Ecod Srl Unipersonale - Via Don Riva, 38 - 20028 San Vittore Olona MI - Poste italiane spa - sped. in A. P.- D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Varese In caso di mancato recapito si prega di inviare al CPO Varese per la restituzione al mittente che si impegna a pagare il diritto fisso dovuto
Anno 21 - numero 115 GENNAIO-FEBBRAIO 2024
Bimestrale di aggiornamento su tecnologie e processi di trasformazione e di commercializzazione delle carni
NUTRIZIONE E SALUTE
Il ruolo e l’importanza dei microRNA
LA PAROLA ALL’ESPERTO Bresaola,
carne secca & Co
DOSSIER
Oltre la salumeria
DIRITTO E LEGISLAZIONE La legislazione alimentare in Europa
Distributore Ufficiale FABIOS
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ISO 9001
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ATTUALITÀ: Un nuovo anno denso di novità e iniziative per Ecod
Direttore Responsabile: Cristina Filetti Direttore Commerciale: Luca Codato - codato@ecod.it Redazione: Marina Caccialanza - redazione@ecod.it Grafica e Impaginazione: Sabrina Zampini - grafica@ecod.it
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TREND CARNI&SALUMI
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NUTRIZIONE E SALUTE: Il ruolo e l’importanza dei microRNA
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LA PAROLA ALL’ESPERTO: Bresaola, carne secca & Co
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CASE HISTORY: Salumificio Ca’ dell’Ora - Artigianalità e tecnologia, insieme sono il progresso
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AZIENDE E INFORMATICA: CSB-System: ERP specifico per le aziende di lavorazione carne
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DOSSIER: MACCHINE E IMPIANTI: Oltre la salumeria
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DIRITTO E LEGISLAZIONE: La legislazione alimentare in Europa
Hanno collaborato: Aniello Laurito; Angela Mucciolo; Claudio Mucciolo; Giuseppe L. Pastori. Il contenuto della rivista non può essere riprodotto, salvo espressa autorizzazione. Gli autori sono responsabili delle opinioni espresse negli articoli e delle relative bibliografie.
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ASSOCIATO A:
SOMMARIO
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attualità
nuovo anno denso di novità e iniziative per Ecod Un
L
a nostra rivista Ingegneria Alimentare si arricchisce di nuovi contenuti e amplia il suo raggio d’azione abbracciando temi e argomenti trasversali ai diversi ambiti della produzione alimentare per incontrare e favorire lo scambio tra differenti realtà, oggi più che mai, in costante trasformazione e integrazione. È evidente, infatti, come l’industria italiana del food stia vivendo un periodo di grande vitalità e sia perfettamente al passo con i mutamenti della società, del mercato e delle re-
L’editore, Luca Codato
La rivista Ingegneria Alimentare si arricchisce di nuovi contenuti abbracciando temi e argomenti trasversali ai diversi ambiti della produzione alimentare per incontrare e favorire lo scambio tra differenti realtà gole dell’imprenditorialità. Seguiremo come sempre le sue performance e le nostre pagine continueranno ad essere la vetrina dei suoi successi.
Ecod, come ben sapete, è anche la società organizzatrice di iMEAT Fiera, la prima e unica fiera internazionale in Italia dedicata al mondo delle carni e della salumeria: la nona edizione si svolgerà il prossimo anno, dal 23 al 25 marzo 2025 a ModenaFiere. Il successo dell’iniziativa si conferma in quanto evento che mira a valorizzare le imprese che gravitano nel settore. La nostra mission, infatti, rimane focalizzata sul comparto nel quale l’industria italiana è particolarmente conosciuta: aziende che mantengono l’identità nata dall’artigianalità e che hanno saputo, conservando il know how più profondo, adeguare e innovare il loro modo di lavorare e produrre strutturandosi per offrire prodotti e tecnologie di altissima qualità ed efficienza. Fiore all’occhiello del nostro Paese, le piccole e medie imprese costituiscono l’ossatura e la forza, meritano valorizzazione e riconoscimento. Siamo talmente convinti della nostra mission che la prossima edizione di iMEAT Fiera by Ecod sarà particolarmente ricca aumentando i suoi spazi allo scopo di ospitare sempre maggiori proposte. Nata per creare un contesto di relazione dove domanda e offerta possano incontrarsi e ampliare le rispettive attività per valutare
La nona edizione di iMEAT - unica fiera internazionale in Italia dedicata al mondo delle carni e della salumeria - si svolgerà dal 23 al 25 marzo 2025.
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GEN-FEB 2024
attualità
iMEAT Fiera aprirà i suoi padiglioni a tutti coloro che aspirano a incrementare il proprio business nel campo delle specialità alimentari, in particolare alle innovazioni tecnologiche e alle macchine per la lavorazione delle carni, dei salumi e del pesce
nuove e moderne idee e strategie in un mercato che deve inevitabilmente evolvere e guardare a un futuro più aperto e innovativo, iMEAT Fiera aprirà i suoi padiglioni a tutti coloro che aspirano a incrementare il proprio business nel campo delle specialità alimentari, con particolare attenzione alle innovazioni tecnologiche e alle macchine per la lavorazione delle carni, dei salumi e del pesce. È chiaro, infatti, come il mondo del food sia in continua evoluzione e domanda e offerta si interfaccino costantemente in un’ottica di inclusione che comprende stili alimentari alternativi, tendenze e culture solo apparentemente lontane tra loro. ModenaFiere sarà ancora una volta teatro di un programma folto e diversificato: gare, concorsi, dimostrazioni pratiche, incontri di approfondimento, corsi di formazione ma,
soprattutto, ospiterà un’area espositiva particolarmente ricca di proposte e novità, con nuovi spazi e nuove prospettive. Tecnologie e ingredienti per la lavorazione delle carni e la produzione di salumi, strumentazioni per la cottura tradizionale e una nuova area dedicata alla cottura alla griglia e al bbq; proposte per la conservazione dei cibi; suggerimenti di design per l’allestimento degli spazi vendita ed eccellenze alimentari convivranno per creare un’attrattiva completa e dare a tutti la possibilità di approfondire le proprie conoscenze in materia e, conseguentemente, migliorare la propria efficienza e produttività. Artigiani o industriali, commercianti, distributori, ristoratori o addetti alla preparazione e somministrazione avranno ampia scelta a
Le piccole imprese troveranno a iMEAT una vetrina ideale; le grandi aziende avranno l’opportunità di far conoscere quelle produzioni importanti per chi gravita nell’ambito artigianale o semiartigianale
iMEAT, perché il panorama imprenditoriale italiano – quelle imprese che tanto lustro danno all’Italia – avranno, in fiera, la possibilità di esporre e far conoscere le loro eccellenze. Le piccole imprese troveranno una vetrina ideale; le grandi aziende avranno l’opportunità di far conoscere quelle produzioni meno note ma così importanti per chi gravita nell’ambito artigianale o semiartigianale: piccoli salumifici, laboratori per la produzione di insaccati o cibi pronti, macellerie e ristomacellerie, steak house, ecc. iMEAT, è l’appuntamento atteso da tutti gli operatori professionali, gli esperti di tecnologie e metodi di produzione nel settore industriale e artigianale delle carni e dei salumi, eccellenze da tutelare e sviluppare per un mercato sempre più moderno, attento alla sostenibilità e all’etica, tecnologicamente avanzato e proiettato allo sviluppo della società futura con lungimiranza e serietà. Avremo tempo, lungo il 2024, di approfondire il tema e lo faremo con entusiasmo fornendovi aggiornamenti, perché siamo convinti che sia la strada da percorrere, con tenacia e fiducia. Buon 2024 a tutti.
NONA EDIZIONE ModenaFiere
INNOVAZIONE NEL COMPARTO CARNE UNICA FIERA INTERNAZIONALE IN ITALIA DEDICATA AL NEGOZIO DI MACELLERIA, GASTRONOMIA E RISTORAZIONE SPECIALIZZATA
Area dedicata alle aziende che presentano
INNOVAZIONI TECNOLOGICHE, MACCHINE, ATTREZZATURE E INGREDIENTI PER LA LAVORAZIONE DELLE CARNI, DEI SALUMI E DEL PESCE
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TREND
CARNI & SALUMI
TREND i m u l a s & i n r ca Il valore e la qualità delle produzioni alimentari italiane continua a crescere e si evidenzia in pratiche sostenibili, etiche e improntate al miglioramento degli standard. L’industria italiana del settore carni e salumi, a partire dall’allevamento fino al confezionamento e all’export, punta a rivestire con orgoglio il suo ruolo di ambasciatore della cucina italiana nel mondo
Mortadella Favola nella top ten
Salumificio Palmieri, storica realtà di San Prospero (Mo) è stata inserita nella Top Italian Food 2024 di Gambero Rosso, la pubblicazione dedicata ai migliori prodotti delle eccellenze agroalimentari italiane. Ben due i prodotti dell’azienda che hanno ottenuto il riconoscimento: Mortadella Favola l’Originale e lo Zampone Corte dei Pico. Gli esperti di Gambero Rosso hanno scelto le referenze dopo approfondita degustazione, decretandone l’indiscussa alta qualità. La guida è stata presentata nel corso di un evento di premiazione, tenutosi il 18 dicembre 2023 al Palazzo Brancaccio di Roma, cui è seguita una degustazione. La citazione nella guida permette all’azienda di utilizzare per 12 mesi il bollino di qualità Top Italian Food 2024 sul packaging del prodotto premiato e nelle attività di comunicazione e promozione correlate. La selezione è disponibile nelle sezioni dedicate dei siti gamberorosso.it e gamberorossointernational.com.
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GEN-FEB 2024
Gruppo Martelli, una scelta di qualità Il Gruppo Martelli nasce nel 1959 e ancora oggi è guidato dalla famiglia Martelli che assicura la continuità nell’approccio centrato su una filiera improntata alla massima qualità e all’italianità. Oggi il Gruppo Martelli controlla l’intera filiera produttiva, dalla macellazione di oltre 700.000 suini all’anno fino alla lavorazione delle carni. L’approccio produttivo del Gruppo Martelli è caratterizzato da: • materia prima 100% italiana, ottenuta da una filiera propria e controllata; • produzione “free from”. I salumi del Gruppo Martelli sono ottenuti senza polifosfati, derivati del latte e glutine, che ne hanno permesso anche l’inserimento nel Prontuario dell’Associazione Italiana Celiachia. L’ultima espressione di questo approccio “free from” è la linea “Qui Ti Voglio”, che è completamente senza antibiotici; • qualità eccellente, tanto che i salumi Martelli sono stati premiati con quattro spilli dalla guida “I salumi d’Italia” del gruppo L’Espresso. Tra i traguardi raggiunti, il lancio nel 2020 della linea Qui ti voglio, Antibiotic-free e tutta italiana, che nel 2022 ha ottenuto la certificazione. Infatti, la linea è stata certificata da SGS Italia SpA come “da suini allevati senza utilizzo di antibiotici dalla nascita”. Secondo un rapporto Ema-Esvac “European Medicine Agency – European Surveillance of Veterinary Antimicrobial Consumption, in Italia circa il 70% degli antibiotici venduti (compresi anche quelli destinati al consumo umano) viene acquistato per gli animali. L’Italia, peraltro, risulta essere al terzo posto, in tutta Europa, per utilizzo di antibiotici negli animali d’allevamento. La scelta di Gruppo Martelli si pone quindi in decisa controtendenza rispetto a questo trend, all’insegna della massima tutela del consumatore.
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TREND
CARNI & SALUMI
Fileni, nuove proposte gastronomiche Fileni amplia e rinnova la gamma gastronomica dei Buoni & Bilanciati e dei Buoni & Veloci, le linee di piatti pronti. Per Buoni & Bilanciati, lancia il Pollo alla Orientale, fantasia di verdure, riso basmati e
nero, un piatto completo preparato con bocconcini di petto di pollo marinati al gusto teriyaki, un condimento tipico della cucina giapponese. Il piatto è abbinato a una fantasia di verdure e due varietà di riso: basmati e nero. Per chi ama i piatti dal sapore intenso e deciso, Tacchino piccante, poker di verdure e orzo, con bocconcini di fesa di tacchino conditi con un mix di spezie piccanti; la ricetta è arricchita da quattro verdure (cavolfiori, zucchine, pomodorini, cipolla) e orzo. Tutte le proposte della linea Buoni & Bilanciati costituiscono un piatto completo che – in linea con quanto suggerito dall’OMS – propone la giusta proporzione tra carne, cereali e vegetali, alimenti base che apportano un quadro nutrizionale completo se integrato con acqua e una porzione di frutta. La linea Buoni & Veloci offre tre piatti pronti: Riso Basmati con Pollo Thai, Polpette con
Tacchino e Pollo al Pomodoro e Pollo Tonné, ispirato al piatto tipico della tradizione piemontese. La grafica delle confezioni riporta sul fronte sia i tempi di riattivazione di 2 minuti nel forno microonde, sia il peso di 220 grammi come quantità ideale per una porzione singola.
Il sogno di Paolo
Citterio amplia l’assortimento Tante novità lanciate nell’anno 2023 da Citterio, in particolare la linea Vivere all’italiana-Chiffonade, le Sofficette Bresaola di Tacchino e Salame Ventricina Piccante e gli snack l’Unduetris! Senza glutine & Senza lattosio. Oltre alla storica linea del Taglio fresco Salame Ventricina, in un formato adatto al mercato estero, un prodotto tipico, per riscoprire il sapore della tradizione italiana del Salame, realizzato con carne 100% italiana, dal gusto piacevolmente piccante con pasta di peperone, Citterio ha preparato un intero restyling della gamma dei cotti pezzi interi, per il quale è stato rivisto il posizionamento e l’immagine, con una grafica premium, più moderna e impattante a scaffale.
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Lo scorso mese di dicembre è andato in onda sulle reti nazionali Il Sogno di Paolo, il cortometraggio animato che celebra la vita e il lascito imprenditoriale di Paolo Rovagnati. A ottant’anni dalla nascita dell’imprenditore, Rovagnati racconta l’idea che ha cambiato la tradizione della gastronomia italiana, trasformando il Prosciutto Cotto da prodotto composto dagli scarti del Prosciutto Crudo a protagonista di pregio della cultura alimentare italiana. Realizzato con la tecnica dell’animazione tradizionale passo 3, il video ha una forte carica emotiva, che fa leva sull’emozione e sul ricordo e riassume la storia di Paolo Rovagnati, a partire dagli anni Cinquanta quando - ancora ragazzo - si cimentava ad aiutare il padre nell’attività di famiglia che allora produceva burro e commercializzava formaggio. In seguito a un’intuizione, Paolo decide di tentare un’impresa: realizzare un prodotto unico e inconfondibile, al tempo assente sul mercato, un Prosciutto Cotto di Alta Qualità: Gran Biscotto, oggi il N°1 nel mercato dei prosciutti cotti (fonte dati: Circana).
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TREND
CARNI & SALUMI Culatello di Zibello Dop
Il boom del Natale vale il 40% delle vendite annue: tirando le somme delle festività appena trascorse, il Culatello di Zibello Dop si conferma uno dei salumi per eccellenza del periodo, ormai immancabile in qualsiasi cesto e tra i regali più ambiti in assoluto. A confermarlo è il Consorzio di Tutela del Culatello di Zibello, l’ente che rappresenta le 23 aziende produttrici della Dop, nel tracciare un bilancio molto positivo dell’anno appena trascorso, e non da meno del periodo delle festività dove si concentra il maggior volume di vendite. Romeo Gualerzi, presidente del Consorzio di Tutela del Culatello di Zibello Dop, conferma la crescita: “L’anno scorso, dopo il periodo pandemico, di fatto abbiamo consumato tutte le riserve visto l’altissimo numero di richieste, pertanto il livello produttivo ottenuto finora è ottimo: sono cifre eclatanti che speriamo di incrementare ancora di più nel 2024. Siamo andati molto bene anche sul prodotto affettato, ormai in costante crescita, che a settembre era arrivato a 877.432 vaschette per un totale di oltre 100mila chilogrammi di Culatello di Zibello Dop. Numeri che erano destinati a crescere con il Natale, circa il 40% delle vendite annue”. Risultati promettenti malgrado l’aumento dei costi della materia prima abbia avuto un impatto anche sulle aziende del Consorzio: le stime parlano di un incremento del 15% nel solo 2023 e più in generale i prezzi sono raddoppiati nell’ultimo triennio. Inoltre le imminenti modifiche al disciplinare, che tra le altre cose comprenderanno anche un’analisi genetica del suino per rafforzare le caratteristiche peculiari del prodotto, così da offrire una qualità ancora maggiore, hanno inciso sulla produzione.
Insieme per una zootecnia sostenibile Inalca, primo produttore italiano e tra i leader europei nel settore delle carni ha realizzato, insieme a Corteva Agriscience e all’Università di Milano, un progetto pilota con l’obiettivo di migliorare le performance ambientali della fase di produzione dei foraggi destinati all’alimentazione dei bovini. I risultati sono stati presentati a Ecomondo, in un convegno su “Emissioni. L’obbligo morale di decarbonizzare tutto il possibile”, a cura di Economy Group. Obiettivo del progetto è stato introdurre e valutare l’impatto di pratiche agronomiche innovative per la produzione dei foraggi destinati agli allevamenti di bovini da carne per ridurre le emissioni, migliorare la produttività delle colture, ottimizzare l’uso di fertilizzanti, migliorare la gestione del suolo e incrementare il sequestro di carbonio. Nel corso di due anni, lavorando sulle colture di due aziende agricole Inalca, si è intervenuti sull’ottimizzazione dell’uso di fertilizzanti, in particolare quelli azotati, che rappresentano una fonte importante di emissioni di gas serra in atmosfera. Migliorare l’efficienza della fertilizzazione azotata è possibile attraverso l’adozione di strategie agronomiche orientate alla valorizzazione dei reflui zootecnici o digestati, prodotti dalle stesse aziende zootecniche col supporto di tecnologie innovative, come gli stabilizzatori dell’azoto. La raccolta dei dati e l’analisi LCA – Life Cycle Assessment sono state realizzate da un team di ricerca del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università di Milano. Corteva ha attivato i servizi agronomici di mappatura degli input produttivi e di raccolta delle informazioni agronomiche riferiti alla produzione dei foraggi. Come innovazione tecnologica, è stato introdotto l’utilizzo dell’inibitore della nitrificazione ‘Instinct’ che, stabilizzando l’azoto distribuito con i digestati aziendali, ha ridotto l’uso dei fertilizzanti di sintesi, migliorato le rese colturali e ridotto le emissioni di CO2 eq in media del 19% dalla produzione dei foraggi. Il progetto ha analizzato le emissioni di CO2 eq per tonnellate di foraggio prodotte prima e dopo l’introduzione delle tecnologie di stabilizzazione dell’azoto.
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San Daniele e le acque
L’Europa, con l’emanazione del Green Deal, ha rafforzato la volontà di porsi quale continente leader in una transizione ecologica equa e giusta, per il raggiungimento di un impatto climatico zero entro il 2050. In tale contesto, il Consorzio del Prosciutto di San Daniele lavora, da più di trent’anni, per minimizzare l’impatto ambientale del comparto in termini di efficientamento energetico e di consumo di risorse, ponendo tra i suoi obiettivi anche una corretta gestione delle acque reflue. Attraverso un impianto di depurazione e di pretrattamento consortile delle acque, entrato in funzione nel 2015, dove si è registrato un notevole miglioramento delle caratteristiche delle acque reflue immesse nella pubblica fognatura, il Consorzio riceve presso il proprio impianto di depurazione, gestito secondo un apposito regolamento di fognatura, le acque reflue di diciotto dei trentuno stabilimenti produttivi aderenti al Consorzio stesso, ovvero oltre il 70% delle acque reflue del comparto. Nel 2021 sono stati registrati 403.728.000 metri cubi di prelievi idrici e 282.610.000 metri cubi di acque reflue gestite e scaricate. Grazie ai sistemi tecnologici adottati il Consorzio è in grado di controllare la qualità dei prelievi e degli scarichi e di monitorare il relativo impatto sull’ambiente, ottenendo i parametri delle acque trattate e immesse nella pubblica fognatura che rispettano i limiti richiesti dalla legislazione in materia.
CARNI & SALUMI
TREND
Consorzio del Prosciutto Toscano Dop, nel 2023 la produzione cresce del 10% Una crescita produttiva ad oggi del 10% con una previsione di 340mila prosciutti marchiati, nonostante le difficoltà legate ai maggiori costi della materia prima, aumentati in media del 13,5% in un solo anno. È un 2023 che si chiude in crescen-
do per il Consorzio del Prosciutto Toscano Dop, in un trend positivo destinato ad aumentare con le festività Natalizie, storicamente vero e proprio periodo di boom delle vendite con ordini già in linea rispetto a quelli del 2022.
Il Consorzio, che racchiude 19 aziende toscane produttrici della Dop, ha infatti confermato la ripresa post Covid, pur rimanendo sotto la soglia record dei 400mila prosciutti marchiati pre-pandemia. In ogni caso il Consorzio del Prosciutto Toscano, oltre all’altissima qualità che contraddistingue la Dop, si è impegnato a mantenere i prezzi stabili. Nonostante il costo dei suini sia cresciuto ad oggi del 13,5% (secondo i dati delle Commissioni Uniche Nazionali), il prezzo finale al consumo non ha subito lo stesso aumento in proporzione, sempre considerando che l’80% del prodotto finisce direttamente al banco gastronomia, quindi a strettissimo contatto con il cliente. Il 2023 infine si conferma anche un ottimo anno per l’export del Prosciutto Toscano Dop: Stati Uniti e Canada rappresentano il 15% dell’export totale del Prosciutto Toscano Dop, ovvero il principale mercato extra UE; mentre la Germania, rimanendo nel vecchio Continente, si conferma il cliente principale con una netta crescita per quanto riguarda l’affettato.
Il suino Sardo diventa Presidio Slow Food Mantello scuro, taglia piccola, zampe corte e robuste e una criniera di lunghe setole sulla schiena: il suino Sardo entra a far parte dei Presìdi Slow Food. Una razza rustica, allevata in tutta la regione, dalle Barbagie alle aree del Gennargentu e del Supramonte, ma anche in Ogliastra, nel Sarrabus-Gerrei, nell’area del Monte Linas e nel Sulcis-Iglesiente, di cui si trovano riferimenti antichissimi, ma che negli ultimi decenni aveva rischiato la scomparsa a causa dell’arrivo sull’isola della peste suina africana. Una razza che si è salvata grazie al lavoro di alcuni allevatori sostenuti dall’Associazione allevatori della regione Sardegna (AARS), che dal 1920 cura un libro genealogico di razza e che oggi si occupa anche dei controlli per la sua continuazione. Il suino Sardo, il cui colore può variare dal nero al fulvo, passando per il grigio e il pezzato, è un grande pascolatore; 60 centimetri al garrese e un peso che oscilla tra gli 80 e i 150 chili, si nutre in particolare di ghiande, si sposta parecchio e consuma molto dell’apporto nutritivo che assume grufolando. Ne deriva una carne dal grasso importante, ma
dalle caratteristiche nutrizionali ottimali, con bassa percentuale di grassi insaturi. Il suino Sardo non viene alimentato con in-
silati né assume antibiotici. Il finissaggio poi, con ghiande, carrube e castagne, assicura prodotti molto dolci.
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Bioagro offre una vasta perleleproduzioni produzioni salumi Bioagro offre una vastagamma gamma di di starter starter per dei dei salumi
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CULTURE “MADEININITALY” ITALY” CULTUREMICROBICHE MICROBICHE “MADE PERPER LALAVALORIZZAZIONE DELLABIODIVERSITÀ BIODIVERSITÀ VALORIZZAZIONE DELLA
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nutrizione e salute
ruolo e l’importanza dei microRNA
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Angela Mucciolo, Dottore in Scienze e Tecnologie delle Produzioni Animali Claudio Mucciolo, ASL di Salerno, Dipartimento di Prevenzione Area Sud - Servizio Igiene Alimenti di O. A. Gli autori sono responsabili delle opinioni espresse negli articoli e delle relative bibliografie
L
a rapida evoluzione degli organismi multicellulari è accompagnata da un progressivo aumento della complessità dei meccanismi di regolazione genica. Questa è evidente a livello della regolazione trascrizionale, dove si osserva la veloce espansione delle famiglie dei fattori trascrizionali, mentre a livello post-trascrizionale tra i nuovi meccanismi di regolazione è nota oggi una nuova famiglia di geni regolatori: i microRNA (miRNA). I microRNA (miRNA) costituiscono una classe di piccole molecole di RNA non codificanti proteine, aventi sequenze lunghe circa 22 nucleotidi, altamente conservate. Regolano l’espressione genica a livello post-trascrizionale in duplice modo: possono sopprimere la sintesi proteica inibendo la traduzione dell’RNA messaggero (mRNA), oppure possono promuovere la degradazione dell’mRNA stesso, il che si traduce in un silenziamento dell’espressione genica (Urbich et al., 2008). Diversi gruppi di ricerca nel mondo sono impegnati nello studio di queste piccole molecole di RNA che regolano i più importanti meccanismi biologici tra cui proliferazione, differenziamento ed apoptosi. Come è noto l’apoptosi è il fenomeno che conduce alla morte naturale delle cellule sane ma che è inibita completamente nelle cellule tumorali che, infatti continuano a proliferare. Il silenziamento del gene dell’apoptosi è una delle cause dell’insorgenza del tumore. Cerchiamo di capire il ruolo dei miRNA in questo proces-
I miRNA si trovano sia nel mondo vegetale che animale, e sono modulati sia dalle condizioni di vita delle persone che dalla interazione positiva con sostanze contenute negli alimenti
so, è probabile che le condizioni particolari di vita generino dei miRNA che silenziano il gene dell’apoptosi, ma son ancora ipotesi. La scoperta dei miRNA è avvenuta nel 1993 dal gruppo di ricerca di (Ambros e Ruvkun). Successivamente Ambros nel 2013 ha scoperto alcune sue funzioni importanti. La ricerca sui
miRNA ha innescato subito un forte interesse a livello mondiale. In questi anni molte scoperte sono state fatte in merito sia alla loro origine che al loro funzionamento biochimico nel campo della genetica, ma rimangono ancora molti aspetti da chiarire soprattutto sul meccanismo di regolazione genetico che ha risvolti interessanti per la medicina e soprattutto per la nostra salute. All’inizio si pensava che i miRNA fossero dei residui insignificanti di RNA, ma poi iniziarono le ricerche per approfondire il loro funzionamento che ancora oggi rimane da chiarire in taluni aspetti anche in ragione della complessità dei processi di regolazione genetica.
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per scopi diagnostici in modo da poter intervenire precocemente prima che il male si sia diffuso. Si parla già di kit diagnostici a base di miRNA, essi sono molto promettenti in future applicazioni di terapia clinica visto il loro ruolo di regolazione simultanea di più geni/ proteine. Pertanto, i miRNA negli animali sono coinvolti in svariati processi di sviluppo, quali metabolismo, crescita, proliferazione e differenziazione cellulare, apoptosi, differenziamento muscolare, morfogenesi cerebrale e altri (Ardekani & Naeini, 2010). Considerando l’importanza dei miRNA nella regolazione genica, soprattutto nell’ambito dei processi di sviluppo, e la loro numerosità (nel genoma umano sono stati identificati circa 1.500 miRNA), non sorprende la scoperta di un loro potenziale coinvolgimento nelle patologie umane. Sono molti i lavori scientifici che descrivono l’associazione tra un’alterata espressione di miRNA e l’insorgenza di malattie anche clinicamente molto rilevanti (cardiovascolari, neoplastiche, infiammatorie, autoimmuni, neuro-evolutive e altre) (Hesse & Arenz, 2014). I miRNA sono molto promettenti in future applicazioni di terapia clinica visto il loro ruolo di regolazione simultanea di più geni/ proteine. I miRNA si trovano sia nel mondo vegetale che animale, e sono modulati sia dalle condizioni di vita delle persone che dalla interazione positiva con sostanze contenute negli alimenti come i polifenoli che si trovano nelle verdure, frutta in particolare nell’uva, nel tè e nelle olive compreso l’olio extravergine. È stato dimostrato che questa classe di piccoli filamenti di RNA non codificano proteine ma sono in grado di modulare importanti processi biologici, come la differenziazione cellulare, l’apoptosi (tumori), la risposta immunitaria e il mantenimento dell’identità cellulare e dei tessuti. Inoltre, un’alterata regolazione dei miRNA è stata associata al cancro e ad altre malattie. I miRNA influenzano l’espressione di quasi il 60% dei geni dei mammiferi codificanti proteine e, quindi, controllano molti processi biologici, tra cui sviluppo, invecchiamento, risposta allo stress, proliferazione cellulare e apoptosi (tumori). Non tutti i miRNA svolgono le stesse funzioni biochimiche ma comunque anche quelli presenti nei vegetali e nel latte hanno dimostrato di essere attivi anche sull’uomo. La lunghezza del filamento nucleotidico dei miRNA e anche la sequenza degli stessi nucleotidi sulla catena determinano le funzioni biochimiche specifiche dei miRNA. La scoperta delle proprietà biomediche dei miRNA ha attivato ricerche sempre
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più mirate per comprendere il loro meccanismo di azione e allo stesso tempo ha incentivato l’uso di quelle tecniche che consentono di recuperarli dalle matrici naturali, per poi somministrarli ai pazienti in forma di integratori o di alimenti. Per essere attivi infatti i miRNA devono essere dosati ad alte concentrazioni altrimenti i loro effetti risultano nulli o trascurabili. I miRNA si generano anche in certe condizioni patologiche come nel caso dei tumori e questa proprietà viene studiata
MECCANISMO DI GENERAZIONE DEI miRNA
Per comprendere come si formano i micro RNA (miRNA) è necessario ricordare alcuni passaggi fondamentali della sintesi proteica che inizia dal DNA. La trascrizione del DNA inizia dall’apertura della sua doppia elica per formare due filamenti lineari di RNA messaggero che sono speculari tra loro. La figura 1 illustra schematicamente questo
Figura 1 - Dogma centrale della biologia: meccanismo di apertura della doppia elica del DNA
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La trascrizione è il processo attraverso il quale l’informazione genetica contenuta nel DNA viene trascritta enzimaticamente in una molecola di RNA messaggero (mRNA) processo indicando le basi puriniche e pirimidiniche che si accoppiano con legami idrogeno: adenina-timina con guanina-citosina, in modo che ogni filamento dell’RNA è speculare con l’altro. La trascrizione è il processo attraverso il quale l’informazione genetica contenuta nel DNA viene trascritta enzimaticamente in una molecola di RNA messaggero (mRNA). In modo schematico la trascrizione del DNA genera un filamento di mRNA nel nucleo della cellula eucariotica che viene poi inviato nel citoplasma e tradotto in proteina. Soltanto un filamento della doppia elica viene trascritto: il filamento che dirige la sintesi tramite l’accoppiamento complementare delle basi è detto filamento stampo o filamento antisenso, mentre l’altro filamento che avrà sequenza identica all’mRNA, con l’ovvia sostituzione delle basi azotate adenina-timina e uracileguanina, è detto filamento codificante o filamento senso. Il processo della trascrizione è catalizzato dalla RNA polimerasi. Questo enzima riconosce e si lega a una sequenza specifica del DNA, il promotore, e inizia a sintetizzare mRNA da una posizione adiacente. In questo processo si formano, nel nucleo della cellula, anche frammenti nucleotidici di miRNA. Sia l’RNA messaggero che i miRNA si trasferiscono nel citoplasma dove avviene la trascrizione, cioè si passa dalla informazione genetica alla sintesi delle proteine di ogni tipo, in particolare di quelle bioattive, cioè gli enzimi. Il meccanismo che è alla base della sintesi proteica segue tre passaggi, come schematizzato in figura: il primo è di trascrizione (duplicazione del DNA), il secondo di maturazione e il terzo di traduzione. Quindi l’RNA messaggero, viene letto dal ribosoma scorrendo sul suo filamento. I microRNA si frappongono proprio fra RNA messaggero e il ribosoma, in questo modo regolano e modulano la trascrizione genetica (V. Jacob O’Brian et al. 2018). Praticamente i miRNA, lunghi mediamente 21-24 nucleotidi aggiustano e correggono le informazioni contenute nell’RNA messaggero per svolgere importanti funzioni di regolazione genetica, in particolare quella del silenziamento genetico. I microRNA sono nuovi potenziali biomarkers utili a individuare diversi tipi di cancro nelle fasi di presviluppo e permettono di adottare opportune strategie per limitarne o evitarne l’effettivo sviluppo. Una dieta equili-
brata e varia, ricca in sostanze naturali come i composti fenolici polifenoli, è una tra le strategie più vantaggiose per conseguire questo risultato. I miRNA vengono inglobati nel complesso di silenziamento indotto da RNA e inducono lo spegnimento genico tramite sovrapposizione con sequenze complementari presenti su molecole di RNA messaggero (mRNA) bersaglio. Tale legame comporta una repressione della traduzione o la degradazione della molecola bersaglio.
parete intestinale), ma anche quelli distanti. Lo studio (V.S. Manca et al., 2020) ha condotto vari esperimenti in cui ha nutrito i topi con una dieta carente di miRNA liberi e di esosomi contenenti miRNA e li ha confrontati con altri topi che consumavano una dieta che aveva livelli normali di ciascuno. Ha trovato una serie di effetti, tra cui una diminuzione delle prestazioni cognitive dei topi che ricevono la dieta carente sia di miRNA liberi che di esosomi contenenti miRNA, una diminu-
GLI ESOSOMI CONTENENTI miRNA NEL LATTE
Tutti i latte dei mammiferi contengono i miRNA, ma sono particolarmente presenti nel latte di bufala, più che nel latte vaccino. Il latte più ricco di miRNA è quello dell’orso panda (L. Zhang, D. Hou, 2012). I miRNA non sono liberi nei liquidi biologici (sangue, siero, latte, ecc.) ma sono incapsulati all’interno di vescicole lipidiche dette esosomi che ne permettono il transito attraverso la membrana nucleare per fluire nel citoplasma. La capsula lipidica nel caso di consumo orale di miRNA, dopo essere ingeriti consente il transito a livello gastrico, per poi passare nel sangue e quindi entrare in circolo per raggiungere il citoplasma dove avviene la sintesi proteica. Anche se l’involucro lipidico ha un effetto protettivo dei miRNA è pur vero che i transiti passaggi intestinali non sono semplicissimi, la resa di trasferimento non è massima e quindi i dosaggi devono essere significativi. Per verificare se i miRNA del latte possono andare oltre l’intestino del topo, (V.S. Manca et al., 2020) hanno escogitato un metodo per etichettare i miRNA contenuti negli esosomi del latte vaccino con composti fluorescenti.
Gli esosomi sono termosensibili, quindi i trattamenti di bonifica microbica del latte, come la pastorizzazione, ne compromettono l’integrità e la funzionalità dei miRNA. Rimangono invece funzionali nel siero di latte, cioè nel liquido che rimane dopo la formazione della cagliata Questi potrebbero quindi essere tracciati in modelli animali. Questa tecnologia ha confermato che i miRNA, se incapsulati negli esosomi, si accumulano in vari tessuti, principalmente nel cervello, nel fegato e nella mucosa intestinale. Ciò ha stabilito che i miRNA potevano raggiungere non solo i siti locali (la
zione della fecondità e cambiamenti nella crescita muscolare. Gli esosomi sono termosensibili, quindi i trattamenti di bonifica microbica del latte, come la pastorizzazione, ne compromettono l’integrità e la funzionalità dei miRNA. Rimangono invece funzionali nel siero di latte, cioè nel liquido che rimane dopo la formazione della cagliata. In questo mezzo acquoso rimane più agevole raccogliere e concentrare i miRNA rispetto al latte stesso. I miRNA potrebbero “sostituire” il latte materno potenziando le difese immunitarie del neonato. Dal punto di vista dimensionale gli esosomi hanno un diametro medio di circa 0,02 micron, mentre i globuli di grasso di circa 1,5 mm. Nel siero di latte la materia grassa è stata portata via dalla cagliata ma rimangono le sieroproteine che hanno una dimensione media di circa 0,05 micron, quindi, ad esem-
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pio, ultrafiltrando il siero con una membrana da 0,1 micron si raccolgono sia sieroproteine che gli esosomi. Questi affiorano nella soluzione concentrata e si possono raccogliere sul supernatante in modo da poterli utilizzare in campo alimentare e farmaceutico. I microRNA regolano le risposte relative
Una classe di composti ha effetti benefici a prescindere dalla sequenza di ciascun vegetale, basta che la quantità sia sufficiente all’immunità sia acquisita che innata degli esseri umani. Alcuni miRNA regolano in modo importante la trascrizione e persino la disregolazione dei mediatori correlati alle infiammazioni. In oncologia è stato osservato che diversi tipi di tumore hanno particolari profili di espressione dei miRNA (diagnosi cliniche). Uno studio che utilizza un pannello di soli 48 miRNA selezionati ha permesso una classificazione accurata del tipo di cancro anche in siti metastasici in quasi l’80% dei casi. Nel campo delle malattie infettive, come nel caso dell’epatite B, l’impiego di soli 10 miRNA ha dimostrato una sensibilità dell’85% e una specificità del 70%. Questi risultati dimostrano l’interesse per l’impiego dei miRNA in campo biomedico.
I miRNA PRESENTI NEI VEGETALI
In tutti gli esseri viventi, animali e vegetali in cui è operativa la sintesi proteica sono presenti miRNA diversi, specifici per singole funzioni di regolazione genetica. La differenza di composizione nucleotidica dei miRNA fra le specie viventi è quasi trascurabile al punto che anche quelli vegetali possono agire positivamente sugli animali e quindi sull’uomo. I miRNA sono infatti presenti nei vegetali assunti negli alimenti (V. Pantaleo et al.,2010) e
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quindi possono regolare la trascrizione dei geni nei mammiferi. Questi risultati sono importantissimi perché rimettono in discussione l’utilizzo delle piante OGM complicando le cose per i produttori agricoli. Infatti, fino ad ora alcuna analisi dei microRNA è stata fatta e questo aspetto sarà da tenere in considerazione da parte di tutti quegli operatori che richiedono o rilasciano le autorizzazioni alle colture OGM. Semi, frutti, fiori: tutti i tessuti vegetali sono adatti all’estrazione dei miRNA perché in tutti, dalle radici al seme, ci sono processi di autoregolazione svolti proprio dai miRNA. In una classe di composti che ha effetti benefici a prescindere dalla sequenza di ciascun vegetale, basta che la quantità sia sufficiente per intervenire sulla regolazione genica. Gli studi avanzati di genomica e post-genomica delle piante possono guidare nuove strategie applicative finalizzate al miglioramento dell’adattabilità delle piante agli stress am-
bientali di origine biotica (patogeni) o abiotica (riscaldamento e inquinamento ambientale). Il riso è la principale fonte di cibo per oltre la metà della popolazione mondiale. Come altre colture, il riso è sfidato da vari stress ambientali che includono siccità, sale, freddo, caldo e carenza di nutrienti che rappresentano i principali fattori limitanti per la sua crescita e resa. Sunkar et al., 2007 hanno identificato 35 miRNA di riso, di cui 14 nuovi e previsti per mirare a geni coinvolti in diversi processi fisiologici nel riso. Il mais è la seconda coltura alimentare più importante al mondo, utilizzata per alimenti, mangimi e foraggi e come fonte di etanolo per la produzione di carburante. Oltre alla sua importanza agricola ed economica, il mais è stato utilizzato anche nella ricerca come pianta modello. Famiglie di miRNA coinvolte nello sviluppo, nella crescita e nelle risposte allo stress biotico del mais sono state inizialmente descritte e caratterizzate con i loro potenziali geni bersaglio. Il Dr. Roberto Viola dell’istituto S. Michele all’Adige ha brevettato un impianto, così lo chiama lui, che estrae dalla materia prima vegetale i miRNA presenti in ogni pianta: dall’ortica ai legumi, per creare una banca dati completa, ma non sembra esserci una grande differenza qualitativa. L’importante è la quantità: è riuscito a ottenere una resa fino a cento volte superiore a quella che si riteneva possibile. Viola ha creato una start up la Mirnagreen che è stata la prima azienda a produrre su scala industriale le molecole naturali ad azione immunomodulante nelle malattie degenerative. MirnaGreen scommette sull’uso di alte dosi del principio attivo
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così come è in natura estratto da semi, frutti, fiori, cereali; tutti i tessuti vegetali sono adatti all’estrazione perché in tutti, dalle radici al seme, ci sono processi di autoregolazione svolti proprio dai miRNA. Una classe di composti ha effetti benefici a prescindere dalla sequenza di ciascun vegetale, basta che la quantità sia sufficiente. Sulla variabilità dell’efficacia la startup sta conducendo studi mirati, in vista di un obiettivo: «Better health for everyone», ovvero far diventare il più accessibile possibile a tutti, questa integrazione benefica. Già adesso, per molte persone non è semplice mangiare le cinque porzioni di frutta e verdura consigliate da esperti e organizzazioni internazionali. Abbiamo stimato, dice Viola che, per massimizzare l’efficacia dei miRNA contenuti negli alimenti vegetali, sarebbe necessario un consumo quotidiano di circa due chili di frutta e verdura. Un quantitativo molto elevato, e difficile da gestire anche per l’elevata quantità di zuccheri e fibre non consigliabili a tutti e non da tutti tollerati, e la presenza di sostanze che possono creare problemi digestivi. Mirnagreen riesce a ottenere quantità di miRNA equivalenti al consumo alimentare di 2 chili di frutta e verdura in un milligrammo di prodotto finito.
I miRNA SONO ATTIVATI DAI POLIFENOLI
Stile di vita e dieta salutari ed equilibrati sono fattori chiave nella prevenzione primaria delle malattie gravi e croniche anche gravi, dovute a fenomeni infiammatori, al cancro e anche contro le malattie metaboliche, in particolare per combattere l’obesità. Alcuni nutrienti e composti bioattivi, tra l’altro, si
sono dimostrati capaci di modulare la concentrazione e il funzionamento dei miRNA e così poter intervenire nell’espressione genica alla base dell’iniziazione tumorale. Tuttavia, gli squilibri alimentari e le abitudini di vita insalubri viceversa comportano una disregolazione dei miRNA endogeni, i quali possono favorire stati di infiammazione e predisposizione ai tumori, soprattutto in combinazione a fattori come stress e invecchiamento. La correzione delle abitudini quotidiane e l’apporto di alcune sostanze naturalmente contenute negli alimenti, come i polifenoli, risultano utili a ripristinare la corretta espressione dei miRNA (A.F. Telma et al., 2019). I polifenoli sono le sostanze più coinvolte nel regolare l’espressione dei vari miRNA imputati al controllo dello sviluppo dei diversi tipi di cancro, in aggiunta all’attività antiossidante come illustrato (M. Pizzichini et al., 2020). Possono indurre apoptosi nelle cellule tumorali, inibirne la proliferazione o addirittura la metastasi, contenendone la diffusione in siti diversi da quelli di formazione. Tra le molecole fenoliche più importanti si segnalano quelle riportate nella tabella 1, unitamente alla loro provenienza. L’idrossitirosolo (HT) è il più studiato della
Gli squilibri alimentari e le abitudini di vita insalubri comportano una disregolazione dei miRNA endogeni, i quali possono favorire stati di infiammazione e predisposizione ai tumori, soprattutto in combinazione a fattori come stress e invecchiamento frazione fenolica degli estratti derivanti dalla spremitura delle olive. L’HT è considerato un potente antiossidante grazie ai suoi due gruppi ossidrilici adiacenti. L’idrossitirosolo inibisce l’ossidazione LDL indotta dal rame (Visioli and Bernardini, 2011). Numerose indagini e studi supportano le proprietà antiossidanti dell’idrossitirosolo e dei suoi derivati. È stato anche dimostrato che l’idrossitirosolo riduce il danno ossidativo nelle cellule epiteliali intestinali (C. Manna et al., 2002) negli epatociti e negli eritrociti umani. L’idrossitirosolo è un efficiente scavenger di radicali (anione superossido, radiale idrossile, perossinitrito) e ha capacità chelanti dei metalli; protegge efficacemente dall’ossidazione delle LDL in vitro a concentrazioni relativamente basse. I dati mostrano che l’idrossitirosolo è un potente inibitore della perossidazione lipidica che è considerata uno dei principali meccanismi di danno tissutale da parte dei radicali liberi. Infine, le
Tabella 1 - Principali polifenoli che interagiscono con i miRNA Molecola fenolica
Provenienza
EGCG. L’epigallocatechina-3-gallata
Nelle foglie del tè verde
Curcumina
Nel rizoma della curcuma
Resveratrolo
Nelle uve rosse che residua anche nel vino
Quercitina
Nelle mele, cipolle, pomodoro
Idrossitirosolo (HT)
Nelle olive verdi e mature, olio extra
Tirosolo
Nelle olive olio extravergine
Acido gallico
Nelle olive, olio extravergine
Oleuropeina
Nelle foglie di ulivo
Ellagitannini
Mele granate
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proprietà antiossidanti dei polifenoli dell’oliva sono state dimostrate anche in vivo in modelli animali. Pertanto, i polifenoli dell’oliva e in particolare l’idrossitirosolo possono chiaramente ridurre il danno ossidativo in vitro e in vivo e proteggere le cellule dal danno ossidativo. I miRNA sono stati associati a infiammazione, stress ossidativo, adipogenesi compromessa, segnalazione dell’insulina, apoptosi e angiogenesi nell’obesità (M. Zollo et al., 2007). I miRNA possono svolgere un ruolo nella comunicazione tra adipociti e tra tessuto adiposo e altri tessuti. Diversi nutrienti e non nutrienti, inclusi i polifenoli, possono regolare le vie di segnalazione coinvolte nella risposta infiammatoria, la riduzione dello stress ossidativo e la modulazione dell’espressione del miRNA. La modulazione del miRNA da parte dei polifenoli sembra essere una nuova strategia per regolare il metabolismo e le malattie correlate.
CONCLUSIONI
I miRNA hanno rivoluzionato il mondo della biologia molecolare, con prospettive incredibili in campo biomedico (terapia genica). Infatti, un concetto rilevante in ambito terapeutico è che un miRNA può regolare l’espressione di più proteine target, interagendo con più RNA target. L’utilizzo dei miRNA potrebbe essere una nuova modalità di “terapia epigenetica” e potrebbe essere applicata a patologie multigeniche causate dall’alterata regolazione dei geni. In oncologia, è stato osservato che diversi tipi di tumore hanno particolari profili di espressione dei miRNA e questo aspetto è molto importante sotto il profilo della diagnosi oncologica in modo da poter intervenire prima
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che la malattia si propaghi. Nel campo delle malattie infettive, come ad esempio nel caso di epatite cronica B l’impiego di soli 10 miRNA, ha dimostrato una sensibilità dell’85% e una specificità del 70% che costituiscono sicuramente un buon punto di partenza. I miRNA del latte, specialmente di bufala, stimolano le difese immunitarie in particolare dei neonati che non hanno avuto il latte ma-
BIBLIOGRAFIA
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terno. Questo latte si presta bene per questo scopo commerciale perchè il latte di bufala non ha un mercato del fresco e il siero è spesso considerato, a torto, un residuo della lavorazione casearia. Questo aspetto consentirebbe, da una parte di trovare una destinazione d’uso di questo latte attualmente impiegato nelle produzioni casearie, in particolare della famosa mozzarella di bufala, e dall’altra di mettere sul mercato preparati ricchi di miRNA da utilizzare nel campo dei baby food e anche in campo biomedico. Dal punto di vista del recupero e del riutilizzo dei miRNA dal latte/ siero di bufala bisogna mettere a punto processi industriali in grado di trattare volumi importanti di latte e siero, senza però danneggiare gli esosomi. Tecniche di filtrazione tangenziale applicate sul siero, come l’ultrafiltrazione o la stessa microfiltrazione sono molto promettenti allo scopo, ma si può sfruttare insieme alla filtrazione anche la proprietà idrofobica degli esosomi che affiorano in un mezzo acquoso e quindi si possono separare dalle sieroproteine, che rimangono disciolte. Lo scopo di questa nota è anche quello di sollecitare iniziative industriali per recuperare i miRNA sia dalle matrici animali, come il latte, che da quelle vegetali come il riso, il mais, le radici delle piante ecc.
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la parola all’esperto
BRESAOLA, carne secca & Co L’eccellenza delle specialità di carne bovina stagionate e disidratate nel panorama dei prodotti di salumeria
L
a tradizione della salumeria italiana è da sempre una delle più apprezzate a livello internazionale. Le sue origini si perdono nei secoli, riconducendosi a una forte cultura e passione per la lavorazione delle carni, soprattutto legata alla trasformazione e alla conservazione di quelle di maiale. In effetti le carni di maiale sono state sempre una preziosa risorsa per le piccole economie rurali (prima dell’avvento industriale e di una produzione svincolata dalla stagionalità), sia perché questi animali sono robusti, poco esigenti e più facili da allevare rispetto ad altre specie, sia perché sono più adatti alle diverse condizioni climatiche della terra italiana, che ha permesso una diffusione capillare della pratica dell’allevamento e della lavorazione della carne suina in tutto il Paese.
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Giuseppe L. Pastori - Tecnologo Alimentare Gli autori sono responsabili delle opinioni espresse negli articoli e delle relative bibliografie
Un tempo, i suini erano solitamente allevati in casa o nei terreni vicini, e venivano macellati una volta all’anno per ottenere una quantità di carne sufficiente a soddisfare i bisogni delle famiglie contadine per diversi mesi. Del resto, secondo il detto popolare “che del maiale non si butta via niente” c’era un completo e saggio utilizzo di tutte le carni e le componenti del maiale. Le parti nobili come prosciutto, coppa, pancetta e muscoli interi erano utilizzate nella produzione di salumi stagionati, mentre le parti di spalla, i triti magri e il grasso duro macinati e insaccati per fare salami fermentati o mortadella. E anche le parti meno pregiate, come zampe, guanciale, interiora e persino il sangue venivano utilizzate per diversi altri prodotti e piatti tipici. Per questo motivo, diventò fondamentale trovare dei modi per conservare la carne a lungo, e la lavorazione in salumiera si rivelò una soluzione efficace. La salatura, il fumo e la stagionatura erano le tecniche utilizzate per preservare la
carne di maiale, permettendone il consumo anche nei mesi successivi alla macellazione. Ma non solo: queste tecniche contribuivano a migliorare il gusto e la qualità della carne, creando quel connubio di sapori e aromi che ancora oggi rendono la salumeria italiana così apprezzata. Rappresenta infatti un vero
La salumeria italiana è da sempre caratterizzata da una grande varietà di prodotti e tecniche di lavorazione, che si sono sviluppati in base alle risorse disponibili nelle diverse zone del Paese
e proprio simbolo di eccellenza culinaria, grazie alla selezione delle migliori materie prime (gli allevamenti moderni, rispetto a quelli prevalentemente rurali di un tempo, si sono evoluti grazie a una selezione genetica dei capi e all’applicazione di criteri nutrizionali e bilanciati delle razioni alimentari per dare carne di migliore qualità rispetto al passato) e al mantenimento di tecniche tradizionali di lavorazione che si tramandano di generazione in generazione, anche applicando le tecnologie più avanzate e sfruttando le più aggiornate conoscenze scientifiche. È un’arte che si è evoluta nel corso dei secoli, riuscendo a mantenere inalterati sapori e profumi autentici che raccontano la storia e la passione della nostra cultura gastronomica. La salumeria italiana è da sempre caratterizzata da una grande varietà di prodotti e tecniche di lavorazione, che si sono sviluppati in base alle risorse disponibili nelle diverse zone del
la parola all’esperto
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La bresaola della Valtellina ha meritato il prestigioso marchio IGP, quella Affumicata della Valchiavenna è riconosciuta come Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT).
LE ORIGINI DELLA BRESAOLA DELLA VALTELLINA
La Bresaola IGP si produce in Valtellina, una valle che si estende lungo le Alpi Retiche e le Prealpi Orobie, corrispondente al bacino idrico dell’Adda a monte del lago di Como, da cui si dipartono numerose valli laterali come la Valmalenco, la Val Grosina e la Valfurva. Il territorio della Valtellina, insieme alla Valchiavenna (che separa le Alpi Occidentali da quelle Orientali) e alla Valle di Livigno (che geograficamente è posta oltre lo spartiacque alpino italiano, collegandola alla Svizzera), forma la provincia di Sondrio. Questo vasto territorio alpino si caratterizza per le sue particolari condizioni climatiche che permettono alla bresaola di affinare il suo gusto unico.
La bresaola della Valtellina ha meritato il prestigioso marchio IGP, quella Affumicata della Valchiavenna è riconosciuta come Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT)
La bresaola per le sue caratteristiche è un salume simile alla Carne Secca dei Grigioni, da cui si differenza per un sapore più dolce e una maggiore tenerezza, perché le carni richiedono un minore tempo di stagionatura e di conseguenza hanno un minore calo peso che varia in genere dal 30% al 35%. Del resto per lungo tempo la Valtellina è stata soggetta ai Grigioni (dal 1512 al dissolvimento del Ducato di Milano fino al 1798, a quel tempo i Grigioni non erano nemmeno parte della Confederazione Elvetica ma Stato Libero delle Tre Leghe). I Grigionesi introdussero nella regione il processo di produzione della carne salata ed essiccata, che venne poi utilizzato, in forma leggermente modificata, per affinare il processo di produzione della bresaola. Le prime menzioni di un salume affine alla bresaola sono infatti del XV secolo, anche se sicu-
ramente è di certo più antico il procedimento di salare la carne di manzo, strofinandola con erbe e spezie per poi asciugarla all’aria. L’origine del nome è controverso e non è possibile risalire con certezza alla sua attribuzione. Un’ipotesi vuole che derivi dall’accoppiamento del termine tedesco “brasa”, che si riferisce alla brace usata nei bracieri per asciugare e riscaldare i locali di maturazione, con “saola” che potrebbe indicare l’utilizzo del sale nella produzione di questo salume; un’altra teoria ipotizza che il termine derivi da “brisa”, voce dialettale locale che identificava già un pezzo di carne salata, e c’è chi in effetti preferisce chiamare il prodotto ancora come “brisaola” ma è un dettaglio ormai poco significativo. Per molto tempo la bresaola della Valtellina era conosciuta solo in Italia, dove veniva prodotta principalmente dalle famiglie per consumo proprio. Fu solo nei primi decenni dell’Ottocento che la produzione artigianale fu raffinata e perfezionata per essere esportata, soprattutto in Svizzera. Dal 1996, anno che è stata concessa la denominazione d’origine IGP [3], è il Consorzio di Tutela Bresaola della Valtellina, che identifica la zona di produzione nell’intera provincia di Sondrio, che si occupa di definire le caratteristiche del prodotto [4]. Promuove inoltre le iniziative di marketing che hanno portato la bresaola ad esser conosciuta anche nei mercati internazionali. Il salume in sé – con caratteristiche leggermente diverse – può essere prodotto come detto anche al di fuori del Consorzio di Tutela (che identifica coloro che producono secondo i criteri definiti dall’IGP): particolarmente apprezzate sono le versioni prodotte in Valchiavenna e in Val di Livigno.
COSA CARATTERIZZA LA BRESAOLA DA ALTRE CARNI SALATE ED ESSICCATE
La conservazione della carne dal deterioramento biologico ha rappresentato una sfi-
Foto © Consorzio di Tutela Bresaola della Valtellina
Paese, molto legate ai territori e alle tradizioni culturali di regioni e aree più circoscritte. Se l’Italia è oggi la patria di produzioni di qualità, riconosciute specialmente all’estero, lo si deve a quel legame con i territori dove si sono sviluppati prodotti che oggi hanno la marcatura d’origine (DOP e IGP) o sono inserite nell’elenco delle produzioni tipiche tradizionali (i PAT, classificati a livello ministeriale come patrimonio originario dei territori). Tuttavia, nelle aree montane, dove l’allevamento del suino era più difficile, il maiale veniva sostituito dalle carni di animali dei pascoli, come vacche, asini, capre e pecore. In particolare, la bresaola, tipico salume della Valtellina, è ottenuta da specifici tagli anatomici magri della coscia di manzo, che viene salata, speziata e lasciata stagionare per diverse settimane. La Bresaola della Valtellina IGP è l’unico salume a base di carne di manzo, finora, che si avvale della Denominazione d’Origine, però al di fuori del Consorzio di Tutela assumono una particolare rilevanza, anche commerciali, alcune produzioni locali. Nella stessa provincia di Sondrio, si producono infatti altri tipi di bresaole come quella chiavennasca1 (tipica della Val Chiavenna), che si caratterizza per un particolare procedimento di affumicatura con legno di pino, e la bresaola di Livigno, che viene stagionata senza essere messa in budello. Nulla vieta nemmeno che, utilizzando le medesime tecnologie di lavorazione della bresaola, se ne possano produrre sia a livello industriale che artigianale anche fuori dal territorio della Valtellina, tanto che la si può fare anche con carni diverse da quelle di manzo, come quella di cavallo e di cervo e, in epoca più recente, persino di tacchino [1]. Una bresaola di particolare pregio per i buongustai si può ottenere anche con le carni di manzo Kobe o Wagyu, caratterizzate dalla “marmorizzazione” o marezzatura del grasso intramuscolare [2]. La bresaola rientra nel novero delle carni conservate mediante salatura ed essiccamento che la accomunano a prodotti simili come la Bundnerfleisch o Carne Secca dei Grigioni, il Pastirma turco, il Biltong sudafricano e persino il Jerky americano. E si colloca in un segmento di mercato di eccellenza come quella del prosciutto crudo, con l’idea per lo più di offrire un salume magro e con pochissimo grasso (se non solo quello di marezzatura), dall’elevato potere nutrizionale perché ricco di proteine, minerali e vitamine e perciò adatto anche alle diete. Ed è perfetta per chi rinuncia alle carni di maiale per motivi etici e/o religiosi.
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valentemente nella direzione di eliminare più umidità possibile sfruttando il calore e la ventilazione (lavorando su fette sottili di carne), mentre altri hanno sfruttato di più la salatura di parti anatomiche intere e la maturazione controllata in ambiente umido che permette l’essiccazione. L’evoluzione di questi procedimenti ha portato ad avere due tipi di specialità: da una parte prodotti come il jerky, dall’altra prodotti come la bresaola italiana e la carne secca dei Grigioni. Il jerky e la bresaola sono entrambi carni salate ed essiccate, ma hanno alcune differenze significative nella loro tecnologia di produzione. • Il jerky è un alimento originario dei nativi americani ed è tradizionalmente fatto con carne di manzo, ma può essere preparato anche con pollo, maiale o tacchino. La carne viene tagliata a fette sottili e poi marinata in una miscela di spezie, sale e aromi per diverse ore. Successivamente, viene disidratata lentamente con l’uso di bassa temperatura e ventilazione, che rimuovono l’umidità dalla carne senza alterarne il sapore o la consistenza. Infine, il jerky viene affumicato per dare un tocco di sapore aggiuntivo. • La bresaola è invece un prodotto tradizionale italiano che utilizza principalmente Foto © Consorzio di Tutela Bresaola della Valtellina
da di grande rilevanza nel corso della storia dell’umanità. I primi sistemi, utilizzati almeno 4.000 anni fa, consistevano in trattamenti fisici e chimici che rendevano la carne inospitale per i microbi. Uno di questi era l’essiccazione di piccoli pezzi di carne ponendoli al sole o vicino al fuoco: la perdita di umidità preveniva la crescita dei batteri. Un altro metodo consisteva nell’utilizzo del fumo, che depositava sostanze chimiche sulla superficie della carne in grado di uccidere le cellule dei microbi. In alternativa, una forte salatura, con l’uso di sale marino o salgemma, veniva impiegata per estrarre l’umidità vitale dalle cellule, mentre una moderata salatura permetteva di favorire la crescita di microbi innocui e resistenti che aiutavano a contrastare quelli pericolosi. Grazie a queste semplici tecniche, sono stati ideati alcuni dei cibi più elaborati e interessanti come i pregiati prosciutti crudi e i salami fermentati. La rivoluzione industriale ha introdotto poi un nuovo metodo di conservazione, focalizzato non sulla modifica della carne in sé, ma sul controllo delle condizioni ambientali in cui viene conservata. L’assenza di acqua è la condizione essenziale per evitare che i microbi possano sopravvivere e proliferare. Quindi una delle tecniche di conservazione più antiche e semplici è stata l’essiccazione, che si è evoluta nelle tecniche di asciugatura e stagionatura in ambienti controllati, anziché lasciare la carne all’aria aperta, esposta al vento e al sole (però anche se gli impianti oggi sono climatizzati e gestiti da programmi che controllano l’umidità e la temperatura nelle diverse fasi, è ancora possibile sfruttare gli elementi naturali facendone un sapiente uso). Nel mondo sono prodotti diversi tipi di carni salate e essiccate che si differenziano in modo significativo tra loro. Ai fini della conservazione delle carni infatti c’è chi si è orientato pre-
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carne di manzo di alta qualità. La carne viene prima salata con una miscela di sale, spezie e aromi e lasciata riposare per un periodo di tempo variabile a seconda della ricetta e delle dimensioni del pezzo. Una volta rimosso il sale in eccesso, la si insacca in budelli naturali o artificiali, per poi lasciarla maturare per diverse settimane in un ambiente umido e controllato per permettere una corretta essiccazione. Infine, la bresaola può essere affumicata o lasciata al naturale per essere consumata a fette sottili. • In termini di differenze tra le due tecnologie, per garantire una conservazione a lungo termine il jerky è sottoposto a un processo di marinatura, mentre per tradizione la bresaola viene salata. Inoltre, il jerky viene essiccato con l’uso di bassa temperatura e ventilazione, mentre la bresaola richiede un’umidità controllata durante il processo di maturazione. Anche il tempo di preparazione è diverso, poiché il jerky viene prodotto in poche ore, mentre la bresaola richiede settimane per essere pronta per il consumo. La diversa tecnologia di produzione implica anche alcune differenze nel sapore e nella consistenza delle due specialità. • Il jerky ha una consistenza più dura, da croccante a gommosa, per il fatto che si elimina almeno il 66% del peso e il 75% dell’umidità della carne, • mentre la bresaola è morbida e tenera. Inoltre, il jerky è spesso più condito e speziato rispetto alla bresaola, che ha un gusto più delicato. Queste differenze sono anche dovute alle diverse influenze culturali e alle tradizioni culinarie associate ad entrambi i prodotti. La scelta tra i due dipende dalle preferenze personali e dall’uso previsto, come spuntino o ingrediente in ricette più elaborate. La differenza di tecnologia tra la bresaola italiana e la carne secca dei Grigioni (Bündnerfleisch) è meno marcata ed è principalmente dovuta alle differenti tradizioni e metodi di produzione dei due paesi.
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La differenza sostanziale consiste nel minore grado di stagionatura che per la bresaola italiana si può ritenere completata in un periodo variabile tra 1 e 2/3 mesi in funzione della pezzatura del taglio anatomico, mentre la carne secca la si stagiona per un periodo di circa 3-4 mesi e la si può prolungare anche oltre. Inoltre durante questo periodo la carne secca viene frequentemente pressata anche più volte al giorno, conferendole la tipica forma rettangolare. La pressatura aiuta inoltre l’umidità a distribuirsi uniformemente e impedisce ai bordi di diventare troppo secchi e duri. I caratteri si diversificano anche dal punto di vista gustativo perché la carne secca dei Grigioni ha un sapore più intenso e una consistenza più dura rispetto alla bresaola. Entrambe sono considerate specialità gastronomiche di alta qualità, sono molto apprezzate in tutto il mondo e si fregiano della Denominazione d’Origine di indicazione geografica protetta (IGP): la bresaola italiana l’ha ottenuta nel 1996, la carne secca dei Grigioni nel 2000 [5].
La carne viene riposta a strati sovrapposti in marne e fatta riposare in celle statiche alla temperatura di 6-7°C. I succhi che si formano dalla pressione dei pezzi, posti uno sull’altro, contribuiscono a far penetrare il sale in tutti i componenti della concia fino al cuore del muscolo, ma di tanto in tanto vanno rigirati facendogli cambiare posizione: il lavoro anticamente veniva fatto tutto a mano ma oggi ci si può far aiutare dalla zangola che opera un breve e delicato ribaltamento, massaggiando
meccanicamente le carni. Il riposo a macero richiede circa 6-10 giorni in funzione della grandezza del taglio. Quando è pronta, la carne viene ripulita da sale e spezie in eccesso e insaccata in budello naturale o artificiale. Viene quindi trasferita nelle celle climatizzate per l’asciugatura e la stagionatura. L’asciugatura viene condotta partendo da una temperatura di circa 24-26°C a bassa umidità per concludere, mediamente in una settimana, il suo ciclo intorno ai 12-14°C, scendendo di 2°C al gior-
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LE BASI DELLA PRODUZIONE DELLA BRESAOLA IGP, TRA TRADIZIONE E INDUSTRIA
La Bresaola della Valtellina IGP è prodotta esclusivamente con carni ricavate dalle cosce di bovino di animali d’età compresa tra i 18 mesi e 4 anni. I muscoli che vengono utilizzati sono la fesa, la punta d’anca, la sottofesa, il magatello e il sottosso. La migliore qualità si ottiene con la punta d’anca che corrisponde alla parte della fesa privata del muscolo adduttore. Le masse muscolari vengono rifilate per asportare il grasso esterno e le parti tendinee, senza incidere la carne. La salagione si effettua “a secco” sfregando sul muscolo una concia di sale (2-2,5%), spezie, erbe aromatiche ed aromi, a cui possono essere aggiunti vino, zuccheri (saccarosio e/o destrosio e/o fruttosio), conservanti (nitrati e nitriti) e l’acido ascorbico e/o il suo sale.
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no. Man mano che si abbassa la temperatura si alza il livello di umidità relativa (tenendo una UR tra circa 50% iniziale fino a circa 80% finale): in questa fase l’obiettivo è di far perdere una buona parte di umidità, lasciando le carni morbide e poco (o nulla) incrostate in superficie, perché la crosta se troppo secca potrebbe impedire la corretta disidratazione. La stagionatura infine viene condotta sempre in locali climatizzati, assicurando un costante ricambio d’aria, ad una temperatura media di 12-18°C (da disciplinare). Tale processo, che comprende anche il periodo di asciugatura, si effettua nell’arco di 4-8 settimane in funzione del prodotto e delle attese del mercato. Al posto della climatizzazione controllata è consentita anche la ventilazione e l’esposizione all’umidità naturale in relazione ai fattori climatici favorevoli che si possono avere nelle zone di produzione. Il prodotto pronto per il mercato può essere venduto intero, a tranci o affettato sottovuoto o in atmosfera modificata (operazione possibile solo nella zona di produzione vigilata dal Consorzio). La carne si deve presentare di consistenza soda ed elastica, la fetta al taglio deve essere compatta ed omogenea, la parte magra deve avere un colore rosso uniforme con bordo lievemente più scuro; il profumo deve essere delicato, con una nota speziata e aromatica, il gusto deve essere gradevole e per nulla acido. Quando si parla di bresaole IGP della Valtellina non mancano tuttavia in Italia polemiche ed attriti sul contestato utilizzo di carne straniera. I puritani puntano il dito sull’industria che acquista grandi quantità di carni da Brasile, Argentina, Uruguay, Australia… affermando che non è corretto utilizzare carne straniera per fare produzioni tipiche e chiamarla della Valtellina. Tuttavia per i quantitativi che vengono prodotti annualmente non ci sarebbe modo di utilizzare esclusivamente carne italiana, perché non abbiamo abbastanza vacche per produrre tutta la Bresaola della Valtellina IGP. I numeri del resto parlano chiaro: nel 2022 il
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Consorzio di Tutela ha attestato un volume di produzione di 12.300 tonnellate (pur se in calo di circa l’8,1% rispetto al dato del 2021, il primo in ripresa dopo la pandemia). Inoltre non va dimenticata la natura della IGP rispetto alla DOP: la IGP garantisce che una particolare qualità, reputazione o altra caratteristica del prodotto è dovuta alla sua origine geografica. Come per molti altri prodotti del made in Italy il valore aggiunto del territorio e del rispetto della tradizione è un fattore importante a prescindere dalla materia prima lavorata. E alla fine la qualità del prodotto non cambia. I vicini svizzeri che se la ridono delle beghe italiane, sono più comprensivi di noi: anche
improprio), altamente digeribile e che rende proteine e peptidi più facilmente bioaccessibili [6]. Per lo stesso effetto della disidratazione però anche il sale si concentra e il contenuto di sodio può essere notevole: pertanto è consigliabile consumarla con moderazione per evitare un eccesso di assunzione di sale (comunque al giorno d’oggi l’orientamento è quello di ridurre il contenuto di sodio, sostituendo parzialmente il sale con sali non sodici o poveri di sodio, compatibilmente con il fatto che il cloruro di sodio è un ottimo conservante e inibente della flora batterica deteriorante). La carne inoltre contiene diverse vitamine del gruppo B, tra cui la vitamina B12, che è importante per la formazione delle cellule del sangue e per il metabolismo delle proteine. È anche una buona fonte di minerali essenziali come il ferro, il potassio e lo zinco. Nelle giuste proporzioni è quindi un alimento nutriente e salutare, ideale per una dieta equilibrata e varia. La bresaola si gusta affettandola finemente (gli intenditori consigliano uno spessore tra 0,6 mm e 0,8 mm): con il taglio quasi trasparente si è in grado di apprezzare tutte le caratteristiche in termini di sapore e morbidezza, che saranno ben equilibrate al palato. Ovviamente il budello che la contiene va eliminato
Per i quantitativi che vengono prodotti annualmente non ci sarebbe modo di utilizzare esclusivamente carne italiana, perché non abbiamo abbastanza vacche per produrre tutta la Bresaola della Valtellina IGP chi produce carne secca grigionese si rende conto che solo un piccolo artigiano potrebbe produrre utilizzando carni locali ma l’industria non può fare a meno delle carni straniere. Nel 2017 la Svizzera ha adottato la nuova legislazione, che prevede un minimo dell’80% di prodotto svizzero per i certificati IGP, ma per la carne secca grigionese è stata prevista una puntuale eccezione.
LA BRESAOLA IGP SI ADATTA AD OGNI OCCASIONE DI CONSUMO, GRAZIE ALLE SUE QUALITÀ NUTRIZIONALI
La bresaola della Valtellina IGP è un salume magro e a bassa percentuale di grassi (mediamente inferiori al 3%), adatto perciò alle diete. È ricca di proteine che, per effetto della disidratazione, si concentrano mediamente intorno ai 31-32 grammi per 100 grammi di prodotto, che ne fanno pure un alimento naturalmente iperproteico (anche se l’impiego del claim nel novero dei prodotti che oggi vengono declamati “high protein” o arricchiti di proteine potrebbe essere fuorviante e
con accortezza prima di affettarla, perché su di esso si annidano muffe e funghi, diretta conseguenza della stagionatura, che non sono dannosi ma rischiano di compromettere il sapore se si affonda la lama dell’affettatrice con il budello presente. Per toglierlo è sufficiente pulire la parte da affettare con uno strofinaccio, poi inciderlo con la punta di un coltello affilato e rimuoverlo come si sbuccia una banana, fino a dove si vuole affettare: così non si rischia che la muffa vada sulla fetta, mentre la parte restante rimane protetta da ulteriore disidratazione. Per chi non ha l’affettatrice e non può consumare il salume intero o a tranci, rimane sempre la possibilità di acquistare il prodotto preaffettato e confezionato in atmosfera modificata: la qualità e il gusto del prodotto rimangono inalterati. In generale, la bresaola della Valtellina è un piatto che si presenta da sé grazie alla sua semplicità e alla sua bontà, quindi è importante non aggiungere troppi ingredienti che possano coprire il suo sapore originale. Si gusta semplicemente con del pane fresco o
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una focaccia ma si presta anche ad essere accompagnata con ingredienti freschi, disposta in modo elegante e raffinato su un piatto di portata. Sicuramente da evitare l’abbinamento con alimenti acidi come il succo di limone, la si può consumare condita con un olio extravergine d’oliva di buona qualità insieme a scaglie di grana, qualche foglia di rucola e un filo di aceto balsamico.
CONSIDERAZIONI FINALI
Il Consorzio di Tutela della Bresaola della Valtellina IGP garantisce l’origine geografica e la tipicità del prodotto. Promuove e si impegna a valorizzare le aziende che rispettano il disciplinare di produzione e a tutelare i consumatori, garantendo la genuinità e l’autenticità della bresaola della Valtellina IGP. Un fattore che la rende così unica è il suo sapore relativamente delicato, dovuto in parte al tipo di carne e in parte al modo in cui viene lavorata. A differenza dei salumi ottenuti dal maiale: • ha un ridotto contenuto di grassi; • ha un più elevato contenuto proteico. Pertanto rimane una delle opzioni di salume
più salutari e versatili oggi presenti sul mercato. Forte di queste caratteristiche la Bresaola della Valtellina dimostra che anche le carni bovine possono dare vita a prodotti di eccellenza culinaria, rivelando che la qualità non dipende solo dalla specie di animale, ma anche dalla cura e dalla tradizione della produzione.
Grazie alla sua rinomata fama e al rispetto delle normative europee e al disciplinare di produzione, la Bresaola della Valtellina IGP è in grado di affermarsi come un’eccellenza della salumeria italiana a livello globale, al pari dei già conosciuti prosciutti crudi. È quindi un prodotto di qualità che non può mancare sulle tavole dei buongustai di tutto il mondo.
BIBLIOGRAFIA 1. De Palo P., Maggiolino A. (2022). Bresaola. In: Lorenzo J.M., Domínguez R., Pateiro M., Munekata P.E. (eds). Production of Traditional Mediterranean Meat Products. Methods and Protocols in Food Science: , pp 105-110. Humana New York, NY. https://doi.org/10.1007/978-1-0716-2103-5_12. https://doi.org/10.1007/978-1-0716-2103-5_12 2. Cantoni C., Beretta E., Lazzari M., Nava S. (2010). Nuovi prodotti carnei di Lombardia. Ingegneria Alimentare – Le carni. Dicembre 2010: 20-27. 3. MASAF – Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste: https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/3339 4. Consorzio di Tutela Bresaola della Valtellina: https://www.bresaolavaltellina.it/disciplinare-di-produzione/ 5. Confederazione Svizzera – Ufficio Federale dell’agricoltura UFAG: https://www.blw.admin. ch/blw/it/home/instrumente/kennzeichnung/ursprungsbezeichungen-und-geografischeangaben.html / https://www.buendnerfleisch.swiss/ 6. Picone G., De Noni I., Ferranti P., Nicolai M.A., Alamprese C., Trimigno A., Brodkorb A., Portmann R., Pihlanto A., Nehir El S., Capozzi F. (2019). Monitoring molecular composition and digestibility of ripened bresaola. Food Research International 115: 360-368. https://doi.org/10.1016/j.foodres.2018.11.021
Artigianalità e tecnologia, insieme sono il progresso Una cascina antica, i salumi tradizionali del territorio e un piccolo laboratorio artigianale. Nasce così il Salumificio Ca’ dell’Ora e da cinquant’anni propone ricette autentiche e prodotti genuini
L
a campagna cremonese è il contesto nel quale si sviluppa l’attività di Salumificio Ca’ dell’Ora: Malagnino è un piccolo comune disteso sul territorio pianeggiante che da Cremona scende verso la golena del Po, lungo la via Postumia. Sono tante le cascine che costellano il territorio e Ca’ dell’Ora è una delle più antiche,
A cura della Redazione un’area rustica di servizio per le possessioni agrarie dei monaci benedettini. Qui, cinquant’anni fa è sorto un piccolo laboratorio per la produzione di salumi della tradizione locale, quei salumi che fin dal Medioevo rappresentano la passione contadina tramandano antichi metodi di lavorazione e un’arte fatta di artigianalità fondata sulla materia prima genuina, sale e spezie e quello
Un salumificio moderno, con strumentazioni all’avanguardia, e che al tempo stesso mantiene inalterati quei processi di lavorazione antichi nei quali la mano dell’uomo è protagonista
che oggi chiamiamo know how ma altro non è che esperienza e sapere antico. Dieci anni fa, la famiglia Ferraroni ha creato il brand Ca’ Dell’Ora partendo dalla vecchia cascina di famiglia, legando il nome al territorio e ampliando la produzione con la costruzione del moderno sito produttivo. La vecchia cascina resta un luogo dove si comunica la storia, con i suoi animali - i bovini, i suini e gli animali da corte - con i percorsi didattici per le scuole, gli incontri coi bambini, allo scopo di mantenere viva la tradizione e tutto ciò che rappresenta.
IL VALORE DEL TERRITORIO
Fabio Anselmi, il responsabile dello stabilimento, ci tiene a sottolineare come Ca’ dell’Ora sia un salumificio moderno, che si avvale di strumentazioni all’avanguardia, ma che al tempo stesso mantiene inalterati quei processi di lavorazione antichi nei quali la mano dell’uomo è protagonista e l’occhio dell’operatore valuta e sceglie con competenza e sensibilità.
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case history
Artigiani come concetto ma dotati di macchine altamente performanti che permettono efficienza produttiva e innovazione tecnologica
“Lavoriamo carni nazionali per scelta – spiega Anselmi – 80 quintali la settimana, in media, e ci piace definirci artigiani e portare avanti la tradizione dei salumi locali, salumi freschi e stagionati, cotechini e salumi cotti da pentola. Oggi non è un compito semplice a causa della mortalità dovuta alla peste suina africana e altre malattie che hanno diminuito il parco suini nazionale ed europeo, facendo alzare i prezzi della materia prima. Ma noi restiamo fedeli alla nostra scelta e riusciamo a coprire il mercato nazionale di nostra competenza. Usiamo budello esclusivamente naturale e i nostri salumi vengono legati a mano. Anche questa è una scelta precisa che prevede tempi lunghi di lavorazione e fa aumentare il costo del prodotto finito ma crediamo che aggiunga valore e che la manualità dell’operatore – abbiamo 12 addetti a questa operazione – sia importante. I nostri salumi vengono distribuiti per la quasi totalità presso le gdo locali perché come tipologia incontrano il favore di una clientela prevalentemente lombarda”. La prima parte del processo avviene direttamente in macello allo scopo di ottenere la lavorazione migliore e l’abbattimento termico più immediato e sicuro. Le carni, infatti, vengono lavorate in tempi rapidi e subito abbattute a 0 °C. I salami vengono realizzati secondo il disciplinare copia del salame Cremona e con tempi di stagionatura conformi, 45 giorni. A queste condizioni vengono con-
ferite allo stabilimento e conservate in temperatura idonea, pronte all’utilizzo. Fabio Anselmi spiega, con un certo orgo-
glio: “Tre anni fa abbiamo rinnovato la linea e, pur mantenendo la nostra connotazione e considerandoci un laboratorio artigianale, usiamo macchine assolutamente moderne e all’avanguardia: artigiani come concetto, certo, ma dotati di macchine altamente performanti. Come gli ambienti di stagionatura che, oggi, non possono prescindere dall’uso della tecnologia: un tempo, infatti, le condizioni ambientali e climatiche permettevano la stagionatura naturale, oggi occorrono ambienti tecnologici e dove il territorio, seppur vocato, non è più in grado di supportare il processo è nostro dovere adeguare la produzione con la tecnologia. Accanto ad essa, l’operatore esperto e l’occhio dello specialista completano l’efficienza delle macchine”. L’efficienza produttiva supportata dalla tecnologia, dunque, è certamente un valore aggiunto al prodotto e mantiene inalterati i valori antichi. L’innovazione è proprio questo, secondo Anselmi, saper conservare la tradizione esprimendola con metodi contemporanei.
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CSB-System: ERP specifico per le aziende di lavorazione carne
Preparazione dell’ordine
Quali funzionalità sono davvero importanti e perché scegliere un ERP specifico di settore?
1. ACQUISIZIONE FLESSIBILE ED INTEGRATA DEI DATI NEL PUNTO IN CUI SI OPERA
Grazie alla raccolta dei dati lungo la filiera proprio là dove questi sono generati, l’ERP CSB-System aiuta a strutturare i processi e ottimizzare i flussi di lavoro, così da massimizzare l’efficienza della produzione, del magazzino e della logistica. Nell’industria della carne, indipendentemente dal tipo di lavorazione, l’hardware destinato all’acquisizione dei dati deve far fronte a condizioni particolari come la bassa temperatura dei locali, l’umidità o gli spruzzi d’acqua. I PC industriali CSB Rack sono stati progettati proprio per operare in queste condizioni e vengono solitamente posizionati nelle aree di ricevimento merci, macellazione, sezionamento, produzione e confezionamento. Per quanto riguarda invece il magazzino e la logistica, l’ERP CSB-System supporta qualsiasi tipo di dispositivo mobile di raccolta dati, dalla scansione dell’auricolare del capo vivo fino alla registrazione del prodotto in uscita. Vale a dire che i dati raccolti da questi dispositivi confluiscono direttamente nel CSBSystem senza interruzioni nel processo, eliminando ritardi e potenziali errori causati dai doppi inserimenti manuali per garantire una rintracciabilità senza lacune.
2. CHIARA PIANIFICAZIONE DELLA PRODUZIONE
La pianificazione della produzione è un elemento cruciale per le aziende del settore carne perché è parte della gestione operativa. Già la pianificazione dell’acquisto di animali vivi tiene conto delle capacità della linea di macellazione: tutte le informazioni inserite a partire dall’arrivo dei capi vivi e proseguendo con abbattimento, esame veterinario, classificazione fino al carico a magazzino, sono completamente integrate nel sistema, riducendo così al minimo la documentazione cartacea. Lo stesso vale per il processo di sezionamento: la sua pianificazione è supportata in maniera completa dal CSB-System con l’obiettivo di una maggiore trasparenza nel confronto tra preventivo e consuntivo. Gli ordini di produzione sono visualizzati graficamente su diversi orizzonti temporali (ad es. visualizzazioni giornaliere e settimanali). Grazie al drag and drop, possono essere riprogrammati su altre macchine e ottimizzati automaticamente, tenendo conto delle sequenze di produzione definite (prima i prodotti biologici, poi i convenzionali e alla fine gli allergeni). A seconda del tipo di animale (pollame, suino, bovino, ovino, caprino, equino), tutti i costi risultanti e gli esami veterinari effettuati sono orientati alla partita o associati al singolo animale, in modo tale che questi possano essere contabilizzati, visualizzati ed analizzati. Inoltre, la geAcquisizione dati al CSB Rack
stione allevamenti fornisce tutte le informazioni riguardanti l’ingrasso dei capi allevati e la registrazione di tutti i provvedimenti adottati con i relativi costi di allevamento.
3. ACCESSO MOBILE OVUNQUE
Durante la pandemia, l’industria della carne si è trovata di fronte ad una nuova sfida: l’home office e l’accesso all’ERP aziendale lontano dalla sede operativa. CSB-System archivia in cloud in tempo reale i dati, indipendentemente dal luogo in cui questi sono generati, e anche i documenti archiviati possono essere consultati ovunque e in qualsiasi momento. Ogni dipendente, sia in sede che da casa, può accedere ai dati relativi agli acquisti, alle vendite agli articoli, ai clienti e ai fornitori.
4. COLLEGAMENTO ALLE MACCHINE TRAMITE SISTEMI MES
A prescindere dal prodotto finale, i processi di produzione dell’industria della carne sono fortemente orientati alle macchine e agli impianti. Con l’avvento dell’Industria 4.0, la quantità di dati proveniente da questi impianti è diventata enorme. I sistemi di esecuzione e controllo della produzione (MES) sono diventati indispensabili. Il MES è parte integrante dell’ERP CSB-System: visualizza i dati della macchina, l’acquisizione dei dati di produzione e la pianificazione delle risorse e, sulla base di queste informazioni, consente il controllo ed il monitoraggio dei processi produttivi in tempo reale. Questo consente alle aziende di intervenire tempestivamente in caso di problemi per evitare tempi di inattività non pianificati. I dati chiave mappati da un sistema MES che indicano la disponibilità e l’efficacia complessiva degli impianti sono noti come OEE.
5. MANUTENZIONE PREDITTIVA PER NON AVERE INTOPPI
I produttori di impianti sono impegnati nell’ampliamento dell’automazione dell’industria alimentare. Oltre all’interfaccia OPC UA si stanno sviluppando interfacce standardizzate che armonizzano ulteriormente l’elaborazione dei dati precedentemente eterogenea. Queste interfacce forniscono anche la trasparenza necessaria e il trasferimento automatizzato
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aziende e informatica
dei dati ai sistemi ERP. Il collegamento in rete e la presentazione dei KPI nel CSB-System consente una manutenzione predittiva e orientata al processo produttivo. Obiettivi come la riduzione delle riparazioni non pianificate e dei tempi di riparazione diventano facilmente raggiungibili.
6. OTTIMIZZAZIONE BASATA SU STATISTICHE E CIFRE CHIAVE
L’ERP CSB-System consente di creare statistiche e report liberamente definibili in qualsiasi area aziendale. Basti pensare al valore aggiunto di poter incrociare i costi di acquisto (costi di allevamento e ingrasso, oppure prezzo del vivo, provvigioni intermediari, trasporto vivo, e così via), i dati di macellazione (cali peso, rese di macellazione, classificazione, costi dei macchinari, costi di smaltimento, capacità della catena di macellazione), e i dati di produzione (valorizzazione delle distinte di taglio, rese di lavorazione, costi dei macchinari, personale, tempi e tipi di lavorazione) con i dati derivanti dalla contabilità industriale (ammortamenti macchinari, costi reparto acquisti, costi reparto commerciale, costi di magazzino, logistica e amministrazione), tenendo sempre conto anche di tutte le condizioni dirette applicate (ad es. sconti e abbuoni) nella vendita a terzi o nella fatturazione del servizio di macellazione conto terzi. Lo sforzo di produzione può essere così ridotto e la qualità del prodotto migliorata; i costi si diminuiscono e il servizio al cliente aumenta. Il risultato ottenuto sarà che in qualsiasi momento si è in grado di stabilire rapidamente e con assoluta precisione il prezzo reale delle
materie prime, il prezzo industriale, il punto di pareggio e il prezzo minimo di vendita consigliato. Si possono, inoltre, impostare statistiche personalizzate, che costituiranno la base per la valutazione dei fornitori, degli animali da macello e della produttività dell’azienda.
IL CSB-SYSTEM POSSIEDE IL KNOW-HOW DI SETTORE
Ultimo ma non meno importante, il CSB-System è tagliato su misura per il settore carne. Oltre ai requisiti e alle specifiche legali, il CSBSystem registra i dati in modo trasparente e
flessibile lungo la catena di approvvigionamento; gestisce aree della filiera come gli allevamenti, la macellazione, il sezionamento e la produzione, l’imballaggio e il picking, e la spedizione. Dispone della gestione integrata della qualità, della manutenzione ed include numerose altre funzioni che supportano tutte le sfide specifiche del settore. Ecco perché è importante avere un partner IT con il giusto know how di settore. Referente CSB-System: Andrè Muehlberger, Direttore CSB-System S.r.l. - www.csb.com
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dossier: macchine e impianti
Dalla salumeria alla produzione di specialità plant based l’impiego di macchine alimentari con le stesse funzioni non è più un’eccezione
Oltre la salumeria
A cura della redazione con la collaborazione del dott. Giuseppe L. Pastori – Tecnologo Alimentare)
L
a conservazione degli alimenti ha sempre rappresentato un bisogno primario degli uomini. Fin dai tempi antichi ha consentito loro, attraverso l’elaborazione e la trasformazione dei cibi, di avere maggiori scelte alimentari e una dieta più varia, aumentando così la probabilità di ottenere tutti i nutrienti necessari per mantenersi in buona salute. A partire da quando ha smesso di essere semplice raccoglitore e cacciatore per trasformarsi in agricoltore e allevatore, l’uomo ha sentito la necessità di conservare cibo che altrimenti sarebbe andato sprecato elaborandolo in una qualche maniera: ha così messo in moto, dalla preistoria fino ai nostri giorni, quello che chiamiamo know-how scientifico e tecnologico e che ha portato ai progressi nello stoccaggio e nel trasporto. Tutte le filiere alimentari si sono evolute e continuano ad evolversi sempre di più grazie alla tecnologia e oggi l’intelligenza artificiale applicata alle macchine potrebbe promettere ulteriori miglioramenti per avere cibo sempre più sicuro e salubre.
RIPERCORRIAMO LA STORIA…
Un esempio lo abbiamo ripercorrendo la storia della salumeria, cioè l’arte di produrre e conservare i salumi ottenuti dalle carni. Sappiamo che ha radici antiche che risalgono alla
preistoria, quando l’uomo grazie alla caccia e poi all’allevamento ha imparato a conservare la carne per i periodi di carestia. Testimonianze di prodotti elaborati dalle carni si trovano raffigurate già nelle tombe egizie ma è soprattutto nell’antica Roma che si possono trovare i primi riferimenti storici alla produzione e conservazione di salumi, codificati in trattati come il “De agri cultura” di Catone il Censore e il “De coquinaria” di Apicio. In queste opere si parla dell’utilizzo della salatura e dell’uso sapiente delle spezie come metodi di conservazione della carne trasformata e delle tecniche di preparazione e di stagionatura. L’incontro con le popolazioni barbariche ha favorito poi l’introduzione di altre metodologie di conservazione e lavorazione, come i trattamenti di affumicatura. Con il tempo, la pratica di produzione dei salumi si diffuse in tutta Europa, ma fu in Italia che essa raggiunse il massimo sviluppo, diventando parte integrante della cultura culinaria e gastronomica del paese. Durante il Medioevo questa pratica fu soggetta a un’organizzazione strutturata, con l’istituzione delle corporazioni di salumieri e la nascita dei primi mercati dedicati alla vendita di carne e salumi. Tuttavia, fu solo nel XIX secolo che la salumeria conobbe una vera e propria evoluzione, grazie all’introduzione di nuove tecniche di produzione e di conservazione della carne,
In effetti, le macchine create un tempo per realizzare i prodotti di salumeria di carne, possono essere utilizzate oggi per creare molti altri prodotti, anche quelli di proteine alternative e persino i pet food
come l’utilizzo di agenti conservanti e l’impiego di macchine per la macinazione e l’insaccamento. Con l’avanzare del XX secolo, il lungo cammino evolutivo della salumeria si arricchì di nuove e avanzate conoscenze scientifiche interdisciplinari sulle caratteristiche zootecniche degli animali, nutrizionali delle materie prime, nonché gastronomiche, economiche e sociali. Inoltre il progresso della tecnologia applicata (che non ha minato il contesto storico e antropologico della tradizione) permise di migliorare ulteriormente i processi di produzione e di conservazione dei salumi. L’avvento della refrigerazione e della surgelazione, insieme all’utilizzo di nuove tecnologie di lavorazione come l’affettatura in forma di servizio con l’imballaggio sottovuoto e in atmosfera modificata, ha reso possibile la produzione su larga scala di salumi, permettendo il loro commercio in un contesto globale.
… PER ARRIVARE AL MERCATO MODERNO
L’evoluzione dei mercati si è poi legata strettamente alla crescente consapevolezza dei consumatori riguardo all’importanza di un maggiore equilibrio della dieta, che dev’essere bilanciata e salutare per favorire il benessere del corpo e della mente. Questo ha portato ad una maggiore richiesta di prodotti alimentari più sani e naturali, spingendo le aziende a sviluppare nuove proposte alimentari che si sono distinte dalle tradizionali offerte della salumeria. Questa potenzialità ha portato all’incremento di richieste di prodotti biologici e/o a km zero,
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ottenuti da materie prime coltivate senza l’utilizzo di pesticidi e di carni allevate in modo da ridurre l’impatto ambientale. Tali prodotti rispettano le esigenze nutrizionali dei consumatori più attenti alla qualità degli alimenti e promuovono una produzione sostenibile. Un’altra proposta in chiave alternativa è stata fornita dall’avvento dei prodotti elaborati a base vegetale ottenuti da materie prime come cereali, legumi e verdure, che possono essere una valida opzione per chi segue una dieta vegetariana o vegana, ma anche per chi desidera limitare il consumo di carne. Questo ha spinto le aziende alimentari ad adattarsi alle richieste dei consumatori e a sviluppare nuove alternative alla salumeria, offrendo una vasta gamma di prodotti in linea con le esigenze di una dieta diversamente equilibrata. Sebbene ci sia una questione aperta su come si presentano i prodotti alternativi cosiddetti “plant based” e sul fatto che utilizzano nomi
tive, gli impianti di produzione e le singole macchine per la lavorazione devono essere concepite e costruite con materiali che ne assicurino la resistenza e l’efficienza operativa e siano affidabili sotto l’aspetto sanitario ed igienico.
propri della carne per essere commercializzati (fenomeno del meat sounding), è indubbio che essi siano simili, nelle forme e nelle strutture, alle specialità di carne, anche perché spesso utilizzano la stessa tecnologia di produzione e le stesse macchine. In effetti, le macchine create un tempo per realizzare i prodotti di salumeria di carne, possono essere utilizzate oggi per creare molti altri prodotti, anche quelli di proteine alternative e persino i pet food. Tuttavia, poiché oggi è posta una maggiore attenzione alla salute e alla sicurezza alimentare, per garantire prodotti di qualità e sicuri per i consumatori, anche le strutture opera-
• salatura a secco/salatura per iniezione; • utilizzo di spezie/ingredienti non carnei/ additivi, da miscelare con gli ingredienti caratterizzanti: • inserimento in budello o altri contenitori (stampi)/formatura; • ambienti climatizzati per asciugatura e stagionatura; • trattamenti termici di cottura/pastorizzazione; • affumicatura; • confezionamento; • per la parte vegetale, operazioni di texturizzazione delle proteine per renderle simili da lavorare a quelle della carne.
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SVILUPPO DELLE MACCHINE PER LA PRODUZIONE DI PRODOTTI DI SALUMERIA E PLANT BASED
In genere la lavorazione alimentare delle carni e dei prodotti in qualche modo analoghi per forma e fattezza richiede un’ampia gamma di metodi di trattamento fisici e chimici, di solito combinati tra loro. Le operazioni fondamentali comprendono: • taglio/macinatura/riduzione delle dimensioni in genere; • miscelazione/zangolatura (per la distribuzione di mezzi liquidi come una salamoia, estrazione proteica, maturazione);
Con l’avanzare delle tecnologie e l’innovazione nel settore alimentare, le macchine hanno svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo dei prodotti di salumeria e delle loro alternative. Le macchine hanno permesso di automatizzare molti processi di produzione, rendendoli più efficienti e precisi, ma allo stesso tempo consentendo all’uomo di controllarli e guidarli con grande attenzione. Ciò ha contribuito a migliorare la qualità dei prodotti di salumeria, riducendo al minimo gli errori e garantendo una maggiore uniformità del risultato finale. Facciamo due esempi, uno relativo all’evoluzione tecnologica e l’altro di impiego integrato della stessa tecnologia.
1. PRODUZIONE DEL PROSCIUTTO COTTO Il prosciutto cotto è uno dei salumi più amati dagli italiani e quello più venduto: per come lo conosciamo attualmente ha poco a che vedere con prodotti di carne cotta del passato. Si tratta di una specialità moderna (rispetto ai criteri storici della salumeria) che sfrutta moltissimo la tecnologia. Pensiamo alla fase di salatura, additivazione e aromatizzazione delle carni, che per estensione del termine possiamo intendere come salmistratura in salamoia. • In un primo tempo si usavano sistemi di diffusione passiva mettendo la coscia (o la spalla), disossata o intera, in una soluzione di acqua e miscela di sale con salnitro e aromi (sotto forma di bollita di verdure, spezie ed erbe); la si lasciava poi a macero per qualche settimana o anche un mese. La diffusione del sale non era omogenea e il prodotto aveva una durata limitata. • È stata poi introdotta la siringatura ad ago, una macchina che pompava a pressione la salina all’interno della vena femorale e che la distribuiva nei muscoli attraverso i capillari (una bilancia associata all’operazione permetteva di dosare la salina in percentuale). Bastava tuttavia un trombo o un capillare rotto per limitare la diffusione della salina in quella zona di muscolo. La coscia siringata veniva poi messa a macero in acqua e sale di salmistratura (sale marino e nitrato/ nitrito) per tempi comunque inferiori alla tecnica precedente. La siringatrice ad ago
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(per chi ha la fortuna di averla) si può usare ancora per fare dei cotti con osso, magari da affumicare o per specialità più ricercate. • È solo nella seconda metà del XX secolo che viene brevettata la macchina siringatrice multiaghi: facendo passare la carne su un nastro sotto una testata ad aghi cavi multipli e distribuiti uniformemente su una determinata area, si era in grado di iniettare la salina direttamente nei muscoli, permettendo una maggior precisione e uniformità nell’irrigazione delle carni. Questa innovazione ha reso il processo di siringatura più efficiente e veloce, senza più la necessità del macero per diffondere la salina e avviando subito la carne al massaggio o zangolatura. In questo modo veniva garantita anche una maggiore igiene e sicurezza alimentare. La macchina siringatrice multiaghi è stata subito adottata dalle principali aziende produttrici di prosciutto cotto, rappresentando un cambiamento significativo nella tecnologia della salagione con salamoia. Oggi tale macchina (che non è cambiata concettualmente rispetto all’epoca del brevetto) è una delle attrezzature fondamentali nei moderni stabilimenti di produzione del prosciutto cotto, permettendo di ottenere sia prodotti di elevata qualità a bassa iniezione che prodotti primo prezzo con percentuali di iniezione più elevate e impiego anche di farine e amidi. Si è così in grado di soddisfare la crescente domanda del mercato per tutte le categorie merceologiche di produzione (per il prosciutto cotto italiano le categorie di Alta Qualità, Scelto e Prosciutto cotto). Alcuni modelli sono in grado di siringare anche carni con osso (senza che gli aghi si possano rompere); è ideale per salmistrare polli e anche per il pesce.
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2. PRODUZIONE DI INSACCATI DI CARNE E PLANT BASED TIPO WÜRSTEL (O TIPO HAMBURGER) Questi prodotti pur diversi nella matrice sono un esempio classico di uso delle macchine in modo multi-filiera. A fronte di una preventiva macinatura delle carni o texturizzazione delle proteine, si usano infatti (approssimando a grandi linee gli impianti): • un miscelatore a pale per effettuare il mix di sale e additivi con spezie e condimenti, garantendo una maggiore omogeneità del risultato; • un’insaccatrice (o una formatrice) con sistemi di porzionatura per ottenere prodotti dello stesso peso, in abbinamento a macchine clippatrici o legatrici; • forni per la cottura (o la precottura con grigliatura); • sistemi di raffreddamento a doccia con salamoia (o raffreddamento a spirale); • le linee di confezionamento e sigillatura sottovuoto o in atmosfera modificata sono pressoché le medesime. E i prodotti insaccati di grosso calibro possono essere preventivamente affettati sulle affettatrici.
CONCLUSIONI
In conclusione, possiamo affermare che le macchine per la produzione alimentare han-
I costruttori di macchine per impieghi agroalimentari sono numerosi in tutto il mondo e operano sui mercati globali anche per filiere specializzate come quelle della salumeria, dei prodotti a base di carne e dei prodotti derivati da proteine alternative. In Italia buona parte dei costruttori di macchine e impianti alimentari è associata a livello industriale e inquadrata in Assofoodtec, che tutela e promuove gli interessi delle proprie aziende associate attraverso la partecipazione ai principali comitati tecnici, nazionali ed internazionali, nella stesura di norme tecniche di prodotto, nel supporto all’interpretazione e all’applicazione delle normative e nelle sfide quotidiane del mercato mondiale attraverso comitati preposti. Ad Assofoodtec, a loro volta, fanno capo diversi gruppi specialistici di costruttori, tra cui ASSOCOLD - i Costruttori Tecnologie per il Freddo, COMACA – i Costruttori Macchine per la Lavorazione delle Carni, TECPROFOOD – i Costruttori delle tecnologie Professionali per il Food, UCMA – i Costruttori Macchine per l’Industria Alimentare (in particolare gli ambiti produttivi per “arte bianca”, industria molitoria, pane, pasta e pasticceria). La maggior parte dei costruttori di macchine per il confezionamento e l’imballaggio sono invece aderenti a UCIMA. Il settore della meccanica del Food Equipment aderente ad Assofoodtec, nel 2023 ha registrato un fatturato complessivo di circa 5 miliardi di euro, con una quota del 66% destinata ai mercati esteri (fonte Assofoodtec). È un segno che non solo la salumeria italiana si afferma nel mondo ma anche i costruttori italiani di macchine per il food sanno far valere la propria tecnologia.
Nel contesto agroalimentare, grazie a una più stretta collaborazione tra costruttori di macchine a livello mondiale e le imprese agroalimentari, sarà possibile ottenere una produzione sempre più sostenibile ed efficiente, capace di garantire alimenti di alta qualità per tutti nel rispetto dell’igiene (disegno igienico ottimale) e della salubrità (nessun rischio per i consumatori), sia nel presente che per le generazioni future no assunto un ruolo sempre più importante nel processo produttivo del settore agroalimentare. Grazie alle loro innovative tecnologie e alla loro efficienza, queste macchine hanno permesso di aumentare la resa e di migliorare la qualità degli alimenti. Grazie alla loro versatilità, molte di queste macchine possono essere utilizzate per ottenere sia alimenti tradizionali come la carne e il pesce, sia prodotti plant based o di nuova formulazione. Oggi però è l’intelligenza artificiale (AI) che può rivoluzionare il mondo della produzione alimentare, considerando che molte delle tecnologie attualmente in uso per macchine e impianti nel settore alimentare sono frutto di brevetti scaduti (e quindi disponibili a tutti) e molti costruttori di fatto si copiano, se non nel disegno almeno nel concetto. L’AI può ottimizzare i processi produttivi, riducendo al minimo gli sprechi e aumentando la precisione delle macchine. Inoltre, può essere utilizzata per monitorare costantemente la qualità dei prodotti, rilevando eventuali anomalie o contaminazioni e garantendo quindi alimenti più sicuri (grande rilevanza assumono gli strumenti di controllo come la spettrofotometria NIR). Tuttavia, l’implementazione dell’AI richiede un alto livello di investimento e competenze specialistiche, che spesso non sono facilmente accessibili per le piccole e medie imprese alimentari. Pertanto, è importante che i costruttori di macchine e l’industria alimentare lavorino insieme per rendere l’AI accessibile a tutti e per assicurare che venga utilizzata in modo etico e responsabile. Nel contesto agroalimentare, grazie a una più stretta collaborazione tra costruttori di macchine a livello mondiale e le imprese agroalimentari, sarà possibile ottenere una produzione sempre più sostenibile ed efficiente, capace di garantire alimenti di alta qualità per tutti nel rispetto dell’igiene (disegno igienico ottimale) e della salubrità (nessun rischio per i consumatori), sia nel presente che per le generazioni future.
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Le proposte delle aziende... FAVA IMBUSTAMENTO DI PRODOTTI VEGANI E VEGETARIANI Poter disporre di prodotti da affettare di lunghezza adeguata permette di ottimizzare il rendimento delle linee sia in termini di produttività che di riduzione degli scarti di testa e coda. È sempre più importante contenere il consumo di materiale plastico, risultato raggiungibile ripartendo il normale surplus delle confezioni su una maggiore lunghezza; è altresì importante utilizzare metodologie produttive che minimizzino il surplus, evitando ad esempio le pinne di saldatura e utilizzando laminati di spessore modesto. Per raggiungere questo obiettivo Fava propone soluzioni che utilizzano sacchi, siano essi sovrapposti o nastrati, con inserimento meccanizzato del prodotto nel sacco; la riduzione dell’intervento umano comporta non solo un risparmio economico, ma anche una minore contaminazione del prodotto. L’ imbustatore CONF permette di utilizzare sacchi particolarmente sottili e può alimentare macchine per il confezionamento sotto vuoto.
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Il Tunnel Spirale Frigo Impianti è un impianto studiato per essere impiegato in linee di produzione di medie e grandi dimensioni e consente di pastorizzare, raffreddare o surgelare prodotti sfusi o confezionati, come ad esempio: hamburger, pizze, croissant, piatti pronti, pesce e molti altri. Sono macchine molto versatili che possono adattarsi a qualunque spazio dato che vengono progettate appositamente per il cliente e per le specifiche esigenze produttive; la loro configurazione può andare dalla singola alla doppia torre, ascendente o discendente, con ingresso e usci-
GHERRI VERSATILITÀ AL SERVIZIO DEI PRODUTTORI ALIMENTARI! Gherri propone i Cutter Seydelmann, con vasche di capacità da 40 fino a 1000 litri, perfetti sia per la piccola che la grande realtà industriale. Oltre che per il taglio fine, la miscelazione e l’emulsione di carne fresca, carne congelata pretagliata e carne cotta, i Cutter Industriali sono altamente flessibili da consentire una perfetta lavorazione anche di prodotti alternativi meat, vegetali, pesce e prodotti dolciari, con temperature da -12 °C fino a circa 85 °C. Questi solidi macchinari in acciaio inox sono equipaggiabili, a seconda delle necessità, con il sistema del vuoto, il sistema di cottura e di raffreddamento, permettendo così una gestione completa di un vasto numero processi, tutti all’interno di una sola macchina. Infine, caricare e scaricare il prodotto non è mai stato così semplice e veloce grazie al caricatore vagonetti e al disco di scarico, perfetto anche con prodotti liquidi.
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ta posizionati secondo necessità. I vantaggi del Tunnel Spirale Frigo Impianti sono: • assoluta adattabilità a qualunque linea produttiva e spazio per l’installazione; • struttura facilmente lavabile ed ispezionabile; • eliminazione delle rotture del nastro mediante l’impiego del sistema “Low tension belt system”; • design del nastro studiato per eliminare la marchiatura indesiderata dei prodotti trattati; • ventilazione ottimizzata con doppio evaporatore a flusso contrapposto.
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INOX MECCANICA TECNOLOGIA IN EVOLUZIONE DAL 1987 Inox Meccanica fornisce, da 40 anni, servizi completi di tecnologia innovativa per macchine industriali automatiche per la lavorazione delle carni. Il portfolio prodotto è molto ampio: una delle punte di diamante della gamma è sicuramente rappresentata dalla PIC 99 BCE, la macchina automatica per la formatura, la pressatura, l’insacco, il tensionamento e la clippatura di prodotti anatomici come pancette, coppe, bresaole, prosciutti, lonze, arrosti e muscoli in genere. Con PIC 99 BCE è possibile insaccare in budelli cellulosici, collagenici, plastici e calze elastiche e il prodotto può essere confezionato in budello e rete contemporaneamente portando un notevole risparmio di tempo. Così come stiamo vivendo un momento storico in cui cambiano le abitudini alimentari e cambiano anche e soprattutto le tipologie di prodotti, anche il reparto di Ricerca e Sviluppo di Inox Meccanica unito al team di progettisti e di programmatori ha apportato, nel corso degli anni, notevoli aggiornamenti e migliorie tecniche a questa macchina. Migliorie che vengono apportate costantemente adeguando la macchina ad ogni richiesta ed esigenza produttiva dei clienti. Vista la costante ascesa di prodotti alternativi alla carne (carni a base vegetale che utilizzano ingredienti come proteine di soia, grano, fagioli, funghi, ecc…), il reparto di Ricerca e Sviluppo di Inox Meccanica ha intrapreso un percorso grazie al quale questa macchina oggi può essere utilizzata anche per l’insacco automatico di questi nuovi prodotti alimentari. Nello specifico è stata utilizzata la PIC 99 BCE, durante alcune prove all’interno dell’im-
pianto pilota dell’azienda, per insaccare fibre vegetali in budello plastico non forato destinate alla cottura per la produzione di un semilavorato. Un’altra applicazione interessante di questa macchina è stata fatta con il pesce insaccando in calza elastica dei cubetti di tonno e pesce spada destinati a una successiva fase di marinatura. L’insacco in calza ha permesso infatti al prodotto di non sfaldarsi e di rimanere compatto mentre era sottoposto a marinatura all’interno della zangola. La PIC 99 BCE è dotata sia di carico manuale, reso più sicuro ed ergonomico, che di carico automatico tramite un nastro che permette di posizionare in maniera automatica il prodotto da insaccare all’interno dello stampo, accelerando notevolmente il ciclo di insacco e lasciando all’operatore il solo compito di posizionare il prodotto sul nastro. Inoltre, il sistema di cambio tubo automatico è in grado di evitare all’operatore di dover seguire in maniera costante il livello di con-
sumo di budello e rete, che una volta finiti attivano il sistema di cambia tubo in modo da non avere fermi macchina e permettere all’operatore di caricare il nuovo budello e la nuova rete sul tubo mentre la macchina continua il suo ciclo. L’ insaccatrice automatica è versatile e disponibile con stampi da ø800mm fino a ø1100mm. La versatilità è data, oltre che dalla moltitudine di prodotti che si possono insaccare, anche dal nuovissimo spintore elettrico con il quale è possibile regolare la velocità di insacco e soprattutto la forza con la quale il prodotto viene spinto all’interno del tubo di insacco, fattore determinante soprattutto quando si utilizzano budelli molto delicati. Infine, nell’ottica di offrire servizi sempre più puntuali e soluzioni sempre più complete, alla PIC è stato affiancato anche un aggiornatissimo Stick Loader (imbastonatore) che permette di posizionare i prodotti insaccati su bastoni ed appenderli per la stagionatura.
OMET FOODTECH IL TRITACARNE CON MISCELATORE Omet Foodtech presenta il nuovo Tritacarne con premiscelatore TCSA-P, una macchina progettata su misura per le piccole-medie imprese, con una vasta gamma di applicazioni: carne, formaggi, vegetali e molto altro. La principale caratteristica di questo tritacarne, che lo differenzia dagli altri, è la presenza di un premiscelatore, che consente di combinare le funzionalità di un tritacarne tradizionale con quelle di un’impastatrice. Questo consente di ridurre i tempi e i costi del processo produttivo, garantendo così una
maggiore efficienza e sostenibilità, senza rinunciare alla qualità. La robusta costruzione in acciaio inox e l’adozione di soluzioni tecniche all’avanguardia lo rendono adatto a un uso durevole ed esente da manutenzioni. Con questa macchina all’avanguardia, Omet Foodtech dimostra ancora una volta l’impegno verso l’eccellenza nell’industria alimentare, offrendo alle PMI macchinari di alta qualità per migliorare l’efficienza e la qualità dei loro prodotti.
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diritto e legislazione
legislazione alimentare in Europa La
Angela Mucciolo, Dottore in Scienze e Tecnologie delle Produzioni Animali Aniello Laurito, ASL di Salerno, Dipartimento di Prevenzione Area Sud - Servizio IAPZ Claudio Mucciolo, ASL di Salerno, Dipartimento di Prevenzione Area Sud - Servizio Igiene Alimenti di O. A.
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a normativa alimentare è una materia di grande interesse pubblico data l’influenza che esercita sulla nostra salute e vita quotidiana. Fin dall’antichità le testimonianze di frodi alimentari sono note e documentate. Una delle più celebri è costituita dal racconto di Plinio il Vecchio, il quale nella sua Naturalis historia resocontava pratiche diffuse di adulterazione di alimenti, specialmente di quelli che all’epoca erano ritenuti come beni di lusso. Appositi attrezzi per la bollatura della carne vennero introdotti anche nell’antico Egitto per limitare la vendita fraudolenta di carne di animali deceduti per malattia. Molto frequenti erano anche le frodi in epoca medievale quando non era insolito riscontrare adulterazioni in pressoché tutti i generi alimentari. Nella Repubblica della Serenissima, nel 1498, furono individuati mercanti che vendevano olio da cucina precedentemente utilizzato per lavare individui che avevano contratto malattie veneree. La contaminazione del cibo è stata dunque una problematica trasversale fin da tempi arcaici, ma è solo con l’industrializzazione e l’utilizzo dei primi componenti chimici che il fenomeno delle frodi alimentari assume tutt’altra dimensione. Vi è difatti un rapporto intrinseco per cui a una maggiore richiesta di un alimento segua una
Gli autori sono responsabili delle opinioni espresse negli articoli e delle relative bibliografie
minore qualità offerta e quindi una più elevata probabilità di adulterazioni o contaminazioni¹. Altro esempio celebre di denuncia, decisamente più vicino ai giorni nostri, è quello del chimico tedesco Fredrick Accum. Nel suo libro There is death in the pot l’autore westfaliano fornisce una vera e propria disamina concernente le pratiche più diffuse di adulterazione dei cibi: vino, olii vegetali, spezie, e pane. Prendendo in considerazione proprio quest’ultimo, la principale fonte di sostentamento per il popolo, Accum ne rivela le metodologie di contraffazione. I fornai della Londra di inizio ‘800, in cui Accum scrive, erano soliti utilizzare spesso l’allume poiché in grado di dare al pane un aspetto più bianco e più solido. Tale
sostanza rendeva oltremodo più agevole l’utilizzo di farine scadenti senza incidere troppo sul prodotto finito². In tempi più recenti, a questo tipo di sofisticazioni si sono aggiunte le imitazioni di prodotti di alta qualità che in realtà sono costituite da alimenti generici o di qualità inferiore. Indubbiamente, rispetto al passato, determinate pratiche fraudolente non possono essere portate a termine con la facilità di un tempo, tuttavia, se molto spesso le adulterazioni erano imputabili al rivenditore
Vi è un rapporto intrinseco per cui a una maggiore richiesta di un alimento segua una minore qualità offerta e quindi una più elevata probabilità di adulterazioni o contaminazioni
Appositi attrezzi per la bollatura della carne vennero introdotti anche nell’antico Egitto per limitare la vendita fraudolenta di carne di animali deceduti per malattia
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finale oggi le sofisticazioni possono riguardare l’interezza della filiera e ogni passaggio di questa. Difatti, i rischi legati alla sicurezza «possono avere origine nelle diverse fasi della filiera»³ e possono essere dipendenti sia dall’alimento in sé sia dalle fasi di trasformazione, lavorazione e distribuzione. Date dunque queste tipologie di storture che hanno accompagnato il mercato e il consumo alimentare lungo tutta la storia umana, appare evidente quanto sia eminente l’importanza di una legislazione alimentare in grado di regolarli e soprattutto limitarli. A maggior ragione, a partire dal secondo dopoguerra, la rapida industrializzazione della produzione alimentare imponeva un concomitante ammodernamento della legislazione al fine di disciplinare nuovi prodotti, tecniche di produzione e di conservazione. In Europa il tema della sicurezza alimentare è stato successivamente riesaminato a partire dal 1997 con una serie di atti normativi che hanno provveduto a regolare la materia. L’istituzione del mercato unico, la necessità di armonizzare i vari quadri legislativi nazionali e gli scandali alimentari quali la “mucca pazza” furono taluni tra i principali motivi che spinsero le istituzioni europee ad agire⁴. Il primo atto è costituito dal Libro Verde della Commissione europea sui princìpi generali della legislazione in materia alimentare dell’Unione Europea, presentato attraverso la Comunicazione CE n. 176/1997. I successivi passi verso un nuovo modello di legislazione alimentare sono rappresentati dal Libro Bianco sulla sicurezza alimentare del 2000 e dal Regolamento CE n. 178, 28 gennaio 2002, del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i princìpi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare, con cui sono stati: formalizzati i princìpi generali della legislazione; definiti requisiti e obblighi di sicurezza dei prodotti finiti ma anche dei mangimi; chiarite le responsabilità degli operatori del settore (OSA);
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adottate le procedure per la gestione delle emergenze alimentari; e infine istituita un’autorità indipendente e di carattere scientifico per la valutazione del rischio, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA). Successivi interventi normativi hanno seguentemente completato il quadro giuridico riguardo la produzione e commercializzazione degli alimenti. Tra i più importanti vi sono indubbiamente: il pacchetto igiene e controlli ufficiali degli alimenti⁵; il Regolamento CE n. 1924, 20 dicembre 2006, del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle indicazioni nutrizionali e
sulla salute fornite nei prodotti alimentari; il pacchetto FIAP relativo alla regolazione di additivi, enzimi, aromi e solventi⁶; il pacchetto dei MOCA⁷; il Regolamento UE n. 1169, 25 ottobre 2011, del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori; il Regolamento UE n. 2283, 25 novembre 2015, del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai “nuovi alimenti”⁸ . Un mercato globalizzato e interconnesso come quello attuale nel quale assumono una crescente importanza regole e standard tecnici per la circolazione delle merci richiede una legislazione multilivello in cui istituzioni nazionali e sovranazionali, agenzie indipendenti, enti di regolazione e privati concorrano alla formazione della stessa.
In quest’ottica meritano rilevanza i trattati dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) che, nel caso delle derrate alimentari e non solo, costituiscono le regole fondamentali per il commercio internazionale. I più rilevanti che incidono sul commercio alimentare sono l’Accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie⁹ e l’Accordo sulle barriere tecniche al mercato10. Quest’ultimo riconosce il diritto da parte degli Stati di adottare limitazioni del libero commercio attraverso standard riconosciuti o regole tecniche in misura necessaria e proporzionale alla tutela di interessi quali l’ambiente, la salute umana, la protezione degli animali e delle piante, e infine la corretta informazione del consumatore. L’Accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie invece istituisce nello specifico l’applicazione di misure tese a garantire la salute umana, degli animali e delle piante. Altri importanti standard internazionali provengono dall’operato della Commissione del Codex Alimentarius (CCA), struttura nata nell’ambito del Joint FAO/WHO Food Standards Program, la cui prerogativa è quella di sviluppare standard internazionali
La legislazione alimentare è oggigiorno intesa come la normativa che riguarda l’alimento e questa è atta a coniugare la libertà di circolazione delle merci con un adeguato standard di sicurezza del consumo alimentare e di protezione dell’acquirente finale
per la protezione della salute pubblica ed evitare in tal modo restrizioni al libero commercio internazionale. Gli standard di sicurezza alimentare contenuti all’interno dell’omonimo codice, Codex Alimentarius11, rappresentano un parametro di riferimento e una linea guida nell’adozione di politiche in tema di sicurezza alimentare12. La legislazione alimentare è dunque oggigiorno intesa, sinteticamente, come la normativa che riguarda l’alimento e questa è atta a coniugare la libertà di circolazione delle merci con un adeguato standard di sicurezza del consumo alimentare e di protezione dell’acquirente finale13. Nonostante possa venir considerata una legislazione di prodotto, quella alimentare si contraddistingue per talune peculiarità non presenti in altri ambiti quali, ad esempio, medicinali e prodotti cosmetici14.
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La legislazione investe e riguarda ogni fase del ciclo produttivo, includendo non solo gli alimenti finiti bensì anche i mangimi concepiti per animali destinati alla produzione alimentare Tali beni difatti non godono «di una definizione così chiara del proprio perimetro applicativo»14. Secondo quanto riportato nell’art. 3 del Regolamento CE n. 178/2002 la legislazione alimentare si compone di: «leggi, regolamenti e disposizioni amministrative riguardanti gli alimenti in generale, e la sicurezza degli alimenti in particolare, sia nella Comunità che a livello nazionale»15. La legislazione investe e riguarda ogni fase del ciclo produttivo, includendo non solo gli alimenti finiti bensì anche i mangimi concepiti per animali destinati alla produzione alimentare. Nel quadro europeo è opportuno sottolineare come le legislazioni nazionali riguardanti gli alimenti debbano sottostare ai princìpi e alle procedure di quella europea, della quale il predetto Regolamento CE n. 178/2002 è il cardine15. L’obiettivo del legislatore europeo è quello di garantire il consumo di prodotti alimentari di qualità grazie al rispetto di elevati standard informativi, di igiene e di sicurezza. Il Regolamento quadro formula inoltre la definizione di alimento e i princìpi generali che regolano la legislazione alimentare europea. In base a quanto riporta l’atto, «si intende per “alimento” qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato a essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani»15. Quando si parla di consu-
mo alimentare ci si riferisce al cibo, ovverosia l’elemento che garantisce la sopravvivenza degli esseri umani. La definizione che fornisce il Regolamento comprende ovviamente anche le sostanze liquide e qualsiasi elemento incorporato negli alimenti durante le fasi di produzione o preparazione16. Secondo
quanto riportato dal Regolamento, la caratteristica che contribuisce maggiormente a indentificare un bene in qualità di alimento è rappresentata dal fatto che l’oggetto sia edibile. Sussistono tuttavia casi di prodotti ingeribili a cui il legislatore europeo non impone la regolazione destinata agli alimenti. Si tratta principalmente di medicinali a uso orale ma anche di prodotti naturali che possono essere utilizzati sia in ambito alimentare che in ambito cosmetico. In tal caso, sarà la destinazione d’uso stabilita dal produttore a determinare la natura del bene e quindi il regime legislativo a cui lo stesso è sottoposto17. I beni alimentari
possono essere distinti in due principali gruppi regolatori che ne condizionano la commercializzazione18. Il primo di questi riguarda tutti quegli alimenti che possono essere immessi in commercio senza un’autorizzazione specifica o un titolo abilitativo perché reputati sicuri, mentre il secondo interessa gli alimenti
Quando si parla di consumo alimentare ci si riferisce al cibo, ovverosia l’elemento che garantisce la sopravvivenza degli esseri umani la cui immissione dipende da una precedente autorizzazione alla commercializzazione. In linea generale, risulta cruciale uno dei più rilevanti princìpi sui cui si struttura la legislazione alimentare europea, ovvero quello “della lista positiva”, per cui solamente le sostanze precedentemente autorizzate possono essere commercializzate. La differenza sostanziale riguarda l’onere della prova riguardo la sicurezza alimentare dei prodotti. Per quanto concerne gli alimenti ritenuti sicuri fino a prova contraria spetta alle autorità pubbliche individuare
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Rivista Ingegneria Alimentare
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Per quanto concerne gli alimenti ritenuti sicuri fino a prova contraria spetta alle autorità pubbliche individuare e valutare possibili rischi
e valutare possibili rischi; mentre nel caso di prodotti che necessitano di autorizzazione è compito dell’operatore che intende commercializzare tale prodotto provare, a priori, come questo soddisfi tutte le condizioni poste per l’accesso al mercato alimentare. Attualmente, il regime di autorizzazione preventiva per la commercializzazione si applica a: tutti gli agenti di miglioramento quali additivi, aromi, enzimi e solventi alimentari; novel foods; OGM; materiali e oggetti a contatto con gli alimenti. L’autorizzazione preventiva consiste in un procedimento amministrativo all’indirizzo della Commissione o alle autorità competenti degli Stati membri e il procedimento solitamente viene attivato dall’operatore interessato all’immissione del prodotto nel mercato. Tale procedimento prevede anche l’intervento dell’EFSA per quanto riguarda gli aspetti tecnici e scientifici19. Uno degli scopi basilari della legislazione alimentare è quello di garantire la circolazione sul mercato dei soli alimenti ritenuti sicuri. Sulla base di tale fine è quindi il Regolamento cardine a stabilire una soglia di accettabilità del rischio alimentare e della sicurezza, la cui valutazione deve interessare le “condizioni d’uso normali dell’alimento” e “le informazioni messe a disposizione del consumatore”20. L’obiettivo principale consiste nell’evitare effetti nocivi per la salute umana. Con condizioni d’uso normali si fa riferimento alla progettazione del prodotto e al modo più comune e intuibile in cui questo possa venir consumato, mentre le informazioni attraverso cui il più delle volte il consumatore prende conoscenza del prodotto sono quelle contenute in etichetta. Nella specifica materia delle informazioni sugli alimenti la principale normativa
di riferimento è contenuta nel Regolamento UE n. 1169/2011. Sempre per quanto concerne la sicurezza alimentare, il Regolamento CE n. 178/2002 indica oltre agli “alimenti a rischio” anche quelli che potrebbero rivelarsi “dannosi” e “inadatti al consumo umano”. Per quanto riguarda la valutazione di alimenti dannosi, questa dovrebbe prendere in considerazione non solo gli effetti immediati bensì anche quelli a lungo termine o addirittura che potrebbero incidere nello sviluppo della prole; invece per determinare se un alimento sia inadatto al consumo umano «occorre prendere in considerazione se l’alimento sia inaccettabile per il consumo umano secondo l’uso previsto, in seguito a contaminazione dovuta a materiale estraneo o ad altri motivi, o in seguito a putrefazione, deterioramento o decomposizione»21. Per quanto concerne invece i princìpi della legislazione alimentare europea riconosciuti dal Regolamento quadro CE n. 178/2002, il primo di questi è il principio dell’analisi del rischio inteso come processo costituito da differenti fasi quali valutazione,
Il carattere scientifico su cui vengono strutturate principalmente le decisioni permette di ridurre il grado di imprevedibilità delle problematiche emergenti e di poter giungere a decisioni oggettive e non discriminatorie gestione e comunicazione del rischio. Nel quadro europeo tali fasi sono assegnate a istituti e organi differenti. La valutazione del rischio è assegnata a organismi indipendenti di natura tecnico-scientifica tra cui rientra anche l’EFSA. La gestione del rischio invece è una funzione che spetta all’organo politico, il quale agirà valutando le risultanze scientifiche ma anche sulla base di altri fattori. L’impostazione con cui viene gestito il principio dell’analisi del rischio costituisce quindi un modello per l’adozione di decisioni basate sulle evidenze empiriche e scientifiche. Il carattere scientifico su cui vengono strutturate principalmente le decisioni permette di ridurre il grado di
imprevedibilità delle problematiche emergenti e di poter giungere a decisioni oggettive e non discriminatorie. Ciò tuttavia risulta possibile solo in presenza di talune garanzie quali trasparenza e possibilità di controllo democratico22. Quando non è possibile stabilire scientificamente quale sia l’entità e dunque la portata del rischio in esame, ma si ritiene che questo in ogni caso sussista, si ricorre solitamente a misure proporzionate e provvisorie basate sul principio di precauzione. La prima fase dell’analisi del rischio, ovvero quella che attiene alla valutazione scientifica, ha lo scopo di garantire che le decisioni siano basate sui migliori e meno controversi dati scientifici disponibili. La valutazione del rischio può riguardare differenti oggetti e difatti comprende sia i pericoli accidentali che possono venir generati lungo la catena alimentare che i pericoli derivanti dall’utilizzo consapevole di sostanze, prodotti o determinati processi. Il “risk assessment”, come definito dal Regolamento CE n. 178/2002, si divide a sua volta in quattro fasi: individuazione del pericolo, caratterizzazione del pericolo, valutazione dell’esposizione al pericolo, caratterizzazione del rischio. La prima fase consiste nell’individuazione di agenti di ogni sorta che possano rivelarsi dannosi per la salute umana. La caratterizzazione invece consiste nella determinazione dell’entità e della gravità degli effetti nocivi. Segue la valutazione dell’esposizione al pericolo, la quale riguarda la probabilità che l’esposizione avvenga e il suo potenziale impatto. Infine, l’ultima fase della caratterizzazione del rischio è basata sulle tre precedenti e consiste nello stimare, qualitativamente e quantitativamente, probabilità, frequenza e gravità degli effetti negativi sull’ambiente e sulla salute umana. La seconda componente dell’analisi del rischio è la gestione dello stesso, considerato come il processo successivo alla valutazione attraverso cui: vengono ponderate le possibili linee di intervento, vengono consultate le parti interessate,
La valutazione del rischio può riguardare differenti oggetti e difatti comprende sia i pericoli accidentali che possono venir generati lungo la catena alimentare che i pericoli derivanti dall’utilizzo consapevole di sostanze, prodotti o determinati processi
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se necessario, vengono adottate adeguate misure di controllo e prevenzione. Nonostante la gestione del rischio si basi sulle evidenze scientifiche emerse durante la valutazione, vi sono ulteriori elementi che concorrono a plasmare la decisione finale. Non sono difatti le istituzioni tecnico-scientifiche bensì quelle politiche a determinare la soglia del rischio basandosi anche su fattori non meramente scientifici. La terza e ultima fase dell’analisi del rischio riguarda la comunicazione. Tale stadio consiste nello scambio di informazioni e pareri associati agli elementi di rischio e alla percezione dello stesso tra i soggetti della catena: OSA, consumatori, istituzioni politiche e istituti scientifici23. Il secondo principio posto in evidenza dall’ art. 7 del Regolamento CE n. 178/2002 è il già citato principio di precauzione24. Questo permette alle istituzioni di adottare misure eccezionali, seppur provvisorie, riguardo la gestione del rischio. Ciò avviene in determinate situazioni in cui permane un determinato grado di incertezza scientifica, per il quale le autorità pubbliche tendono a preservare beni quali ambiente e salute. Il principio di precauzione ipotizza l’esistenza di un rischio potenziale su cui non vi è dimostrazione scientifica, anche se tuttavia il processo decisionale si svolge in ogni caso sulla base delle informazioni più rigorose possibili. Per quanto riguarda le situazioni emergenziali in cui permane incertezza scientifica, le istituzioni politiche hanno due possibili alternative: azione o inazione; e solitamente la scelta si basa su analisi “costi-benefici” dell’una e dell’altra possibilità25. Altro principio su cui si basa la legislazione alimentare dell’Unione è quello della tutela del consumatore. Il principio è
direttamente riconosciuto dal Regolamento quadro che all’art. 8 afferma come la legislazione alimentare si prefigga di tutelare gli interessi dei consumatori, consentendo agli stessi di scegliere consapevolmente gli alimenti che acquistano e limitando in tal modo pratiche fraudolenti o che possano ledere la figura del consumatore26. Il rispetto di tale principio rientra nell’ambito delle attività soggette al controllo ufficiale esplicitate nel Regolamento UE n. 625, 15 marzo 2017, del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai controlli
ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari (Regolamento sui controlli ufficiali)27. Il piano informativo rappresenta indubbiamente la base per una scelta consapevole e dunque anche per una maggiore tutela del consumatore. Nonostante oggi l’accesso alle informazioni sia reso più agevole dalle moderne tecnologie, lo strumento principale attraverso
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cui i consumatori ponderano le proprie scelte rimane quello dell’etichetta alimentare. Altro principio fondante della legislazione alimentare è quello riguardante la trasparenza del processo decisionale28. Il principio generale della trasparenza consiste nella facoltà dei cittadini, persone fisiche o giuridiche, di accedere alle informazioni e agli atti in possesso delle istituzioni per realizzare un’amministrazione il più aperta e democratica possibile. Esso si realizza concretamente attraverso la pubblicazione dei documenti da parte delle istituzioni e quindi la possibilità di accedervi. Nel caso specifico del settore alimentare la questione della trasparenza ha rappresentato un punto debole della struttura legislativa e amministrativa europea, soprattutto a seguito degli scandali alimentari che hanno minato la fiducia dei consumatori29. Per quanto concerne invece il
Il principio di precauzione ipotizza l’esistenza di un rischio potenziale su cui non vi è dimostrazione scientifica, anche se tuttavia il processo decisionale si svolge in ogni caso sulla base delle informazioni più rigorose possibili diritto d’accesso ai documenti, tale materia è disciplinata dal Regolamento CE n. 1049, 30 maggio 2001, del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione in cui si prevede un ampio accesso ai documenti delle Istituzioni dell’Unione, fatta eccezione per la sussistenza di ragioni ostative sulla base di interessi pubblici e privati. Le materie di interesse pubblico sulle quali l’accesso ai documenti può essere limitato sono: la pubblica sicurezza, la difesa, la diplomazia internazionale, la politica monetaria e fiscale. Per quanto riguarda invece le ragioni ostative di interesse privato, queste consistono per lo più nella protezione dei dati personali e nella tutela che la divulgazione di un determinato documento non provochi pregiudizio alla vita privata e all’integrità dell’individuo30. Per quanto concerne invece le componenti alimentari, il Regolamento CE n. 178/2002 non include nella definizione di alimento i contaminanti e residui. Mentre questi ultimi non vengono definiti dalla legislazione europea, i contaminanti vengono definiti chiaramente dal Regolamento CEE n. 315, 8 febbraio 1993,
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del Consiglio che stabilisce procedure comunitarie relative ai contaminanti nei prodotti alimentari come «ogni sostanza non aggiunta intenzionalmente ai prodotti alimentari, ma in essi presente quale residuo della produzione, della trasformazione, della preparazione, del trattamento, del condizionamento, dell’imballaggio, del trasporto o dello stoccaggio di tali prodotti, o in seguito alla contaminazione dovuta all’ambiente». Tuttavia, taluni corpi estranei che possono interferire in uno dei suddetti processi, come peli di animali o parti di insetti, non sono inclusi nella definizione. Nonostante non vi sia una chiara definizione di residuo, questi possono venir intesi come sostanze tendenzialmente inerti che per l’appunto residuano nell’alimento a seguito di un determinato processo alimentare. I residui non vengono considerati come ingredienti, difatti quest’ultimi sono intesi dal legislatore europeo come «qualunque sostanza o prodotto, compresi gli aromi, gli additivi e gli enzimi alimentari, e qualunque costituente di un ingrediente composto utilizzato nella fabbricazione o nella preparazione di un alimento e ancora presente nel prodotto finito, anche se sotto forma modificata» e infine è specificato che «i residui non sono considerati come ingredienti»31. Il residuo viene escluso proprio poiché, per far sì che una sostanza possa esser definita ingrediente, la sua presenza nell’alimento deve essere intenzionale e imputabile all’operatore che si occupa della lavorazione, condizione che non sussiste nel caso dei residui32. Vi sono in ogni caso norme settoriali che prevedono la presenza di residui per determinarne i livelli di accettabilità, come avviene nel caso degli antiparassitari nei prodotti vegetali o dei residui di farmaci veterinari in quelli di origine animale33.
Oltre ai residui e ai contaminanti sussistono altri elementi che rientrano nei moderni processi alimentari e sono dunque meritevoli dell’attenzione del legislatore. Si fa riferimento ai cosiddetti “agenti di miglioramento”, intendendo dunque l’insieme di sostanze chimiche che generalmente donano agli alimenti l’aspetto o il sapore che il consumatore si attende di riscontrare, ovvero additivi, aromi, enzimi e solventi; il cui impiego è inevitabile nella moderna trasformazione alimentare34. Per quanto concerne la legislazione europea, la disciplina di tali sostanze è raccolta in una serie di atti legislativi noti come Food Improvement Agents Package (FIAP)35. Generalmente, la procedura di autorizzazione per quanto riguarda le sostanze e i limiti delle stesse negli alimenti è prerogativa dell’EFSA che ne valu-
Lo strumento principale attraverso cui i consumatori ponderano le proprie scelte rimane quello dell’etichetta alimentare ta l’innocuità. La valutazione dell’EFSA viene trasmessa alla Commissione, che successivamente presenta la pratica al Comitato di regolazione competente riguardo il progetto per inserire una sostanza all’interno dell’elenco comunitario, ovviamente a seguito della conclusione positiva del procedimento36. Il FIAP provvede anche a fornire definizioni precise delle suddette sostanze. Viene considerato additivo «qualsiasi sostanza abitualmente non consumata come alimento in sé e non utilizzata come ingrediente caratteristico di alimenti, con o senza valore nutritivo, la cui aggiunta intenzionale ad alimenti per uno scopo tecnologico nella fabbricazione, nella trasformazione, nella preparazione, nel trattamento, nell’imballaggio, nel trasporto o nel magazzinaggio degli stessi, abbia o possa presumibilmente avere per effetto che la sostanza o i suoi sottoprodotti diventino, direttamente o indirettamente, componenti di tali alimenti»37. Tale definizione differisce da quella in vigore ad esempio negli Stati Uniti dove il termine “additivo” indica ogni sostanza destinata, seppur potenzialmente, a divenire componente di un
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Le materie di interesse pubblico sulle quali l’accesso ai documenti può essere limitato sono: la pubblica sicurezza, la difesa, la diplomazia internazionale, la politica monetaria e fiscale
altro alimento condizionandone le peculiarità. Oltre alla rilevanza del fatto che tali sostanze per essere indicate come additivi non debbano essere consumate come alimenti di per sé, è necessario che la sostanza venga immessa intenzionalmente nel procedimento alimentare e soprattutto che questa sia ancora presente nel prodotto finito38. Per quanto riguarda gli enzimi invece, il FIAP ha provveduto a garantirne l’armonizzazione sulle condizioni di utilizzo in tutta l’Unione. Generalmente, gli enzimi sono molecole proteiche che esercitano un ruolo cruciale nella preparazione di diversi alimenti poiché ne accelerano e catalizzano le reazioni chimiche39. Gli enzimi alimentari vengono solitamente estratti da piante e animali oppure ottenuti tramite la fermentazione da microrganismi. Gli enzimi ricadono all’interno della definizione di alimento e quando usati nell’industria alimentare vengono considerati ingredienti a tutti gli effetti, dunque ai sensi del Regolamento UE n. 1169/2011 devono necessariamente essere indicati in etichetta40. La normativa sugli aromi è contenuta nel Regolamento CE n.1334, 16 dicembre 2008, del Parlamento e del Consiglio relativo agli aromi e ad alcuni ingredienti alimentari con proprietà aromatizzanti destinati a essere utilizzati negli e sugli alimenti che li definisce come tali in base a tre caratteristiche. La prima consiste nel fatto che la sostanza non debba esser consumata nella sua forma originale, la seconda riguarda il fine con cui la sostanza venga impiegata, ovvero per conferire o modificare l’aroma o il sapore degli alimenti; mentre la terza riguarda la condizione di base per cui la sostanza debba contenere o essere prodotta con sostanze aromatizzanti41. Sempre per quanto concerne gli aromi merita menzione l’elenco degli aromatizzanti e dei materiali di base autorizzati in tutta l’Unione (Elenco dell’Unione), in vigore dal 201342. I solventi sono invece sostanze utilizzate per separarne delle altre tra loro. La normativa di riferimento è rintracciabile nella Direttiva CE n. 32, 23 aprile 2009, del Parlamento europeo e del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri riguardanti i solventi da estrazione impiegati nella preparazione dei prodotti alimentari e dei loro ingredienti43 che provvede a fornire una lista di sostanze riconosciute, regolando anche i limiti massimi di residuo che possono essere riscontrati nel prodotto alimentare finito o nel suo ingrediente per singolo solvente autorizzato44. Infine, tra gli agenti di miglioramento vi sono i coadiuvanti tecnologici, i quali meritano eccezionale attenzione e analisi dato il largo impiego nella moderna industria alimentare45. Ai sensi del Regolamento CE n. 1334/2008,
per coadiuvante tecnologico si intende ogni sostanza che «non è consumata come un alimento in sé; è intenzionalmente utilizzata nella trasformazione di materie prime, alimenti o loro ingredienti, per esercitare una determinata funzione tecnologica nella lavorazione o nella trasformazione; e può dar luogo alla presenza, non intenzionale ma tecnicamente inevitabile, di residui di tale sostanza o di suoi derivati nel prodotto finito, a condizione che questi residui non costituiscano un rischio per la salute e non abbiano effetti tecnologici sul prodotto finito»46. Il coadiuvante dunque, a differenza dell’additivo, si esaurisce nel processo di trasformazione alimentare facendo sì che i residui lasciati siano nulli o trascurabili se presenti. I coadiuvanti sono perciò soggetti a un regime regolatore differente rispetto agli altri agenti di miglioramento, difatti se la sostanza rispetta la definizione legale di coadiuvante non è soggetta alla disciplina sugli additivi. Nel caso in cui il coadiuvante non permanga nel prodotto finito, o lo faccia in
Nonostante non vi sia una chiara definizione di residuo, questi possono venir intesi come sostanze tendenzialmente inerti che per l’appunto residuano nell’alimento a seguito di un determinato processo alimentare quantità risibili, non è soggetto a obblighi di etichettatura previsti dal Regolamento UE n. 1169/2011, fatta eccezione per le indicazioni riguardo possibili allergeni. Fuorché i solventi da estrazione e taluni coadiuvanti tecnologici utilizzati nell’industria vinicola, la normativa europea non è armonizzata concedendo in tal modo agli Stati membri la possibilità di applicare misure di regolazione a livello nazionale47. Altra componente significativa della legislazione alimentare è quella concernente gli organismi geneticamente modificati, soprattutto per la crescente salienza del dibattito pubblico a riguardo. La disciplina degli organismi geneticamente modificati (OGM) si
Gli enzimi ricadono all’interno della definizione di alimento e quando usati nell’industria alimentare vengono considerati ingredienti a tutti gli effetti, dunque ai sensi del Regolamento UE n. 1169/2011 devono necessariamente essere indicati in etichetta compone di diversi atti: il Regolamento CE n. 1829, 22 settembre 2003, del Parlamento europeo e del Consiglio relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati; il Regolamento CE n. 1830, 22 settembre 2003, del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la tracciabilità e l’etichettatura di organismi geneticamente modificati e la tracciabilità di alimenti e mangimi ottenuti da organismi geneticamente modificati; la Direttiva CE n. 18, 12 marzo 2001, del Parlamento europeo e del Consiglio sull’emissione deliberata nell’ambiente di OGM per quanto concerne l’aspetto legato alla coltivazione48; il Regolamento CE n. 1946, 15 luglio 2003, del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante i movimenti transfrontalieri degli OGM; la Direttiva CE n. 41, 6 maggio 2009, del Parlamento europeo e del Consiglio sull’impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati49. Secondo il legislatore europeo un OGM viene identificato come «un organismo, diverso da un essere umano, il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura con l’accoppiamento e/o la ricombinazione genetica naturale»50. Prima dell’introduzione di tale pacchetto riformatorio la normativa in vigore riguardante gli OGM era contenuta nel Regolamento CE n. 258, 27 gennaio 1997, del Parlamento europeo e del Consiglio sui nuovi prodotti e i nuovi ingredienti alimentari, attualmente abrogato, il quale istituiva una procedura di notifica sem-
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La presenza di un ingrediente OGM nei prodotti alimentari deve necessariamente essere riportata in etichetta, fatta eccezione nel caso in cui tale presenza sia tecnicamente inevitabile o l’ingrediente costituisca meno dello 0,9% del prodotto finito
plificata per i prodotti alimentari sostanzialmente equivalenti a quelli esistenti, favorendo in tal modo l’immissione di OGM nel mercato. Al contrario, il Regolamento CE n. 1829/2003 esclude gli organismi geneticamente modificati dal novero dei “novel foods”51, poiché nell’intenzione del legislatore europeo vi era la volontà di improntare un’apposita disciplina dedicata alla materia che fosse oltremodo contraddistinta dal carattere della trasparenza. Il Regolamento norma anche la procedura di autorizzazione per i mangimi contenenti o ottenuti da OGM, la quale viene concessa dalla Commissione a seguito della valutazione scientifica sui rischi per la salute umana, animale e la salubrità ambientale. Tale autorizzazione ha validità per dieci anni ed è rinnovabile. Infine, la presenza di un ingrediente OGM nei prodotti alimentari deve necessariamente essere riportata in etichetta, fatta eccezione nel caso in cui tale presenza sia tecnicamente inevitabile o l’ingrediente costituisca meno dello 0,9% del prodotto finito. Altra categoria di alimenti soggetta alla necessità di autorizzazione preventiva per l’immissione in commercio è quella dei “novel foods” o nuovi alimenti. Questi vengono definiti in modo approssimativo come gli alimenti non consumati significativamente nell’Unione Europea prima del 15 maggio 199752. Con la definizione si escludono inoltre dalla categoria sia gli organismi geneticamente modificati che gli agenti di miglioramento. L’atteggiamento del legislatore europeo verso tali alimenti è di “presunzione di insicurezza”, poiché trattandosi di prodotti nuovi gli effetti e le conseguenze comportati possono non apparire immediatamente chiari. Tale principio si pone come cardine anche di sistemi come quello cinese, canadese o australiano. Nel vecchio continente la normativa concernente i nuovi alimenti si compone: del Regolamento UE n. 2283, 25 novembre 2015, del Parlamento europeo e della Commissione relativo all’immissione e
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all’uso dei nuovi alimenti; del Regolamento di esecuzione UE n. 2469, 20 dicembre 2017, della Commissione riguardante i requisiti amministrativi e scientifici per le domande di autorizzazione; del Regolamento di esecuzione UE n. 2468, 20 dicembre 2017, della Commissione relativo agli alimenti tradizionali provenienti da paesi terzi; e in conclusione del Regolamento di esecuzione UE n. 2470, 20 dicembre 2017, della Commissione che istituisce l’Elenco ufficiale dell’Unione dei nuovi alimenti autorizzati. Il pacchetto riformatorio ha modificato la regolamentazione precedentemente contenuta nel Regolamento CE n. 258/1997, rendendo così l’elenco valido in tutti gli Stati membri e non solo in quello in cui veniva fatta istanza per l’autorizzazione. In tal modo, a ogni operatore viene concesso di poter commercializzare in tutta l’Unione il nuovo alimento una volta iscritto53. Oltre ai nuovi alimenti, l’attenzione del legislatore europeo è posta anche sui prodotti tradizionali risultanti però da nuovi processi di produzione in grado di modificare la struttura dell’alimento, alterarne i valori nutritivi, o far sì che all’interno permangano sostanze nocive. In conclusione, altro aspetto rilevante della legislazione alimentare consiste nell’attribuzione in capo agli operatori professionali privati della responsabilità della sicurezza e della conformità legale del prodotto alimentare, proprio perché questi sarebbero «in grado, meglio di chiunque altro, di elaborare sistemi sicuri per l’approvvigionamento alimentare e per garantire la sicurezza dei prodotti finiti»54. L’art. 17 del Regolamento CE n. 178/2002 impone a tali operatori il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare e ne fornisce una definizione indicandoli come «la persona fisica o
giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell’impresa alimentare posta sotto il suo controllo»55. L’elemento che contraddistingue l’operatore è proprio la capacità di controllo sul processo alimentare di cui è responsabile. Il Regolamento quadro fornisce anche la definizione di impresa alimentare inquadrandola come «ogni soggetto pubblico o privato, con o senza fini di lucro, che svolge una qualsiasi delle attività connesse a una delle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti»56. Tale definizione include anche tutte le attività che non siano a scopo di lucro, prevedendo dunque anche come attività di stampo caritatevole o solidale debbano sottostare a tale legislazione. La responsabilità degli operatori e delle imprese alimentari che si districa lungo tutta la filiera fino al consumatore finale appare come un presupposto fondante per la tutela della salute umana. Il legislatore europeo ha perciò individuato diverse tipologie: operatori primari, operatori post-primari e distributori; che singolarmente e nell’ambito del loro perimetro di attività contribuiscono a garantire la sicurezza del prodotto finito. Lo
La responsabilità degli operatori e delle imprese alimentari che si districa lungo tutta la filiera fino al consumatore finale appare come un presupposto fondante per la tutela della salute umana
scopo del legislatore rimane dunque quello della tutela dell’individuo facendo sì che le attività alimentari comportino un rischio accettabile, coniugando così le esigenze del singolo a quelle aziendali57. Per quanto concerne la suddivisione delle categorie, l’OSA primario viene identificato con l’operatore addetto alla produzione e coltivazione di prodotti agricoli e altresì all’allevamento. Da tali attività, secondo la legislazione europea, derivano dunque i prodotti primari tra cui rientra anche il pescato. L’operatore primario è sottoposto all’obbligo di registrazione in virtù di OSA. L’operatore post-primario invece è sottoposto a disparati obblighi tra cui: «la registrazione o, nel caso di prodotti di origine animale, il riconoscimento dell’attività; il rispetto dei requisiti igienici e sanitari applicabili; l’obbligo di conduzione igienica secondo la metodologia HACCP58; l’obbligo di collaborare con le autorità di controllo ufficiale; l’obbligo di conformità alla normativa in materia di informazione sui prodotti alimentari; il pagamento delle tariffe del controllo ufficiale»59. Infine, vi sono gli operatori della distribuzione, i quali, insieme ai precedenti, concorrono alla sicurezza e alla conformità dei prodotti alimentari, tuttavia, sia la legislazione europea che quelle dei singoli stati membri tendono ad esonerare gli OSA della distribuzione da taluni oneri a cui sono sottoposti gli altri60. Bibliografia disponibile presso gli autori e la redazione
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