MEATGIORNALE
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Anno 7 - n. 34 • LUGLIO/AGOSTO 2019
SOMMARIO
Ecod Srl Unipersonale - Via Don Riva, 38 - 20028 San Vittore Olona MI - Poste italiane spa - sped. in A. P.- 70% - LO/VA In caso di mancato recapito si prega di inviare al CPO Varese per la restituzione al mittente che si impegna a pagare il diritto fisso dovuto
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L’ARGOMENTO iMEAT® España continua la sua escalation
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IL NEGOZIO ARREDATO Precisione, disponibilità, assistenza. E sopra a tutto la qualità!
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CARNE DA CHEF Chef Andrea Ribaldone - Percorso qualità e cucina innovativa
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CARNE E DINTORNI Speck Alto Adige Igp - Una specialità unica legata al territorio
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FEDERCARNI DICE CHE... Condivisione senza dietrologia!
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NORMATIVA AL DETTAGLIO Basta plastica monouso
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CURIOSANDO
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BEL PAESE CHE VAI... Gastronomia-macelleria Coi Macelleria “Da Paoletto”
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ANIMALI DI RAZZA Dalla Nuova Zelanda, novità per le tavole italiane Economia circolare: recupero di scarti di macellazione Obiettivi ambiziosi per la Cinta Senese Dop Il ritorno delle galline antiche Dal Giappone una carne tra le più pregiate
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PASSIONE CARNE Razza piemontese, ovvero piacere e salubrità
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...DALLE AZIENDE
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Sito in lingua spagnola
Rispondiamo dall’Italia
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L’ARGOMENTO La stampa specializzata spagnola è media partners dell’evento
iMEAT® España continua la sua escalation Superato il numero di espositori della prima edizione, con adesioni di aziende italiane e spagnole – Aperte dal 24 luglio le registrazioni dei visitatori sul sito ufficiale www.imeat.es
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ole, caldo, voglia di vacanza non hanno messo in pausa i lavori per organizzare la seconda edizione di iMEAT® España, programmata per le giornate del 6 e 7 ottobre 2019 a Fiera Cornellà-Barcellona. Un impegno che si è sviluppato su due fronti: quello italiano, con il team della società Ecod proprietaria del marchio iMEAT®, e quello spagnolo con Impacta Group che, per questa seconda edizione, commercializza e promuove la fiera in Spagna. L’evento risulta essere l’unico in territorio spagnolo dedicato al mondo del dettaglio di carne, con la partecipazione di aziende produttrici di macchinari, attrezzature, ingredienti e prodotti, riproponendo il format di successo della fiera italiana che nelle sue sei edizioni è stata costantemente in crescita, per numero di espositori e di visitatori. L’incremento delle aziende espositrici si sta replicando anche in Spagna: al momento in cui scriviamo infatti (metà luglio) è stato superato il numero di espositori della prima edizione, ma la lista delle conferme fa prevedere che le adesioni continueranno ad aggiungersi sia dalla Spagna che dall’Italia. Da un punto di vista merceologico, la proposta è fin da ora ben articolata e varia sia da parte delle aziende italiane che di quelle spagnole. ENTI, ISTITUZIONI E STAMPA PROFESSIONALE iMEAT® España ha già acquisito il supporto di enti istituzionali ed associazioni settoriali. Oltre al Gremi de Carnissers, Xarcuters i Aviram di Barcellona, che ha supportato fin dalla prima edizione iMEAT® España, si sono aggiunte le seguenti istituzioni. Anafric, Asociación Empresarial Cárnica, ente nazionale delle aziende del settore zootecnico e della carne; Carnissers i Xarcuters de Catalunya che raggruppa le quattro associazioni della fede-
razione catalana; Gremi di Valenza e provincia. Importante anche il supporto di Cedecarne (Conferación Española de Detallistas de Carne) che è la più grande federazione professionale spagnola nel settore della vendita al dettaglio di carne e riunisce varie associazioni regionali e provinciali della Spagna, contando più di 25.000 iscritti. I consensi di queste associazioni sono giunti grazie al lavoro di promozione che svolge la società spagnola Impacta Group che ha recentemente raggiunto accordi di collaborazione anche con la stampa specializzata spagnola: le testate Alimarket, Eurocarne e Tecnocarne sono diventate media partners di iMEAT® España, impegnandosi a divulgare le informazioni sulla fiera in forma cartacea e digitale. Il supporto da parte di realtà istituzionali spagnole e della stampa professionale dedicata costituiscono significativi canali divulgativi che contribuiscono al rafforzamento della fiera presso il target di operatori di tutta la Spagna, sia quelli che già hanno avuto modo di conoscere e visitare l’evento sia quanti costituiscono la compagine dei potenziali visitatori. L’allargamento della community di visitatori sarà un contributo di cui potranno beneficiare gli espositori per ampliare il proprio portafoglio di potenziali clienti.
REGISTRAZIONI ONLINE ED EVENTI COLLATERALI Proprio per agevolare la visita alla fiera, dal 24 luglio sono state aperte le registrazioni online: collegandosi al sito ufficiale della fiera www.imeat.es, i visitatori potranno scaricare il pass di entrata evitando così le code all’ingresso del padiglione fieristico. Anche per questa seconda edizione, durante iMEAT® España saranno organizzati eventi collaterali: la società organizzatrice Ecod sta predisponendo un programma di corsi teorico-dimostrativi, che vedranno la partecipazione di professionisti del settore della carne, ai quali si affiancheranno dimostrazioni, show cooking ed altre iniziative da parte di Gremi de Carnissers, Xarcuters i Aviram di Barcellona e di altri protagonisti, come avvenuto alla scorsa edizione durante la quale Federcarni ha organizzato delle performance coinvolgendo i colleghi spagnoli. Tutto sempre all’insegna del primario e comune obiettivo: mettere in relazione il mondo del dettaglio di carne spagnolo con quello dei fornitori italiani e spagnoli. m.p.
a MARZO 2021 GIORNALE EDIZIONE iMEAT iMEAT - SETTIMA 4
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ModenaFiere
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CARNE DA CHEF Esperienze culinarie con la carne
Il punto di vista e i consigli di chef Andrea Ribaldone
Percorso qualità e cucina innovativa di Marina Caccialanza
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Sono piemontese, e la carne ha un ruolo speciale nella mia alimentazione e nel menu del mio ristorante. Anche se sono cresciuto a Milano, dove ho vissuto molti anni, sono figlio di piemontesi e in Piemonte sono le mie radici”. Esordisce così Andrea Ribaldone alla mia prima domanda.
©Davide Dutto
Ci parla di carne, della sua esperienza e della profonda conoscenza del settore e delle materie prime
Quanto conta la carne per te e nel menu del tuo ristorante? Per noi piemontesi la carne ci deve sempre essere in casa e la Fassona è il piatto ideale da portare in tavola. La carne entra nel mio menu, all’Arborina, sempre, e poiché il mio lavoro mi porta a dividermi tra Piemonte, Lombardia e Puglia, cerco di adattare la cucina al territorio. lo migliore, adatto a una cucina di alto livello. Più che km 0 in questo caso mi piace definirlo km buono. A Borgo Egnazia, un resort molto grande dove la clientela è internazionale e si fanno molti numeri per cui occorre avere un approvvigionamento da tutto il mondo, abbiamo avviato un percorso di qualità coi produttori locali: solo bestie femmine, allevate al pascolo nelle Murgie, tradizionalmente destinate alla riproduzione. La loro carne non era considerata adatta al consumo, ma in realtà è ottima e saporita. Per ovviare
Bavetta di manzo, salsa d’ostriche e alghe 6
iMEAT GIORNALE
- Chef patron di Osteria Arborina, ristorante gastronomico nella frazione Annunziata di La Morra, in provincia di Cuneo, nelle Langhe. 1 stella Michelin. - Partner del progetto Identità Golose Milano, hub internazionale della gastronomia, firmato da Identità Golose: chef Andrea Ribaldone è coordinatore della brigata guidata dal resident chef Alessandro Rinaldi. - Consulente del Ristorante Lino a Pavia. - Coordina la proposta ristorativa dei sei ristoranti presenti a Borgo Egnazia, a Savelletri di Fasano in Puglia (BR). - Svolge l’attività di consulenza per JSH Hotels & Resorts.
al problema della durezza abbiamo acquistato un maturatore e la carne così trattata e maturata per 40/60 giorni diventa prelibata, ottima da essere inserita nel nostro menu.
©Davide Dutto
Significa che impieghi razze del territorio: come le selezioni? Tendo a utilizzare le razze locali per principio. In Puglia, per esempio, ho deciso di valorizzare l’uso della Podolica che non sarebbe una razza da carne ma da latte, però è di ottima qualità. Poiché, però, ritengo che l’idea di km 0 abbia poco valore se il prodotto non è qualitativamente valido, abbiamo fatto un lavoro di ricerca e abbiamo scelto di dare agli allevatori locali fiducia e opportunità supportandoli nel portare il loro prodotto al livel-
CHI È ANDREA RIBALDONE
Per l’Arborina, in Piemonte, come ti regoli? Di solito in Piemonte si usano carni più fresche perché si tratta di razze completamente differenti. In Piemonte la carne si consuma di solito dopo 4 o 5 giorni. Ma anche qui abbiamo fatto un percorso di qualità. Il ruolo di un grande ristorante è quello di lavorare su prodotti del posto e valorizzare il mood che ne deriva e far crescere i produttori locali per noi è dare un valore al lavoro di tutti, il nostro e il loro. In Piemonte il mio fornitore di fiducia è la macelleria Oberto, di lunga tradizione, con cui stiamo cercando di fare lo stesso percorso. La tradizione piemontese vuole la carne macellata e consumata mentre la frollatura a mio parere offre molto al macellaio e al cuoco. Il dry age è molto interessante per un macellaio, ma non deve essere affrontato come una moda, è una tecnica complessa da apprendere con cognizione e, nella selezione, la collaborazione tra macellaio e cuoco è molto importante e assolutamente indispensabile, crescita continua per entrambi. Del resto il ristorante è la prima vetrina per la macelleria e per chi vive nella zona perché puoi comprare ovunque, ma lavorare a stretto contatto con chi ti sta intorno è motivo di crescita. Cosa pensi della preparazione, in generale, dei cuochi italiani a proposito di carne: sono in grado di gestire al meglio la materia prima? Spesso succede che i giovani guardano più le tecniche di cucina che non quelle per disossare la carne – o sfilettare il pesce – anche perché nelle
CARNE DA CHEF Esperienze culinarie con la carne
©Gianluca Grassano
Dunque è importante rispettare le diverse professionalità? Il cuoco non potrà mai essere bravo come un macellaio o un pescatore nel lavorare la materia prima, ma deve sapere un po’ di tutto. Possiede altre professionalità che in sinergia con quelle del macellaio portano alla presentazione di un piatto a regola d’arte.
Naturalmente ci vuole la curiosità e la voglia di crescere e imparare, solo così la sinergia tra gli attori porterà a buoni risultati. Come nasce una ricetta? Io non ho un libro di ricette perché una volta fatta, la ricetta resta lì e non offre più nulla di nuovo. Meglio dimenticare le cose già fatte e puntare su nuove idee. Quando voglio creare un piatto a base di carne, sfoglio un libro con le immagini dei diversi tagli, scelgo e decido cosa voglio fare. A quel punto è tutto un divenire: studio il piatto, vado dal mio fornitore e cerco quello che mi serve. Cerco di rispettare la stagionalità ma, per esempio, amo molto le interiora, materia prima
©Davide Dutto
scuole non ricevono una formazione adeguata in questo senso. Dobbiamo però tenere presente che non è facile per una scuola alberghiera, con tanti problemi di gestione e pochi fondi a disposizione, dare queste nozioni. Disossare una bestia non è un’azione banale ed è affare molto costoso. Inoltre, penso che il valore di una scuola sia soprattutto quello di dare una cultura di base, non solo le tecniche. Sarebbe peggio avere un cuoco che sa disossare alla perfezione un quarto di bue, ma è ignorante e non è in grado di fare un discorso corretto. I giovani devono imparare la storia, l’inglese, avere cultura. Tutto il resto si impara poi, con l’esperienza. La scuola è solo l’inizio del percorso. Il vero problema sono i ristoranti che spesso non dedicano abbastanza impegno nella formazione dei giovani cuochi. Io consiglio sempre di fare un periodo di apprendistato in locali seri e di qualità: spesso sento consigliare di fare la gavetta sulle navi, per esempio, ma lì è tutto stivato già preparato in precedenza. Serve uno chef serio e motivato che guidi il giovane nel suo percorso di approfondimento delle basi. Quando sei in ballo, devi imparare per forza ma è un percorso lungo, ci vogliono almeno 10 anni per arrivare a un buon livello di preparazione ed esperienza. Mai avere fretta di bruciare le tappe.
Filetto di cervo crudo, mandorle e curry spesso sottovalutata, dalle animelle al cuore di manzo. Credo che il compito di un ristorante sia anche far provare ciò che non si consuma di solito, invitare il cliente a sperimentare. Questo non significa che non utilizzi tagli più convenzionali, il filetto per esempio. Col filetto di vitellone ho ideato una versione del vitello tonnato che servo adagiato sulla salsa tonnata, bruciato al cannello con olio affumicato. Le tecniche di cottura sono importanti? Certamente. La cottura sottovuoto a bassa temperatura è straordinariamente performante e offre grandi possibilità; ha dato una grande sferzata in cucina, soprattutto per la carne. Al di sotto di una certa temperatura il collagene e le proteine non si disperdono ma restano all’interno della carne; si può avere un taglio perfetto, compatto e morbido: la cbt offre tutto ciò. Ma, in fondo, se pensiamo a come cucinavano le nostre nonne, con la pentola per ore accanto al fornello della stufa, non abbiamo scoperto nulla. A livello chimico è il metodo migliore, ma occorre farne un uso corretto e consapevole e terminare il piatto rifinendo la carne ripassandola in padella. Carni italiane sempre o via libera a prodotti dall’estero? Ci sono carni estere ottime. In Australia gli allevamenti sono straordinari, con pascoli infiniti che noi non abbiamo e controlli molto attenti, di altissimo livello, non solo in materia batteriologica e per quello che riguarda la macellazione; la carne viene classificata scrupolosamente: quando la compri sai esattamente da quale allevamento
proviene, il grado di marezzatura, l’età della bestia, tutta una serie di parametri difficilmente riscontrabili su altre carni. Ci sono luoghi nel mondo dove gli allevamenti sono seguiti molto attentamente e le carni sono un cardine dell’economia. Da noi è più difficile, non abbiamo nemmeno lo spazio. Come valorizzare allora i prodotti italiani rispetto ad altri? Si dovrebbero creare leggi più chiare rispetto ai prodotti dell’italian sounding, ma il problema è che quando vado all’estero e assaggio un prodotto italiano – facciamo l’esempio di un formaggio grana marchiato o di un prosciutto marchiato e mi rendo conto che non è della qualità che vorrei, non solo, mi accorgo che nei grandi ristoranti usano il Pata Negra, capisco che succede perché il prodotto italiano non garantisce la stessa qualità costante. Dovremmo concentrarci di più sul nostro know how, sulla qualità e sul prezzo. È inutile pensare che un cliente che può spendere 3 euro al kg per un prodotto vada a cercare l’articolo d’importazione dall’Italia; se vogliamo essere aggressivi sul mercato base, è ovvio che non possiamo. Dobbiamo concentrarci sull’alta qualità e sulla clientela in crescita nel mondo come cinesi e americani, che capiscono, assaggiano qualunque cosa e quando arrivano al nostro prodotto devono vedere la differenza, che deve essere netta. Anche sulle carni alzare il livello sarebbe la cosa migliore. Spesso ci si scontra col mercato, ma è l’unico modo per noi che abbiamo una produzione limitata e penalizzata dalla scarsa disponibilità di terreno.
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FEDERCARNI DICE CHE...
CURIOSANDO
Condivisione senza dietrologia!
Un hotel tedesco dedicato al maiale
veramente straordinario, aprendo facebook, scoprire quanti gruppi di Maestri Macellai siano presenti. Sembra che tutti, o quasi tutti, abbiano in mano la soluzione per essere e vivere da macellai felici. Soldi, soddisfazioni, clienti innamorati, il mondo perfetto. Naturalmente qualcuno la strada della felicità è disposto a venderla ed è normale. Quando sei stato in grado di estrarre la spada dalla roccia hai un segno distintivo che subito vuoi condividere, con amore, con altri. Magari un piccolo conto economico te lo fai: meglio 12 ore in negozio o vendere il tuo miracolo a chi poi dovrà fare 14 ore in negozio per ripagarti? Un dilemma shakespeariano. Certo, per difendere la propria miracolosa idea bisogna saperne di filosofia e di psicologia, è necessario saper irridere e sminuire il lavoro degli altri, enfatizzare il nulla della propria idea miracolosa e disconoscere la storia passata perché, si sa!, nel passato erano tutti più stupidi. Ma così è, butti una rete in mare e magari qualche pesce distratto, illuso o, purtroppo per lui, in difficoltà dentro ci casca. E magari per un po’ è pure contento e crede che la rete lo voglia salvare. Qualche volta così è. Io sono del passato, credo nella storia che insegna e che rimane, in un ciclo continuo, sempre quella. I miei libri sono pieni di furbi e di disonesti morali, ma ancora di più sono pieni di amici e di buoni maestri che hanno condiviso con me le loro straordinarie capacità imprenditoriali. Sono pieni di persone che hanno creduto nei propri colleghi e hanno creduto che insieme era più facile. Gratis o a babbo morto per altre latitudini. Stupidi? No, grandi imprenditori con gli occhi e il cervello più avanti del mio. A loro debbo molto, quasi tutto quello che sono riuscito a fare. Anche per loro sto portando avanti la bandiera di Federcarni, insieme ad amici fidati che condividono la semplice filosofia dell’amicizia e dell’onestà. Fino a che ne avremo forza la nostra sarà un’ASSOCIAZIONE DI MACELLAI, non un’impresa economica. La condivisione è il nocciolo del nostro progetto, aperto a tutti coloro che vorranno avere fiducia in noi. Un esempio che vale più di mille parole: iMeat 2019 a Modena. Nello spazio dedicatoci dall’organizzatore Luca Codato, si sono esibiti oltre 85 macellai italiani, giovani e meno giovani, sono intervenute anche molte delegazioni europee e tutti insieme abbiamo cercato di dare stimoli e idee per incentivare la buona volontà dei colleghi spettatori della fiera e dei nostri eventi. Nessun Maestro, solo amici! Ogni macellaio è un libero imprenditore, Maestro di se stesso: se resiste in questo mercato, ha le carte in regola; se è in difficoltà, noi vorremmo essere la scintilla che farà ripartire la sua volontà e la sua capacità. Gratis. Seguici. Vorremmo avere anche te con noi, tra uomini liberi. Maurizio Arosio, Presidente Federcarni
i chiama Oink ed è un B&B assai particolare in quanto interamente dedicato al maiale e a tutti i suoi derivati alimentari. Lo ha aperto Claus Böbel, un macellaio tedesco di Rittersbach, a circa 40 km a sud di Norimberga, che ha trasformato la sua casa in un hotel per gli amanti del bratwurstel, la tipica salsiccia tedesca a base di carne di vitello, manzo o maiale. Nell’“hotel salsiccia”, tutto è a tema salsicce e maiali: dai cuscini a forma di salame alle tappezzerie delle camere, ai saponi al salame presenti in tutti le camere, fino alla ricca colazione a base di salsicce. Sette camere, due sale dedicate a seminari e laboratori, con pacchetti di vario genere grazie ai quali è possibile cimentarsi nella preparazione fai da te di Bratwurst, fare degustazioni e cene, acquistare prodotti.
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Il panino italiano certificato
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l panino italiano è certificato attraverso la Fondazione Accademia del Panino Italiano, ente no profit che ha ideato l’iniziativa. Anche Daniele Reponi, protagonista dell’evento “Il Panino d’eccellenza” alla fiera iMEAT ha collaborato con l’Accademia. “Nel mondo è aumentato il consumo di “paninis” che non seguono il concetto italiano, da qui l’idea di tutelarne il nome – ha dichiarato recentemente Barbara Rizzardini, direttrice di Fondazione Accademia del Panino Italiano -. La Fondazione è nata da un’idea di Panino Giusto, ma è diventata per volontà dei suoi fondatori aperta a tutta la concorrenza, perché il Panino Italiano possa crescere come valore per tutti. L’obiettivo è insomma dare una identità chiara al panino italiano e ai suoi valori: maestria, creatività e territorio”. Ma quali sono i requisiti del panino italiano certificato? Un disciplinare identifica i parametri e permette la valutazione delle richieste. Si parte dal pane che deve essere fatto con una ricettazione tradizionale italiana. Per la farina, va dichiarata l’origine, come per tutti gli altri ingredienti. Al momento ci sono 15 panini certificati in tutta Italia, dalla Lombardia alla Sicilia, e tutti italiani. Una volta certificato il panino, al locale viene dato il logo del Panino italiano certificato a uso collettivo, oltre ad un supporto alla comunicazione con un QR Code, vetrofanie, un magazine che racconta il mondo del panino e l’app, principale mezzo di comunicazione. Ad oggi sono 1.200 locali inseriti in Italia, ma nel corso del 2019 la Fondazione punta ad arrivare a 7.000, in tutto il mondo.
CURIOSANDO Dalla macelleria di famiglia
Chef “Mailani” in bici tra Italia e Olanda
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200 km, ovvero la distanza tra Italia e Olanda, percorsi in bicicletta. Un impegno non comune e da non sottovalutare anche per uno sportivo avvezzo a certe fatiche, ma ancor più una performance singolare se il ciclista è anche un giovane chef. Il bike rider in questione è Matteo Villani, in arte Mailani, che si è portato dietro anche gli ingredienti per cucinare i suoi piatti, offerti a chi ha incontrato durante il tragitto, facendo conoscere alcune bontà italiane. Il traguardo di Mailani è stata la sede dell’azienda di grill The Bastard ad Haarlem in Olanda. Matteo “Mailani”, nato a Thiene 32 anni fa, vive tra Zanè e Milano, tra le cucine domestiche di quelle persone che lo chiamano come chef a domicilio. Arricchisce la sua personale dispensa con ricette e profumi di Paesi lontani, con viaggi in Thailan-
dia e Giappone: un pizzico di follia unito ad una giusta dose di professionalità caratterizzano i suoi piatti. L’interesse per questo chef un po’ fuori dagli schemi nasce anche dal fatto che ha iniziato il suo viaggio verso la cucina proprio nella macelleria di famiglia, imparando i segreti dell’arte culinaria e soprattutto della corretta conservazione del cibo sotto stretto controllo del padre. Nel 2017 è vincitore de “Il pranzo della domenica”, programma condotto da Elenoire Casalegno e Gualtiero Marchesi, nel quale ha imparato i piatti stellati dello chef. Chef Mailani è stato alla fiera iMEAT dove ha cucinato le carni avicole d’eccellenza di Cosaro e la carne giapponese wagyu, prodotti che ha portato anche nel suo viaggio Italia-Olanda insieme a saba di Modena, zafferano, trota affumicata, salsa di soia, baccalà.
In crescita il trend del “food to go”
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o studio dell’Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy ha evidenziatio che nel 2018 le vendite di prodotti “food to go”, ovvero di pasti veloci e spuntini da consumarsi in luoghi non convenzionali, ma anche a casa, hanno superato quota 1,3 miliardi di euro e sono cresciute del +12,3% rispetto all’intero 2017. Pause sempre più brevi, minor tempo per cucinare portano questi prodotti caldi o freddi a fare sempre più parte integrante delle abitudini quotidiane. La ricerca evidenzia inoltre che anche il “food to go” si sta adattato ai nuovi trend, come il vegano o il senza…, per intercettare anche la richiesta di quei consumatori con intolleranze alimentari.
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CURIOSANDO
Hamburger Day celebra il “panino” più celebre
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e è vero, come è vero, che la carne si sta prendendo la sua rivincita, la giornata dell’hamburger non fa altro che confermare la tendenza! Il 28 maggio si è celebrato il “World Hamburger Day”: il “panino” più celebre al mondo, infatti, non poteva non avere un suo anniversario soprattutto se si considera la sua escalation da solo fast food a pietanza gourmet, con impiego di carne bovina, come in origine, ma anche di pollo, di pesce e, perché no!, di verdura! L’origine dell’hamburger è contesa tra diverse leggende. Innanzitutto si
tratta di una polpetta di carne macinata e pressata, solitamente bovina, cotta prevalentemente su piastra. In italiano si chiama “svizzera” o medaglione, probabilmente in parallelo alla parola inglese hamburger: in entrambi i casi sta a indicare la provenienza della ricetta dall’area germanica nord-europea. La leggenda più accreditata ci porta nella città e nel porto di Amburgo dove polpette di carne bovina erano comuni verso l’inizio del XIX secolo: la ricetta fu portata nel Nordamerica dai numerosi tedeschi immigrati negli Stati Uniti in quello stesso periodo, i quali partivano soprattutto da Amburgo, maggior porto commerciale della Germania. Oltre oceano si diffuse con il nome di hamburger steak ovvero “bistecca amburghese”. Col diffondersi delle catene internazionali di fast food, il termine è passato a identificare un panino imbottito composto da pane bun, carne bovina tritata (il vero e proprio hamburger), salse e condimenti. La diffusione dell’hamburger è stata inarrestabile: dall’America è tornato in Europa dove continua ad essere uno dei “panini” preferiti da grandi e piccini. Largo dunque alla fantasia dei macellai nel creare sempre nuove ricette miscelando alle carni di varia
Tutto sulla mitica bistecca Fiorentina
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“segreti” della bistecca alla fiorentina raccolti in un volume che è anche una guida ai migliori ristoranti che la propongono. Il libro dal titolo “La Fiorentina, osti macellai e vini della vera bistecca” edito da Gruppo è scritto dal critico enogastronomico Aldo Fiordelli, con la prefazione di Allan Bay. Il volume, che prende il via dalla proposta di candidatura della fiorentina come bene dell’Unesco, analizza questo prodotto, emblema della toscanità, lungo tutto il suo percorso: allevamento, chianina, migliori razze, tagli, con il contributo di quattro noti macellai: Dario Cecchini, Stefano Bencistà Falorni, Simone Fracassi e Luca Menoni. Affronta inoltre tutte le tipicità del piatto con il maestro dell’Accademia dei beccai, Vasco Tacconi. Ed infine, un viaggio tra trattorie e ristoranti che propongono la fiorentina: in Toscana ma anche a Milano, Londra, Parigi e New York. Le immagini a corredo sono di Dario Garofalo. La Fiorentina, osti macellai e vini della vera bistecca Aldo Fiordelli, prefazione di Allan Bay Gruppo Editoriale 200 pagine 15,00 euro
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tipologia tanti ingredienti diversi, da quelli tradizionali ai più insoliti, per rinnovare le proposte e solle-
citare la golosità dei propri clienti. Con la garanzia di qualità data all’utilizzo della migliore carne.
Un libro per il cuoco professionista, ma non solo
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eD Academy, la scuola di cucina abruzzese ha raccolto informazioni ed insegnamenti per potersi muoverere al meglio in cucina nel volume “Il cuoco professionista. Manuale di teoria e tecniche di cucina” edito da Trenta Editore. I testi sono stati curati dai cuochi e dai relatori della stessa scuola ReD cui si è affiancata la competenza, anche editoriale, di Marina Caccialanza. Si tratta di un manuale pratico per tutti, dagli appassionati che vogliono sempre migliorarsi ai professionisti: una sintesi dei corsi principali e di maggior successo, con approfondimenti, curiosità, un dizionario e un capitolo dedicato alla carne. Il libro si compone di 12 capitoli, ognuno dei quali arricchito da approfondimenti, spiegazioni e notizie anche di carattere storico: cenni sull’alimentazione e sulle normative igienico-sanitarie, organizzazione di una brigata di cucina, alimenti principali della tavola - ossia farina, pasta, pane, riso, ortaggi, diverse tipologie di carne, pesce, uova e salse. In chiusura una parte è dedicata ai dessert oltre a un ampio glossario per scoprire e capire anche la terminologia più specializzata da usare in cucina. Il cuoco professionista - Manuale di teoria e tecniche di cucina ReD Academy e Marina Caccialanza Trenta editore 288 pagine 25,00 euro
Arriva dagli USA il cocktail alla carne
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ultima tendenza in fatto di mixology non poteva che venire dagli Stati Uniti. Stiamo parlando di cocktail che permettono di mangiare e bere la carne. Il drink è realizzato con la tecnica del fat washing ovvero lavaggio dei grassi, dice la notizia Ansa: si tratta di una procedura che unisce, grazie all’estro dei barman di Manhattan, il carattere del liquore al sapore della carne. Il drink permette in particolare di percepire il sapore del grasso animale nel cocktail senza berlo davvero. Il cocktail a base alcolica è preparato con l’aggiunta di grassi
animali e vegetali fusi, mixati e successivamente separati tramite congelamento. Uno dei primi locali a dare spazio a questa tendenza è lo storico bistrot “Bove Lover” di Monza che propone il “Good Manners”, un cocktail dal gusto deciso che si sposa con ogni tipo di carne, realizzato con whisky e bacon miscelati e separati tramite fat washing, guarnito con bacon croccante e scorza d’arancia. Il claim del locale recita testualmente: “Un nuovo modo di scoprire e gustare la carne all’insegna della sperimentazione”. E il cocktail alla carne ne è una valida conferma.
Accoppiata vincente
LEGATRICE PER SALUMI FRT-MF-400-G
LEGACACCIATORI TB-04-100
La legatrice per salumi FRT-MF-400-G sostituisce la ben conosciuta “Mosca” e presenta varie opzioni di lavoro, così da poter legare qualsiasi tipologia di prodotto alimentare.
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Esegue due diversi tipi di legatura con spago in continuo, sia con che senza spazio tra i due prodotti.
Sistema di legatura a croce: con un solo nodo è in grado di effettuare una croce. Ideale per salumi di piccolo taglio, cotechini e arrosti.
Costruisce un’asola o su ogni prodotto o a numero programmabile da 1 a 99.
Sistema di legatura a spirale: costruisce una spirale su salumi, carni di medio taglio con nodo finale.
E’ compatibile con qualsiasi insaccatrice con o senza porzionatore.
Tecno Brianza propone dal 1981 prodotti fabbricati da persone e partners che con passione ed impegno, collaborano per garantire la qualità del prodotto e la sua continua evoluzione per soddisfare le vostre esigenze. Il controllo dei processi produttivi è fondamentale per offrirvi continuità, affidabilità e consulenza, senza mai dimenticare l’importanza della tradizione. Distributori Ufficiali per l’Italia
www.tecnobrianza.it
IL NEGOZIO ARREDATO Allestire la macelleria
Loris Ferrari, titolare della macelleria Magnani
Precisione, disponibilità, assistenza. E sopra a tutto la qualità!
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o conosciuto Coldar alla prima edizione di iMEAT e l’impressione è stata subito positiva - così esordisce Loris Ferrari, titolare della macelleria Magnani di Salorno in provincia di Bolzano -. Avremmo voluto rifare il negozio a quell’epoca, ma il fatto che non fosse di nostra proprietà ci ha frenati.” L’attività si svolgeva in un negozio con laboratorio annesso sito alla periferia di Salorno, con vendita di prodotti della macelleria anche in un piccolo supermercato in centro. Chiusa la collaborazione con questa cooperativa, Loris si è messo alla ricerca di un’area in zona centrale,
mantenendo nella storica location solo il laboratorio. Oggi l’attività si distribuisce tra i circa 90 metri di negozio e i 30 del laboratorio. Da quel momento è diventata operativa la collaborazione con Coldar: “Studio dell’area da allestire, rendering, proposte di attrezzatture… ad eccezione degli impianti elettrico ed idraulico, tutto è stato ‘ingegnerizzato’ da Coldar in collaborazione con lo studio di architettura Mama.”
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La precisione sotto ogni aspetto è ciò che più ha colpito il macellaio di Salorno, dalla progettazione tecnica al suggerimento di proposte innovative rispondenti alle proprie esigenze; ma anche la massima disponibilità e l’assistenza a 360 gradi hanno fatto la loro parte: “Davide Zandegù è una persona sempre presente e insieme al suo staff è riuscito a dare concretezza alle mie idee per creare un negozio con un rivestimento in legno che riconducesse alle tradizioni della zona, una location calda, accogliente ma anche elegante. Il risultato è qui da vedere! – dice con una punta di più che giustificato orgoglio Loris Ferrari.” Nel nuovo sito - che ha mantenuto il nome Magnani, quello dello storico proprietario - sono stati installati otto metri di banco frigo tradizionale in cui fanno bella mostra di sé la carne, i formaggi, i preparati da cuocere, il pollame; un angolo dry aged con una vetrina per la frollatura della carne; una serie di retro banchi in acciaio come depositi per le varie necessità compreso un frigo come piccolo magazzino; un murale per gli affettati; una vetrinetta a libero servizio fatta su misura che contiene tanti prodotti: prosciutto cotto, salamini di cervo e di camoscio, varie tipologie di wurstel, trancetti di speck… “così i clienti prendono direttamente
e velocemente ciò che serve loro, sapendo che sono tutti prodotti fatti da noi!” Loris e la moglie Mariapia si avvalgono della collaborazione di quattro dipendenti, che si alternano tra negozio e laboratorio, nel portare avanti l’attività che ha avuto un trend in costante crescita, dall’inaugurazione del nuovo negozio a fine marzo scorso: “La clientela ha accolto con entusiasmo
IL NEGOZIO ARREDATO Allestire la macelleria
la nuova location: è stata definita elegante, pulita, per qualcuno un punto vendita adeguato ad un grande contesto urbano, come Milano. Abbiamo avuto un notevole incremento di clientela nuova superando quanto facevamo prima tra negozio e cooperativa. C’è chi viene a prendere solo l’affettato perché noi lo tagliamo in un certo modo, lo proponiamo pulito, lo avvolgiamo adeguatamente. Inoltre il 90% della proposta di salumeria è fatta da noi, cosa che per il cliente significa garanzia di qualità. Inoltre, essendo in centro al Paese, chi viene in macelleria poi passa dal panettiere e dal fruttivendolo che sono accanto al nostro negozio. Abbiamo contribuito a valorizzare la piazza di Salorno diventano in un certo senso un traino anche per gli altri negozi.” Loris acquista la carne in un allevamento in Val Rendena, razze che arrivano dall’estero come le francesi, svezzate ed allevate però rigorosamente in Trentino “…vitelli e femmine di scottona, che
una volta al mese vengono scelti per la macellazione direttamente in stalla da noi. Acquistiamo da questo allevamento anche il maiale. D’altra parte, il nostro legame al territorio è molto forte, un po’ perché siamo il primo Paese dell’Alto Adige con tutta la tradizione che ciò significa, poi perché siamo vicini al Trentino dove ci sono allevamenti di alto livello, con filiera corta, che danno la sicurezza di far mangiare bene la mia clientela.” Per Ferrari la qualità deve essere al primo posto nei valori del macellaio moderno: tanta gente è infatti tornata ad acquistare la carne nella macelleria tradizionale proprio per avere la sicurezza della buona qualità, oltre ad un certo rapporto umano che il macellaio riesce ad instaurare mettendo in campo professionalità e competenza. “Dobbiamo lavorare con la qualità per fornire un servizio puntuale ed attento, assecondando la clientela nelle sue richieste ed invitandola a conoscere i nuovi prodotti. Da evitare invece di metterci in concorrenza con i supermercati poiché sarebbe una partita persa in partenza.” Anche creatività e innovazione contribuisco-
no a rafforzare la qualità dei prodotti e ad attrarre il consumatore: borse, brochure, carta, bigliettini, camici, grembiuli e cappellini tutti uguali, e chi più ne ha ne metta! ma ciò che conta sempre è la qualità e il passa parola: “Per esperienza, quando partecipo con i miei prodotti ad una festa o a una sagra a Salorno o in Paesi limitrofi, senz’altro dei nuovi clienti poi vengono ad acquistare in negozio. Per il momento non stiamo realizzando degli eventi in macelleria, ma l’intenzione è quella, per esempio, di organizzare degustazioni settimanali creando abbinamenti tra carne, formaggi, salumi e vino. Con le persone attualmente occupate in macelleria non riusciamo ancora a programmare questo tipo di eventi: purtroppo quello della formazione è davvero un problema grosso, mancano scuole professionali, e facciamo molta fatica a trovare giovani che vogliano intraprendere seriamente la professione del macellaio.” Cosa che, invece, per Loris Ferrari è successa. “Ma sono stato io a decidere di usare questo lavoro per esprimere la mia intraprendenza e creatività – scrive nel suo sito.”
LAVORO, RICERCA, PASSIONE
“Ero un ragazzino quando iniziai. Mi avvicinai per caso al mestiere di macellaio e all’arte della norcineria. Qualche anno dopo Natale Magnani, un’istituzione, mi chiese di lavorare per lui. Mi fece crescere, fino a scegliermi come successore. Scoprii che lavorando potevo contribuire alla bellezza e alla generosità del mondo, stuzzicare la mia fantasia e quella altrui con sempre nuove prelibatezze e, divenuto imprenditore, continuare a migliorare l’attività.” Così racconta i suoi inizi e lo sviluppo della sua attività Loris Ferrari che oggi offre un range di prodotti ben articolato: carni, quasi tutti gli insaccati compreso il prosciutto cotto e, ovviamente, il mitico speck, preparati pronti a cuocere come hamburger, spiedini, tenerelli, involtini, qualche pronto, come vitello tonnato e roast beef all’inglese, ed il cavallo di battaglia: la pasta di lucanica schiacciata che la macelleria Magnani produce in quattro-cinque quintali a settimana, già pronta da fare in padella secondo la tradizione locale. Tutto insomma è frutto di lavoro, ricerca e passione, con apertura alle novità ed alle nuove tecnologie -come quelle di Coldar – sempre con la qualità costante e la genuinità della materia prima, senza uso di conservanti: “Da mio padre ho imparato il valore del lavoro duro e dell’onestà, da Magnani la passione per la norcineria. Di mio, ci metto la ricerca continua.”
Tel: +39 049 9000950 info@coldar.it www.coldar.com
CARNE E DINTORNI Speck Alto Adige Igp
Una specialità unica legata al territorio Lo Speck Alto Adige IGP (indicazione geografica protetta) è una tipica specialità regionale sempre più apprezzata e presente sulle tavole dei consumatori italiani
di Marina Caccialanza
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l legame con la sua terra d’origine, l’Alto Adige, è l’aspetto peculiare dello Speck. È proprio il clima favorevole delle valli alpine – sole e aria pulita – l’elemento fondamentale della sua produzione. “Poco sale, poco fumo e tanta aria aperta” ripetono come un mantra i produttori, ma non è uno slogan, piuttosto è la sintesi della realtà. Nato dalla simbiosi di due metodi di conservazione della carne - la stagionatura, caratteristica delle regioni mediterranee e l’affumicatura, tipica del nord Europa - lo speck è un prodotto inconfondibile che può vantare una lunga tradizione. Fin dal 1200, infatti, le testimonianze storiche rivelano la necessità, e dunque il metodo, di conservare le carni dei suini macellati in inverno per consumarle tutto l’anno. IL PROCESSO PRODUTTIVO Il primo fattore essenziale per la produzione di uno speck di qualità è la selezione della materia
Energia e sapore • 50 g di Speck Alto Adige IGP coprono una grossa quota del fabbisogno giornaliero di sostanze nutritive, in quanto lo speck contiene un’elevata percentuale di proteine, grassi e vitamine • 100 g di Speck contengono il 30% di proteine • I grassi contenuti nello Speck Alto Adige sono considerati un’importante fonte di energia e facilitano l’assunzione delle vitamine liposolubili • Le vitamine B1, B2 e B3 contenute nello Speck Alto Adige rafforzano il corpo e donano vitalità • Ferro, potassio, fosforo, zinco e sale fanno dello Speck Alto Adige uno straordinario fornitore di energia
con una miscela speciale di spezie, sale, pepe, alloro, ginepro e rosmarino secondo una ricetta segreta e gelosamente tramandata. Vengono poi salmistrate a secco in ambiente controllato per tre settimane e girate più volte per agevolare la penetrazione uniforme della salamoia. Fedeli alla regola “poco sale”, il contenuto di sale nel prodotto finale non deve superare il 5%. Segue l’affumicatura leggera e fredda – poco fumo – con legna di faggio poco resinosa a una temperatura non
prima: per lo Speck Alto Adige IGP vengono utilizzate solo cosce suine magre e provenienti da allevamenti riconosciuti e appartenenti a Paesi facenti parte dell’Unione Europea. Un capitolato definisce i criteri di selezione delle cosce e il taglio. Dopo essere state marchiate per garantire i controlli, le baffe vengono cosparse
Finocchiona IGP (e altre DOP e IGP) per i Panini d’Italia I
l progetto “Panini d’Italia” è stato presentato a TuttoFood 2019. Il presidente del Consorzio della finocchiona Igp, Alessandro Iacomoni, e il direttore, Francesco Seghi, hanno sottolineato che l’obiettivo dell’iniziativa è di far comprendere, grazie all’estro dello chef Shady, la versatilità della finocchiona Igp, che si abbina con le altre eccellenze Dop e Igp italiane. Con l’aiuto dello chef Shady è infatti possibile uscire dalla classica visione della finocchiona Igp sui taglieri toscani per avventurarsi in un viaggio alla scoperta dei sapori tradizionali della penisola. Per esempio, in onore della Lombardia, quale simbolo dell’arte bianca è stata scelta la michetta unita alle note pungenti e alla cremosità del gorgonzola Dop in contrasto con la dolcezza delle pere di Mantova Igp, la croccantezza delle noci e la freschezza del finocchietto della finocchiona Igp. Un’altra ricetta richiama l’Emilia Romagna: la finocchiona Igp si affianca alla piadina romagnola Igp, al grana padano Dop e all’aceto di Modena Igp. Un filoncino croccante, la mozzarella di bufala Dop, le nocciole di Giffoni Igp, l’olio delle colline salernitane Dop ed infine la finocchiona Igp evocano la Campania. E ancora il pane toscano Dop, la cipolla rossa di Tropea Igp, il pecorino toscano Dop, l’olio extravergine di oliva toscano Igp, il provolone Valpadana Dop. Il viaggio tra i sapori italiani prende vita in questi panini che giocano tra abbinamenti insoliti e tradizioni profonde.
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CARNE E DINTORNI superiore a 20°C in alternanza a periodi di esposizione all’aria aperta. La stagionatura in stanze arieggiate con una temperatura da 10 a 16°C e un’umidità compresa tra il 55% e il 90% dura 22 settimane per rispettare il disciplinare e ottenere il marchio Igp. La leggera muffa che si forma sulla superficie della baffa conferisce al prodotto un aroma speziato inconfondibile e impedisce che si secchi. NUMERI E STILI DI MERCATO Ogni anno la produzione totale di speck da parte dei produttori riconosciuti dal Consorzio si aggira intorno a 7 milioni di baffe (32.414 tonnellate) ma solo il 36% - 2,6 milioni di baffe - può portare la denominazione Speck Alto Adige IGP. Il 66,8% della produzione viene distribuito sul mercato nazionale, il 33,2% del prodotto marchiato IGP è venduto al di fuori dei confini nazionali: lo speck è uno dei prodotti italiani alimentari maggiormente esportati, principalmente in Germania in ragione del 26,9%. Il resto delle esportazioni si dividono tra USA e Paesi della Comunità Europea seguiti dal Giappone. IL TAGLIO FA LA DIFFERENZA Il modo in cui la fetta di Speck viene tagliata influisce sulla degustazione: con o senza crosta, a fette a mano o con l’affettatrice in fettine sottilissime, eleganti e delicate, a dadini o a bastoncini ciascuno di questi modi conferisce un gusto e una sensazione diversi. In ogni caso, lo Speck dev’essere sempre tagliato contro fibra e quanto più sottile possibile, anche se affettato a mano; più è sottile meglio si scioglie in bocca e inoltre, più ampia è la superficie del prodotto a contatto con l’ossigeno, più si sprigionano gli aromi. Il taglio a fettine sottili con l’affettatrice, dopo aver tolto la cotenna, è particolarmente adatto per ricette moderne e mediterranee. Tagliato a mano è ideale per essere gustato secondo la tradizione: si consiglia di prepararlo a fettine sottili o a pezzetti e accompagnarlo con pane di segale e vino rosso.
LUNGA CONSERVAZIONE, CON QUALCHE ACCORTEZZA La conservazione avviene al fresco (circa 5°C) in frigorifero al riparo dalla luce. Nel caso della conservazione sottovuoto, valida per parecchi mesi, è consigliabile estrarlo dalla confezione almeno un quarto d’ora prima della consumazione affinché gli aromi abbiano la possibilità di sprigionare liberamente. In questo caso, una volta liberato dal sottovuoto, è possibile conservarlo avvolto in un panno o tra due piatti fondi anche per alcune settimane. Sulla superficie, l’umidità potrebbe formare delle leggere muffe che basta asportare senza intaccare la qualità del prodotto.
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he l’inquinamento della plastica sia un problema non più derogabile, lo dimostrano non solo le immagini di balene con la pancia piena di plastica, di pesci soffocati dalle confezioni di cibo finiti in mare, di spiagge dove bisogna fare i salti mortali per non imbattersi in bottiglie, sacchetti ed altra spazzatura, ma anche il fatto che delle microplastiche (sostanze plastiche generalmente più piccole di 5 millimetri fino a livello micrometrico) si parla ormai di pericolosità per la salute dell’uomo. Una volta in mare queste sostanze vengono ingerite dalla fauna arrivando addirittura a modificare la catena alimentare. Secondo l’Ispra il 15-20% delle specie marine che finiscono sulle nostre tavole contengono microplastiche, mentre uno studio condotto dall’Università d’Irlanda a Galway e pubblicato sulla rivista Frontiers in Marine Science [1] rivela che oltre il 70% dei pesci mesopelagici, che vivono a 100-200 metri di profondità nell’Oceano Atlantico Nord-Occidentale e vengono a galla per mangiare durante la notte, ha ingerito microplastiche. La plastica ingerita da pesci, molluschi e crostacei finisce pure nei nostri piatti. Il rischio è, dunque, reale anche per gli esseri umani: gli inquinanti rilasciati dalle microplastiche possono interferire con il sistema endocrino umano fino a produrre alterazioni genetiche. Il Consiglio UE ha dato l’assenso formale alla direttiva votata dal Parlamento Europeo lo scorso 27 marzo [2], che vieta dal 2021 oggetti in plastica monouso come piatti, posate e cannucce. Anche le aste per palloncini e i bastoncini cotonati in plastica dovranno essere banditi. In particolare, la Direttiva prevede: • divieto di prodotti monouso in plastica per posate, piatti, cannucce, bastoncini per palloncini, tazze, contenitori per alimenti e bevande in polistirolo espanso, tutti i prodotti in plastica ossidegradabile, bastoncini di cotone • misure per ridurre il consumo di contenitori per alimenti e tazze per bevande in plastica • etichettatura specifica di alcuni prodotti con la spiegazione del loro impatto ambientale • responsabilità del produttore che copra i costi di pulizia dei rifiuti, applicati a prodotti come i filtri per il tabacco e gli attrezzi da pesca • raccolta differenziata del 77% entro il 2025 e del 90% entro il 2029 per le bottiglie di plastica • l’inserimento del 25% di plastica riciclata nelle bottiglie di PET a partire dal 2025 e del 30% in tutte le bottiglie di plastica a partire dal 2030 • i contenitori per bevande in plastica saranno ammessi solo se i tappi e i coperchi rimangono attaccati al contenitore. La Direttiva ora dovrà essere recepita attraverso norme nazionali, anche perché prescrive nel suo insieme date differenziate per l’introduzione delle diverse misure. Trattandosi di una direttiva e non di un regolamento ci potrebbero comunque essere delle differenze tra le indicazioni date e il recepimento in Italia.
Figura 1 - Logo Milano Plastic Free 16
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Un primo passo concreto dell’Europa
Basta plastica monouso Approvata dal Parlamento Europeo la direttiva che vieta l’uso dal 2021 delle plastiche monouso - Regole precise per la salvaguardia degli ecosistemi, soprattutto marini - Cosa cambia per gli operatori della ristorazione e delle gastronomie che somministrano cibo d’asporto
Giuseppe L. Pastori - Tecnologo Alimentare Ciononostante molte amministrazioni locali e anche il Ministero dell’Ambiente stanno emanando provvedimenti, alcuni di adesione su base volontaria, altri che regolano da subito il divieto di impiego delle plastiche monouso, suggerendo regole per i servizi di ristorazione e di somministrazione al pubblico di cibo d’asporto, per impiegare piatti, vaschette e bicchieri riutilizzabili o compostabili, pena l’applicazione di sanzioni. Le amministrazioni che hanno adottato ordinanze che vietano la plastica monouso sono soprattutto le mete turistiche e le località balneari rinomate, ma anche le medie e grandi città si muovono nella direzione di vietare l’uso delle Figura 2 – Schema che indica la posizione delle plastiche biobased rispetto a plastiche monouso. quelle derivate dal petrolio e le caratteristiche verso la biodegradabilità delle diverse plastiche (fonte: European Bioplastics) Tra queste ricordiamo Milano, che in collaborazione con Legambiente si è posta l’imperativo di eliminare la plastica guaggio comune e i campi applicativi di questo usa e getta e ha promosso la campagna “Milano materiale, per sua natura più ecologico della traplastic free”. Il progetto pilota è già partito in due dizionale plastica, sono ormai diventati numerosi. quartieri ma conta anche sull’adesione volontaria Innanzitutto bisogna distinguere tra bioplastica e di singoli commercianti. Gli esercizi commerciali plastica biodegradabile. La prima, come fa sapere che aderiranno al progetto saranno riconoscibili l’associazione European Bioplastics, deve derivare perché potranno esporre la vetrofania creata ad solo da materie prime rinnovabili (materiali “biohoc con il logo “Milano plastic free”: tante canbased” come le biomasse vegetali: mais, canna nucce stilizzate che formano il Duomo di Milano da zucchero o cellulosa), essere biodegradabile o – Fig. 1. riciclabile, oppure avere tutte e due le caratteriAnche molte insegne della GD/GDO stanno prostiche insieme, che non prevede quindi l’impiego ponendo nuovi protocolli per ridurre da subito di prodotti di origine fossile, come ad esempio la vendita delle plastiche monouso e avviando petrolio o carbone. La seconda identifica un macampagne di sensibilizzazione alla clientela. teriale che può essere degradato da microrganismi presenti nell’ambiente in sostanze naturali LE ALTERNATIVE OGGI DISPONIBILI. PAROLA come acqua, gas naturali (anidride carbonica e il D’ORDINE: ECOLOGICI E COMPOSTABILI metano) o in compost (senza impiego di additivi I materiali alternativi alla plastica sono già entrati artificiali). a far parte della vita quotidiana. “Biobased” non è uguale a “biodegradabile”, perLe alternative sono le bioplastiche e le plastiche ché la proprietà della biodegradazione non dibiodegradabili, come il PLA (acido polilattico); pende dalla base di risorse di un materiale, ma è inoltre validi materiali sono quelli cellulosici, cioè piuttosto legata alla sua struttura chimica: esistoa base di carta ma anche a base di legni come il no materiali a base bio degradabili (come il PLA) bambù o le foglie di palma e da ultimi i contee altri che pur essendo “biobased” non lo sono nitori commestibili, fatti con cialde rivestite con (come il bio-PE e il bio-PET, che sono solo riciclapellicole alimentari che resistono a determinate bili) – Fig. 2. temperature. Occorre prestare attenzione alla presenza di loghi Il settore alimentare sembra essere il più interesed etichette che ci aiutano a riconoscere i diversi sato a questo genere di materiali, che possono materiali bio, ma è soprattutto importante che contribuire a ridurre l’enorme quantità di rifiuti di essi siano collegati ad un sistema di certificazione. plastica monouso. Caratteristica di tutti i materiali Nessuna plastica anche biodegradabile, per eco-compatibili deve essere comunque la piena quanto compostabile, si degrada in tempi brevi, rispondenza ai regolamenti comunitari riguardo in modo da risolvere il problema dell’inquinal’idoneità al contatto con gli alimenti [3-4] e la camento delle “zuppe plastiche” che affliggono gli pacità di essere compostati. oceani mondiali. Tuttavia, le filiere del riciclo delle Vediamo in dettaglio alcune delle caratteristiche bioplastiche sono un esempio virtuoso di econoprincipali di questi materiali alternativi. mia circolare. 1. BIOPLASTICHE: UNA GRANDE FAMIGLIA DI MATERIALI DIVERSI Il termine bioplastica è da tempo entrato nel lin-
2. CONTENITORI A BASE DI CARTA Da sempre la carta e il cartone vengono utilizzati con successo, e sono garanzia di sicurezza,
NORMATIVA AL DETTAGLIO sostenibili), stabiliti da norme tecniche. Tutti i per una vasta gamma di applicazioni nel settore prodotti devono essere idonei tecnicamente. I dell’industria alimentare. Tuttavia la carta tal quale prodotti non devono necessariamente riportare viene usata principalmente per il contatto diretto delle marcature, anche se, genecon alimenti secchi per i quali non ralmente, sono contraddistinti dal sono previste prove di migrazione. logo dell’ente di certificazione. Le Le carte e i cartoni non accoppiainformazioni a riguardo potrebbero ti e non trattati non sono idonei essere riportate anche sulle schede per imballare alimenti con un alto tecniche che li accompagnano. Vancontenuto d’umidità (per esempio, no comunque richieste al fornitore alimenti liquidi, prodotti congelati al momento dell’acquisto, perché bagnati o da servire caldi), poiché un’etichettatura in merito non è al si deteriorerebbero, provocando la momento obbligatoria. Il marchio migrazione delle sostanze contenute direttamente nell’alimento. Per Figura 3 - Uno dei marchi svilup- di certificazione però assicura che il prodotto è conforme a specifici questo tipo di alimenti si usano co- pati dall’European Bioplastics munemente carte e cartoni accop- per indicare un imballaggio che requisiti ed è un innegabile vantaggio rispetto ai prodotti che ne sono piati con un film plastico in polieti- può essere compostato privi. Un esempio di marcatura è lene. I piatti in carta plastificata che quello sviluppato dall’European Bioplastics e cerimpedisce l’assorbimento di liquidi e grassi non tificato dalla DIN CERTCO (ente normativo tedepossono essere buttati nell’organico. Un piatto sco) che introduce uno schema di certificazione pulito, senza residui alimentari, può essere solo per i prodotti compostabili composti di materiali riciclato nella carta. biodegradabili - Fig. 3. Esistono tuttavia piatti di carta biodegradabili e Solo i prodotti con caratteristiche di biodegradacompostabili, che possono dunque essere confebilità e di compostaggio che sono certificati seriti nell’umido una volta sporcati: sono realizzati condo le norme europee EN 13432 e EN 14995, in polpa di cellulosa. La fitta trama dell’impasto possono essere tranquillamente smaltiti nella fragarantisce un livello di impermeabilità molto più zione umida e possono diventare compost. alto in confronto alla normale cellulosa; inoltre, riIn ogni caso nei prossimi due anni chi usa piatti, spetto alla plastica biodegradabile, resiste meglio posate, bicchieri di plastica e cannucce monouso, alle alte temperature (fino a 200°C). Questi piatti principalmente gli utenti domestici e chi opera possono essere utilizzati nel microonde e hanno nell’ambito della ristorazione e della somminicosti inferiori. strazione di cibi e bevande, dovrà adeguarsi alla Per la carta l’idoneità al contatto con alimenti fa direttiva. riferimento a normative nazionali (in Italia è anQuando non basta dire ai cittadini di avere un cora in vigore il DM 21/03/73 e successive modicomportamento civile, l’unico modo per evitare fiche) e alla Raccomandazione XXXVI (incluse le danni alla Natura è quello di passare alle vie di fatparti 1, 2 e 3) del BfR tedesco (Bundesinstitute für to: dopo la votazione della commissione AmbienRisikobewertung) [5] che fissa limiti di composite a gennaio e di quella del Parlamento Europeo zione e requisiti di purezza e che rappresenta uno a marzo 2019, in un paio di anni tutti i prodotti standard conosciuto e largamente utilizzato dagli monouso realizzati in plastica dovranno sparire. operatori. Gli Stati membri avranno 24 mesi di tempo per recepire la direttiva. 3. CONTENITORI PER ALIMENTI Tuttavia poiché questa problematica interessa COMMESTIBILI soprattutto il comparto degli esercizi al dettaMangiare non solo il contenuto ma anche il glio, della ristorazione e della somministrazione contenitore, sembra essere l’ultima frontiera per di alimenti d’asporto, una legge nazionale dovrà evitare il consumo di plastiche monouso nel taessere adottata in modo ponderato ma risoluto ke-way. Piatti, bicchieri, posate, pellicole protettinel breve-medio periodo. ve, tazzine e altri ausili utili a servirsi e nutrirsi posNon si può nemmeno esclude per il futuro la possono essere a loro volta mangiati con una certa sibilità di praticare uno sconto sulla TARI ai comsoddisfazione. Scientificamente parlando, sono mercianti che aderiranno al progetto di eliminaoggetti edibili. zione della plastica. Una sorta di riconoscimento Si tratta di contenitori realizzati con una combiper l’impegno nella riduzione dei rifiuti in plastica. nazione di fecola di patate, acqua e olio (messa Un po’ come già avviene per ristoranti e supera punto dalla belga Do Eat) abbastanza resistenti mercati che donano le eccedenze alimentari. per contenere salse e ogni tipo di cibo. RicordiaPuò anche darsi che i produttori di plastiche samo poi il progetto di un imprenditore trentino ranno chiamati a contribuire sui costi di gestione che con la sua idea (Pappami) ha messo a punto del rifiuto da loro fabbricato. Si parla, ad esempio, un piatto sviluppato con ingredienti simili a quelli dell’industria delle sigarette, che dovrà finanziare i dei crackers. Questo piatto è caratterizzato da una costi del riciclo dei mozziconi, e anche di chi procorolla con petali pre-incisi che si possono facilduce i palloncini o gli attrezzi da pesca in plastica. mente staccare e gustare unitamente alla pietanI regimi di responsabilità estesa del produttore za e può essere congelato e usato nel forno a mi(EPR) sono in linea con il principio “chi inquina croonde; se non viene consumato, si può smaltire paga”, un obbligo stabilito dal trattato sul funnella frazione dell’organico. Non da ultimo, c’è la zionamento dell’Unione Europea (articolo 191, Cookie Cup di Lavazza, la tazzina del caffè tutta paragrafo 2, del TFUE). I sistemi EPR sono già ben da mangiare per evitare l’utilizzo delle tazzine usa consolidati per il packaging, dove i produttori ace getta o di sprecare l’acqua per lavare quelle in cettano di contribuire. Con la nuova legislazione ceramica. UE sui rifiuti del maggio 2018, l’EPR è obbligatorio per tutti gli imballaggi. Questi schemi EPR posCONCLUSIONI sono includere i costi di pulizia della spazzatura. Perciò se chiederemo una cannuccia non potreLa proposta legislativa di oggi prevede che i promo più averla in plastica ma ce la offriranno di duttori di articoli in plastica più sporchi debbano bambù e per gustarci un finger food potremo coprire i costi di pulizia. Attualmente, i costi del avere una pagoda e degli stecchini in legno o deposito di articoli in plastica monouso sono sodelle chips fritte in un cono in legno o altro mastenuti dal settore pubblico e in ultima analisi dai teriale vegetale. contribuenti. I materiali devono rispettare i requisiti di riciclabilità (per la carta) e di biodegradabilità e compostabilità (per il PLA e gli altri materiali ecoBibliografia disponibile presso l’autore e la redazione
Legge europea anche per inchiostro nel cibo
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ltroconsumo, insieme ad altre tre associazioni europee di consumatori, ha condotto un’indagine su 76 campioni di imballaggi in carta e cartone alla ricerca delle sostanze chimiche indesiderate nel cibo che viene a contatto con contenitori stampati. I risultati dei test (condotti in Italia, Danimarca, Norvegia e Spagna) hanno rilevato che 45 campioni erano “puliti” mentre 31 avevano gli imballaggi che presentavano una dose di rischio di trasmissione ai cibi di sostanze chimiche. Nonostante esistano già buone pratiche industriali per evitare che gli inchiostri vengano in contatto con gli alimenti, può tuttavia capitare che si verifichino migrazioni di alcune sostanze durante il periodo di conservazione dell’alimento o contaminazioni dei contenitori in altri momenti. La ricerca si è concentrata su due tipi di sostanze presenti negli inchiostri, sottolinea Altroconsumo: le ammine aromatiche primarie - alcune delle quali note o sospettate di avere proprietà cancerogene e mutagene per l’uomo - e diversi fotoiniziatori, cioè sostanze usate per dare brillantezza ai colori - anche loro con possibilità di essere cancerogene o perturbatori del sistema ormonale. Per fare le valutazioni, in assenza di una norma specifica sugli inchiostri, gli esperti si sono affidati a due punti di riferimento legislativi e scientifici: la legislazione svizzera che regolamenta l’uso degli inchiostri da utilizzare sugli imballaggi alimentari e il parere dell’ente governativo tedesco di valutazione dei rischi alimentari (Bfr) per quanto riguarda la possibile migrazione delle ammine aromatiche primarie da articoli in carta stampata. Per quanto riguarda le ammine aromatiche primarie 9 campioni ne contenevano una quantità superiore alla raccomandazione del Bfr, mentre per i fotoiniziatori 6 campioni avevano una migrazione al di sopra dei limiti stabiliti dall’ordinanza svizzera e 15, pur avendo un alto contenuto nell’imballaggio, avevano una migrazione bassa o nulla nei cibi. Anche in questo caso, dunque, sarebbe opportuna una legge europea in materia di imballaggi stampati che tuteli maggiormente i consumatori da questo rischio. In Italia in particolare esiste già una norma specifica sulla carta e cartone alimentare, ma non una sugli inchiostri di stampa.
Il futuro della plastica da mais e fruttosio
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i plastica “eco” da mais e fruttosio se ne occupa da una decina d’anni lo staff dell’Università del Wisconsin di Madison: un lavoro scientifico infatti sottolinea le caratteristiche di un prodotto che nasce dalle pannocchie di mais e in generale dalle fonti di fruttosio. I chimici dell’ateneo sono riusciti a mettere a punto una processo produttivo che utilizza il solvente inodore e trasparente GVL (gamma-valerolattone) ricavato da fonti rinnovabili come le pannocchie che permette di ottenere grandi quantità di FDCA (acido 2,5-furandicarbossilico) che può essere utilizzato come sostituto dell’acido tereftalico (TA) a base di petrolio impiegato soprattutto nei PET. I vantaggi fondamentali derivanti dall’utilizzo di questa plastica “eco” sarebbero il ricorso a fonti rinnovabili, l’eliminazione della reazione di acidi corrosivi, la riduzione dei processi di lavaggio e di macchinari costosi, la possibilità di riciclare una parte di FDCA e di GVL, la buona tenuta della sigillazione. Ovviamente tutto ha un costo: è necessario ancora qualche aggiustamento tecnico, prima di poter far decollare appieno questa nuova tecnologia e arrivare alla sostituzione del PET a costi industriali sostenibili.
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“Italia” ovvero “Bel Paese che vai…”
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iprendiamo la rubrica “Bel Paese che vai…” con il tour virtuale nelle macellerie italiane per dare voce a quei macellai italiani che, in un’ottica di aggiornamento professionale e tecnico dell’attività, sono sensibili all’aggiornamento e all’investimento in attrezzature e macchinari di nuova generazione.
Il viaggio continua sempre grazie alla collaborazione della società Criocabin specializzata nel settore della refrigerazione commerciale con prodotti di alto livello totalmente made in Italy - che suggerisce alla redazione alcuni esempi “carnivori”, in un’alternanza tra Italia e Paesi esteri. In questo numero è protagonista il Nord-Est, con le provincie di Venezia e Trento.
Gastronomia-macelleria Coi
Progetti personalizzati, unici ed innovativi
C
orreva l’anno 1955 quando i due capostipiti Gaetano Coi e Demetrio Negro (rispettivi nonni degli attuali titolari) hanno dato inizio all’attività, allevando e macellando personalmente bovini, vitelli e suini. Nel corso degli anni, nel negozio di famiglia hanno trovato impiego anche i due figli: Bruno Coi e Fernanda Negro. Nel 1982 è cessata la macellazione del bestiame, nel 1987 la vecchia stalla è stata tramutata in una cucina e, dove una volta vi era il macello, è stato realizzato un comodo retrobottega. La ristrutturazione degli ambienti ha segnato l’inizio della gastronomia e ancora oggi nonna Fernanda realizza deliziosi manicaretti e gustose ricette tradizionali utilizzando carni, salumi, formaggi e preziosi tesori dell’orto. Negli anni ‘90 hanno fatto l’ingresso nella gastronomia-macelleria di Cazzago di Pianiga (Venezia) i nipoti Manuel e Andrea, attuali titolari, e nel corso degli anni l’esperienza maturata direttamente sul campo è stata farcita con gli antichi valori tramandati di generazione in generazione. Sono le tradizioni, la qualità, la genuinità, il rispetto dei tempi dettati da Madre Natura e l’assoluto rifiuto all’utilizzo di conservanti e additivi che consentono alla gastronomia-macelleria Coi di far portare in tavola ai consumatori il sapore genuino della cucina casareccia. Il tutto corroborato da una spiccata propensione per le attrezzature di innovativa generazione. Ce ne parlano Manuel e Andrea. Come siete venuti a conoscenza di Criocabin? Abbiamo conosciuto l’azienda quando nel 1987 abbiamo fatto il primo restauro del nostro negozio. Ci hanno creato un banco frigo di 18 metri fantastico, unico per design e innovazione, il più bello costruito negli anni ’80…i primi vetri curvi e i pianali in alluminio che sono durati 30 anni! Quali sono state le motivazioni che vi hanno fatto scegliere questa azienda? Sono molteplici. Nessuno come Criocabin riesce a personalizzare il tuo progetto, il tuo negozio. Fare un banco frigo o qualsiasi altra attrezzatura, tipo cella di refrigerazione o banchi per esposizione, su misura è fondamentale per ottimizzare gli spazi e creare quella atmosfera che caratterizza il tuo negozio.
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Gli uomini Criocabin sono molto disponibili e si fanno in quattro per soddisfare le tue esigenze. Abbiamo anche visitato la fabbrica, dove viene costruito il progetto, e ci siamo resi conto della loro efficienza, della competenza e dell’organizzazione che rappresentano il meglio del made in Italy in questo settore. Abbiamo scelto Criocabin forti anche della esperienza con il precedente banco e della maniacale cura dei dettagli da non sottovalutare mai in fase di progettazione. Quali attrezzature avete installato e perché le avete scelte? Abbiamo installato un banco vetrina Etoile di nuova generazione per la conservazione della carne, creato su misura per i nostri spazi: 16 metri di autentica bellezza! Abbiamo installato l’EDB, una vetrina che ci permette con le nuove tecnologie di frollare la carne. Abbiamo scelto queste attrezzature perché, confrontate con il design di quelle della concorrenza, sono più belle, più funzionali, “più magnifiche”! Che cosa richiedete al vostro fornitore di apparecchiature in termini di consulenza e assistenza pre e post vendita, ma anche abitualmente? Soprattutto consigli in base alle loro precedenti esperienze su altre attività. Quanto è importante l’investimento in tecnologie e attrezzature innovative nel negozio di macelleria? I tempi cambiano, i consumatori cambiano, i clienti cambiano…Abbiamo bisogno di tecnologie e
attrezzature che ci possano permettere di stare al passo coi tempi e di soddisfare le esigenze dei nuovi clienti. Soprattutto i giovani, molto più informati e istruiti, ci richiedono carni con frollature più lunghe e tagli particolari come brisket, skirt steack, rib eye, tomahawk… ecco perché abbiamo installato l’EDB che ci permette di portare la carne a frollature lunghe. Quali sono i miglioramenti che avete ottenuto dopo aver installato i “sistemi” Criocabin? Il primo fattore è il risparmio energetico: spendere meno per il consumo elettrico è importantissimo sia per l’ambiente che in termini economici. Poi un miglioramento nell’uso degli spazi per lavorare meglio, con più ordine e comodità. Come percepisce i cambiamenti in negozio la clientela? Di fronte a tanta bellezza la clientela è rimasta impressionata. Notiamo che i nostri prodotti, che avevamo anche prima, vengono esaltati ancora di più, sono molto più visibili e presentati in modo migliore. Le vendite sono aumentate del 30% da subito. Avete in programma ulteriori investimenti per la vostra attività? Per il momento non abbiamo in programma altri ampliamenti, ma stiamo sostituendo alcune attrezzature obsolete in cucina. ¡
Macelleria “Da Paoletto”
Esperienza positiva, fornitore che non si cambia!
S
i chiama “Da Paoletto”, è ubicata nel centro storico di Mezzolombardo in provincia di Trento ed è stata inaugurata nell’aprile scorso. Il titolare Paolo Fontana precisa che, pur non essendo figlio d’arte, si è appassionato fin da ragazzo al lavoro in macelleria: tre anni fa si è messo in proprio rilevando una storica macelleria sempre a Mezzolombardo, ma ben presto, con la complicità della moglie Ilenia operativa in negozio con altri due addetti, ha fatto un ulteriore passo con l’acquisto di una nuova location. 150 metri quadri circa di area disponibile dei quali una settantina dedicati alla vendita e gli altri a laboratorio, cella e magazzino. “Criocabin è stata una coincidenza. Nella macelleria rilevata tre anni fa era installato un ‘vecchio’ banco dell’azienda - ci dice Paolo Fontana - e quando abbiamo trovato un locale da acquistare e ristrutturare ci siamo affidati ad un arredatore sen-
za dargli specifiche indicazioni sulle attrezzature. Ci siamo fidati di lui: ci ha proposto Criocabin e, visitando alcune macellerie con un responsabile dell’azienda per avere un’idea delle varie tipologie di banco, abbiamo scoperto che stavamo vedendo la nuova tecnologia del banco che usavamo da
BEL PAESE CHE VAI... al cliente una visione chiara accontentando tutti: tre anni. A quel punto mi sono tranquillizzato perdai clienti già convinti di cosa acquistare a quelli chè il vecchio banco funzionava benissimo.” indecisi che possono così trovare le varie proposte Oltre a ciò, quali sono state le altre motivazioni ben distinte. che hanno dato continuità a questo marchio? Qual è stata la reazione della clientela e come perSemplicemente che potevo fidarmi di questa azienda, visto la positività dell’esperienza già fatta! cepisce i cambiamenti in negozio? Tutti i nostri prodotti, dalle varie tipologie di carInnanzitutto abbiamo pensato di rendere gradevole lo spazio per la clientela che aveva avuto ne ai salumi freschi di nostra produzione, a quelli menti ed ampliamenti della vostra attività? modo di verificare la nostra proacquistati, si caratterizzano per Per il momento non abbiamo in programma dell’elevata qualità che vogliamo fessionalità già nell’altro negozio. le novità, ma se il mercato andrà con più vigore essere certi di avere anche nelle All’apertura della nuova location nella direzione dei cotti faremo le dovute riflessioattrezzature. ci ha seguito dandoci molte ni. Quando abbiamo inserito i pronto a cuocere soddisfazioni. Abbiamo inoltre Quali sono le apparecchiature che nell’altro negozio la risposta è stata molto positiva, constatato l’arrivo di nuovi clienti avete installato? quindi intendiamo continuare su questa strada alprovenienti anche da più lontaAbbiamo due banchi Etoile scellargando ulteriormente le proposte da cuocere a no. Tutti si sono abituati al nuovo ti appositamente in versione casa, fornendo suggerimenti e consigli su ricette e negozio senza alcun problema. G-concept, il sistema di refrigerametodologie di cottura. ¡ Avete in12:19 cantiere ulteriori investizione specifico per la carne. QueADV EDB_24x33,5_HR2.pdf 1 19/07/18 sto sistema, grazie al connubio di refrigerazione ventilata e fondo refrigerato con sistema a glicole, mantiene una maggiore umidità nella zona di esposizione, riduce il calo di peso per essiccazione e consente, con l’ausilio di una tenda notte, di conservare più giorni il prodotto all’interno del banco. Per i salumi abbiamo scelto il pensile EPV, nella versione con due ripiani con un’illuminazione che rende i prodotti sempre visibili al cliente. Che cosa richiedete al fornitore di apparecchiature come consulenza e assistenza pre e post vendita, ma anche abitualmente? Premetto che abbiamo parlato con il rivenditore di Criocabin che ci ha dato immediatamente disponibilità e consulenza seguendoci fino a quando abbiamo messo all’interno dei banchi i nostri prodotti. Ci sentiamo abitualmente per avere suggerimenti e consigli sulla taratura del raffreddamento, sulle temperature e altro. Collaborazione, costante disponibilità, tempismo è ciò che chiedo ai miei fornitori. Al di sopra di tutto, ovviamente, la competenza! Quali sono i vantaggi ed i miglioramenti che avete ottenuto dopo aver installato gli innovativi “sistemi” Criocabin? Sinceramente dobbiamo ancora conoscere nei dettagli i banchi installati ed imparare ad ottimizzare le loro caratteristiche: è una tecnologia che non secca la carne e la mantiene morbida, preservando i suoi succhi; inoltre non sono più necessarie le quotidiane operazioni di allestimento e disallestimento dei banchi, come invece dovevamo fare in precedenza, con vantaggi in termini di tempo e di lavoro pratico. È importante l’investimento in tecnologie e attrezzature innovative nel negozio di macelleria? È determinante per la qualità dei prodotti e del servizio. Abbiamo due banchi staccati veramente innovativi. In uno inseriamo tutti i tagli e le tipologie di carne tradizionali, dal Attraverso il delicato processo di maturazione chiamato “Dry-Aging” manzo al vitello, dal pollame al masi ottiene un prodotto dal gusto unico e dalle eccellenti qualità organolettiche. iale; nell’altro banco abbiamo tutti gli insaccati freschi di nostra produzione, come salsicce, luganega, carne salada, e i pronto a cuocere, hamburger, spiedini, involtini, arrosti, fettine marinate di tanti generi. Questa razionalizzazione espositiva agevola il nostro lavoro e permette pallino.it
Let’s meat
EDB, concentrato di tecnologia per ottenere la migliore frollatura della carne.
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ANIMALI DI RAZZA Varie tipologie di carne, dall’allevamento al negozio
Dalla Nuova Zelanda, novità per le tavole italiane I prodotti neozelandesi offrono varietà e gusto unici per il panorama culinario globale nel rispetto dell’ambiente, dell’animale e della sostenibilità
di Marina Caccialanza
L
a Nuova Zelanda e i suoi prodotti arrivano sul mercato italiano. Una gamma di specialità destinata a conquistare il mondo della ristorazione come quello retail. Prodotti che la Console Generale della Nuova Zelanda Ann Clifford ha descritto in maniera sintetica ma efficace durante la presentazione che si è svolta a Milano presso Iden-
permettono di ottenere prodotti alimentari di alta qualità che trovano un ottimo riscontro nella comunità italiana”. In queste poche parole è sintetizzata quella che è la caratteristica principale della Nuova Zelanda: pascoli e acque sconfinati, vegetazione selvaggia e una cura attenta e consapevole per l’ambiente e la sua sostenibilità unita a tecniche di alle-
Agnello Te Mana arrosto con peperoncino di Aleppo, melanzana aromatizzata alla menta e relish al cumino, harissa, grano verde freekeh by chef Peter Gordon
tità Golose Hub: “Il clima e la configurazione geografica della Nuova Zelanda, uniti alle nostre pratiche di allevamento e pesca sostenibili,
vamento e coltivazione che mirano alla qualità del prodotto. La qualità dei prodotti di origine animale è garantita da un sistema
di allevamento che limita al minimo l’intervento umano, favorendo il benessere animale in un contesto naturale unico nel suo genere. Tutto questo garantisce l’arrivo, sulle migliori tavole di tutto il mondo, di materie prime di qualità eccellente. La Nuova Zelanda detiene il primo posto ex aequo a livello mondiale per gli standard di benessere degli animali e applica rigide norme di gestione delle risorse ittiche per tutelarne la sostenibilità. Si pensi ad esempio al network per la protezione degli habitat bentonici della Nuova Zelanda, che con un’area
pari a quattro volte la superficie terrestre neozelandese costituisce una delle zone marine protette più
grandi del mondo, e in cui è vietata la pesca a strascico. Tra i nuovi prodotti figurano le vongole Cloudy Bay Clams, il New Zealand King Salmon, una nuova varietà di agnello Te Mana Lamb e dei vini neozelandesi, che vanno a unirsi a prodotti già noti e apprezzati come il miele di manuka, i kiwi Zespri e altre carni e frutti di mare neozelandesi. I prodotti neozelandesi saranno distribuiti in Italia da Longino & Cardenal e Selecta. ALLEVATO ALL’APERTO, NUTRITO A FORAGGIO Il bestiame della Nuova Zelanda è allevato in larga parte all’aperto, quindi viene nutrito a foraggio. Il risultato è un profilo gustativo unico e ben diverso da quello degli animali nutriti a cereali. La nuova varietà di agnello Te Mana Lamb 20
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ANIMALI DI RAZZA Varie tipologie di carne, dall’allevamento al negozio sua forma e la texture. È finemente marezzata (secondo lo stile Wagyu) e presenta un alto livello di grasso intramuscolare. IL CERVO, DALLE FORESTE INGLESI ALLE PRATERIE NEOZELANDESI È una razza particolare, differente dal cervo inglese selvatico (British Wild Venison) da cui ha origine. Viene allevato all’aperto e nutrito al pascolo e le sue carni hanno un
sapore più delicato, un gusto quasi nocciolato. Sono carni consistenti e a basso contenuto di grassi che ben si armonizzano con gli stili alimentari moderni: un’alternativa salutare per coloro che prediligono un’alimentazione sana. La carne magra del Pure South Venison, razza derivata dall’incrocio tra Red Deer e Wapiti, fornisce – soprattutto se comparata al manzo – proteine nobili di alto valore nutrizionale con pochissimi grassi.
Tagliolino con ricci di mare, carciofi e filetto di cervo Pure South by chef Andrea Ribaldone. Il classico tajarin piemontese impreziosito dalla carne di cervo cruda battuta a coltello e abbinata a un condimento fresco di ricci di mare e verdure.
pascola in un ambiente alpino e sviluppa così un tipo diverso di grasso intramuscolare, più ricco di Omega 3, e marmorizzato su microscala. Inoltre, la carne mantiene meglio forma e consistenza, ed è quindi meno incline a restringersi in cottura. Il Te Mana Lamb è il risultato di 11 anni di ricerca – condotta da Alliance, azienda agricola – su oltre 500
linee genetiche delle quali ne sono state selezionate 211 per il loro elevato livello di grasso intramuscolare e omega 3. Nutrito naturalmente con foraggio, l’agnello riceve negli ultimi 30 giorni un’integrazione dell’alimentazione a base di cicoria che favorisce la produzione di alti livelli di Omega 3. La carne, maturata per 21 giorni, è versatile e mantiene in cottura la
Economia circolare: recupero di scarti di macellazione
U
n progetto denominato PRISMA (PRodotti Innovativi ad alto valore agronomico dal recupero degli Scarti di MAcellazione) si propone di colmare in Sardegna la lacuna del riciclo e valorizzazione di scarti derivanti dai processi di macellazione, mediante attività di recupero e trasformazione basate sull’utilizzo di lombrichi in grado di degradare gli scarti organici. Il risultato di tale trasformazione sarà costituito da un fertilizzante che potrà essere utilizzato anche in agricoltura biologica. PRISMA avrà una durata complessiva di 28 mesi e la sua conclusione è prevista per il 31 dicembre 2020; ha ricevuto un finanziamento dal POR FESR di circa 850.000,00 euro per circa 1milione e 250mila euro di costi totali, co-finanziati con fondi degli organismi di ricerca e risorse private delle aziende. Attraverso questo progetto è nata, inoltre, una collaborazione con il Banco di Sardegna nell’ambito del Fondo Ricerca & Innovazione al quale l’azienda capofila ha fatto domanda di accesso. Gli scarti della macellazione dei bovini prodotti presso lo stabilimento di macellazione della Cooperativa Produttori Arborea verranno recuperati e trasformati, dando vita a nuovi prodotti agronomici impiegati per il miglioramento della fertilità del suolo e aumentare la qualità delle produzioni orticole. La maggior parte di queste eccedenze ha sempre rappresentato un rifiuto, ovvero un costo di produzione. Il progetto, presentato nell’aprile scorso, nasce nell’ambito delle attività di ricerca e innovazione portate avanti dall’Università degli Studi di Sassari attraverso la collaborazione con la Cooperativa Produttori Arborea. Sono inoltre partner del progetto l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sardegna, l’azienda BioSS, azienda produttrice di humus da lombricompostaggio in Sardegna, e Abinsula, operativa nel campo delle tecnologie ICT.
Il Consorzio si propone di raddoppiare la produzione
Obiettivi ambiziosi per la Cinta Senese Dop
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addoppiare se non triplicare la produzione di Cinta Senese Dop, perché l’attuale produzione di circa 4.000 capi non è sufficiente a soddisfare le molte richieste di mercato. È l’obiettivo che il Consorzio della Cinta Senese si propone di raggiungere offrendo una nuova opportunità di lavoro, ovviamente con il presupposto che sussistano alcune caratteristiche strutturali di base richieste dal disciplinare. Per esempio collocazione nel territorio toscano, adeguati spazi per allevamento allo stato brado e semibrado. “Sicuramente è indispensabile passione per gli animali e per la vita all’aria aperta – dice Daniele Baruffaldi, presidente del Consorzio –. La necessità di incrementare la produzione non è legata solo alla forte richiesta esistente, ma rappresenta un fattore indispensabile per stabilizzare il prezzo di mercato, fattore realizzabile solo in presenza di numeri stabili e non altalenanti.” Il presidente sottolinea che un altro vantaggio derivante dalla maggiore produzione è di poter programmare la logistica per la vendita di carne fresca, che ha ovviamente scadenza a breve e che necessita di trasporti speciali. Chi si appresta ad avviare un allevamento di cinta senese ha sicuramente bisogno di essere accompagnato da poche, ma importanti informazioni. Per questo il Consorzio si rende disponibile a indicare le condizioni necessarie per avviare allevamento di questa razza, ma soprattutto quali sono le problematiche e le criticità che tale tipo di impresa può presentare.
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ANIMALI DI RAZZA Varie tipologie di carne, dall’allevamento al negozio
Il ritorno delle galline antiche L’azienda porta il suo nome e lei, ogni giorno, ci mette la faccia insieme alla passione per il suo lavoro
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aura Peri è una giovane donna che nel 2004 ha fatto una scelta coraggiosa: allevare nel bosco polli da riproduttori di razza Valdarnese bianca e nera, recuperando una specie in via di estinzione attraverso la realizzazione di una struttura di filiera che parte dalla riproduzione, incubazione, accrescimento, alimentazione, macellazione fino alla commercializzazione. Nasce così l’Azienda Agricola Laura Peri, a Montevarchi in provincia di Arezzo. È un’azienda che va controtendenza; laddove il 99% del mercato avicolo consiste in animali di razze selezionate geneticamente per ottenere carni il più possibile idonee al mercato globale e solo l’1% è biologico e autoctono, Laura ha scelto di recuperare tradizioni antiche allevando animali liberi nel bosco con caratteristiche differenti da quelle da consumo tradizionale. Sono animali piccoli, dal petto minuscolo ma dalle carni tenere e gustose. Polli di qualità superiore per un mercato limitato,
in grado di apprezzare – insieme alla sostanza – il valore culturale ed etico di una produzione alternativa e non massificata. “Ho cercato le razze adatte a quest’operazione di reintroduzione sul territorio – spiega Laura Peri – e ne ho incontrate 52 prima di poter ricostruire i libri genealogici dei riproduttori, esaminando le caratteristiche per poter arrivare a una selezione. Il Valdarno di oggi è certamente diverso da quello di un tempo e le razze sono cambiate. Per questo era importante giungere a una selezione della specie più idonea a questo tipo di allevamento. Ho predisposto nei boschi delle sezioni di terreno suddivise per età del pollo e rintracciabilità in modo che il cibo venga somministrato secondo un criterio preciso, integrato secondo le necessità in maniera naturale, ma lasciando anche all’ani-
Azienda Agricola Laura Peri: punti di riferimento per l’allevamento • benessere animale e rispetto delle norme sanitarie; • importanza di una sana e corretta alimentazione; • rispetto dell’ambiente; • importanza del lavoro agricolo, facendo riferimento alle nostre origini; • biodiversità; • valore dell’approccio con l’animale, nel loro massimo rispetto.
male la possibilità di cibarsi liberamente di ciò che il bosco offre”. Otto ettari di bosco, da 50 a 100 polli per lotto di terreno e un risultato eccellente dal punto di vista qualitativo delle carni, vantaggioso per la sostenibilità dell’ambiente, favorevole al mercato, economicamente fattibile. Il Pollo Valdarnese appartiene a una razza rustica, di piccola taglia; il lento accrescimento, intorno ai 4/6 mesi, esalta il sapore genuino. Laura Peri ne conferma e garantisce l’alto valore nutritivo, che merita il costo elevato: “Non è un pollo da consumo di massa, naturalmente, perché ha un costo superiore alla media e tempi di cottura lenti. Ma dobbiamo ricordare che il suo pregio sta proprio nella qualità, nella sostenibilità dell’allevamento e soprattutto nel recupero di quella cultura del cibo che era andata persa”. M. C.
Si chiama Hida-wagyu ed è certificata
Dal Giappone una carne tra le più pregiate
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uando si parla di cucina giapponese, le prime cose che vengono in mente sono il sushi di salmone o tonno e il ramen, che affollano le tavole dei ristoranti orientali presenti in Italia. In realtà, la vera tradizione culinaria nipponica va ben oltre il semplice riso con pesce crudo, è piuttosto una filosofia, che presta enorme attenzione alla preparazione estetica, ma anche al bilanciamento dei macronutrienti, secondo i dettami della cucina macrobiotica sviluppata per la prima volta agli inizi del XIX secolo in Giappone, che rappresenta ancora oggi uno dei fondamenti della moderna e tradizionale cucina giapponese.
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L’attenzione nella ricerca degli ingredienti trova la massima espressione nelle tipiche carni giapponesi, di cui il manzo Hida-wagyu è considerato tra le più pregiate al mondo. Il processo di produzione di questo tipo di carne pone le sue fondamenta su una meticolosa ricerca e selezione dei migliori bovini. La carne si presenta intensamente marmorizzata, caratterizzata da venature simili a quelle del marmo, rappresentate dai grassi insaturi di cui è ricca, che si distribuiscono in modo uniforme anche a livello muscolare, anziché restare soltanto nello strato perimuscolare e sottocutaneo. Il risultato è una carne molto saporita in ogni suo punto ed incredibilmente tenera. Ad essere unica importatrice ufficiale per l’Italia di carni certificate Hida-wagyu è Yukari Vitti restaurant manager di Taki, tra i primissimi ristoranti giapponesi ad aver aperto in Italia, a Roma, nonché fedele ambasciatore della tradizione giapponese. Per ottenere la certificazione, gli allevatori devo
rispettare delle regole molto rigide e restrittive, che regolano ogni aspetto, dall’allevamento alla preparazione per la vendita della carne ottenuta. “In Italia molte persone conoscono la carne Kobe, ma quasi nessuno sa cosa sia il manzo Hida-wagyu che, invece, è considerata dai giapponesi come una delle migliori carni del loro Paese - dice Yukari Vitti -. Il richiamo al Paese del Sol Levante è già nel nome: Wa significa Giappone e Gyu significa manzo. Il manzo Hida-wagyu, a pascolo libero, nasce, viene allevato e preparato alla vendita nel suo stesso Paese di origine, Hida, nelle Alpi Giapponesi, con natura incontaminata e fattorie in prevalenza a conduzione famigliare.” Tra le proposte di carne tipiche giapponesi di Taki il nigiri wagtu, riso con sopra sottili striscioline di manzo scottato, le wagyu steak su piastra o spiedini su brace, lo Shabu-Shabu, caratteristico piatto giapponese che ricorda una modalità di cottura svizzera in brodo vegetale, ed il Sukiyaki, stufato in salsa di soia e verdure.
Intervento realizzato con il cofinanziamento FEASR del Piano di Sviluppo rurale 2014-2020 della Regione Toscana sottomisura 3.2
PASSIONE CARNE
Razza piemontese, ovvero piacere e salubrità
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arne piemontese e carne di Razza Piemontese non sono propriamente la stessa cosa. La prima è prodotta in Piemonte ma, a differenza della seconda, non è detto che sia ottenuta dai bovini della storica Razza a cui questa regione dà il nome. Non si tratta di una sottigliezza anagrafica nelle mani di un azzeccagarbugli di provincia, né tanto meno di una precisazione da burocrate in vena di polemica. E’ una differenza sostanziale perché la Razza Piemontese si distingue per una carne che riesce a conciliare due caratteristiche che la natura sembra aver messo ovunque in contrasto: il piacere e la salubrità. TENERA E MAGRA Parliamo di piacere per descrivere la sensazione che questa carne offre sotto ai denti, lasciandosi “sciogliere in bocca” grazie a una tenerezza al di fuori dal comune. Parliamo di salubrità perché le più autorevoli istituzioni scientifiche hanno de-
cretato, analisi alla mano, che il suo tenore in grasso è particolarmente contenuto e, nell’andarlo a smontare pezzo a pezzo, hanno scoperto che è composto da una quota importante di acidi grassi insaturi e polinsaturi, in rapporto a quelli saturi, portandolo vicino a quello del pesce azzurro, dalle decantante mille virtù dietetiche. Tenera e magra è un binomio (o piuttosto un ossimoro) che la Razza Piemontese riesce a combinare grazie a una struttura delle fibre muscolari che si presentano particolarmente fini e frammiste a strati di connettivo molto sottili, creando un’impalcatura che si smembra alla minima sollecitazione. In altre parole, si sfalda sotto ai denti con poco lavoro di mandibola e non è cosa da poco, considerando lo scarso contributo del grasso. Un rebus difficile per il quale Madre Natura ha trovato una soluzione, tanto originale quanto efficace, in una mutazione genetica che si è verificata alla fine del 1800 su un bovino che, in virtù di tale “anomalia” (da legger-
si in chiave positiva), presentava un posteriore dalla muscolatura particolarmente sviluppata. Su questo fenomeno, che subito attirò l’interesse degli addetti ai lavori, vennero fatti studi approfonditi e, soprattutto, venne organizzato il lavoro di selezione che, oggi, lo ha
fissato stabilmente come caratteristica della razza. RESA ELEVATA Ma le virtù della Piemontese non si limitano al piacere di chi ne consuma la carne, assicurando la massima soddisfazione anche a chi la lavora. La ridotta dimensione della testa, la pelle particolarmente sottile e lo sviluppo contenuto dell’apparto digerente sono elementi che concorrono a garantire una resa al macello che in media supera il 65%, con punte che vanno oltre il 67%. Il diametro esiguo delle ossa e la scarsa presenza del grasso di copertura (dove questo non sia addirittura inesistente) portano poi a una resa allo spolpo prossima all’80%. Ma non finisce qui, perché sulla carne spolpata (e qui la Piemontese vince la partita) è possibile ricavare tagli di prima qualità anche da regioni anatomiche normalmente declassate a categorie inferiori, al punto che anche l’anteriore, affidando il coltello a mani esperte, può offrire fettine di prima scelta e permette di valorizzare quei rifili che altrove sarebbero desinati al tritacarne. QUALITÀ AL PRIMO POSTO Qualche soddisfazione se la ritrova anche chi la alleva, ovviamente, ma più che alimentare il portafogli (elemento comunque irrinunciabile in qualsiasi processo produttivo) la Piemontese alimenta una passione
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PASSIONE CARNE
CERTIFICATA ALL’ORIGINE Rimane un ultimo punto da affrontare. Come si può garantire al consumatore che la carne che proponiamo proviene effettivamente da bovini di Razza Piemontese, e come lo possiamo dichiarare? La risposta è breve e concisa: pretendere che sia certificata all’origine secondo un disciplinare di etichettatura. Il Consorzio di Tutela della Razza Piemontese è stato il primo a farsene riconoscere uno dedicato esclusivamente a questa razza e, oggi, certifica circa 18.000 bovini all’anno che vanno a finire sul banco delle macellerie a marchio Coalvi. Razza Piemontese non vuol dire solo Coalvi, ovviamente, perché vi è modo di certificarla attraverso altri disciplinari, ma Coalvi vuol dire solo ed esclusivamente Razza Piemontese. In un mare di sigle, di marchi, di bollini e di slogan è un riferimento sicuro che garantisce una riconoscibilità immediata. E non è cosa da poco.
Consumi di carne bovina in Italia +6%
A
ltro che inarrestabile onda vegana: il consumo di carne bovina in Italia nell’ultimo anno è cresciuto del 6%. Secondo l’analisi di Coldiretti, effettuata sulla base dei dati ISTAT e presentata a Padova durante l’incontro organizzato sulla sostenibilità degli allevamenti italiani da Unicarve (Associazione Produttori Carni Bovine), ad essere ancora centrali negli acquisti sono soprattutto le bistecche e le fettine di manzo. Secondo il report, gli italiani nell’anno avrebbero speso 500 milioni di euro in più in carne rossa. Non solo, un’indagine di mercato condotta da Coldiretti con Istituto Ixè, ha messo in evidenza che gli italiani sono bendisposti verso la carne bovina, soprattutto se rassicurati sulla sua qualità della provenienza. Il 45% degli intervistati manifesta interesse per il prodotto di origine italiana, il 29% preferisce quello locale, il 20% si sente rassicurato dal marchio DOP ed il 63% è disposto a spendere di più nel momento in cui vengono evidenziate garanzie di qualità sul benessere animale e sull’affidabilità della filiera. Per Coldiretti si è di fronte a un movimento di mercato simmetrico e opposto. Simmetria verso la qualità e la tracciabilità che si stanno vivendo già nel mercato della moda, in opposizione rispetto alla propaganda vegana che rappresenta un mondo che vira verso alimenti non di provenienza animale. Coldiretti ha colto l’occasione per ribadire la sua opposizione all’uso di etichette che sfruttano il meat sounding per alimenti vegetali e alla prospettiva di carne coltivata in laboratorio. Infine, per Coldiretti l’accordo di libero scambio con l’area Mercosur potrebbe generale dei rischi per la produzione nazionale dati dall’apertura del mercato italiano al prodotto sudamericano.
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che si tramanda di generazione in generazione e tiene viva una tradizione che resiste tenacemente all’assalto delle razze cosmopolite, foriere di guadagni più facili nei momenti buoni, ma a rischio di bancarotta in quelli più bui. La Razza Piemontese sembra rispecchiare l’indole subalpina del suo territorio, fatto di persone che vanno avanti con calma e con tenacia conquistando obiettivi mai esagerati, ma sempre sicuri. Anche chi vende questa carne in macelleria sposa questa filosofia, mettendo al primo posto la qualità del prodotto e proponendolo per quello che vale, scoprendo l’orgoglio di una clientela fidelizzata che si abitua a un piacere al quale non è disposta a rinunciare.
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ational ha ampliato la sua gamma di prodotti e, a fianco al forno SelfCookingCenter®, c’è ora il VarioCookingCenter®. Con questo apparecchio brasiera, bollitore e friggitrice diventano ricordi del passato nella cucina moderna. Vasca, display touch e interfaccia Rational: guardando il VarioCookingCenter® da lontano si può solo provare ad indovinare quali funzioni racchiuda. “Questo apparecchio dimostra la sua prontezza operativa specialmente quando è necessario fare
le cose velocemente in cucina - spiega Enrico Ferri, amministratore delegato di Rational Italia -. Si riscalda da 0° a 200° in meno di 2,5 minuti grazie a VarioBoost®, un sistema di riscaldamento bre-
vettato, posizionato nel fondo del tegame, che assicura una distribuzione uniforme della temperatura, una regolazione del calore molto precisa e tempi di riscaldamento e raffreddamento ridotti. Insomma, una tecnologia indispensabile per assicurare l’efficienza dei costi, l’uniformità e la qualità delle pietanze durante il lavoro quotidiano in cucina”.
Ma non è tutto: il VarioCookingCenter®, infatti, crea tempi di produzione supplementari grazie alla cottura notturna. Che si tratti di ragù, brasato di manzo, cosciotto di tacchino, costata di maiale o selvaggina, con questo apparecchio è possibile preparare la pietanza durante la notte. Sarà sufficiente specificare il tipo di carne, il tempo di cottura desi-
derato e il grado. “Non importa quanto arrostite o quanto sia grande il pezzo, il procedimento di cottura si adatta sempre al cibo - continua Enrico Ferri. - Grazie all’intelligenza di cottura integrata, le regolazioni di temperatura e di umidità saranno sotto controllo; inoltre VarioCookingControl® segnala anche quando intervenire, ad esempio per girare una bistecca o aggiungere liquidi a uno spezzatino”. Nei suoi eventi dal vivo e in occasione delle fiere di settore, Rational dimostra che vale la pena investire in potenti attrezzature di cottura che permettono di ottenere una qualità migliore rispetto alle tradizionali brasiere, padelle o griglie.
Bord Bia
Consensi per le carni irlandesi bovine e di agnello S
how cooking per fare apprezzare la carne bovina e di agnello irlandese durante i giorni di iMEAT by Ecod. Li ha organizzati Bord Bia - ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi - nel proprio stand attraendo un pubblico di visitatori curioso di conoscere questi prodotti oppure, già conoscitore, semplicemente per apprezzarli nuovamente. A questa edizione era presene il macellaio irlandese John McGrath di Lismore che ha partecipato ad una dimostrazione internazionale organizzata da Federcarni. L’impegno di Bord Bia a iMEAT by Ecod è dato dall’unicità della fiera in Italia, orientata esclusivamente ai macellai italiani, ai negozi di specialità gastronomiche e al canale Horeca. Bord Bia stima che circa il 60% della carne irlandese in Italia passi attraverso il canale di ristorazione mentre il 40% passa attraverso la vendita al dettaglio. I macellai rivestono 26
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un’importanza significativa per le vendite di carne italiane: a differenza della maggior parte dei mercati europei, l’Italia (in particolare il sud) continua a resistere al consolidamento, con macellai e negozi locali a conduzione familiare che rappresentano il canale preferito attraverso il quale acquistare carne. I macellai tradizionali hanno una grande influenza sulle scelte dei loro clienti in Italia, mentre i ristoranti sono anche i principali trendsetter per i consumatori nelle loro scelte di carne. Le esportazioni irlandesi di carne bovina verso l’Italia sono cresciute del 6% a 192 milioni di euro nel 2018, mentre le esportazioni di agnello irlandese sono cresciute di quasi il 20% a 12 milioni di euro nello stesso anno. Quanto alla sostenibilità, Bord Bia supporta Origin Green, il primo programma al mondo introdotto a livello nazionale in Irlanda, a favore di un regime di sostenibilità a tutti i livelli della filiera produttiva, di distribuzione e consumo di cibo e bevande. I membri certificati di Origin Green, tutti
volontari, hanno stabilito obiettivi di sostenibilità misurabili e raggiungibili: sono oltre 320 e costituiscono il 90% delle aziende irlandesi che esportano prodotti food&beverage all’estero. Il loro impegno si focalizza su tre aree chiave: l’approvvigionamento di materie prime, i processi di produzione e la sostenibilità sociale. Origin Green conduce circa 650 audit ogni settimana in tutti i settori e ogni audit è verificato in modo indipendente da Mabbett.
Tritacarne TCM La macchina è studiata appositamente per la lavorazione di carne, grassi, formaggi, vegetali, ecc. Soluzioni tecnico costruttive all’avanguardia supportate dall’ utilizzo di utensili da taglio di alta qualità garantiscono un taglio netto per una migliore presentazione del prodotto nale. Un ingegnoso sistema permette un rapido e completo smontaggio della protezione della tramoggia per una efficace e sicura pulizia La possibilità di alimentare la tramoggia dal piano della macchina o direttamente dal tavolo di lavoro agevola il carico del prodotto da tritare. Gruppo riduttore protetto da innltrazioni grazie alla presenza di scarichi dei liquidi di lavaggio. Superrci lisce e assenza di angoli vivi per una veloce ed efficace pulizia.
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...DALLE AZIENDE La Giardiniera di Morgan
Favola di Mec Palmieri
Cinque varianti, tutte croccanti! Una mortadella inconfondibile È
U
n prodotto artigianale che ha visto il suo successo crescere nel tempo, fino alla decisione, del 2012, di ricavare un laboratorio
specializzato dove produrla. Si tratta di La Giardiniera di Morgan, nata nel 2005 nel ristorante 5 Sensi a Malo (Vi) per accompagnare un piatto a base di maialino. Viene talmente apprezzata e richiesta dai clienti che si fa strada ben presto l’idea di produrne una versione da asporto da portare a casa. Nel 2013 chiude il ristorante, ma La Giardiniera anno dopo anno cresce e si moltiplica per cinque, con una ricetta differente dedicata a ogni componente della famiglia Pasqual. Nascono così la Giardiniera di Morgan, il papà, quella di mamma Luciana, che il Gambero Rosso elegge come Giardiniera più buona d’Italia, e quella dei figli Giada Maria, Giovanni e Annapaola. Comune denominatore
stata utilizzata per uno dei panini gourmet realizzati da Daniele Reponi nel corso della fiera iMEAT. Si tratta della Mortadella Favola di Mec Palmieri, l’unica mortadella artigianale insaccata e cotta nella cotenna naturale, prodotta nel rispetto del brevetto originale della famiglia Palmieri. Favola, adatta anche per consumatori celiaci, risulta così inimitabile viste le sue caratteristiche inconfondibili. La ricetta semplice e naturale prevede l’utilizzo solo di carni italiane e guanciale, sale, aromi naturali e miele di acacia. Anche il timbro a fuoco e la particolare cucitura e legatura fatta a mano contribuiscono all’unicità del prodotto.
delle cinque varianti è la croccantezza, grazie alla selezione della materia prima e alla cottura separata di ogni singolo ortag-
gio. Accanto alla Giardiniera nascono altri prodotti in agrodolce, con edizioni limitate secondo la stagionalità.
Opificio 1899 Verona
Ogni gesto ha il suo tempo
A
ssaggiare, fiutare, speziare, massaggiare, legare, marinare e mantecare erano gesti che, prima della rivoluzione industriale di fine ‘800, non si controllavano con una macchina: la salumeria italiana era un’arte con tempi, metodi, dosi, pesi e misure gestiti a mano. Quei gesti e quelle conoscenze hanno ispirato Opificio 1899 Verona la cui mission è il recupero della storia della salumeria italiana e, più in particolare, di quella veronese, ricreando il gusto autentico di una volta, ma con ricette adatte ad una alimentazione genuina e, soprattutto, nutrizionalmente contemporanea: ridotto il sale senza compromessi di gusto, eliminati completamente gli additivi di sintesi, esaltato ogni sapore con aromi e spezie naturali, selezionate carni di qualità da animali nati,
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allevati, macellati e lavorati in Italia. Il progetto è partito dalla volontà di Marco Pavoncelli, titolare dello storico salumificio di Verona, di affinare una produzione di altissima qualità in un contesto territoriale dove la produzione si stava massificando con la perdita dell’identità e della cultura della macelleria veronese. Determinante il ritrovamento di piccoli quaderni con appunti scritti nel ‘700 e ‘800 che raccontano di un’arte norcina ancestrale e che, grazie a un gruppo di professionisti che ricercano la verità storica, sono stati attualizzati. Così pratiche di fine Ottocento come la marinatura della carne, il massaggio dei salumi, la legatura manuale, le cotture lente e le
affumicature naturali, la conservazione e l’affinamento in antiche cantine di pietra sono state fatte proprie dall’azienda che le impiega nella realizzazione di tutti i suoi prodotti. I tranci di manzo marinato sono scelti dalle parti migliori delle fese del bovino di razza pezzata rossa friulana, sezionati e massaggiati a mano dopo la marinatura per immersione in un decotto per più di 40 giorni, per favorire la penetrazione lenta degli aromi. La legatura della Coscia cotta è fatta con lo spago, usando gli stessi intrecci tramandati di generazione in generazione. La Brasa coèrta viene affumicata come si faceva una volta, con piccoli trucioli e una selezione di spezie, bruciate da un piccolo fumino in stanze dedicate. La Stanghéta deve il suo nome agli antichi pali che sostenevano i salami in cantina e rappresenta un salame tipico veneto con il suo lardello di pregio. La Stanga è la versione più grossa che si rifà all’antica tradizione veneta della Soprèssa.
...DALLE AZIENDE Caber
Gusti e sapori nella macelleria innovativa
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ino a qualche anno fa, scegliere e comprare in un negozio al dettaglio era la norma. Con l’avvento dei centri commerciali coinvolti nella GDO e l’implementazione delle nuove tecnologie che favoriscono gli acquisti online, il piccolo negozio di quartiere si è ritagliato un ruolo di nicchia frequentato dal cliente che ama ancora farsi consigliare e farsi chiamare per nome, provando di volta in volta una vera e propria esperienza personalizzata. Tra le varie realtà di bottega della tradizione italiana, la macelleria ancora oggi riveste un ruolo importante come del resto ha dimostrato la fiera iMeat, dedicata in esclusiva al mondo dei macellai e gastronomi. Anche Caber ha partecipato alla rassegna con uno stand dall’ar-
chitettura minimalista dai colori tenui, per enfatizzare al meglio il legame tra i prodotti e la naturalità. Caber crede nel ruolo del macellaio capace di coniugare tradizione ed innovazione nella scelta dei prodotti: ecco perché, ad esempio, ha creato in esclusiva per le macellerie le Specialità gastronomiche in vasetto numerate, con un numero unico sulla propria etichetta, per enfatizzare la preziosità e l’ampia selezione dalla pasta, ai sughi e ragù, olii e aceti, prodotti ittici… Anche per Stefano Casella, titolare della Macelleria Dell’Edera e presidente di Federcarni Bologna, Caber è un partner ideale per il punto vendita dal momento che oggi il consumatore ricerca sempre più prodotti “pronto cuoci”: affiancato al cotto è sicuramente un reparto trainante nella moderna macelleria. Non solo, il cliente odier-
no è sempre più informato ed il macellaio diventa un consulente per gli acquisti, creando all’interno della macelleria una gamma di prodotti sempre più accattivante e di altissima qualità, partendo dalle materie prime utilizzate. Proprio nell’ottica di coinvolgere tutti i suoi consumatori, l’azienda di Cadriano di Granarolo dell’Emilia (Bo) ha lanciato da qualche tempo a questa parte “#esporatoridisapori” sulla piattaforma Facebook, un mood per giocare con gusti e sapori, attraverso combinazioni declinate da professionisti ed esperti del settore.
Dallatana
Viaggio nella magia del culatello di Zibello Dop S
ono selezionate cosce intere di suini nati, allevati e macellati in due sole regioni, Emilia Romagna e Lombardia. Vengono controllati origine, peso e, attraverso il tatuaggio impresso sulla cotenna, verificata età e provenienza del suino. Scotennamento, disosso e sezionamento sono eseguiti a mano ogni settimana, all’interno dell’azienda, da norcini esperti. Così nasce il culatello di Zibello Dop a marchio Dallatana. L’attenzione per la materia prima prosegue nelle varie fasi della lavorazione. Vengono
massaggiate precise quantità di sale in quanto ogni culatello riceve il sale rigorosamente misurato al proprio peso. Grazie a particolari accorgimenti in fase di legatura, è conferita ad ogni culatello Dop una forma arrotondata, ideale per l’affettamento. Importante anche la naturalità: gli unici ingredienti infatti sono carne di suino, sale e pepe. Non sono utilizzati conservanti, additivi o altre sostanze artificiali: il prodotto ottenuto è adatto ad ogni categoria di con-
sumatore, visto che non contiene glutine né derivati del latte. La stagionatura inizia nelle cantine interrate sottostanti il laboratorio di produzione e prosegue poi nelle cantine storiche Dallatana risalenti al 1600 dove avviene “la vera magia”: vecchie travi di rovere, muri e pavimenti in mattoni e muffe nobili accolgono cascate di culatelli e conferiscono loro profumi e sapori unici. L’azienda sottolinea che ogni attività è svolta nel pieno rispetto dell’ambiente circostante, grazie all’implementazione di un Sistema di Gestione Ambientale che permette il monitoraggio costante degli indicatori e la realizzazione di obiettivi concreti utili ad ottimizzare l’utilizzo delle risorse naturali e a ridurre l’impatto ambientale. Operatori e consumatori, viaggiatori e amanti dei salumi possono visitare gli ambienti della lavorazione per comprendere nel dettaglio le fasi più importanti del processamento della materia prima e le antiche tecniche norcine di salatura, investitura e legatura, per poi scendere nelle cantine naturali interrate per la stagionatura, dove i culatelli di Zibello riposano lasciandosi cullare dal tempo e dall’umidità.
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MACELLAIO L’ITALIA DEL ARREDATO IL NEGOZIO di Giuseppe “Qualità è Amore”che fa l’occhioCingolani - Il nuovo e lino alla tradizion
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