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Anno 8 - n. 40
LUGLIO/AGOSTO 2020
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Dal lockdown possono nascere nuovi modelli di sviluppo
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Origine delle carni suine trasformate
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La funzione della pastorizzazione in prodotti carnei e a base di carne
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Allevatori che fanno la differenza
L’ARGOMENTO
Sondaggio di iMEAT tra le macellerie durante il lockdown
Prevale un sentiment di fiducia nel futuro
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La filiera della carne non si ferma
Dal lockdown possono nascere nuovi modelli di sviluppo Macelleria e allevamento verso una fase di trasformazione – Sempre più accentuato il legame tra qualità e sostenibilità – L’importanza di preservare le competenze
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he cosa ci ha trasmesso il periodo di lockdown? Come ne stiamo uscendo a livello personale, ma anche sociale e soprattutto professionale? Quali sono le ripercussioni che dovremo affrontare nell’imminente autunno? Potremmo continuare a porci tanti altri interrogativi ben sapendo che la certezza di un ritorno in tempi brevi alla stagione pre-Covid è ancora debole. Tantomeno è nostra intenzione dare risposte categoriche o formulare sentenze inappellabili. Al momento in cui scriviamo (seconda metà di luglio) in Italia la situazione sembra essere decisamente sotto controllo: pochissimi decessi, qualche piccolo focolaio e molti guariti ci inducono a guardare avanti con un cauto ottimismo ed a sperare che tutte le attività - ma proprio tutte! - riescano a riprendere secondo ritmi che siano accettabili non per la sopravvivenza, ma per la crescita delle attività. Intanto l’unica domanda alla quale possiamo rispondere senza tema di essere smentiti è la seguente: che cosa è cambiato dall’inizio della pandemia nell’approccio al consumo? Perché qualcosa è certamente cambiato ed è probabile che alcune formule, a monte e a valle della filiera della carne, si stiano consolidando per entrare a far parte delle abitudini quotidiane.
Inoltre, si sta facendo strada una certa consapevolezza che, dopo la pandemia, sia necessario un nuovo modello di sviluppo, in tutti i settori, con l’agroalimentare in primo piano: ancor più che qualche mese fa, la qualità è sempre meno disgiunta dalla sostenibilità ambientale, dalla responsabilità sociale, dalla creatività ragionata, dalla sicurezza garantita. Concetti che accompagneranno sempre di più le aziende ed il consumatore passando inevitabilmente attraverso tutta la filiera di un settore. BACKGROUND DELLA FILIERA CARNE La filiera della carne può già vantare un impe-
gno, se non un vero e proprio background: non sono pochi i macellai italiani che hanno avviato un processo di sviluppo per coniugare la qualità alla sostenibilità, dialogando strettamente con il comparto dell’allevamento, riportando al consumatore l’adeguata comunicazione sull’eccellenza delle carni proposte, avviando tipologie di servizio innovative. Nello stesso tempo gli allevatori che si distinguono per l’eccellenza delle loro pratiche di accrescimento degli animali, e quindi delle carni, stanno accarezzando idee di sviluppo dell’attività per arrivare a un dialogo diretto con il consumatore. EVOLUZIONE DELLE VENDITE IN MACELLERIA Innegabilmente il periodo di lockdown ha accelerato alcuni processi ed indotto a percorrere strade diverse. Come evidenziato nel servizio giornalistico apparso sul numero scorso di iMEAT Giornale, i macellai si sono trovati nella condizione di soddisfare le richieste di consumatori costretti a casa avviando procedure che, in precedenza, riguardavano pochi colleghi oppure rappresentavano una esigua parte della propria attività. Il ritiro della spesa dopo aver fatto la propria prenotazione telefonica, ma soprattutto il delivery, quel termine inglese che ormai è entrato nel linguaggio comune per indicare la consegna a domicilio, sono diventati servizi indispensabili durante la chiusura, ma che dopo la pandemia potrebbero diventare formule consolidate ed abituali. Un valore aggiunto che il consumatore è disposto a riconoscere anche se la vera sfida è di creare la consapevolezza che una carne di qualità
merita di essere acquistata ad un prezzo adeguato. Quello che, d’altra parte, devono pagare i macellai per assicurarsi presso l’allevatore carni di qualità provenienti da animali gestiti in modo sostenibile, nel rispetto del loro benessere e della salvaguardia dell’ambiente. NUOVE FORMULE NELL’ALLEVAMENTO Inevitabile che il lockdown abbia avuto ripercussioni anche sugli allevatori sotto il profilo dell’evasione della domanda, ma anche a livello di nuove strategie di sviluppo. Il blocco della ristorazione ha creato problemi anche al settore a monte della filiera che, in alcuni casi, ha avviato una sorta di riconversione della propria attività aprendo un canale digitale per la vendita diretta al consumatore mettendo in evidenza la qualità delle carni proposte proprio in rapporto all’applicazione di pratiche sostenibili per animali ed ambiente. Anche in questo caso, si tratta di un servizio che potrebbe continuare a vivere anche dopo la pandemia allargando la platea dei soggetti commerciali che dialogano con il mercato al consumo finale. Si tratta ora di vedere come e quanto si consolideranno questi nuovi modelli: è in atto un processo di trasformazione del settore che, in una prospettiva non lontana, rende indispensabile allargare la piattaforma di dialogo per aprirsi a nuove mentalità e non perdere le posizioni acquisite, facendole invece evolvere verso un’innovazione che recuperi efficienza, ma soprattutto accentui le competenze di ciascun attore della filiera. Un valore aggiunto, quest’ultimo, che in una fase di progresso diventa assolutamente indispensabile! m.p.
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Sondaggio di iMEAT tra le macellerie durante il lockdown
Prevale un sentiment di fiducia nel futuro di Maristella Pastura
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i dice che ogni momento drammatico porti con sé anche delle opportunità. È, questa, la domanda conclusiva di un sondaggio tra i macellai italiani, avviato durante la seconda fase del periodo di lockdown e conclusosi a metà luglio, da iMEAT in collaborazione con Federcarni ed Eurocarni. E le risposte ottenute danno credito all’affermazione iniziale: la maggior parte dei macellai che hanno risposto, senza fare dell’ottimismo azzardato, si sono però dichiarati intenzionati a implementare nuove formule sia di vendita che di servizio, dalle consegne a domicilio all’ulteriore innalzamento della qualità dei prodotti, dall’implementazione delle vendite online ad una rivisitazione del tempo dedicato al lavoro per dare più spazio alla vita privata, dal mantenimento di alcune pratiche ancor più
dedicate alla sicurezza alla riorganizzazione della macelleria, auspicando anche l’assunzione di nuovi addetti. In sostanza, il lavoro ha avuto un andamento positivo e, in alcuni casi, ha avuto anche una vera e propria
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iMEAT GIORNALE
un’impennata, pur con tutti i limiti del caso. Non è mancato chi si è dichiarato dubbioso sul futuro e sulle iniziative eventuali da intraprendere. I più hanno espresso però l’intenzione di investire su attrezzature, servizio, qualità continuando a credere nella propria attività e cercando di essere sempre più vicini alla clientela. Seppur riferita ad un campione ristretto, la fotografia del dettaglio italiano di macelleria nel momento
di emergenza ha posto in evidenza interessanti aspetti, al di là dell’atmosfera di incertezza che, purtroppo anche a fine luglio nel momento in cui scriviamo, continua ad aleggiare. La gran parte dei macellai che hanno risposto, ovvero l’85% del totale, hanno un’attività che occupa tra 1 e 5 dipendenti, comunque la fetta dimensionale più consistente in Italia. Innanzitutto i prodotti che sono andati per la maggiore durante il lockdown sono stati gli hamburger, il macinato, il petto di pollo, le fettine e le bistecche, la salsiccia. Diminuita sensibilmente la richiesta di preparati in quanto l’essere costretti a casa ha
indotto i più a preparare i cibi tra le mura domestiche. Il metodo più gettonato per fare ordini è stato il telefono e facebook, in seconda battuta; l’80%, senza distinzione di area geografica o di dimensione locale, ha effettuato la consegna a domicilio, in alcuni casi incentivando un servizio che in tempi normali rappresentava una fetta esigua. Nelle intenzioni per il futuro sembra una formula destinata a mantenersi e ad implementarsi. Le altre modalità di vendita sono
state attivate in percentuali assai ridotte: quella online è stata avviata solo da un 10% dei macellai che hanno risposto e sono pochi coloro
che hanno pensato di installare dei distributori automatici; circa il 60% poi non ha effettuato il take away forse perché è stata una metodo-
logia che inizialmente non era stata consentita. Un aspetto decisamente interessante è quello riguardante la clientela: quasi il 90% di chi ha risposto ha dichiarato di aver acquisito nuova clientela durante il periodo della pandemia e circa l’80% di aver aumentato in tre mesi il giro di lavoro. L’auspicio, come emerso anche da alcuni pareri raccolti dal nostro periodico iMEAT Giornale durante il lockdown, è che parte di questa clientela, essendosi avvicinata a prodotti di migliore qualità e a un servizio più dettagliato e competente, tenda a mantenere la macelleria tra i suoi negozi di fiducia.
Ricominciamo! D
opo aver vissuto gli ultimi mesi con le paure giustificate dal Covid, è giunto il momento di superarle. Passata questa estate così strana in cui, come le lumache, abbiamo rimesso fuori la testa da casa e abbiamo spinto un po’ più in là il nostro orizzonte. Ora ci ritroviamo a prepararci per l’autunno, pieni della speranza che il passato non si ripresenti e con la volontà di riprendere in mano la nostra vita e di poterla vivere come facevamo un tempo non lontano. Federcarni ha questo stesso modo di affrontare il futuro, toglie dall’armadio i progetti forzatamente sospesi, li stira e li adatta al cambiamento, momentaneo, ma necessario. Primo fra tutti la ripresa del Campionato Giovani Macellai Federcarni. Il giorno 27 settembre 2020 ci ritroveremo a Crotone con la prima data certa della ripresa. In collaborazione con Confcommercio Calabria Centrale, ci troveremo presso la sede di un nostro storico sponsor, Stagionello-Arredo Inox di Alessandro Cuomo. Una sede sicura, dove potremo adottare tutte le misure di sicurezza previste in quel momento, distanziare i concorrenti e gestire, se necessario, l’affluenza del pubblico. Seconda data certa il 18 ottobre, questa volta ospiti della ditta Cean spa a Trofarello (Torino): anche in questa occasione sarà possibile gestire il rischio nel migliore dei modi, in base alla situazione sanitaria agire di conseguenza, in sicurezza. Seguiranno altri quattro appuntamenti, dei quali vi daremo notizia appena saranno sicuri, fino ad arrivare alla finale del 21 marzo 2021 quando a ModenaFiere durante la settima edizione di iMEAT, fiera specializzata dei macellai, si ritroveranno i primi e secondi classificati di tutte le selezioni svolte e, nell’arena realizzata grazie alla disponibilità di Ecod - con in prima persona il titolare Luca Codato, ma anche i suoi collaboratori - verrà riconosciuto il Migliore Giovane Macellaio Federcarni della prima edizione del Campionato Federcarni. Un evento che ha impegnato fortemente la squadra organizzatrice di Federcarni e i presidenti provinciali che hanno permesso la riuscita delle tappe organizzando il loro territorio. Grazie. Molte altre iniziative sono in via di realizzazione, ma vorrei parlarvene, in modo più dettagliato, nelle prossime edizioni di iMEAT Giornale. Solo un breve sommario. - La nascita della scuola di formazione permanente, con la direzione del professor Marco Tassinari. - Lo sviluppo del mezzo web per aggregare il maggior numero di macellai e collegare le esperienze regionali e giovanili. - La nuova rivista “Federcarni” con contenuti più tecnici, senza abbandonare l’informazione delle iniziative sul territorio. - La creazione di un Gruppo Giovani che possa proseguire l’impegno ed il cammino di Federcarni. Ma queste sono altre storie. Buon lavoro, aspettandovi a Crotone, Torino, Firenze, Latina…Modena. Maurizio Arosio, Presidente Federcarni
Il #decalogoDOP per il rilancio del made in Italy L
a rete dei Consorzi di tutela del comparto DOP IGP rappresenta una risorsa strategica per il settore agroalimentare e l’intero Sistema Italia. A testimoniarlo non solo i numeri del valore economico delle filiere - 16,2 miliardi di euro di valore alla produzione e 9 miliardi di valore all’export (Rapporto Ismea-Qualivita 2019) - ma anche quelli delle azioni di comunicazione dei Consorzi, un asset strategico analizzato da Qualivita: 554 siti web ufficiali, 487 account social capaci di ingaggiare oltre 56 milioni di utenti unici digitali all’anno, a cui si aggiunge l’audience raggiunta attraverso i media tradizionali, dai giornali alle televisioni, e le molteplici iniziative di marketing. Per far fronte al cambiamento in atto nella società e nei mercati, Fondazione Qualivita propone il #decalogoDOP per la comunicazione istituzionale che promuove il sistema agroalimentare e vitivinicolo di qualità attraverso i nuovi valori emersi come risposta all’emergenza Covid-19. Uno strumento operativo a servizio della rete DOP IGP. Dieci punti su cui basare, nell’immediato, un racconto nuovo e più profondo del made in Italy e far emergere le peculiarità strategiche del settore DOP IGP. Una nuova dimensione, un nuovo storytelling da raggiungere con le grandi potenzialità della rete dei Consorzi di Tutela che, grazie alle proprie caratteristiche, è in grado di svolgere un ruolo decisivo per il Paese su tre livelli: soggetto di comunicazione per campagne collettive su valori condivisi, supporto alle iniziative di rilancio del sistema Paese, volano per la promozione e lo sviluppo del territorio.
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na piattaforma di dialogo dedicata alla community della filiera carne. È l’obiettivo di iMEAT Web Business, il portale creato dalla nostra società Ecod, organizzatrice della fiera iMEAT ed editrice dei periodici specializzati iMEAT Giornale ed Ingegneria Alimentare. Il nuovo concept comunicativo, visibile collegandosi a imeatweb.com, tende ad intercettare i nuovi bisogni delle aziende, sia fornitori che clienti, assecondando i trend relativi al settore produttivo e al mercato del consumo. PROMUOVERE I PRODOTTI Il nuovo portale è stato infatti concepito per promuovere i prodotti delle aziende fornitrici di macellerie, gastronomie, agriturismi e ristoranti specializzati nel settore carneo, delineando un percorso di avvicinamento alla settima edizione della fiera iMEAT del 2021. Il sito si rivolge a coloro che già conoscono la fiera iMEAT, ma anche ai potenziali e futuri visitatori che
NAVIGAZIONE SEMPLICE Il portale è stato strutturato per permettere al visitatore virtuale una ricerca semplice e intuitiva: all’interno di ciascuna area è stato predisposto un elenco di sotto-settori con notizie specifiche e schede prodotto delle aziende.
potranno avere aggiornamenti costanti sui prodotti e le novità delle aziende fornitrici, sia espositrici che non. AREE TEMATICHE iMEAT Web Business si colloca a metà tra una fiera virtuale ed una piattaforma dinamica: riproponendo il percorso espositivo della fiera, è suddiviso in tre aree merceologiche, una dedicata ad attrezzature, ingredienti e accessori; la seconda riservata ai prodotti alimentari di eccellenza; la terza focalizzata sulle carni di altissima qualità.
COMMUNITY NEWS Inoltre è stato creato lo spazio “Community News” dedicato alle notizie ed informazioni riguardanti tutta la community per creare un momento informativo di ampio respiro. Non si tratta di un portale statico, ma di una piattaforma che settimanalmente si aggiorna su argomenti relativi al mondo della carne e affini: attrezzature, ingredienti, aziende, prodotti, mercato, trend, macellerie, attività di ristorazione, allevamenti etc. iMEAT Web Business è operativo dall’inizio di luglio per accompagnare costantemente gli attori della filiera carne attraverso un percorso dialettico-virtuale di dialogo e confronto in vista dell’incontro reale e concreto della prossima primavera: la fiera iMEAT in calendario nel mese di marzo 2021 a ModenaFiere.
www.imeatweb.com
Il business on line per macellerie, gastronomie, agriturismi e ristorazione specializzata 6
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Esperienze culinarie con la carne
A Villa dei Cesari c’è Luce Ampi spazi, immagini, sapori e suoni: è l’estate di Luce, viaggio sensoriale alla scoperta della lazialità più gustosa e accogliente di Marina Caccialanza
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ui, dopo anni di assenza, questa estate sono ricomparse le lucciole, una coincidenza che inevitabilmente è poi stata legata all’etimologia stessa del posto. Luce a Villa dei Cesari è un luogo dal fascino antico, a meno di un chilometro dalla Chiesa Domine, quo vado? che si trova in quel crogiolo di strade che collega l’Appia Antica, via delle Sette Chiese e l’Ardeatina. Qui, all’altezza delle Catacombe di San Callisto, le più grandi di Roma e primo luogo di sepoltura collettivo della Chiesa attestato dalle fonti, sorge la dimora storica di antichissima costruzione. Il complesso è sede di eventi privati, cerimonie e meeting e cura uno dei servizi di alta banquettistica più rinomati e storici della capitale, Ambrosini Banqueting dal 1925. È in questo contesto che Iolanda Ambrosini ha recentemente dato vita a Luce, un progetto ambizioso grazie al quale la Villa è stata convertita a ristorante raffinato e poliedrico. Oggi, dopo il difficile periodo che l’Italia ha attraversato e che tutti ci auguriamo sia di passaggio, l’ampio giardino della villa appare come un luogo magico, nel quale parlare di “distanziamento” è superfluo perché gli spazi sono naturalmente generosi e accolgono a braccia aperte i clienti. Iolanda Ambrosini ha così avviato una nuova impresa nella quale ha investito non solo a livello socio-economico ma anche umano, assumendo più di dieci persone in un momento generale di crisi post-lockdown.
Del resto, trasformare le dimore, in senso estetico e funzionale, in una sorta di ristoville, incentivata anche dagli effetti della pandemia che fanno i conti con l’assenza di grandi eventi solitamente organizzati qui, è parsa un’idea logica e assolutamente adatta. IL PARCO DELLA VILLA, SPAZI AMPI PER ACCOGLIERE E DISTANZIARE NATURALMENTE Ed ecco che Luce apre i suoi cancelli con un alberato e illuminato ingresso, preceduto da un ampio parcheggio riservato agli ospiti. Il giardino, adibito
a dehors di Luce, può ospitare 200 persone ben distanziate; all’interno, due saloni ne possono accogliere altre 150. Grandi numeri che non sminuiscono il format ristorativo giocato tra ricette di una volta contestualizzate in una cucina ricercata e creativa a cui si affiancano la pizzeria e l’angolo cocktail bar. Per cominciare, l’ospite non ha che l’imbarazzo della scelta e alla postazione cocktail, supervisionata dal bar manager Edoardo Mattarino si può iniziare con un aperitivo a scelta tra drink classici, 6 diversi Gin Tonic e signature, tutto accompagnato da sushi, qualche frittino o una selezione di focacce. A coordinare la cucina Mirko Pagani, cuoco romano con un’esperienza ventennale che ha personalizzato un menu a forte vocazione territoriale con creatività ed equilibrio. Mirko Pagani ha infatti riportanto in auge i piatti poveri della cucina laziale creando una vera e propria esperienza gustativa: “Lo studio del menù vuole rappresentare le ricette classiche della cucina romana – spiega Mirko – ma in chiave rivisitata come si conviene per un ristorante moderno, pur con tutta l’attenzione e il rispetto di un’arte culinaria sacra, e la lazialità sarà la base di tutti i nostri esperimenti”. Prezzi democratici, per incuriosire e favorire, e piatti della tradizione rinnovati nel gusto e nella presentazione. ROMA NEI PIATTI DELLA SUA TRADIZIONE E NELL’ATMOSFERA ICONICA Siamo a Roma, la città eterna dove storia e cine-
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iMEAT GIORNALE
Esperienze culinarie con la carne ma convivono, dove il turista non solo straniero si aspetta di trovare l’atmosfera di sempre e quindi, la carta ideata dallo chef propone le specialità immortali, quelle diventate icona nel film Un americano a Roma di Alberto Sordi: un patrimonio gastronomico regionale, che appartiene al popolo, ma può essere elevato e sicuramente esaltato. Così, non può mancare il supplì di riso Carnaroli, ossobuco alla romana con zafferano e sentori di timo; il tipico fritto romano al telefono in versione più gourmet con il suo ripieno semiliquido; alla voce antipasti anche il tris di crocchette con patate viola, tartufo e maionese allo zenzero. Immancabile la Carbonara nella sua versione tradizionale e, sebbene la sua ricetta resti tale, dietro si percepisce il grande lavoro che mantiene inaltera-
Iolanda Ambrosini
to il sapore del guanciale di Norcia e la cremosità. È la cucina che evolve traendo ispirazione dalla sua storia, innalzando la tecnica per celebrarne il valore. I tagli di pasta utilizzati, un po’ più insoliti rispetto al
formato convenzionale, sono particolari e danno identità al piatto, mentre come vezzo Mirko ha aggiunto il suo tocco personale marinando il tuorlo e ha dato ariosità al piatto con una spuma di pecorino, mantenendo inalterati i sapori originari e concentrandosi sull’estetica. IL MENU: CARNI E SALUMI, PER UN GUSTO INEGUAGLIABILE, MA NON SOLO… La carne è importante nel menù di Luce, spiega Mirko Pagani: “La carne Mirko Pagani ha un ruolo fondamentale nel nostro menù. Dalla coda di vitella all’ossobuco di vitella per la nostra selezione di fritti ricercati, al nostro guanciale di Norcia, ai Galletti Vallespluga fino all’attenzione che mettiamo nel selezionare carni danesi con frollature specifiche. Ma Luce presto aprirà le porte al pesce fresco pescato offerto come specialità del giorno. Nella postazione esterna abbiamo costruito a questo scopo una brace a vista, a fianco al forno a legna utilizzato per la cottura della pizza e del pane, con esposizioni di vari tagli di carne fresca, dalla Danese all’Argentina oppure il galletto cotto precedentemente a bassa temperatura e rigenerato proprio sul fuoco. Dalla cucina, la risposta è per esempio un tentacolo di polpo caramellato e brasato con una cottura molto lenta nei suoi stessi umori”.
Materie prime di altissima qualità e specialità italiane e mondiali accompagnano le ricette in cucina e in pizzeria: la linea di quest’ultima per esempio si divide tra gusti tradizionali, quindi Margherita, Napoli con Bufala, Amatriciana, poi Focacce come la Cesari a base di stracchino naturale al miele, mortadella, granella di pistacchio o una ancora più esclusiva con Burrata di Andria, Patanegra e olio al tartufo per arrivare alle pizze gourmet dove prevale il lato più gastronomico e tecnico come per quella intitolata a Luce, ad esempio, condita con un tuorlo marinato su fondant di pecorino a buccia nera, coriandoli di guanciale di Norcia IGP e zest di lime. Massima attenzione va alla selezione dei prodotti impiegati, conferma lo chef: “La selezione delle carni viene dagli anni di esperienza nel settore in una ricerca selettiva dei migliori bovini e delle migliori frollature per garantire gusto, qualità e freschezza del prodotto. Il pollame viene scelto in base all’alimentazione dell’animale e ha un ruolo fondamentale come nella selezione delle uova solo a pasta gialla, e nella cottura delle carni a bassa temperatura per garantire l’eliminazione dei batteri”. All’interno della dimora storica di Villa dei Cesari, Luce si innesta come format ristorativo en plein air ispirato alla natura e alla convivialità country chic: l’ideale per questa estate italiana complessa ma caratterizzata dalla voglia di assaporare non solo nel piatto quella convivialità genuina che il Paese tanto ama e che Roma, città eterna, incarna perfettamente.
DAL MENU DI LUCE, QUALCHE ESEMPIO: Crocchette di vaccinara al rosmarino in panure di nero su salsa si scalogno e cacao amaro Polpette di bollito su mousse di pomodorini Fusilloni alla Carbonara con guanciale di Norcia con Pecorino buccia nera, tuorlo marinato e schiuma al pecorino Tagliata di manzo Danese con cipolla caramellata e vino rosso Galletto cotto a bassa temperatura al rosmarino con patate e sfoglia al forno Filetto danese Costolette di agnello del castelluccio Hamburger di chianina Entrecote di manzo Fiorentina Pollo coi peperoni
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Allestire la macelleria
Il ruolo di Coldar nella ristrutturazione della risto-macelleria “d’Ale” di Cuneo
Quando la cella di frollatura diventa un punto strategico
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ue fratelli, Alessandro e Giampaolo Arborino. La compagna del primo, Elena D’alessandro. Un’attività nella città di Cuneo, da molti definita la capitale verde del Piemonte. E soprattutto un costante impegno ed una solida volontà di portare l’innovazione nel mondo della macelleria. La risto-macelleria “d’Ale” – marchio che racchiude le iniziali di Alessandro e del cognome di Elena – è stata oggetto di una recentissima ristrutturazione: l’inaugurazione è avvenuta infatti nel mese di luglio ed è stata un’ulteriore passo innovativo sia da un punto di vista estetico che di contenuti tecnico-tecnologici. Da sottolineare, in primo luogo, il fatto che la risto-macelleria è forse l’unica in Italia a realizzare tutto assolutamente senza glutine. Dice Alessandro: “A prescindere dal fatto che io sono celiaco, produciamo esclusivamente senza glutine, gastronomia, macelleria, ristorazione, compreso il pane, senza possibilità di contaminazione. Ho fatto una ricerca per vedere se esisteva un’altra macelleria con questa caratteristica, ma per il momento il gluten free a 360 gradi sembra essere solo il nostro, molte macellerie fanno solo panature. Mi piacerebbe potermi confrontare e mettere in comune esperienze e problematiche…”
Liberato il campo dal “glutine”, è Giampaolo che inizia a parlarci dell’attuale ristrutturazione, avvenuta nella stessa location dove quattro anni fa era stata inserita, oltre a macelleria e gastronomia, anche la ristorazione. “Già quattro anni fa avevamo avviato una parte innovativa di ristorazione dedicata ai clienti che volevano fermarsi a pranzo ogni giorno e due volte a settimana a cena. Ora questa parte è stata ulteriormente rinnovata, con un cambio totale di look sia negli arredamenti che nell’esposizione dei prodotti in vetrina. Prima di tutto abbiamo considerato le esigenze dei clienti e raccordato al meglio lo spazio ristorativo con quello di vendita cercando di crea-
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re un giusto rapporto tra le due aree. Il locale oggi sembra molto più grande, ma soprattutto siamo riusciti a rendere calorosa ed accogliente la macelleria, di per sé generalmente abbastanza fredda! Il gioco di luci, una giusta esposizione e un arredamento studiato sono state le componenti che hanno portato al risultato odierno.” Nella ristrutturazione, un ruolo strategico l’ha ricoperto Coldar, praticamente un fornitore scontato, come ci spiega Alessandro: “Abbiamo sempre avuto banchi di quest’azienda che riteniamo essere al top come rifiniture, materiali come l’acciaio che non arrugginisce, estetica accattivante, lavorazione su misura fatta al centimetro, illuminazione giustamente calibrata, esposizione ampia e, ovviamente, caratteristiche tecniche di alto livello: mantenimento della carne e della gastronomia perfetto! La carne e i prodotti di gastronomia non asciugano, anche in presenza di referenze con maionese o altre salse. Sono stati questi fattori, che peraltro conoscevamo già e di cui eravamo soddisfatti, a non farci cambiare il fornitore. Per l’arredamento ci siamo affidati ad un professionista di Cuneo e ad una squadra già ampiamente collaudata di elettricisti, frigoristi, idraulici ecc.” Pierpaolo aggiunge che il colpo d’occhio dei ban-
chi frigo fa la differenza e Coldar, personalizzando le attrezzature in base alle richieste del cliente, contribuisce a far vendere un prodotto innanzitutto a livello visivo. L’obiettivo è di operare, oltre che con una materia prima di qualità, anche con attrezzature di qualità per semplificare e rendere più funzionale il lavoro, dando nello stesso tempo l’idea di professionalità. “Oggi chi entra in negozio ci dice che sembra una boutique, una gioielleria, addirittura un museo. È tutto nuovo, ma ciò che ci fa più piacere è avere la netta percezione che stiamo trasmettendo la nostra professionalità e che ci viene riconosciuto il nostro impegno. “ Sempre riferendosi a Coldar, Alessandro sottolinea anche la disponibilità dell’azienda: “Se mai ci fosse un problema, sono sempre disponibilissimi e pronti ad intervenire. Ma i loro banchi è difficile che evidenzino qualche problema, quindi l’assistenza, di per sé, passa quasi in secondo piano. Sempre a marchio Coldar abbiamo installato anche due celle verticali della serie Smart-Q, una per i salumi ed una per la frollatura. Abbiamo dovuto giocare sui centimetri disponibili non potendo ricorrere a misure standard: il nostro obiettivo era di inserire, in una delle due, carni da tutto il mondo con diverse frollature, con umidità, temperatura, ventilazione dosate in modo che ogni carne tenda al meglio. Tutto è regolato da un display e, nel caso, possiamo modificare qualche parametro o fare controlli anche da remoto.” La frollatura non è una novità per Alessandro e Giampaolo: disponevano già di un murale a parete, ma l’esigenza attuale è stata di dare una migliore visibilità al cliente ed una maggiore ampiezza per esporre più tagli. E Coldar ha seguito lo sviluppo di questo aspetto con competenza: “Facciamo frollatura da sei anni – spiegano – durante i quali abbiamo formato la nostra clientela. All’inizio la cella di frollatura era nel retro: quando il cliente voleva
Allestire la macelleria costate o fiorentine di un certo tipo o qualcosa di particolare, proponevamo il prodotto frollato spiegando le sue qualità organolettiche, illustrando la frollatura e la maturazione: incuriositi mi chiedevano di vedere il taglio, l’impatto era un po’ duro ma, assaggiata questa carne a casa, non volevano più quella fresca. Noi partiamo da una ventina di giorni per arrivare anche a 13 mesi di frollatura con la nostra piemontese, una tipologia di prodotto che ha preso sempre più piede.” Ristorazione, gastronomia, salumi e formaggi, laboratorio di panificazione senza glutine: nei 120 mq di retro trovano spazio la cucina, il locale pronti a cuocere, quello del disosso, il locale panificazione, lo stoccaggio carni con varie celle. Come materia prima i due fratelli sono sempre alla ricerca di quella a km 0. Sono soci fondatori del Consorzio Carnè, che valorizza non solo la razza piemontese ma quella 100% di Cuneo, vale a dire una carne rossa del territorio e una filiera che nasce e finisce nel cuneese. Il Consorzio integra anche una carne bianca, il Pollo Felice, sempre del cuneese al 100%. Anche la gastronomia viene fatta seguendo gli stessi schemi con prodotti principalmente stagionali e verdure solo fresche: “In questo 100% di territorialità abbiamo inserito l’innovazione selezionando delle carni dal mondo per la frollatura da mettere in parallelo con la nostra fassona piemontese che, avendola a disposizione quotidianamente, rischiamo di non valorizzarla come merita. Invece per i clienti deve essere davvero un privilegio quello di poter acquistare ogni giorno questa nostra carne! Le chiamiamo ‘Carni d’identità’ perché accompagniamo il taglio con un biglietto recante le informazioni sul prodotto: le 4/5 carni che trattiamo hanno ognuna una propria identità e caratteristiche ben delineate che le differenziano. Da non dimenticare - aggiunge ancora Alessandro - che un nostro punto di forza è che nel tempo siamo riusciti a macellare tutto l’anno il bue grasso che portiamo almeno a 60 mesi di vita. Con un nostro collega macellaio, tra l’altro, abbiamo preso il primo premio per il bue grasso più pesante della storia della Fiera di Carrù.” Una vita professionale dinamica che si basa su costanti stimoli in modo da far diventare il lavoro quasi un gioco e non sentirlo pesare sulle spalle. E poi
SMART Q LUX, FROLLATURA “SU MISURA”
la soddisfazione della clientela che si fidelizza perché il prodotto è proposto al top: “Siamo operativi in otto, tutti assaggiamo prima ciò che andremo a proporre e, se non piace a uno di noi, non lo mettiamo in vendita. Abbiamo un personale giovane che cerchiamo di scegliere in base alla predisposizione ed all’apertura mentale: da noi la formazione è a 360 gradi, non c’è la persona che si occupa solo di un aspetto, ma tutti hanno un’infarinatura generale. È un percorso lungo e a volte rischioso, ma spesso è premiante per tutti rappresentando un costante momento di dinamismo e innovazione delle proposte. Ovviamente non possiamo dimenticarci di essere in una piccola provincia: bisogna sempre valutare in che contesto si opera e come può reagire la clientela. Facciamo dei pronto cuoci, oltre venti tipologie di hamburger, spiedini, ma cerchiamo sempre di lasciare tutto molto in purezza e far davvero assaggiare la carne al cliente.” Il fatto di far tutti un po’ tutto riguarda anche i due fratelli che sono appassionati di macelleria e carne, pur non vantando una tradizione familiare: “Anche noi facciamo tutto, anche se Giampaolo, avendo fatto l’alberghiero, è più bravo in cucina. Elena si occupa prevalentemente della contabilità. Io ho qualche nozione in più sulla bovina perché, dopo aver lavorato con gli zii nella panificazione, ho fatto esperienze in un salumificio, poi in alcune macellerie. Infine nel 2009 abbiamo creato la macelleria-gastronomia e nel 2016 la prima risto-macelleria che oggi è stata completamente ristrutturata.” Un percorso, dunque, assolutamente indipendente da implicazioni familiari: i genitori erano infatti musicisti!
L’armadio frollatura Smart Q Lux di Coldar è progettato e realizzato su misura in funzione delle specifiche esigenze del cliente. Le pregiate finiture, lucidate a specchio a mano, esaltano l’esclusività di questa vetrina e ne valorizzano la realizzazione interamente in acciaio inox. A richiesta è possibile personalizzare il design con verniciature speciali o altre finiture estetiche. Smart Q Lux può essere equipaggiato con ripiani di diverse tipologie e con ganciere per sospendere con eleganza le lombate di carne. La visibilità delle carni esposte è assicurata da un’efficiente illuminazione a led e dai vetrocamera extra chiari lungo i tre lati (a richiesta anche il soffitto può essere vetrato). Il sistema di refrigerazione custodisce le carni durante le diverse fasi di maturazione e garantisce efficienza ed elevate prestazioni grazie al sistema di controllo remoto. Tramite smartphone o tablet è possibile infatti controllare l’intero processo di frollatura e personalizzare in tempo reale temperatura e umidità.
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Dall’emergenza Covid un atteggiamento di positività
I consumatori dimostrano fedeltà al proprio negozio di fiducia
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econdo il nuovo sondaggio di Trustpilot, una delle principali piattaforme di recensioni al mondo basata su apertura, collaborazione e trasparenza, durante il periodo di crisi i consumatori italiani si sono orientati a restare fedeli ai propri negozi di riferimento, soprattutto se in difficoltà. Trustpilot è la piattaforma di recensioni gratuita e aperta a tutti che ha come mission quella di avvicinare consumatori e
aziende-negozi per migliorare continuamente le esperienze di tutti. Le recensioni vengono visualizzate più di 3 miliardi di volte ogni mese dai consumatori di tutto il mondo. Come si rapportano i consumatori ad un’azienda di fiducia in difficoltà? È stato questo l’incipit del sondaggio secondo cui il 66,5% dei consumatori tende ad aiutare il proprio negozio di fiducia se ci si trova in un momento critico. A non avere questa priorità, invece, è solo
I prodotti italiani sempre più richiesti
L’
Osservatorio Reale Mutua1 dedicato all’agricoltura e alle nuove abitudini di acquisto degli italiani evidenzia che il made in Italy, con le sue eccellenze del territorio, è sempre più presente nelle abitudini di spesa degli italiani. Più di uno su tre (41%) ama acquistare generi agroalimentari direttamente dal produttore locale: frutta, verdura, vino, formaggi, scelti perché garanzia di qualità, cura dei prodotti e, molte volte, in virtù di un rapporto di fiducia con il produttore stesso. Un dato molto significativo, soprattutto perché l’affezione al made in Italy è una certezza cui può guardare l’intero mondo dell’agroalimentare del Paese, che, dopo le difficoltà degli ultimi mesi, si trova ora di fronte alla fase della ripartenza. Non si tratta più, solo, di una spesa “alla vecchia maniera”: addirittura due italiani su tre (63%) si dicono propensi a utilizzare in misura crescente app e siti per l’acquisto online e la consegna a domicilio di questi prodotti. Un trend che probabilmente la pandemia ha contribuito ad accelerare e che potrà facilitare ancor di più l’accesso alle eccellenze del territorio. Made in Italy e produzione locale vanno di pari passo con l’attenzione alla sostenibilità. Una parola che per un connazionale su tre (31%) evoca una filiera agricola a basso impatto ambientale, anche grazie all’uso della tecnologia, mentre uno su cinque (22%) la associa al concetto di agricoltura a chilometro zero. Ma sostenibilità vuole anche dire stagionalità (18%), etichettatura biologica (12%) e per un ulteriore 11% il termine abbraccia valori sociali e indica una filiera equosolidale. Gli italiani preferiscono i prodotti stagionali, perché più salutari e capaci di sostenere l’economia agricola dei territori, con un minore impatto sull’ambiente ed anche più buoni di quelli fuori periodo. Semaforo verde infine, tra le abitudini d’acquisto, anche per i prodotti dell’agricoltura biologica. Per effetto del lockdown le vendite on-line sono cresciute in maniera significativa e il 23% degli italiani dichiara che, anche quando la situazione sarà tornata alla normalità, farà più acquisti online di prima. 12
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il 10,9% degli intervistati. La maggioranza dei consumatori coinvolti nel sondaggio, infatti, ha confermato che sta cercando di acquistare dagli stessi negozi da cui si riforniva prima dell’emergenza (56%); chi ha deciso di cambiare fornitore è invece solo un terzo del campione (33%) ed imputa il cambiamento ad una gestione insoddisfacente del servizio clienti, all’indisponibilità di un e-commerce o a problemi di logistica. Interessante indagare tra le motivazioni di chi ha dovuto/voluto modificare le proprie abitudini d’acquisto. Le più gettonate sono state tre: per il 17,6% del campione la motivazione principale è stata legata ad una gestione insoddisfacente del servizio clienti del negozio durante la crisi, per il 15,8% si è trattato di un’impossibilità materiale in quanto il proprio negozio di fiducia non aveva un e-commerce; per il 10,8% la causa scatenante è stata la lentezza nell’evasione degli ordini, quindi una difficoltà nella gestione della logistica. In questo periodo storico, dunque, anche le priorità dei consumatori si sono modificate: chiedendo loro cosa ritenessero più importante tra il restare fedeli al proprio negozio del cuore o acquistare da un altro con disponibilità di prodotto in tempi rapidi o a prezzi inferiori, ha vinto la fedeltà. Secondo il 36,1% del campione, la
cosa più importante, al momento, è acquistare da una piccola attività commerciale che si conosce e di cui si utilizzano i servizi/prodotti regolarmente. Dopo la fedeltà, si collocano i tempi di attesa: secondo il 28,9% del campione, infatti, è lecito acquistare da un’altra azienda se garantisce la disponibilità del prodotto di cui si ha bisogno in tempi rapidi. In tempo di coronavirus, invece, il fattore prezzo perde valore: è solo il 19,6% a ritenere prioritario acquistare da un’altra azienda nel caso in cui questa offra prezzi più convenienti. Dal sondaggio si evince come, in questo periodo più che mai, sia essenziale fidelizzare la propria clientela, in quanto un cliente fedele può davvero diventare un ambassador del proprio negozio: attraverso il passaparola, con interazioni sui social media e soprattutto con le recensioni online, aiuteranno altrettanti consumatori a orientare le loro scelte in una certa direzione. Un evento inatteso e drammatico come quello attuale ha probabilmente aiutato a far crescere quel senso di fedeltà nei confronti dei negozi in difficoltà, ma dimostra anche che la fidelizzazione del cliente va alimentata nel tempo e non può prescindere da un servizio attento alle sue esigenze, perché anche il consumatore più fedele, quando non si sente ascoltato, col tempo rivaluta le sue priorità.
Secondo un’indagine Nomisma relativa al periodo di lockdown
Gli italiani preferiscono carne made in Italy
L’
Osservatorio “The World After Lockdown” di Nomisma fornisce in continuità uno spaccato sulle abitudini, il sentiment e i consumi del post lockdown, andando a tracciare un profilo dei trend di acquisto e del loro cambiamento in rapporto alle abitudini consolidate che, giocoforza, con il lockdown hanno subito dei mutamenti. La chiusura a causa della pandemia infatti ha cambiato non solo le modalità di rapportarsi agli altri, o recarsi negli uffici e nei locali come bar e ristoranti, oppure pensare di intraprendere dei viaggi o dei minimi e rapidi spostamenti. La sicurezza, la salute, la sostenibilità e l’origine e dei prodotti alimentari sono diventati argomenti sui quali focalizzare l’attenzione senza dare più per scontato nulla. Un atteggiamento inedito che sembra aver coinvolto anche i consumi di carne. È infatti quanto emerge dall’Osservatorio realizzato per Fileni da Nomisma che ha focalizzato la ricerca sull’acquisto delle carni e sulle scelte del consumatore: lo spostamento d’interesse è andato a privilegiare il made in Italy, i prodotti locali, quelli a km 0 e quelli biologici con una valenza legata alla sostenibilità. Il 22% delle persone contattate ha aumentato gli acquisti di made in Italy e prodotti a km 0 così come il 28% ha iniziato ad acquistare prodotti provenienti da filiere corte proprio durante la quarantena. Gli italiani che nell’ultimo anno hanno consuma-
to carne in almeno un’occasione sono stati il 92% ed il 52% ha optato per la carne biologica rilevando in questi prodotti componenti legate a salute, benessere e sicurezza, senza antibiotici, additivi conservanti e Ogm. Per la carne, le persone intervistate hanno dichiarato di essere alla ricerca di prodotti italiani: l’origine 100% italiana è fondamentale per il 78% dei consumatori, che quando si tratta di carne prestano attenzione per il 54% anche al biologico. Inoltre il 66% del campione cerca animali cresciuti all’aperto ed alimentati a base di soli mangimi vegetali. Un altro dato emerso dall’indagine rileva un’in-
soddisfazione da parte di chi acquista carne biologica al supermercato, soprattutto in merito all’assortimento. Il biologico comunque è un settore in forte crescita ed il lockdown ne ha accelerato la richiesta. Più in generale, la produzione biologica e sostenibile conquista un numero sempre maggiore di consumatori. Nel periodo di lockdown il 20% ha acquistato alimenti realizzati con una bassa incidenza ambientale, il 30% ha approcciato il bio per la prima volta, il 12% ha prestato attenzione al packaging. 9 consumatori su 10 cercano carne biologica con un packaging sostenibile mentre il 36% lo vorrebbe riciclabile al 100%.
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Terzo Report Ismea post Covid-19 – Andamento delle carni
Prezzi ridimensionati, ma performance migliori
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Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare-ISMEA ha diramato a giugno il terzo Rapporto sull’andamento della domanda ed offerta dei prodotti alimentari nel mercato domestico. Estrapoliamo i dati relativi alla carne nelle tipologie più classiche. Filiera carne bovina - Prosegue il rallentamento dell’attività di macellazione dei bovini da carne a fronte della domanda debole in atto da diverse settimane e che comincia a risentire anche dei primi effetti della crisi economica. In flessione anche le attività di ristallo. Il mercato delle carni bovine nelle ultime settimane di maggio è ancora caratterizzato da una domanda domestica cauta e selettiva che favorisce il vitellone e penalizza il vitello. Migliore, seppure su livelli non ancora soddisfacenti, l’interesse per i capi adulti favoriti dalle graduali riaperture delle hamburgherie. Sul fronte dei prezzi, c’è stato un lieve ridimensionamento dei corsi per tutte le categorie. Per i vitelli gli attuali livelli sono al di sotto degli analoghi dello scorso anno. Per le vacche, si registra un lieve recupero anche leggermente superiore a quello dello scorso anno. Per i vitelloni i listini hanno mostrato una
buona tenuta per i primi due mesi di lockdown, per poi cedere in parte nelle ultime settimane, fattore che potrebbe favorire l’assorbimento completo della merce italiana. A sostegno della filiera sono state attivate a livello comunitario misure per gestire le momentanee eccedenze. Ad essere interessate al provvedimento sono però solo le carni degli animali di età non inferiore a otto mesi. Filiera carne suina - Il comparto suinicolo italiano sta evidenziando tutte le sue fragilità, sia da un punto di vista strutturale che organizzativo. Nel corso del 2019, molti problemi erano stati accantonati dalle ottime performance delle quotazioni all’origine dei suini vivi. Tuttavia, ad inizio 2020 era emerso un indebolimento dei prezzi all’origine dei suini pesanti destinati alle produzioni tipiche, e da marzo 2020 è esplosa la tendenza al ribasso di tutti i prezzi dei capi vivi, sia da allevamento che da macello, a causa del pressoché totale azzeramento del canale Horeca e del rallentamento degli impianti di macellazione e dell’industria.
Le quotazioni all’origine dei suini pesanti destinati alle produzioni IG tra gennaio e maggio del 2020 sono calate del 35%. Il mercato all’ingrosso, a partire dal mese di marzo ha avuto un netto calo per le cosce fresche destinate al circuito tutelato, considerando che il prosciutto crudo stagionato (soprattutto il Parma) è stato fra i prodotti più indeboliti dal crollo della domanda dovuto alla chiusura dell’Horeca. Per i prezzi all’ingrosso, quelli delle cosce fresche destinate a produzioni DOP sono rimasti stabili. Stesso andamento registrato anche per le cosce fresche destinate a produzioni non tipiche. Il Mipaaf ha intrapreso due azioni per il sostegno alla filiera suinicola nazionale: stanziamento di 9 milioni di euro per l’acquisto di prosciutti DOP e di 4 milioni di euro per i salumi IGP e DOP, destinato a suini nati, allevati e macellati in Italia, e una volta superata la fase di lockdown, avvio di una campagna di promozione a sostegno della produzione nazionale. Filiera carne avicunicola - Il mercato dei polli nel corso delle ultime
settimane ha registrato una domanda sensibilmente indebolita rispetto al primo periodo di lockdown, quando l’offerta si era rivelata insufficiente a soddisfare l’accresciuta domanda. La situazione è sostanzialmente cambiata da fine aprile, e ora il comparto sta cercando di adeguarsi in fretta con una domanda frenetica, incerta e irregolare. I prezzi hanno registrato un’inversione di tendenza dalla seconda metà di aprile con accenni di ripresa lievi nell’ultima settimana di maggio, ma si auspica l’imminente ritorno allo stato di equilibrio. Pesante la situazione sul fronte del macellato dove i valori del “petto” perdono su base annua il 18%. Situazione complessa anche per i cunicoli, i cui prezzi scendono ancora e si attestano su livelli non più in grado di coprire i costi di produzione. I dati sui consumi domestici segnano un leggero miglioramento, ma aumentano anche i flussi in entrata da oltreconfine e la fase produttiva paga anche lo scotto di un’etichettatura sull’origine che per il coniglio non è ancora obbligatoria.
L’hamburger spopola nel food delivery S
econdo Just Eat le abitudini di oltre 10.000 italiani e 22 professioni rivelano gusti e approccio al digital food delivery anche al tempo di Covid-19. In evidenza c’è che il food delivery durante il lavoro e la pausa pranzo è la scelta preferita (70%), ma funziona anche la sera quando si fa tardi (60%). Le cucine preferite se si ordina mentre si lavora sono: hamburger (41%), panini e piadine (29%), sushi (26%), cucina cinese & ramen (21%), ma anche lo street food (16%). Quando si lavora si ordina per ottimizzare i tempi (67%), evitare di cucinare la sera prima (60%), prendersi un momento di piacere (46%), condividere istanti di socialità con i colleghi (prima dell’emergenza 33%). Arrivato alla terza edizione, l’Osservatorio sul cibo a domicilio durante il lavoro, conferma la popolarità dell’ordinare soprattutto il pranzo quando si lavora (70%), affiancata dall’utilizzo del servizio a domicilio anche per la cena(60%), quando si fa tardi lavorando, sia a casa che sul luogo di lavoro, e dall’emergente richiesta per un break nel pomeriggio in ufficio (9%), mentre durante l’emergenza si sono registrati maggiori ordini in pausa pranzo per via dei ristoranti chiusi al pubblico o per gestire al meglio le attività durante lo smart working e la gestione della casa o dei bambini. Anno su anno chi lavora sceglie di ordinare a domicilio per ottimizzare i tempi
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(69%), evitare di cucinare la sera prima (60%), prendersi un momento di piacere (46%), provare sapori nuovi dai ristoranti (39%) e condividere un momento di socialità con i colleghi (34%), questo precedentemente al dilagare dell’emergenza sanitaria. Ma durante il COVID-19 la scelta di ordinare a domicilio è stata motivata, anche quando si lavora, soprattutto dal suo valore come coccola rilassante (41%), come alternativa alla spesa (35%) e per evitare le code (13%) o come partner food per lo smart working e per chi è a casa (10%). Il lockdown ha impattato ogni sfera, da quella personale a quella lavorativa, e quindi anche le abitudini di consumo di cibo a domicilio da parte dei professionisti che hanno potuto continuare a lavorare, da casa, o sul luogo di lavoro, e che ritengono, per oltre il 90% del campione, la consegna a domicilio un servizio utile, sia per chi è a casa, sia per il business dei ristoranti (lo pensa oltre il 65% degli intervistati).
Intervento realizzato con il cofinanziamento FEASR del Piano di Sviluppo rurale 2014-2020 della Regione Toscana sottomisura 3.2
La risto-macelleria Martakis nel quartiere di Vrilissia a nord di Atene
Un concept all’insegna di innovazione, funzionalità ed estetica Meltemi e mare. Sole e sirtaki. Acropoli ed Euzoni. Souvlaki e moussaka… Sono riferimenti più che sufficienti per indovinare dove ci porta questa volta il viaggio virtuale nel settore della macelleria al dettaglio: in Grecia ovviamente! Sempre con il nostro fidato compagno di viaggio, la società Criocabin, siamo approdati ad Atene per raccontare la storia di una risto-macelleria che si è posta l’obiettivo di coniugare, con il supporto di qualificati esperti, le scelte di tecnologia innovativa con quelle di design accattivante. Tutto alla luce di nuove strategie che il macellaio moderno deve mettere in campo per seguire, ed alcuni casi anticipare, i cambiamenti di consumo che inevitabilmente stanno coinvolgendo anche il mercato ellenico.
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na macelleria-steakhouse d’avanguardia progettata da un importante studio di architettura di Atene. Si tratta della risto-macelleria Martakis dove funzionalità ed estetica si armonizzano per creare un percorso visivo “sinuoso” grazie ad un banco refrigerato espositivo a forma di “s”. La storia di questa macelleria greca si articola attraverso due generazioni: “In primo luogo alla fine degli anni ‘70, quando abbiamo aperto la macelleria nella stessa posizione, la comunità locale non era composta da molte persone - dicono i titolari Martakis Ioannis e Angelos Tsekouras -. Il nostro negozio di carne era l’ultimo sulla strada verso la montagna con molte terre libere intorno a noi. Durante gli anni ‘80 con l’esplosione dell’economia in Grecia, nella zona vennero costruite molte nuove case ed appartamenti. Ed è stato quello il momento in cui ci siamo posizionati come punto di riferimento locale per la miglior carne. Da quel momento le persone hanno dovuto cambiare ‘comune’ per comprare la carne, come dite voi in italiano. Con il passare degli anni abbiamo progressivamente seguito i diversi trend fino ad arrivare alla fine del 2019 quando abbiamo deciso di fare un ulteriore passo avanti e offrire alla comunità locale qualcosa di estremamente curato e innovativo.” Perché avete scelto di affidarvi ad un’azienda italiana per rinnovare il punto vendita? Qualche tempo fa, ci siamo trasferiti in una nuova location per soddisfare la crescente domanda della nostra clientela, dare più spazio ai nostri dipendenti per la lavorazione di tutti i tipi di preparazioni
a base di carne e per rispettare gli standard igienici secondo le nuove norme. Abbiamo contattato diversi fornitori conosciuti per il loro design, ma nessuno è stato in grado di rispondere alle nostre esigenze e ai nostri progetti iniziali. Così abbiamo deciso di prendere in considerazione il sostegno di un’azienda straniera: il signor Sofkos della società Inoxcon ci ha illustrato alcune aziende italiane, sottolineando che una, in particolare, sarebbe stata ideale per realizzare un “su misura” proprio come noi lo volevamo. L’azienda in grado di rispondere alle nostre esigenze era proprio Criocabin. Quanto è importante disporre di attrezzature di qualità primaria? Come accennato in precedenza, sia il mercato all’ingrosso che quello al dettaglio sono cambiati negli ultimi anni. Abbiamo dovuto considerare e adottare nuove strategie e soluzioni per la crescente domanda. Dopo esserci consultati con il team di Criocabin, valutato il loro percorso e viste le loro idee innovative, abbiamo deciso di affidarci al loro reparto designer per la realizzazione del nostro progetto.
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Come avete organizzato lo spazio in base alle esigenze del vs negozio di macelleria? Il primo passo è stato fatto dopo aver “compreso” le esigenze del nostro mercato locale e dei clienti all’ingrosso. Avevamo bisogno di trovare l’edificio adatto che potesse contenere nuovi standard di produzione e il negozio al dettaglio. Abbiamo contattato un noto studio di architetti i quali, sulla base delle nostre esigenze e delle nostre idee, hanno lavorato per mettere tutto in ordine, valutando lo spazio disponibile e il flusso della clientela. Il passo successivo è stato quello di considerare ciò che Criocabin aveva da proporre nel contesto di questo progetto: il rivenditore locale, Inoxcon, con costante comunicazione e supporto da parte di Criocabin, è stato in grado di dimostrarci idee e supporto all’altezza delle nostre esigenze. Quali sono le caratteristiche principali che richiedete al vostro fornitore e quanto è importante avere un partner che comprenda e interpreti la necessità di personalizzazione? Penso che la risposta a questa domanda sia il termine “fatto su misura”. Tutto è iniziato come un’idea che doveva essere tradotta concretamente. Abbiamo trascorso molto tempo a cercare il gruppo di persone, designers, fornitori, aziende in grado di
interfacciarsi e sviluppare il nostro progetto. Non si è trattato di un problema economico e di costi, ma solo di tempo. Abbiamo dovuto prepararci per il nuovo anno e per il mercatino di Natale offrendo al contesto locale una nuova idea di macelleria. Volevamo che il nostro negozio al dettaglio fosse sinonimo di innovazione con l’installazione di nuove tecnologie, di igiene e sicurezza, mantenendo però un legame con la tradizione e con il mercato già noto. In Grecia servire cibo in macelleria è una tendenza in crescita o è già una pratica comune? Sinceramente, servire cibo è una formula già praticata nelle taverne/locanda accanto a una macelleria, per lo più con la gestione dello stesso proprietario. Con l’evoluzione dei tempi e il cambiamento della legislazione, abbiamo iniziato a offrire piatti cucinati a base di prodotti a base di carne. Recentemente è diventata una tendenza in crescita anche perché le macellerie possono aumentare le loro entrate. Abbiamo adottato anche noi questo nuovo approccio proprio per stare al passo con le richieste dei clienti, gli impegni legati alle vendite e con i servizi allineati alla posizione di primo piano che occupiamo nel mercato locale.
ielleria della carne” dove vanno considerate, oltre alla materia prima di ottima scelta, anche design, packaging, tecnologia e marketing. Tutti questi elementi combinati insieme, almeno per la Grecia, fanno parte di una nuova generazione di macellai, che si considerano professionisti nel settore della carne. Quanto il desiderio di essere innovativi nella tecnologia si armonizza con quello di mantenere viva la tradizione? In poche parole...crediamo fermamente che la tradizione ci debba coinvolgere per mantenere sempre la connessione con il passato. Ma nello stesso
tempo dobbiamo sempre essere costantemente agganciati al presente.
Qual è l’origine della vostra carne e quali tipologie trattate? Siamo orgogliosi di dire che la nostra carne bovina è completamente di origine greca, proveniente da allevamenti locali. Trattiamo anche maiali, galline, conigli, pecore, agnelli, oche e tacchini. Molte volte per alcuni dei nostri clienti speciali abbiamo la possibilità di fornire loro carne di diverse regioni secondo le esigenze del mercato. C
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Quanto la vostra attività è legata al territorio locale? Il nostro nuovo negozio si trova nella parte nord-orientale di Atene, un quartiere molto chic e conosciuto per il tipo di residenze e di abitanti che vi risiedono. Il reddito pro-capite per cittadino è uno dei più alti in Grecia. Questo è un dato che abbiamo preso in considerazione prima di pianificare il nostro nuovo negozio. CMY
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Si parla sempre più spesso di “macellaio del futuro” e di innovazione all’interno del negozio di macelleria: qual è l’evoluzione del settore nel vostro Paese? In Grecia diamo uno sguardo a ciò che sta accadendo all’estero. Abbiamo iniziato a vedere i nostri negozi non solo come una tradizionale macelleria, ma come una specie di “gio-
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Nelle more dell’applicazione del Reg. 775/2018, raggiunta l’intesa Stato Regioni
Origine delle carni suine trasformate Cristina La Corte, Avvocato - Studio Gaetano Forte
È
al centro di accese discussioni l’intesta, raggiunta il 18 dicembre u.s. in sede di Conferenza Stato Regioni, sullo schema di decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali recante disposizioni per l’indicazione obbligatoria del luogo di provenienza nell’etichettatura delle carni suine trasformate (es. salumi a base di carne suina). In estrema sintesi il decreto, che dovrà comunque passare al vaglio delle competenti istituzioni comunitarie, introdurrebbe l’obbligo di indicare l’origine delle carni suine trasformate. Il testo, attualmente allo stadio di meramente progettuale, prevede che in etichetta siano riportate le seguenti informazioni: “Paese di nascita: (nome del paese di nascita degli animali); “Paese di allevamento: (nome del paese di allevamento degli animali); “Paese di macellazione: (nome del paese in cui sono stati macellati gli animali). Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso Paese, l’indicazione dell’origine può essere indicata con l’espressione “Origine: (nome del paese)”. È inoltre prevista la possibilità di utilizzare la dicitura “100% italiano” quando la carne proviene da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione europea o extraeuropea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: UE”, “Origine: extra UE”, “Origine: Ue e extra UE”. In un comunicato stampa apparso sul sito istituzionale del Mi.p.a.a.f. si legge che “È un passo importante verso la trasparenza. Ringrazio le Regioni e gli enti locali per l’intesa di oggi sul decreto, costruito insieme ai Ministeri dello Sviluppo economico e della Salute, che introduce l’obbligo di indicare l’origine delle carni suine trasformate. Questo provvedimento, atteso da molto tempo, conferma l’Italia all’avanguardia nella materia dell’etichettatura. Ora discuteremo con Bruxelles per l’autorizzazione dello schema nazionale e insisteremo con la Commissione Ue per avere una legge europea per l’origine obbligatoria in tutti gli alimenti. È un diritto dei cittadini e dobbiamo garantirla”. In merito a tale proposta non si possono celare perplessità alla luce del contesto nell’ambito del quale è stata adottata l’intesa, ossia alla vigilia dell’applicazione del Regolamento comunitario 775/2018 che, come noto, introduce l’obbligo di indicazione, se diversa da quella dichiarata dell’alimento, dell’origine dell’ingrediente primario. Ai sensi della citata normativa comunitaria per «ingrediente primario» s’intende “l’ingrediente o gli ingredienti di un alimento che rappresentano più del 50% di tale alimento (CRITERIO QUANTITATIVO) o che sono associati abitualmente alla denominazione di tale alimento dal consumatore e per i quali nella maggior parte dei casi è richiesta un’indicazione quantitativa (CRITERIO QUALITATIVO)”. Tanto più incerte risultano essere le sorti del progetto di decreto nazionale posto che, ad oggi, tutte le norme nazionali sull’indicazione dell’ori18
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gine della materia prima (latte e prodotti lattiero caseari, riso, grano duro per paste di semola di grano duro e pomodoro) sono destinati a decadere il 31 marzo 2020 per lasciare spazio alla regolamentazione di matrice comunitaria. Le norme nazionali adottate in via transitoria e sperimentale differiscono, in effetti, dalla regolamentazione comunitaria per alcuni importanti aspetti, in primis il fatto che l’indicazione dell’origine dell’ingrediente primario è richiesta a prescindere dalla presenza in etichetta di indicazioni relative all’origine dell’alimento (es. made in Italy,
bandiera italiana ecc.) ed anche in caso di coincidenza tra quest’ultima e quella dell’ingrediente primario (es. formaggio prodotto in Italia con latte italiano). Per le carni bovine l’obbligo di indicazione dell’origine è già esistente da parecchi anni, in seguito ai noti fenomeni di encefalopatia spongiforme bovina. Nel settore delle carni fresche refrigerate o congelate, l’obbligo dell’indicazione del luogo di origine per quelle della specie suina, ovina, caprina e di volatili è stato introdotto più di recente, dal Regolamento di esecuzione 1337/2013 della Commissione. Rispetto alla normativa comunitaria balza subito agli occhi il maggior rigore informativo richiesto dal futuro (ed incerto) decreto nazionale che richiederebbe l’indicazione del Paese di nascita, allevamento e macellazione per le carni suine trasformate mentre per le stesse carni suine fresche, refrigerate o congelate, sulla base del Regolamento 1337/2013, l’indicazione dell’origine è limitata al Paese di allevamento e a quello di macellazione, senza riportare quello di nascita. Nessuna indicazione d’origine è invece richiesta per tipi di carni diverse dalle bovine e dalle suine, ovine, caprine e di volatili (dunque, equine, di coniglio, di renna e di cervo, di selvaggina e di
allevamento, nonché di volatili diversi da pollo, tacchino, anatra, oca e faraona). A tal proposito l’art. 26 del Reg. 1169/2011 in materia di informazioni sugli alimenti ai consumatori prevede che “Entro il 13 dicembre 2014, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio relazioni sull’indicazione obbligatoria del paese d’origine o del luogo di provenienza per i seguenti alimenti: a) i tipi di carni diverse dalle carni bovine e da quelle di cui al paragrafo 2, lettera b) (leggasi suine, ovine, caprine e di volatili n.d.r.); b) il latte; c) il latte usato quale ingrediente di prodotti lattiero-caseari; d) gli alimenti non trasformati; e) i prodotti a base di un unico ingrediente; f ) gli ingredienti che rappresentano più del 50% di un alimento”. La relazione dovrebbe prendere “in considerazione l’esigenza del consumatore di essere informato, la fattibilità della fornitura dell’indicazione obbligatoria del paese d’origine o del luogo di provenienza e un’analisi dei relativi costi e benefici, compreso l’impatto giuridico sul mercato interno e l’impatto sugli scambi internazionali”. Ancora l’articolo 4/3 della legge 3 febbraio 2011, n. 4 recante “Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari”, prevede che con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza Unificata, siano definiti i casi in cui l’indicazione del luogo di provenienza è obbligatoria per le finalità di cui all’art. 39, paragrafo 1, lett. b), c) e d) del regolamento (UE) n. 1169/2011. Il citato art. 39 del Regolamento 1169/2011 relativo alle disposizioni nazionali sulle indicazioni obbligatorie complementari, ai paragrafo 1, lett. b), c) e d) prevede a sua volta che “Oltre alle indicazioni obbligatorie di cui all’articolo 9, paragrafo 1, e all’articolo 10, gli Stati membri possono adottare, secondo la procedura di cui all’articolo 45, disposizioni che richiedono ulteriori indicazioni obbligatorie per tipi o categorie specifici di alimenti per almeno uno dei seguenti motivi: a) ….; b) protezione dei consumatori; c) prevenzione delle frodi; d) protezione dei diritti di proprietà industriale e commerciale, delle indicazioni di provenienza, delle denominazioni d’origine controllata e repressione della concorrenza sleale”. In questo groviglio di norme comunitarie e nazionali si inserisce la proposta di decreto ministeriale recante disposizioni per l’indicazione obbligatoria del luogo di provenienza nell’etichetta delle carni suine trasformate, approvata dalla Conferenza Stato Regioni, ma che deve ancora superare il severo vaglio comunitario al fine di valutarne la possibilità di convivenza con la nuova disciplina comunitaria sull’indicazione dell’origine, se diversa da quella dichiarata dell’alimento, dell’ingrediente primario. Sarà interessante seguire gli sviluppi dell’iter di approvazione (o non) del decreto.
Gli autori sono responsabili delle opinioni espresse negli articoli e delle relative bibliografie
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Lockdown, adeguamenti, fatturato e ripresa
L’impatto sulla produzione non indebolisce la fiducia! Ne parlano alcuni produttori di salumi e prosciutti nel “Dossier Covid-19” realizzato dal periodico Ingegneria Alimentare-Le Carni e pubblicato sull’edizione di luglio
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o studio “Valutazione dell’impatto sul settore agroalimentare delle misure di contenimento Covid-19” pubblicato dal Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia del CREA fa emergere scenari di riduzione del PIL, compresi in una forbice che va da -1,5 a -5 punti percentuali. Tuttavia, l’agroalimentare in generale non è tra i più colpiti dal calo del PIL. La domanda interna si dovrebbe mantenere su livelli sostanzialmente stabili, nonostante il significativo e maggiore calo dell’Horeca dovuto al fermo delle attività e considerato il suo peso sugli acquisti totali di prodotti agroalimentari. Proprio il calo degli acquisti dell’Horeca. È stato messo in evidenza, insieme ad altre problematiche, da alcune interviste a produttori di salumi e prosciutti pubblicate sul periodico Ingegneria Alimentare-Le Carni di luglio, in un ampio dossier dedicato alla situazione lochdown e post. “Serviamo per il 40% ristoranti, pizzerie e aziende di catering che si sono completamente fermate. Si tratta di una percentuale che non abbiamo ancora recuperato – incalza Barbara Coppiello della Coppiello Giovanni, specializzata nella produzione e vendita di carne equina di qualità made in Italy -. Soprattutto si sono bloccate le richieste di sfilaccio e bresaola, prodotti che vanno appunto nella ristorazione.” A parte ciò, essendo un’azienda alimentare, tantissime regole fanno
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parte del quotidiano, quindi sono state apportate solo poche variazioni o accorgimenti. “È invece aumentato il lavoro burocratico.” Una situazione quasi analoga l’ha vissuta l’azienda Thogan Porri produttrice di salame Varzi Dop ed altri salumi: “All’inizio, abbiamo ridotto la produzione di almeno la metà, ora ci siamo riportati sui due terzi - spiega Gentile Thogan Porri -. Il settore Horeca, che rappresenta circa un terzo del nostro fatturato, è stato completamente fermo. Penalizzato anche il nostro spaccio, che copre un buon 20-25%, e blocco degli ambulanti. Il supporto è venuto dal normal trade, gastronomie e macellerie, che in alcuni casi hanno lavorato anche di più avendo rafforzato il delivery.” La richiesta si è concentrata soprattutto sui formati piccoli: “Per noi questa produzione è sempre stata contenuta: prima il formato piccolo rappresentava circa un 30% ora siamo ad un 50%, con il Varzi da 500 grammi o i cacciatorini da 2 etti l’uno.” Il normal trade è lo zoccolo duro dell’azienda Bresaola Cirla produttrice di questo salume. Giuseppe Castagna sottolinea che questa clientela ha permesso di mantenere pressochè stabile la produzione anche in questo periodo particolare: “La ristorazione rappresenta circa il 10%: siamo riusciti a compensare questa percentuale servendo i negozi di quartiere che hanno lavorato di più. Calo invece degli ordini da parte degli ambulanti. General-
mente è aumentato il libero servizio rispetto al prodotto da banco.” Molta più attenzione è stata posta a igiene, lavaggio delle mani, mascherine, guanti, cuffie, cambio frequente dei camici con il monouso. Il normal trade è il maggior cliente anche di Pertus, specializzata in prosciutti cotti di alta qualità. “La gente è andata meno nei supermercati – asserisce Riccardo Lissoni - per evitare code e contatti, ed ha preferito il negozio sotto casa, magari dove non era mai andata prima. L’incremento del normal trade è stato per noi di circa il 30%, ma dall’altra parte abbiamo fatto meno lavoro con gli ambulanti.” Al di là di ciò, nel periodo della pandemia la clientela classica dell’azienda, che non ha la ristorazione ad eccezione di qualche grossista, si è riconfermata così come sono state mantenute le stesse tipologie di prodotto, nelle quantità tradizionali. “Anche il rapporto con i nostri fornitori si è mantenuto nella normalità senza alcun cambiamento a livello produttivo.” Per Andrea Casa del prosciuttificio Casa Graziano nei momenti complicati fare squadra è fondamentale per uscirne più forti: “C’è stata molta solidarietà ed unione con i fornitori per superare questo momento difficile che ha colto tutti di sorpresa. Si sono fortificati rapporti di fiducia e create nuove relazioni sia con fornitori che clienti.” Indispensabile anche per il prossimo futuro fare
squadra e valorizzare la filiera del prodotto italiano per aiutare le realtà del tessuto economico nazionale: “Sono realtà che hanno sempre lavorato per tutto il periodo critico della quarantena. Un momento cruciale sarà l’arrivo dell’autunno: dovremo continuare a fare attenzione e imparare a convivere senza troppo timore con questo virus. La preoccupazione resta, ma siamo fiduciosi e positivi.” “Serve ancora più attenzione in fase di acquisto e fiducia nei partner che collaborano con noi da molti anni. In una situazione come questa – sottolinea Marco Pavoncelli del salumificio Pavoncelli Ernesto e Figli - il rapporto può articolarsi in modo positivo solamente pensando fuori dagli schemi e avendo fiducia in quanto è stato costruito e condiviso negli anni. La sfida è stata coordinare e adattare in così poco tempo le nuove necessità interne del salumificio a quelle esterne dei nostri fornitori che, a loro volta, si stavano riorganizzando per trovare nuove soluzioni. Non è stato facile, ma abbiamo evitato inutili sovrastrutture per concentrarci sul mantenimento della qualità del prodotto e il servizio ai clienti.” Occorre scegliere con una mente analitica e aperta: “I prossimi mesi saranno decisivi. Restiamo in ascolto dei movimenti nazionali ed internazionali, continuiamo la nostra strategia di attenta programmazione, non perdiamo di vista la nostra brand equity”.
Come garantire sicurezza e salubrità degli alimenti
La funzione della pastorizzazione in prodotti carnei e a base di carne
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a pastorizzazione è un processo termico utilizzato a scopo conservativo per prolungare la vita media di un prodotto alimentare altrimenti deperibile entro poco tempo. È utilizzata principalmente per la conservazione di alimenti liquidi e semiliquidi di diversa natura che non subiscono alcun trattamento di conservazione preventiva o aggiunta di altri ingredienti: è mirata a distruggere tutti i microrganismi patogeni presenti nell’alimento e una parte di quella microflora saprofitica che può causare alterazioni di varia natura. Un esempio tipico di pastorizzazione dei liquidi è quella del latte fresco. Anche la carne e i prodotti carnei di salumeria rappresentano un ottimo substrato per lo sviluppo dei microrganismi, che trovano nella sua matrice proteica e nella presenza di piccole parti di carboidrati sotto forma di glicogeno gli elementi per la propria crescita che, se non controllata, porta ad alterazione e deterioramento. Fortunatamente lo sviluppo di determinate tecniche di produzione e la conoscenza dei meccanismi e dei parametri fisici, chimici e chimico-fisici in grado di influenzare lo sviluppo e la colonizzazione dei microrganismi, sono in grado di garantire la sicurezza e la salubrità dei prodotti di salumeria e dei prodotti a base di carne, inibendo la crescita dei microrganismi patogeni e riducendo l’attività degli alteranti. Oltre a ciò le moderne tecniche di confezionamento degli alimenti sottovuoto o in atmosfera protettiva permettono la diffusione di affettati di prodotti di salumeria, garantendo la loro conservabilità per tutto il periodo di vita commerciale stabilito dal produttore. È evidente tuttavia che se durante le operazioni di produzione non si rispettano determinati criteri igienici e non si applicano correttamente le procedure definite, i rischi della contaminazione batterica permangono. È molto importante sapere però come avviene la natura della contaminazione: stante la dipendenza da un numero elevato di fattori, la velocità e l’intensità delle alterazioni dipendono in generale dalla carica microbica. Tra i fattori condizionanti della crescita microbica ci sono numerosi parametri intrinseci ed estrinseci che condizionano la vitalità dei microrganismi. L’evidenza di questi meccanismi e l’impiego di più fattori o tecniche per controllare i microrganismi, quantunque i concetti fossero applicati empiricamente da molto tempo, sono alla base della teoria degli ostacoli (hurdle concept) proposta da Lothar Leistner a partire dagli anni ‘70 del secolo scorso. Tale enunciato è ampiamente accettato
come illustrazione per le complesse interazioni di diversi fattori inibitori nella conservazione degli alimenti. Fattori intrinseci sono considerati: 1) pH 2) contenuto di umidità 3) disponibilità di acqua 4) potenziale ossido-riduttivo 5) struttura fisica alimento 6) proprietà nutritive 7) eventuali agenti antimicrobici presenti.
Fattori estrinseci sono considerati: la temperatura l’umidità relativa la presenza di O2 e CO2 (nel confezionamento). I salami stagionati prodotti nel nostro Paese (prosciutti crudi, salami, stagionati interi) sono microbiologicamente salubri e stabili. Ciò è ottenuto per la combinazione contemporanea di differenti fattori come individuato da Leistner (1995). La salubrità dei prodotti essiccati è basata sulla migrazione del sale nella carne e dall’aggiunta di nitrito. Il sale diminuisce l’attività iniziale dell’acqua inibendo o ritardando la crescita di molti microrganismi deterioranti e favorendo nel contempo, lo sviluppo di lattobacilli normali o di lattobacilli e stafilococchi starter. Il nitrito inibisce lo sviluppo dei patogeni. Nei prodotti cotti è la temperatura di cottura al cuore associata alla presenza di sale e conservanti che inibisce la vitalità dei microrganismi patogeni e di molti di quelli alteranti, tuttavia forme di batteri lattici termoresistenti possono permanere e sono soprattutto questi che possono causare le contaminazioni e le alterazioni quali: inverdimento superficiale, rigonfiamento, irrancidimento, filamentosità, produzione di composti solforati.
Nei prodotti cotti la contaminazione è dovuta a impropria igiene di lavorazione e può verificarsi lungo tutta la catena di lavorazione. Tuttavia un reinquinamento è possibile durante le operazioni di destampaggio e toelettattura prima del confezionamento in busta di accoppiato di alluminio o materiale plastico. Se possiamo considerare salubre l’interno del prodotto per via del raggiungimento di idonea temperatura al cuore, la contaminazione superficiale e la proliferazione batterica incontrollata può dar luogo alle alterazioni sopra menzionate in tempi più o meno brevi a seconda della sua carica. La pastorizzazione di un prodotto solido come un salume cotto, superata la barriera dell’involucro, si riscontra efficace nei primi millimetri esterni, per questo viene detta “superficiale”. Può essere effettuata per un tempo necessario stabilito da ogni produttore sia in forni atmosferici a temperature inferiori ai 100°C che in autoclavi a temperature superiori ai 100°C. Questi ultimi apparecchi sono più veloci ed efficaci dei primi, se si esclude il tempo di esercizio per raggiungere le temperature stabilite di pastorizzazione e i tempi di raffreddamento. Si tenga conto che qualora siano presenti per insufficiente trattamento termico, nessuno degli altri fattori di contenimento è in grado di impedire lo sviluppo degli alteranti anche nel prodotto carneo sottovuoto per l’elevata Aw dei substrati carnei (> 0,96). Ecco perché un prodotto cotto che entra in camera bianca per essere affettato deve avere una carica residua inferiore ai 100 ufc/g. Un parametro può dare la misura dell’importanza di ottenere questo valore: i termini che rendono non commestibile un prodotto di carne dal punto di vista microbiologico indicano in una carica microbica di 1x1012 ufc/g il tenore massimo. Tuttavia, già in presenza di 1x107/1x108 ufc/g notiamo i primi caratteri visivi segno di alterazione in atto che ci portano a rifiutare il prodotto. Si capisce allora come un fattore residuo di carica minore di 1x102 ufc/g sia tanto più importante rispetto ad un valore di molto superiore ai fini di prolungare la durabilità del prodotto cotto entro i termini stabiliti dalla propria shelf life e di consumarlo ben prima che ciò avvenga. Da ultimo è bene sapere che la pastorizzazione non è un trattamento termico sterilizzante, pertanto i prodotti di carne vanno mantenuti nella idonea catena del freddo inferiore ai 4 gradi e una volta aperta una busta di salume o un prodotto cotto a base di carne va consumata nell’arco di 1-2 giorni.
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Coalvi ha visto crescere la richiesta di assistenza per immagine, web e arredi
BovINE, primo progetto finanziato dall’UE per l’allevamento bovino da carne BovINE (Innovation Network Europe), prima rete di allevatori di bovini da carne a ricevere finanziamenti UE, ha recentemente lanciato il BovINE Knowledge Hub e il sito web di progetto. La rete BovINE ha lo scopo di collegare ricercatori, consulenti, agricoltori e tutti gli altri soggetti interessati, in 9 Stati membri dell’UE (Belgio, Estonia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Polonia, Portogallo e Spagna), per stimolare lo scambio di conoscenze e di idee per trovare soluzioni alle tante sfide che il settore si trova ad affrontare. Il sito web BovINE e il Knowledge Hub sono accessibili all’indirizzo www.bovine-eu.net; sarà inoltre disponibile una regolare e-newsletter, che verrà inviata a coloro che chiederanno l’iscrizione all’indirizzo bovine@minervacomms.net o sul sito web. Tutti gli allevatori di bovini europei possono trarre vantaggio dalle opportunità di networking e dai canali forniti da BovINE, non solo gli Stati membri rappresentati dai partner del progetto. La conoscenza sarà generata e scambiata direttamente e tramite il Knowledge Hub attraverso quattro temi interconnessi: resilienza socio-economica, salute e benessere degli animali, efficienza produttiva e qualità della carne, sostenibilità ambientale. L’Hub è stato progettato per consentire sia di cercare e accedere alle innovazioni della ricerca e alle buone pratiche, sia di contribuire con le proprie conoscenze ed esperienze. I contenuti si costruiranno nel tempo. Per ciascuno dei 9 Paesi partner direttamente coinvolti in BovINE, è stato nominato un Network Manager, con il compito di coinvolgere le figure che lavorano nell’ambito dell’allevamento bovino da carne, per identificare le sfide della base produttiva e facilitare la collaborazione per sviluppare soluzioni. Il Centro Ricerche Produzioni Animali (CRPA) di Reggio Emilia è il partner di ricerca in Italia e coordina il gruppo di lavoro dedicato alla Resilienza Socio-Economica. Unicarve, organizzazione di produttori di carne bovine nel Veneto, è il secondo partner italiano di BovINE e avrà il ruolo di creare una rete nazionale di portatori di interesse per far conoscere a livello europeo le tecniche innovative applicate negli allevamenti italiani.
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Una comunicazione efficace e dinamica anche per la macelleria L’offerta di carne di qualità deve essere accompagnata da una presentazione accattivante – Il “fai da te” è sempre meno premiante
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ome tutte le attività di vendita al dettaglio, anche quella del macellaio è animata da valori di grande spessore: passione, spirito imprenditoriale, inventiva e iniziativa, per citare i principali, a cui possiamo aggiungere anche una manualità e un estro che la collocano a cavallo tra arte e scienza. Tutti valori che parrebbero avere la meglio su qualsiasi deriva che possa minacciarne il successo. A offuscarne l’efficacia, soprattutto in chi porta avanti la stessa attività da un po’ di tempo, si affaccia spesso la convinzione che il cliente sia un bene di proprietà, certo e duraturo. È una convinzione che ritroviamo anche nei professionisti, dai medici che parlano dei “propri” pazienti agli avvocati dei “propri” assistiti, ma questi, se non altro, sono avvantaggiati da un rapporto fiduciario molto più stretto con chi beneficia dei loro servizi. Il cliente di una macelleria non è altro che un consumatore che si rivolge a chi gli offre il servizio migliore, ma offrire qualità non è sufficiente, occorre anche presentarla bene e con il giusto garbo. Anche i professionisti che abbiamo citato prima sono attenti a questo aspetto, ma il fatto di avere in mano una scienza che può salvare l’assistito da sicura malasorte ne garantisce l’indulgenza, anche al culmine di una visita urologica.
Se il cliente è rimasto contento di un prodotto lo potrà forse riacquistare un’altra volta, ma ha sempre bisogno di nuovi stimoli; possiamo essere pur bravi ad allestire un banco pieno di novità, ma queste rimarranno invendute se non l’abbiamo attratto a entrare in negozio. La soluzione ha un nome dai molteplici significati, che giustifica un’infinità di mezzi con un unico fine: comunicazione. Tutte le grandi aziende investono risorse importanti per rendersi visibili: se lo fanno, utilizzando anche i canali più costosi, evidentemente ne hanno un ritorno. Nel suo piccolo, la singola macelleria non avrà bisogno certo di uno sketch su una TV nazionale. Vivendo essenzialmente su una clientela della zona, si potrebbe pensare che il volantinaggio locale possa essere efficace, ma non è così, perché quel volantino verrà preso dalla buca, spesse volte, dalla persona sbagliata: quella che, in famiglia, non si interessa dell’argomento. Oggi alla carta stampata si aggiungono le piazze virtuali e le reti sociali, divenuti i nuovi canali da utilizzare per raggiungere i potenziali clienti. Anche questi mezzi, però, rischiano di sortire il risultato del volantino nella buca delle lettere. Per andare a segno, bisogna sfruttare la profilazione degli utenti individuando quelli che dimostrano un interesse verso il nostro
è dato dagli animali, ma semmai dall’ambiente in cui vengono allevati, dal paesaggio che li circonda o dalle persone che li accudiscono.
La comunicazione è divenuta una scienza complessa e se lo staff dell’ufficio marketing del Coalvi negli ultimi due anni si è triplicato un motivo c’è: le macellerie continuano a chiedere assistenza nel curare la propria immagine sia negli arredi del negozio sia sul web, dove, più che altrove, la multidisciplinarietà è un requisito obbligato. Comunicare richiede sensibilità, inventiva grafica, fantasia letteraria, competenza informatica: alcune sono innate altre si imparano, ma tutte sono indispensabili l’una rispetto all’altra. Chi pensa di farcela da solo se la caverà come il nuotatore autodidatta: con uno stile libero dagli schemi. Ma lo stile libero è un’altra cosa!
IL VERO FASSONE DI RAZZA PIEMONTESE SI AFFIDA A COALVI PER GARANTIRE LA SUA ORIGINE Il vero “Fasòn” (che si legge fasùn) nasce in Piemonte e si riferisce ai bovini di Razza Piemontese con il caratteristico sviluppo del posteriore. Oggi è stato tradotto in “Fassone” ed è stato normato da un apposito disciplinare al quale gli allevatori del circuito Coalvi si stanno adeguando. Per il Fassone di Razza Piemontese Coalvi è garanzia di origine; per Coalvi è rispetto di una tradizione che sta assumendo i contorni di una leggenda, da valorizzare e da difendere dalle imitazioni.
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COALVI – CONSORZIO DI TUTELA DELLA RAZZA PIEMONTESE T. 0173 750391 | www.coalvi.it |
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Coalvi/MARKETING
comparto. Questo è un modo per sgrossare l’elenco, ma per mettere nel mirino le prede più interessanti è indubbiamente più efficace poter attingere da una rete personale di contatti sicuramente interessati a ciò che facciamo. Non è un caso che le aziende manifatturiere raramente offrano un catalogo scaricabile dal proprio sito. Tutte lo forniscono gratuitamente (e ci mancherebbe!), ma la maggior parte chiede di compilare un modulo con l’indirizzo a cui inviarlo. Non c’è modo migliore per costruirsi uno schedario di persone interessate a ciò che l’azienda produce e da questo attingere per segnalare nuovi prodotti o iniziative promozionali. Per il negozio, una pagina su un social network crea una rete di seguaci con i quali comunicare. Questi ultimi, incontrando proposte interessanti informeranno i loro seguaci, i quali condivideranno a loro volta con altri ancora, e così via. Anche la carta stampata, se indirizzata con il giusto criterio, ha un effetto positivo, perché comunque lascia in mano al cliente un oggetto che, se creato con una grafica accattivante, verrà mostrato ai congiunti e agli amici rendendo accattivante anche il messaggio che si vuole veicolare. Facile? No, e il fai da te non porta a grandi risultati per vari motivi. Queste nuove forme di comunicazione puntano sull’emozione del destinatario più che sulla sua capacità di contemplazione, e devono farsi largo in una folla di notizie che lo bombardano in continuo. La loro efficacia presuppone contenuti molto brevi, rapidissimi da leggere, tassativamente supportati da immagini che ne sintetizzino efficacemente il significato. In più, devono rinnovarsi in continuo anche quando il concetto da esprimere sia sempre il medesimo, pur di tenere alta l’attenzione. Spesse volte chi sa riprendere belle immagini non sa scrivere il commento giusto e chi sa fare entrambe le cose non sa muoversi in rete. L’affare si complica in modo particolare quando si deve parlare di carne, dove si cammina in equilibrio tra lo stimolare l’appetito e il tenere a freno il pensiero all’animale da cui deriva il prodotto. Se si parla di un formaggio, il richiamo alla vacca è persino di aiuto nel trasmettere un senso di sicurezza, quasi che la placida bovina sia testimone di salute e di serenità. Non è così, invece, quando si parla di carne, dove quello stesso senso di serenità non
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na IGP che certifica la carne prodotta dalle razze tipiche dell’Appennino centrale: chianina, marchigiana e romagnola. Con il termine “Vitellone” nei territori del Centro Italia, vengono da sempre indicati i bovini da carne di età compresa fra i 12 e i 24 mesi. Si tratta di animali giovani, la cui carne è molto magra, di un colore rosso intenso con basso contenuto di grasso e colesterolo. La denominazione ‘Bianco’ si riferisce al mantello costituito da peli bianchi che ben risaltano sulla cute nero-ardesia, caratteristica che consente a questi bovini di tollerare le radiazioni solari tipiche dei pascoli appenninici. Infine con “Appennino centrale” si indica la zona di origine dove, tradizionalmente, i bovini chianini, marchigiani e romagnoli sono allevati e alimentati con foraggi e concentrati caratteristici del territorio. La certificazione IGP non si riferisce al bovino, ma solo ed esclusivamente, alla carne prodotta dalle razze previste dal Disciplinare di produzione. Per poter certificare la carne, devono essere rispettati tutti i requisiti applicati sia alla fase di allevamento (razze, area di nascita e allevamento, alimentazione, tipologia di allevamento) che alle fasi successive (macellazione, frollatura della carne, colore, caratteristiche chimico fisiche, modalità di vendita e lavorazione). Le razze chianina, romagnola e marchigiana - sottolinea una nota del Consorzio di tutela - sono allevate in Italia e nel mondo, ma solo la denominazione protetta “Vitellone bianco dell’Appennino centrale IGP” permette di tutelare, valorizzare e difendere oltre alle razze anche il loro legame con il territorio tipico di origine e di produzione. Nel 2019 i capi certificati a marchio IGP “Vitellone bianco dell’Appennino centrale” sono stati 18.194 (9.344 di razza chianina, 6.459 marchigiana e 2.391 romagnola) ovvero oltre l’85% dei capi delle razze chianina, marchigiana e romagnola presenti in Italia. Soprattutto in alcune zone d’Italia, dire “fiorentina” equivale a dire “chianina”, ma la “fiorentina” è un taglio di carne e non una razza bovina. Ogni anno vengono certificati come IGP Vitellone bianco dell’Appennino centrale poco più di 18.000 capi bovini; considerando che da ogni capo si otten-
PROFILO DELLA FILIERA 3.177 allevatori, 79 mattatoi, 78 operatori commerciali, 117 laboratori di sezionamento e 1076 macellerie. Questi soggetti sono tenuti al rispetto rigoroso dei requisiti stabiliti dal Disciplinare di produzione per far sì che la carne prodotta possa essere certificata con il marchio IGP. Tutta la filiera è soggetta a rigidi controlli. Gli allevamenti sono molto piccoli (con una media di 35 capi per azienda) spesso dislocati in zone montane e in aree marginali; un’alimentazione basata su foraggi e concentrati locali. Agli inizi degli anni 90, per una serie di fattori le razze chianina, marchigiana e romagnola erano in via di estinzione. Il riconoscimento del marchio “Vitellone bianco dell’Appennino centrale IGP” ha rappresentato, e rappresenta, l’unica possibilità di rilancio e valorizzazione creando un mercato diversificato per qualità e tipicità dal resto del mercato della carne bovina.
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ATTIVITÀ DEL CONSORZIO Costituito nel 2003, è stato ufficialmente riconosciuto dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali nel 2004. Formato da 1827 soci tra allevatori, macellatori e porzionatori, il Consorzio punta a promuovere e valorizzare il prodotto, informando anche il consumatore. L’attività principale è quella di vigilanza, tutela e salvaguardia dell’IGP da abusi, atti di concorrenza sleale, contraffazioni ed uso improprio del marchio. L’attività di controllo è svolta su tutta la filiera e in particolare nei centri di macellazione e lavorazione, macellerie e ristorazione. Sono 15 anni che il Consorzio svolge anche attività di contrasto alle imitazioni e alle contraffazioni che gli utenti possono segnalare in una sezione del sito specificamente dedicata.
I segreti del Vitellone bianco dell’Appennino centrale IGP
Un “gigante” si aggira per l’Italia da oltre 2000 anni
La carne delle razze chianina, marchigiana e romagnola è stata la prima carne fresca italiana ad ottenere la certificazione IGP dall’Unione Europea gono circa 40 fiorentine, il Consorzio stima che al massimo le fiorentine certificate a marchio IGP siano 725.000, sicuramente troppo poche per trovarle in ogni ristorante o macelleria italiana. Dire “carne di chianina”, “carne di marchigiana” o “carne di romagnola” sottintende la qualificazione della razza del bovino che, da un punto di vista legislativo, identifica l’iscrizione dell’animale al Libro Genealogico Nazionale, garantendone la “purezza genetica”. Solamente la carne derivante dai bovini di razza potrà avvalersi della certificazione IGP ‘Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale’. Il fattore genetico insieme alle peculiarità ambientali influiscono, infatti, sulla qualità di queste carni che presentano un basso contenuto di grasso (minore del 3%), di colesterolo (minore di 500 ppm) e un alto valore proteico (maggiore del 20%). Negli anni è cresciuta la domanda di carni certificate e sono aumentate le frodi a carico dei consumatori e dei produttori. Per contrastare il fenomeno il Consorzio di tutela del Vitellone bianco dell’Appennino centrale IGP permette di conoscere, in tempo reale, l’origine e il percorso della carne certificata: dall’allevamento alla tavola. Sul sito del Consorzio infatti ristoranti e macellerie possono verificare la tracciabilità della carne in vendita e avere la mappatura delle macellerie e dei ristoranti, iscritti al circuito ‘Ristorante Amico’, che hanno in carico il prodotto. L’attenzione legata all’alimentazione e al rapporto
naturale con il territorio e con i pascoli si riflettono sull’aspetto e sul sapore delle carni del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP. La grana è fine e il colore rosso vivo. Anche la consistenza è soda ed elastica, con piccole infiltrazioni di grasso nella massa muscolare. Il pregio di questa carne è frutto di un mix tra la predisposizione genetica, i sistemi naturali di allevamento e un’alimentazione di qualità unitamente ai profumi dei prati e le essenze tipiche dei pascoli dell’Appennino. Il disciplinare di produzione comprende l’intero territorio di Umbria, Marche, Molise e Abruzzo e le province di Bologna, Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini per l’Emilia Romagna, quelle di Arezzo, Firenze, Grosseto, Livorno, Pisa, Pistoia e Siena per la Toscana, quelle di Frosinone, Rieti, Viterbo e parte delle province di Roma, Latina per il Lazio, Benevento, Avellino e parte della provincia di Caserta per la Campania.
I buoni effetti delle carni bianche
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importanza di una dieta che preveda anche la carne per aumentare le difese immunitari è indiscutibile. In un articolo apparso sulla newsletter di Unaitalia Susanna Bramante, agronomo e divulgatrice scientifica, sottolinea proprio questo aspetto: l’importanza di un adeguato consumo di carne nel rinforzare le difese del nostro sistema immunitario: “La carne ha ottimi livelli della maggior parte delle vitamine che rafforzano il sistema immunitario come la vitamina B1 e la vitamina B12, i cui stati di carenza determinano una riduzione del numero di linfociti, ma anche cromo, un micronutriente presente in tracce nel nostro organismo che stimola le difese immunitarie e la resistenza alle infezioni”. Il consumo di carne di pollo e tacchino risultano alimenti benefici per la salute del sistema immunitario, grazie alle loro eccellenti qualità nutrizionali: elevato contenuto di proteine, pochi grassi (tutti buoni) e ricchezza di componenti essenziali quali minerali e vitamine, come quelle del gruppo B6, importantissime per la formazione di nuovi e sani globuli bianchi e rossi. “Specialmente se cotto in brodo, il pollo aiuta a migliorare i sintomi di raffreddore e influenza - sottolinea ancora Bramante - perché scioglie la sua gelatina e la condroitina, sostanza che si trova nelle cartilagini, utile per trattare l’artrosi e altri elementi nell’acqua che vanno a nutrire il microbiota, aumentando il potere difensivo della microflora batterica intestinale e la guarigione dalle malattie infettive”. Indicazioni utili anche per i macellai che, a loro volta, possono trasmetterle ai propri clienti in un’ottica di informazione sempre più circostanziata, ma anche attenta a soddisfare le esigenze di un consumatore alla ricerca di prodotti sicuri e sani: forse la situazione economica che si è andata creando con la pandemia potrebbe portare i consumatori a fare acquisti meno frequenti, accelerando però la tendenza a mangiare “meno ma meglio”. Ed i macellai possono dare la risposta adeguata e competente anche a questo trend!
L’Oscar Green all’allevamento umbro di bisonti A
ricevere il premio nazionale promosso da Coldiretti Giovani Impresa è stato Massimiliano Gatti grazie alle caratteristiche innovative della sua azienda agricola. Gatti ha fondato a Panicale (Perugia) il primo allevamento allo stato brado in Italia di bisonti (Bison Bison). Un animale eccezionale, sia per la qualità della carne che per le caratteristiche della pelle più resistenti del 40% rispetto a quelle di vacca nonchè made in Italy. La giuria dell’Oscar Green ha riconosciuto nell’allevamento umbro di bisonti la capacità di “creare una cultura d’impresa esemplare, riuscendo a incanalare creatività, originalità e grande abilità progettuale”. Gatti ha trionfato nella categoria Impresa4.terra. Merito della completezza del prodotto: “Del bisonte non si butta via niente, dall’impiego in cucina, alla pelle, alla lana.
La digitalizzazione nella cucina professionale
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a tecnologia deve creare vantaggi per la cucina ed essere implementata per velocizzare e semplificare i processi. I sistemi di cottura moderni, come iCombi o iVario di Rational, sono abilitati all’uso online e vengono forniti con la soluzione di collegamento in rete ConnectedCooking già integrata. Le aree di gestione dell’igiene, gestione delle risorse e l’ampio ricettario internazionale, semplificano e ottimizzano i processi di lavoro. La piattaforma di Rational include inoltre un ampio ricettario. Quando iCombi viene collegato alla piattaforma Web tramite l’interfaccia WLAN integrata, è possibile creare nuovi processi di cottura o modificare quelli esistenti per le ricette selezionate. Attraverso ConnectedCooking è inoltre possibile condividerli con le unità presenti in altre filiali. I vantaggi sono evidenti: gli apparecchi non devono essere configurati singolarmente, il che risparmia tempo, e viene garantito uno standard qualitativo uniforme in tutte le filiali. Tramite ConnectedCooking è possibile anche accedere e analizzare online i dati sull’utilizzo, gli orari e la durata di funzionamento, l’utilizzo dei sistemi di cottura, i tempi di inattività e i processi di cottura utilizzati.
La strategia europea “Farm to Fork”
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arantire una produzione alimentare sostenibile e la sicurezza alimentare dalla lavorazione alla vendita, compresi i servizi, l’ospitalità e la ristorazione; sostenere la transizione verso abitudini alimentari sane; ridurre gli sprechi alimentari; combattere le frodi alimentari; ridurre l’uso di farmaci in agricoltura e di fertilizzanti; ridurre i consumi di antibiotici negli allevamenti; incrementare le superfici per il biologico; avviare etichettatura d’origine degli alimenti. Sono alcuni dei punti contenuti nella strategia decennale “Farm to Fork” messa a punto dalla Commissione europea per guidare la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente. Presentato dalla Commissione europea nello scorso mese di maggio, il piano prevede un finanziamento di 20 miliardi l’anno tra fondi Ue, nazionali e privati. Le comunicazioni, che aprono la strada anche all’utilizzo delle nuove biotecnologie in campo, non sono vincolanti ma indicano le linee guida per futuri atti legislativi da concordare con Consiglio e Parlamento europeo. Entro il 2023 la Commissione presenterà una proposta legislativa che delinei un quadro di riferimento in materia di sistemi alimentari sostenibili per rendere più simili tra loro le singole politiche nazionali, garantendo coesione a livello dell’Ue. Più in dettaglio, la Commissione adotterà misure per ridurre del 50% l’uso di pesticidi chimici e quelli più pericolosi entro il 2030; ridurre l’eccesso di nutrienti nell’ambiente, una delle principali cause di inquinamento dell’aria, del suolo e dell’acqua con un impatto negativo sulla biodiversità e sul clima; ridurre almeno del 50% le perdite di nutrienti, senza che ciò comporti un deterioramento della fertilità del suolo; ridurre almeno del 20% l’uso di fertilizzanti entro il 2030. Quanto all’uso di antimicrobici nella salute umana e animale, la Commissione intende dunque ridurre le vendite di sostanze antimicrobiche per gli animali di allevamento e l’acquacoltura entro il 2030. Sarà rilanciato lo sviluppo delle aree dell’UE dedicate all’agricoltura biologica affinché il 25% del totale dei terreni agricoli sia dedicato all’agricoltura biologica entro il 2030. Verrà proposta un’etichettatura nutrizionale armonizzata obbligatoria da apporre sugli imballaggi con lo sviluppo di un quadro per l’etichettatura dei prodotti alimentari sostenibili che copra gli aspetti nutrizionali, climatici, ambientali e sociali dei prodotti. Sarà intensificata la lotta contro gli sprechi alimentari per un loro dimezzamento pro capite come vendita al dettaglio e consumatori: entro il 2023 la Commissione proporrà obiettivi giuridicamente vincolanti per ridurre gli sprechi alimentari in tutta l’UE.10 miliardi di euro del programma Orizzonte Europa saranno investiti in attività di ricerca su prodotti alimentari, bioeconomia, risorse naturali, agricoltura, pesca, acquacoltura e ambiente. La Commissione lavorerà per promuovere la transizione globale mettendo in primo piano la sostenibilità dei prodotti alimentari europei per fornire un vantaggio competitivo e aprire nuove opportunità commerciali per gli agricoltori europei. Le reazioni dal mondo agricolo in Italia sono state di diverso parere: positive sotto il profilo dell’etichettatura dei prodotti alimentari, della sicurezza e della migliore informazione ai consumatori, negative perché contribuiscono a penalizzare il potenziale produttivo dell’agricoltura e del sistema agroalimentare europeo.
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Varie tipologie di carne, dall’allevamento al negozio
Viaggio tra i bovini del Veneto
Allevatori che fanno la differenza Elisa Guizzo La zootecnia italiana, si sa, ha superato molti momenti nefasti negli ultimi trent’anni, dalla mucca pazza nel lontano ‘91 alla Blue Tongue, all’Aviaria e alla Peste suina, solamente per citarne alcuni. Nonostante ciò, la zootecnia ha avuto il coraggio di rialzarsi, di fronteggiare tali avversità e di continuare a produrre cibo, il vero sostentamento del comparto agricolo italiano. Il patrimonio bovino italiano è stimato intorno a sei milioni di capi, in prevalenza costituito da bovini dediti alla produzione di carne. Le razze bovine possono essere da latte e da carne, le principali identità da carne si riversano nella Pianura Padana allevando bovini di importazione francese, nutrendoli con razioni ad alto livello nutritivo. All’interno del panorama bovino c’è chi ha fatto la differenza, chi ha saputo dunque migliorare la specificità delle proprie produzioni: mi riferisco a tutte quelle realtà zootecniche visitate dalla redazione di iMEAT Giornale nel giugno scorso.
Tutto biologico Incontriamo Vinicio Zaggia, titolare della Fattoria alle Origini, a Bovolenta (PD), un piccolo comune della bassa Padovana, a una manciata di chilometri da Polverara, famosa per la gallina omonima. Zaggia, che ricopre anche il ruolo di responsabile della qualità e della produzione, ci spiega come l’azienda abbia accolto sin dal ‘95 un sistema di agricoltura biologica, un metodo che abbraccia la tradizione contadina, che decide il momento giusto per seminare, che aiuta il terreno a rinnovarsi grazie alle rotazione delle cultivar, ma soprattutto un sistema che non utilizza prodotti di sintesi: una vera fortezza del biologico garantito, pertanto, a pieni voti. La Fattoria alle Origini alleva circa 800 capi di razza Limousine, Charo-
Vinicio Zaggia
laise, Pezzata Rossa e Maremmana. Gli animali si nutrono di materie prime quali orzo, mais, soia, erba medica e fieno, prodotti interamente con sistema biologico. L’azienda, infatti, vanta la certificazione biologica che attesta la provenienza dei prodotti ottenuti, destinati all’alimentazione bovina attraverso un sistema di produzione agricola che minimizza l’impatto sull’ecosistema. Tale sistema permette di controllare ogni singola fase di produzione dal
campo, al confezionamento sino alla distribuzione del prodotto. Fattoria alle Origini ha due punti vendita, uno situato nel cuore del-
È attivo on line il portale iMEAT Web Business Le video interviste di questi allevamenti sono visibili accedendo al sito
la città patavina, sotto il prestigioso salone che ospita le più importanti attività commerciali, e un altro a Ponte San Nicolò, sempre nel padovano. La carne, espressamente di alta qualità è la scelta di animali allevati nel rispetto del Regolamento Europeo CE 1804/99 per la zootecnia biologica. Vinicio Zaggia ci saluta con questa frase: “Se fai star bene gli animali, loro fanno stare bene te!” Come opporsi?!
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Varie tipologie di carne, dall’allevamento al negozio
Benessere animale A pochi chilometri di distanza, sempre in quel di Bovolenta, sorge l’Azienda Agricola Belluco. Ad accoglierci è Valentina, secondogenita di Mauro Belluco, che insieme al fratello Gabriele rappresentano le colonne portanti dell’azienda. Visitiamo le stalle con Andrea Belluco, siamo sorpresi di vedere quanta dedizione vi è nei confronti del benessere animale, questo ha permesso all’A-
zienda Agricola Belluco di ottenere la Certificazione CReNBA, (Centro di Referenza Nazionale per il benessere animale). Il metodo CReNBA prevede l’ispezione delle strutture in cui gli animali sono allevati, delle relative densità, dei piani di razione alimentare, della presenza di patologie e dei comportamenti fra gli animali, tutto valutato da veterinari esperti. Dal 1962 la famiglia Belluco alleva bovini di razze francesi: Limousine, Aubrac e Charolaise che al momento del loro arrivo vengono dislocati in appositi spazi esterni denominati paddock, dove gli animali sostano in quarantena. Al termine di quest’ultima, vengono spostati nelle stalle in gruppi omogenei all’interno di box spaziosi dove vi rimarranno per tutta la durata del loro ciclo produttivo. Tutte le stalle dispongono di un eccellente sistema di aereazione. Gli animali si nutrono di mais, paglia e fieno di pro-
Andrea Belluco
duzione aziendale, farina di estrazione di soia no Ogm e un’integrazione di vitamine e sali minerali. L’Azienda Agricola Belluco ha aderito al disciplinare di produzione del “Vitellone ai cereali”, il marchio Qualità Verificata della Regione Veneto, tramite Unicarve (Associazione Produttori Carni Bovine del Triveneto).
Progetto di filiera Dopo la calorosa accoglienza della famiglia Belluco, ci dirigiamo a Cittadella, nel padovano, che dista a una decina di chilometri circa da Castelfranco Veneto (TV), la città di Giorgione. Ci attende Enrico Cuman, responsabile commerciale di Amicomega, uno speciale progetto di filiera presieduto dal dottor Massimo Marchesin, medico veterinario, responsabile della gestione degli animali e della loro nutrizione. Amicomega è un consorzio nato nel 2012, dotato di un Disciplinare ministeriale e di un Comitato scientifico con a capo il professor Marcello Mele dell’Università di Pisa. Enrico ci spiega in maniera concisa e dettagliata quali sono i punti di forza che contraddistinguono la filiera Amicomega.
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- Alimentazione degli animali: fornire una razione equilibrata atta a garantire una minor assunzione di grassi saturi. - Corretto bilanciamento tra omega6/omega3: privilegiando gli omega3 che apportano benefici al nostro organismo,
- Benessere animale: gli allevamenti di tale filiera sono certificati CReNBA. - Uso consapevole del farmaco: gli animali che necessitano di maggiori cure e quindi di un’ulteriore somministrazione di farmaci non possono essere
Allevamento etico
Gianluigi Bolcato
Enrico Cuman
sfavorendo invece l’apporto degli omega6 responsabili di malattie infiammatorie.
inseriti nel circuito della filiera stessa. - Minor impatto ambientale: l’introduzione di lipidi nella dieta dei bovini riduce le emissioni endogene di metano dei ruminanti. I principali attori del Consorzio Amicomega, che sottoscrivono un protocollo disciplinare sono mangimifici, allevatori, trasformatori e distributori. La giornata non poteva che terminare con la squisita e succulenta carne Amicomega, innaffiata da un buon calice di vino rosso.
Il giorno successivo, di buona lena, ci rechiamo a Pressana, un comune in provincia di Verona che fa solamente 2.500 abitanti. Ad attenderci la famiglia Bolcato della Società Agricola Informa. I Bolcato allevano bovini in modo etico ed innovativo dal 1960, ed è proprio questo a renderli unici. I capi allevati sono di razza Limousine ed incrocio Charolaise - Aubrac. Qui il benessere animale merita le
Varie tipologie di carne, dall’allevamento al negozio
Aroma di manzo L’ultima tappa del tour si conclude a Mozzecane (VR), nell’Azienda Agricola Massella letteralmente circondata da ampie distese di prati verdi punteggiati da splendidi esemplari di Black Angus. L’allevamento di Placido Massella sembra un dipinto: conta circa 500 capi divisi in gruppi, in ognuno è presente un toro “…fatto che permette di tracciare la genetica dei nuovi nati - spiega Massella.” Camminiamo in mezzo a questi giganti buoni che incuriositi ci ven-
gono incontro e ci circondano. Gli animali di Massella nascono e vivono al pascolo nutrendosi di erba, integrata a fieno e paglia. La razza Black Angus è particolarmente forte e resistente alle avversità climatiche, in particolare alle alte radiazioni solari, grazie al suo manto nero. Mr Beefy è il brand che identifica l’azienda, che dall’inglese significa “aroma di manzo”. I principali canali
di distribuzione sono le macellerie e i ristoranti; Mr Beefy è anche on line con la vendita di hamburger, tartare, filetti, costate e tanto altro. Vi è
la possibilità inoltre di acquistare la carne allo spaccio adiacente all’azienda, pardon! Caveau: Il Caveau del Black Angus!
iVario Pro. Placido Massella
cinque stelle, gli animali beneficiano di attenzioni e cure che i Bolcato riescono a garantire ad ogni animale. La razione alimentare viene realizzata dosando in maniera certosina ogni singola materia prima, orzo, soia estrusa, semi di lino, mais etc., tutto accuratamente calibrato. E se si sbaglia una quantità? “Si scompone la razione - risponde Gianluigi Bolcato - non possiamo permetterci di incorrere in sbagli nella razione, è importante che gli animali assumano sempre le giuste quantità.” Qui l’aria è pura, gli animali riposano serenamente all’interno di spaziosi box stalla, caratterizzati da una bassa densità e da una comoda lettiera. L’alta qualità dell’allevamento è chiaramente sinonimo di un’altrettanto alta qualità delle carni che sono distribuite in alcune macellerie limitrofe.
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