere centrali, lunghette ma spesse ed arrotondate.
Bibliografia Arrigoni Degli Oddi E. 1929. Ornitologia italiana. Hoepli Ed.: pp. 1046. Dal Nero V. 1947. Notizie ornitologiche dal Veronese. Riv. Ital. Orn., 17 (1): 52-53. De Franceschi P. 1996. Avifauna veronese. Aggiornamenti e analisi dei fattori ecologici che influiscono sulla dinamica di alcune popolazioni. Atti Mem. Accad. Agric. Sci. Lett. Verona, 170: 79-99. Garbini A. 1904. Aves. In: Sormani Moretti L. (red.), La provincia di Verona. Monografia Statistica, Economica, Amministrativa. Leo Olschki Ed., Firenze.
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La rarità che non ti aspetti testo e foto di Roberto Barezzani
a stazione di inanellamento della Berga si trova sul passo omonimo (1500 metri sul livello del mare) sopra il lago d’Idro, in provincia di Brescia. Opera dal 1994 in un contesto territoriale difficile (le valli bresciane) ed è stata tra le promotrici del Progetto Alpi, monitoraggio della migrazione sull’arco alpino coordinato dall’ISPRA e dal Museo delle Scienze di Trento. La specie maggiormente catturata è il Fringuello (Fringil la coelebs) seguita dal Regolo (Regulus regulus) e dal Pettirosso (Erithacus rubecula). Tra le rarità
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può vantare: Luì forestiero (Phylloscopus inorna tus), Ciuffolotto scarlatto (Carpodacus erythrinus) e Fringuello africano (F. c. spodiogenys). Il giorno 6 ottobre alla Berga vi era un buon passaggio. Quella mattina gli uccelli provenienti dalla valle sottostante volavano bassi attraverso gli alberi e i cespugli, evitando il vento contrario. Verso le 11.00 del mattino mi reco alle reti più vicine per togliere un Frosone (Coccothraustes coccothraustes) che, dopo essere stato inanellato e liberato, è stato catturato di nuovo. Passando, noto un “pettirosso” particolarmente scuro e con un petto molto rosso, altrettanto scuro. Libero il Frosone e intanto penso “che strano uccello è finito in rete...”. Mi dirigo subito da lui e inizio le operazioni per toglierlo dalla rete. Appena esamino la coda lancio un urlo all’indirizzo degli altri che sono a pochi metri da me: “Pi gliamosche pettirosso !!!” Le macchie a mezzaluna sulle timoniere più esterne sono inconfondibili. Riaffiora subito alla mente il ricordo di un altro Pigliamosche pettirosso (Ficedula parva) da me visto nei giardini dell’ospedale di Chiari (BS), dove a quel tempo lavoravo, nel mese di febbraio di molti anni prima. Era posato su un alberello a non più di quattro metri da me e l’avevo subito identificato come tale proprio in virtù dalle macchie a mezzaluna sulle timoniere. La bestia muoveva la coda su e giù molto lentamente e questo caratteristico movimento era descritto anche nelle guide da me consultate una volta rientrato a casa. Inutile dire che non avevo con me la macchina fotografica e che i tentativi di ricontattarlo nei giorni seguenti furono infruttuosi. Ma torniamo al nostro presunto Pigliamosche pettirosso. L’esame del piumaggio rivela che si tratta di un maschio immaturo al primo inverno in muta: ha le grandi copritrici più esterne ancora giovanili, la coda appuntita e le macchie bianche sulle timoniere esterne. Questo non quadra con l’esten-
■ Balia mugimaki (Ficedula mugimaki), maschio immaturo al 1° inverno. Anche se la combinazione di parti superiori grigiastre, coda bicolore e petto aranciato può ricordare il maschio di Pigliamosche pettirosso (F. parva), i caratteri fini del piumaggio, soprattutto la colorazione della testa e delle ali, puntano verso questo raro accidentale asiatico.
■ Balia mugimaki (Ficedula mugimaki), maschio immaturo al 1° inverno. La combinazione di caratteri tipici dell’adulto (tanto rossiccio sotto, accenno di cappuccio nero) e del giovane (grigio-olivastro sopra, gocce bianche sulle copritrici maggiori e remiganti brunastre pallide) sono tipici dell’immaturo al primo anno di vita.
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La Balia mugimaki (Ficedula mugimaki) La Balia mugimaki (Ficedula mugimaki) è un piccolo passeriforme appartenente alla famiglia Muscicapidae, per la precisione alla sottofamiglia Saxicolinae. Nidifica nella regione Paleartica orientale, in Mongolia, Cina settentrionale e Siberia centro-meridionale (inclusa l’isola di Sakhalin) a sud fino alla Corea del Nord. Sverna essenzialmente nel sud della Cina, Malesia e Indonesia; durante le migrazioni transita su Mongolia e Cina centro-orientale; più a ovest viene osservato di rado e non è mai stato osservato nel sub-continente indiano. Pur avendo un areale piuttosto limitato, il fatto di migrare a lungo raggio e di possedere ottime capacità di volo rendono questa specie un accidentale ad alto potenziale di presenza al di fuori
■ Balia mugimaki (Ficedula mugimaki). Questa femmina del 1° inverno (riconoscibile per il disegno a gocce bianche sulla punta delle copritrici maggiori), catturata a San Vendemiano (TV) il 29 ottobre 1957, costituisce la prima segnalazione per il Paleartico occidentale, anche se ad oggi non è ritenuta valida dalla Commissione Ornitologica Italiana (foto tratta da: Riv. ital Orn. 1959, vol. 29 (3): 11-13).
sione e la tonalità del colore rosso sul petto. Come può essere, dato che si tratta di un immaturo? L’eccitazione inizia a montare, mi consulto con le altre persone presenti e anche loro concordano sulle strane caratteristiche del piumaggio. Completiamo le operazioni di inanellamento, scattiamo le foto e lasciamo il nostro ospite libero di riprendere il suo viaggio.
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delle zone di presenza regolare. Questo è anche testimoniato dall’osservazione di un esemplare sull’isola di Shemya, Alaska, nel maggio 1985. In effetti, sovrapponendo il suo areale a quello di altri uccelli migratori dell’est asiatico occasionalmente osservati nel Paleartico occidentale, è possibile notare un interessante parallelismo con Averla bruna (Lanius cristatus), Locustella di Gray (Locustella fasciolata), Canapino beccoforte (Iduna aedon), Luì di Radde (Phylloscopus schwarzi), Luì coronato di Temminck (P. corona tus), Storno daurico (Agropsar sturninus), Usignolo di Swinhoe (L. sibilans), Pigliamosche della Dauria (Muscicapa daurica), Spioncello siberiano (Anthus rubescens japonicus), Zigolo orecchie castane (Emberiza fucata), Zigolo dai sopraccigli gialli (E. chrysophrys), Zigolo rutilo (E. rutila), ecc. Il fatto che quasi tutte queste specie siano state segnalate solo poche volte in Europa conferma la selvaticità delle Balie mugimaki osservate nel nostro continente e ne spiega la rarità. Oltre a quella descritta, esiste un’altra segnalazione italiana di questa specie: una femmina catturata a San Vendemiano (TV) il 29 ottobre 1957 e per qualche tempo conservata in una collezione privata locale (Giol 1959: Riv. Ital. Orn. 29: 11-13). Un individuo, inoltre, è stato visto a Stone Creek nell’Humberside, Inghilterra, nel novembre 1991, mentre un maschio adulto è apparso nell’agosto 2007 presso Neftekamsk, nella Russia europea. Tranne quella russa, tutte le segnalazioni europee non sono ritenute valide dai rispettivi comitati ornitologici e sono state escluse dalle liste nazionali, in quanto non si è certi dell’origine naturale dei soggetti implicati. La presente cattura italiana (di un individuo del primo inverno ed effettuata in periodo propizio) potrebbe essere considerata, se accettata dalla COI, la prima per il Paleartico occidentale, incoraggiando così gli ornitologi a riesaminare e quindi a “sbloccare” le precedenti segnalazioni. La sera, tornato a casa, contatto l’amico Ottavio Janni e, tramite le foto, finalmente si riesce a dare un nome certo all’uccello: si tratta di una Balia mugimaki (F. mugimaki), una specie che nidifica in Siberia orientale e Cina nord-orientale e sverna dalle parti di Singapore. Accidentale genuino o aufugo? Alla COI l’ardua sentenza.
S ulle ghiaie del Po testo e foto di Simone Moscardini
S
e penso alle emozioni legate alla fotografia naturalistica la mente mi corre subito all’Africa, al fascino di quella sera in cui vidi le leonesse a caccia o alla sorpresa di quel mattino della scorsa estate, quando un branco di elefanti arrivò al pascolo a non più di venti metri dalla tenda dove dormivo. Però, a una manciata di chilometri da casa, vedere e, soprattutto, sentire un volo di duecento gru passarmi appena sopra la testa e atterrare di fronte a me, sulle ghiaie del Po, è un ricordo che mi appare altrettanto grandioso e vivido.
Q
uel sabato finalmente si fece vedere il sole, cosa davvero rara quell’inverno dalle mie parti. In tarda mattinata, così tarda che forse era già primo pomeriggio, riuscii finalmente a mollare tutto per andare sulle ghiaie del Po. Avevo preso con me il capanno e, confidando in un tepore solare anche minimo, lo avevo piazzato al limite di una lanca non gelata, in un posto che pareva promettente. Mi misi quindi ad aspettare: un Martin pescatore (Alcedo atthis), le Alzavole (Anas crecca) o forse la volpe. Dopo un discreto lasso di tempo il posto iniziò a non apparirmi più così promettente; il sole faceva ancora la sua splendida figura ma nella sostanza era inesistente: avevo indossato anche i guanti di lana, ma non bastava. Non si muoveva nulla; soltanto qualche immancabile Picchio rosso maggiore (Dendrocopos major), alla consueta distanza siderale, era la prova che esisteva qualche forma di vita in quel luogo. Il motto del fotografo naturalista è “mai desistere!”, per cui continuai l’attesa nel capanno; ma il freddo mi scendeva sempre più nelle ossa, per cui alla fine... desistetti, eccome! Tutto indolenzito - ma finalmente fuori dal capanno - decisi per una passeggiata lungo il corso del fiume, nel senso della corrente. Erano ormai quasi le quattro. Non avevo optato per una passeggiata sui ghiaioni, ma avevo preferito mantenermi al ri-
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paro della vegetazione di golena, un po’ più lontano dall’acqua. Mentre mi trovavo all’interno di una macchia di giovani salici mi parve di sentire, distanti, una serie di richiami inconfondibili; allora uscii allo scoperto, guardando indietro, lontano, nel cielo. Era proprio uno stormo di Gru (Grus grus), a oltre un chilometro di distanza. Ricordo di essere rimasto sorpreso dalla consistenza numerica dello stormo, che era composto da almeno un centinaio di individui. Anche se nella stagione fredda ero solito avvistare con regolarità le Gru di passo nell’area, non ne avevo mai viste così tante. Le avevo sempre scorte in gruppi di circa una decina di individui, nella classica formazione a V. Questo stormo era decisamente più numeroso. Le Gru stavano prendendo una corrente termica ascensionale e - con calma, tra le inconfondibili grida - salivano descrivendo ampi cerchi, senza una geometria precisa all’interno dello stormo, ma anzi formando una sorta di piccola nuvola. Realizzai qualche scatto, giusto per ricordarmi dell’incontro e per contarle successivamente con calma a casa, davanti al computer. A una certa quota, lo stormo decise di dirigersi verso sud e, un po’ in scivolata e un po’ in volo battuto, in breve tempo scomparve all’orizzonte, oltre l’altra riva. Io ripresi a scendere il fiume. Più avanti entrai in un boschetto di pioppi e salici, che ricordavo piuttosto bene da visite preceden-
ti. Sul terreno erano numerose ed evidenti le tracce dei cinghiali, mentre tra le piante le cince erano in movimento frenetico. Mi fermai un po’ a osservarle e, dato che spesso si posavano anche sulla parte bassa dei tronchi, speravo che una si fermasse su di un grosso pioppo davanti a me, in pieno sole. Sulla corteccia di questa pianta cresceva un tappeto compatto e molto coreografico di muschio: poteva riuscire uno scatto interessante. Invece, poco dopo, con la coda dell’occhio intravidi - veloce come un missile - un’ombra arrivare da dietro le mie spalle e tuffarsi tra i rami in mezzo alle cince, proprio a lato del tronco con il muschio. Uno Sparviere (Accipiter nisus) aveva tentato un attacco, che però era fallito. Cercai di inquadrare il rapace, ma appena accennai un movimento, mi notò e volò via. Naturalmente anche le cince erano tutte sparite. Decisi di tornare, anche perché ormai sarei arrivato alla macchina quasi al buio. Per di più dovevo anche passare a recuperare il capanno. Il sole ormai era molto basso, giusto una sfera appena sopra le lontane cime dei pioppi dell’altra riva, l’atmosfera sembrava in qualche modo magica. Sì, ma che ore erano effettivamente? Guardai il display del cellulare: già le cinque passate. Accidenti! Ero proprio in ritardo. Ancora dieci minuti di buon passo e sarei arrivato alla macchina, poi... sentii nuovamente i ri-
chiami delle Gru, ancora dietro di me, ancora lontano. Sempre alla stessa distanza di prima, più o meno sempre oltre un chilometro. Le potevo vedere: erano in volo all’incirca all’altezza del boschetto dove avevo incontrato le cince, ma questa volta bassissime. Adesso procedevano in tre nuclei distinti e, a occhio, mi sembravano ancora più numerose. Lasciai a terra lo zaino del capanno e tornai indietro di qualche passo. Davano l’impressione di volersi posare, ne avevo la chiara sensazione, ma la distanza e la vegetazione non mi permettevano di scorgerle distintamente. Un attimo ancora e le avevo perse di vista, dietro alla vegetazione. Effettivamente era quasi notte e pensavo che forse avrebbero potuto fermarsi per riposarsi e dormire. Leggero, senza il capanno, non ci avrei impiegato molto a tornare indietro. Purtroppo era davvero troppo tardi. Dovevo assolutamente tornare, però l’indomani mattina all’alba... - Ok, a domani all’alba! - mi dissi. A questo punto mi recai a cena: pietanze e manicaretti prelibati, buon vino, quanto mai abbondante, discorsi, battute, buona compagnia. Andai a dormire all’alba. Inutile dire che l’indomani, dopo una sveglia molto tirata verso mezzogiorno, non avevo la minima voglia di ritornare al Po. Così, tra lavoro, brutto tempo e impegni di routine, passarono almeno una ventina di giorni senza
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■ Gru (Grus grus). Le gru sono uccelli estremamente sociali, che formano grandi stormi e si riuniscono in enormi concentrazioni, anche di decine di migliaia d’individui, nei siti di svernamento; questo, però, accade solo in periodo non riproduttivo, mentre durante la nidificazione le coppie si appartano, diventano territoriali e non sopportano la presenza di conspecifici troppo invadenti... ■ Gru (Grus grus). Lo stormo era composto da esemplari di età differente, sia adulti, sia immaturi al 1° inverno in diversi stadi di muta, soprattutto per quanto riguardava le copritrici della testa e del collo; il fatto che i giovani rimanessero nelle vicinanze degli adulti può significare che i nuclei famigliari non si erano ancora sciolti del tutto. ■ Gru (Grus grus). Anche se si tratta di una specie regolarmente migrante in Italia, a volte anche in grossi numeri, la Gru rimane un animale affascinante e l’osservazione di uno stormo posato nell’ampio alveo del fiume Po è sicuramente un evento raro ed emozionante, imperdibile per qualsiasi amante del birdwatching e della fotografia naturalistica!
che ritornassi sulle ghiaie del Po. Poi, in un altro pomeriggio di sole, sono tornato, questa volta lasciando a casa il capanno. Faceva ancora un gran freddo, ma iniziava a essere evidente che le giornate si erano fatte più lunghe. Niente! Avevo girato in lungo e in largo per diversi chilometri sulla sponda sinistra, spesso con lo sguardo al cielo e sempre con l’orec-
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chio ben teso, ma accidenti niente, non ero riuscito a rivedere nemmeno una sola Gru. Il sole ancora una volta era sceso basso, a palla, appena sopra le cime dei pioppi dell’altra riva. A questo punto mi sono fermato, in un punto proprio a ridosso della sponda, ho appoggiato delicatamente a terra la macchina fotografica, quindi lo zaino e sono rimasto qualche
istante fermo a guardare il tramonto. Poi, quasi per scrupolo, ho portato agli occhi il vecchio binocolo. In quella posizione la visuale non aveva ostacoli e potevo vedere l’asta del fiume sino a grande distanza, sia a valle, sia a monte. L’aria era tersa e riuscivo a scorgere gli stormi distanti dei Germani reali (Anas platirhynchos) a riposo tra le ghiaie e la corrente del Po, e ancora, più oltre, a vedere le silhouette delle anatre e dei Cormorani (Phalacrocorax carbo) in volo, scuri contro il profilo delle Alpi. Poi, inaspettatamente, vidi le Gru. Verso valle, molto lontano, almeno un centinaio di individui erano posati vicini gli uni agli altri, su di un vasto ghiaione sull’altra riva. Mi pareva incredibile che avessero scelto di trascorrere il periodo più freddo proprio qui, sul Po, ma erano lì, oltre le lenti del binocolo, e dentro di me avevo la certezza che si trattava delle stesse Gru che avevo visto quella sera, ormai qualche settimana prima. Incredibile davvero! Il mese seguente tornai diverse volte lungo il fiume. Durante il giorno era solitamente molto difficile vedere le Gru nell’area, ma verso sera, soprattutto quando il sole era ormai tramontato, arrivavano sempre sullo stesso ghiaione per trascorrere la notte. Io le aspettavo, nascosto da una rete mime-
tica, tra i tronchi e le ramaglie di qualche deposito lasciato dalle piene, a debita distanza dal punto del dormitorio. Ancora ben lontano, prima di poterlo vedere, il grande stormo si annunciava con una serie di grida squillanti, poi scendeva sempre più basso e maestoso verso il fiume, spesso sorvolandomi con un forte rumore di ali, e quindi andando ad atterrare elegantemente sempre sullo stesso ghiaione. Seguiva una frenesia di grida, che però in breve calava e poco dopo, spesso dopo una veloce sistemata al piumaggio, molte Gru ripiegavano la testa sotto un’ala e iniziavano il riposo, magari su di una sola zampa. Spesso qualche piccolo gruppetto arrivava più tardi. Io aspettavo che anche l’ultimo chiarore del crepuscolo si spegnesse e sgattaiolavo furtivo fuori dal nascondiglio, facendo dieci minuti di buon passo, anche se un po’ a tentoni, per arrivare all’auto. Questo per tutto il periodo in cui sono continuate le osservazioni, tranne una sera in cui, nel buio pesto, proprio non riuscivo più a trovarla... Lo stormo si trattenne sul Po sino alla metà di marzo, poi le ghiaie restarono vuote e tristi. Più avanti, nel corso di quell’anno, a tempo debito, le stesse hanno ospitato una colonia di sterne, ma questa è un’altra storia.
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S egnalazioni
del Terek (Xenus cinereus) alle Saline di Priolo (SR) (F. Di Blasi, F. Cilea) e due giovani di Ciuf folotto scarlatto (Carpodacus erythrinus) a Vento tene (LT) (B. Doe). ● Il giorno 2 un Piovanello pettorale (Calidris melanotos) al lago di Caprolace (LT) (A. Corso, S. Hueting et al.). Sempre lo stesso giorno, sul lago di Garda a Lido Campanello (lo stesso sito del Labbo codalunga del mese precedente), una Sterna coda lunga (Sterna paradisea) (M. Sighele, M. Allen) che rimarrà fino al giorno 7. ● Un esemplare di Limnodromo pettorossiccio (Limnodromus scolopaceus) viene segnalato a Mar gherita di Savoia (BT) il giorno 5 (A. Nitti). Verrà osservato più volte fino al giorno 23. ● Il giorno 6 alla stazione della Berga, tra la Val Sabbia e la Val Trompia, in Provincia di Brescia, viene inanellata una Balia mugimaki (Ficedula mugimaki) (R. Barezzani), prima segnalazione ita liana se confermata dalla COI. ● Tre segnalazioni consecutive di Luì forestiero (Phylloscopus inornatus): il primo viene osservato il 7 sul monte Orfano, presso Rovato (BS) (S. Maz zotti); il secondo viene inanellato ad Arosio (CO) il
dall’Italia
di Andrea Nicoli
Giuseppe Fiorella
Ottobre ● Mese denso di rarità. Il giorno 1 un Piro piro
Emanuele Stival
Settembre ● Si apre il mese con un’Aquila anatraia minore (Aquila pomarina) osservata a Nicorvo (PV) il gior no 9 (G. Natale). ● Il giorno 10, sul lago di Garda a Lido Campa nello (Castelnuovo del Garda, VR), viene osservato un giovane di Labbo codalunga (Stercorarius longicaudus) (C. Izzo, M. Sighele et al.); rimarrà alme no fino al 18. ● Una Pittima reale d’Islanda (Limosa limosa i-
slandica) viene segnalata il giorno 18 a Casei Gero la (PV) (U. Binari). ● Ben quattro esemplari di Falaropo beccosotti le (Phalaropus lobatus) vengono segnalati il 24 alle saline di Comacchio (FE) (P. Micheloni). ● Il giorno 25 un’altra Aquila anatraia minore viene osservata a Lascari (PA) (G. Martino). ● Il giorno 29 viene fotografato un Piro piro ful vo (Tryngites subruficollis) a Senigallia (AN) (C. Sebastianelli). Finalmente, dopo le molte segnala zioni europee relative al mese di settembre, questo elegante limicolo americano si fa ammirare anche in Italia. Non verrà più ricontattato nei giorni seguenti.
Brendan Doe
In questa rubrica vengono riportate le osservazioni di specie interessanti diffuse sulla mailing-list nel periodo maggio-agosto 2011. Si ricorda che tutte le segnalazioni di accidentali devono essere confermate dalla Commissione Ornitologica Italiana (C.O.I.)
giorno 8 (W. Sassi); il terzo viene inanellato ai Ma gredi di Vivaro (PN) il giorno 9 (P. L. Taiariol). ● Un’altra specie molto interessante viene ina nellata a Ventotene (LT) il giorno 12: il Luì di Rad de (P. schwarzi) (A. Ferri/ISPRA). Un giovane di Gabbiano di Sabine (Xema sabini) viene osservato a Racconigi (CN) il giorno 12 (M. Livio). ● Il giorno 13 viene segnalato un Pigliamosche pettirosso (F. parva) alle Torbiere di Albate (CO) (M. Brambilla). ● Alla “Bocca di Caset” in Val di Ledro (TN) vie ne inanellato uno Zigolo della Lapponia (Calca rius lapponicus) il giorno 14 (F. Rizzolli/Mus. Sc. Trento). Un secondo Piovanello pettorale viene os servato, sempre il giorno 14, a Gela (CL) (L. Cilio, M. Zafrana). ● Il giorno 15, a Bocca di Serchio (PI), inizia una serie di osservazioni di Berta balearica (Puffinus mauretanicus) che proseguirà per i mesi successi vi: 2 individui durante un coastal trip (L. Bonanno, A. Quaglierini). Altra osservazione di questa specie per ottobre: 3 individui il giorno 29 visti sia dalla costa (L. Pardini), sia durante un pelagic trip (D. Occhiato et al.).
■ Sterna codalunga (Sterna paradisaea), immaturo al 1° inverno. I piumaggi giovanili delle sterne sono osti ci, ma in questa foto si vedono tutti i caratteri diagnosti ci: struttura compatta, becco piccolo, cappuccio esteso e fronte bianca, banda scura sulle ali e coda bianca con sot tile margine nero esterno.
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■ Limnodromo pettorossiccio (Limnodromus scolopaceus), presso Margherita di Savoia (BT). Inizialmente difficile per la mancanza di fotografie adeguate, l’identi ficazione specifica è stata poi resa possibile dall’esame di scatti ravvicinati, i quali hanno permesso di eliminare il cugino Limnodromo grigio (L. griseus).
■ Luì di Radde (Phylloscopus schwarzi), inanellato a Ventotene (LT). Uno dei pochi luì accidentali o irregolari a non dare grossi problemi d’identificazione; caratteri diagnostici sono: la struttura robusta, il tozzo becco arancione, la colo razione giallastra ed il lungo e netto sopracciglio chiaro.
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Luca Bracci
Michele Vigano
Novembre ● Il giorno 2, presso la confluenza Po-Ticino in provincia di Pavia, viene osservato un Piviere ori entale (Pluvialis fulva) (E. Vigo). ● Ulteriori segnalazioni di Berta balearica a Bocca di Serchio (PI): un individuo il giorno 3 (L. Pardini), ben 6 individui il 13 (L. Pardini, P. Fadda), 2 individui il giorno 16 (A. Quaglierini, P. Fadda), un individuo il giorno 21 (L. Fabbriccini), 2 indivi dui il 29 (M. Marcone). ● An cora un’osservazione di rilievo a Linosa (AG): un individuo di Zigolo dal collare (Emberiza aureola) (J. Savioz, O. Janni et al.). ● Il giorno 6 viene segnalato un Falaropo bec colargo a Torre Canne (BR) (C. Liuzzi). Lo stesso giorno una conferma riguardo lo svernamento dello Zigolo golarossa (E. leucocephalos): viene infatti osservato un individuo a Maserada (TV) (P. Vaci lotto). ● Sempre da Linosa il giorno 9 arriva la segnala zione di un giovane di Codirosso algerino (Phoenicurus moussieri) (A. Corso et al.). ● Il giorno 11 viene fotografata una Monachella del deserto (Oenanthe deserti) presso Capanne di Cosola (AL) (L. Gola). ● Il giorno 12 ancora un limicolo americano: To
■ Berta balearica (Puffinus mauretanicus) di fronte a Bocca di Serchio (PI). Diverse recenti osservazioni fanno pensare che questa specie possa essere più diffusa e rego lare nei nostri mari di quanto si pensasse in passato, vista anche la notevole vicinanza delle coste italiane ai siti di nidificazione.
● Un Codazzurro (Tarsiger cyanurus) viene rin venuto morto il giorno 16 presso Nave (BS) (M. Fredi). ● Un altro esemplare di Codazzurro viene ina nellato il giorno 18 al Passo del Broncon (TN) (F. Rossi, S. Noselli/Mus. Sc. Trento). ● Il giorno 20 notevole ritrovamento di un esem plare debilitato di Corrione biondo (Cursorius cursor) a Massa (R. Gherardi), che viene consegnato a un centro di recupero della fauna. ● Due segnalazioni consecutive di Falaropo bec colargo (P. fulicarius): il giorno 21 al lago di Cal donazzo (TN) (G. Speranza) e il giorno 22 dal tra ghetto prima di arrivare a Ventotene (LT) (R. Mo lajoli, A. Corso et al.). Sempre dal medesimo tra ghetto viene osservato uno Stercorario maggiore (S. skua). ● Il giorno 23 inizia la spedizione MISC a Linosa e, puntuale, arriva la prima segnalazione di Luì fo restiero (O. Janni). ● Sempre a Linosa, il giorno 25, viene osserva ta un’Averla del deserto (Lanius meridionalis elegans) (O. Janni).
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● Ritorna il Mugnaiaccio (Larus marinus) che sverna sul basso Lago di Garda: il giorno 26 viene osservato a Sirmione (BS) (D. Bernasconi). ● Due osservazioni da riportare per il giorno 27: un’Aquila anatraia minore alla bonifica di Vec chiano (PI) (A. Quaglierini) e un Pigliamosche pet tirosso a Linosa (O. Janni). ● Il giorno 28 è da segnare in rosso: un Calan dro maggiore (Anthus richardi) osservato a Linosa (AG) (O. Janni), un Luì scuro (P. fuscatus) inanel lato a Ventotene (LT) (A. Ferri/ISPRA) e, soprat tutto, un Piro piro codalunga (Bartramia longi cauda) a Lonate Pozzolo (VA) (A. Vidolini) all’in terno dell’area dell’Aeroporto della Malpensa. Il ri conoscimento di questo raro accidentale americano avviene tramite la documentazione fotografica; pur troppo non verrà più rivisto nei giorni seguenti. ● Si chiude il mese con un Prispolone indiano (A. hodgsoni) osservato a Lampedusa (AG) il gior no 31 (A. Corso et al.). Si tratta della settima segna lazione italiana.
Francesca Scotti
■ Luì forestiero (Phylloscopus inornatus), osservato a Linosa. Classico esempio di una specie le cui osservazioni in Italia sono molto aumentate negli ultimi decenni, grazie anche all’aumento degli osservatori, tanto che, attualmente, vie ne considerato un raro ma regolare migratore autunnale.
■ Luì scuro (Phylloscopus fuscatus), inanellato a Ventotene (LT). Anche questa specie possiede un lungo e sinuoso sopracciglio, ma struttura più snella, becco più piccolo e colorazione generale più scura (marrone fosco, non sfumato di giallo) lo distinguono dal Luì di Radde (P. schwarzi).
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tano zampegialle minore (Tringa flavipes) a Mar gherita di Savoia (BT) (G. Fiorella). ● Un altro Prispolone indiano, dopo quello del 31 ottobre, viene osservato a Lampedusa il giorno 14 (A. Corso, O. Janni et al.). ● Un esemplare di Luì di Hume (P. humei) viene segnalato a Codevigo (PD) il giorno 19 (L. Sattin). ● Il giorno 22 viene segnalato un Luì forestiero a Ca’ Venier (RO) (M. Chillon, L. Boscain). ● Il giorno 24 un altro Prispolone indiano al Pan tano Cuba (SR) (A. Corso). ● Uno Zigolo delle nevi (Plectrophenax nivalis) viene segnalato il giorno 26 a Senigallia (AN) (M. Borioni, M. R. Baldoni). Il 26 viene osservato an
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Michele Vigano
■ Codirosso algerino (Phoenicurus moussieri), giovane osservato a Linosa. Pur non essendo un maschio in piumaggio nuziale, si tratta comunque di un’osservazione ottima dal punto di vista qualitativo, di una specie altrimenti endemica e residente nell’Africa nordoccidentale!
Giuseppe Fiorella
Michele Vigano
Michele Vigano
■ Totano zampegialle minore (Tringa flavipes), fotografato presso Margherita di Savoia (BT). Inconfondibile per via delle lunghe e sottili zampe di un bel giallo intenso, della piccola testa tonda e del becco corto e dritto. Il Totano zampe gialle maggiore (T. melanoleuca), invece, ha la testa più grande e squadrata, oltre al becco più, spesso alla base, lungo e piegato all’insù.
■ Zigolo dal collare (Emberiza aureola), osservato a Linosa. A parte quella dei maschi adulti, la livrea di questa specie è smorta e poco appariscente, rendondo le femmine e gli immaturi difficili da riconoscere da quelli di altri zigoli.
che un esemplare di Aquila anatraia maggiore (A. clanga) alla riserva della Diaccia Botrona (GR) (L. Del Chiaro). ● Il giorno 27 uno Zigolo golarossa viene visto a Viareggio (LU) (G. Paesani). Dicembre ● Il primo del mese due segnalazioni di Aqui la anatraia maggiore: un individuo a Crescentino (VC) (M. Biasioli) e uno nei pressi del fiume Lato (TA) (M. Marrese). ● A Bocca di Serchio ultima osservazione dell’an no di Berta balearica: un individuo il giorno 3 (A. Quaglierini, M. Marcone).
● Il giorno 6 un’Oca collorosso (Branta ruficollis) è nel gruppo di oche che svernano nel Mezzano (FE) (A. Luponetti). Verrà osservata ripetutamen te nel corso del mese. Almeno quattro individui di Calandro maggiore vengono segnalati il giorno 6 a Pian di Spille, presso Tarquinia (VT) (B. Doe). ● Importante avvistamento il giorno 11: a Marza memi (SR), viene osservato un Beccaccino stenuro (Gallinago stenura), seconda segnalazione italiana (A. Corso). Successivamente verrà registrato anche il verso. ● Il giorno 12 viene rinvenuto morto un Tordo oscuro (Turdus obscurus) a Castiglion Fiorentino (AR) (P. Varuzza).
● Il giorno 15 viene segnalato un immaturo di A quila di mare (Haliaeetus albicilla) a Forgaria nel Friuli (UD) (A. Candolini). ● Anche i Magredi di Vivaro (PN) si riconferma no come sito di svernamento degli Zigoli golaros sa: il giorno 18 ne vengono osservati 5-6 esemplari (L. Boscain, P. Vacilotto et al.). ● Il giorno 19 vengono segnalati 2 esemplari di Zigolo delle nevi ad Ancona (M. Borioni). ● Un altro esemplare di Zigolo delle nevi viene osservato il giorno 21 nella bonifica del Mezzano (FE) (M. Guerra).
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S egnalazioni
dal Paleartico occidentale
Riccardo Moneta
■ Piovanello pettorale (Calidris melanotos). Questo limicolo di origine neartica e siberiana viene osservato regolarmente in Europa, soprattutto in autunno, ma, grazie ad un recente aumento degli osservatori, sempre più spesso anche in inverno e durante il periodo di estivazione.
di Michele Viganò ri ed uno a Malta. Grande influsso anche di limicoli neartici: solo nella vicina Francia sono stati osservati tra settembre ed ottobre un Corriere semipalmato (Charadrius semipalmatus), almeno sette Gambecchi semipalmati (Calidris pusilla), un Gambecchio americano (Calidris minutilla), un Piro piro solitario (Tringa solitaria), mentre dall’Asia sono arrivati ben due Piovanelli siberiani (Calidris acuminata). Questo influsso ha avuto anche dei risvolti molto positivi per diversi birders italiani, che hanno avuto l’occasione, a fine settembre, di andare ad osservare in Svizzera, a Lachen, un Piro piro fulvo (Tryngites subruficollis) ed un Piovanello
■ Piro piro fulvo (Tryngites subruficollis). Limicolo nordamericano piuttosto comune in Europa durante la migrazione autunnale, con decine di osservazioni nelle Isole Britanniche e lungo le coste atlantiche. Questa segnalazione, però, rimane eccezionale per via del periodo invernale e della località mitteleuropea.
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Arnold Meijer
Luì coronato di Temminck (Phylloscopus corona tus) veniva scambiato per un luì forestiero e identificato solo a posteriori grazie alle foto. Sempre dalla Francia arriva la notizia di una femmina al primo inverno di Tordo siberiano (Zo othera sibirica) inanellata il 20 ottobre mentre un maschio è stato fotografato tra il 24 ed il 26 ottobre in Norvegia, a Rostlandet.
Arnold Meijer
pettorale (Calidris melanotos), che hanno sostato per qualche giorno nello stesso campo! In Olanda uno dei più imponenti twitch della stagione è stato scatenato da una Averla dorsorossiccio (Lanius schach), osservata solo il 31 ottobre, ma da quasi 500 birdwatchers. Si tratta della prima segnalazione olandese e della quarta per l’Europa. Solo un giorno prima, il 30 ottobre, in Inghilterra un
Riccardo Moneta
Settembre-DICEMBRE 2011 In Polonia, il 23 ottobre, è stata osservata una Berta grigia (Puffinus griseus), la quinta per il paese. In Israele durante la migrazione autunnale sono stati contati più di dieci Falchi pecchiaioli orientali (Pernis ptilorhynchus) in transito nelle vallate del nord. In tutta Europa è stato notato un influsso senza precedenti di Albanelle pallide (Circus macrou rus) ed una di queste, un giovane, sta attualmente svernando in Svizzera. In dicembre ben quattro Polli sultani di Allen, (Porphyrio alleni) sono stati osservati nell’Europa meridionale, di cui due alle Canarie, uno alle Balea-
■ Averla dorso rossiccio (Lanius schach), immaturo al 1° inverno. Il dorso rossiccio contrastante col vertice grigio e la lunga coda sottile rendono questa specie inconfondibile, mentre la base pallida del becco ed il piumaggio freschissimo di ali e coda sono caratteri tipici dell’immaturo. Questo esemplare ha attirato una gran folla di twichers e fotografi; la specie, di origine centro- e sud-asiatica, è infatti estremamente rara in Europa, anche perché spesso definita solo migratrice a corto raggio!
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Raymond Galea
Raymond Galea
Un Prispolone indiano (Anthus hodgsoni) ha trascorso tutto il mese di dicembre a Courtils, in Francia, in compagnia di un Calandro di Blyth (Anthus godlewskii). Il 25 ottobre, a Understen, Svezia, è stato fotografato il secondo Zigolo orecchie castane (Embe riza fucata) per il Paleartico occidentale.
Segnalazioni da Malta di Raymond Galea a cura di Michele Viganò
L’osservazione più interessante è dello scorso 21 agosto quando un maschio immaturo al primo anno di Occhiocotto di Menetries (Sylvia mysta cea) è stato inanellato a Rabat; l’identificazione è stata possibile solo grazie alle foto ed all’intervento di esperti, anche italiani; si tratta della prima segnalazione per Malta e di una delle pochissime in Europa al di fuori del normale areale per la specie. Il 23 dicembre un Pollo sultano di Allen (Por phyrio alleni) è stato sottratto all’attacco di due gatti; però, purtroppo, per questo visitatore africa-
■ Occhiocotto di Menetries (Sylvia mystacea), maschio immaturo. Sfumatura inferiore rosa, mustacchio bianco poco definito, la tinta grigia limitata ai fianchi e la mascherina nera poco estesa sono caratteri della sottospecie rubescens, nidificante dal sud della Turchia al nord dell’Iraq. L’immaturo lo si riconosce dal piumaggio in parte adulto (mascherina nera e parti inferiori rosate) ed in parte giovanile (remiganti marroni, usurate dall’anno prima).
no non c’è stato niente da fare ed è deceduto poco dopo il recupero. Sono stati inoltre avvistati tra ottobre e novembre un Pigliamosche pettirosso (Fi cedula parva) per essere più precisi il 7 ottobre, e cinque Luì forestieri (Phylloscopus inornatus). È interessante notare il numero molto basso di luì forestieri rispetto al record assoluto di 23 individui stabilito quest’anno sulle vicine isole Pelagie. Due Luì piccoli siberiani (Phylloscopus col lybita tristis) sono stati osservati rispettivamente il
5 ed il 19 dicembre. Uno dei maggiori influssi da sempre di Codirossi algerini (Phoenicurus mous sieri) si è avuto nel tardo autunno e in inverno, mentre due di questi individui stanno tutt’ora svernando sull’arcipelago maltese. Infine un Prispolone indiano (Anthus hodgsoni) è stato osservato al Monte St. Joseph il 22 ottobre. Il 9 dicembre infine, a Ghadira, è stata osservata una Bigiarella (Sylvia curruca) ascrivibile ad una delle sottospecie asiatiche halimodendri o blythii.
Raymond Galea
Raymond Galea
Difficile dire quale sia stata l’osservazione più interessante fatta questo autunno nel Regno Unito: a livello di rarità forse l’Usignolo di Swinhoe (Lu scinia sibilans), osservato solo da pochissimi birdwatchers poco prima del tramonto del 14 ottobre, nel Norfolk, mentre per quanto concerne la spettacolarità vince senza dubbio il maschio di Calliope (Luscinia calliope), con la sua gola color rubino che si è lasciato ammirare da molti tra il 19 ed il 30 ottobre su una delle isole Shetland. Una fine ben più triste è spettata ad un Usignolo azzurro siberiano (Luscinia cyane) che il primo ottobre è finito preda di un gatto di Foula, nelle isole Shetland. Anche quest’anno, seppur non come l’anno scorso, sono buoni i numeri di Codazzurri (Tarsi ger cyanurus) osservati in Europa: i due più interessanti sono stati un maschio, visto il 31 ottobre a Leucate (costa mediterranea francese), ed una femmina immatura a novembre, in Israele. Molto interessante l’influsso di Codirossi spazzacamino ‘meridionali’ (Phoenicurus ochruros phoenicu roides) osservati in Svezia, Inghilterra e Olanda, tra fine ottobre e novembre: si tratta senza dubbio di un taxon da tenere d’occhio sul nostro radar!
■ Pollo sultano di Allen (Porphyrio alleni). Rallide africano, occasionalmente osservato a nord del Sahara lungo le coste europee del Mediterraneo. La maggioranza delle osservazioni al di fuori del suo normale areale si riferisce a esemplari morti o recuperate in fin di vita.
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■ Codirosso algerino (Phoenicurus moussieri). Sul campo, i caratteri identificativi che risaltano di più sono la tinta aranciata delle parti inferiori, la gola pallida al centro e l’anello oculare chiaro, oltre che la struttura compatta da sassicola, con ali e coda brevi, testa grossa e becco corto e fine.
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Q CICLO-BIRDWATCHING B
L’ amore per la Natura b corre su due ruote !
birder a piedi, e soprattutto più silenziosi che non in auto o camminando in gruppo, capita spesso di sorprendere dietro a una curva specie interessanti, che è possibile riconoscere “al volo”. Oltre al binocolo, in bicicletta è possibile – e meno faticoso che non a piedi – portarsi il cannocchiale. È sufficiente munirsi di un comodo portacannocchiale a zaino (con cannocchiale già montato sul cavalletto) e si può pedalare senza impedimenti, pronti a scendere dalla bici e a piazzare il “lungo” quando serve. Questo può essere utile nel periodo invernale, quando il fogliame non ostacola la vista, o percorrendo le numerose ciclabili lungo fiumi e laghi.
di Ettore Rigamonti Guglielmo Dossena
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aspetti positivi: è un’attività assolutamente rilassante e inoltre consente di conoscere il territorio in maniera completa, percorrendo tratti piuttosto lunghi senza stancarsi, ottima base per visite naturalistiche più approfondite. Quando si individua qualcosa da osservare, ci si può fermare senza correre il rischio di essere tamponati, pericolo che corrono sempre i birders motorizzati.
Guglielmo Dossena
i può fare birdwatching durante escursioni a piedi, si può fare birdwatching dai capanni delle aree protette e si può fare birdwatching anche in bicicletta. Non occorre molto: sono sufficienti una comoda bicicletta e il proprio binocolo. E poi una bella strada, possibilmente pianeggiante, che attraversi zone sufficientemente interessanti. Il birdwatching in bicicletta ha diversi
Non si è nemmeno vincolati dal praticare questa attività vicino a casa. Si può caricare la bici sul portapacchi (o caricare una bicicletta pieghevole nel bagagliaio, come faccio io, e vi assicuro che è molto più comodo) e trasferirsi nelle zone che si ritengono più interessanti. Io addirittura mi porto la bici anche in vacanza: per un piemontese non c’ è nulla di più piacevole che percorrere in bici le strade bianche toscane col binocolo al collo. Gli uccelli – ma questa è una mia semplice impressione, peraltro maturata in anni di “pratica” – sembrano meno diffidenti nei confronti dei ciclobirders; percorrendo le stradine di campagna a velocità bassa, ma comunque superiore a quella di un
■ La moderna strumentazione tecnica (biciclette pieghevoli, cannocchiali piccoli, cavalletti leggeri e camere digitali compatte) permettono di portarsi sempre dietro l’attrezzatura necessaria al birdwatching, magari, come in questo caso, in uno zaino che funga anche da porta-treppiede...
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■ La bicicletta è uno mezzo di locomozione comodo ed ecologico, che permette di percorrere lunghe distanze con un minimo di sforzo e, soprattutto di arrivare a siti non raggiungibili con l’auto, magari lungo sentieri o stradine accidentate di campagna.
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Una carta per il ciclo-BWer novarese di Ettore Rigamonti Per praticare il birdwatching in bicicletta è utilissimo munirsi di una carta del territorio. No vara BW, nodo novarese di EBN Italia, ha collaborato nel 2009 con l’Agenzia Turistica Locale di Novara alla realizzazione della carta turistica e stradale della provincia dal titolo “Percorrerepiano” (scala 1:60.000 con reticolo chilometrico U.T.M.) che riporta i punti più interessanti di osservazione naturalistica. Con il simbolo del binocolo sono indicate le aree più interessanti per il birdwatching e con la libellula quelle più interessanti per il dragonflywatching. La cartina evidenzia anche il Sentiero Novara, articolato in 19 tappe e lungo oltre 200 km, percorribile per gran parte anche in bicicletta o Mountain Bike. Binocolo al collo si possono comodamente attraversare, lontani dal disturbo dei mezzi motorizzati, tutti gli ambienti più inte-
ressanti della provincia, dalle risaie ai boschi di querce, castagni e pini silvestri, alle rive dei laghi Maggiore e d’Orta, fino alle alzaie del Ticino e del Sesia. Oltre a indicare i siti più importanti, Novara BW ha redatto un’esauriente descrizione del bird watching e, in collaborazione con www.odonata. it, del dragonflywatching, negli ambienti indicati. La cartina, che è la prima realizzazione in Italia di questo genere, è pubblicata in quattro lingue e ha dimostrato nei fatti una grande efficacia nella diffusione della conoscenza del territorio e del birdwatching. Grazie alla disponibilità di ATL Novara, gli iscritti a EBN che volessero ricevere gratuitamente una copia della cartina possono inviare una email di richiesta a info@turismonovara.it, citando Quaderni di Birdwatching come causale.
Il porta-cannocchiale a zaino io l’ho acquistato su Internet, da un piccolo produttore britannico, a un costo veramente accessibile. Tutte le stagioni sono adatte al ciclo-BW; in inverno percorrendo le sterrate tra i campi di pianura
si possono monitorare arrivo e presenza degli svernanti, e qui il cannocchiale consente osservazioni dettagliate, ad esempio dei grandi stormi di fringillidi, come i Fanelli o altre specie, sempre diffidenti e poco propensi a lasciarsi avvicinare. Oppure Po-
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Ciclo-BW ai piedi delle prealpi di Paolo Casali
Anche lungo il periplo del lago di Varese, che dista solo pochi chilometri dalla città, è possibile effettuare escursioni di birdwatching in bicicletta. Difatti, percorrendo i circa 27 km dell’anello, che si sviluppa attorno allo specchio d’acqua adagiato alle falde dei rilievi prealpini, si attraversano diversi ambienti: il bosco di latifoglie (ottimo per rapaci, picchi e cince), la vegetazione acquatica (per passeriformi di canneto e varie specie di rallidi) e le acque del lago (dove sostano e cercano cibo anatre e svassi, gabbiani, aironi, ecc.). Il percorso si sviluppa in piano ed è percorribile da tutti, bambini compresi, visto che il fondo stradale è completamente pavimentato, tanto da figurare tra le proposte di itinerari ciclopedonali offerte dalla provincia di Varese. Per i più allenati, una deviazione fin sulla vetta del monte Cam-
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po dei Fiori (1.226 m), ci permetterà di osservare le specie tipiche dell’avifauna alpina: Cincia alpestre, Ciuffolotto e Rampichino alpestre, per citarne solo alcune; infine, questo tratto prosegue fino a raccordarsi con la pista che si sviluppa attorno al lago di Comabbio, passando per la riserva LIPU della Palude Brabbia. Si consiglia di iniziare l’escursione da uno dei parcheggi posti sui due lati opposti del lago: presso Gavirate, dove c’è anche la possibilità di noleggiare le biciclette, oppure al centro commerciale di Capolago, sito poco distante dal casello di Azzate-Buguggiate dell’A8 Milano-Varese. La sponda occidentale del lago, tra Galliate Lombardo e Biandronno, è meno antropizzata e quindi vi si osserva di norma una maggiore quantità di uccelli e una più soddisfacente varietà di specie.
iane, Pellegrini e Smerigli posati in cerca di preda. In primavera – abito in una zona di risaie – riesco a pattugliare ettari ed ettari di camere allagate in cerca di Combattenti, Pettegole, Totani mori, Pavoncelle, Pittime reali e Cavalieri d’Italia. A piedi sarebbe una faticaccia e in auto intralcerei il continuo viavai dei trattori. In estate faccio ciclo-BW di mattina, il più presto possibile, oppure alla sera. In questa stagione sono molto interessanti i canali che passano tra i campi coltivati. Percorrendone le alzaie con il sole alle spalle si possono osservare, in volo o posati sui greti, i limicoli in migrazione di ritorno: Piro piro culbianchi, piccoli e boscherecci, Corrieri piccoli, Lodolai in caccia, Gruccioni ancora intenti ad allevare
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i piccoli, Garzette, Nitticore con i giovani dell’anno, ecc.. L’autunno è forse la stagione meno propizia al ciclo-BW: la caccia è aperta, ed esclusi i giorni di silenzio venatorio (martedì e venerdì), le doppiette intralciano notevolmente il birdwatching. Nelle aree protette tutto, ovviamente, cambia: è consigliabile, quindi, concentrarsi su queste aree con il binocolo al collo. La bicicletta consente insomma un birdwatching più “soft”, più vicino all’aspetto rilassante e antistress di questa magnifica passione. E forse anche più vicino alle esigenze di molti appassionati di natura, che potrebbero in questo modo entrare a far parte del “grande” (spesso ce lo scordiamo, ma questa potenzialità esiste) mondo dei birders.
Bike e Birdwatching lungo il Po Torinese di Paolo Marotto
Itinerario molto vario di Ciclo-Birdwatching che si snoda lungo le sponde del Po nel tratto a valle di Torino e raggiunge le porte di Chivasso. Punto di partenza è il parco della Colletta nella zona dove la Dora Riparia confluisce nel Po (via Leon Battista Alberti). La ZPS del Meisino è un noto sito con presenze importanti di anatidi, ardeidi, laridi e svassi. Anche se il periodo di massima concentrazione è quello invernale, ottime osservazioni possono realizzarsi in ogni periodo dell’anno. L’itinerario continua attraversando il ponte Amedeo sulla Stura (detto “della Barca”) e svoltando subito dopo a destra. Si costeggia per un tratto rettilineo la strada asfaltata e si sale verso il ponte diga subito si ridiscende raggiungendo la sponda opposta del Po. Più avanti ci troviamo di fronte all’isolone Bertolla, sede di una storica garzaia di Airone cenerino. Proseguiamo ora sulla sponda destra del fiume e raggiungiamo San Mauro. Anche questo tratto, soprattutto nel periodo tardo autunnale, ci regala ottime osservazioni di svassi, tuffetti, anatre di superficie e tuffatrici, Beccaccini e Porciglioni, mentre in quello primaverile ed estivo anche alcuni passeriformi di ripa. Si attraversa l’abitato di San Mauro sempre tenendosi sulla sponda destra fino a raggiungere via Mezzaluna. Qui sulla nostra sinistra un ponticello attraversa il canale di Cimena e svoltando a destra continua una sterrata verso alcune ex cave trasformate in laghetti per la pesca sportiva. Il tragitto qui è indicato con delle frecce gialle del
Parco Fluviale del Po e basta seguirlo con un po’ d’attenzione. Si potrà in questo modo osservare una discreta varietà di ambienti: incolti, boschetti ripariali, pioppeti, campi coltivati a cereali, piccole cave che si sono trasformate in interessanti stagni con la tipica vegetazione, ghiaioni poco estesi, acque basse e veloci e lanche lente. I tratti più interessanti si trovano nei pressi del Lago Orestilla vicino a Gassino Torinese. Raggiungiamo poi la piana di San Raffaele Cimena e qui, nella tarda primavera, possiamo sbinocolare tra le risaie. Una decina di vasche vengono allagate ogni anno e offrono luogo di so sta e anche di nidificazione ad alcune specie carat teristiche: Pavoncelle, Corrieri piccoli e, nel pe riodo della migrazione, altri limicoli e passerifor mi. La zona inoltre è frequentata dalle Cicogne bianche che nidificano nelle vicinanze. Proseguendo oltre San Raffaele raggiungiamo la Riserva Naturale della Confluenza dell’Orco e del Malone. Area di eccezionale valore naturalistico, anche dal punto di vista dell’avifauna. Qui nelle varie stagioni potremo osservare molte specie legate all’ambiente fluviale, agli incolti e ai boschi. Alla fine avremo percorso 25-30 km in mezzo a una natura ancora discretamente conservata, a pochi passi dalla città. Questo tracciato è inserito nella “Carta dei Percorsi Ciclabili” realizzata dal Parco fluviale del Po torinese e reperibile presso le sedi del Parco o sul web http://www.parcopotorinese.it/gui.php.
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Q FOTOGRAFIA B
Su la testa ! Per tornare a produrre cultura, la fotografia naturalistica in Italia deve diventare più autentica. Ed anche più rispettata
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testo e foto di Giulio Ielardi (giornalista, fotografo)
capanni delle oasi alla domenica si riempiono di appassionati in tuta mimetica. Lenti da migliaia di euro si allineano lungo le feritoie alla ricerca di una cosa sola, il primo piano. Zoo dai nomi fantasiosi che ricordano altre pudiche autocensure (primo fra tutti, l’imbattuto “operatore ecologico”) in Europa e via via anche in Italia staccano
biglietti a raffica: sono parchi faunistici, bioparchi, centri tutela specie minacciate e via camuffando. Sul web si consuma la consacrazione dei forum fotografici a eredi di libri, circoli, riviste. Diciamocelo. La fotografia naturalistica in Italia vive un momento di passaggio. Da un lato schiere di nuovi adepti troppo spesso ne interpretano una
■ Alle prime luci dell’alba, un maschio di Fanello (Carduelis cannabina) sorveglia il suo territorio appollaiato su un ginepro. Nonostante le dimensioni, se ritratti nel proprio ambiente o in comportamenti peculiari, i piccoli passeriformi sono soggetti di tutto interesse per il fotografo naturalista.
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■ Vistoso come pochi, facile da inquadrare e focheggiare ben più di quello di un falcone, il volo del Grifone (Gyps fulvus) è uno spettacolo tra i più gettonati su riviste, libri, web. Più originale la scelta di ritrarre la specie a terra, come in questo primo piano tra le erbe alte di un pascolo appenninico.
versione riduttiva e, alla fine, ripetitiva e sterile. Dall’altro, fatte salve le eccezioni, non c’è grande comunicazione tra mondo ambientalista e della ricerca e chi produce, insegue, immagina nuove visioni del “ritratto alla natura”. L’avvento del digitale, pur in un periodo di crisi generale, negli ultimi anni non solo ha prodotto una tenuta del comparto fotografico ma anzi l’ha aperto a un pubblico nuovo, in crescita, vivace. Che il pubblico cresca lo sappiamo, ma la sua preparazione? Anche sul fronte della tecnica fotografica il dibattito è molto spesso fermo agli strumenti: una visione machista che si ferma a chi ha il teleobiettivo più lungo, e peggio per te se proprio non ti puoi permettere di spendere quella montagna di soldi. E vogliamo parlare di scelta dei soggetti? Restiamo tra gli uccelli. Il Fanello e la Passera lagia, il Sordone e la Balia nera chi li ha mai visti? Alla faccia della biodiversità, li sovrastano nelle gallerie online gigabyte di Martin pescatori in agguato, decolli di Aironi cenerini, Poiane in posa ieratica sul palo. Passiamo all’altra sponda, quella dei naturalisti per mestiere o passione. I fotografi naturalisti, quelli seri, si spaccano
la schiena per catturare immagini inedite ma ad attenderli ci sono silenzi reticenti e, se va bene, sorrisi fermati a metà dal sospetto (salvo poi ricevere richieste di utilizzo della foto, possibilmente gratis). Restano domande inespresse come: “Quanto gli avrà dato fastidio? Avrà mandato a monte la covata? Come è possibile avvicinare così gli animali senza far danni?”. Io credo che questi siano dubbi legittimi. Ma credo anche che la fotografia naturalistica in Italia sarebbe ora che alzasse la testa. Che tornasse a produrre cultura, come ai tempi del primo “Airone”. Che si desse regole coraggiose (come una posizione chiara sull’utilizzo in editoria delle immagini realizzate in ambienti controllati, che invece latita persino nelle redazioni più blasonate) e le facesse conoscere. Che spostasse il dibattito dal mezzo al fine. Perché se riesce a trasmettere un’emozione, anche per la conservazione della natura, un’immagine vale più di mille parole. Prossimamente 1. Il primo piano annulla la creatività ? 2. Diaframmi chiusi e tempi lenti, ovvero il bello di andare controcorrente.
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Festa dei nodi
Missione “rapaci” per il Nodo laziale di EBN GRoB! (Gruppo Romano di Birdwatching!) (report di Michele Cento)
Scopo: ricerca di falconi sul litora le romano, viste le recenti segnalazio ni di Sacro e Falco pellegrino calidus a Maccarese e di Lanario a Macchiatonda. Mete: via delle Pagliete a Maccarese in mattinata e Riserva Naturale Regio nale di Macchiatonda in pomeriggio. Meteo: sereno, bella giornata soleg giata. A Maccarese un Falco pellegrino “siberiano” (Falco peregrinus calidus) giovane e inesperto, protagonista di ri petuti attacchi ai numerosissimi Piccioni domestici presenti nei campi... attac chi coronati da successo solo dopo ol tre un’ora di tentativi. Ancora un Falco pellegrino “localidus” poi Aquila mino re, adulta morfismo chiaro, anch’essa a caccia di Piccioni ma con maggior suc cesso (al secondo tentativo ne preda uno che poi mangia con calma a poche deci ne di metri da noi); Albanella reale, al meno 3 in caccia sui campi; e una decina di Falchi di palude, vagamente interes
Come ogni anno, i Nodi di EBN si sono ritrovati per festeggiare, ognuno dando all’evento una particolare “vo cazione”: didattica, ricerca dei rapaci, vista di zone umide e promozione di nuove aree protette. Tutti a “lucidare” la propria argenteria visitando le zone preferite per poi raccontare e descrivere le singole esperienze. Elemento comu ne è la voglia di ritrovarsi, di raccontare emozioni, di confrontare conoscenze e, soprattutto, divertirsi! Del resto lo sco po di un “nodo” di EBN è proprio quel lo di “(col)legare” persone con la stessa passione per il birdwatching, favorendo osservazioni e divertimento. Per gli inguaribili solitari, convin ti che il birdwatching di gruppo non porti mai grandi osservazioni, mi piace segnalare alcune “specioline” osservate durante la “festa” da gruppi di decine di bird watchers: Averla maggiore, Lana rio, Pellegrino siberiano, Frullino, Aqui la minore, Corvo imperiale... Di seguito un “resoconto dei reso conti”, breve snocciolatura di ... cosa si è perso chi non ha partecipato!
Palmipedi per torinesi (report di Luciano Ruggieri)
Per l’uscita annuale del nodo di Torino è stata organizzata un’escursione con fini didattici al Centro Cicogne di Racconigi con i corsisti del corso base di birdwatching di Chieri. Splendida gior nata di sole, con specchi d’acqua appe na gelati al mattino. Bruno Vaschetti ha fatto gli onori di casa, mostrandoci un
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breve filmato sulla cura e liberazione di una Cicogna bianca trovata ferita da col pi d’arma da fuoco. Breve introduzione a cosa serve il Centro e prima visita alla collezione Va schetti di anatre. Ci dà il benvenuto una bellissima Civetta dentro il camino della cascina, fotografata da tutti! Interessante la presenza di due Ibis sacri che appro fittano dei pasti gratis del Centro e che sono arrivati pochi giorni prima. Sia agli “studenti” sia ai veterani fa sempre un certo effetto osservare a occhio nudo e a pochi metri Fistioni turchi, Quattrocchi, Quattrocchi d’Islanda, Morette, Codoni, Anatre marmorizzate, Fischioni del Ci le, come fa un certo effetto constatare quanto siano piccoli questi uccelli visti da vicino. Per i neofiti assolutamente di dattico! Di contorno le Cicogne bianche. Poi siamo passati al prato delle oche con O che delle nevi, Oche imperatore, Oche lombardelle minori, Oche facciabianca, Oche indiane, Oche egiziane, Oche sel vatiche, Volpoche, Oche colombaccio, Oche del Canada, Oche di Magellano, Oche collorosso, Cigni reali e selvatici, tra i piedi! Ma andiamo ai capanni con le spe cie selvatiche. Nei primi capanni, pre senza di Beccaccino, Gallinella d’acqua, Alzavole e Germani reali. Di contorno Codibugnolo, Cinciallegra, Fringuello, Gazza. Nell’osservatorio, i due Ibis sa cri, Spioncello, Miglia rino di palude, Forapaglie (Daniele Cappello), Poiana e uno splendido Sparviere femmina che si
Donatella Calvi
EBN Italia
a cura di Giorgio Paesani
sati ai Piccioni, che danno l’impressione di essere ancora in viaggio verso sud. A Macchiatonda: Albanella reale in caccia; Sula, almeno 10 in mare, dirette a N; Piviere dorato, circa 40, e due Pi vieresse. Conclusioni: missione “falco ni” compiuta solo in parte, ma festa pie namente riuscita, con splendida giornata di bw in ottima compagnia! Gli “strillozzi” nella Piana (report di Brian Perroud)
Raduno del Nodo Toscano “Lo strillozzo” al Parco della Piana (Anpil podere la Querciola) nella Piana fioren tina. Prima sosta al lago di Peretola per alcuni, dove oltre a molte Pavoncelle e Beccaccini erano ancora presenti il Ca valiere d’Italia e la Volpoca già segna lati, insieme a 3 Piovanelli pancianera e a un tardivo Gambecchio nano. Al par co erano ancora presenti i due Frullini, sono stati inoltre osservati una delle so lite Civette e qualche Pendolino, mentre qualcuno è riuscito a fotografare il Ta rabuso. Più tardi si sono visti anche l’A verla maggiore e qualche Porciglione. Per il resto una giornata molto piacevo le e quasi primaverile con Verzellini che cantavano e una Folaga che sembrava proprio costruire il nido!?
EBN Italia
guardava i Migliarini posato su di un al berello. Poi, pranzo conviviale sotto i ni di (vuoti) delle Rondini per 22 persone!
■ Bruno Vaschetti illustra le specie presenti al Centro Cicogne e Anatidi LIPU di Racconigi durante la festa del nodo di Torino_birdwatching.
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Domenica 27 novembre, dedicata alla Festa dei Nodi di EBN Italia, una ventina di birdwatchers di NovaraBW, nodo novarese dell’associazione, ha vi sitato la zona del Casone e di Montela me a Pombia (NO). Quest’area si trova nel Parco Piemontese della Valle del Ti cino, e l’escursione è stata accompagna ta dal competente e gentilissimo guarda parco Giovanni Liberini, autorizzato dal Parco, cui vanno i nostri calorosi ringra ziamenti per la collaborazione. La giornata, meteorologicamente
■ Anche Liguriabirding ha partecipato alla festa dei nodi con visita alla foce dell’Entella, sito minacciato da progetti di “sviluppo” edilizio.
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Grazie all’accordo siglato tra il WWF (Oasi s.r.l.) e la proprietà (Macca re se S.p.A.), le Vasche di Maccarese sono ora a tutti gli effetti un’Oasi del WWF, contigua alla ormai storica Oa si di Macchiagrande: questo ha ulterior mente potenziato la valenza del territo rio tutelato, che costituisce un’importan te realtà per lo sviluppo sostenibile del territorio, nel rispetto delle necessità di tutela e conservazione della biodiversità. Le Vasche, realizzate negli anni ‘70 a scopi venatori e riconosciute co me Riserva Naturale alla fine degli an
EBN Italia
EBN Italia
L’Averla maggiore “gentile” di NovaraBW (report di Ettore Rigamonti)
Le Vasche di Maccarese rinascono !
Valerio Di Carlo
Anche il Nodo Sicilia ha festeggiato con una bella escursione in provincia di Enna. L’obiettivo delle nostre escursio ni è, da un po’ di tempo, sempre lo stes so: la ricerca di rapaci. E anche stavolta è andata bene, con due siti di Lanario. Bellissima l’osservazione di una cop pia tranquillamente posata in parete. Di altro un’Aquila minore in verticale sul centro abitato di Villarosa, un paio di Sparvieri, diversi nuovi siti di Rondine montana, circa 30 Corvi imperiali alla discarica di Cozzo Vuturo. Molto bella la compagnia!!!
fred da e serena, con una consistente brinata mattutina, è iniziata presso la se de del Parco (Cascina Picchetta, Cameri) con l’illustrazione dell’attività di inanel lamento condotta in loco, con grafici e belle fotografie (particolarmente sugge stive quelle relative al progetto che ri guarda il Succiacapre). Quindi c’è stato il trasferimento nella zona Casone-Mon telame, per l’escursione programmata. L’ambiente è molto vario e suggestivo: l’intera area, a boschi e prati, è delimita ta da una grande ansa del fiume Ticino. Il bellissimo Monte Rosa è poi di venuto sfondo obbligato per la foto di gruppo. Poco meno di 40 le specie osser vate; tra queste l’Averla maggiore, che si è molto gentilmente lasciata a lungo osservare dal gruppo dei birders. In zona è presente anche il Picchio nero, per la Festa dei Nodi purtroppo in giornata assolutamente non collaborati va. C’è stato quindi il pranzo in pizzeria a Pombia e successivamente la divisione del gruppo: una parte si è diretta verso la zona dell’Arnetta (MI-VA) e l’altra ver so la zona della diga di Panperduto sul fiume Ticino a Varallo Pombia. La bella giornata e l’assenza di nebbia (che si è mostrata solo attorno alle 16,45) hanno favorito in entrambi i casi le osservazio ni dei birders.
Luciana Norfo
Lanari siciliani... beati loro... (report di Giovanni La Grua)
ni ‘80, sono una delle zone umide di maggior interesse avifaunistico della Riserva Naturale del Litorale Romano. Si tratta di cinque vasche artificiali, che si estendono su una superficie di 33 ettari, nelle vicinanze dell’abitato di Maccarese, nel passato abbandonate pro gressivamente dai proprietari, cosa che ha permesso il ricrearsi di un ecosi stema di estremo interesse naturalistico. Le vasche costituiscono un ambien te singolare, che favorisce la presenza di numerosissime specie legate alle zone umide, in particolare uccelli (migratori
■ La Vasche di Maccarese, comodamente ubicate a pochi passi da Roma e dall’aeroporto Leonardo da Vinci, costituiscono un’oasi di straordinaria importanza ornitologica, che in in verno e durante le migrazioni ospita numerose specie interessanti.
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Santino Di Carlo
Occhio alla Bonelli Il tuo aiuto per la protezione
EBN Italia
■ Inclusi nella Riserva Naturale del Litorale Romano, i campi ed i boschi nei dintorni del le Vasche di Maccarese attirano molti migratori, soprattutto passeriformi e rapaci, tra i quali spiccano alcune specie di grande importanza, come il raro falco Sacro regolarmente svernante.
e stanziali), anche rari, come il tarabu so e il tarabusino. L’avifauna è presente specialmente, ma non esclusivamente, nel periodo migratorio. Tra le specie più significative osservabili nelle varie sta gioni, ricordiamo l’Airone rosso e rapa ci quali il Falco di palude, il Falco pelle grino e il Falco sacro. Si possono vede re frequentemente specie quali l’Airone cenerino, la Gallinella d’acqua, la Fola ga, il Gabbiano reale e il Gabbiano co mune. Si tratta di presenze costanti, in dice del valore strategico di questo eco sistema, mentre tutto intorno prevale un ambiente prettamente agricolo, con una scarsa biodiversità. Dall’autunno le ana tre fanno la loro comparsa, con specie come il Fischione, l’Alzavola, la Mo retta tabaccata e il Germano reale, che
rimangono per lungo tempo compagne degli osservatori. Non mancano i mam miferi, come volpi e nutrie, osservabili con relativa facilità, e animali a sangue freddo quali natrici e testuggini palustri. Un angolo di paradiso, che acquista un maggior valore se si pensa che è molto vicino a Roma e all’aeroporto Leonardo Da Vinci. Dal maggio 2007 l’associa zione ALV (Associazione Litorale Ro mano e Vasche di Maccarese) collabora con il WWF, svolgendo attività di moni toraggio, censimento dell’avifauna e vi gilanza, aggiuntive rispetto alle normali attività gestionali svolte dal personale. Per visitare l’Oasi WWF Macchiagrande e Vasche di Maccarese: Centro visite - 06/6685487 - 339/1588245 329/0562763. Email: macchiagrande@wwf.it
Non solo le Vasche ma anche il Bosco dell’Arrone
Giovedì 16 febbraio alle ore 11.31 con l’apertura del cancello da parte di Fulco Pratesi (Presidente Onorario del WWF) è nata ufficialmente l’Oasi “Bosco Foce dell’Arrone” che si aggiunge alle oltre 100 aree protette del WWF ed anche questa, al pari delle Vasche di Maccarese, sarà gestita con la collaborazione dei volontari dell’ALV (Ass. Litorale Ro mano e Vasche di Maccarese). L’Oasi, nata grazie alla fattiva collaborazione con la Mac carese S.p.A. proprietaria dell’area, si estende per circa 40 ettari e si trova in prossimità del lungomare di Fregene (Roma), ingresso da via Sestri Levante. Il sentiero attraversa una florida macchia mediterranea e dune sabbiose, costeggiando l’Arrone, rifugio per il Barbagianni e per molti migratori che qui trovano le condizioni ideali per la sosta e la nidificazione. Presenti anche molte specie botaniche ed orchidee selvatiche. Info su www.wwf.it
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Santino Di Carlo
Nel 2010 abbiamo scoperto che traf ficanti di animali camuffati da accredi tati falconieri rubavano pulcini di Aqui la di Bonelli dai nidi siciliani. Nel 2011, con la collaborazione di volontari pro venienti da tutta la Sicilia, abbiamo or ganizzato un campo di sorveglianza pro prio nel sito dove erano stati scoperti i trafficanti che si calavano con le corde sul nido per asportare i nidiacei. Il cam po ha raggiunto il suo scopo e, alla fine di maggio, dopo 60 giorni di sorveglian za e l’avvicendamento di 37 campisti volontari, un giovane aquilotto è volato libero (vedi il diario del campo su QB6). Quest’anno vogliamo incrementare le nostre attività e speriamo di riuscire a organizzare 2 o 3 campi di sorveglianza e un completo controllo in tutti i siti noti di nidificazione dell’Aquila di Bonelli e anche in diversi siti noti di nidificazione del Lanario. Per poter portare avanti le nostre iniziative abbiamo però bisogno dell’aiuto di tutti voi, soci di EBN Italia e simpatizzanti iscritti in lista. Abbiamo bisogno di fondi, soprattutto per la co pertura delle spese per le attività di con trollo della nidificazione nel maggior numero possibile di siti. Se vuoi venire a dare il tuo contri buto di persona scrivi a lagruagio@ali ce.it indicando se sei socio EBN Italia e da quanti anni, per quanti giorni sei disponibile e in che periodo. Il campo inizia alla schiusa delle uova, di solito a fine marzo, e prosegue fino all’involo, dopo circa 60 giorni. Si staziona in una zona da cui controllare sia il nido sia le
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della più rara aquila italiana! strade di accesso e quindi, con un can nocchiale, è facilmente osservabile tutta l’entusiasmante attività che gravita at torno al nido: le fasi dell’alimentazione, le cure parentali, le interazioni con altre specie, la difesa del territorio, possibili scene di caccia, ecc... Giornalmente non possono staziona re nella postazione di sorveglianza più di 2-3 persone, per cui se hai intenzione di dare una mano prenotati subito. Resta inteso che le spese sono tutte a carico dei campisti volontari e che noi vi met teremo a disposizione un alloggio gra tuito presso una struttura dell’Azienda Foreste della Sicilia. Se però volete al loggiare a vostre spese presso un B&B fatecelo sapere e provvederemo alla pre notazione. Potete approfittarne anche per un tour siciliano: 2-3 giorni al cam po e altrettanti in giro... E aprile e mag gio sono certamente i mesi più belli per venire in Sicilia, non solo per la migra zione, ma anche per la bellezza dei pae saggi primaverili. Vi aspettiamo numerosi. EBN Italia - Nodo Sicilia
Ti invitiamo a donare 20 euro per la pro tezione dell’Aquila di Bonelli in Sicilia se condo una delle seguenti modalità: - Conto corrente bancario: IT79 H076 0101 0000 0000 2947 128 causale “ Bonelli” - Carta di credito sul sito: www.ebnitalia. it Oppure ti invitiamo in Sicilia come cam pista!
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RECENSIONI
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Birder of the year 2011 Giovanni La Grua è stato procla mato Birder of the year 2011, in quanto incarna al meglio l’auspicabile connu bio tra conservazionismo, protezione e birdwatching. Giovanni è stato uno dei promotori del campo di sorveglianza per la prote zione dell’Aquila di Bonelli e dei Lana ri, esponendosi in proprio, concordan do riunioni, andando sul campo a fare la sua parte e anche installando foto trappole per proteggere un sito di ni dificazione non facilmente monitorabi le. Tutto questo ha portato all’involo di
una giovane aquila, come avete avuto occasione di leggere nel diario del cam po su QB6. È il fulcro del nodo siciliano di EBN Italia, che si è coagulato attorno alla sua voglia e alla sua passione. Una passione e una tenacia senza tanti fron zoli tecnologici, che hanno portato al successo della mailing list Sicilia_bird watching, accomunando le varie ani me del birdwatching, senza preconcet ti e divise, organizzando tra l’altro sia l’Eurobirdwatch sia le Feste dei Nodi di EBN Italia.
La nuova guida di identificazione: Che uccello è questo? A 10 anni di distanza dall’ultima pubblicata, la guida tascabile Hayman, è stata lanciata sul mercato italiano una nuova guida di identificazione. Si tratta di una guida tradotta dal tedesco a cura della Franco Muzzio Editore, il cui autore è Volker Dierschke. Questa guida è stata tradotta negli ultimi anni in molte lingue (in francese nel 2008, inglese, polacco, ungherese, ceco, slovacco, etc.) e finalmente ora ap proda con una bella traduzione in Italia. In Europa, la guida ha avuto successo perché ha molti pregi. Primo fra tutti, il fatto che accosta di segni a immagini fotografiche. Una guida che co glie quindi il meglio dell’espressione iconografica: la foto è grande e sempre ben in evidenza, normal mente mostrando il piumaggio nuziale, i disegni raffigurano l’uccello in altre posizioni o in volo. I particolari identificativi sono indicati con le frecce (stile Peterson). Di tutte le specie vengono indicate le misure (lunghezza e apertura alare), l’habitat con cartine su scala europea, il periodo di nidificazione, il colore e il numero delle uova, la voce e inoltre è presente un box che illustra le eventuali curiosità sull’etologia della specie. Il testo, la cui traduzione dal tedesco è stata ri vista dalla redazione di QB, è sintetico, massimo 10 righe a specie, e cerca di cogliere l’essenza dell’uc cello raffigurato. Le informazioni contenute sono state adattate alla realtà italiana. Una guida ben illustrata, didattica, ricca di con tenuti, consigliata a tutti, ma soprattutto al neofita. Si trova in tutte le librerie, al prezzo di 18,50 Euro, 256 pagine, ISBN 978-8874132447.
I Rapaci delle Alpi Apuane Le Apuane spiccano nel paesaggio della Tosca na settentrionale elevandosi dal livello del mare fi no a 2000 metri di quota. Un massiccio montuoso assolutamente particolare che per l’asperità e la po sizione geografica offre un ecosistema favorevole a molte specie di rapaci. La guida, scritta da Guido Premuda, Fabio Vi viani e Ubaldo Ricci, tratta tutte le specie di rapa ci presenti, partendo da quella più nobile, l’Aqui la reale, per poi illustrare in pratiche schede tutti i migratori che sono stati registrati presso il famoso sito di osservazione di Capriglia. Sull’Aquila reale vengono presentati i dati di 13 anni di monitoraggio riproduttivo delle 3 coppie territoriali, nonché del censimento in contemporanea del 2002. Si passa poi alla parte relativa alla migrazione, riferita al summenzionato sito di Capriglia, uno dei più importanti in Italia per la migrazione dei rapa ci. Sono presentati i dati di 8 anni di osservazioni in cui sono state rilevate 14 specie diverse di rapaci. Capriglia è un sito di qualità, visto che è legato al le osservazioni relative alla migrazione primaverile di specie quali, in ordine di abbondanza, Bianco ne, Falco di palude, Aquila minore, Nibbio bruno, Gheppio, etc. Come già detto prevale il Biancone, con 6379 individui osservati, la cui consistenza nu merica oscilla tra 800 e 1200 ogni anno. In autunno le specie censite salgono a 18, e l’Aquila minore è il secondo rapace più osservato dopo il Biancone e prima del Falco pecchiaiolo. Interessanti anche le osservazioni di Cicogna nera. La guida presenta i dati del passaggio delle specie più rappresentative sotto forma di grafici giornalieri cumulativi, molto interessanti. Infine vengono proposte alcune schede sinteti che, riferite alla biologia e distribuzione di tutti i ra paci diurni e notturni delle Apuane, con molte foto e anche 8 itinerari per il birdwatching. “I rapaci delle Apuane” è una guida interes sante, essenziale non solo per il naturalista che vo glia frequentare questi luoghi, ma anche per il bir dwatcher che sia appassionato di migrazione dei ra paci. Pacini Editore, al prezzo di 13,00 Euro, 192 pa gine, ISBN 978-8863152074.
■ Giovanni la Grua, in attesa di rilasciare un giovane Falco pecchiaiolo. La collaborazione con le locali associazioni di volontariato non è che uno degli aspetti dell’impegno concreto che Giovanni dedica alla tutela e conservazione degli uccelli selvatici.
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A ssociazione A nno 2012
Essere socio per il 2012 ti riserverà sconti sui prodotti
Quota sociale 2012: Italia: € 25,00. Soci sostenitori, enti, associazioni e biblioteche: € 50,00 Speciale quota familiare (non riceve la rivista ma un taccuino da campo: € 5,00) Estero (UE e Svizzera): € 30,00 Pagamento: Italia: Bollettino di c/c postale n. 2947128 intestato a “Associazione EBN Italia” Italia/Estero: Bonifico bancario: IBAN IT79 H076 0101 0000 0000 2947 128 BIC/SWIFT: BPPIITRRXXX Causale: Quota sociale Associazione EBN Italia 2012
EBN Italia - Via Allende, 3 - 27100 PAVIA (Italia)