Ingegneria Alimentare novembre-dicembre 2024

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DOSSIER: IL MERCATO DEL “SENZA”

LASCIAMO PARLARE L’ ECCELLENZA.

Fratelli Pagani S.p.A. pioniera delle soluzioni clean label nel campo dell’industria alimentare, da oltre 110 anni rende unica e riconoscibile l’esperienza sensoriale dei prodotti alimentari, in un processo di continua innovazione.

fratellipagani.it

PRODOTTI SU MISURA PER ELABORATI A BASE DI CARNE

UNICA ED ESCLUSIVA

iMEAT è un punto di riferimento, confronto e aggiornamento professionale per macellerie, gastronomie, ristorazione e industria di lavorazione carni

TECNOLOGIE, ATTREZZATURE, AROMI, INGREDIENTI per lavorazione e conservazione di carni e salumi

INTERNAZIONALE

Partecipare con uno stand ti permette di essere protagonista del futuro nel settore carne e presentarti al mercato italiano ed europeo

ECCELLENZE ALIMENTARI per dettaglio e HoReCa

TECNOLOGIE, ATTREZZATURE, TENDENZE, METODI di cottura grill professionale

VANTAGGI

Posizione strategica all’interno della Food Valley, costi contenuti, giorni ideali scelti per favorire l’affluenza dei visitatori

Attigui all’area GRILL:

• AREA ESPOSITIVA per dimostrazioni di cottura grill a fiamma libera • AREA ESTERNA per esporre tendenze di cottura bbq

Direttore responsabile:

Cristina Filetti

Direttore CommerCiale:

Luca Codato - codato@ecod.it

reDazione: Marina Caccialanza - redazione@ecod.it

GrafiC a e impaGinazione: Sabrina Zampini - grafica@ecod.it

Hanno Collaborato:

Cristina La Corte; Giuseppe L. Pastori.

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Ecod Srl Unipersonale

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ASSOCIATO A:

15 LA PAROLA ALL’ESPERTO: Ricerca e sviluppo di un prodotto alimentare

22 DOSSIER - IL MERCATO DEL “SENZA” Allergeni sulle etichette degli alimenti. Come i produttori dovrebbero dichiararne l’assenza

30 DOSSIER - IL MERCATO DEL “SENZA”

DIRITTO E LEGISLAZIONE: Free from statement: i limiti normativi sui vanti di assenza

34 DOSSIER - IL MERCATO DEL “SENZA”

EVENTI: Analisi del settore dei prodotti Free-From, alleggeriti e impoveriti

36 CASE HISTORY: Gruppo Felsineo Open Food Factory Open Food Factory - Hub di educazione alimentare

38 MONDO AZIENDE: Handtmann Italia - Produzione di piccoli prodotti da forno senza glutine

40 EVENTI: Carne bovina made in Italy

42 AZIENDE E INFORMATICA: Perché l’ERP CSB-System è così utile per la gestione di un’azienda alimentare?

45 CHIEDETELO A...

ZOOTECNIA

DI PRECISIONE

INDUSTRIA E

TRANSIZIONE

GREEN

Dispositivi e sensori digitali di precisione per l’alimentazione automatizzata dei bovini, sistemi di monitoraggio del peso e misuratori del metano emesso dai ruminanti per produzioni di qualità attente al benessere animale e più sostenibili dal punto di vista ambientale. Questi sono alcuni dei risultati di PLF4Milk, nell’ambito del progetto Agridigit per l’agricoltura di precisione finanziato dal MASAF, realizzati dal CREA Zootecnia e Acquacoltura. I dispositivi e i sensori digitali testati nel sottoprogetto vanno dai sistemi di alimentazione, agli analizzatori automatizzati del latte, alle videocamere per la valutazione dello stato di ingrassamento dei bovini, passando per i misuratori del metano emesso dai ruminanti, fino alle tecnologie wireless per monitorare lo stato del benessere animale.

Il principale risultato ottenuto è stato quello di un maggiore controllo sul processo produttivo, con particolare attenzione al benessere animale e ai conseguenti vantaggi sull’efficienza del sistema, con ricadute positive anche per le successive fasi di trasformazione del latte. La gestione digitalizzata sia dell’alimentazione della bovina da latte sia delle emissioni di metano nella produzione bufalina consentiranno un ulteriore passo avanti nella riduzione dell’impatto ambientale prodotto dall’allevamento di ruminanti. Infine, una delle principali prospettive nell’adozione delle tecnologie digitali negli allevamenti bovino e bufalino è quella di poter identificare in modo automatizzato nuovi caratteri relativi al benessere animale e alla maggiore efficienza di utilizzo degli alimenti, riducendo le emissioni climalteranti.

FOODSEED SCOMMETTE SUL MADE IN ITALY

Anima Confindustria pubblica il primo Quaderno della Sostenibilità, per accompagnare le imprese attraverso la transizione sostenibile, fornendo gli strumenti necessari per comprendere e affrontare le sfide della decarbonizzazione verso una crescita a minore impatto ambientale.

La pubblicazione, promossa dall’Ufficio Studi di Anima, ha visto come autori accademici ed esperti del settore e offre una panoramica approfondita sulle molte declinazioni che la sostenibilità ambientale assume in rapporto all’industria, con particolare attenzione alle esigenze e sfide delle imprese della meccanica. Articolato in sette capitoli tematici, il Quaderno illustra gli specifici percorsi di lavoro e gli obiettivi fissati per le imprese, fornendo un compendio delle normative di politica ambientale che riguardano l’industria meccanica. Vengono illustrati proposte e provvedimenti legislativi fondamentali per il settore manifatturiero, con dettagli su ambiti di applicazione, contenuti, scadenze e le attività di rappresentanza svolte da Anima, aggiornate al 2024. Il capitolo presenta inoltre case study e dati quantitativi relativi al grado di attività dell’industria rispetto ai temi ambientali, come la pubblicazione di Dichiarazioni Non Finanziarie e i bilanci di sostenibilità in Italia negli anni 2022 e 2023.

Biotecnologie avanzate, Intelligenza Artificiale e Upcycling: sono queste le tecnologie protagoniste della seconda edizione di FoodSeed, il programma di accelerazione della Rete di CDP Venture Capital SGR, promosso da Fondazione Cariverona, UniCredit e Eatable Adventures. Le startup selezionate introdurranno soluzioni innovative nella filiera agroalimentare attraverso l’open innovation, affrontando le sfide cruciali delle aziende italiane, dalla produzione agricola alla trasformazione industriale, puntando su efficienza e sostenibilità.

Dalle microalghe utilizzate per estrarre preziosi pigmenti naturali alle biotecnologie che trasformano gli scarti agricoli in ingredienti funzionali; dall’alternativa salutare e performante alla caffeina, fino alle nuove soluzioni tech per ridurre gli sprechi; sono 7 le nuove startup di FoodSeed pronte a collaborare con le aziende del comparto per plasmare un futuro più sostenibile e tecnologicamente avanzato:

1. Vortex: trasformare gli scarti agroalimentari in risorse preziose

2. NOUS porta in tavola l’alternativa sostenibile e salutare alla caffeina

3. Aflabox: l’Intelligenza Artificiale in campo per la sicurezza alimentare

4. Asteasier: la nuova frontiera dell’Astaxantina

5. Mama Science: l’alternativa sostenibile alla plastica nel packaging alimentare

6. BeadRoots: idrogel biodegradabili contro la siccità in agricoltura

7. Alkelux: additivi naturali per combattere lo spreco alimentare.

MOVIPLUS 4.0

SIRINGATURA, THE NEXT

· Connettività totale 4.0: Siringatura del futuro

· Sistema di siringatura autoregolato: precisione senza pari

· Tecnologia SPRAYPLUS®: distribuzione della salamoia senza eguali

· Aumento dei Cicli operativi: Aumento della Produttività

· Disegno pratico e igienico

Le nuove tendenze nel mondo delle carni e della lavorazione dei salumi appaiono in questo fine 2024 orientate verso il futuro. Il nuovo mercato guarda verso una società impegnata che non trascura il fattore umano e lavora alacremente per un domani sicuro e un’industria che pone massima attenzione a sostenibilità e approccio etico.

READY TO COOK

Centro Carni Company lancia un nuovo prodotto di ispirazione americana: lo smash burger. Destinato al canale del food service, lo smash burger firmato Centro Carni Company è un prodotto surgelato, senza glutine e realizzato con il 93% di carne bovina macinata, sale, pepe e pochi altri ingredienti.

L’ideazione dello smash burger è una conferma del desiderio di Centro Carni Company di essere sempre al passo con i tempi. Ma è anche espressione di studio, ricerca e impegno.

La carne utilizzata per produrre gli smash burger proviene da carne selezionata secondo rigorosi standard imposti dall’azienda per garantire controllo e qualità al consumatore finale, impegnandosi al continuo monitoraggio della materia prima.

Lo smash burger, letteralmente burger schiacciato, rappresenta uno dei piatti più emblematici della cucina americana. Il successo di questo alimento dipende dalla sua particolare tecnica di cottura, che prevede di schiacciare una “polpetta” di carne macinata su una piastra rovente. Quest’azione, tanto semplice quanto fondamentale, serve per ottenere una crosta esterna croccante e dorata e, al contempo, un interno tenero e succoso: le principali caratteristiche del prodotto.

100 ANNI di Veroni

L’azienda che nel 2025 celebra i suoi primi 100 anni di storia adotta una nuova governance per rafforzare il posizionamento del brand sul piano internazionale. Veroni, lo storico salumificio di Correggio (RE) rinomato in tutto il mondo per i suoi salumi di eccellenza, pubblica il secondo Bilancio di Sostenibilità relativo all’esercizio 2023. Tra gli obiettivi conseguiti nel 2023 sul piano sociale spicca la certificazione SA8000, che sottolinea la centralità del benessere e della sicurezza dei lavoratori, l'adozione del Modello 231 per rafforzare la governance aziendale e la certificazione ISO 14001 per lo stabilimento di Langhirano, che migliora ulteriormente la gestione ambientale. L’azienda continua il suo percorso di sostenibilità per il 2024-2025 con iniziative mirate in ambito ambientale, sociale e di governance. Tra i goal principali, l'installazione degli impianti fotovoltaici negli stabilimenti di produzione, lo studio della Carbon Footprint, il potenziamento dei processi di automazione negli stabilimenti e la certificazione ISO 14001:2015 per il sito di Gazzata di San Martino in Rio. Nell’ottica di rafforzare il posizionamento del brand Veroni nel mondo, lo storico salumificio di Correggio (RE) nel giugno 2023 ha ceduto le proprie quote azionarie alla società americana SugarCreek Packing Co., gruppo americano leader nel settore della lavorazione delle carni, che ha il suo headquarter a Cincinnati (OHIO).

Museo del SALAME FELINO

Inaugurato il nuovo allestimento del Museo del Salame Felino a Parma. Nelle sale si possono ammirare: la sezione relativa a norcineria e produzione casalinga dell’insaccato, con un’ampia rassegna di oggetti appartenuti ai norcini e alle famiglie contadine del territorio; la storia del tritacarne, progettato dal marchese Karl Drais, famoso per avere inventato anche il velocipede; alcune curiosità legate al salame; esempi dedicati alla gastronomia e all’evoluzione delle modalità di consumo del salame, all’evoluzione della tecnologia di produzione dalle origini fino ad oggi. Le immagini ci raccontano di un paese dedito, fra Otto e Novecento, alla trasformazione e alla produzione del salame. Vi è anche spazio per raccontare il commercio e la comunicazione del salame nel tempo e un singolare esempio di integrazione tra produzione e consumo in una azienda agricola del XVII secolo. Concludono il percorso alcune toccanti testimonianze in video che raccontano storie ed esperienze dei norcini e le moderne tecnologie di produzione, anco-

ra fedeli alla ricetta originale. Il museo rappresenta un’occasione per far conoscere e apprezzare non solamente l’essenza del Salame Felino, ma il territorio e la comunità di cui è espressione, a partire dalla qualità delle materie prime, verificata dal Consorzio di Tutela del Salame Felino IGP, fino alla sapienza delle mani che continuano ancor oggi a produrlo.

I reperti archeologici esposti provengono dal Museo Archeologico Nazionale di Parma e sono esposti grazie alla disponibilità del Complesso Monumentale della Pilotta.

La piccola cantina, infine, permette di conoscere il salame in persona, attraverso il tratto inconfondibile di Benito Jacovitti, straordinario interprete dell’editoria e collaboratore delle maggiori testate per ragazzi della seconda metà del Novecento: dal Vittorioso al Giorno dei Ragazzi al Corriere dei Piccoli, creando decine e decine di personaggi geniali e bizzarri. Surreali i suoi disegni costellati da vermi col cilindro, salami coi piedi, dadi da gioco…

La mortadella Favola Gran Riserva è il MIGLIOR SALUME d’Italia

Mortadella Favola Gran Riserva del Salumificio Mec Palmieri viene premiato come Migliore Salume d’Italia e si aggiudica nuovamente i Cinque Spilli tra le eccellenze, il più alto riconoscimento assegnato dalla Guida Salumi d’Italia 2025 che recensisce e valorizza il mondo della norcineria e salumeria italiana. Mortadella Favola Gran Riserva, già premiata come Migliore Mortadella d’Italia nelle precedenti edizioni della Guida, è un prodotto d’eccellenza che si distingue per le sue caratteristiche uniche. È la prima mortadella al mondo insaccata e cotta nella

ORO ROSA

Il Prosciutto Cotto Oro Rosa Riserva di Coati non tradisce le aspettative e supera brillantemente il blind tasting condotto da una giuria di esperti assaggiatori della Gambero Rosso Academy su 60 referenze, aggiudicandosi un eccellente sesto posto nella categoria dei prosciutti cotti gourmet venduti in negozi ed alta gastronomia. Prodotto a partire dalla coscia fresca di suini pesanti esclusivamente italiani, l’Oro Rosa Coati è un prosciutto cotto di alta qualità, legato a mano, cotto lentamente a vapore e frutto di una sapiente lavorazione artigianale. Si distingue grazie a una buona presentazione oltre a piacevoli caratteristiche olfatto-gustative. Massimo Zaccari, Direttore Commerciale Salumi Coati ha commentato: “Da sempre siamo specializzati nella produzione dei cotti, tanto da rappresentare ben il 50% della nostra produzione. Non abbiamo mai smesso di studiare e ricercare le migliori tecniche e metodi di cottura: essere classificati tra i migliori prosciutti cotti d'Italia è una testimonianza della nostra maestria, della nostra passione e dell’impegno che mettiamo giorno dopo giorno per raggiungere l'eccellenza”.

cotenna naturale, un brevetto della famiglia Palmieri del 1997. Caratterizzata dall’inconfondibile timbro a fuoco e dalla legatura fatta a mano con corda tricolore, Mortadella Favola Gran Riserva si distingue per la sua qualità, ulteriormente esaltata dalla cottura in forni in pietra. La ricetta, gelosamente custodita dalla famiglia, è preparata con sole nobili carni italiane ed è arricchita con sale integrale dolce di Cervia, aromi naturali e un tocco di miele d’acacia, che donano alla Mortadella Favola Gran Riserva un sapore delicato e inconfondibile.

lascia DOVE SEGNO PASSA

La cubettatrice per “tutti i gusti”!

Cubettatrice ad alte prestazioni per mozzarella, ideale per linee di farcitura pizze, completamente automatica e connessa 4.0. Capace di tagliare a cubetti, julienne e rapè (ma taglia anche petali di grana!) partendo da blocchi interi.

Gusto ma non a tutti i costi

Gli italiani mettono il buon cibo al centro della loro dieta, e chiedono prodotti attenti all’ambiente, freschi e di provenienza locale e a un giusto prezzo. La transizione alimentare secondo gli italiani passa più dalla lotta agli sprechi alimentari e da una maggiore consapevolezza nei consumi, che dall’aumento della produzione o da politiche centrate sul prezzo più basso possibile dei prodotti alimentari. A questo riguardo è centrale il ruolo della GDO e la sua capacità di proporre soluzioni per ridurre sprechi e imballaggi, ma anche di valorizzare i prodotti freschi locali e di stagione. Questa la fotografia che emerge da una ricerca realizzata da SWG per Carrefour Italia su un campione rappresentativo di italiani, per comprendere come si orientano i comportamenti di consumo in ambito food rispetto al binomio gusto e sostenibilità. La ricerca è stata presentata in occasione del piano di rilancio del programma Act for Food, fulcro della strategia di Transizione Alimentare per tutti del Gruppo Carrefour, che ha l’obiettivo di facilitare un’alimentazione di qualità più sana, rispettosa del pianeta, locale e accessibile. Con il nuovo Act for Food, Carrefour si impegna per offrire garanzie tangibili ai consumatori italiani: l’80% dei prodotti a marchio Carrefour proviene da fornitori italiani; i prodotti a marchio Filiera Qualità Carrefour prevedono frutta e verdura 100% italiane, branzini e orate 100% italiani e carne da allevamenti nazionali; per un biologico sempre più accessibile, 50 referenze già disponibili a meno di 1 euro, anche grazie al lavoro svolto sul marchio Carrefour Bio. Con questo nuovo capitolo di Act for Food, Carrefour mira a diventare il marchio biologico più economico del mercato, offrire la gamma private label con il miglior rapporto qualità-prezzo, e favorire le produzioni di origine locale o nazionale.

IL SECONDO che non ti aSPECKTI

Il Consorzio dello Speck Alto Adige IGP lancia la nuova campagna firmata Grey Italia. Un nuovo approccio strategico per raccontare l’eccellenza altoatesina come un secondo inaspettato, versatile, leggero, sfizioso e adatto proprio a tutti, adulti, bambini e amanti dello sport, con il massimo di sale (del 5%), ricco di proteine, leggero, delicatamente affumicato grazie all'aria dell’Alto Adige, versatile perché abbinabile a tutto ciò che si vuole (formaggi, verdure, cereali, eccetera), sicuro perché garantito dal Consorzio di Tutela Speck. La nuova campagna dedicata allo Speck Alto Adige IGP ha l’obiettivo di riposizionare lo Speck Alto Adige IGP per educare al mangiare sano e di qualità, coinvolgendo anche il target più giovane, che ha una forte cultura alimentare, fa scelte di acquisto consapevoli e informate e legge le etichette per scegliere prodotti che siano equilibrati da un punto di vista nutrizionale. Ma non solo: l’obiettivo è anche quello di aumentare la conoscenza dello Speck Alto Adige IGP e di presentare la nuova modalità di consumo a chi pratica sport, sia a livello agonistico che amatoriale per una dieta che risponda alle esigenze specifiche del corpo, e che sia in linea con il tipo di attività sportiva praticata. In questo contesto, lo Speck Alto Adige IGP si caratterizza come un alimento adatto anche alla dieta degli sportivi e di chi fa una vita attiva, grazie all’elevata quantità di proteine nobili. Inoltre, il salume altoatesino contiene una buona quantità di amminoacidi ramificati (rispettivamente 1,6 g di valina, 1,4 g di isoleucina e 2,3 g di leucina su 100 g) che danno energia, favoriscono la crescita muscolare (anabolismo) e il recupero post-esercizio. Lo Speck Alto Adige IGP è anche ricco di sali minerali – come ferro, potassio, fosforo e zinco – e di alcune vitamine del gruppo B che favoriscono il normale metabolismo energetico e il corretto funzionamento del sistema nervoso.

NO SPRECO, sì sostenibilità

Parmacotto Group ribadisce il proprio impegno a ridurre lo spreco alimentare e a promuovere pratiche ecofriendly lungo tutta la filiera produttiva e distributiva collaborando attivamente con Regusto e Too Good To Go, esempi concreti di un impegno che si integra nel quadro più ampio di FeelinGood, la strategia di sostenibilità del Gruppo. Con questo percorso, Parmacotto Group non si limita a ridurre l'impatto ambientale, ma vuole promuovere un modello di business proiettato verso il futuro che sappia coniugare innovazione, sostenibilità e responsabilità sociale. Un impegno tangibile per costruire un mondo più equo e sostenibile, generando valore condiviso per le persone e l’ambiente e rafforzando il ruolo attivo delle imprese nella transizione verso un'economia circolare. Dall’inizio dell’anno, in collaborazione con Regusto, il Gruppo ha donato circa 26.000 Kg di prodotti ad associazioni no profit tramite la piattaforma, contribuendo alla ridistribuzione degli alimenti in eccedenza e sostenendo concretamente l'economia circolare e, parallelamente, ha aderito all’iniziativa "Etichetta Consapevole" di Too Good To Go, con l’obiettivo di educare e fornire ai consumatori gli strumenti necessari per ridurre lo spreco alimentare in ambito domestico.

MANI IN PASTA, con salumi Coati

Bakery fa rima con… Salumi Coati! Impasti soffici, pane croccante, pizza e tutto l’infinito universo dei lievitati: il mondo della specialità da forno è legato a doppio filo a quello di Salumi Coati, punto di riferimento per la produzione di salumi di qualità e, soprattutto, per deliziose farciture e topping da gustare con abbinamenti sempre nuovi. Il Salumificio Coati dà il via a una nuova avventura in tv all’insegna del gusto: partner del nuovo format TV su Sky Uno e in streaming su NOW.

Conduttori e giudici d’eccezione sono tre volti noti ed esperti del settore: il food creator Stefano Cavada, il rinomato pasticcere Andrea Tortora e Renato Bosco, re della pizza contemporanea e conosciuto anche come Pizzaricercatore.

Il fil rouge delle cinque puntate porta dritti al cuore dei prodotti Coati: il tempo.

È in questa idea che è racchiusa la filosofia Coati ed è nei prodotti delle linee “Lenta Cottura” e “Lenta Stagionatura” – sotto i riflettori dello show – che trova la sua massima espressione. I Lenta Cottura sono un prodotto raffinato dal gusto delicato e saporito e vengono cotti a bassa temperatura per circa 25 ore, mentre i Lenta Stagionatura, sono preparati secondo la tradizione, insaporiti con aromi naturali e spezie selezionate, per poi essere lasciati riposare nelle stagionature per almeno 180 giorni.

Fileni presenta Fileni 50% & 50%, la prima linea di burger e polpette che propone la combinazione perfetta tra il gusto tradizionale di un prodotto a base carne e un’alternativa vegetale grazie ad un gustoso mix di proteine di carne di pollo e tacchino e proteine vegetali. Questa proposta molto innovativa risponde alle crescenti esigenze dei consumatori, sempre più orientati verso una dieta diversificata. La gamma si presenta con una nuova grafica accattivante, in un pack di plastica riciclata al 50%, chiuso da un film serigrafato. Il burger nel formato 2X100 gr e le polpette nel formato da 12 pezzi per un totale di 240 gr saranno disponibili nel banco frigo della carne accanto agli hamburger e alle polpette classici.

Novità da FILENI

Fileni arricchisce inoltre la linea di gastronomia "Fileni Buoni & Veloci" con due novità: Pulled Chicken e Tagliata di Pollo, piatti pronti straordinariamente versatili, ideati per offrire gusto e praticità. Disponibili dal 4 novembre, Pulled Chicken e Tagliata di Pollo offrono un'esperienza sensoriale irresistibile, sia gustate calde che fredde. Ideali per essere consumate da sole o come base per ricette creative:

• Pulled Chicken: grazie alla carne di pollo sfilacciata, già cotta e condita, pronta da gustare sia calda che fredda, il Pulled Chicken è realizzato senza uso di additivi e con una shelf life di 32 giorni, confezionato in pratiche porzioni da 200 grammi, e realizzato con pollo 100% italiano e allevato senza l'uso di antibiotici. La confezione indica i tem-

IMPEGNO

pi di riscaldamento del prodotto nel caso si preferisca gustarlo caldo: solo 2 minuti nel forno a microonde e 3 minuti in padella.

• Tagliata di Pollo: già cotta e sapientemente condita, la Tagliata di Pollo è una proposta perfetta da assaporare sia calda che fredda. Adatta alle più diverse occasioni di consumo, è ideale per chi vuole variare la propria alimentazione con semplicità. Preparata con pollo 100% italiano, allevato senza l'uso di antibiotici, la Tagliata di Pollo ha una shelf life di 32 giorni. Confezionata in pratiche porzioni da 200 grammi, il packaging riporta informazioni chiare e immediate sui tempi di riscaldamento nel caso si preferisca gustarlo caldo: solo 2 minuti nel forno a microonde e 4 minuti in padella.

per il futuro, spilli e PREMI

Gustosi, genuini, sicuri: i salumi Fumagalli sono realizzati - da quattro generazioni - basandosi su qualità, trasparenza, sicurezza alimentare e, soprattutto, sul rispetto: per il benessere animale, per la tradizione alimentare locale e per il consumatore, grazie a una filiera di proprietà, sostenibile, e 100% italiana.

Nel corso degli anni l’azienda lombarda ha sempre rispettato il Benessere Animale, garantendo spazi superiori alle normative CE, lettiere in materiale manipolabile, l’utilizzo di antibiotici solo quando strettamente necessario, un secco no alle mutilazioni, alimentazione di qualità e controllata e una tracciabilità completa.

Nel suo Report Integrato 2023, la Fumagalli ha iniziato a mappare i requisiti informativi previsti dalla transizione verso la Corporate

Sustainability Reporting Directive (CSRD) che dovrà essere applicata a partire dal 2025. Il Bilancio include infatti un primo esercizio di convergenza tra gli standard finora applicati e le nuove esigenze normative. È stata poi avviata la valutazione e implementazione della Carbon Footprint dell'Organizzazione dei vari stabilimenti. Fumagalli Industria Alimentari S.p.A. recentemente è stata premiata doppiamente alla sesta edizione della Guida Salumi d’Italia 2025:

• Spillo Verde alla realtà aziendale che da quattro generazioni basa il suo lavoro su qualità, trasparenza, sicurezza alimentare e sul rispetto per il benessere animale e

• 5 Spilli - ovvero il punteggio massimo assegnato - al Salame di Maiale Nero della Lomellina Fumagalli.

Il Salame di Maiale Nero della Lomellina è un prodotto di alta qualità, dalla consistenza morbida, le cui carni sono succulente, sapide al palato e con un sapore e un profumo ineguagliabili. La sua marezzatura è unica e pregiata, molto fine, quasi impercettibile alla vista e in grado di donare al Salame un sapore intenso e una tenerezza caratteristica.

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Una linea di insacco completamente automatica e ad alta produttività ideale per il confezionamento in solo budello, o in budello e rete, di prodotti anatomici come prosciutti, bresaole, pancette, coppe, lonze e muscoli in genere.

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Ricerca e sviluppo di un prodotto alimentare

SINERGIA TRA APPLICAZIONI TECNOLOGICHE, ANALISI COMPORTAMENTALI E PERCEZIONE DEL MERCATO

La Ricerca e Sviluppo non è solo un processo industriale di tipo tecnologico ma si integra con gli approcci moderni delle neuroscienze e utilizza strumenti come la “Food Reputation Map” che aiuta a comprendere come un nuovo prodotto alimentare può affermarsi sul mercato e piacere ai consumatori.

Tra le tante attività della mia lunga esperienza lavorativa come Tecnologo Alimentare prestata quasi prevalentemente al mondo delle carni, quelle che mi hanno dato una certa soddisfazione sono legate allo sviluppo e al lancio di nuovi prodotti. Non solo quelli che sono arrivati ad essere industrializzati e hanno trovato un’affermazione sul mercato, ma anche quei progetti che si è deciso di chiudere, sebbene in fase avanzata di sviluppo, perché alla luce di periodiche revisioni si era capito che non avrebbero avuto prospettive per essere realizzati (per questioni tecnologiche, di budget investimenti o di marketing). Il bello dello sviluppo di un prodotto è quello di interagire con diverse discipline della scienza dell’alimentazione che includono la tecnologia e l’ingegneria alimentare (la messa a punto dei parametri tecnologici e l’adozione di processi industriali usati per la produzione), la microbiologia e la conservazione degli alimenti (lo studio della shelf life), la chimica degli

alimenti (l’analisi dei componenti e la creazione di una tabella nutrizionale), gli aspetti di igiene e sicurezza alimentare (l’HACCP e la gestione dei punti critici), l’analisi sensoriale, il packaging (nell’intera sua accezione di trovare i materiali più idonei per il confezionamento e garantire la vita di scaffale per i

Quando si parla di Ricerca e Sviluppo (R&S o R&D per l’acronimo inglese) di un nuovo prodotto alimentare si intende un processo complesso e multidisciplinare, che richiede un approccio strategico e innovativo

prodotti a libero servizio), gli aspetti legati al consumatore inteso come target a cui è rivolto il prodotto e la conoscenza dei mercati di riferimento, l’attenzione alla sostenibilità ambientale e all’economia circolare, il benessere degli animali laddove ne sussistano le necessità.

Quando si parla di Ricerca e Sviluppo (R&S o R&D per l’acronimo inglese) di un nuovo prodotto alimentare si intende un processo complesso e multidisciplinare, che richiede un approccio strategico e innovativo [1]. E che per sua natura non può essere nella disponibilità di tutte le realtà produttive ma di quelle che sono in grado di mettere in campo risorse, non solo di tipo finanziario per sostenere i costi del progetto (che talvolta possono essere anche integrati dalla partecipazione a bandi nazionali ed europei, che concedono fondi e deduzioni fiscali [2]), anche in termini di persone di diversi settori che si prestano a realizzarne ciascuno una parte. Generalmente la squadra è riunita intorno ad un team leader o project manager, che non necessariamente, anzi quasi mai, è una figura apicale come un Amministratore o un Direttore compartimentale, talvolta è una persona di marketing, più spesso un tecnologo [3]. Questo ruolo spetta a un “Project manager” che è la figura responsabile della pianificazione, esecuzione e chiusura di progetti specifici all’interno dell’azienda. In particolare, nel contesto della Ricerca e Sviluppo di un prodotto alimentare, il project manager coordina il team, gestisce le risorse, stabilisce le scadenze e assicura che il progetto rispetti

budget e tempistiche prestabilite secondo il planning definito. Nel coordinamento lavora con i vari dipartimenti aziendali e giustifica i risultati agli stakeholders (cioè i soggetti che sono coinvolti nel processo decisionale e nelle attività direzionali dell’azienda o per lo meno del gruppo di lavoro), facilitando la comunicazione tra i diversi gruppi di lavoro. Segue l’avanzamento del progetto e apporta modifiche strategiche se necessario per rimanere allineati agli obiettivi stabiliti. Identifica i potenziali ostacoli e trova soluzioni per mitigarli. Definisce i parametri di gestione e realizzazione dei prototipi, delle prove in impianto pilota o preliminari fino all’industrializzazione.

Un project manager deve essere abile nella gestione delle risorse e nel coordinamento del team, mentre un product manager deve possedere una forte visione strategica e conoscenze di mercato

Spesso la figura del “Project manager” è confusa con quella del “Product manager”, ma le due figure in un contesto aziendale, seppur ricoprendo ruoli fondamentali, hanno responsabilità e focus differenti. Il product manager è focalizzato sulla strategia, sviluppo e marketing di un prodotto specifico. Questa figura si occupa dell’intero ciclo di vita del prodotto, dalla concezione fino alla commercializzazione e ai successivi miglioramenti. Stabilisce la direzione strategica del prodotto e quantifica le opportunità di mercato, comprende le esigenze dei consumatori e traduce queste informazioni in requisiti funzionali e di mercato per il prodotto, lavora a stretto contatto con diversi diparti-

Spesso la figura del “Project manager” è confusa con quella del “Product manager”, ma le due figure in un contesto aziendale, seppur ricoprendo ruoli fondamentali, hanno responsabilità e focus differenti

menti (R&S, marketing, vendite, produzione) per garantire che il prodotto si allinei ai bisogni del mercato e alle capacità aziendali, analizza le performance del prodotto sul mercato e suggerisce miglioramenti o modifiche.

In sintesi:

- Il project manager è concentrato sulla gestione di un progetto specifico e sull’efficace utilizzo delle risorse per completarlo entro un certo periodo e budget. Coordina le attività tecniche di prototipazione, le prove in impianto pilota e l’industrializzazione (compreso il packaging), definendo l’identità del prodotto per la dichiarazione degli ingredienti, la shelf life e la tabella nutrizionale secondo gli obiettivi definiti, in accordo con il dipartimento AQ. Infine fornisce le istruzioni operative affinché la fase industriale sia realizzata nel reparto di competenza, con i parametri tecnologici e l’integrazione nel piano HACCP. Il suo lavoro è spesso limitato a un progetto definito e ha una durata specifica, che termina con la consegna del progetto.

- Il product manager è focalizzato sulla strategia e visione di un prodotto, garantendo che soddisfi le necessità del mercato e raggiunga il successo commerciale. Svolge un ruolo continuativo nel tempo, poiché segue il ciclo di vita del prodotto e le sue evoluzioni nel tempo. Nell’ambito del gruppo di lavoro di R&S si può occupare delle attività legate al marketing, alla conoscenza dei bisogni comportamentali del consumatore oggi conosciuti come neuroscienza e utilizzare strumenti come la “food reputation map” che aiuta a comprendere come un nuovo prodotto alimentare può affermarsi sul mercato e piacere ai consumatori.

Entrambi i ruoli sono cruciali per il successo di un prodotto e richiedono competenze specifiche. Un project manager deve essere abile nella gestione delle risorse e nel coordinamento del team, mentre un product manager deve possedere una forte visione strategica e conoscenze di mercato. È l’integrazione di entrambi i ruoli che consente a un’azienda di innovare con successo e lanciare prodotti che non solo rispondono alle esigenze del mercato, ma sono anche sviluppati e implementati in modo efficien-

te. Questi professionisti, lavorando insieme, garantiscono che l’obiettivo finale - il lancio di un prodotto vincente - venga perseguito in modo strategico e coordinato.

COME SI ARTICOLANO LE ATTIVITÀ DI R&S

Se le attività di R&S sono l’insieme di un sistema multidisciplinare è evidente che ci sono molte parti interessate e che vari team devono collaborare al processo di sviluppo del prodotto, i quali metteranno a disposizione le proprie specifiche conoscenze per contribuire alla sua realizzazione. La squadra di lavoro gestita dal team leader è composta generalmente da personale delle vendite e del marketing, della ricerca e sviluppo (e talvolta della produzione), da esperti del packaging, oltre a qualche membro di direzione aziendale o direttore tecnico che dovrebbe fornire l’approvazione dei diversi step di sviluppo e quello finale, prima che un prodotto possa essere lanciato. Oltre a questi ruoli importanti, altri team possono essere coinvolti di volta in volta nel lavoro: gli amministrativi e contabili per definire i costi a partire dalla distinta base, l’Assicurazione Qualità e altre parti interessate. Tutti possono svolgere un ruolo nel processo, a seconda della complessità dell’idea da realizzare.

Se lo sviluppo sperimentale di un prodotto comporta la definizione concettuale del progetto a partire da un’idea, lo sviluppo e la documentazione concernenti i nuovi prodotti (compresi la fabbricazione di prototipi, la dimostrazione della fattibilità, la realizzazione di prodotti pilota, test e convalida degli stessi), occorre anche dire - per fare chiarezza - che cosa non comprende lo svi-

FIG. 1 - FLUSSO SCHEMATICO DELLE FASI DI RICERCA E SVILUPPO

Concetto/Generazione d’idee

Studio fattibilità/Creazione prototipi

Sviluppo

Prova industriale (serie “0”)

Industrializzazione

Lancio

Valutazione integrata ad ogni fase (modifica o interruzione del progetto): tecnologica – economica e finanziaria – di mercato

Project planning (tempo)

Rappresentazione schematica delle fasi di R&S – liberamente elaborata da: Moresi M, Masi P., Massini R.: Industria Alimentare Italiana: quali prospettive di Ricerca e Sviluppo? – op. cit. [2]

luppo. Lo sviluppo sperimentale non include le modifiche di routine apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione e servizi esistenti, né altre operazioni che comportino la sostituzione di un ingrediente o la modifica di un parametro operativo,

anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti.

Dall’ideazione concettuale del progetto fino alla creazione dei prototipi e la messa a punto del prodotto, nessun lancio di nuovo articolo è uguale all’altro (per questo le attività di R&S sono stimolanti ed entusiasmanti), perciò chi si vuole approcciare a questa attività può tenere conto che esiste un metodo generale che può aiutare ad avviare il processo. Il processo di R&S consta di diverse fasi (si veda lo schema di fig. 1), ciascuna delle quali per tempistica e avanzamento dei lavori deve essere soggetta a revisione periodica: infatti qualora le valutazioni fossero negative si deve avere il coraggio di valutare se il progetto deve essere abortito oppure è necessario rivedere alcuni aspetti che lo riguardano (in effetti non dobbiamo dimenticare che esiste un budget e dei costi di cui occorre tenere conto).

Lo sviluppo sperimentale non include le modifiche di routine apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione e servizi esistenti, né altre operazioni che comportino la sostituzione di un ingrediente o la modifica di un parametro operativo, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti

FASE 1: CONCETTO/GENERAZIONE DI IDEE

La fase iniziale del progetto di R&S inizia a partire dall’idea del prodotto che si vuole realizzare che può derivare da un bisogno interno (un prodotto mancante nella gamma per inserirsi in nuovi mercati) o dalla richiesta di un cliente. Comporta definire il contenuto e l’obiettivo del progetto, pianificare dei tempi (il planning dovrà essere sempre aggiornato), fare un briefing tutti insieme per verificare la fattibilità del progetto. Può essere utile presentare le idee alla base del progetto in un “business case”, cioè un piccolo dossier, in cui sono riportati i mercati di riferimento e il profilo del consumatore al quale è destinato il prodotto, indicare l’esistenza o meno di prodotti analoghi e quindi dare i riferimenti target della concorrenza, fornire un’idea generale dell’aspetto del prodotto che si vuole ottenere anche se in questa fase non si ha un resoconto dettagliato sulle sue caratteristiche. Potrebbe aiutare nel briefing di fare una “Analisi SWOT”, uno strumento di pianificazione strategica per analizzare i punti di forza e di debolezza, le opportunità e le minacce, relative al prodotto, prima di decidere l’avviamento del nuovo progetto. Punti di forza e debolezza sono caratteristiche intrinseche all’azienda, opportunità e minacce sono valutazioni esterne che possono influire negativamente sull’attività (minacce ad esempio possono essere problemi nella catena di fornitura di qualche elemento, che determinano i tempi).

FASE 2: STUDIO DI FATTIBILITÀ/ CREAZIONE DI PROTOTIPI

Una volta identificata un’idea, si procede con la ricerca preliminare. Questo può implicare anche un’analisi della letteratura scientifica per definire i requisiti nutrizionali e organolettici del prodotto, nonché una prima valutazione delle necessità potenziali in termini di macchinari e impianti da usare, se sono già disponibili o ne vanno individuati di nuovi in modo specifico. Con una chiara comprensione delle esigenze e delle aspettative, si procede a presentare le prime proposte ed eventualmente un prototipo campione. In questa fase, diverse formulazioni vengono testate per creare un prodotto che soddisfi i requisiti stabiliti. Questa fase può prevedere numerosi cicli di test di messa a punto valutati da un panel tecnico di riferimento

e raccogliere un primo feedback dal team di lavoro e dai dirigenti e stakeholders. Una volta che il campione è stato approvato si è pronti per passare alla fase successiva di sviluppo ma si può rivedere ancora il campione secondo necessità, fino a quando quello definitivo sarà pronto per la prova industriale (o prova “0”).

FASE 3 : SVILUPPO

Dopo aver fatto le prime prove, la sperimentazione può richiedere diversi contributi per migliorare il prodotto, a partire dal coinvolgimento dei fornitori al fine di reperire le materie prime necessarie, di cui occorre definire i capitolati, i prezzi d’acquisto e acquisire i tempi che intercorrono per il riordino. Vanno compresi altresì i materiali di imballaggio, di cui va richiesta l’idoneità al contatto alimentare e la rispondenza agli standard legislativi UE in materia. Durante la fase di sviluppo è importante comunicare gli step raggiunti per verificare di essere sulla strada giusta, al fine di apportare opportune correzioni fino a che il prodotto sperimentale non ha ottenuto l’approvazione.

In questa fase occorre pianificare ed effettuare le analisi chimico-fisiche, microbiologiche e fare le prove di conservabilità per definire la shelf life; verificare i riferimenti legislativi sia per l’alimento che per gli imballaggi e provvedere all’adeguatezza del piano HACCP. Tutte le prove e le decisioni vanno documentate.

FASE 4: PROVA INDUSTRIALE O SERIE “0”

La prova industriale o “0” definisce il passaggio dalla fase propriamente sperimentale a quella industriale. Non è ancora il prodotto definitivo in quanto il passaggio dal “piccolo” al “grande” può comportare la correzione di alcuni parametri tecnologici (ad esempio, la messa a punto precisa dei parametri di un forno e dei tempi di cottura per un prodot-

Strengths

Weaknesses

VANTAGGI E OPPORTUNITÀ RISCHI E PERICOLI
Punti di forza Punti di debolezza
Opportunità
Minacce
FATTORI INTERNI
FATTORI ESTERNI
MATRICE “ANALISI SWOT”

to cotto oppure del bilanciamento del calo peso di un prodotto stagionato) nei tempi propri del processo industriale. La prova industriale – se tutto è stato impostato correttamente è fondamentale garantire che il prodotto possa essere realizzato su scala senza compromettere la qualità – deve comunque assicurare che il prodotto corrisponda alle aspettative dei clienti che lo hanno commissionato, che riceveranno dei campioni per la presentazione e la degustazione. I primi tester sono comunque i membri del team, compresa la Direzione aziendale, che devono confermare la qualità dello sviluppo secondo i criteri del progetto e la rispondenza all’obiettivo fissato. Sia il prodotto che l’imballaggio devono essere pressoché definitivi: la distinta base deve essere correttamente redatta (si tratta della distinta delle materie prime e degli ingredienti, con i cali peso e le rese di produzione, i materiali di consumo di imballaggio primario e secondario, che deve essere stilata in funzione delle quantità utilizzate per l’unità definita di vendita) e devono essere disponibili i costi di produzione. In questa fase – come in ognuna delle precedenti – il progetto può ancora essere revisionato o interrotto.

FASE 5: INDUSTRIALIZZAZIONE (E CONSEGNA

DALLA R&S ALLA PRODUZIONE)

Si tratta della fase di industrializzazione vera e propria, con la creazione dell’articolo di produzione, la stesura dei documenti per il reparto (istruzioni operative, tecnologie, specifiche, piano HACCP, piano d’analisi e degustazione), la formazione dei collaboratori sulle linee di produzione, la pianificazione della prima produzione.

È importante che nulla venga lasciato al caso perciò il responsabile di progetto deve preoccuparsi di redigere un dossier completo di “informazione nuovo prodotto” e portarlo alla firma di tutti i capi

aziendali ai diversi livelli, che devono conoscere e autorizzare quanto di loro competenza ai fini della gestione dell’intera catena produttiva, dall’approvvigionamento delle materie prime, alla gestione dei costi industriali, comprendendo la produzione, il controllo qualità e la logistica.

FASE 6: LANCIO/IMMISSIONE

SUL MERCATO

Riguarda tutte le operazioni di fornitura ai

clienti e all’immissione sul mercato, dopo aver già effettuato tutte le analisi sul target dei consumatori a cui è rivolto il nuovo prodotto e compreso come il prodotto si può affermare sul mercato.

Spetta al Product manager occuparsi delle attività legate al marketing e gestire l’intera vita commerciale del prodotto, definendo le azioni promozionali legate al lancio.

All’azienda non resta che misurare il successo secondo le metriche di target che ha sta-

Innovative food solutions

Il lancio di un nuovo prodotto non può prescindere dall’integrare le scienze alimentari propriamente dette con nuove scienze che studiano il comportamento dei consumatori e permettono di conoscere in anticipo il mercato di riferimento

bilito all’inizio del progetto e che quantificano i volumi del venduto e il suo valore.

UN ACCENNO AI MODERNI STRUMENTI ANALITICI CHE FOCALIZZANO IL TARGET CONSUMATORE E IL MERCATO DI RIFERIMENTO

Non mi sono mai occupato di marketing e di mercato (non era il mio mestiere!) ma ho appreso tanto dalla partecipazione a un gruppo di lavoro fatto da diversi specialisti, tanto da approfondire alcune tematiche.

Tra quelle che mi hanno più interessato, per studio e conoscenza, ho visto l’affermazione negli ultimi decenni, accanto alle normali leve per lanciare un nuovo prodotto, di nuovi strumenti di inquadramento del target del consumatore e del mercato: ecco quindi una breve sintesi dei concetti delle neuroscienze applicate all’alimentare e della Food Reputation Map, che reputo due strumenti interessanti da prendere in considerazione quando si chiude il cerchio della R&S.

Infatti nella creazione di nuovi prodotti non si deve solo puntare, come obbligo di base

del resto, a che i prodotti siano buoni per i requisiti nutrizionali ed organolettici, oltre che sicuri, ma devono soddisfare anche emozioni e attivare meccanismi di memoria e di desiderio: è questo che studia la neuroscienza. Mentre è abbastanza logico prevedere come può affermarsi un prodotto utilizzando strumenti come la Food Reputation Map che fornisce un’idea approfondita del collocamento del prodotto basandosi sulle preferenze e le percezioni del mercato.

A) NEUROSCIENZA

La “neuroscienza alimentare” non ha un singolo padre, ma piuttosto è il risultato dell’integrazione di diverse discipline, tra cui neuroscienze, psicologia, marketing e scienza degli alimenti (tanto che la si inquadra piuttosto come neuromarketing). Varie università e istituti di ricerca in tutto il mondo hanno contribuito allo sviluppo di questa particolare branca delle neuroscienze, anche in Italia [4]. La neuroscienza (o il neuromarketing) applicata al comparto alimentare si occupa di:

• fornire una comprensione del comportamento del consumatore, studiando le reazioni neurali e psicologiche alle diverse caratteristiche di cibi e bevande, come gusto, aspetto e aroma.

• O ttimizzare gli aspetti edonistici del marketing sensoriale, utilizzando dati neuroscientifici per migliorare le esperienze sensoriali che attraggono i consumatori.

• Fornire un’accurata analisi delle preferenze, identificando quali elementi di packaging, pubblicità e presentazione del pro-

dotto attivano positivamente il cervello del consumatore.

Fornire previsioni sull’accettazione del prodotto, cioè prevedere la probabilità di successo di nuovi prodotti analizzando risposte cerebrali e fisiologiche ai prodotti testati.

Questo approccio aiuta a lanciare un nuovo prodotto perché permette di sviluppare prodotti mirati che rispondono meglio ai desideri e bisogni inconsci dei consumatori, fornisce una migliore comprensione e previsione della risposta del mercato, riducendo costi e rischi connessi a lanci di prodotto inefficaci. Applicare le neuroscienze alle campagne pubblicitarie permette di focalizzare il messaggio a quegli orientamenti che influenzano positivamente le decisioni d’acquisto.

B) FOOD REPUTATION MAP

La Food Reputation Map è una mappa concettuale utilizzata per valutare la reputazione di un alimento basandosi su vari parametri sociali, economici ed etici, sia della società che dell’individuo a livello psicologico e fisiologico. È uno strumento che può aiutare a comprendere come un nuovo prodotto alimentare possa affermarsi sul mercato. Questa mappa analizza vari fattori che influenzano la reputazione e la percezione di un prodotto food. In Italia è stato messo a punto un modello, scientificamente validato, che fornisce un’analisi strutturata di tre principali aree di reputazione (caratteristiche intrinseche del cibo, effetti o rapporti del cibo in un determinato contesto, effetti o rapporti del cibo con le persone), comprendente 6 indicatori principali e 23 indicatori dettagliati che influenzano la nostra percezione di un determinato alimento, mettendo in luce i fattori chiave che possono incentivare (o dissuadere) l’acquisto e il consumo [5].

I parametri sono così articolati:

1. Per l’area legata al cibo (riguardo i parametri chimico-fisici e nutrizionali), l’indicatore principale è connesso all’essenza del prodotto. Si valutano: composizione, genuinità, durata, riconoscibilità;

2. L’area ambiente è studiata dagli indicatori culturali (identità territoriale, tradizionalità, familiarità, innovatività), economici (contesto, prezzo, preparazione) e ambientali (responsabilità sociale e ambientale, tracciabilità, prossimità, sicurezza);

3. L’area dell’individuo è misurata dagli aspetti fisiologici (capacità di saziare, leggerezza, peso corporeo) e psicologici (percezione organolettica, memoria personale, benessere psico-fisico, convivialità, appartenenza di gruppo).

Tutti i 23 indicatori possono essere messi in relazione tra loro fornendo un indicatore complessivo di reputazione globale, che permette di fornire gli elementi prioritari che possono determinare il successo del prodotto, comprendendo meglio la qualità del prodotto, il modo in cui viene presentato al pubblico (compreso il packaging, la reputazione del marchio e le campagne pubblicitarie), le tendenze alimentari dove spinge il mercato e l’attenzione alla sostenibilità, l’analisi della concorrenza e le strategie di distribuzione. Per affermare un nuovo prodotto, è quindi fondamentale lavorare su questi aspetti in modo strategico, tenendo conto delle preferenze e delle esigenze del target di riferimento. Utilizzare la Food Reputation Map può aiutare le aziende a identificare le aree di miglioramento e a sfruttare al meglio le opportunità nel mercato alimentare.

CONCLUSIONE

Per un’azienda alimentare che vuole lanciare un nuovo alimento le attività di Ricerca e Sviluppo (R&S) vanno oltre il semplice processo industriale di messa a punto tecnologico. La Ricerca e Sviluppo di un prodotto alimentare è un processo articolato che richiede un approccio combinato e multidisciplinare: oggi il lancio di un nuovo prodotto non può prescindere dall’integrare le scienze alimentari propriamente dette con nuove scienze che

studiano il comportamento dei consumatori e permettono di conoscere in anticipo il mercato di riferimento.

L’integrazione con approcci moderni, in particolare le neuroscienze (o neuromarketing), ha rivoluzionato questo settore. Tali approcci consentono di analizzare in profondità le percezioni, le emozioni e i comportamenti dei consumatori nei confronti dei nuovi prodotti. A questi si possono aggiungere strumenti avanzati come la Food Reputation Map, che offre una comprensione dettagliata delle dinamiche che influenzano l’accettazione e la popolarità di un prodotto sul mercato. Essa permette di identificare i fattori chiave che determinano il successo, come la reputa-

zione del marchio, le qualità organolettiche e la rilevanza delle tendenze salutistiche e sostenibili. In sintesi, la sinergia tra innovazioni tecnologiche e analisi comportamentali garantisce un approccio olistico e strategico nella R&S di nuovi prodotti alimentari. Questo approccio non solo migliora l’efficienza e l’efficacia del processo di sviluppo, ma assicura anche che i nuovi prodotti siano in linea con i desideri e le aspettative dei consumatori, aumentando le probabilità di successo sul mercato. In un contesto competitivo e in continua evoluzione, tale integrazione rappresenta un vantaggio cruciale per le aziende del settore alimentare che vogliono innovare e prosperare.

1. Indeed Editorial Team (2024). What Is Research and Development and Why Is It Important? https://sg.indeed.com/career-advice/career-development/research-and-development Consultato online il 27 settembre 2024

2. Moresi M., Masi P, Massini R. (2008). Industria alimentare italiana: quali prospettive di Ricerca e Sviluppo? - A cura di Società Italiana di Scienze e Tecnologie Alimentari. https://www.sistal.org/files/01132/2relazsistalismea.pdf

3. Wells P. (2023). Exploring The Role Of A Food Research And Development Specialist. In R&D Career News, https://researchdevelopmentcareernews.com/rd-careers/exploring-the-roleof-a-food-research-and-development-specialist/ Consultato online il 27 settembre 2024

4. Stasi A., Songa G., Mauri M., Ciceri A., Diotallevi F., Nardone G., Russo V. (2018). Neuromarketing empirical approaches and food choice: A systematic review. Food Research International, Volume 108, pp 650-664

5. De Dominicis S., Bonaiuto F., Fornara F., Ganucci Cancellieri U., Petruccelli I., Crano W.D., Ma J., Bonaiuto M. (2020).Food Reputation and Food Preferences: Application of the Food Reputation Map (FRM) in Italy, USA, and China. Front. Psychol. (11) 1499

Gli autori sono responsabili delle opinioni espresse negli articoli e delle relative bibliografie

ALLERGENI sulle etichette degli alimenti

COME I PRODUTTORI DOVREBBERO DICHIARARNE L’ASSENZA

Negli ultimi anni, c’è stata una crescente consapevolezza e attenzione da parte dei consumatori nei confronti degli ingredienti contenuti nei prodotti alimentari. Questo cambiamento culturale è stato guidato da una maggiore sensibilità verso la salute, il benessere e la sostenibilità, spingendo molte persone a cercare alimenti che siano più naturali, privi di allergeni e senza additivi chimici.

A cura del Dott. Giuseppe L. Pastori – Tecnologo Alimentare

In che modo i produttori dovrebbero dichiarare l’assenza di allergeni sulle etichette alimentari? Le aziende di settore, in risposta a questa domanda, hanno iniziato a modificare le loro strategie di marketing e produzione. L’uso di etichette “pulite” nei prodotti alimentari con indicazioni “free from”, cioè “esenti da”, è diventato un trend in voga ormai da molti anni. Tali etichette riportano termini che compaiono frequentemente riguardo l’assenza di allergeni o di additivi, che nello specifico rappresentano due classi di affermazioni o claim diversi perché rivolti a due diversi tipi di consumatore: i primi perché allergici o intolleranti a determinate sostanze (anche se molti, senza necessità, ne sono attratti), i secondi per chi ritiene – a ragione

Il fenomeno delle etichette “pulite” ha creato un mercato dove le aziende competono per catturare l’attenzione dei consumatori attraverso claim accattivanti, ma spesso queste affermazioni non aggiungono valore reale al prodotto

o a torto – che un alimento senza additivi sia più salutare. Possiamo dire che entrambi i tipi di informazione sono accomunati dalla stessa logica: quella di fornire un messaggio sulle proprietà degli alimenti utili per il loro consumo. Tuttavia, non tutte le affermazioni sono supportate da solide evidenze. In molti casi, queste dichiarazioni possono risultare fuorvianti, enfatizzando aspetti che possono sembrare positivi ma che non necessariamente assicurano un prodotto migliore o più sano. In effetti, il fenomeno delle etichette

“pulite” ha creato un mercato dove le aziende competono per catturare l’attenzione dei consumatori attraverso claim accattivanti, ma spesso queste affermazioni non aggiungono valore reale al prodotto. Il caso degli additivi è il più emblematico. A un certo punto si è cominciato a mettere in discussione che nei piatti c’era troppa “chimica” e che sarebbe stato meglio puntare su alimenti più “naturali”. Se guardiamo al passato e ragioniamo sui metodi di conservazione ci rendiamo conto che venivano

già usate sostanze (il sale, il succo di limone, l’aceto, il salnitro, ecc.) che avevano la funzione di prolungare la vita degli alimenti e di impedire la loro facile deperibilità. Tuttavia i casi di intossicazione da alimenti prodotti artigianalmente non erano rari, per lo più dovuti alla mancanza di trattamenti adeguati atti a garantirne la salubrità e la sicurezza. In epoca moderna l’aggiunta di additivi è diventata un’esigenza tecnologica ragionata, conseguenza dell’evoluzione industriale e delle mutate esigenze dei consumatori, soprattutto per quanto attiene allo stoccaggio e alla distribuzione dei prodotti alimentari e alla necessità di trasportarli anche da aree geografiche distanti tra loro. Ora, sebbene la terminologia di additivo alimentare possa essere motivo di preoccupazione in molti consumatori, solo perché non sono adeguatamente informati della loro natura e del loro apporto, occorre ribadire che:

- molti additivi non sono di sintesi chimica ma di origine naturale, come l’acido citrico, la lecitina, le pectine, la farina di carruba, i tocoferoli (o vitamina E);

- anche le molecole di sintesi chimica (perché più economiche da produrre) sono spesso le identiche molecole che si trovano allo stato naturale: ad esempio i nitriti e nitrati usati come conservanti hanno la stessa struttura di quelli che si ritrovano nei vegetali. Anche l’acido ascorbico o vitamina C è ottenuto oggi più per sintesi da vari passaggi di trasformazione chimica e/o processi fermentativi di natura microbica;

- gli additivi autorizzati sono sostanze ampiamente studiate per gli aspetti tossicologici e puntualmente revisionati sotto il controllo di organismi internazionali come l’EFSA: il loro impiego è spesso dosato per modiche quantità e i dosaggi sono definiti

per legge sia in Europa (tramite il proprio corpo legislativo) che nel mondo, sulla base degli studi di dose accettabile giornaliera senza che compaiano effetti indesiderati;

- nella preparazione degli alimenti sono autorizzati solo quelli identificati con codice europeo, dato dalla lettera E seguita da un numero progressivo.

L’assenza di un additivo (nei prodotti con etichetta “pulita”) non significa necessariamente che l’alimento sia più salutare; potrebbe

L’assenza di un additivo (nei prodotti con etichetta “pulita”) non significa necessariamente che l’alimento sia più salutare; potrebbe semplicemente implicare che si utilizza un altro metodo di conservazione non evidenziato

semplicemente implicare che si utilizza un altro metodo di conservazione non evidenziato. È il caso della sostituzione, nella produzione dei prodotti di carne e salumeria, degli additivi conservanti nitriti/nitrati di origine chimica con estratti vegetali che li contengono: questa sostituzione non modifica la composizione dell’alimento nella sua formula chimica perché le molecole di nitrito e nitrato presenti sono le stesse a prescindere dalla loro origine. Pertanto vantare l’assenza di nitriti e nitrati aggiunti pur avendoli sostituiti ricorrendo ad ingredienti naturali che li contengono, fornisce una falsa informazione al consumatore che può rivelarsi fuorviante a chi è intollerante a quelle molecole, ma più in generale è convinto che non ci siano per il fatto che si usano estratti vegetali, quindi naturali. Questo caso specifico è regolamentato in Italia dalla legge (DM 26 maggio 2016 che modifica il DM 21 settembre 2005) che evidenzia che l’apporto di nitriti e nitrati da fonte naturale, laddove svolgono la medesima funzione degli additivi alimentari, è da considerare alla stessa stregua degli additivi, perciò non è consentito vantare l’assenza di conservanti (art. 15), invitando quindi a dichiararne l’origine. Ugualmente altri paesi (la Germania ad esempio) e la stessa Unione Europea confermano questi termini ribadendo che l’impiego di estratti vegetali che svolgono una funzione tecnologica negli alimenti (antiossidante, conservante, stabilizzante e altro) deve essere considerato come utilizzo volontario dell’additivo alimentare. E tale impiego deve essere dichiarato indicandone la provenienza.

Per quanto attiene agli allergeni la questione assume aspetti direttamente legati alla sfera della salute in soggetti sensibili a certe sostanze.

I primi prodotti ad apparire sul mercato con un’affermazione che metteva in evidenza l’assenza di allergeni sono stati quegli alimenti con diciture senza glutine e senza derivati del latte.

La nicchia di mercato dei prodotti senza glutine è stata molto attiva negli ultimi decenni, essendo l’unica categoria che può avvalersi (in Italia) del marchio della Spiga Barrata, concesso da parte dell’AIC (Associazione Italiana Celiachia) sulla base di un apposito disciplinare, attestante una certificazione volontaria di prodotto. La dicitura “senza glutine” è tra l’altro, a prescindere dalla certificazione AIC, soggetta a precise regole e doveri generali di informazione sulla presenza degli allergeni negli alimenti, dettate dal Regolamento (UE) n. 828/2014 [1] ad essi riservata, che definisce le indicazioni “senza glutine” se il tenore di questa sostanza nel prodotto finale dell’alimento venduto al consumatore è inferiore a 20 mg/kg (analogo limite è definito dalla FDA americana).

I prodotti senza derivati del latte o dei latticini sono parimenti disponibili da diverso tempo, ma ora la terminologia può essere più particolareggiata, con etichette che includono diciture specifiche, come ad esempio senza latticini, senza latte, senza lattosio, anche in formulazioni senza derivati del latte.

A tutela dei consumatori, diversi enti e organismi di regolamentazione hanno iniziato a prestare maggiore attenzione a queste pratiche, promuovendo norme più severe per garantire che le affermazioni sui prodotti alimentari siano veritiere e supportate da prove concrete

Sul mercato hanno poi iniziato ad apparire prodotti con ulteriori claim “free from”, tra cui quelli senza frutta a guscio, senza arachidi, senza uova, senza soia e persino una dicitura generica “senza allergeni” che va oltre l’etichettatura richiesta. Rispetto alle indicazioni senza glutine, il numero di prodotti disponibili sul mercato con altri claim “free from” è però inferiore e meno diversificato.

Questo scenario ha portato a una richiesta sempre più forte di trasparenza e autenticità da parte dei consumatori, che stanno diventando più informati e critici nei confronti delle informazioni fornite dalle aziende. È per questo motivo che a tutela dei consumatori, diversi enti e organismi di regolamentazione hanno iniziato a prestare maggiore attenzione a queste pratiche, promuovendo norme più severe per garantire che le affermazioni sui prodotti alimentari siano veritiere e supportate da prove concrete (è il caso del regolamento claim applicato in Europa [2]). I prodotti alimentari con claim “free” da allergeni attraggono sicuramente il segmento di mercato che rappresenta i consumatori con allergie e malattie correlate ad alimenti specifici. Tuttavia è noto che alcuni consumatori selezionano prodotti con etichette senza glutine basandosi più sulla scelta del loro stile di vita personale piuttosto che sulla necessità clinica di evitare il glutine. Presumibilmente lo stesso comportamento si verifica anche quando si tratta di prodotti con altre indicazioni “free from”. Sebbene esistano opportunità di mercato per i prodotti alimentari con claim “free from” ci sono anche rischi potenziali che devono essere evitati quando si utilizzano queste indicazioni. Esaminiamo entrambi i lati della questione, con l’obiettivo di identificare la strategia più sicura e trasparente da utilizzare per tali dichiarazioni sui prodotti e ridurre il più possibile talune presupposte ambiguità.

ATTRATTIVA E SFIDE

DEL MERCATO

Naturalmente, i prodotti con indicazioni “esente da” sostanze allergeniche si rivolgono ai consumatori con allergie o intolleranze a quegli alimenti che contengono l’allergene specifico; i consumatori allergici o intolleranti infatti, si affidano esclusivamente all’etichettatura degli ingredienti per scegliere

DIFFERENZE TRA ALLERGIE E INTOLLERANZE

L’allergia e l’intolleranza sono due reazioni avverse al cibo, ma differiscono per meccanismi e sintomi.

- ALLERGIA: si tratta di una risposta del sistema immunitario a una sostanza estranea (allergene) che viene percepita come dannosa. Può manifestarsi con sintomi immediati, come orticaria, gonfiore, difficoltà respiratorie e, nei casi più gravi, shock anafilattico. Gli allergeni comuni includono noci, pesce e latticini.

- INTOLLERANZA: è una reazione non immunitaria che avviene quando l’organismo ha difficoltà a digerire certi alimenti, spesso a causa della mancanza di enzimi. I sintomi possono includere gonfiore, crampi addominali e diarrea, e tendono a manifestarsi ore dopo il consumo del cibo. Ne è un esempio l’intolleranza nei confronti del lattosio. In sintesi, l’allergia coinvolge il sistema immunitario ed è più pericolosa, mentre l’intolleranza riguarda la digestione e i sintomi sono generalmente meno gravi.

gli alimenti in modo sicuro. Tuttavia, si stima che le allergie alimentari specifiche in Europa abbiano una prevalenza del 2-3% della popolazione adulta (mentre nei bambini sotto i 3 anni possono arrivare anche al 6-8%, salvo poi regredire con il passare del tempo), quindi la dimensione del mercato sarebbe piuttosto piccola se questi prodotti si rivolgessero solo ai consumatori che effettivamente soffrono di allergie o intolleranze alimentari, sebbene siano un’importante preoccupazione per la salute pubblica perché in aumento. In tali situazioni, la commercializzazione dei prodotti presso i consumatori interessati può essere piuttosto impegnativa e può comportare approcci specializzati, specie in mercati come le vendite online e altre forme di marketing diretto al consumatore.

Oltre ai consumatori allergici stessi, tuttavia, i prodotti con indicazioni esenti possono attrarre anche coloro che interagiscono e acquistano cibo per occasioni periodiche che includono individui allergici al cibo, come membri della famiglia nucleare e allargata e organizzatori di eventi scolastici e attività extrascolastiche. Poiché le aziende prendono in considerazione queste nicchie di mercato specializzate, la possibilità che la nicchia specifica possa avere un’attrattiva più ampia dovrebbe essere esaminata caso per caso, come nel dettaglio.

1. CLAIM SU PRODOTTI SENZA LATTICINI, SENZA LATTE, SENZA

LATTOSIO E NON CONTENENTI DERIVATI DEL LATTE

L’universo degli alimenti senza derivati del latte si è evoluto nel corso dei decenni, ma l’uso di molteplici terminologie relative a questi claim può creare confusione. Ciò in parte deriva dal fatto che gli alimenti senza derivati del latte possono attrarre diverse categorie di consumatori: individui allergici al latte, individui intolleranti al lattosio, vegani e coloro che seguono determinati tipi di restrizioni kosher [3].

In origine, molti prodotti senza derivati del latte erano destinati semplicemente ai consumatori intolleranti al lattosio. L’intolleranza al lattosio colpisce una fascia molto più ampia di consumatori perché è una condizione geneticamente acquisita che peggiora con l’avanzare dell’età e colpisce molti bambini più grandi e adulti, soprattutto in alcuni gruppi etnici. I consumatori affetti sperimentano lievi disturbi intestinali (flatulenza, gonfiore, crampi, diarrea) dopo aver mangiato latticini contenenti lattosio,

lo zucchero del latte. Alcuni prodotti senza derivati del latte sono essenzialmente privi di lattosio (e l’etichettatura “senza lattosio” è appropriata) ma possono contenere comunque altri ingredienti derivati dal latte, in particolare frazioni proteiche del latte come caseinati o concentrati di proteine del siero di latte.

Si stima che le allergie alimentari specifiche in Europa abbiano una prevalenza del 2-3% della popolazione adulta quindi la dimensione del mercato sarebbe piuttosto piccola se questi prodotti si rivolgessero solo ai consumatori che effettivamente soffrono di allergie o intolleranze alimentari

I prodotti senza lattosio o senza derivati del latte ma contenenti proteine del latte sarebbero inadatti e addirittura pericolosi per i consumatori allergici che devono evitare tassativamente l’ingestione di qualsiasi livello di proteine del latte [4]. Anche quantità molto piccole di proteine del latte sono sufficienti a provocare reazioni avverse in tali individui. I sintomi sono variabili e possono interessare la pelle (orticaria, prurito, gonfiore), il tratto intestinale (vomito, diarrea) e/o le vie respiratorie (asma, rinite); in alcuni consumatori possono verificarsi reazioni anafilattiche molto gravi e persino la morte in seguito all’ingestione involontaria di proteine del latte. La percentuale di consumatori con allergia al latte è piuttosto piccola. L’allergia al latte vaccino in-

teressa fino al 2% dei bambini di età inferiore ai 3 anni, ma la maggior parte di loro supera tale condizione con la maturazione del tratto digerente durante la crescita, al punto che l’allergia al latte è molto più rara negli adulti (si stima intorno allo 0,5% della popolazione), sebbene non sia disponibile una stima accurata della prevalenza per gli adulti.

Pochi alimenti sul mercato sono etichettati come senza latte, ma i produttori sono tenuti a includere il nome comune nell’elenco degli ingredienti per i prodotti contenenti caseine e altre proteine derivate dal latte.

Si potrebbe sostenere che i prodotti senza derivati del latte, idealmente non dovrebbero contenere lattosio o proteine del latte rilevabili, quindi sarebbero adatti a entrambi i tipi di consumatori.

Il mercato dei prodotti senza derivati del latte ha un’attrattiva più ampia oltre a quelli con allergia al latte o intolleranza al lattosio: attraggono anche i consumatori vegani e tutti coloro che non consumano latticini per scelta.

2. CLAIM SUI PRODOTTI

SENZA UOVA

I prodotti senza uova attirano ovviamente i consumatori con allergia alle uova, sebbene il loro numero sia in realtà piuttosto piccolo. Come per l’allergia al latte, l’allergia all’uovo colpisce soprattutto i neonati e i bambini, con una prevalenza di circa il 2%. La maggior parte dei bambini allergici alle uova supera questa condizione, quindi l’allergia alle uova non è comune tra i bambini più grandi e gli adulti. I sintomi di tale allergia sono simili a quelli riscontrati per il latte e le reazioni possono essere scatenate dall’esposizione a quantità molto piccole di proteine dell’uovo. È probabile che i prodotti senza uova esistano sul mercato perché attraggono i consumatori vegani [5]. Gli esempi includono la maionese senza uova e le tagliatelle senza uova. Mentre la nicchia del mercato vegano è in crescita, qualsiasi prodotto senza uova deve essere formulato e prodotto in modo da non contenere proteine rilevabili dell’uo-

vo, per essere sicuro anche per i consumatori allergici alle uova.

3. CLAIM SENZA FRUTTA

A GUSCIO E SENZA ARACHIDI

La frase “senza frutta a guscio” sui prodotti alimentari può creare confusione perché non è chiaro se questo termine significhi in tutti i casi anche “senza arachidi”. Per i consumatori, “senza frutta a guscio” dovrebbe essere interpretato nel senso che è privo di frutta a guscio, ma non necessariamente di arachidi. Questo perché la gente fa confusione e identifica le arachidi come frutta a guscio mentre in realtà si tratta di legumi, che richiamano la frutta secca solo per la forma e la consistenza (e vengono anche indicate in modo separato nella lista degli allergeni presa in considerazione a livello europeo). “Senza arachidi” è un termine di etichettatura molto più chiaro. Come sempre, si consiglia di rivedere la dichiarazione degli ingredienti per chiarezza.

La frutta secca come gruppo non è definita in modo simile in tutti i paesi del mondo. Un gruppo di esperti riunito dalla FAO e dall’OMS ha identificato noci, noci pecan, noci macadamia, anacardi, pistacchi, nocciole e mandorle come la frutta a guscio più importante dal punto di vista delle allergie su base internazionale. Questi prodotti sono tutti inclusi nella lista europea delle sostanze che provocano allergie, però alcuni altri paesi identificano anche le castagne e i pinoli come frutta a guscio ai fini dell’etichettatura. L’allergia alle arachidi interessa l’1-3% dei bambini nel mondo (e sta aumentando in varie parti del mondo occidentale in relazione alle diversità etniche/culturali legate al consumo dell’alimento) [6]; permane per l’1-2% degli adulti perché a differenza di altre allergie, si risolve spontaneamente con l’età solo per il 20% dei casi. L’allergia alla frutta a guscio è invece abbastanza diversificata in Europa: in Italia si manifesta di più l’allergia

alle nocciole, mentre in Gran Bretagna sono più sensibili alle arachidi. Spesso comunque chi manifesta allergia per la frutta a guscio, la manifesta anche per le arachidi (fenomeno conosciuto come “cross-reattività”), quindi alcuni consumatori devono evitarle entrambe. Le reazioni allergiche alle arachidi e alla frutta a guscio possono essere piuttosto gravi e sono tra le principali cause di morte per anafilassi alimentare, anche in caso di assunzione in piccole quantità. Pertanto, i prodotti senza arachidi e senza frutta a guscio non dovrebbero contenere alcuna proteina rilevabile proveniente da queste fonti. Il mercato di questi prodotti speciali esenti è probabilmente limitato al segmento allergico della popolazione.

4. CLAIM SENZA SOIA

I prodotti senza soia si rivolgono al segmento della popolazione allergico a tale alimento; tuttavia, la prevalenza dell’allergia alla soia è molto bassa e colpisce meno dello 0,5% della popolazione, soprattutto bambini, molti dei quali superano l’allergia con l’età: quindi la sua prevalenza tra i bambini più grandi e gli adulti è piuttosto piccola.

Sebbene la base allergica sia bassa, non bisogna dimenticare che la soia è consumata da milioni di persone in tutto il mondo dato che è una fonte a basso costo di proteine vegetali; inoltre per le sue caratteristiche si presta ad essere impiegata in vari modi e in molte formulazioni (ad esempio quella dei prodotti plant-based sostituti della carne). Perciò ottenere lo status di prodotto alimentare senza soia è impegnativo a causa dell’ubiquità degli ingredienti a base di tale alimento e della frequenza della sua mescolanza agricola con altre colture di base come grano, avena, mais e diversi legumi. Le dosi di proteine di soia necessarie per provocare reazioni allergiche non sono così basse come quelle necessarie per le arachidi, il latte, la frutta a guscio o le uova, tuttavia nei soggetti allergici si possono manifestare sintomi anche gravi e potenzialmente letali. L’uso del termine “senza soia” indica che i prodotti non devono contenere alcuna proteina di soia rilevabile.

5. PRODOTTI CON CLAIM

“SENZA ALLERGENI”

Sul mercato esistono prodotti alimentari etichettati con il claim “senza allergeni” o simili: questi possono essere barrette energetiche senza allergeni, pasta (senza glutine e senza allergeni comuni), bevande in sostituzione del latte a base di avena o riso e altro. Questi prodotti sono specificamente formulati per non contenere ingredienti noti per essere allergeni comuni (oltre a quelli già citati in-

cludiamo anche frumento, pesce e crostacei, secondo le normative di etichettatura alimentare presente in vari paesi). La dicitura “senza allergeni” significa in genere che il prodotto è privo di tutti gli alimenti allergenici identificati come tali dalla legislazione europea.

La formulazione di alimenti privi di allergeni può rivelarsi impegnativa per le aziende per-

L’uso della parola “senza” suggerisce che l’alimento non dovrebbe contenere residui proteici rilevabili, ma la disponibilità, la specificità e la sensibilità dei metodi di rilevamento per supportare tali affermazioni possono variare

ché può essere difficile trovare ingredienti sostitutivi adeguati per alcuni tipi di prodotti alimentari: poiché possono provocare l’insorgere di reazioni allergiche anche a piccole dosi, questi alimenti non devono contenere proteine rilevabili provenienti da nessuna delle fonti comunemente allergeniche. Inoltre è fondamentale considerare la possibilità di contaminazione incrociata durante la produzione. Le aziende che producono alimenti senza allergeni devono adottare misure rigorose per prevenire la contaminazione [7], come l’uso di attrezzature separate, la pulizia approfondita e controlli di qualità più specifici.

Il consumatore allergico può essere rassi-

curato se trova in etichetta l’attestazione di un ente certificatore, cui le aziende possono rivolgersi per attestare la loro produzione. Sebbene l’attrattiva dei prodotti privi di allergeni è probabilmente molto inferiore alla prevalenza complessiva delle allergie alimentari nella popolazione, tuttavia, considerando che la prevalenza di consumatori con allergie alimentari multiple (da tre a cinque alimenti) è in aumento per ragioni ancora sconosciute, un mercato per tali prodotti senza allergeni potrebbe rivelarsi potenzialmente promettente. Inoltre, alcuni di questi prodotti possono anche essere adatti ad alimentazione esclusivamente vegana a seconda degli altri componenti della formulazione. È importante notare che, per i prodotti etichettati come “senza allergeni”, è sempre consigliato controllare etichette e certificazioni per confermare che non vi sia il rischio di contaminazione incrociata. Ogni consumatore con allergie alimentari dovrebbe adottare un approccio prudente e considerare le informazioni fornite dal produttore.

METODI ANALITICI PER IL

RISCONTRO DEGLI ALLERGENI NEI PRODOTTI ALIMENTARI

In Europa, l’approccio normativo riguardo agli allergeni alimentari è principalmente orientato alla dichiarazione e all’etichettatura piuttosto che ai limiti quantitativi stabiliti per ogni allergene. Fa eccezione il caso specifico del glutine che, come già accennato, è l’unico claim del tipo “free from” che ha dei limiti precisi normati da specifico regolamento: si possono etichettare prodotti “senza glutine”

Il parere scientifico delinea quali sono gli approcci di valutazione del rischio che possono aiutare coloro che devono prendere decisioni in fatto di gestione del rischio riguardanti l’etichettatura degli allergeni

se contengono meno di 20 ppm di tale sostanza (parametro tra l’altro accettato nella maggior parte dei paesi del mondo). Invece una panoramica della situazione per l’uso di tutte le altre dichiarazioni “free from” va fatta alla luce del regolamento (UE) 1169/2011 [8]: questo regolamento richiede che gli allergeni siano dichiarati chiaramente sulle etichette degli alimenti, in modo che i consumatori possano identificare la presenza di ingredienti allergenici. Non stabilisce limiti quantitativi per la presenza di altri allergeni alimentari. Questo significa che non ci sono valori specifici al di sotto dei quali un prodotto può essere commercializzato come “senza allergeni”, anche se recentemente FAO e OMS hanno affrontato questo argomento e proposto delle soglie per gli allergeni più importanti [9]: attraverso valutazioni del rischio, sono state raccomandate dosi di riferimento, basate su valori guida sulla salute per ciascuno degli allergeni prioritari [10].

Pertanto ogni azienda produttrice fa di fatto un’azione volontaria, dichiarando l’assenza dell’allergene che deve essere veritiera e non fuorviante. L’uso della parola “senza” suggerisce che l’alimento non dovrebbe contenere residui proteici rilevabili, ma la disponibilità, la specificità e la sensibilità dei metodi di rilevamento per supportare tali affermazioni possono variare. La scelta dei metodi di prova influenzerà la veridicità di queste affermazioni sull’assenza di sostanze.

Infatti, sebbene i prodotti “senza” possano attrarre un pubblico più ampio di consumatori che non ha problemi di salute legati all’allergia, l’industria alimentare deve essere attenta ai potenziali rischi per quel sottogruppo di consumatori con allergie o intolleranze a uno o più alimenti specifici.

Per le indicazioni senza glutine, l’esistenza di una definizione normativa stabilisce l’obiettivo di produzione. È tuttavia necessario selezionare un metodo adatto per la rilevazione dei residui di glutine.

Perciò sebbene non ci siano limiti legislativi per gli allergeni diversi dal glutine, molte aziende seguono pratiche di produzione che possono includere test di laboratorio per rilevare la presenza di allergeni in tracce, per poi documentare in modo trasparente i risultati

e pubblicarli eventualmente in luoghi accessibili al pubblico come i propri siti web. EFSA può venire incontro ai produttori aggiornando i suoi pareri scientifici sull’argomento, fornendo per ogni prodotto alimentare o sostanza presente sull’elenco degli allergeni informazioni su:

- prevalenza delle allergie in popolazioni non specifiche;

- proteine note per essere allergeni alimentari;

- reattività crociata;

- effetti della trasformazione degli alimenti sull’allergenicità di un alimento o di un ingrediente;

- metodi per rilevare allergeni e alimenti allergizzanti, quali spettrometria di massa e tecniche di analisi del DNA, nonché il più comune approccio immunologico mediante ELISA (Enzyme-Linked Immunosorbent Assay) che consente di quantificare la presenza di specifiche sostanze (come gli allergeni) in un campione;

- dosi alle quali si è osservato lo scatenarsi di reazioni avverse in soggetti sensibili. Nel suo parere scientifico¹ [11] EFSA osserva come l’opportunità di determinare soglie per taluni alimenti allergizzanti abbia attirato molta attenzione da parte degli organismi di regolamentazione, delle associazioni dei consumatori e dell’industria. Il parere scienti-

1Il parere scientifico dell’EFSA è riferito ad allergie alimentari immuno-mediate, a celiachia e a reazioni avverse ai solfiti negli alimenti. Non si riferisce a reazioni avverse al cibo non immuno-mediate, spesso note come intolleranze alimentari.

fico delinea quali sono gli approcci di valutazione del rischio che possono aiutare coloro che devono prendere decisioni in fatto di gestione del rischio riguardanti l’etichettatura degli allergeni. Nello specifico sono: la tradizionale valutazione dei rischi utilizzando il metodo della dose senza effetto avverso osservabile (NOAEL) e i fattori di incertezza; la dose di riferimento (BMD) e l’approccio del margine di esposizione (MoE), nonché i modelli probabilistici.

Sta in ogni caso all’azienda produttrice determinare i livelli di rischio e adottare standard di sicurezza alimentare, come il sistema HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points), per gestire il rischio di contaminazione incrociata. Con le dichiarazioni “free from”, i produttori di alimenti devono procurarsi ingredienti che siano affidabili e costantemente privi di residui rilevabili del relativo alimento allergenico (o più alimenti allergenici).

In questi casi è raccomandabile l’analisi dei singoli lotti di ingredienti da utilizzare in prodotti con dichiarazioni di assenza di sostanze e la conservazione di campioni di tutti questi ingredienti da utilizzare per indagare su eventuali problemi che potrebbero risultare.

CONCLUSIONE

In sintesi, mentre il consumo di alimenti “puliti” e privi di allergeni è in aumento, c’è anche un bisogno crescente di discernimento, sia da parte dei consumatori che delle aziende, per assicurare che le etichette e le affermazioni siano realmente indicative della qualità e della sicurezza dei prodotti alimentari.

Le allergie alimentari sono dovute alla reazione del sistema immunitario a determinate proteine. Anche se spesso sono di lieve entità, possono essere a volte anche gravi. È necessario quindi evitare di assumere gli alimenti che possono causare problemi. In base a quanto stabilito dalla legislazione europea, è necessario che sul packaging dei prodotti alimentari vengano riportate indicazioni sugli allergeni.

Fra le allergie più diffuse vi sono quelle relative alla frutta a guscio, ai crostacei e ad alcuni frutti. Le reazioni allergiche si possono manifestare anche in caso di assunzione di una minima quantità dell’ingrediente a cui si è sensibili. La sintomatologia può essere lieve (come ad esempio prurito o eruzione cutanea) ma a volte anche grave, con l’insorgere di respiro affannoso, vomito, diarrea e, nei casi più estremi, shock anafilattico.

Da qui si comprende la necessità di poter individuare con facilità gli allergeni in etichetta. In questo modo è possibile stare alla larga dagli allergeni o fare scelte consapevoli se si è allergici a una o più sostanze.

Gli scienziati europei che si occupano di allergie alimentari hanno contribuito con la loro consulenza al processo legislativo per l’etichettatura degli alimenti. I produttori di alimenti commercializzati nel mercato europeo devono oggi dichiarare in etichetta 14 allergeni, in base a quanto stabilito dalla normativa UE. Tra questi rientrano i cereali che contengono glutine, le uova, la soia, le arachidi, la frutta a guscio, il latte, i crosta-

BIBLIOGRAFIA

cei, il pesce, i molluschi, il sesamo, i lupini, il sedano, la senape e i solfiti. La scienza degli allergeni è comunque in continua evoluzione e in futuro questo elenco potrebbe venire aggiornato, tenendo conto che quello che vale per l’Europa in altri paesi è trattato diversamente, prendendo in considerazione allergeni di diversa natura rispetto a quelli pre -

senti nel nostro elenco. Negli ultimi anni, si è osservato un aumento della prevalenza delle allergie alimentari a livello globale, e questo fenomeno ha sollevato preoccupazioni non solo per gli allergeni alimentari comuni elencati in normative come quella europea, ma anche per la comparsa di allergie a nuovi alimenti. 

1. Regolamento di esecuzione (UE) n. 828/2014 della Commissione, del 30 luglio 2014, relativo alle prescrizioni riguardanti l’informazione dei consumatori sull’assenza di glutine o sulla sua presenza in misura ridotta negli alimenti. Testo rilevante ai fini del SEE. GU L 228 del 31.7.2014, pagg. 5–8

2. Regolamento (CE) n. 1924/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari. GU L 404 del 30.12.2006, pagg. 9–25

3. Food Standard Agency (2010). Understanding of Food Labelling Terms Used to Indicate the Absence or Reduction of Lactose, Milk or Dairy. https://www.food.gov.uk/sites/default/files/media/document/understandfoodlabelling.pdf

4. Baby D.P., Is Lactose-Free Milk Better Than Real Milk? What Are the Benefits, and What’s Different? In MedicineNet, online healthcare media publishing company. https://www.medicinenet.com/lactose_free_milk_better_than_real_milk_benefits/article.htm Consultato online il 15 ottobre 2024

5. Boukid F., Gagaoua M. (2022). Vegan Egg: A Future-Proof Food Ingredient? - Foods 11, 161. https://doi.org/10.3390/foods11020161

6. Panasiti I., Caminiti L., Carella F., Ciprandi G., De Castro G., De Filippo M., Landi M., Olcese R., Vernich M., Votto M., Barberi S. (2022). Allergia alle arachidi: lo stato dell’arte e i progressi della desensibilizzazione. Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica 36(03): 3-9. https://doi.org/10.53151/2531-3916/2022-12

7. Littleton P., Walker M., Ward R. (2021). Controlling cross-contamination by food allergens. Food Sci and Tech (35) 2, 47-51

8. Regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che modifica i regolamenti (CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga la direttiva 87/250/CEE della Commissione, la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, la direttiva 1999/10/CE della Commissione, la direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/67/CE e 2008/5/CE della Commissione e il regolamento (CE) n. 608/2004 della Commissione. Testo rilevante ai fini del SEE. GU L 304 del 22.11.2011, pagg. 18–63

9. Polenta G.A. (2023). Towards the Quantitative Management of Food Allergens in the Food Industry. Curr Food Sci Tech Rep 1, 99–107. https://doi.org/10.1007/s43555-023-00008-2

10. FAO and WHO. (2022). Risk assessment of food allergens – Part 2: Review and establish threshold levels in foods for the priority allergens. Meeting Report. Food Safety and Quality Series No. 15. Rome. https://doi.org/10.4060/cc2946en

11. EFSA NDA Panel (Panel on Dietetic Products, Nutrition and Allergies). (2014). Scientific Opinion on the evaluation of allergenic foods and food ingredients for labelling purposes. EFSA Journal 2014;12(11):3894, 286 pp. doi:10.2903/j.efsa.2014.3894

Gli autori sono responsabili delle opinioni espresse negli articoli e delle relative bibliografie

Free from statement: i limiti normativi sui vanti di assenza

Senza glutine, senza grassi, senza OGM, senza conservati, senza olio di palma ecc. sono claim volontari sempre più utilizzati dagli operatori del settore alimentare. Alcune di queste diciture sono disciplinate dalla legge

Senza glutine, senza grassi, senza OGM, senza conservanti, senza olio di palma ecc. sono claim volontari sempre più utilizzati dagli operatori del settore alimentare e sempre più cercati dal consumatore che, oggi più che mai, orienta e determina le proprie scelte d’acquisto sulla base dell’impatto del prodotto sul benessere, sulla salute così come sull’ambiente inteso nella più ampia accezione.

Alcune di queste diciture sono disciplinate dalla legge, altre soggiacciono ai principi generali applicabili alle informazioni volontarie sugli alimenti indicati nel Regolamento 1169/2011 e, in particolare, all’onere di veridicità, fondatezza scientifica e verificabilità

di quanto affermato e al divieto di suggerire che l’alimento possiede caratteristiche particolari, quando in realtà tutti gli alimenti analoghi possiedono le stesse caratteristiche. Alcuni vanti di assenza sono riconducibili al comparto delle informazioni nutrizionali uniformemente disciplinate, nell’Unione Europea, dal Regolamento 1924/2006. Oltre alle disposizioni e principi generali di cui al citato Regolamento, l’indicazione che un alimento è senza calorie e ogni altra in-

dicazione che può avere lo stesso significato per il consumatore sono consentite solo se il prodotto contiene non più di 4 kcal (17 kJ)/100 ml.

L’indicazione che un alimento è senza grassi e ogni altra indicazione che può avere lo stesso significato per il consumatore sono consentite solo se il prodotto contiene non più di 0,5 g di grassi per 100 g o 100 ml. Le indicazioni con la dicitura «X % senza grassi» sono tuttavia proibite.

Avv. Cristina La Corte - Studio Legale Gaetano Forte
Gli autori sono responsabili delle opinioni espresse negli articoli e delle relative bibliografie

L’indicazione che un alimento è senza zuccheri e ogni altra indicazione che può avere lo stesso significato per il consumatore sono consentite solo se il prodotto contiene non più di 0,5 g di zuccheri per 100 g o 100 ml. E così via.

È disciplinata da una specifica normativa, anch’essa di matrice comunitaria, la dicitura «senza glutine» consentita, a norma del Regolamento 828/2014, solo laddove il contenuto di glutine dell’alimento venduto al consumatore finale non sia superiore a 20 mg/kg.

Alla luce del divieto generale, sopra indicato, di vantare caratteristiche che, seppur veritiere, risultano scontate in quanto comuni a tutti gli analoghi prodotti presenti sul mercato, il claim in esame non trova spazio, sulla base di quanto riportato nell’ultima Relazione annuale al Parlamento sulla celiachia, per alimenti e bevande non trasformati che per natura non contengono glutine quali, ad esempio frutta, verdura, carne, pesce - anche se congelati o surgelati – uova, legumi ecc. Il claim senza glutine è ritenuto altresì scontato in riferimento ad alimenti e bevande trasformati che per natura, composizione e processo di produzione non prevedono l’uti-

lizzo di ingredienti contenenti glutine. Sulla base di quanto riportato nella citata Relazione annuale al Parlamento sulla celiachia sarebbero ascrivibili alla suddetta categoria vari salumi quali il prosciutto crudo, la bresaola, il culatello e lo speck oltre ad altri prodotti come il latte, la mozzarella, la confettura, i succhi di frutta ecc.

Sempre nell’ambito dei prodotti della salumeria si ricorderà che con decreto 26 maggio 2016 è stato inserito un inedito art. 9 bis nell’ambito del decreto 21 settembre 2005 concernente la disciplina della produzione e della vendita di taluni prodotti di salumeria, rubricato “Indicazioni facoltative relative all’assenza di additivi e di ingredienti”. In base a tale norma, posto che nella produzione del prosciutto cotto possono essere impiegati vino, inclusi i vini aromatizzati, ecc. nonché gli additivi consentiti, è previsto che «Le indicazioni facoltative relative all’assenza di additivi o di ingredienti consentite ed utilizzabili per la denominazione generica “prosciutto cotto” conformemente al Regolamento 1169/2011 sono consentite anche per le denominazioni “prosciutto cotto scelto” e “prosciutto cotto di alta qualità”».

Ciò posto, la norma deve essere letta in

combinato disposto con il successivo art. 20 novies relativo agli ingredienti come estratti vegetali che apportano nitrati e/o nitriti, inserito nell’ambito delle disposizioni comuni, nel quale è precisato che “Si configura impiego di additivi alimentari l’utilizzo nei prodotti a base di carne di ingredienti che apportano nitrati, nitriti o entrambi, in modo da ottenere effetto conservante nel prodotto finito. L’impiego di tali ingredienti non consente di vantare l’assenza di conservanti”.

In base alla norma in esame, pertanto, non solo l’uso di additivi ammessi dal Regolamento 1333/2008 non consente, come ov-

MEAT TECHNOLOGY

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Termini, concetti e definizioni sul mondo della carne

Lo scopo del glossario nasce dall’esigenza di condividere un linguaggio comune a tutti i Tecnologi Alimentari, ad ogni livello del settore delle carni fresche e lavorate, per facilitare le operazioni legate alla trasformazione e produzione di alimenti a base carne.

Pagine: 192

Lingua: INGLESE

Autori: Giuseppe L. Pastori, Lidano De Cesari, Massimo Parisi, Daniele Romano, Sabrina Tondato, Salvatore Velotto Editore: Ecod Srl

vio, di vantarne l’assenza ma altresì l’uso di estratti vegetali, quale ad esempio l’estratto di spinaci ad alto contenuto di nitrato. Tale pratica si configura infatti come utilizzo deliberato di additivo alimentare, qualora l’estratto vegetale sia utilizzato ai fini tecnologici della conservazione del prodotto. Va da se che l’assenza di additivi non può es-

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sere vantata laddove è la legge stessa a vietarne l’impiego in una determinata categoria alimentare.

Proseguendo nella analisi dei c.d. “free from statement” o “factual statement” si segnala che, con una Nota del 7.7.2015, il Ministero della Salute ha stabilito che per i c.d. prodotti delattosati, un tempo ascrivibili alla categoria degli alimenti destinati ad una alimentazione particolare, ovvero latti o prodotti lattiero caseari il cui tenore di lattosio è stato ridotto mediante conversione in glucosio e galattosio, l’indicazione “senza lattosio” può essere impiegata per latti e prodotti lattiero-caseari con residuo di lattosio inferiore a 0,1 per 100 g o ml, utilizzando i termini “meno di ….” per indicare il residuo di lattosio, in attesa di una armonizzazione a livello europeo. Per fornire una informazione precisa ai consumatori sui contenuti dei prodotti delattosati “senza lattosio” o “a ridotto tenore di lattosio”, il Ministero ha inoltre previsto che in etichetta sia

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riportata anche una indicazione del tipo “Il prodotto contiene glucosio e galattosio in conseguenza della scissione del lattosio”. Per gli alimenti non contenenti ingredienti lattei è invece prevista l’indicazione “naturalmente privo di lattosio” che può essere utilizzata se conforme alle condizioni previste dall’art. 7 del Reg. UE 1169/2011 ossia veridicità non scontatezza.

Si osserva infine che tutte le diciture sopra esaminate devono essere utilizzate con molta accortezza e vanno valutate caso per caso. Si tratta, infatti, di incisivi strumenti di marketing volti a promuovere l’acquisto di un determinato prodotto allineandosi alla particolare sensibilità del consumatore verso i temi della salute o dell’etica e, pertanto, è indispensabile verificare che la comunicazione non integri, direttamente o indirettamente, una pratica commerciale sleale o scorretta sanzionabile in base al Regolamento 1169/2011 e al Codice del Consumo.

te comprensibili, che permettono ai consumatori di riconoscere e apprezzare ogni componente.

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MERCATO, QUALITÀ, SICUREZZA, NUTRIZIONE E NORMATIVA IN UNA TAVOLA

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Si è svolta recentemente una tavola rotonda online che ha analizzato gli aspetti principali del mercato del free from e rich in, mercato che comprende tutti quei prodotti studiati per accontentare le esigenze di coloro che devono per motivi di salute o di etica, o semplicemente per stile di vita, scegliere da un lato alimenti privi di alcuni componenti e ingredienti e dall’altro alimenti arricchiti di nutrienti particolari, o entrambi.

Si tratta di un mercato in crescita, che coinvolge diversi aspetti che devono tener conto di varianti interessanti come la consapevolezza del consumatore o l’effetto emulativo, ovvero il consumo quando non se ne ha effettiva necessità, seguendo mode e tendenze della società.

In uno scenario così vasto, le aziende puntano a diversificare la produzione e l’offerta per intercettare i desiderata dei consumatori offrendo così un assortimento ad ampio raggio.

La corretta comunicazione al consumatore è un punto cruciale della questione. Nel corso della tavola rotonda, moderata da Sebastiano Porretta, presidente di AITA, l’avvocato Afro Ambanelli ha sottolineato come, dal punto di vista normativo, la situazione si presenti in maniera complessa. Infatti, conoscere le norme, applicarle all’atto pratico, non è semplice e prevede scelte che coinvolgono l’aspetto grafico dell’etichettatura e i claim nutrizionali dichiarati che devono rispettare i regolamenti europei seguendo il continuo aggiornamento allo scopo di valorizzare un percorso che deve avere come risultato finale una comunicazione chiara e corretta. Necessità di chiarezza che si rende indispensabile, soprattutto, nel caso di dichiarazioni che riguardano gli allergeni e che coinvolgo-

no in particolar modo il mondo delle allergie ed intolleranze, come ha affermato la Dott. ssa Manila Bianchi, Ist. Zoop. Sper. Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta: “Il problema della tolleranza è delicato e riguarda due aspetti: l’incertezza di misura, ovvero l’indicazione quantitativa della dispersione dei valori – per esempio nel caso del glutine – e la tolleranza normativa per parametri come l’etichetta nutrizionale”.

Nel campo dell’etichettatura, poi, si è evidenziato come la tendenza delle aziende sia rivolta verso un utilizzo massiccio di etichette precauzionali, specialmente quando non sia possibile in fase di produzione garantire la mancanza di contaminazione. La dicitura “può contenere…” diventa un paracadute per possibili allergeni presenti. Una strategia di avvertimento anche dove non dovesse essere indispensabile ma che tranquillizza il consumatore e tutela il produttore. Allo stesso modo, vantare l’assenza di particolari ingredienti diventa un plus: “senza olio di palma” per esempio e la formula “privo di” aumenta nel consumatore la percezione che ciò che sta acquistando sia migliore. Nel caso della grande distribuzione un fattore che incide è anche l’appeal dei prodotti free from nei confronti del consumatore che Davide Pessina, responsabile qualità de Il Gigante dichiara migliorato da un punto di vista qualitativo rispetto al passato. I prodotti free from sono la categoria più importante, nella GDO; come numeri di fatturato rispetto ai rich in e a quelli per le intolleranze. Tutte le categorie sono in crescita; al primo posto i prodotti dichiarati “senza conservanti”, al 2°

A cura della redazione

quelli con pochi grassi, al 3° posto gli alimenti senza olio di palma (ingrediente che ancora risente della campagna negativa di qualche anno fa), seguiti dai prodotti con pochi zuccheri e quelli senza zuccheri aggiunti o aspartame, e così via. Questa tendenza del consumatore nella ricerca di cibi salutari si ripercuote anche nel mondo della ristorazione, come conferma Claudio Truzzi, responsabile qualità di Metro Italia: “Oggi è fondamentale lavorare sulla comunicazione ed è indispensabile che il mondo horeca si adegui per creare una cultura del cibo che risponda alle esigenze, per esempio con la creazione di un menù parlante che informi il cliente sulle materie prime e gli ingredienti utilizzati puntando su ricette povere di grassi, o di zuccheri, in modo da incentivare il consumo, ma un consumo salutare, e di conseguenza incoraggi a mangiare di più, ma meglio, laddove i consumi fuori casa sono drasticamente in calo”. Da non sottovalutare, infine, l’aspetto creato dall’ “effetto imitazione”: chi non ha bisogno di un cibo free from è spinto a sceglierlo nella convinzione che possa essere più salutare, così come scegliere un prodotto rich in, le proteine per esempio. Un fenomeno in crescita dunque, in grado di reggere i consumi, ma che necessita di chiarezza e trasparenza.

CULTURE MICROBICHE “MADE IN ITALY”

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PER LA VALORIZZAZIONE DELLA BIODIVERSITÀ

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Bioagro

Bioagro offre una vasta gamma di starter per le produzioni dei salumi

Produzione di piccoli prodotti da forno SENZA GLUTINE

DIVISIONE, FORMATURA E DEPOSITO DELL’IMPASTO IN UN UNICO PASSAGGIO

CON L’INNOVATIVO SISTEMA DI FORMATURA FS 520

Negli ultimi anni si è registrata una crescente richiesta di prodotti da forno senza glutine, trainata dall’aumento di diagnosi di intolleranze alimentari e celiachia, oltre che da un maggiore interesse verso un’alimentazione salutare e inclusiva. Le industrie alimentari sono sempre più chiamate a sviluppare soluzioni innovative per garantire non solo la sicurezza dei prodotti senza glutine, ma anche la qualità, la varietà e l’efficienza produttiva.

Con l’obiettivo di soddisfare queste esigenze, Handtmann Italia propone una soluzione per la produzione automatica di piccoli

prodotti da forno rustici e senza glutine, in grado di dividere, formare e depositare impasti morbidi e pre-lievitati in un solo passaggio. Grazie a tecnologie all’avanguardia come il sistema di formatura FS 520 e il divisore d’impasto VF 800, è possibile ottenere precisione, efficienza e qualità elevata, rispondendo così alle nuove esigenze del mercato senza compromettere il gusto e la consistenza dei prodotti.

AMPIA VARIETÀ DI FORME

E DI TIPOLOGIE DI IMPASTO

La soluzione di sistema Handtmann, composta dal divisore d’impasto VF 800 e dal sistema di formatura FS 520, che include il

divisore di flusso a servoazionamento, rende possibile la produzione completamente automatica di pane, piccoli prodotti da forno rustici e prodotti moderni di tendenza, come i panini morbidi senza glutine. Questa soluzione può essere inoltre integrata con un sistema di spolveratura per la farina, per spolverare i pezzi d’impasto porzionati. La produzione può essere ampliata in modo flessibile fino a 8 corsie. I pezzi di impasto morbido e pre-lievitato possono essere depositati, a scelta, su teglie, in teglie per baguette o direttamente sul nastro trasportatore.

La formatura “libera” e delicata, insieme alla possibilità di lavorare diversi tipi di impasto, offre ampio spazio per una grande varietà di prodotti e di forme, come quelle rotonde (pane Vinschger, panini morbidi senza glutine), lunghe (panini di segale, panini per baguette senza glutine) e altre ancora.

Il sistema di controllo della VF 800 permette una facile visualizzazione della forma del prodotto e il calcolo dei parametri di processo tramite il display.

PROCESSO DI PRODUZIONE COMPLETAMENTE AUTOMATICO

Durante il processo di produzione completamente automatico, l’impasto viene alimentato dalla VF 800 al divisore di flusso del sistema di formatura FS 520. Il divisore di flusso, grazie al servoazionamento, garantisce un flusso volumetrico preciso, requisito fondamentale per ottenere pesi finali dei singoli pezzi di impasto accurati al grammo. Attraverso il divisore di flusso, l’impasto rag-

giunge il modulo di formatura su più corsie e la formatura avviene tramite un sistema di piastre forate rotanti. La forma può essere modificata rapidamente e facilmente cambiando solo alcuni componenti dello stampo.

PRECISIONE DEL PESO AL GRAMMO E RISPARMIO SUI COSTI DI PRODUZIONE

Un altro punto di forza di questa soluzione di sistema, oltre a quello principale di porzionare, formare e depositare automaticamente i pezzi di impasto sui supporti per prodotti da forno in un’unica fase, è l’elevata precisione nel peso e la conseguente riduzione dei costi. Inoltre, grazie al principio di divisione e formatura completamente privo di olio e farina, è possibile ottenere un ulteriore risparmio sui costi e un significativo miglioramento dell’igiene del processo

HANDTMANN ITALIA

Handtmann Italia, azienda del gruppo tedesco Handtmann, è specializzata nello studio e nell’ingegnerizzazione di linee complete per l’industria alimentare e per il Pet food

L’azienda si pone come unico contractor in grado di fornire soluzioni di processo complete chiavi in mano, dall’ingresso della materia prima fino al confezionamento. Non quindi semplici fornitori, ma consulenti specializzati che permettono, tanto ai grandi player del settore quanto alle PMI e alle start-up, di ottimizzare al meglio il flusso di lavoro. Handtmann Italia si distingue anche per il Service post-vendita: in caso di necessità sulla linea, i tecnici attivi su tutto il territorio nazionale intervengono entro le 24 ore, grazie al vasto assortimento di ricambi sempre disponibili e al supporto di tecnologie di realtà aumentata. Tutti i macchinari sono soggetti a garanzia di 36 mesi ed è inoltre possibile stipulare contratti di manutenzione full service annuali 

www.handtmann.it

SOLUZIONI EFFICIENTI

Progettiamo linee complete nel mercato dei prodotti da forno con possibilità di realizzare infinite tipologie di prodotto, tra cui quelle gluten-free Il nostro service post-vendita h24 dotato di controllo remoto garantisce una produzione efficiente, sostenibile e altamente performante.

Open Food Factory

Hub di educazione alimentare

Nasce Gruppo Felsineo Open Food Factory, l’hub di educazione alimentare che promuove scelte consapevoli per migliorare il benessere e la qualità della vita

A cura della Redazione

Una community dedicata alla divulgazione di tematiche legate alla corretta nutrizione e al benessere psico-fisico. Gruppo Felsineo Open Food Factory si avvale del supporto di professionisti ed esperti per stimolare l’adozione di un approccio alimentare equilibrato e di uno stile di vita attivo, e per le giovani generazioni è pronto il progetto OFF-icina dello Sport, la sezione dell’Academy che coinvolge le associazioni sportive. Gruppo Felsineo fin dagli anni sessanta del secolo scorso è sinonimo di mortadella: coniugare tradizione e innovazione è da sempre il suo obiettivo, tanto che, forte dell’esperienza maturata, nel 2016, inaugura Felsineo

Veg, azienda del gruppo che risponde alle nuove tendenze di consumo con Mopur ®, il marchio esclusivo di prodotti plant-based che offre un’alternativa alla carne o semplicemente la possibilità di bilanciare la dieta in modo vario ed equilibrato con il giusto apporto di proteine 100% vegetali. Con uno stabilimento all’avanguardia, il Gruppo ha avuto modo di lanciare la sua linea di affettati vegetali, realizzati con ingredienti naturali, ideali per chi ricerca un’alternativa sana e gustosa alle proteine animali.

Gruppo Felsineo, società benefit dal 2021, fortemente impegnato sui temi della sostenibilità economica, sociale e ambientale, ha sviluppato iniziative che vedono il coinvolgimento di dipendenti, filiera e stakeholder,

raccolte nel Bilancio di Sostenibilità redatto annualmente e, nel 2024, ha ideato il progetto di educazione alimentare Gruppo Felsineo Open Food Factory.

Un percorso coerente perché, come afferma Andrea Raimondi, Presidente Gruppo Felsineo: “Il colore rosa a rappresentare la mortadella e il colore verde a rappresentare gli affettati vegetali si fondono negli stessi valori ben radicati e caratteristici della nostra città di Bologna, di cui portiamo il nome: il presente e il futuro legati da un’unica passione, la voglia di fare bene e di stare bene insieme”.

EDUCAZIONE ALIMENTARE AL CENTRO

Open Food Factory è un hub che approfondisce i temi legati alla nutrizione per restituire all’alimentazione il suo ruolo centrale nella cultura e nella vita quotidiana, avvicinando le persone di tutte le età a uno stile di vita sano, all’insegna del benessere e della longevità. Il progetto rientra nel programma di so-

Da sinistra Iader Fabbri, Andrea Righi, Giacomo Nardi

stenibilità del gruppo alimentare bolognese e si basa su un approccio multidisciplinare, che unisce le diverse competenze di un selezionato team di affermati professionisti ed esperti, per offrire alla propria community contenuti e indicazioni utili per seguire uno stile di vita improntato al benessere e alla longevità. Il team di esperti è composto da Iader Fabbri, biologo nutrizionista, divulgatore scientifico, ex atleta e autore di diverse pubblicazioni diventate best seller sul tema dell’alimentazione, che collabora con numerosi atleti olimpici e campioni del mondo sportivo di varie discipline; Tommaso Leoni, campione di snowboard cross, una doppia carriera che combina successi sportivi e accademici, grazie alla laurea in scienze motorie; Giacomo Naldi, fisioterapista e osteopata, si occupa invece della sezione relativa al benessere fisico, con approfondimenti, suggerimenti e pratici consigli legati al movimento e alla prevenzione degli infortuni.

OBIETTIVO VITA

SANA,

EQUILIBRATA E ATTIVA

Molto più che un progetto alimentare, come spiega Andrea Righi, Corporate Director Gruppo Felsineo: “Open Food Factory è una vera e propria filosofia che vogliamo condividere con le persone di tutte le età, con un’attenzione particolare alle nuove generazioni con OFF-icina dello Sport, l’iniziativa che punta a diffondere contenuti e informazioni legati all’alimentazione e alla preparazione fisica, coinvolgendo le associazioni sportive che ne condividono i valori. L’Academy è “Open”, perché riteniamo che l’equilibrio si raggiunga partendo dall’ascolto del proprio corpo, dalla curiosità del conoscere, inte -

grando i gusti, le idee e i valori di tutti; “Food” perché il cibo è quello che facciamo da oltre 60 anni con amore e passione, ricercando e sviluppando prodotti equilibrati sotto il profilo nutrizionale e “Factory”, perché riteniamo che sia ora il tempo di agire attraverso concrete iniziative educative sul campo”. Un progetto, dunque, che punta a diffondere informazioni che aiutino a trovare il giusto equilibrio nell’alimentazione, elemento importante per una vita sana perché, come afferma Iader Fabbri: “L’equilibrio nutrizionale è indispensabile per il benessere psico-fisico, non serve eliminare determinati alimen-

ti, occorre imparare a combinare in modo corretto e bilanciato i macronutrienti di cui abbiamo bisogno, come i carboidrati, le proteine vegetali e animali, e i grassi di qualità, che sono tutti essenziali, nella giusta misura, per stare bene”. Equilibrio che si trova anche attraverso l’abbinamento della sana alimentazione con la giusta attività fisica che Giacomo Nardi definisce: “Fondamentale per mantenere una vita sana e longeva. Il corpo umano è fatto per muoversi, quindi svolgere regolarmente un’attività fisica consapevole, eseguendo esercizi mirati e corretti, permette di rafforzare muscoli e articolazioni”. 

Carne bovina made in Italy

Un piano di settore per la carne bovina made in Italy, allevatori di bovini da carne e di vitelli a carne bianca riuniti per confrontarsi sui modelli di sviluppo e gli strumenti disponibili utili a supportare l’ottimizzazione dei fattori produttivi e la certificazione dei processi

A cura della Redazione

L’Italia produce solo il 45% dei consumi interni di carne bovina, la possibilità di una sua valorizzazione, occupando il segmento a maggior valore aggiunto del mercato appare plausibile ma serve un Piano di settore che sostenga i percorsi di qualità e sostenibilità certificati della carne made in Italy. La filiera della zootecnia bovina, impegnata a dare risposte concrete ai problemi etici e ambientali che riguardano ogni tipo di allevamento, con il disciplinare Standard zootecnia da carne sostenibile (Allevamenti Sostenibili), già approvato dalla Commissione europea, ha scelto di mettere al primo posto la sostenibilità, sia in termini di miglioramento del benessere animale, sia rispetto ad azioni volte alla riduzione dell’impatto ambientale. In Italia produciamo il 45% di carne bovina e importiamo dall’estero il 55% di carne bovina.

Solo l’1,3 % della carne prodotta in Italia si

Il marchio-ombrello del Consorzio Sigillo Italiano nasce con l’intento di orientare il consumatore verso scelte consapevoli all’interno del punto vendita

fregia del marchio europeo IGP (Chianina, Marchigiana, Romagnola) e può contare, soprattutto sulla conoscenza della razza. Il restante 98,7 % della carne prodotta in Italia (e buona parte di altri prodotti zootecnici) è commercializzata da produttori e macellatori in «forma anonima», non ha un brand e per il consumatore diventa difficile poterla riconoscere e preferirla a quella estera. Il Piano Carni Bovine Nazionale, che può essere replicato per ogni prodotto zootecnico coinvolgendo tutti gli allevatori italiani interessati, poggia su 3 pilastri/obiettivi:

1. comunicare ai consumatori le produzioni di qualità degli allevatori italiani sviluppando il sistema di qualità nazionale, zootecnia, SQNZ (dm 16/12/2022) con applicazione dei disciplinari di qualità (notificati alla commissione europea) e con l’utilizzo di un marchio ombrello nazionale;

2. diminuire la dipendenza dall’estero: produzione di ristalli da carne 100% italiani aumentando le vacche nutrici in Italia; coinvolgendo allevatori di vacche da latte per ottenere vitellini incroci da carne;

3. organizzare la filiera zootecnica con gli strumenti legislativi europei e nazionali: l’interprofessione OI IntercarneItalia (già riconosciuta dal Masaf), l’associazione di organizzazioni produttori AOP Italia Zo-

otecnica (già riconosciuta dal Masaf), il Consorzio Sigillo Italiano (già riconosciuto dal Masaf).

Giuliano Marchesin direttore AOP Italia Zootecnica ha ricordato, nel corso di un convegno svoltosi lo scorso mese di ottobre a Verona, l’importanza di fare squadra per rilanciare il settore della zootecnia attualmente in calo: “La produzione italiana che era assestata su un livello di parità rispetto alle importazioni, ha visto negli ultimi anni un calo sensibile. Attualmente in Italia si praticano solo circa 400 mila ristalli contro i 3 milioni di vacche nutrici in Francia. Se riusciamo a valorizzare da un lato il marchio Igp e dall’altro il sistema di qualità puntando sulla cooperazione tra gli allevatori possiamo superare questa fase e rilanciare il settore coinvolgendo gli attori di tutte le filiere, da carne e da latte o da uova attraverso l’incrocio con vacche da latte e incrementando le nascite di vitelli aumentando il numero dei capi allevati. L’approvazione del disciplinare per gli allevamenti sostenibili permette di dimostrare l’eccellenza del prodotto italiano con un marchio ombrello

riconoscibile dal consumatore. Non dimentichiamo che la tutela del consumatore è un obiettivo primario”.

Simbolo di trasparenza, dunque, come ribadisce Franco Martini, presidente Consorzio Sigillo Italiano: “Importante è poter comunicare al consumatore l’esposizione del marchio di garanzia del Sigillo Italiano accanto a quello, doveroso, della catena di distribuzione: è simbolo di trasparenza perché in etichetta il consumatore trova oltre alla provenienza del prodotto anche il nome dell’allevatore che, in questo modo, mettendoci la faccia, garantisce la qualità del suo prodotto. Al consumatore questo piace molto, dunque ben venga: abbiamo la presunzione di lavorare bene e vogliamo che si sappia”.

Una sfida da affrontare, che il mercato richiede, come conferma Maria Chiara Ferrarese, direttore Csqa, che ricorda come negli ultimi 25 anni il settore zootecnico abbia registrato un’evoluzione importante. “Abbiamo introdotto cose che in altri settori non sono state fatte – afferma – come l’obbligatorietà del sistema di etichettatura volontaria ideato dopo mucca pazza che ha ottenuto due risultati: le informazioni fornite al consumatore sono garantite dall’avvallo del Ministero e i claim che si possono utilizzare

Tutti gli allevatori che aderiscono ai disciplinari, oltre a rispettare rigidi standard per le fasi di accrescimento e finissaggio, hanno l’obbligo di garantire la rintracciabilità degli animali lungo tutta la filiera, dall’origine alla vendita

sono uniformati in un’ottica di trasparenza e regolamentazione. Questo ha strutturato le filiere zootecniche e generato un sistema di

tracciabilità trasparente e una certificazione volontaria sotto egida ministeriale e autorizzato dall’autorità competente”.

La filiera della zootecnia bovina, impegnata da tempo a dare risposte concrete ai problemi etici e ambientali che riguardano ogni tipo di allevamento, con il disciplinare Standard zootecnia da carne sostenibile (Allevamenti Sostenibili), già approvato dalla Commissione europea, ha scelto di mettere al primo posto la sostenibilità, sia in termini di miglioramento del benessere animale, sia rispetto ad azioni volte alla riduzione dell’impatto ambientale.

In quest’ottica è nato anche il programma In Europe We Care For Beef, programma biennale (2024-2025) promosso da A.O.P. Italia Zootecnica e finanziato dalla Commissione europea che si propone di informare i consumatori sull’eccellenza della carne bovina prodotta da allevatori italiani secondo standard di alta qualità e sostenibilità afferenti al Sistema di Qualità Nazionale Zootecnia (SQNZ), promuovendone un consumo più consapevole. In particolare, il progetto intende promuovere e valorizzare il Vitellone e la Scottona allevati ai cereali e il Fassone di Razza Piemontese. Unico a livello nazionale ed europeo, il disciplinare Allevamenti Sostenibili è in linea con la strategia Farm to Fork, al centro del Green Deal.

Gestione ricette ed etichettatura degli alimenti

TUTTI I DATI DIRETTAMENTE DALL’ERP CSB-SYSTEM

Nella produzione alimentare la ricetta è il fattore di successo decisivo: anche solo piccoli cambiamenti nella sua composizione possono avere un grande impatto sul gusto, sulla qualità e sui margini di guadagno. Il gruppo CSB-System, che da oltre 40 anni ormai fornisce soluzioni gestionali complete e modulari per le industrie alimentari, ha puntato molto sul potenziamento della Gestione e Ottimizzazione Ricette, anche grazie ai preziosi input ricevuti dai clienti.

QUALITÀ RIPRODUCIBILE

GARANTITA

Produrre la stessa qualità ogni giorno è l’obiettivo di qualsiasi

produttore. Grazie al CSB-System, le distinte basi, le tecnologie da impiegare e le istruzioni di lavoro sono accessibili in formato elettronico in area produzione, disponibili su un PC industriale, quale ad esempio il CSB-Rack, o su un tablet. Data la connessione a bilance o silos, la gestione ricette dell’ERP CSB-System garantisce che i dipendenti seguano un processo definito e assicurino una qualità del prodotto costantemente elevata per ogni singolo lotto di produzione.

GESTIONE DEI RISCHI

PIÙ SICURA

Così facendo diminuiscono gli scarti di produzione e il rischio di costosi richiami di prodotti. Le ricette forniscono un quadro completo della produzione e qui il software CSB-System registra tutto in modo preciso e verificabile per una documentazione trasparente: flussi di materiale, dati rilevanti per la qualità o cambiamenti nel processo. D’altronde, rintracciabilità e garanzia di provenienza sono da anni competenze centrali dell’ERP CSB-System, che offre tutti gli strumenti necessari per ottemperare facilmente e con sicurezza a leggi, direttive e norme UE. Il CSB Traceability consente di gestire, documentare e controllare il flusso dei prodotti in modo preciso fino al lotto, lungo l’intera filiera: dagli acqui-

sti delle materie prime, per tutti i livelli di lavorazione e gestione qualità, fino all’etichettatura completa di singoli prodotti, cartoni e pallet.

MIGLIORAMENTO

DEI MARGINI

Ottimizzando le ricette, le aziende alimentari hanno alte probabilità di risparmiare sulle materie prime utilizzate e quindi aumentare i loro margini. Nel rispetto degli standard qualitativi predefiniti, l’ottimizzazione ricette del CSB-System calcola la composizione più economica dei prodotti tenendo conto delle restrizioni chimiche e tecnologiche.

PRODUZIONE

AGEVOLATA DI PICCOLI

LOTTI O SINGOLI

PRODOTTI

Con i suoi dati su ingredienti e additivi, allergeni, valori nutrizionali e OGM, il modulo per la gestione delle ricette facilita la produzione di lotti esigui al fine di evadere ordini sempre più piccoli ma più frequenti. Un modo questo per trasferire sul produttore i rischi di un mercato dalle richieste sempre più oscillanti.

SPINTA VERSO LA FABBRICA INTELLIGENTE

La gestione ricette fornisce anche un contributo importante nel contesto della fabbrica in-

telligente. Ad esempio, oggi è già possibile collegare le ricette, le specifiche e le informazioni nutrizionali presenti nel CSBSystem, con i sensori delle macchine di produzione. Questa integrazione consente non solo una pianificazione della produzione più precisa e una gestione automatizzata della qualità ma aumenta anche la sicurezza alimentare.

ETICHETTATURA

SENZA LACUNE

Secondo l’americana FDA (Food and Drug Administration) gli errori di etichettatura sono tra le ragioni più comuni di richiamo dal mercato di prodotti in realtà perfetti, con ripercussioni negative sul marchio e sui costi

Gestione ricette e lotti al CSB-Rack
Informazioni ai consumatori anche con codifica QR code
Gli elementi dell’etichetta possono essere generatiin più lingue

da sostenere. Gli errori in etichetta gravano pesantemente, persino in presenza di prodotti che non hanno ancora lasciato lo stabilimento di produzione; basti pensare ai costi necessari per la rielaborazione: disimballare, eseguire un nuovo controllo qualità, imballare nuovamente, documentare. L’ERP CSB-System aiuta il produttore di alimenti a proteggersi dagli errori in etichetta perché questi rischi possono essere minimizzati grazie a processi trasparenti e buona gestione dei dati. Il calcolo degli ingredienti inizializza automaticamente le etichette degli articoli e le specifiche di produzione per i prodotti. Gli elementi dell’etichetta (ingredienti, valori nutrizionali, allergeni, OGM) possono essere generati in più lingue; per ogni prodotto e lingua si possono rappresentare contemporaneamente fino a sei differenti unità. È possibile, inoltre, integrare in modo rapido e agevole le banche dati nazionali ed internazionali dei componenti e dei valori nutrizionali. Sfruttando a pieno la Gestione Valori Nutrizionali integrata del CSB-System si ottiene massima trasparenza nell’etichettatura dei prodotti, assicurandosi così oltre alla fiducia dei consumatori anche vantaggi competitivi a lungo termine.

SOLUZIONI CSB-SYSTEM

In questo contesto, è importante che tutte le informazioni rilevanti siano trasmesse in modo sicuro sin dalla primissima fase di acquisizione dati a monte della filiera. A tale proposito, CSBSystem mette a disposizione alcune soluzioni che collegano il flusso fisico delle merci (lotti, im-

ballaggi, contenitori e prodotti finali) al flusso di informazioni associato, quali ad esempio la pesoprezzatura per la gestione e il monitoraggio automatizzati dei processi di confezionamento, la gestione dei contenitori a rendere, il riconoscimento automatico casse tramite tecnologia per il riconoscimento automati-

co delle immagini, scambio dati elettronico con fornitori, clienti e banche dati tracciabilità e tutto quello che oggigiorno aiuta le aziende a soddisfare a mantenere una buona posizione competitiva. 

Referente: Andrè Muehlberger, Direttore CSB-System S.r.l. www.csb.com

aiuta, ma oggi contano i fatti. Che si tratti di margini di contribuzione, costi delle materie prime, giacenze di magazzino o semplicemente dei prezzi giusti: con il CSB-System gestirete la vostra azienda sulla base degli indici. In questo modo avrete una visione chiara anche in situazioni non chiare.

La rubrica “Chiedetelo a…” è uno spazio attraverso il quale i nostri lettori (ma anche la redazione stessa) possono avere risposte ad argomenti di diversa natura. Le domande devono essere inviate all’indirizzo email redazione@ecod.it

I quesiti proposti saranno evasi da persone competenti negli specifici settori.

L’impiego del sodio glutammato aggiunto come additivo per esaltare la sapidità dei cibi è in disuso (anche nella produzione delle carni).

Leggo però che l’acido glutammico è un precursore del gusto umami, che è un componente aromatico utilizzato anche nei prodotti di carne: potete chiarire meglio di cosa si tratta?

Il glutammato monosodico (MSG) è un additivo che non deve essere confuso con i condimenti (è il componente principale degli estratti di carne concentrati e componente dei dadi per brodo), destinato a intensificare le caratteristiche del sapore in specifiche preparazioni di carne. È presente in natura in molti alimenti da cui lo si può estrarre: le proteine alimentari come la soia o gli estratti di lievito vengono parzialmente idrolizzate, ovvero scomposte in componenti più semplici (principalmente peptidi) che possono avere sapore di carne o la proprietà di rafforzare i sapori della carne. Tuttavia lo si ottiene più facilmente per via fermentativa, utilizzando microrganismi come batteri specifici che, fermentando zuccheri estratti da matrici vegetali (canna da zucchero, mais o manioca), producono acido glutammico che viene neutralizzato con sodio per ottenere il glutammato monosodico. Il MSG è particolarmente popolare in Asia, dove è ampiamente utilizzato nella maggior parte dei piatti di carne, ma anche in molti prodotti a base di carne lavorata (in concentrazioni dello 0,5% o superiore).

Però nella produzione di carne e dei prodotti di salumeria il MSG ha visto una progressiva diminuzione del suo utilizzo, per vari motivi:

- preoccupazioni per la salute: negli anni ‘70 e ‘80, il glutammato ha attirato attenzione mediatica riguardo a possibili effetti negativi sulla salute, come la ‘”sindrome del ristorante cinese”, che includeva sintomi lievi come mal di testa

e nausea in alcune persone. Anche se studi scientifici non hanno trovato prove definitive di effetti avversi significativi, le preoccupazioni hanno portato alcuni consumatori a preferire alimenti privi di MSG;

- l’attenzione dei consumatori: la crescente consapevolezza riguardo agli ingredienti negli alimenti ha influenzato le preferenze dei consumatori. Molti cercano prodotti “naturali” o “senza additivi”. Questo ha spinto i produttori a esplorare alternative più accettabili per il mercato;

- evoluzione tecnologica e ingredienti alternativi: i produttori di carne e salumeria hanno sviluppato nuovi metodi e ingredienti per esaltare il gusto senza l’utilizzo di MSG. L’uso di ingredienti naturali, spezie e aromi ha guadagnato popolarità;

- percezione della qualità: il glutammato è talvolta associato a prodotti trasformati o di qualità inferiore (presupponendo di utilizzarlo per coprire sapori anomali della carne). Le aziende che mirano a posizionarsi nel mercato premium possono scegliere di non utilizzare MSG per apparire più artigianali o naturali. Tuttavia, si è scoperto che il glutammato (o meglio l’acido glutammico) è la sostanza responsabile di un sapore distintivo a cui è stato dato il nome di umami, diverso dai quattro gusti tradizionalmente riconosciuti: dolce, salato, acido e amaro. La parola “umami” deriva dal giapponese e significa per l’appunto “saporito” o “delizioso”.

L’umami è stato identificato nel 1908 dal chimico giapponese Kikunae Ikeda che isolò il gusto umami dal brodo di dashi, una zuppa giapponese a base di pesce e alga kombu.

È stato però solo nel 2002 che l’umami è stato ulteriormente convalidato come un gusto fondamentale grazie a ricerche condotte da scienziati che hanno identificato recettori specifici per il sapore umami sulle papille gustative umane. Da allora, l’umami è stato ufficialmente accettato nella comunità scientifica e culinaria come il quinto gusto fondamentale.

Il gusto umami si caratterizza per la sua capacità di esaltare e arricchire i sapori dei cibi. Si percepisce in molti alimenti che lo contengono naturalmente, in particolare quelli ricchi di amminoacidi e nucleotidi, come carne, pesce, formaggi stagionati (soprattutto i tipi Grana a lunga stagionatura), brodi, pomodori maturi, funghi e lieviti. È spesso descritto come un sapore profondo e complesso che può rendere un piatto più ricco e soddisfacente.

È definito “quinto gusto” perché, a differenza degli altri quattro gusti, l’umami non è associato a nessuna delle caratteristiche più comuni (dolce, salato, ecc.), ma piuttosto si fonda su una specifica combinazione di sostanze chimiche che conferiscono a determinati alimenti un profilo di sapore distintivo e avvolgente. La scoperta dell’umami ha ampliato la nostra comprensione dei gusti umani e ha così influenzato la gastronomia e la preparazione dei cibi in tutto il mondo.

Per questo motivo le caratteristiche dell’umami hanno definito nuovi tipi di aromi che si possono utilizzare nella produzione dei prodotti di carne, al fine di rendere il gusto più ricco e soddisfacente al palato.

Dal punto di vista scientifico l’umami è principalmente associato a due composti chimici:

a) il glutammato, un amminoacido presente in molti alimenti proteici;

b) l’inosinato e il guanilato, che sono due nucleotidi che si trovano rispettivamente nella carne e nei funghi.

Questi composti non solo conferiscono sapore, ma possono anche interagire tra loro per intensificare il gusto umami, creando una sinergia che rende il sapore comples-

so e avvolgente. Per esempio, il glutammato presente nel pomodoro e l’inosinato presente nella carne possono combinarsi per creare un’esperienza gustativa più ricca.

Dal punto di vista sensoriale il gusto umami è riconosciuto per le sue caratteristiche di persistenza (a differenza di altri gusti, tende a rimanere in bocca, offrendo un retrogusto duraturo) e saziante, perché gli alimenti che ne sono ricchi possono aumentare la sensazione di sazietà, rendendoli appetibili in pasti completi. In conclusione, il riconoscimento dell’umami ha arricchito la gastronomia moderna (e anche l’industria dei prodotti alimentari trasformati) e ha portato a una

maggiore attenzione nella combinazione di ingredienti per ottenere piatti più completi e appaganti. Comprendere l’umami negli aromi che si possono utilizzare nelle produzioni alimentari (e non solo di carne) contribuisce a migliorare le tecniche culinarie, favorendo la creazione di ricette che esaltano i sapori e offrono un’esperienza gustativa più profonda e soddisfacente. È la sinergia tra glutammato e inosinato a definire la forza dell’umami, che varia a seconda dei rapporti di ciascuno. Si è studiato e valutato sensorialmente che un rapporto alla pari di glutammato/inosinato, esattamente di 1:1, è quello che permette di garantire la maggiore intensità gustativa. Questa proporzione è stata ritenuta 7-8 volte l’intensità della degustazione di glutammato o inosinato isolati. È per questo motivo che rispetto all’impiego in passato di solo MSG, bastano minori quantità aromatiche umami per garantire lo stesso effetto, se non addirittura migliore, consentendo al tempo stesso di ridurre il contenuto di sale. Aspetto questo non trascurabile da un punto di vista della salute.

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