Passione
in ogni piatto.
Nice to meat you.
Nessuno spreco di carne, tantomeno di tempo.
G -Concept è il sistema di refrigerazione studiato per un’ideale conservazione della carne Meno perdite di peso, meno lavoro.
La carne non si secca: grazie alla ventilazione particolarmente contenuta e al controllo ottimale di umidità e temperatura, il calo di peso della carne è inferiore del 50% rispetto a un normale banco ventilato. In questo modo puoi risparmiare in media 9.000 € in un anno.
Inoltre, grazie alla tecnologia di G-Concept, la carne può rimanere nel banco durante la notte senza nessun problema, risparmiando ogni anno circa 720 ore di lavoro pari a 14.400 €.
Che sarà domani...della macelleria?
Ètempodi cambia menti; è tempo di riflessioni e analisi. Il mondo come l’abbia mo conosciuto fino a ieri, non esiste più e non tornerà. Questo il pensiero dilagante, in un momento storico come quello che stiamo vivendo, den so di difficoltà: colpi di scena o tragedie annunciate, resta il fatto che dobbiamo ripensare il modo in cui affronteremo il futuro.
Il nostro settore, la macelleria artigianale, vive come tutti un periodo di transizione ed è leci to domandarsi quale sia il modo più appropriato per superare questa fase e preparare il doma ni in maniera efficiente e propo sitiva.
Molti sono gli spunti di rifles sione, cerchiamo di focalizzarli, perché saranno i temi portan ti della prossima edizione di iMEAT Fiera, mai come ora ap puntamento strategico per fare il punto e progettare insieme il futuro della macelleria italiana.
TECNOLOGIA E DIGITALIZZAZIONE SONO ENTRATE A PIENO TITOLO NELLE ATTIVITÀ CORRENTI
L’avanzare del mercato digitale è un fenomeno in crescita, inar restabile, che non solo ha affian cato l’attività del negozio di vici nanza ma l’ha in parte sostituita. Nascono ovunque, anche in Ita lia, realtà commerciali che pun tano a sviluppare un concetto e un metodo di vendita al pub blico che si avvale delle piatta
forme online per promuovere e distribuire prodotti alimentari – carni comprese – attraverso campagne pubblicitarie che si rivolgono al consumatore sfrut tando i comuni mezzi di comu nicazione di massa, come la te levisione.
Il macellaio tradizionale non deve temere la concorrenza, può intercettarla e imparare a utilizzare i nuovi mezzi per am pliare le sue capacità di vendita. È tecnologia di quotidianità, che consiste in lavorazione e digita lizzazione (click & collect) ovve ro il cliente ordina da casa onli ne e passa a ritirare la merce in un punto concordato, il negozio stesso o altri punti di ritiro. Effi
cienza, zero code, zero sprechi e risparmio di tempo sono gli ef fetti. Gestibile se non facilissimo.
PAROLA D’ORDINE: RINGIOVANIRE
Mezzo e conseguenza di questa campagna di digitalizzazione tecnologica è l’evidente rin giovanimento dell’attività. Per attirare le nuove generazioni, siano essi clienti consumatori o nuovi operatori del mestiere – i macellai del futuro - svecchia re l’organizzazione e gestione dell’attività è un passaggio indi spensabile.
Il cliente, attirato sempre più da novità e modalità innovative di acquisto, deve essere conqui
stato e il modo migliore è offrir gli un’esperienza soddisfacente, che non si limiti all’acquisto di ottima merce ma si espanda nel servizio, nell’esibizione sce nografica di un prodotto che in tal modo amplifica il suo valore, nell’accoglienza in un ambiente piacevole e identificabile per ché unico. L’esclusività dell’espe rienza è requisito fondamentale. Il cliente torna perché solo in quel luogo prova sensazioni si mili.
L’ESPERIENZA IRRIPETIBILE
Se è l’esclusività quello che at trae il cliente di domani, per costruirla occorre qualcosa di più della “qualità”. Il macellaio, profondo conoscitore dei valo ri del prodotto che propone, si affida a una filiera sicura, etica e sostenibile dove la selezione della materia prima è requisito inderogabile, frutto di ricerca sul territorio e collaborazione con creta con allevamenti di fiducia. È lo scopo primario del percorso iMeat Farm che abbiamo ideato all’interno della nostra fiera: cre are sinergia e cooperazione tra allevatore e macellaio per dare vita a una filiera che rispetti l’in tero processo, dalla stalla al ban co vendita.
È evidente, inoltre, che que
sto contesto merita un servizio completo in un ambiente unico dove prevale l’allestimento del banco frigo, l’esposizione sce nografica, l’assortimento vasto. Quel qualcosa in più può essere la proposta di prodotti nuovi, diversi, di origine differente dal convenzionale. Può essere an che, per esempio, predisporre la possibilità di assaggiare sul luo go di vendita il prodotto cucina to allo scopo di far comprende re meglio le sue peculiarità. Una vetrina di frollatura con le carni esposte e accanto, un banco dove assaggiare le car ni cotte a puntino può essere un’ottima presentazione. Accan to alle carni si possono abbinare prodotti locali – vini, formaggi, salumi – creando un’assonanza col territorio in grado di alimen tare l’interesse e valorizzare la tipicità. L’esperienza diventa un viaggio, offre un’immagine completa.
INFORMARE E CONSIGLIARE
Offrire al cliente qualcosa in più del necessario comprende una serie di atteggiamenti e azioni finalizzate all’informazione cor retta, indispensabile per veico lare adeguatamente il valore di ciò che si propone. Insieme al prodotto, infatti, è importante fornire al consumatore tutta una serie di informazioni che ne agevolino la fruizione. Ricet te, modalità di cottura, abbina
menti, metodi di conservazione, valori nutrizionali sono infor mazioni utili che favoriscono la percezione di professionalità, qualità e competenza che il ma cellaio ha bisogno di trasmette re per fidelizzare un consumato re sempre più esigente, sempre più affamato di conoscenza e aperto alla novità.
La sosta in negozio deve gene rare quell’effetto wow che oggi sempre più la gente desidera.
CULTURA E VOCAZIONE
Coltivare la propria cultura del
servizio, infine, è una dote che il macellaio del futuro non può trascurare: trasmettere questa vocazione alle nuove genera zioni, un dovere. Un team felice e consapevole del proprio valo re sarà una squadra vincente e farà aumentare le vendite.
Tutto questo troverete a iMEAT Fiera, dal 26 al 28 MARZO 2023.
Di questo e di molto al tro discuteremo insieme a ModenaFiere dove vi acco
glieranno le migliori aziende specializzate del settore, la tecnologia, la professionali tà e l’esperienza necessarie a costruire il futuro della vostra attività secondo le tendenze e lo stile che meglio si avvici nano al vostro territorio, alla vostra personalità, alle vostre aspirazioni.
Vi aspettiamo! Luca Codato, Editore di iMEAT Giornale e organizzatore della Fiera iMEATCLICCAMIPIACE
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Selvaggina
All’inizio
era la caccia. Se analizziamo la storia dell’uomo e dell’alimentazione umana ci accorgia mo che l’evoluzione comincia con l’azione che meglio di tutte soddisfa il bisogno primario di cibarsi: cacciare animali selvatici per nutrirsi delle loro carni. Inol tre, l’animale ucciso è una fon te preziosa di pelli per coprirsi dal freddo, di ossa per costruire strumenti e oggetti utili.
I Greci cacciavano lepri, cinghia li, fagiani, cervi, camosci e anatre e, per meglio esercitare l’azione, si servivano di cani come ausi lio; per i Romani la selvaggina era immancabile sulla tavola dei fastosi banchetti non a caso definiti “luculliani” dal nome dell’uomo politico, Lucio Licinio Lucullo, famoso che i suoi convi vi particolarmente sfarzosi e ric chi di cibi prelibati. È nel Medio evo che la caccia diventa, oltre che mezzo di sostentamento, uno sport ambito in quanto ri servato ai nobili, ai re. Un’attività per pochi, tanto che le “riserve” di caccia, ovvero aree boschive
a cura della redazione
SELVAGGINA da sopravvivenza a sport a prelibatezza gourmet
delimitate dove gli animali vive vano in abbondanza, erano luo ghi privati, per l’aristocrazia, e come tali inibiti al popolo che si doveva accontentare di legumi e ortaggi. Fino al Rinascimento, in Europa, resta appannaggio dei ricchi.
Oggi, è tutta un’altra storia. Azio
Da pelo e da penna
Per
definizione, la selvaggina si divide in due categorie distinte:
1. la selvaggina da pelo: cervi, cinghiali, caprioli, daini, lepri e camosci
2. la selvaggina da penna: fagiani, pernici, qua glie, beccacce (fasanidi e gallinacei), oche selva tiche, alzavole e germani (acquatici) e uccellini come tordi, fringuelli, storni e beccafichi.
Il cervo è un ruminante di grandi dimensioni; nel nostro Paese vive soprattutto sulle montagne del Parco dello Stelvio e in aree montane limitate.
Gran parte delle carni di cervo reperibili proven gono dall’estero, prevalentemente Paesi dell’est, anche se negli ultimi anni è in corso una forma di tutela e ripopolamento che comprende, oltre ai cervi, altre specie come il capriolo, animale tipico delle zone alpine.
Le carni di cervo e capriolo necessitano di ade
ne demonizzata per anni, per motivi etici e a causa di sfrutta menti incontrollati, la caccia è in una fase di rivalutazione grazie ad attività di regolamentazio ne, a prese di coscienza consa pevoli del valore nutrizionale, gastronomico e di controllo sul territorio che svolge e in virtù
dell’impegno di associazioni e professionisti.
La selvaggina resta alla base di piatti prelibati per la ristorazio ne, non solo nella cucina tipica e tradizionale ma per una cuci na gourmet che del prodotto ha saputo evidenziare le potenzia lità e le specificità.
guata frollatura prima dell’utilizzo, almeno 10 giorni. Del cervo si usano i quarti anteriori e po steriori e la zona del costato, debitamente lardel
late e marinate con erbe e vino allo scopo di at tenuare la tonicità delle masse muscolari; le carni di capriolo sono più delicate ma particolarmente saporite e si utilizzano generalmente quelle di animali che non superano i 2 anni d’età, debita mente frollate e marinate per attutire il gusto di selvatico. Le carni di cervo e capriolo sono parti colarmente apprezzate anche per la lavorazione di salumi e insaccati.
Tra la selvaggina di pelo, il cinghiale è molto ap prezzato per il valore nutrizionale delle sue carni.
È un animale diffuso soprattutto in Toscana, Lazio, nel sud Italia e nelle isole. È un suino magro, che rivela un gusto selvatico delle carni. I tagli più in dicati in cucina sono la lombata, il filetto e le co stolette. Le cosce vengono perlopiù utilizzate per la lavorazione di salumi e prosciutto. La frollatura delle carni di cinghiale deve essere prolungata,
È la storia dell’uomo, è l’evoluzione di un essere che da raccoglitore di frutti e bacche diventa cacciatore prima di af frontare il passo succes sivo, l’allevamento©Immagine di wirestock su Freepik
fino a 15 giorni e, prima della cottura, è consiglia bile la marinatura.
La lepre è un roditore molto diffuso in Europa, di piccola taglia, dalle carni differentemente tenere in base all’età: gli animali che presentano le carni più tenere, quindi i più ambiti, sono i maschi fino a 14 mesi e le femmine fino a 2 anni. La fibrosità della massa muscolare e il forte odore selvatico della lepre suggeriscono una lavorazione divisa in due fasi distinte: frollatura di circa 8 giorni con l’animale eviscerato appeso per le zampe poste riori con la pelle in un ambiente fresco, meglio se refrigerato; in seguito, l’animale scuoiato, sarà ma rinato, intero o a pezzi, in un salmì di vino, aromi, acqua e aceto oppure acqua e limone, cosparso di sale, per almeno 24 ore.
Gli animali acquatici – oca selvatica, alzavola, anatra selvatica, germano – e i gallinacei come il fagiano e la beccaccia o uccellini presentano in generale caratteristiche simili e come tali devono essere lavorati:
• frollatura da 2/3 giorni a 4/6 giorni in frigo, evi scerato con piuma spiumatura
• fiammeggiatura
• lavaggio
• sezionatura della carcassa in ordine: zampe, ali, fesa, petto.
Nel caso del fagiano, la frollatura può essere pro lungata fino a 8/10 giorni e, prima della cottura, può essere utile bardare l’animale con lardo suino.
La frollatura può essere evitata nel caso degli uc cellini che vanno preparati semplicemente spiu mati e cotti interi.
SALVARE IL CLIMA A TAVOLA: LE REGOLE D’ORO
• Preferire l’acquisto di prodotti locali che non devono subire lunghi trasporti con mezzi inquinanti
• Scegliere frutta e verdura di stagione che non necessita di energia per la con servazione
• Ridurre le intermediazioni (acquisti dal produttore, mercati contadini)
• Privilegiare i prodotti sfusi senza imballaggio
• Acquistare confezioni formato famiglia per ridurre l’imballaggio
• Fare acquisti di gruppo per ridurre i consumi di energia da trasporto
• Riutilizzare le borse della spesa (no plastica, si biodegradabili o di tela)
• Ottimizzare l’energia consumata per la preparazione (pentole e frigoriferi a basso impatto)
• Ridurre gli sprechi ottimizzando gli avanzi
• Fare la raccolta differenziata
(fonte Stefania Cerutti, Università del Piemonte Orientale|Ars.Uni.Vco)
La caccia e l’impatto ambientale
Ledinamiche di trasformazione del cibo sono cambiate. La consapevolezza dell’im patto che allevamento, coltivazioni e me todi di caccia hanno sull’ambiente condiziona i comportamenti e suggerisce nuove sfide e op portunità. Il turismo enogastronomico gioca un ruolo fondamentale nell’economia e nello svilup po dei territori. Ciò che l’uomo fa sul territorio e come gestisce il cibo ha un impatto sul clima e sulla sostenibilità ambientale. Filiera corta, futuro del cibo inteso non solo come commercio ma come sostentamento sono termini che hanno assunto negli ultimi anni un valore significativo. È
un tema culturale che merita di essere approfon dito. A questo scopo, si è svolto recentemente un convegno che ha evidenziato come il clima pos sa essere influenzato anche dalle abitudini e dalle buone pratiche di ognuno. L’incontro, svoltosi a Stresa presso l’Istituto Alberghiero E. Maggia ha diffuso i risultati di ricerche che hanno dimostrato come la caccia, per esempio, possa essere attività sostenibile e favorevole all’ambiente se praticata secondo metodiche e regole condivise. Alcune di queste regole, il risparmio energetico per esem pio, oggi potrebbero rivelarsi una necessità inde rogabile.
Un’altra carne è possibile
Untempo la caccia e i prodotti di origine animale erano privilegio dei nobili, i qua li sbandieravano la gotta quasi fosse uno status symbol. Tanta carne = tanta ricchezza. Adesso l’obiettivo è all’opposto: scelgo altro, di vento vegano.
Il valore di un regime alimentare si esprime quasi come una religione; infatti, si dice “sono vege tariano” e non “mangio vegetariano”. Le nuove diete vanno di moda perché i giovani sono alla ricerca di regole morali e “essere vegetariano” di venta una condizione etica e morale che soddisfa una necessità interiore più che fisica.
Si cercano, pertanto, motivazioni come “il maiale fa male”, “i polli soffrono” e “le vacche inquinano”.
La domanda che sorge spontanea è: esiste una carne che inquina meno delle altre?
La cacciagione non è allevata ma non è nemme no vero che non impatta. La sfida è provare a sti mare l’impatto ambientale della caccia.
Quanto inquina 1 kg di cervo cacciato rispetto a 1 kg di carne allevata?
La ricerca condotta ha coinvolto 168 cacciatori e ha cercato di rispondere a una serie di interroga tivi, tra i quali:
quanti cacciatori si recano sul posto di caccia in macchina?
• quanta strada percorrono in macchina? quanti proiettili utilizzano?
• durante l’attività di caccia, quanto piombo ri mane nell’aria?
• quanto dura il trasporto della merce dal luogo di caccia a quello di uso/consumo?
L’analisi, svolta secondo il Metodo di Misura Life Cycle Assessment (LCA) ha rilevato che il 90% della fonte inquinante è legata al trasporto per raggiungere il punto di prelievo. Il confronto con le altre specie animali ha eviden ziato che:
il pollo è l’animale meno inquinante
• il suino è al secondo posto
• il bovino è l’animale più inquinante
• il cervo si posiziona tra il suino e il bovino (70% in meno).
Modificare gli stili di comportamento dei caccia tori sarebbe una pratica utile ad abbattere sensi
bilmente l’impatto ambientale: il 42% delle uscite, infatti, si risolvono con un niente di fatto, nessuna preda, solo una gita in campagna, certamente piacevole ma anche inquinante.
Una gestione delle uscite più coerente darebbe ottimi risultati sul fronte della sostenibilità am bientale. Un cacciatore esperto può contribuire ad abbassare l’inquinamento.
Selvaggina
Filiera eco-alimentare Val d’Ossola, un caso esemplare
Ilprogetto Filiera Eco-Alimentare ideato per la comunità della Val d’Ossola ha come scopo la gestione della popolazione degli un gulati selvatici locali e, senza aumentare i prelievi stabiliti per legge, rendere la comunità più resi liente rispetto ai danni agli ecosistemi agricoli, e non solo, dovuti all’incremento numerico delle specie. In sostanza, vuole trasformare la problematica della fauna selvatica in vantaggio per il territorio, creando una filiera garantita e tracciata generando una ricaduta positiva sul territorio, anche dal punto di vista turistico. Sostenuta da ricerche scientifiche e sanitarie condotte dall’Univer sità degli Studi di Milano, la filiera, partendo dal territorio circoscritto dell’Ossola, intende diffondere in altre aree l’obiettivo di gestire e valorizzare in maniera innovativa e sostenibile le carni di selvaggina cacciata, per ricondurle, tramite una filiera certificata, in un circuito di controllo normativo, sanitario, fiscale, che sia di sostegno per l’e conomia locale e possa incentiva re il turismo gastronomico legato alle produzioni locali. Non intende promuovere la caccia in sé o pren dere posizione in merito ma fare in modo che le attività già praticate siano certificabili.
La selvaggina della val d’Ossola proviene da animali in libertà, cre sciuti senza alimentazione forzata o trattamenti farmacologici. È sa lubre, contiene pochi grassi e ha un alto contenuto di omega 3, un corretto equilibrio tra omega 3 e omega 6 ed è un’ottima fonte di proteine e sali minerali. Un corret to metodo di lavorazione e cottura può conservare le proprietà di que ste carni e il progetto mira anche a diffonderne la pratica. Infatti, se la tradizione impone di cucinare pre via marinatura e lunghe cotture con spezie, salse e vini che dovrebbero mascherare sentori selvatici, occor re tener conto del fatto che queste caratteristiche spesso derivano dal la conservazione e dal trattamento e non dalle proprietà della carne stessa. Oggi, è possibile gustare un prodotto buono, sano, nutriente e privo di sapore selvatico mettendo in atto metodologie attente e una formazione specifica degli operato
ri. La cottura a bassa temperatura, per esempio, o addirittura il consumo a crudo, sono ottimi metodi che permettono di assaporare, sorpren dentemente, la tenerezza e il sapore delicato dell’alimento.
Gli studi condotti, infine, hanno rilevato come la
(Un progetto per la gestione di prodotto sostenibile per lo sviluppo dei territori alpini) Hamburger di cinghiale farcito con cipolle caramellate e toma nostrana, preparato dalla Macelleria Maffeis di Pontegrande (VB)Selvaggina
selvaggina sia, in un’alimentazione corretta, più salubre della carne di allevamento, ma soprattut to più sostenibile dal punto di vista ecologico:
• non subisce trattamenti vaccinali e farmacolo gici
• garantisce una riduzione della produzione di CO 2 e del consumo di suolo e acqua
• limita l’impatto ambientale dovuto alle produ zioni di reflui zootecnici.
Animali vissuti liberi, in ambiente naturale, pre levati con professionalità attraverso un’attività venatoria eticamente corretta, rispettosa dei contingenti previsti e atta a garantire il benessere dell’animale che deve essere abbattuto sul colpo e dissanguato, e la salvaguardia dell’ambiente è dunque una risorsa da non sottovalutare. Sul tema della CO2, inoltre, è auspicabile l’utilizzo di pallottole atossiche, in numero il meno possibile. Infine, il ruolo del macellaio è fondamentale per garantire un filtro corretto tra cacciatore e con sumatore a garanzia della qualità del prodotto. Macellaio e cuoco possono diffondere buone pratiche di lavorazione, e se il classico piatto di polenta e cervo mantiene il suo fascino, altre ri cette innovative si possono mettere in pratica, generando margini di profitto interessanti, un ri torno d’immagine rinnovata e attrattiva.
Selvaggina gourmet, evoluzione della tradizione
Sella di cervo, sedano, finferli, broccoli selvatici e tartufo, un piatto del Gasthof Ristorante Jäger di Sirmiano (BZ). Il cervo proviene dai boschi circo stanti delimitati dalla proprietà allo scopo di creare una riserva di caccia controllata. Sono animali che vivono in libertà ma in ambiente gestito a tutela delle condizioni sanitarie nel rispetto dell’ambien te.
Nocini e ragù di capriolo, sedano rapa, ciliegie corniole, fave di cacao e gnocchetti al Quark, un piatto della chef Anna Matscher del Ristorante Zum Löven di Tesimo (BZ), che afferma: “La selvag gina che uso proviene dal nostro territorio e spesso sono carni conferite direttamente dai cacciatori. Di solito utilizzo capriolo, cervo, lepre ma anche al tra selvaggina, in base a quello che mi portano. Normalmente lavoro con la Macelleria Nigg di Ter lano. Per lavorare al meglio queste carni, se sono fresche, è necessario lasciarle frollare.”
La lavorazione della carne di cervo in pillole
Perosservare meglio le particolarità della preparazione della selvaggina, in questo caso la carne di un cervo maschio giovane di circa 1 anno del peso di 45 kg, abbiamo rias sunto i passaggi di lavorazione con l’aiuto di un macellaio esperto, Andrea Bertagnolli, titolare della Bertagnolli Carni di Tret Borgo d’Anaunia (TN) che, in veste di Centro Lavorazione Carni (CLC), tratta abitualmente questo tipo di carni ogni fine estate/autunno, quando i cacciatori della zona, secondo il piano di prelievo ordinato dalle istituzioni locali, conferiscono alla sua ma celleria le carcasse dopo attenta verifica, secondo normativa, da parte delle autorità competenti e del veterinario di zona che esegue le analisi.
Sono generalmente maschi giovani, femmine e raramente esemplari più piccoli, cacciati nel rispetto delle regole imposte dalle autorità che, ogni anno, valutano in base alla popolazione sel vatica l’intensità della pratica venatoria concessa per garantire la continuità della specie e al tempo stesso la tutela del territorio.
Il cacciatore segue una pratica ben consolidata e controllata che consiste in:
1. uccisione rapida
2. dissanguamento
3. eviscerazione.
A questo punto, conserva l’animale a riposo per almeno 24h in luogo fresco, a una temperatura che si aggira intorno a 8/10°C, presso di sé, se
il clima lo consente, oppure, se la temperatura ambientale è più elevata, direttamente presso il macellaio di destinazione che lo ricovera nella sua cella refrigerata. È in questo lasso di tempo che le verifiche sanitarie vengono effettuate.
Una volta conferita al macellaio, la carcassa viene:
1. pulita
2. scuoiata
3. sezionata
4. confezionata
5. conservata.
“La lavorazione della carcassa – spiega Andrea Bertagnolli - segue generalmente lo stesso proce dimento utilizzato per la carcassa di bovino. Dalla coscia si ricavano tagli adatti all’utilizzo come bra sato o spezzatino; noce, fesa, filetto si prestano, come per il bovino, a diverse preparazioni; dalla spalla e dalle parti meno nobili si ottiene il maci nato per il ragù; dal carré si ricavano le braciole. Una volta sezionato l’animale nei tagli prescelti, si preparano le porzioni del peso desiderato e si confezionano sottovuoto. Una parte della carne viene distribuita ai ristoranti della zona o a clien ti privati che la richiedono; il resto della merce viene surgelata per essere commercializzata in seguito. Come per qualunque altro animale, an che nel caso della selvaggina – cervo, capriolo o camoscio - niente viene sprecato e le carni sono molto adatte anche alla lavorazione di salumi e insaccati: preparo personalmente il salame e un
Consigli da chef
Cucinare
la selvaggina richie de padronanza della tecnica e attenzione ai dettagli. Non sono carni qualunque, non sono facili da lavorare e devono essere valorizzate.
La qualità della materia prima è il primo requisito, segue il corretto metodo di lavorazione che deve tener conto delle caratteristiche del tipo di selvaggina.
Marcella Schillaci, siciliana di na
scita e toscana d’adozione, è titolare e chef del ristorante Bistrot lo Zero di Montespertoli (FI). La sua cuci na creativa abbraccia ogni materia prima con delicatezza e passione, secondo la stagionalità, con ingre dienti a km 0, pasta e pane fatti in casa e una cura attenta a ogni par ticolare.
I suoi consigli per cucinare cervo, cinghiale, capriolo e quaglie sono suggerimenti preziosi.
Il cervo, amore a prima vista
“Vidi un filetto di cervo, e me ne innamorai. Dopo averlo assaggiato, fui colpita dal suo sapore ferroso e scelsi di la vorarlo in modo insolito: la carne, scottata a fiamma viva, rigirata velocemente e tagliata come una bistecca, viene adagiata su una crema di tartufo, al centro gli asparagi e sopra scaglie di tartufo. È un piatto invernale, molto gu stoso dove si abbinano e completano tutti i sapori: il dol ciastro della crema al tartufo, il ferroso della carne, il tono amarognolo degli asparagi. In alternativa, per un piatto più fresco, facciamo una bat tuta al coltello con la carne, la condiamo con olio, sale e tartufo, utilizziamo la stessa crema di tartufo fredda e deponiamo la tartare sopra la crema; per dare un tocco in più decoriamo con scagliette di tartufo”.
Con quaglia e piccione, piatti straordinari
“Il piccione è difficile da lavorare: prima di tutto lo devi tagliare in pezzi e acidificare, poi lo devi conservare in frigo, ricoperto di stoffe, per qualche ora allo scopo di lasciargli buttare fuori tutti i liquidi in eccesso. A questo punto lo passi in forno a 100°C per 3 minuti per dargli una botta di calore senza cuocere, solo per rendere croccante la pelle e saldare i succhi. Continui la cottura in padella nappandolo con burro chiarificato: il calore della salsina versata inclinando la padella permette al calore di scendere dolcemente verso l’interno della carne rendendo morbido l’interno e croccante la pelle. Si impiatta decorando con una riduzione di salsa fatta con le carcasse del piccione e si serve con spinacino, cipollotto e una salsa al mandarino. Un contrasto di sapori molto gradevole”.
“Con le quaglie ho ideato un risotto, abbinamento molto clas sico, ma questa volta ho fatto il risotto mantecato con un for maggio particolare chiamato frassinella, una caciotta prepa rata col fieno greco. Ho preparato il risotto col brodo di quaglia, l’ho mantecato con la frassinella; nel frattempo ho tagliato a dadini il petto di quaglia e l’ho saltato in padella col vino bian co e il timo, per far sprigionare i sapori, poi ho impiattato con il ragù di quaglia sopra il risotto, ho decorato con un po’ della sua salsina di cottura e ho completato il piatto con le coscette di quaglia passate nell’uovo sbattuto, impanate nel pan grat tato e parmigiano grattugiato e fritte. Il risultato è una quaglia in due consistenze. Sapori diversi, riconoscibili, che esaltano la portata principale”.
Il Cinghiale, viva le spezie!
“Il cinghiale se cucinato alla toscana diventa un piatto molto pesante. Io preferisco cucinarlo alla cacciatora con vino e spezie, importanti perché servono a smorzare il sapore di selvatico del cin ghiale che altrimenti sareb be troppo persistente. Prima di procedere alla marinatura – 12 ore in vino rosso e spezie – è necessario fare l’acidifi cazione con l’acqua gassa ta: si mette in acqua per 2-3 minuti allo scopo di far uscire lo sporco e aprire i pori. Poi si procede a marinare nel vino oppure, se si preferisce, solo in acqua con sale e zuc chero bilanciati. Dipende da che intensità di sapore si vuo le dare alla carne, più forte col vino e più delicata con l’acqua. Le spezie a questo punto si levano e si mettono fresche.
Per la cottura, innanzitutto si fa un battuto classico di ci polla, carota e sedano con
Capriolo, perfetto con la pasta
“Il capriolo, mi piace prepararlo anche in ac compagnamento alla pasta fresca. Attual mente nel mio menù ci sono le pappardelle al capriolo: la polpa di ca priolo viene tagliata al coltello a dadini finissimi, rosolata col solito bat tuto di verdure e aromi ma, questa volta, viene sfumata col vino bianco che attribuisce mag giore sapidità e rende il piatto più digeribile. Poi si aggiunge il pomodo ro fresco. Io preferisco utilizzare pomodoro fre sco al posto di pelati o salse perché rimane più fresco al palato e meno acido”.
un trito finissimo di rosmarino e spezie forti, poi ci vuole una lunga cottura nel vino rosso; verso il termine si aggiungo no olive taggiasche. Durante la cottura si aggiunge una foglia di alloro che verrà tol ta alla fine: ha la proprietà di rendere la carne di cinghiale più digeribile.”
La difficoltà di cucinare le carni di selvaggina consiste nella necessità di smorzare i toni troppo invadenti. Inoltre, sono car ni dure ed è importante sigillarle bene a fuoco vivo affinché trattengano i loro succhi, prima di procedere alla cottura, che sarà lunga ma non deve risultare pesante. Le spezie utilizzate, poi, devono essere quelle giuste altrimenti il gusto di selvatico sarebbe troppo evidente.
Le spezie si riuniscono in un sacchettino di velo da sposa, da togliere alla fine della cottura, per evitare che si rivelino fasti diose in bocca e in modo che rilascino solo i loro sentori: chiodi di garofano, maggiorana, timo, ginepro, tutte spezie che dan no un bel profumo e levano l’odore di selvaggina.
Carne bovina irlandese da allevamenti al pascolo: Buona per Natura
Irlanda, il nuovo Standard Bord Bia per la carne bovina Grass Fed
Quando si parla di carne bovina, i consumatori di tutto il mondo sono oggi alla ricerca di un prodotto naturale, sostenibile e di prima qualità. Grazie ai nostri pascoli rigogliosi e verdeggianti, il clima mite e la lunga tradizione di allevamento all’aperto, l’Irlanda è perfettamente in grado di soddisfare la crescente richiesta di carne bovina Grass Fed di prima qualità.
E da oggi possiamo dimostrarlo.
Il nuovo Grass Fed Standard per la carne bovina irlandese, sviluppato da Bord Bia – Irish Food Board, ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi, è il primo protocollo al mondo che verifica in modo indipendente la carne bovina Grass Fed, garantendo una carne proveniente da bovini nutriti per almeno il 90% ad erba o foraggio a base d’erba, che pascolano all’aperto per buona parte dell’anno per tutta la loro vita. è la garanzia di quanto abbiamo da sempre saputo: è l’erba l’ingrediente fondamentale che rende il manzo irlandese una carne di prima qualità.
I dati utilizzati per garantire la dieta a base di erba di ciascun animale sono raccolti nel corso di controlli effettuati nell’ambito del Programma Nazionale di Qualità e Sostenibilità Assicurata per la carne bovina e ovina (Sustainable Beef and Lamb Assurance Scheme), sviluppato da Bord Bia.
Solo la carne dei bovini allevati nel rispetto di questi standard, può vantare il marchio Grass Fed. L’Irlanda, quindi, grazie ai suoi allevamenti al pascolo, produce carni bovine di prima qualità, naturalmente gustose e nutrienti.
Carne bovina irlandese Grass Fed, prodotta in armonia con la natura.
Per saperne di più, visitate la pagina: irishfoodanddrink.com/manzo-irlandese
iMEAT GIORNALECome estendere la shelf life di pollame e prodotti di selvaggina da penna
Il pollame e la selvaggina sono molto suscettibili al deterioramento batterico, alla perdita per eva porazione, all’odore sgradevole, allo scolorimento e all’alterazione biochimica. Il tessuto sterile del pollame viene rapidamente contaminato durante il processo di eviscerazione, fattore che potrebbe accelerare il processo di degradazione della carne.
La durata di conservazione può essere prolungata grazie all’utilizzo di sistemi di confezionamento ali mentare che consentono di sigillare ermeticamen te il prodotto all’interno di un vassoio o vaschetta. Parliamo di una macchina termosaldatrice mul tiformato che consente di confezionare rapida mente un’ampia gamma di contenitori e vassoi in materiali differenti e specifici per le varie desti nazioni d’uso (congelamento, raffreddamento, ri
scaldamento, cottura), utilizzando film di chiusura a barriera, saldanti, pelabili, antiUV, anticondensa.
Di dimensioni contenute per limitare l’ingombro sul banco di lavoro, semplifica e velocizza l’attività dell’operatore professionale, che con un solo mac chinario, grazie ad un selettore mobile regolabile, può sigillare contenitori di diversi formati.
La gamma di vaschette e vassoi utilizzabili è molto vasta e si compone di diversi materiali, che spazia no dai tradizionali Polipropilene e Pet ai più ecoso stenibili in alluminio, cartoncino e PLA.
È un sistema che permette di avere confezioni ter mosigillate resistenti agli urti che, unite alla chiu sura ermetica, garantiscono l’integrità del prodot to alimentare contenuto durante il trasporto dal punto vendita all’abitazione. Inoltre, a seconda del
materiale utilizzato, sono idonee anche alla conser vazione in frigorifero o in congelatore.
Se il primo passo contro lo spreco è quello di fare una spesa intelligente, il secondo riguarda proprio la corretta conservazione dei cibi. Dalla ricerca con dotta dal Dipartimento di Scienze Agrarie dell’Uni versità di Bologna, infatti, è emerso che la chiusura del packaging svolge una funzione fondamentale e che la shelf life migliora se è termosaldato.
Una soluzione che porta benefici all’ambiente, ma anche alle tasche dei consumatori.
La food experience è il futuro di macellerie e ristoranti
a cura di Aldo Miraglia - Tecnologie Alimentari SrlChecos’è una esperienza culinaria? È qualcosa che ti è piaciuto mol to. Non solo il cibo, ma come è stato preparato, presentato, raccontato. Tutti gli esse re umani quando si appassionano a qualcosa, amano raccontarlo, con dividerlo con gli altri, comunicare la passione alla prima occasione, per trasmettere il risultato di tanta cura, tanta dedizione.
L’esperienza culinaria, la food expe rience, è essenzialmente questo: cre
are un’esperienza di sapori e cibo in grado di suscitare sorpresa, scoperta, e infine condivisione. Tutte assieme queste sensazioni creano un ricordo, destinato a restare ben impresso nel la memoria.
Fare un barbecue, per esempio, può essere un’esperienza memorabile.
Uno dei tuoi ospiti assaggia una bi stecca e dice: “Ma come è buona, ma come hai fatto, dove l’hai presa, come l’hai cucinata?” Il modo in cui le persone reagiscono al cibo costi tuisce l’esperienza stessa. Si tratta di
relazioni. Cucinare insieme, ridere in sieme, imparare insieme e mangiare insieme: fa tutto parte dell’esperien za. Quello che piace dell’esperienza è anche l’atmosfera che si crea. In Italia, la food experience inizia al mercato di strada acquistando gli ingredienti. Cerchiamo e ci procuriamo prodotti da fornitori che conosciamo bene e la cui qualità ci è nota, come la carne, di qualità ulteriormente migliorata con una frollatura adeguata. Inizia con l’idea che stai per fare un piatto straordinario. Poi porti tutto a casa e
prepari gli ingredienti per la cottura, inviti amici o familiari che si uniscono a te per celebrare il pasto.
E intanto interagisci raccontando il cibo mentre lo preparavi. I sapori esplodono. Sei seduto con gli amici e ti godi questo bel pasto che ha una tale profondità nei sapori. Per un ristorante, una macelleria, come per un privato cittadino ap passionato, la frollatura della carne è essenzialmente questo: creare un’esperienza culinaria per i clienti, gli amici, gli appassionati. Un’espe rienza che diventi ricordo e che a sua volta diventi causa del ritorno nel luogo di quella condizione di “sospesa beatitudine”.
Tutti gli esseri umani vogliono ripe tere i ricordi positivi.
Il futuro dell’alimentare (e della car ne) è e sarà sempre più nella quali tà, nel metodo di produzione, nella riscoperta della tradizione, possibile grazie alla tecnologia, e nella passio ne per il buono.
Chi unirà a questo anche la passione, avrà vinto.
Menù
Prodotti e tecniche per la macelleria 2.0
Quando la tradizione e l’utilizzo di materie prime di qualità in contrano l’innovazione e le nuove tecniche di lavorazione nasce qual cosa di davvero speciale. Questa è la visione di macelleria 2.0 Menù, dove il mondo delle carni si proietta verso una visione gastronomica più ricca, moderna ma anche attenta alla ge stione del food cost di una attività. In questo senso la cottura sottovuo to a bassa temperatura è capace di garantire due fattori determinanti di un’attiva gastronomica: la qualità del prodotto e la riduzione dei costi. Oltre ad essere un sistema molto in voga perché permette di cuocere delicatamente le fibre muscolari garantendo un’estrema tenerezza e succulenza delle carni, la cottura
a bassa temperatura porta infatti anche grandi vantaggi in termini di risparmio energetico e di resa. La temperatura è l’elemento chiave di questo metodo di cottura. Questa tecnica si basa infatti essenzialmente su un solo principio: l’immersione in acqua degli alimenti, tramite appo siti sacchetti di plastica che conten gono e isolano i cibi, i loro sapori e odori, abbinata ad una lenta cottura a bassa temperatura che oscilla tra i 50°C e gli 85°C.
I vantaggi della cottura a bassa tem peratura sono notevoli, a cominciare dai costi energetici che, in un siste ma di cottura contenuto e senza ‘picchi’, sono notevolmente ridotti rispetto a una cottura breve a tem peratura elevata. Questo è possibile
perché il consumo energetico, una volta raggiunta la temperatura desi derata, è costante nel tempo, sfatan do così il mito che le lunghe cotture consumano troppa energia. Un altro grande vantaggio delle cotture a bassa temperatura è lega to alla maggior resa del prodotto: se con la cottura tradizionale il calo fisiologico di un pezzo di carne è di circa il 30%, con la cottura a bassa temperatura è solo di qualche pun to percentuale. È evidente quindi come questo nuovo sistema possa far risparmiare importanti quantità di materia prima.
Oltre a ciò, la cottura a bassa tempe ratura permette una ottimizzazione del lavoro: è possibile concentrare la preparazione delle pietanze per averle disponibili per l’intera setti mana, si possono sfruttare le cotture notturne, il prodotto non immedia tamente utilizzato può essere con fezionato in sottovuoto e abbattuto. Infine la quantità di sale e condi menti aggiunti viene ottimizzata al meglio e ridotta del 50-70% rispetto alle cotture in padella o al forno, con guadagno in digeribilità e salute.
Tutto ciò senza dimenticare l’in discutibile resa organolettica. La cottura a bassa temperatura per mette di cuocere delicatamente le fibre muscolari, pertanto il tessuto connettivo, composto soprattutto
da collagene, riesce a sciogliersi, in favore della tenerezza e succulenza delle carni, dato che le proteine del muscolo non vengono “stressate” da eccessivi sbalzi termici e trattengono succhi e nutrienti al loro interno. Proprio sulla cottura a bassa tem peratura Menù ha sviluppato un progetto di ricette dedicato al mon do della macelleria, per fornire agli operatori del settore esempi pratici di preparazioni a base di diverse ti pologie di carne. Non solo, per far cire, guarnire e impreziosire queste ricette, Menù mette a disposizio ne una gamma di prodotti ricca e ampia, che va dalle Gransalse alle Grancreme fino ai funghi prataioli, lavorati esclusivamente in asettico. Il vantaggio della lavorazione in aset tico risiede nel trattamento termico velocissimo, grazie al quale i prodotti mantengono tutto il gusto e il pro fumo delle materie prime come se fossero appena cucinate, anche a seguito di cotture prolungate come quelle sottovuoto a bassa tempera tura.
CARNE
MANGIA
Tutela dell’ambiente e dei territori Benessere, protezione e salute degli animali Qualità dell’alimentazione, nutrizione
Rispetto dei dipendenti, miglioramento della qualità di vita lavorativa, prevenzione dei rischi e remunerazione adeguata degli operatori.
e sostenibile.
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il PATTO, la cui missione è fornire delle garanzie sull’evoluzione delle pratiche in materia di:
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Interbev si è impegnata in un’iniziativa collettiva di responsabilità sociale a lungo termine:
Insieme, a iMEAT
senza perdere la speranza
Pensare
a un evento come iMEAT, che coinvolge migliaia di colleghi, nei primi mesi del pros simo anno, mentre la situazione economica italiana sembra precipitare, può sembrare fuori luogo.
Certamente è legittimo pensarlo. Credo invece che proprio quando tutto sembra buio, sia necessario accendere una piccola luce e cercare di vedere la strada per non cadere nel fosso.
Fosse anche la luce di una speranza, di una illusione.
Federcarni non si è mai nutrita di illusioni, ma ha sempre cercato di tenere accesa la luce della speranza, credendo nella capacità dell’uomo di trovare in sé la forza e l’intelligenza per rinascere e costruire il pro prio futuro.
Non a caso in Federcarni si parla spesso di futuro, non a caso i Responsabili di Federcarni hanno saputo, sempre, prendersi la responsabilità di cercare insieme la strada migliore da percorrere.
Alcune volte bene altre, poche, male.
Oggi la soluzione alla crisi energetica mondiale non può certo vederci protagonisti, nemmeno gli stessi Stati Europei sono in grado, in tempi brevi, di ritornare alla normalità di un mercato, sicuramente con colpa, lasciato in mano a pochi, in grado di creare speculazioni insostenibili per ogni paese o economia colpita.
Ma dobbiamo guardare avanti e aggiungere alla speranza il lavoro, per continuare ad essere quella pic cola luce per i macellai italiani.
iMEAT è l’occasione, è il momento in cui concentrare, tutti insieme, un’idea di continuità per i negozi delle migliaia di soci che sostengono, non solo economicamente, Federcarni.
Non è prevedibile il ritorno alla passata “normalità” e crediamo in una normalità migliore, ma dobbia mo correre per trovare, anche con nuove tecnologie, le risorse per continuare a essere presenti e vivi nel mercato che ci compete, non permettendo al consumatore di doversi rifugiare tra le braccia della distribuzione organizzata, nella produzione di quantità industrializzata, rinunciando alla qualità, anche professionale, a cui si è affezionata.
Il cibo è un elemento fondamentale per la vita, il cibo sano, di qualità, è necessario per la nostra salute.
Anche a difesa dell’etica e del rispetto dovuto agli animali.
Troveremo sinergie con altri artefici del vero “food made in Italy”, e vi chiedo di aiutarci a dare le risposte necessarie per continuare a sostenere i macellai italiani. Come? Partecipando in grande presenza, a mar zo, a iMEAT, la fiera dei macellai italiani.
La macelleria del futuro Riflessioni e idee per la macelleria
Straordinario
exploit per la Nazionale Italiana Macellai ai Mondiali di Macel leria di Sacramento che si sono svolti, all’ottava edizione, lo scorso mese di settembre.
La squadra italiana si conferma protagonista nello scenario del settore, nel medagliere seconda sol tanto alla Germania e prima di nazioni come Irlan da, Francia e Gran Bretagna, solitamente in vetta per cultura e tradizione culinaria legata alla carne.
La professionalità, l’impegno e la passione dimo strata dai nostri eroi hanno avuto la meglio e il team composto da:
• Orlando di Mario
• Alessia Camassa Andrea Laganga
• Anna Moretti
• Claudio Fidone
• Daniele Gargano Davide Cecconi
• Francesca Di Mario
• Francesco Camassa Gianni Giardina
• Mara Labella
• Marco Iuculano
• Martino Demita Roberto Passaretta
• Simone Di Ciano ha ottenuto un risultato di cui andare orgoglio si. Con loro, l’Italia ha ottenuto il riconoscimento come “Miglior preparato di agnello”, “Miglior pre parato di pollo” e “Miglior tecnica nel dissosso”, un premio, quest’ultimo, vinto da Gianni Giardina, macellaio siciliano di Canicattì. Medaglia di bron zo per Claudio Fidone, per la categoria Young Butcher.
In occasione di questo straordinario risultato ab biamo raccolto le dichiarazioni di Francesco Ca massa, Capitano della Nazionale e Senior Butcher.
Quale è stata la qualità che ha distinto la squa dra italiana durante il concorso? Ogni nazione ha le sue abitudini e le sue tecniche
di lavorazione, noi non siamo più forti in questo, semplicemente abbiamo il nostro stile. Quello che la giuria esigeva e che ha contraddistinto in maniera particolare il nostro operato è stata la pulizia del banco, la cura dell’igiene e l’ordine nell’esecuzione del lavoro. Nessun ammasso di carne, non più di 2 coltelli sul banco, soltanto i tagli in lavorazione, come indicato dalle regole e, soprattutto, massima igiene e pulizia eccelsa. Sia mo stati molto attenti e professionali, sia i senior sia i giovani. Doti che sono state riconosciute e premiate.
I giovani, appunto. Quanto conta la formazione dei giovani per il futuro del mestiere di macellaio? La formazione conta moltissimo. In Italia, purtrop po abbiamo un problema molto grave: non ab biamo enti formativi che consentano una forma zione adeguata per le giovani leve. Dovremmo ricordarci sempre che essi sono il nostro futuro ma siamo scarsi nel fornire loro la giusta istruzio ne professionale. In Francia, in Germania, in Bel gio, in tutti i Paesi del nord Europa, esistono scuo le con obbligo di frequenza a cui fa seguito un periodo di apprendistato di 3 anni. Con 5 anni di scuola e 3 anni di apprendistato un ragazzo non è semplicemente formato, è un macellaio a tutti gli effetti. Da noi, invece, il mestiere si tramanda di padre in figlio, quando va bene, ma non basta. Per quanto importante sia l’esperienza, oggi, occorre conoscere l’evoluzione delle tecniche; malgrado l’esperienza conti tantissimo, se vogliamo guar dare avanti dobbiamo innovarci costantemente. È vero che l’animale, quello è, le fasce muscolari sono sempre le stesse, però se analizziamo il fab bisogno contemporaneo ci accorgiamo che le modalità di consumo sono cambiate, le capacità culinarie delle persone sono diverse da quelle di 50 anni fa. Imparare nuovi modi di trattare l’ani
male e nuove modalità di proposta al cliente è fondamentale per intercettare i cambiamenti del mercato e affrontarli in maniera costruttiva. Così come evolve la società, come si perfezionano le tecniche, anche il nostro mestiere deve evolver si e perfezionarsi. Tutto ciò non può essere fatto senza un adeguato rinnovamento della categoria.
Chi è il macellaio del futuro? È un professionista formato e informato. Il macel laio del futuro non deve mai stancarsi di essere curioso. Deve essere lungimirante e professiona le. Quest’ultima dote è molto importante: oggi il cliente è consapevole, vuole sapere da dove pro viene l’animale che acquista, vuole sapere come è stato lavorato, di che razza è. Oggi il cliente bada molto alla sostenibilità: il macellaio deve saper rispondere con competenza e coscienza. Deve lavorare con trasparenza per comunicare il valo re del prodotto che fornisce. Quando un cliente entra nel nostro negozio non deve chiedere “due fettine di manzo” deve chiedere “due fettine di Chianina, di Piemontese, di Bruna…”. Il compito di educarlo è a nostro carico, per questo è impor tante che sia istruito il macellaio, affinché possa istruire il cliente. In questo modo offrirà un servi zio il più possibile completo.
Questa formazione e informazione comprende le tecniche di cottura. È basilare che il macellaio sappia informare il cliente anche sul metodo mi gliore di cucinare la carne perché le competenze casalinghe della maggior parte delle persone, oggi, non sono all’altezza e se non sono in grado di cuocere in maniera corretta anche un sempli ce burger, rovinandolo, diventerà una mancata vendita successiva. Il macellaio del futuro - anzi di oggi – deve capire il mercato ed essere abba stanza lungimirante da intercettarne le tendenze, le esigenze e le criticità.
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Il risparmio energetico nelle macellerie
Di Michele Minafra, Kostruzioni ZeraNel
2001 mi occupavo della manu tenzione dei frigoriferi commerciali di pizzerie, piccoli ristoranti, e delle macellerie di paese, là dove ancora erano presenti numerosi compres sori a cinghia che stavano lasciando spazio ai più moderni ed efficienti compressori ermetici e compressori semiermetici.
Con il passare degli anni ho messo a punto un teorema perfetto: ”Il miglior frigorista della macel leria è il macellaio stesso, che la vive ogni giorno!!”. Infatti, il macellaio, inteso quello della macelleria artigianale, vive e assimila ogni singolo rumore delle attrezzature che quotidianamente utilizza e, quando qualche suono non torna giusto alle sue orecchie, si allarma e inizia un processo di indagi ne personale finché chiama il tecnico di fiducia. È opinione comune che la manutenzione dei banchi frigoriferi e delle celle della carne, si deb ba fare in inverno e non in estate, quando gli impianti di refrigerazione lavorano al limite delle loro capacità.
ad alimentare l’evaporatore di refrigerante in un preciso modo, per tenere il surriscaldamento a un valore preciso e costante. Nelle macellerie questa valvola termostatica si trova in tutti i banchi fri goriferi e in tutte le celle della carne e, quando le celle hanno l’evaporatore statico, se la valvola termostatica è ben regolata e funziona bene, la carne si conserva in modo perfetto, avviene una limitata disidratazione, e i consumi elettrici sono molto bassi.
Il funzionamento omogeneo e preciso della val vola termostatica, nelle celle e nei banchi frigori feri, ha un tempo di vita che oscilla da 5 a massi mo 10 anni, perché al suo interno c’è un piattello di acciaio che con il tempo si consuma e perde la sua elasticità causando una errata regolazione dell’afflusso di refrigerante nell’evaporatore che, a sua volta, fa funzionare l’impianto frigorifero per un tempo molto più lungo del necessario, con imponenti consumi elettrici inutili.
tura, in modo autonomo, con un termostato portatile campione, e possono di tanto in tanto verificare che la temperatura di banchi e celle indicata dai termostati, sia giusta.
• Tutti i componenti delle macchine frigorifere delle macellerie devono essere mantenuti in ottimo stato e, con l’aiuto del frigorista, il ma cellaio può compilare una tabella precisa dei consumi elettrici dei banchi frigo e delle cel le: di ognuna di queste attrezzature esiste un consumo specifico in Watt per ogni Kg di carne conservata per l’unità di tempo, 1 ora, che va moltiplicato per 24 ore e via di seguito.
La mia opinione è che la manutenzione da svol gere nei periodi più freschi debba consistere semplicemente nello spolverare e pulire in modo efficace il condensatore dei frigoriferi (è quel ra diatore che espelle il calore verso l’esterno), in modo da farlo lavorare alla giusta temperatura per non fare affaticare il compressore che, in tutti gli impianti di refrigerazione e climatizzazione, è quello che fa salire il costo della bolletta, a mag gior ragione se lavora sotto sforzo: il consumo elettrico diventa esponenziale, il suo deperimen to anticipato.
Durante queste semplici ma preziose manuten zioni mi sono reso conto che molti condensatori (spesso agganciati alla motocondensante), era no e sono posizionati in posti poco ventilati, ad esempio sotto i banchi espositivi che limitano il normale lavoro del componente e fanno lievitare il consumo elettrico.
Il perfetto funzionamento degli impianti dipen de essenzialmente dalla valvola termostatica. Questa valvola è un componente di ottone che si trova agganciato all’inizio dell’evaporatore, si chiama anche organo di laminazione, e serve
Oggi i moderni banchi e celle frigo vengono equi paggiati con valvole termostatiche elettroniche, le quali però richiedono la regolazione da parte di tecnici molto qualificati e altamente professionali.
BUONE PRATICHE E ACCORGIMENTI UTILI
Non va dimenticato che la carica di refrigeran te deve essere sempre nella giusta quantità, altrimenti l’impianto frigorifero non trasporta il calore nel giusto modo, rimanendo in funzione per un tempo inutile e causando costi eccessivi.
• La temperatura di funzionamento dei banchi e delle celle è controllata, e verificabile, da un ter mostato con display che, a sua volta, prende il segnale elettrico da una o più sonde posiziona te in punti strategici delle macchine frigorifere.
• Anche le sonde di temperatura e i termostati devono funzionare in modo corretto. Spesso gli sbalzi elettrici della rete guastano i compo nenti interni dei dispositivi, alterando i valori di funzionamento.
• Affidarsi a tecnici specializzati è fondamentale: essi devono verificare il perfetto funzionamen to del termostato e delle sonde di tempera
• Nel caso di macchine frigorifere per la frollatura della carne e per la stagionatura di salumi arti gianali con esigenze molto particolari, si pos sono progettare e costruire impianti che cal colano in modo autonomo i consumi elettrici e, in caso di anomalie, si allarmano, dandone comunicazione agli smartphone dei macellai, oltre che ai server aziendali.
• Quella che 20 anni fa si chiamava tele assisten za, oggi si chiama industria 4.0: è un sistema di componenti elettronici (PLC) e di software che, se ben collegati e programmati tra loro, offrono il vero risparmio energetico e comfort lavorativo, oltre a una vita più semplice.
• Nella macelleria sono presenti molteplici at trezzature elettriche, i motori trifase ad esem pio oltre a consumare i Kw, la potenza attiva dell’energia elettrica, generano anche la po tenza reattiva, i Kwar. Quando questa potenza reattiva supera un certo quantitativo, il vendi tore elettrico commerciale fa pagare una spe cie di multa che si va a sommare alla spesa no minale della bolletta elettrica; a questo proposito i macellai pos sono consultare i loro elettricisti o altri tecnici specializzati per fare analizzare la bolletta elettri ca e, in caso di un alto valore dei Kwar, intervenire con il montag gio di un rifasatore, la cui spesa, in base alla potenza elettrica in stallata, si ripaga in circa un anno, oltre a migliorare la dissipazione termica dell’impianto elettrico e degli interruttori presenti nel quadro generale.
Un altro tipo di consumo ano malo è generato dalle numerose fonti di illuminazione a Led che negli ultimi anni ha sostituito le classiche lampadine a incande scenza per offrire un alto rispar mio energetico e una durata maggiore, ma stiamo parlando di lampade e faretti a led di al tissima qualità. Spesso la sosti tuzione non è fatta con prodotti di alta qualità, e comunque sia, le lampade a led hanno bisogno di specifiche accortezze durante l’installazione dell’impianto elet trico generale, come ad esempio l’installazione di interruttori bi polari; molto importante è anche l’efficienza della messa a terra che, oltre a garantire la sicurezza elettrica in caso di guasti, miglio ra moltissimo il funzionamento delle apparecchiature elettroni che e informatiche.
Anche gli impianti di climatizza zione devono essere oggetto di controllo periodico: le batterie di scambio termico e i filtri devono essere sempre puliti e in ottimo stato; attenzione alle vie di venti lazione, quali le porte di accesso e le finestre, che in estate fanno entrare parecchia aria calda che fa lievitare l’importo della bollet ta elettrica.
Un’azione concreta e utile può essere redigere una carta di iden tità tecnologica della propria macelleria, elencando tutte le
attrezzature elettriche con le rispettive poten ze e i consumi nominali, in modo da tracciare il consumo nominale che la macelleria deve avere e allarmarsi quando questo consumo esce dal parametro; anche questa è industria 4.0, senza schede elettroniche, ma con buon senso.
I costi di consulenza e di manodopera di un elettricista e frigorista seri e professionali oggi sono molto elevati ma, rapportati ai risparmi energetici e all’efficienza che tengono sotto controllo, si ripagano, lasciando un margine di guadagno molto valido e congruo, che altri menti sarebbe assorbito da consumi inutili.
Caro bolletta: come affrontare la crisi
Reduci da una pandemia che ha piegato la schiena ai cittadini e alle imprese, ci troviamo ad affrontare una situa zione resa ancor più difficile da venti di guerra e crisi energetica
Leprevisioni per l’autunno/inverno sono pessimistiche: sono attesi nuovi rincari energetici, mentre l’inflazione dei mesi scorsi continuerà a colpire i prezzi al consumo.
Tutto ciò sta mettendo in difficoltà le imprese ita liane, di ogni tipo ed estensione. Anche le macel lerie artigiane risentono degli aumenti dei costi dell’energia che impattano fortemente sulla ge stione degli impianti di refrigerazione, fondamen tali per la conservazione di una merce deperibile come le carni.
Per dare voce alla categoria, in difficoltà, abbiamo raccolto le testimonianze di alcuni colleghi ma cellai, da nord a sud. La loro opinione rispecchia il panorama generale e ci auguriamo possa servire da incoraggiamento o riflessione ad altri.
Da più parti, infatti, pos siamo ascoltare il grido di allarme lanciato da associazioni e singoli professionisti, a partire dal presidente di Feder carni Toscana Alberto Rossi che, sulla stampa nazionale denuncia: “Il caro bollette deve es sere risolto con un abbassamento dei costi altri menti i macellai italiani non potranno superare l’inverno senza danni. Almeno l’80% delle nostre spese riguardano l’energia per alimentare le celle frigorifero, i banchi refrigerati e tutte le strumen tazioni necessarie alla nostra attività. L’obiettivo principale è non incidere sulle famiglie, per que sto la nostra categoria è risoluta a non aumenta re i prezzi, però il governo deve darci degli aiuti per affrontare i rincari. Non dimentichiamo che le spese per il consumo di energia elettrica, per noi, riguardano non soltanto l’’illuminazione ma l’igiene e la sicurezza, la pulizia dei locali e degli impianti: costi che non si possono tagliare”.
Donato Turba, Antica Macelleria Turba di Melzo (MI) presidente di Confocommercio Melzo lancia un grido d’allarme: “La situazione è molto critica; gli aumenti degli ultimi tempi corrispondono al costo di due dipen denti alla volta e il no stro comparto rischia di saltare. I commercianti della zona hanno asso lutamente bisogno di aiuti concreti, prima di tutto della possibilità di rateizzare le bollette, poi di risorse a fondo perduto altrimenti molti po trebbero trovarsi nella condizione di dover chiu
dere. La prima esigenza è quella di evitare che le forniture vengano interrotte in caso di morosità: purtroppo questi rincari si aggiungono a due anni difficili che hanno segnato le nostre imprese, la maggior parte piccole e a gestione famigliare. A poco servono misure di contenimento del con sumo, come spegnere alcune vetrine, alcuni frigo, perché sono indispensabili per lo svolgimento della nostra attività. Se non dovessimo riuscire a far fronte alla situazione saremmo costretti ad au mentare notevolmente i prezzi del prodotto alla vendita, soluzione rischiosa che causerebbe ulte riori disagi, al consumatore e quindi a noi stessi”.
Un grido d’allarme che risuona pressoché con gli stessi toni scendendo lungo la penisola fino a Salerno dove Francesco Maiorano, macellaio di lunga tradizione e presidente di URMAC, as sociazione che riunisce molti artigiani macellai campani, afferma: “Da noi in Campania si risente moltissimo della situazione. Non è possibile che gli aumenti – bollette triplicate - ricadano su prodotti alimentari di prima necessità perché le famiglie non arrivano a fine mese. Purtroppo gli aumenti delle materie prime incidono sul mangime per alleva mento e il costo della carne è salito. Perso nalmente, per aiutare il consumatore, ho au mentato il prezzo del la carne del 15% per assorbire almeno in parte i rincari ma que sto significa che non si considera il lavoro: prati camente lavoro gratis. Una strategia che non tutti possono permettersi. Nei prossimi giorni, come URMAC, abbiamo in programma azioni dimostra tive presso la Regione – 1 ora di luci spente e lu mini accesi come protesta, per esempio, e cortei di sensibilizzazione - e speriamo che ci ascoltino o la situazione potrebbe precipitare”.
Situazione sotto controllo nella provincia lombar da, per adesso, conferma Nicoletta Zanchi, tito lare della Macelleria Zanchi di Roverbella (MN): “Per il momento non si risen te in maniera sensibile degli aumenti in generale, ma na turalmente abbiamo dovuto ritoccare leggermente i prez zi finali per sopperire ai rincari delle bollette energetiche, triplicate. Purtroppo anche i fornitori hanno aumentato i prezzi e se dovessimo coprire tutte le differenze dovremmo aumentare molto di più il
prezzo dei prodotti in negozio, specialmente del la gastronomia che già ha un costo elevato: non è possibile o il consumatore non comprerebbe più. Abbiamo sostituito il contratto energetico con uno più vantaggioso e stiamo valutando con un tecnico l’opportunità e la possibilità di installare un impianto fotovoltaico: vedremo cosa si potrà fare. Per il momento si resiste, i prossimi mesi sa ranno cruciali”.
Chi può, ricorre a fonti di energia alternativa. Alberto Cucchi, a Ca strezzato (BS) afferma di essere soddisfatto delle scelte fatte negli ultimi anni: “Mio padre è stato sempre molto attento alla gestione delle spese di attività e quando, nel 1994, abbiamo ristruttu rato il negozio ha studia to con l’idraulico di allora un impianto avveniri stico, che all’epoca facevano in pochi: in pratica, recuperiamo il calore dei motori della centralina che controlla 10 celle e 14 metri di banco e que sto calore lo utilizziamo per riscaldare l’acqua: nei mesi estivi le caldaie sono spente perché abbia mo un boiler che recupera l’acqua calda. È già un grande risparmio. Inoltre, due anni fa, abbia mo installato 35 kw di pannelli solari e per il mo mento non risentiamo degli aumenti energetici. Quando li abbiamo montati abbiamo fatto un investimento notevole perché non c’erano incen tivi però adesso ci troviamo nella situazione di pa gare le stesse cifre di prima dei rincari ed è già un notevole vantaggio che ci ripaga dello sforzo. In ogni caso sarà un inverno difficile per tutti, i cor rieri refrigerati per esempio si troveranno in gravi difficoltà con una ricaduta sulla filiera”.
Secondo i dati provvisori diffusi da ISTAT relativi al mese di agosto 2022, sono l’e nergia elettrica e il gas mercato libero che producono l’accelerazione dei prez zi dei beni energetici non regolamentati e che, insieme con gli alimentari lavorati e i beni durevoli, spingono l’inflazione a un livello (+8,4%) che non si registrava da dicembre 1985 (quando fu pari a +8,8%).
Accelerano, così, l’inflazione al netto degli energetici e degli alimentari freschi (+4,4%; non era così da maggio 1996 quando fu +4,7%), al netto dei soli beni energetici (+4,9%; non era così da aprile 1996) e la crescita dei prezzi del cosid detto “carrello della spesa” (+9,7%; un aumento che non si osservava da giu gno 1984).
SACRED COW perché la carne allevata bene, fa bene a te e al pianeta
nista, e da Robb Wolf, ricercatore biochimico, offre spunti di grande interesse, suscita curiosità e solleva questioni di cui tutti noi dovremmo interessarci.
Troppo facile imputare ogni colpa alla carne. Secondo gli autori, col
Si parla tanto di sostenibilità, di cambiamenti climatici e ali mentazione sana. Temi importanti che coinvolgono tutti e chiedono attenzione. Questo libro ci invita a interrogarci, ad analizzare i diversi aspetti di una questione scottante sulla quale le opinioni sono spes so molto divergenti: l’allevamento di animali da carne è responsabile della crisi ambientale che stiamo vivendo? E ancora, la carne fa male? Sono soltanto alcuni esempi dei mille interrogativi che il libro solleva e ai quali gli autori cercano di dare risposta. Questo libro, scritto a quat tro mani da Diana Rogers, nutrizio
Chiedetelo a...
Risponde Silvia Ortolani, Direttore Commerciale EsseoquattroPer fare veramente la differenza qualche vol ta c’è bisogno d’intraprendere delle scelte importanti, al costo di mettere in discussio ne le nostre convinzioni e magari cambiare del le abitudini radicate nel tempo e nella tradizione.
Il confezionamento più utilizzato dai macellai sono le carte tradizionali, con cui avvolgere i vari tagli di carne ed è per questo motivo che propor re il sacchetto come metodo di confezionamen to alternativo è stata la nostra “piccola, grande” rivoluzione nel settore
Oggi come oggi la nostra linea salvafreschezza Ideabrill per la macelleria comprende sacchetti con grammature, caratteristiche tecniche e per
formance diverse, per rispondere alle differenti esigenze delle carni da confezionare: dai piccoli tagli a quelli più pesanti e con osso, agli insacca ti, ai pronti a cuocere
E mi soffermerei proprio sui prepa rati di carne, per l’importanza che oggi rivestono.
I pronti a cuocere sono la risposta a un bisogno importante del con sumatore di oggi, ovvero la richie sta di alimenti sani, a base di ingre dienti genuini e che semplifichino la quotidianità
I preparati di carne richiedono solo il tempo di cottura e consentono di variare il menu di casa con il minimo sforzo
Insomma, sono l’ideale per l’assoluta mancanza di tempo da dedicare alla cucina che caratterizza la vita di gran parte delle famiglie italiane.
È vero che tutte le macellerie sono in grado di proporre questa tipologia di prodotti, anche con ricette sempre più fantasiose. Quindi, cosa può realmente fare la differenza? Ovviamente il modo in cui queste preparazioni vengono proposte al cliente, con particolare riferimento al come ven gono confezionate
Lo Scoprigusto Ideabrill è il sacchetto della linea salvafreschezza che, grazie alla speciale formula brevettata, conserva la carne più a lungo degli
imballi tradizionali: una garanzia di sicurezza, oltre che la possibilità di ridurre gli sprechi.
I test eseguiti dall’Università di Camerino, han no infatti dimostrato che questo packaging influisce positivamen te su tutti i marker analizzati (am mine biogene, esanale, pH, acidi grassi volatili), contribuendo ad au mentare la shelf life dell’alimento.
Il fatto che sia termosaldabile (in meno di un secondo) e quindi iso li completamente la carne dagli agenti esterni è un’ulteriore garanzia di igiene: una caratteristica determinante per il consuma tore molto attento alla salute sua e dei suoi cari.
La principale caratteristica di questo sacchetto, poi, è la banda trasparente, centrale o laterale, che mette in evidenza il preparato di carne ed è disponibile sia in versione liscia, che microforata, ideale per i preparati di carne lavorati.
Quando esposto nel banco frigo lo Scoprigusto Ideabrill aumenta la qualità percepita del pro dotto e quindi incrementa le vendite, rispetto a quelli confezionati nelle vaschette.
E poi questo sacchetto ha una marcia in più: può essere riutilizzato per la conservazione degli ali menti in frigorifero e in freezer e, alla fine del suo ciclo di vita, lo si ricicla direttamente nella carta
“I nostri clienti non solo sono esigenti, ma anche sempre più attenti a come e quanto spendono. Per questo è necessario differenziarsi il più possibile dalla concorrenza. Su cosa è possibile puntare per raggiungere questo obiettivo?”
Francesco Camassa, Macelleria Camassa, Grottaglie (TA)
Come si taglia il salame?
Pane
e salame è una delle più classiche merende, forse un po’ in disuso tra i bambini in favore di snack dolci o sa lati come merendine e patatine che non sono di certo più salutari. Tuttavia un panino col salame è pur sempre una merenda appetitosa, completa ed economica: in fondo non hanno mai fatto male tre fette di salame!
Quando viene portato in tavola, magari con altri tipi di affettati, rappresenta un classico antipasto italiano che può aprire sia i pasti importanti che i momenti di convivialità tra amici.
Sul mercato oggi troviamo salame già affettato in busta, che di fatto è sicuramente un buon tipo di servizio per chi vuole consumare questo salume in modo pratico, ma un buongustaio non si farà mai mancare un salame intero in budello naturale da tagliare al momento per ogni occasione, che sia un cacciatorino, una salsiccia secca, un salame di medio calibro come il felino o un abruzzese op pure di grosso calibro come il tipo alla milanese o l’ungherese.
Il fatto è che di salami in Italia ne abbiamo talmen te tanti su base regionale se non addirittura in aree specifiche da cui prendono il nome, che se si vuole citarli tutti non basta un’enciclopedia. Ma tutte le specialità, sia di produzione artigianale che indu striale, sono fatte al meglio della nostra tradizione. Senza dimenticare che molti prodotti si fregiano di appartenere al circuito dei prodotti garantiti DOP e IGP e quelli che ne sono esclusi sono comunque inseriti nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradi zioni del Ministero delle Politiche Agricole, Agroa limentari e Forestali. Anche se cambiano le ricette e i tipi di impasto, tutti o la maggior parte di essi sono preparati alla stessa maniera, insaccati in bu dello (meglio se naturale) che contiene e protegge l’impasto.
Ma come si taglia un salame? C’è un modo cor retto per presentare le fette in modo perfetto?
Non c’è bisogno di una scuola particolare ma in base al tipo di salame, da intendere anche in fun zione del suo calibro e di come lo vogliamo pre sentare (perché c’è anche chi la fetta la vuole pelare da sé, ma anche chi la considera solo una compli cazione), possiamo fare in diversi modi.
Innanzitutto abbiamo il problema del budello e delle muffe che vi crescono e si sviluppano sulla sua superficie in base al periodo di stagionatura.
Sebbene le muffe per quanto nobili non sono no cive (salvo alcune alteranti che eviteremo di far cre scere), possono sempre dare un sapore particolare che può alterare il gusto del salame se frammenti di queste finiscono dalla lama all’impasto mentre si effettua il taglio.
Ci sono due principi di base per preparare il salame
al taglio, se vogliamo lasciare la pelle sulle fette ta gliate o vogliamo presentarle già senza il budello.
In ogni caso, dapprincipio le corde vanno tolte e il salame pulito grossolanamente dalle muffe con un canovaccio o una spazzola morbida.
Nel primo caso si può ripulire il budello dalle muffe residue, mettendo il salame sotto l’acqua corren te, quindi lo si asciuga con della carta assorbente: a questo punto si possono tagliare le fette fino al punto che vogliamo, lasciando la pelle sulle fette tagliate. Il restante pezzo di salame avrà ancora il suo budello che lo continuerà a proteggere.
Nel secondo caso provvederemo ad asportare il budello, fino alla parte che ci interessa tagliare, la sciando la muffa all’esterno mentre lo togliamo. Per farlo basta incidere il salame in un punto per la sua circonferenza e longitudinalmente da qui fino alla punta, poi prendere un angolo e sbucciarlo come fosse una banana: in questo modo la muffa non entra a contatto con il salame ma rimane all’ester no e possiamo ottenere fette senza pelle.
fine o l’Ungherese a grana finissima, è più oppor tuno usare l’affettatrice per una questione di pra tica. Si deve però avere l’accortezza di raffreddare un poco il salame per indurirlo prima di procedere al taglio. Dopo avere tagliato una fetta è bene at tendere qualche secondo che la lama si raffreddi, prima di ripassare nuovamente per non alterare il gusto scaldando la parte grassa.
Il taglio del salame deve essere dritto o obliquo?
Non cambia nulla dal punto di vista del gusto, ma spesso la bontà della fetta dipende anche dal modo in cui viene tagliata.
Il tipo di taglio dipende ancora una volta dal calibro dei salami.
Il taglio perfetto per un salame che non supera il calibro 60 mm (all’incirca di peso compreso tra i 600 g e 1-1,2 kg) è quello obliquo a becco di clarino (o a becco d’oca) con un angolo di 45°. Questo tipo di taglio è perfetto per un salame come un Felino in budello gentile o un salame di Varzi: si ottengo no infatti delle fette ellittiche più estese, rispetto a quelle rotonde che avrebbero la dimensione del calibro del budello.
Il taglio dritto è per i salami più grandi: un salame a grana grossa di grosso calibro e di impasto più morbido, come un tipo Cremona, andrebbe taglia to dritto a coltello e con uno spessore adeguato.
Va da sé che un salame di piccola pezzatura come un tipo cacciatore o una salsiccia secca di piccolo diametro è più facile tagliarli dritti, anche in modo un po’ meno uniforme (del resto non è nemmeno facile la presa di un salame di piccolo calibro, per tagliarlo a becco di clarino).
Come affettare il salame?
Per i puristi è fatto a mano, con un coltello in ac ciaio, sottile e lungo, ben affilato e a lama diritta (cioè senza denti), su un tagliere di legno, per otte nere fette non troppo sottili e regolari (si dice che lo spessore ideale sia la dimensione della grana di pepe).
Il taglio a mano lo si può fare per tutti i salami salvo alcuni di grosso calibro che per loro caratteristiche devono essere affettati in fette sottilissime: in effetti per un salame ben stagionato da 3 kg e oltre, di diametro 80-100 mm o più, tipo il Milano a grana
Lo scopo del taglio, in un certo senso estetico, è quello di far vedere a chi consuma la struttura dell’impasto, il colore, la grana. E anche quella di far apprezzare maggiormente il profumo in base alla stagionatura e alla consistenza.
Un’ultima annotazione per la conservazione del sa lame: quello intero non va mai tenuto in frigorifero.
L’ideale è conservarlo in cantina o comunque in un luogo fresco e umido, al riparo dalla luce diretta e con una temperatura compresa tra 12 e 14 gradi. Il salame parzialmente affettato può essere messo in frigorifero, avendo cura di avvolgerlo in un panno pulito.
Giuseppe L. Pastori - Tecnologo Alimentare
“Ci
voleva una ri strutturazione che valorizzas se la qualità del nostro prodot to; il negozio ora non è soltanto molto accogliente e di grande im patto visivo, è funzionale e pratico, perfettamente attrezzato per le nostre esigenze”. Elisabetta Malfat to gestisce lo spaccio dell’azienda di famiglia ed è soddisfatta del rin novamento che ha trasformato gli spazi in un locale all’altezza delle aspettative, grazie alla professiona lità di Coldar Frigoriferi che ha prov veduto a progettare e realizzare i lavori.
La famiglia Malfatto, dagli anni ot tanta è titolare del Centro Carni di Ponte di Barbarano in provincia di Vicenza. Un’attività che copre l’intera filiera delle carni a partire dall’allevamento fondato da papà Gianfranco che oggi vigila con occhio esperto sul lavoro dei figli Marco ed Elisabetta, con la sempre assidua collaborazione della moglie Roberta.
Tutto parte da lì, la stalla, dove si allevano bovini di razza Limousine, alcuni incroci Aubrac, Angus e Irlan desi, più razze avicole di varie tipo logie come faraone, capponi e polli. L’allevamento è il fiore all’occhiello dell’attività che si fonda sul metodo artigianale e sulla produzione inter na di ogni alimento proposto alla clientela. Lo stesso principio per cui ogni specialità esposta in negozio proviene da aziende locali. Oggi alla direzione dell’allevamento troviamo Marco che gestisce la filie
Filiera di famiglia, qualità assicurata
ra viva fino alla macellazione che avviene direttamente in azienda. I capi macellati, trasportati presso il laboratorio interno dello spaccio, vengono poi sezionati, lavorati e preparati per la vendita.
“Il grande valore della nostra attivi tà – spiega Elisabetta – è una filiera veramente a km 0: il termine non è teorico, perché noi alleviamo per la vendita esclusiva nel nostro spaccio e, dunque, possiamo affermare di vendere prodotti a km 0”.
Alla lavorazione delle carni bovine, Gianfranco ha sempre affiancato anche la produzione di salumi e in saccati tipici veneti, vere specialità del territorio, sia freschi sia stagio nati: soppressata, pancetta, coppa, cotechini. Inoltre, da alcuni anni la gastronomia riveste un ruolo molto importante. Infatti, nella cucina an
Dal 1980 la Macelleria Malfatto garantisce l’intera filiera delle carni vendute nel suo negozio, completamente rinnovato da Coldar: uno spazio funzionale e di grande impatto
nessa allo spaccio si realizzano piat ti pronti di ogni genere, non solo arrosti, polli allo spiedo e ricette a base carne ma tutti quei piatti che, porzionati e riscaldati, costituiscono
un ottimo pasto pronto per chi non ha tempo di cucinare o semplice mente non ne ha le capacità.
Un tale assortimento di prodotti, così vasto e diverso, aveva bisogno di un’esposizione all’altezza del compito. Lo spazio non mancava perché il negozio si estende su una superficie di circa 200 mq con un affaccio ampio e accogliente.
“I banchi erano vecchi – racconta Elisabetta Malfatto – era necessaria comunque una sostituzione. Ma, soprattutto, volevamo un ambiente che facesse risaltare la merce come merita, accogliesse la quantità per ché la gamma di prodotti che pos siamo offrire è notevole e metterla in mostra adeguatamente è impor tante. La nostra clientela, locale e da fuori, è fedele anche per questo: sa di trovare prodotti selezionati con grande cura e una scelta ampia e diversificata”.
Coldar Frigoriferi ha eseguito un progetto sartoriale di alto livello: dove prima c’era un banco a ferro di cavallo, con scarsa visibilità, che in alcuni punti non metteva in risalto la merce esposta, ora c’è un unico banco lineare lungo 18 m con ve trate luminose e uno stile pulito e moderno.
Il banco Coldar Stargate Lift con tecnologia refrigerante My Meat System è progettato appositamen te per valorizzare i prodotti esposti. I vetri extralucenti ed il nuovo ricer cato design con vetri dritti inclinati,
consentono di massimizzare la vi sibilità del piano espositivo oltre a quella del piano di lavoro. Il banco, suddiviso in aree distinte in base alla tipologia di merce, ben valorizza ogni singolo prodotto. La tecnologia applicata al banco, inol tre, consente e garantisce efficienza energetica e conservazione otti male dei prodotti anche durante la notte: speciali pannelli di chiusura custodiscono i diversi prodotti co stituendo un microclima ideale di temperatura e umidità. Lo straor dinario impatto visivo d’insieme è amplificato dall’armadio My Meat Beef Aged che troneggia alle spalle del banco e rivela il suo contenuto eccezionale: 2 metri di murale sud
diviso in 5 ripiani con fiorentine, co state, tomahawk in frollatura. Mar co Malfatto cura personalmente questo aspetto della produzione e teneva a esporre le sue carni in ma turazione in maniera scenografica, oltre che naturalmente a conservar le in una vetrina tecnologicamente adeguata.
Conclude Elisabetta: “Ora la fun zionalità dell’ambiente è perfetta, gli spazi sono gestiti nel modo migliore e la funzionalità delle ap parecchiature favorisce il lavoro e migliora l’immagine della macelle ria. I clienti entrano più volentieri, e restano colpiti dalla bellezza dell’e sposizione. Siamo tutti molto sod disfatti”.
Viaggio tra le macellerie delle province italiane
di Marina Caccialanza © Foto: matteozanardiLaMacelleria Cucchi 1984 di Castrezzato (BS) è un esempio illuminante di come l’evoluzione della società possa essere lo stimolo naturale per adeguare un’at tività artigianale nel corso degli anni, costruire concretamente il futuro e valorizzare il proprio lavoro con risultati soddisfacenti. “Il segreto – afferma Alberto Cucchi, ultima gene razione della famiglia Cucchi, oggi in sella – è la curiosità. Senza una visione stimolata dalla voglia di conoscenza e di approfondimento non si va da nessuna parte. E noi, abbiamo dimostrato che la
È importante intercettare e interpretare i cambiamenti che si verificano nella società, nelle abitudini della gente e nel mercato
curiosità è costruttiva”.
La storia della Macelleria Cucchi comincia da lon tano, infatti, quando, negli anni cinquanta, i nonni di Alberto rilevano una trattoria che si trasforma ben presto in bottega di alimentari, poi in salu meria finché, negli anni ottanta, con l’inserimento della gastronomia, si completa il ciclo evolutivo e l’attività conquista una sua identità precisa.
La svolta arriva quando Alberto entra stabilmente in negozio, siamo già negli anni duemila, e decide di inserire il banco di macelleria fresca al taglio.
“La decisione è nata dall’osservazione del mer cato – spiega Alberto – delle sue tendenze e prospettive. Credo sia importante intercettare e interpretare i cambiamenti che si verificano nella
L’evoluzione propositiva di una bottega di provincia
Una storia di famiglia, una bottega di alimentari che diventa gastronomia prima, salumeria poi e, infine, macelleria, sempre seguendo una filosofia ben precisa: valorizzare l’artigianalità e la qualità del prodotto senza dimen ticare l’evoluzione del mercato e con uno sguardo al futuro
società, nelle abitudini della gente e nel merca to. Negli anni ottanta/novanta, in pieno boom di benessere, le persone non si chiedevano da dove arrivava il cibo che acquistavano e come veniva prodotto; noi avevamo già coscienza dell’identità
Lo studio su testi anglosassoni mi ha offerto una visione molto più ampia e mi ha permesso di conoscere tagli e lavorazioni poco consuete
del prodotto locale, cercavamo di comunicarne, malgrado la fatica e l’onere, il valore concreto e concettuale. Questo ha determinato le nostre scelte e appena ci siamo resi conto che la nostra clientela era pronta per accogliere il nuovo in dirizzo, quasi ce lo chiedeva, abbiamo ampliato l’attività. È stata una conseguenza naturale dell’o rientamento suggerito dai miei genitori, Luigi e Siriana, che hanno sempre puntato sulla qualità del servizio e sull’ascolto del cliente”.
Un periodo di studio e apprendistato e Alberto assimila, girando per le macellerie della provincia italiana, i segreti del mestiere: “Mio padre ha sem pre cercato di fare le cose per bene, e mi ha inse gnato che senza una preparazione adeguata non si può svolgere un compito nella maniera giusta. Per questo mi sono dedicato, per un paio d’anni, a imparare il mestiere. Ho avuto subito una visione moderna della macelleria e ho cercato di affianca re varietà di tagli e origine del prodotto, carni da allevamenti biologici e sostenibili con un approc cio innovativo alla materia prima. È stato difficile, sia trovare le collaborazioni giuste, sia mettere in
moto un meccanismo che rispondesse all’idea che avevo in mente”.
Una delle difficoltà incontrate da Alberto durante il suo periodo di “istruzione” al mestiere è stato la mancanza di accesso a una formazione pratica al di fuori dell’apprendistato in bottega, percorso classico.
“Mi piaceva l’idea di leggere dei testi – spiega Alberto – studiare sui libri la teoria del lavoro di macellaio, allo scopo di approfondire anche a li
Viaggio tra le macellerie delle province italiane
Non rinnego la tradizione italiana, però l’apertura a esperienze alternative ha completato l’immagine e ha incrementato il lavoro, arricchendolo di sostanza e significato
vello culturale la materia. Purtroppo, in Italia, non esistevano testi adeguati e ho dovuto ripiegare su pubblicazioni anglosassoni. Questa è stata, pro babilmente, una fortuna, ripensandoci. Perché mi ha offerto una visione molto più ampia e mi ha permesso di conoscere tagli e lavorazioni poco consuete che in seguito ho inserito nell’assorti mento del mio negozio”.
Una serie di fattori avvicina Alberto Cucchi a un ideale contemporaneo di macelleria, per esem pio, l’approccio ai social: “Adesso sono la norma lità, ma fino a qualche anno fa rappresentavano un’opportunità in via di sviluppo. Ben presto mi resi conto che attraverso l’uso di un semplice smartphone o di un pc potevo viaggiare in tutto il mondo, conoscere e lasciarmi contaminare da culture lontane, e questo ha aperto la mia mente, mi ha dato la possibilità di portare nel mio nego zio esperienze nuove. Il boom dei social è anche questo. Inoltre, un amico appassionato dei con corsi di bbq nel mondo mi ha instradato anche verso questa pratica. Tutto ha contribuito a co struire e mettere in atto uno stile nuovo, diverso dal convenzionale, molto stimolante per me e per la mia clientela. È evidente che non rinnego la tradizione italiana, resta lo zoccolo duro della mia attività, però l’apertura a esperienze alternative ha completato l’immagine e ha incrementato il lavo ro, arricchendolo di sostanza e significato”. E i clienti della Macelleria Cucchi apprezzano; se
prima le loro scelte erano indirizzate verso la clas sica tagliata, oggi cercano flat iron steak, spider steak, beef ribs, hasado… Sempre, però, carni nazionali e locali. Su questo Alberto Cucchi ha le idee molto chiare: “I nostri fornitori sono allevamenti della zona, in parti
colare l’Azienda Agricola Campagna con le sue Scottone e Limousine. La Arthur’s Mountain Meat sudtirolese, che alleva animali di razze autoctone allo stato semi-brado. Siamo sempre alla ricerca di nuovi collaboratori che rispondano al nostro ideale di qualità, salubrità, approccio etico e so stenibile. Perché è importante guardare avanti e dobbiamo pensare anche al futuro, il nostro e quello del pianeta”.
Una razza pregiata orientale tra i monti del nord Italia
Cosa hanno in comune un maso dell’Alto Adige e il Giappone? L’intraprendenza e lungimiranza di un giovane alleva tore che ha saputo cogliere un’opportunità: allevare in Italia i manzi della pregiata razza Wagyu di Marina Caccialanza
Trale montagne e le valli dell’Alto Adi ge l’agricoltura e l’allevamento fanno parte della storia del territorio e com pongono, da sempre, quel substrato sociale ed economico che costituisce la ricchezza della regione. La popolazione del luogo vanta una lunga tradizione contadina e una dedizione alla terra radicata e perfezionata, tramandata da generazioni.
Lo sa bene Stefan Rottensteiner, nato e cresciuto nel maso Oberweidacherhof di famiglia, nel co mune diffuso di Renon (BZ), terra fertile baciata dal sole, ideale per la coltivazione di mele e viti, terreno verde vocato all’allevamento bovino.
“Vengo da una famiglia di allevatori – racconta Stefan - io sono la terza generazione ma, anche prima, l’allevamento dei bovini, soprattutto Friso ne, era alla base dell’attività, centrata sulle vacche da latte. Nel 2011, dopo gli studi professionali in agricoltura e un periodo di esperienza presso una ditta del settore, sono tornato a Renon per occuparmi a tempo pieno del maso di famiglia e mi sono trovato davanti a una scelta di vita: conti nuare come sempre, allevando vacche da latte e continuare con un’attività sana e consolidata ma poco redditizia e molto faticosa, oppure tenta re qualcosa di rivoluzionario, che potesse offrire
nuovi sbocchi. Ho osservato, ragionato, studiato il mercato e ho deciso di seguire il mio istinto, af frontare la sfida del cambiamento”.
L’allevamento delle vacche da latte, infatti, ben radicato nella cultura e nelle abitudini del luogo e delle sue genti, si rivela, secondo Stefan Rotten steiner, un’attività basata su tanto lavoro ma poco
guadagno e, inoltre, non risponde ai suoi ideali: “Se vuoi che un allevamento per la produzione di latte renda, devi impostarlo su metodi inten sivi – afferma Stefan – e almeno 10.000 litri di
Volevo dedicarmi a un tipo di allevamento naturale, dove gli animali stanno bene, vivono in tranquillità, senza stress e nel rispetto delle loro esigenze fisiologiche
Varie tipologie di carne, dall’allevamento al negozio
Il wagyu altoatesino, risponde al gusto occidentale, sa di carne, al palato è scioglievole ma non burroso, si offre alla masticazione
teristiche, ho studiato l’ambiente e le possibilità – spiega Stefan – soprattutto, ho constatato che nessuno in Italia allevava questa razza, ancora oggi siamo in pochi, mentre abbondavano al levamenti di altre razze interessanti come, per esempio, l’Angus. Il wagyu, razza pregiata da cui derivano carni di grande valore nutrizionale e or ganolettico, non aveva altro concorrente che l’o riginale giapponese. Ho riflettuto sul fatto che da noi, in Alto Adige, sopravvive una tradizione cu linaria e gastronomica importante, ci sono molti ristoranti di alto livello e ho deciso: avrei allevato manzi wagyu”.
È dunque, quella di Stefan Rottensteiner, una scelta coraggiosa ma non azzardata; è frutto di studio consapevole, ricerca approfondita e, certa mente, di intraprendenza e lungimiranza perché il mondo cambia, i gusti si evolvono, è giusto in tercettare mutamenti e tendenze.
Oggi nel maso si allevano oltre 200 capi di be stiame di razza wagyu che Rottensteiner vende a macellerie e ristoranti, a grossisti e intenditori privati, anche nella vicina Austria e in Svezia: un’apertura al mercato europeo che suggerisce evoluzione dell’attività, tanto che recentemente ha acquistato un altro appezzamento nei pressi del Monte Baldo, nella zona del lago di Garda, allo scopo di incrementare l’allevamento.
Ma quali sono le differenze tra la carne dei bovini wagyu allevati in Alto Adige e l’originale wagyu giapponese, molto particolare e dalle caratteristi che ben definite e uniche?
Stefan lo spiega chiaramente: “La differenza so stanziale sta del metodo di allevamento; il meto
latte l’anno sono indispensabili, per ottenere un guadagno che ripaghi delle fatiche necessarie, altrimenti non è economicamente sostenibile. Questo significa che il benessere dell’animale ne risente, perché devi impostare l’attività con rit mi forzati affinché l’animale produca il maggior quantitativo di latte possibile. Non era questo che volevo. Preferivo dedicarmi a un tipo di al levamento più naturale, dove gli animali stanno bene, vivono in tranquillità, senza stress e nel ri spetto delle loro esigenze fisiologiche. Volevo an che sviluppare l’attività di famiglia affinché fosse maggiormente redditizia”.
Stefan riflette, studia la situazione, si informa sulle alternative in grado di valorizzare quel patrimonio storico che il maso Oberweidacherhof così bene rappresenta ma non è più in grado, secondo lui, di esprimere al meglio.
“Ho letto del wagyu e ho studiato le sue carat
dei
macellai.
Crescono alimentati con mangimi esclusivamente vegetali, senza proteine, né grassi di origine animale sull’altopiano di Asiago e appartengono alla tradizione dei nostri luoghi.
Una scelta buona ed originale per diventare un punto di riferimento sul mercato.
SALUMI DI WAGYU, SPECIALITÀ NOSTRANA
Salame, bresaola leggermente affumicata e wurstel. Mas simo Corrà, della macelleria Dal Massimo Goloso di Core do (TN) collabora con Stefan Rottensteiner e trasforma per lui le carni di wagyu in salumi prelibati.
“Queste carni si lavorano esattamente come le carni di ogni altra razza – spiega Corrà – con sale e pepe di base e spezie a piacere secondo le abitudini. L’unica differenza è la versatilità che offrono: il contenuto elevato di gras si consente di variare la stagionatura a piacere; infatti, è possibile consumare i salumi dopo una breve stagionatura, appena hanno perso l’umidità contenuta, oppure lasciarli a maturare più tempo, perché il grasso contenuto non li fa seccare e si mantengono morbidi a lungo”.
do di allevamento definisce le caratteristiche orga nolettiche della carne. In Giappone l’allevamento dei bovini di razza wagyu è fortemente intensivo: gli animali vivono in stalle predisposte, accoglienti secondo gli standard ma molto definite; vengono alimentati con fieno e mangime appositamente calibrati per una dieta finalizzata all’ingrasso, per generare la caratteristica marezzatura. I miei ani mali vivono diversi mesi dell’anno allo stato brado e in inverno in stalle dove possono godere degli spazi necessari; sono alimentati naturalmente, in estate al pascolo e d’inverno con il fieno pro dotto dai nostri campi. Non assumono antibioti ci, nessun integratore, solo cereali di alta qualità, vinaccia, lievito di birra artigianale e semi di lino. È da qui che deriva la marezzatura delle carni dei miei wa gyu, che non ha nulla da invidiare a quella giapponese ma si presenta con caratteristiche differenti. La ge netica dell’animale è alla base, natu ralmente, ed è provato che la carne di wagyu contiene il 30% in più di grassi non saturi rispetto alle altre. L’Università di Bolzano sta condu cendo degli studi per quantificare la concentrazione di grassi dei bovini che portano il nostro marchio”. Anche le proprietà della carne fina lizzate all’utilizzo in cucina hanno un ruolo importante.
Il wagyu giapponese risponde adeguatamente allo stile di cucina orientale fatto di piccoli assaggi, porzioni contenute; quello altoate sino, risponde al gusto occidentale. Infatti, se assaggiamo il giapponese abbiamo una sensazione burrosa, molto intensa, che va bene nella cucina giapponese fatta di piccoli bocconi, di degustazioni raffinate che esigono un palato allenato; la nostra cucina è differente, il palato occidentale è abituato a bistecche di 300 g, piatti più generosi. Il wa gyu “italiano” del maso Oberweida cherhof rappresenta il giusto com promesso: all’assaggio sa di carne, al palato è scioglievole ma non burro so, si offre alla masticazione. Ne puoi mangiare una porzione generosa senza stancarti.
Tutte queste particolarità hanno in fluito in maniera determinante sulle decisioni di Stefan Rottensteiner e hanno definito il suo metodo di al levamento, etico, economicamente sostenibile, innovativo e orientato verso uno stile contemporaneo che tiene conto del benessere animale, della redditività, dei gusti del consu matore e, perché no, dell’apertura mentale necessaria in un mondo non più delimitato da confini, ma teriali e intellettuali, ma che asse conda quella contaminazione che arricchisce e completa i popoli.
Geneticamente grasso, accuratamente selezionato Fino
ad oltre la metà del 1800, il consumo di carne era vietato in Giappone per motivi di carattere religioso e sociale; era proibito cibarsi di animali a quattro zampe che venivano utilizzati per arare il terreno di campi di riso e altre coltivazioni.
Dal 1871 con l’apertura dei porti commerciali agli stranieri, le abitudi ni iniziarono a cambiare e molto len tamente iniziò il consumo di carne bovina. Fu l’occasione anche per fare molti incroci con diverse specie eu ropee come la Devon a corno corto originaria dell’Inghilterra e la Brown Swiss svizzera; la qualità della carne però peggiorò, così dal 1910 questa pratica fu vietata e la fecondazione venne rigidamente controllata, i bovini che nel registro delle vacche risultavano avere anche sangue di altre razze furono esclusi.
Le caratteristiche delle razze sono state costantemente migliorate nel corso degli anni. Come per i puro sangue, ogni bovino Wagyu ha un suo pedigree che viene registrato e può essere tracciato grazie a un co dice a dieci cifre.
Ogni zona specializzata nell’alleva mento dà il proprio nome agli ani mali e alla carne che produce: tra i più famosi in Giappone troviamo la wagyu di Miyazaki (Ozaki), Hida, Ma tsusaka, Kobe e Ōmi.
La carne Ozaki, di manzi Kuroge al levati dal Sig. Muhenaru Ozaki nel la prefettura di Miyazaki, è l’unica
I SEGRETI DI MR OZAKIcarne wagyu a prendere il nome dall’allevatore e non dalla zona di allevamento.
Esistono due principali tipologie di allevatori in Giappone: coloro che allevano vacche da riproduzione, le fanno partorire e crescono i vitellini fino a 8-10 mesi per poi portarli al mercato del bestiame; e coloro che invece acquistano i vitelli all’asta al mercato e li allevano ingrassando li fino a quando sono pronti per la macellazione, mediamente intorno ai 750-760 kg. Pochi, pochissimi, fan no entrambe le cose poiché tutto il processo è molto costoso e dura circa tre anni.
WAGYU OZAKI BEEF, UNA CASE HISTORY UNICA
Mr Ozaki ha studiato le tecniche di allevamento più avanzate in Giap pone e in America: “Se non studi il tuo nemico – afferma con un sorri so – non puoi affinare le tue armi”. Dopo aver appreso ogni peculiarità della carne e imparato il modo per migliorarla, Mr Ozaki torna in Giap pone, circa 40 anni fa, e nel piccolo appezzamento di famiglia dove suo padre alleva un centinaio di capi fonda una nuova attività di alleva mento. Oggi Ozaki Beef conta 1600 capi di bestiame ed esporta in 45 paesi nel mondo.
1. Scelta del capo: gli animali migliori sono quelli con basso punto di fusio ne del grasso già allo stadio iniziale, cioè quando sono ancora vitelli.
2. Dieta: il mangime somministrato agli animali mattina e sera viene pre parato in modo molto meticoloso tramite un processo che richiede cir ca due ore per ogni pasto. In ordine decrescente in merito a rapporto di miscelazione: mosto di birra, lievito di birra, mais, orzo, grano, soia, kinako (farina di soia tostata), bucce di soia, corteccia di frumento, corteccia d’orzo, polvere di carbone “Binchotan”.
3. Costanza nel perseverare con test e migliorie continue nel tempo.
4. Minimo 3 settimane di frollatura.
Mr Ozaki spiega che il manzo di razza wagyu nasce come animale da lavoro, per tirare il carro o l’ara tro. Con l’avvento delle macchine il suo contributo non è più necessario. Circa 80 anni fa, infatti, il suo ruolo cambia e da animale da lavoro di venta animale da carne. È a questo punto che le caratteristiche innate nel dna dell’animale mutano: quan do lavorava, formava meno il grasso, rimanendo a riposo inizia ad accu mulare più grasso che va a formare la marezzatura. Animale placido per natura, non deve fare altro che asse condare il suo dna e ingrassare ac
Si chiamano Wagyu gli animali nati e cresciuti in Giappone oppure gli animali di allevamenti fuori dal Giappone che nella linea di sangue hanno un “predecessore” giapponese di razza pura
Elevata morbidezza, estrema succosità, sapore intenso ma delicato, caratteristica legata al basso punto di fusione del grasso che scioglie a temperature inferiori a quella corporea (28°) sono le peculiarità della carne wagyu
cumulando quel grasso sano e no bile che forma la marezzatura tanto apprezzata dagli intenditori. Il lavoro di selezione applicato dall’allevatore completa la trasformazione ed ecco che il manzo wagyu come lo cono sciamo oggi emerge e trova la sua espressione migliore.
“Se l’animale non sta bene – dichiara – la sua carne non sarà buona. Per questo ho lavorato molto allo scopo di migliorare le tecniche di alleva mento e le condizioni di benessere degli animali. Se la carne è buona, la puoi mangiare tutti i giorni, per ché è sana e naturale, senza con troindicazioni. Appena ho iniziato a occuparmi della fattoria di famiglia mi sono reso conto che i metodi di ingrasso dell’epoca erano sbagliati e alteravano il sapore della carne. Ho deciso di allevare in modo naturale, producendo carne di manzo meno pesante e opulenta, più gustosa”. Stalle pulite, ventilate e confortevoli con pavimenti ricoperti di trucioli di legno di hinoki (cipresso giappone se) o di sugi (cedro) che vengono cambiati ogni tre giorni, i bovini di razza wagyu sono allevati in modo molto rigoroso. Vivono in un am biente tranquillo, senza stress, non vengono mai separati fra loro, sono abbeverati solo ed esclusivamente con acqua fresca di fonte. L’alimentazione viene prepara ta ogni mattina con un processo complesso che unisce 15 tipi di ali
menti, senza conservanti e antibio tici. I capi, contrariamente alla media giapponese, vengono macellati a 36 mesi d’età contro i normali 28. Spiega Mr Ozaki: “Il sapore continua a migliorare man mano che le bestie maturano, quindi preferisco aspet tare. La carne matura possiede una consistenza sublime, è saporita ma con una particolare dolcezza che emerge, il suo grasso si scioglie in bocca e viene digerito facilmente: la gusti senza essere sopraffatto dalla sua ricchezza”.
PIÙ FRESCO PIÙ A LUNGO.
La nuova vita di Antica Macelleria Bovesana
Una giovane coppia e la sfida di realizzare un progetto tutto loro, praticando un mestiere nobile, quello del macellaio, che offre grandi opportunità di crescita: Andrea e Ilenia ci sono riusciti
“Fareil macellaio, per me, è stata un po’ una sfida, una scelta intrapre sa per motivi di necessità: avere un lavoro ben retribuito. Ho fatto la gavetta come dipendente e ho imparato tutto da zero, dalla macellazione alla vendita. È stato molto impegnativo ma a un certo punto, nel 2016, mi sono sentito pronto per fare il grande passo e ho rilevato questa macelleria sto rica, la stessa dove avevo cominciato a fare i primi passi nel mestiere, solo con un dipendente e un tirocinante. Poi, tre anni fa, in piena pandemia, la
Antica macelleria Bovesana è entrata a far parte di the Gold Butcher Club, ideato da Criocabin nel 2017 con la fi nalità di raggruppare tutti quei macel lai- imprenditori che hanno saputo rin novarsi e reinventarsi con una visione moderna della professione, senza mai dimenticare la tradizione. Operano in perfetta sinergia con la filiera e sono focalizzati sulla qualità del prodotto di origine.
Con oltre 70 Gold Butchers sparsi in tutt’Italia, the Gold Butcher Club è diventato internazionale con mem bri anche in Australia, paese dove la carne è pietanza base nella cucina australiana ... quella alla griglia è con siderata ormai un piatto nazionale.
Fedeli alla razza Piemontese e alla valorizzazione della qualità dei prodotti locali che i clienti conoscono e preferiscono da sempre
mia compagna Ilenia si è unita a me e oggi lavoria mo insieme e insieme costruiamo il nostro futuro”. Racconta così Andrea Ramonda, titolare dell’An tica Macelleria Bovesana di Boves in provincia di Cuneo, la sua avventura nel mondo della macel leria. È soddisfatto della scelta, dalle sue parole e dal tono della sua voce, si intuiscono entusiasmo e determinazione e il giusto orgoglio per quello che ha saputo fare. Andrea e Ilenia sono giovani ma hanno le idee molto chiare, sanno cosa vogliono – far crescere l’attività – e come farlo – con profes sionalità e intuito.
“Ho scelto un indirizzo preciso – spiega Andrea –quello di puntare sulla qualità dell’offerta e sulla valorizzazione dei prodotti del territorio. Il Piemon te può vantare una tradizione culinaria importan te, specialmente nel campo delle carni – la razza bovina Piemontese è famosa in tutto il mondo –pertanto associandomi a Coalvi ho scelto di dare rilievo alla produzione locale di qualità. L’unica eccezione è il carré d’agnello irlandese che vendo
per le grigliate estive. Il resto con carni piemontesi, al massimo di origine italiana, formaggi a km 0 e salumi del territorio. Abbiamo una bella vetrina re frigerata di salumi che comprende prodotti senza glutine, senza lattosio, senza glutammato: recen temente ho introdotto il prosciutto di montagna di Marchisio, il prosciutto crudo di Cuneo, un cot to nazionale della Negroni e un prosciutto cotto prodotto da noi, realizzato da coscia di maiale al forno. Cerchiamo di dare un ventaglio di scelta in teressante e soprattutto di alta qualità e legato alle produzioni nazionali”.
La proposta dell’Antica Macelleria Bovesana non manca di carni preparate in varianti gustose: i pronto cuoci, infatti, coprono il 40% del banco e fanno bella mostra. Sono prodotti molto richiesti, soprattutto dalla clientela giovane – ma anche i
II banchi Criocabin scelti per il nuovo allestimento del locale consentono una migliore gestione delle risorse energetiche, conservazione ottimale del prodotto, impatto visivo e praticità d’uso
meno giovani non disdegnano – e Ilenia li prepa ra con fantasia e creatività. Quella stessa creatività che l’ha ispirata nella scelta dello splendido pensi le installato nel retro-banco.
Il nuovo banco è, del resto, il fiore all’occhiello della ristrutturazione effettuata solo pochi mesi fa, grazie all’intervento di Criocabin che ha fornito il banco Etoile, il top di gamma del custom made Crio cabin, con sistema di refrigerazione ventilato e G Concept specifico per la carne. Al banco è stato canalizzato il Magnifico Tower, una teca perfet ta per i preparati pronti a cuocere, prodotti unici frutto dell’esperienza e della creatività del macellaio: una combinazione di vetrate serigrafa te in Thermopane e illuminazione
LED che crea l’esposizione ottimale, con vetri anteriori apribili a libro e i posteriori scorrevoli per facilitare l’allestimento dell’esposizione e le operazioni di pulizia.
Nel retrobanco, il Pensile EPV Show, per freschi e freschissimi, una so luzione ottimale per mettere in evidenza tagli o prodotti doc con stagionature diverse, più pregiate e, infine, Ethos show, un murale per l’esposizione di prodotti preconfe zionati, una soluzione che permette ai negozi di macelleria di ottenere praticità, velocità e un merchandi sing curato nell’estetica.
Racconta Andrea: “Abbiamo deci so di ristrutturare il negozio perché volevamo dare la nostra impronta, comunicare la nostra personalità at traverso l’estetica del locale. Sentirlo veramente nostro. In questo modo abbiamo ottenuto anche maggiore
praticità ed efficienza perché i nuovi allestimenti ci supportano anche in maniera concreta e prati ca. Possiamo gestire da remoto le temperature e le spese energetiche in maniera più efficiente; riu sciamo ad evitare la dispersione del freddo grazie agli sportelli e alle vetrate chiuse, che non sacri ficano l’aspetto della merce, anzi lo valorizzano perché luminosi, ampi e ben disposti. Gli spazi del locale, inoltre, sono ben sfruttati. L’ambiente è di circa 45 mq e adesso sembra più grande, è molto accogliente, funzionale e permette un’ottima mo bilità della clientela e di noi operatori. È stato un in vestimento ben studiato, siamo molto soddisfatti. Adesso è davvero la nostra macelleria”.
Non esiste la “Razza Fassona”
Leforme del bovino di razza Piemontese sono il risultato di una mutazione gene tica comparsa alla fine del 1800 e poi, grazie alla selezione, divenuta stabile in tutta la popolazione.
Nei primi anni in cui comparivano sul merca to questi vitelli dalla muscolatura eccezionale, gli allevatori dicevano che erano venuti bene e, usando un termine del dialetto locale, di “una bela fasòn”. Fasòn (che si legge fasùn) nel dialet to piemontese significa “maniera, modo”, quindi l’espressione voleva dire che erano cresciuti bene e si presentavano in un bel modo. Anche i com mercianti francesi che frequentavano le piazze cuneesi li definivano “de bonne façon” che (con fermando l’analogia tra il piemontese e la lingua d’oltralpe) significa anche qui “venuto bene”. A lungo andare il termine “fasòn” (che continua a leggersi fasùn) è diventato il soprannome di que sti animali.
Venendo a tempi ancor più recenti, con la retro cessione del dialetto, il termine “fasòn” (leggasi sempre fasùn) è diventato “fassone” che non è affatto la traduzione nella lingua nazionale bensì una brutale italianizzazione fonetica. Sul nostro vocabolario, infatti, la parola non compare. Tutto ciò premesso, la razza a cui appartengono questi animali continua a essere la Piemontese per cui non c’è nulla di più sbagliato che definirla “razza fassona”. La razza fassona non esiste e non è mai esistita.
Il termine “fassona” viene vieppiù utilizzato, non senza subdole quanto torbide finalità commer ciali, per indicare una carne che, all’orecchio del consumatore, suona come di alta qualità (quale è quella della Piemontese). Ma allora perché non chiamarla col suo nome, ossia di razza Piemonte se? Giulio Andreotti diceva che “a pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina”: per
chiamarla “di Razza Piemontese” bisogna avere la prova che lo sia veramente, ossia un certificato di origine rilasciato da un ente autorizzato e dotato di un apposito disciplinare di etichettatura, o, in alternativa, la fattura di acquisto che ne specifichi l’origine, sempre che chi l’ha venduta abbia alle spalle la certificazione di cui sopra. Cosa che non è necessaria quando il prodotto viene presenta
to con un nome di fantasia (quale è il “fassona”). Quando un ristorante propone la “battuta di fassona” (cosa che sta coinvolgendo anche le più umili trattorie di mezza Italia) è dun que lecito chiedersi se sia in grado di dimostrare che si tratti effettiva mente di carne di razza Piemontese e non di altra carne, magari di buo na qualità, ma di tutt’altra origine.
L’uso del termine al femminile ag grava il quadro accusatorio perché veicola un messaggio fuorviante spendibile sotto diverse forme: con corda con l’immaginaria razza, che è al femminile, lascia pensare che la carne sia di femmina e, messi alle strette, si può anche rispondere che è un aggettivo che concorda con la carne (che è sostantivo femminile).
Per chi vuole fare le cose sul serio la soluzione è a portata di mano e, tra tutte, l’adesione al Consorzio di Tutela della Razza Piemontese è di indubbia efficacia.
Il Consorzio di Tutela, forse meglio noto con il suo marchio “Coalvi” accredita la filiera all’interno della quale transita la carne dei bovini di razza Piemontese sino al punto ven dita a cui si rivolge il consumatore finale, scortandola con un certifica to di origine. In quel punto vendita si può parlare di carne di razza Pie montese, così come nell’eventuale ristorante che l’abbia acquistata in quel medesimo punto vendita. In tempi recenti il “Fassone di Raz za Piemontese” è stato inserito nel “Sistema di Qualità Nazionale in Zootecnia” e ne è stato approvato lo specifico disciplinare di produzione.
Coalvi sta ultimando l’accredita mento di tutti gli allevamenti asso ciati sicché è fin da oggi possibile, tramite lo stesso Coalvi, avere carne con la specifica certificazione “SQN – Fassone di Razza Piemontese”. È il modo migliore per poter dire a testa alta che la carne è di Fassone. Non di fassona.
Teneramente bianca
Ibenefici della carne bianca, i modi di cucinarla e piccoli segreti per un’ali mentazione gustosa. Teneramente Bianca, il nuovo libro edito da Trenta Editore, scritto da Ramona Pizzano con la collaborazione dell’allevatore Mirko Pagliarini accompagna il consumatore nel mondo delle carni bian che: pollo, tacchino, coniglio, vitello, agnello e maiale. Ramona Pizzano, food blogger impegnata nella divulgazione di una cu cina semplice e stuzzicante, analizza insieme a Mirko Pagliarini, produt tore di carni avicole, i principali dettagli delle carni bianche sul mercato, consiglia i tagli più indicati e suggerisce numerose ricette replicabili per valorizzarle al meglio.
Carni versatili per eccellenza in tutto il mondo, le carni bianche rappre sentano un valore in tavola, impattano sull’ambiente meno di altre ti pologie, sono ammesse da ogni religione e rappresentano una fonte preziosa di proteine e vitamine. Un consiglio su tutti: prestate sempre attenzione alla qualità della materia prima e poi, scatenate la fantasia in cucina!
SISTEMA QUALITÀ NAZIONALE
FASSONE
DI RAZZA PIEMONTESE
CARNE MAGRA, TENERA
CERTIFICATA
Origin Green: il programma di sostenibilità alimentare irlandese compie 10 anni
L’occasione
del decen nale del programma di sostenibilità irlandese Origin Green di Bord Bia, l’ente governativo dedi cato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti food& beverage irlandesi, merita una ri flessione generale e qualche ana lisi particolare rispetto al modello adottato e alla sua replicabilità. Lan ciato nel 2012, il programma Origin Green nasce da un sogno collettivo, un traguardo che l’Irlanda si prefig ge di raggiungere in un futuro non troppo lontano: diventare Paese le ader nella produzione sostenibile di alimenti e bevande. Attivato in un momento in cui ancora la sosteni bilità non era entrata a pieno titolo
a livello internazionale – l’Agenda Onu 2030 per lo Sviluppo Sosteni bile è stata sottoscritta da 193 paesi nel 2015 – Origin Green oggi vanta dieci anni di esperienza applicata e di indicatori rilevati che consentono di evidenziare gli elementi principa li dell’azione sostenibile a livello di filiera agroalimentare.
Andrea Segrè, economista e pro fessore di politica agraria interna zionale e comparata all’Università di Bologna, elogia il programma irlandese e lo reputa un modello replicabile anche nel nostro paese:
“In un momento storico dove il siste ma agroalimentare globale, è sotto stress per l’effetto combinato pande mia-guerra e in un contesto sociale già influenzato dall’incremento dei prezzi energetici e dai cambiamenti climatici, la ‘sostenibilità in pratica’ diventa uno strumento essenziale per superare la crisi economica, ambien tale, sociale che stiamo vivendo. La premessa necessaria è che senza una metrica, una misurazione articolata e fondata dal punto di vista scientifico, la sostenibilità è una parola vuota. Ed è un peccato perché, come dimostra l’esperienza irlandese di Origin Green, a tutti gli effetti il primo programma di sostenibilità agroalimentare che opera su scala nazionale, unendo go verno, settore privato e l’intera supply chain, i risultati ci sono e sono ben tangibili”.
I principali risultati rag giunti sino ad ora sono eclatanti: 300 imprese ali mentari, 55 mila aziende agricole, 71 mila membri che grazie alle iniziative intraprese nel decennio – oltre 2.600 obiettivi e 13.600 iniziative soste nibili - hanno permesso di ridurre di oltre il 6% la produzione di CO2 per unità di carne e di latte animale. Questi ul timi, infatti, costituiscono una com ponente fondamentale a livello globale delle diete sane e salutari, ed è di fondamentale importanza garantirne la sostenibilità riducen done al massimo l’impatto ambien tale. Con il 90% del food&beverage prodotto sotto la supervisione del programma Origin Green, l’Irlanda rappresenta un modello esemplare di produzione sostenibile nel setto re zootecnico.
Certamente nel “modello irlande se”, che ha come noto delle carat teristiche di particolare vocazione dal punto di vista naturale - prati, pascoli, precipitazioni - il richiamo
al “verde” è particolarmente reale e rappresenta un’ambizione raggiun gibile anche in altre realtà. Come ci spiega il Prof. Segrè “È una questione di responsabilità rispetto a noi stessi e al pianeta che abitiamo.
Del resto, è proprio nel Goal 12 dell’A genda Onu, che richiama alla pro duzione e al consumo responsabile - si badi bene proprio nel significato di responsabilità che vuol dire rispetto ad un impegno assunto o a un com portamento – che dobbiamo misu rarci sia come produttori che come consumatori”.
L’importanza di produrre cibo in armonia con la natura, riducendo l’impatto ambientale il più possibile, si affianca e si lega alla piramide nu trizionale, che richiama al consumo misurato dal punto di vista qualitati
vo e quantitativo di buone proteine di origine animale in tutte le fasce di età e secondo i fabbisogni. È chia ro dunque che se la responsabilità della produzione e del consumo si traducono anche in una sostenibili tà ambientale misurabile, il vantag gio per tutta la società si fa evidente non solo sotto il profilo ambientale, ma anche su quello della salute per sonale: mangiare in modo equilibra to incide positivamente sulla salute, come dimostrato da numerosi stu di in campo medico-nutrizionale. In questo Origin Green si inserisce perfettamente nell’approccio One Health: una salute unica che lega l’uomo con gli animali e l’ambiente naturale.
Andrea Segrè, economista e professore universitario, commenta il “modello irlandese”: un’ambizione raggiungibile anche in Italia
L’allevamento del coniglio da carne
Circa l’84% dei conigli consuma ti in Italia deriva da allevamenti commerciali, mentre la restante parte deriva da cessione diretta di piccoli quantitativi e conigli alleva ti direttamente (EU 2017)
InItalia la carne di coniglio è la produzione maggiore dopo manzo, suino e pollame in or dine di volume (Food and Agriculture Organi zation of the United Nations [FAO] 2019), con circa 19 milioni di conigli macellati per anno (Italian National Institute of Statistics [ISTAT] 2019). Benché, numericamente, la produzione Italiana sia ancora importante, si è assistito a una progressiva diminuzione delle vendite durante gli ultimi anni, possibilmente secondariamente a diversi fattori: costo elevato, crisi economica e delle produzioni, incremento della percezione del coniglio come animale da compagnia, mancanza di preparazioni e prodotti a base di carne di coniglio, e non da ul timo, la presentazione della carcassa al consumo, con testa e annessi, che rende il consumo meno attraente (Petracci et al. 2018).
In un report dell’Unione europea del 2017 è stato stimato che circa l’84% dei conigli consumati deri va da allevamenti commerciali, mentre la restante parte deriva da cessione diretta di piccoli quanti tativi e conigli allevati direttamente (EU 2017). L’o pinione pubblica, sempre più attenta e informata, ricerca negli alimenti non solo dati sulla riduzione dell’utilizzo di antibiotici nella filiera produttiva, ma anche sul benessere in allevamento degli animali destinati al consumo, associata nella percezione del consumatore a un alimento più sano (Borra D, Tarantola M. 2013). Questa richiesta ha condotto il mercato a rispondere con la produzione di carni certificate secondo metodiche che valutino non solo la salubrità, ma anche il benessere in alleva mento degli animali (ad esempio la certificazio ne CReNBA, poi confluita in Classyfarm). Benché la carne di coniglio sia valutata dal consumato
re come salubre (Petrescu 2003), la percezione dell’allevamento industriale del coniglio può non essere delle migliori, dato che, nella maggior parte di casi, in Italia si parla di allevamenti intensivi ef fettuati nelle gabbie classiche, in maglia di metallo e di piccole dimensioni.
Nel 2014, il Ministero della Salute emana le “Linee guida nazionali in materia di protezione di conigli allevati per la produzione di carne”, che, seppur su base volontaria, possono fornire indicazioni alle categorie di lavoro del settore. Già al momento della pubblicazione, le linee guida riportano la possibilità di essere aggiornate alla luce di “even tuali nuove scoperte o esperienze di allevamento” (Min. Salute, 2014).
Nel 2017 il Parlamento Europeo approva una riso luzione dal titolo “Norme minime di protezione dei conigli di allevamento (2016/2077(INI)“, che solle cita l’emanazione di una legislazione comunitaria armonizzata sul benessere dei conigli da carne, che consenta il mantenimento di un equilibrio tra benessere animale, implicazioni socio economi che, impatto ambientale ed etichettatura che dia la possibilità al consumatore di compiere scelte consapevoli. Particolare attenzione viene posta sul metodo di allevamento, auspicando una graduale dismissione delle gabbie verso metodi a parchet to con arricchimento ambientale sufficiente, che permettano una maggiore disponibilità di spazio e possibilità per gli animali di esprimere compor tamenti fisiologici. Il Parlamento europeo, inoltre, indica come punti critici la durata dei tempi di trasporto e la valutazione dell’efficacia dei mezzi di stordimento.
Nel corso degli anni, molti sono stati i tentativi di predisporre una scala di valutazione del benessere per il coniglio, che si correlasse al metodo di alleva mento mediante la valutazione delle performance produttive. L’EFSA propone al momento la scala più esaustiva, pur sottolineando la necessità di una validazione che al momento manca. Nella scala di punteggio proposta dall’EFSA, si effettua una valu tazione del benessere nei conigli da carne in base alla misurazione di “conseguenze sul benessere”, indicando come tali un “cambio nel benessere che derivi dall’effetto di un pericolo o di un fattore che influenzi il benessere”, e che valuti che, essendo animali preda, i conigli tendono a nascondere la sintomatologia per sfuggire più facilmente ai pre datori.
Gli animali sono stati suddivisi in tre categorie produttive, associate per comunanza di necessità: • fattrici cuccioli • animali da ingrasso.
Le conseguenze sul benessere vengono suddi vise in conseguenze comportamentali e conse guenze sulla salute, e ordinate in base alla serietà. I parametri delle singole scale sono poi ordinati secondo una scala di gravità assoluta che li com prenda entrambi. Queste valutazioni vengono proposte per ogni categoria produttiva, data l’evi dente differenza di necessità tra una fattrice e, ad esempio, un cucciolo in lattazione.
Nella categoria “Fattrici”, la scala assoluta, mostra nella griglia di valutazione un basso livello di gravi
Valutazione del Benessere del coniglio da carne e indicazioni sulle metodiche di allevamento
Valeria Valerii*, Claudio Mucciolo**, Michele Amorena**Facoltà di Bioscienze e Tecnologie Agroalimentari e Ambientali – Università degli Studi di Teramo **ASL Salerno, Dipartimento di Prevenzione – Area Sud, Servizio Igiene Alimenti di O.A. Gli autori sono responsabili delle opinioni espresse negli articoli e relative bibliografie ©Foto: Dani Vincek/shutterstock.com ©Foto: Essereanimali
tà della “capacità di esprimere un comportamento
utilizzata, nell’intento di decidere quale modalità di allevamento sia migliore.
SISTEMI DI ALLEVAMENTO
I sistemi di allevamento sono stati suddivisi in sei categorie principali:
• gabbie convenzionali
• gabbie arricchite recinti sopra elevati/park
• recinti a terra su lettiera
• sistemi con accesso degli animali all’esterno completo/parziale
• sistemi biologici.
Gabbia convenzionale singola e a doppio uso Nella prima si possono ospitare due conigli in ac crescimento, ed è dotata di abbeveratoio. Nella seconda si ospita la fattrice e la cucciolata, è prov vista di un abbeveratoio a goccia e di un tappe tino di riposo rimovibile. Nella seconda, durante l’accrescimento il nido viene chiuso (Immagine 1)
Gabbia a doppio uso arricchita
In questo tipo di gabbia, oltre che l’abbeveratoio
a goccia sono forniti spazio maggiore ed elementi
iMEAT GIORNALEsolido e non rete metallica, sono protetti da ani mali selvatici e possono scegliere se rientrare al chiuso. Hanno a disposizione abbeveratoio a goc cia e fieno per la masticazione (Immagine 5)
Sistema biologico
Non esistono standard, ma questo sistema dovreb be soddisfare i fabbisogni basici in accordo al Reg UE 2018/848. L’esempio si basa su recinti mobili utilizzati per la riproduzione o per l’accrescimento in gruppi. La gabbia mobile permette il pascolo, è presente una zona riparata con pavimento solido che può fungere da nido o da riparo e abbeverato io a goccia (Immagine 6)
levamento, i cui score non possono essere però differenziati fra loro
• per i coniglietti in lattazione è estremamente probabile che il benessere sia minore nei siste mi con accesso all’aperto e maggiore nei recinti sopraelevati/park rispetto agli altri quattro siste mi. Tuttavia, non è possibile fare differenze fra gabbie convenzionali, gabbie arricchite, recinti a terra con lettiera e sistemi biologici.
• i conigli in accrescimento ricalcano quanto ve rificato nelle fattrici: è quindi probabile/estre mamente probabile che il benessere sia minore nelle gabbie convenzionali e maggiore nei siste mi a recinti sopraelevati rispetto agli altri sistemi. Tuttavia, non è possibile fare differenze fra gab bie arricchite, recinti a terra con lettiera, sistemi biologici e sistemi con accesso all’esterno.
In generale, EFSA conclude che, rispetto ai sistemi di stabulazione, per le coniglie riproduttrici e i co nigli in accrescimento le conseguenze sul benes sere legate alle restrizioni comportamentali sono più evidenti nelle gabbie convenzionali, nei recinti sopraelevati e nelle gabbie arricchite, mentre quel le relative ai problemi sanitari sono più evidenti nei recinti a terra su lettiera, nei sistemi con accesso degli animali all’esterno completo/parziale e nei sistemi biologici.
CONCLUSIONI
Gli score delle singole conseguenze sul benes sere sono stati quindi sommati per calcolare uno score globale (overall welfare impact score), che ha permesso di decidere che nelle coniglie riprodut trici la restrizione di movimento è la conseguenza sul benessere con il più alto impatto, insieme ai problemi relativi alla mancanza di materiale da ro sicchiare e alla fame. Nei coniglietti lattanti lo stress da calore ha il più alto impatto, insieme a disturbi neonatali e stress da freddo. Nei conigli in accre scimento la restrizione del movimento è la conse guenza sul benessere con il più alto score insieme a problemi relativi alla mancanza di materiale da rosicchiare e alla difficoltà di riposo.
Applicando la valutazione delle conseguenze sul benessere di ogni singola categoria alla metodica di allevamento, si conclude che:
• nelle coniglie riproduttrici è probabile che il benessere animale sia minore nelle gabbie con venzionali rispetto agli altri cinque sistemi di al
A seguito dell’evoluzione delle conoscenze scien tifiche e produttive, e in considerazione dell’emis sione dei parere EFSA sull’argomento, il Ministero della Salute ha quindi istituito un apposito gruppo di lavoro che ha prodotto l’aggiornamento delle linee guida emesse nel 2014, pubblicando con cir colare ministeriale 1/2021 DGSAF le “Nuove linee guida del Ministero della Salute per all’allevamen to del coniglio”. Le finalità delle linee guida sono la preparazione del mercato all’introduzione di una specifica legislatura in oggetto, la produzione di check-list mirate utili alla valutazione del rischio nell’ambito del sistema Classyfarm per ridurre il consumo del farmaco, garantire le norme di biosi curezza e tutelare gli animali allevati, rassicurare il consumatore e di rendere il mercato Italiano della cunicolocultura competitivo con quello Europeo. Nel mercato Europeo, infatti, si nota già una pro gressione verso un allevamento del coniglio più vicino a quanto considerato in materia di benesse re ad esempio per il pollame, con l’utilizzo di gab bie spaziose, in cui gli animali possano esprimere comportamenti fisiologici e sociali. Questo tipo di allevamento è stato adottato da alcune nazioni Europee a minor produzione, con miglioramen
to della qualità di vita e della salute degli animali (Trocino et al. 2014, 2015; Di Martino et al. 2019) e senza troppi effetti negativi sulla produttività e sul contenuto in grasso delle carni (Maertens and Buijs 2016).
Nel complesso, valutando la realtà del settore pro duttivo in Italia, l’avanzamento delle conoscenze scientifiche e l’opinione dell’EFSA, nelle nuove linee guida il ministero indica come preferibile il sistema in recinti per i conigli in accrescimento, perché aumenta le interazioni sociali e non limita la possibilità di movimento soprattutto nell’ultimo periodo prima della macellazione. D’altra parte, il sistema dei recinti non presenta ancora standard ed è da considerarsi ancora in fase di sviluppo tecnico e gestionale; inoltre, il suo utilizzo è forte mente sconsigliato per l’allevamento in gruppo, continuativo o part-time delle coniglie fattrici per le ripercussioni negative su salute e benessere ani male. Le gabbie arricchite WRSA che rispettino le caratteristiche auspicate nelle nuove linee guida, possono garantire il rispetto delle condizioni di benessere delle fattrici in allevamento individua le in maniera sovrapponibile al sistema dei recinti. Per quanto riguarda la dimensione delle gabbie, le Linee Guida del Ministero della Salute riportano indici numericamente misurabili per le dimensioni dei ricoveri, a differenza di quanto fanno i pareri EFSA, avendo previsto a livello nazionale una fase di verifica delle condizioni e livello di benessere in campo e dovendo quindi facilitare lo svolgimen to dei controlli ufficiali. Verrà infatti predisposta una check-list basata su parametri direttamente misurabili, ispirata al modello utilizzato per bovini e suini che individua indicatori misurabili per bio sicurezza, uso corretto del farmaco e benessere animale, laddove schemi per la valutazione del benessere del coniglio sulla base di Animal Based Measures (ABMs) sono stati proposti e inclusi nelle raccomandazioni, ma non sono stati utilizzati su larga scala o validati (EFSA, 2000).
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Pronti a cuocere di carne e insaccati
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Doti particolari: Non sopporta:
Conserva la carne più a lungo rispetto ai tradizionali packaging, come dimostrano i test dell’Università di Camerino. Aumenta il desiderio di acquisto e quindi incrementa le vendite
Lo spreco
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TermosaldabileIdoneo al contatto diretto con gli alimenti
Salvafreschezza
Riciclabile nella carta Idoneo per frigo e freezer
Alta Moda bianco Alta Moda nero