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NEWS
UN SISTEMA PER IL CONTROLLO DELLE MALATTIE ANIMALI
L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) ha lanciato EMPRES-i+, un nuovo sistema online di informazione globale sulle malattie animali che supporterà meglio i paesi nell’individuare e mitigare le minacce derivanti dalle malattie degli animali. La FAO considera la salute animale fondamentale per la sicurezza alimentare e nutrizionale e per il raggiungimento di molti degli obiettivi di sviluppo sostenibile, in particolare quelli relativi al miglioramento della produzione, all’eliminazione della povertà e della fame e alla garanzia di una vita sana per tutti. Il sistema EMPRES-i+ sostituisce una versione precedente, EMPRES-i, che è stata lanciata nel 2004 ed è stata ampiamente utilizzata da centinaia di parti interessate, dalle comunità locali ai partner per lo sviluppo globale. Il sistema informativo della FAO presenta una piattaforma ospitata nel cloud con la possibilità di connettersi ad altre piattaforme di dati nei settori della salute pubblica, della salute animale e dell’ambiente. Ciò consente agli utenti di accedere facilmente ai dati di altri settori e di utilizzare le informazioni di cui hanno bisogno per ulteriori analisi. È possibile, inoltre, accedere a un’analisi avanzata dei dati per consentire agli utenti di determinare facilmente gli episodi e le tendenze delle malattie, nell’ottica di aiutare i paesi a pianificare i loro approcci di controllo e a guidare gli interventi. Le funzioni di previsione e di allerta precoce permettono ai paesi di monitorare la diffusione delle malattie e il rischio di nuovi focolai. Grazie a questi strumenti, i paesi saranno in grado di prepararsi a potenziali focolai di malattie con largo anticipo.
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NUTRI-SCORE IN VIGORE IN GERMANIA
Un anno dopo l’entrata in vigore della normativa per l’uso del Nutri-Score in Germania, 244 aziende locali con 470 marchi si sono registrate, secondo quanto annunciato dal Ministero federale dell’alimentazione a Berlino. Tra loro ci sono produttori e commercianti di varie dimensioni e settori. Secondo recenti annunci, il numero di prodotti con Nutri-Score sul mercato tedesco continuerà ad aumentare. Come quadro per un uso legalmente sicuro in Germania, un decreto del Ministro dell’alimentazione, Julia Klöckner (CDU), è entrato in vigore il 6 novembre 2020. Tuttavia, il logo non è partito da zero; i singoli fornitori lo usavano già prima di allora. Le aziende che vogliono usare il Nutri-Score devono registrarsi presso l’agenzia sanitaria francese che detiene il marchio e poi anche aderire ai regolamenti. Questo è un supplemento alle tabelle nutrizionali obbligatorie dell’UE, che di solito si trovano in piccolo sul retro delle confezioni. Il Nutri-Score deve essere sulla parte frontale della confezione. L’uso in Germania è aumentato gradualmente. A metà gennaio, c’erano 93 aziende registrate, poi 116 a metà febbraio e 214 a metà agosto. Per i produttori, Nutri-Score crea una pressione competitiva per ridurre lo zucchero, i grassi e il sale al fine di ottenere un rating più favorevole. I medici insistono per un’introduzione obbligatoria in tutta l’UE.
FELSINEO S.P.A. E FELSINEOVEG S.R.L.
DIVENTANO SOCIETÀ BENEFIT
Felsineo S.p.a. e FelsineoVeg S.r.l. hanno completato il percorso di costituzione come Società Benefit, in linea con quanto previsto dalla legge n. 208 del 28 dicembre 2015 (art. 1 commi 376 e ss.). La transizione delle due aziende sancisce l’impegno del Gruppo alimentare in ambito Corporate Social Responsability che si concretizza nello sviluppo di azioni in grado di generare un impatto positivo su filiere, comunità e ambiente. L’acquisizione del nuovo status, ufficiale dal 17 dicembre 2021, è frutto della scelta compiuta ormai da tempo da parte del Gruppo di definire la fattibilità delle proprie attività anche attraverso un’attenta valutazione degli impatti che queste determinano in termini di sostenibilità sociale e ambientale. L’impegno di Felsineo S.p.a e FelsineoVeg S.r.l. in qualità di Società Benefit viene declinato a molteplici livelli: verso i dipendenti e collaboratori, all’interno della filiera, presso le comunità e nei confronti dell’ambiente. Emanuela Raimondi, Amministratore Delegato di Gruppo Felsineo, ha commentato: “La trasformazione in Società Benefit è per noi un passaggio importante nella nostra storia. Intensificheremo il nostro impegno nel coltivare relazioni fondate sulla fiducia, la trasparenza e il rispetto, con persone e territorio. Crediamo fortemente nel ruolo sociale delle aziende e desideriamo davvero che le nostre attività di ogni giorno abbiano un impatto positivo per tutti e siano pienamente sostenibili per l’ambiente”. Il ruolo di società benefit si traduce, in ambito di filiera, in uno sforzo continuo per garantire sostenibilità, trasparenza e sicurezza dei processi, assicurando tracciabilità e provenienza delle materie prime. L’attenzione verso le comunità si concretizza in attività di sensibilizzazione sugli elementi distintivi dei prodotti e sulla promozione di stili di vita basati su un’alimentazione sana e nutriente. Particolarmente intenso è l’impegno verso le nuove generazioni, attraverso iniziative di coinvolgimento sui temi dello sviluppo sostenibile, dell’educazione al consumo e dello spreco alimentare. La riduzione dei consumi e delle emissioni, lo sviluppo di processi ispirati ai principi dell’economia circolare e la scelta di packaging sostenibili sono le aree sulle quali si concentra maggiormente l’attenzione delle aziende di Gruppo Felsineo.
Il consumatore e gli acquisti di CARNE e SALUMI
A cura della redazione
La 3a edizione di Meat Summit, l’appuntamento annuale organizzato da Mark Up ha proposto uno spaccato del mercato rivelando uno scenario dove qualità, tradizione e sostenibilità rappresentano il punto di partenza per l’organizzazione del mercato futuro: il settore avicolo è in crescita e il libero servizio in aumento; importanti per il consumatore sono i temi dell’antibiotic free, dell’italianità, del benessere animale, del biologico e del km zero
L’indagine consumer condotta da SGMarketing 2020 per Mark Up si è svolta su un campione di 800 acquirenti e consumatori di carne e salumi e ha avuto lo scopo di rilevare i cambiamenti nel paniere di spesa e nei luoghi d’acquisto; verificare le sensibilità emergenti e identificare i fattori utili ad affrontare il mercato in maniera consapevole. La ricerca ha tracciato un identikit del consumatore in epoca postlockdown. La prima domanda posta riguardava la frequenza d’acquisto di carne durante la quarantena, da marzo a maggio 2020 e la previsione di frequenza d’acquisto relativa al successivo autunno/inverno. Gli atti d’acquisto sono risultati da 12 a 8 al mese in fase di lockdown: per il 2% degli intervistati la risposta è stata tutti i giorni o quasi; per il 20% 2/3 volte alla settimana; per il 54% 1 volta alla settimana; per il 18% 1 volta ogni 15 giorni e solo il 6% del pubblico ha dichiarato di acquistare carne 1 volta al mese. Simile lo scenario delle prospettive per il periodo autunno/inverno seguente con un leggero aumento della frequenza d’acquisto e un 4% di intervistati che hanno dichiarato
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che non consumeranno mai carne (Immagine 1). In generale, rispetto al periodo di quarantena, il consumo di carne resta pressoché invariato con alcuni cambiamenti rispetto alle scelte di tipologia: cala il consumo di carne bovina dell’1%, sale quello di carni avicole del 5% e cala quello di carne suina del 6% (Immagine 2). Il prodotto italiano riscuote le preferenze degli italiani, elemento di rassicurazione a sostegno dell’acquisto di carne: il 42% sceglie carne nazionale, il 30% si assicura che sia di provenienza territoriale/regionale, il 29% da filiera controllata e da allevamenti che non fanno uso di antibiotici, il 24% da allevamenti attenti al benessere animale. Seguono l’attenzione per i prodotti no OGM, certificati DOP o IGP. Per il 15% dei consumatori conta l’aspetto legato all’apporto di grassi e il 14% punta sul biologico. Solo l’8% sceglie il prodotto della marca del supermercato in cui fa la spesa anche se la quasi totalità degli italiani si affida alla grande distribuzione per gli acquisti perché si sente rassicurato: ben l’87%. I contenuti di comunicazione giocano un ruolo importante nelle scele del consumatore: il 65% trae le informazioni relative al prodotto sul packaging, il 40% sul punto vendita, il 23% a volantino, il 13% da web trader e solo il 10% si affida ai mezzi di comunicazione classici come Tv, radio o web GDO. Il luogo di produzione della merce l’informazione più cercata (57%) seguita dalle moda-
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lità di produzione. Il 25% dei consumatori cerca i valori nutrizionali/apporto energetico e il 24% i benefici apportati all’organismo. Le modalità di consumo/preparazione sono richieste dal 22%. Seguono in ordine l’apporto di nutrienti, le caratteristiche organolettiche, il consumo giornaliero consigliato e gli abbinamenti. Dall’analisi emerge la necessità di implementare una comunicazione trasparente sia dentro sia fuori il punto vendita, supportando la dimensione agricola e la tracciabilità dell’alimento. Suggerisce l’opportunità di attivare percorsi di upgrading qualitativo degli assortimenti per soddisfare le esigenze di consumo, responsabili e sostenibili (Immagine 3). Infine, la ricerca consiglia in maniera rilevante di presidiare la dimensione edonistica declinata sempre di più verso cibi che favoriscano il benessere. Lo scenario relativo ai comportamenti d’acquisto dei salumi non si discosta molto da quello delle carni. Sulla totalità del territorio italiano resta pressoché invariato con un leggero calo intorno al 15% di media (Immagine 4). Per quanto concerne i luoghi d’acquisto, il supermercato resta il favorito per il 61% degli intervistati; per il 40% è la salumeria, per il 36% l’ipermercato: solo il 17% sceglie l’acquisto presso il produttore/allevatore, il 13% al discount, un modesto 6% al mercato rionale e solo il 4% compra online. Cresce in generale, dal 5 all’11%, la preferenza per il banco servito e le motivazioni riguardano prevalentemente la qualità: il 26% lo sceglie perché convinto che il prodotto sia maggiormente di qualità, il 20% perché lo considera più fresco e il 14% per le porzioni (Immagine 5). I comportamenti futuri dichiarati seguono la tendenza: il 38% degli italiani dichiara che non cercherà di risparmiare sull’acquisto di salumi, scegliendo la qualità e, anche in questo caso, il prodotto italiano riscuote le preferenze della maggioranza, il 46% (Immagini 6 e 7).
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Trend e nuovi scenari
per le industrie della CARNE e dei PIATTI PRONTI
La recente edizione di MEATTECH 2021 è stata l’occasione per presentare i dati legati alle dinamiche di produzione, trasformazione e consumo di prodotti alimentari freschi. I risultati della ricerca, condotta con il Centro Studi MECS, si focalizzano sull’arco temporale 2016-2023, con dati consuntivi fino al 2020 e previsioni per gli anni successivi. La ricerca considera il comparto del fresh food in base ai principali segmenti carne, pesce e caseario, un mercato che esprime un volume di 937 miliardi di euro. All’Interno di questo contesto, il settore carne gioca un ruolo di primo piano.
Il primato è testimoniato dai volumi, pari al IMMAGINE 1
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nendo conto del calo dell’1% registrato nel corso del 2020 (Immagini 2 e 3).
La tecnologia ha giocato un ruolo importante: 49,9 miliardi di euro sono stati spesi nel food processing machinery e 15,3 miliardi per il food packaging machinery (Immagini 4 e 5).
Infine, si è rilevato come il settore contribuisca per il 22,4% al giro d’affari con le macchine destinate a processare carni bovine o avicole e si prevede in questo campo una crescita con un tasso medio annuo (CAGR) del 6,1%, per un volume complessivo di 63,2 miliardi.
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62% della produzione totale e al 76% se si guarda alla trasformazione della carne, in un mercato che, a livello mondiale, vale 700 miliardi di euro (Immagine 1).
Tra i Paesi target della ricerca, Germania, Spagna e Francia primeggiano sul mercato del processed meat food con, rispettivamente, 38, 27 e 25 miliardi di euro di valore creato dall’industria di trasformazione. L’Italia è quarta a 21,7 miliardi. Il 50% della produzione trasformata complessiva ha visto negli ultimi 5 anni un trend di crescita pari al 2,2% annuo con un notevole peso attribuibile al lavorato fresco. Questo ha portato a un valore complessivo del mercato pari a 170 miliardi, perfino te-
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Alimenti e SARS-COV-2
Angela Mucciolo, Dottore in Scienze e Tecnologie delle Produzioni Animali Claudio Mucciolo, ASL di Salerno, Dipartimento di Prevenzione Area Sud - Servizio Igiene Alimenti di O. A.
L’argomento è di drammatica attualità, i comportamenti corretti nella manipolazione degli alimenti possono rivestire rilevante importanza per la sicurezza della popolazione e coinvolgono operatori e consumatori
La malattia da coronavirus (COVID-19) è definita come malattia causata da un nuovo coronavirus chiamato SARS-CoV-2 (“Severe Acute Respiratory Syndrome COronaVirus 2” precedentemente chiamato 2019-nCoV). Lo spettro clinico dell’infezione da SARS-CoV-2 varia da infezione asintomatica a malattia critica e fatale. Ulteriore rischio è la comparsa di nuove varianti, non di rado più contagiose e/o patogene rispetto a quelle circolanti di gran lunga prevalenti e dominanti la scena epidemiologica in molti Paesi se non addirittura in interi Continenti. In un siffatto contesto, non andrebbe parimenti tralasciato il ruolo che gli animali potrebbero giocare nell’insorgenza di nuove varianti virali. Se da un lato, infatti, il range delle specie suscettibili nei confronti dell’infezione naturale e/o sperimentale da SARS-CoV-2 appare in progressiva espansione, come recentemente documentato dai “cervi a coda bianca” (Odocoileus virginianus) nella regione nord-orientale degli Stati Uniti d’America, l’emblematico “precedente” rappresentato dagli allevamenti intensivi di visoni nei Paesi Bassi e in Danimarca (ove ben 17 milioni di questi animali sono stati abbattuti!) dovrebbe essere adeguatamente enfatizzato: nei visoni allevati in questi due Paesi è stata accertata già nel 2020, infatti, la presenza di una nuova variante di SARS-CoV-2, denominata “cluster 5” e contraddistinta dalla muta-
zione Y453F a livello della glicoproteina “spike” (S), che si sarebbe “selezionata” a seguito della pregressa acquisizione del virus umano da parte dei visoni, che gli stessi avrebbero quindi “restituito”, per così dire all’uomo. In considerazione dell’importanza e attualità abbiamo ritenuto opportuno procedere ad un’analisi delle conoscenze attuali in merito al rapporto tra virus e alimenti.
TRASMISSIONE DI SARS-COV-2
La comprensione della modalità di trasmissione è ancora parzialmente incompleta. Il primo focolaio di SARS-CoV-2 è stato comunicato all’OMS il 31/12/2019, quando le autorità sanitarie cinesi hanno notificato un focolaio di casi di polmonite ad eziologia non nota nella città di Wuhan (Provincia dell’Hubei, Cina). L’origine di SARS-CoV-2 è stata ipotizzata come zoonotica. Nell’ambito delle zoonosi mediate da allevamenti animali, le maggiori fonti di diffusione non sono rappresentate dagli allevamenti industriali, solitamente sottoposti a rigidi controlli sanitari e alle norme di buona prassi igienico-sanitaria, bensì alla scarsa igiene dei mercati del fresco/umido e alla commercializzazione di basso livello della carne. La precedente esperienza dell’emergenza della SARS ha già dimostrato la possibile origine di coronavirus da ospiti animali con malattie potenzialmente fatali nell’uomo (Hu, Zeng et al. 2017). I mercati del pesce e dei prodotti umidi in genere, sono risultati già in passato epicentri unici per la trasmis-
sione di potenziali patogeni virali all’uomo. (Webster 2004; Woo, Lau et al. 2006; Alexander 2007). L’indagine epidemiologica a Wuhan all’inizio dell’epidemia ha identificato una prima associazione con il mercato del pesce che vendeva animali vivi, dove la maggior parte dei pazienti aveva lavorato o visitato e che è stato successivamente chiuso per la disinfezione. L’analisi molecolare ha mostrato che il virus ha una alta somiglianza con un coronavirus di pipistrello ottenuto dalla provincia dello Yunnan (Zhou, Chen et al. 2020). Indipendentemente dall’origine, con il progredire dell’epidemia, la diffusione interpersonale è diventata la principale modalità di trasmissione. La trasmissione respiratoria diretta da persona a persona è il mezzo principale di trasmissione del SARS-CoV-2 (Meyerowitz, Richterman et al. 2021). Si ritiene che avvenga principalmente attraverso il contatto a distanza ravvicinata (cioè entro circa sei piedi, o due metri) tramite goccioline respiratorie: il virus rilasciato nelle secrezioni respiratorie quando una persona con infezione tossisce, starnutisce o parla può infettare un’altra persona se viene inalato o entra in contatto diretto con le mucose. L’infezione può verificarsi anche se le mani di una persona sono contaminate da goccioline o toccando superfici contaminate e poi si toccano gli occhi, il naso o la bocca, sebbene le superfici contaminate non siano considerate una delle principali vie di trasmissione (WHO 2020). SARS-CoV-2 può anche essere trasmesso a distanze maggiori attraverso la via aerea (attraverso l’inalazione di particelle più piccole delle goccioline che rimangono nell’aria nel tempo e nella distanza), ma la misura in cui questa modalità di trasmissione ha contribuito alla pandemia è controversa (Chagla, Hota et al. 2020; Klompas, Baker et al. 2020; Morawska and Milton 2020; WHO di questi nella trasmissione è incerto (Chen, Lan et al. 2020; Cheung, Hung et al. 2020; Li, Jin et al. 2020; Pham, Huang et al. 2020; Wang, Xu et al. 2020; Zheng, Fan et al. 2020). Lavori sporadici di cluster di malattia in un edificio residenziale e in una fitta comunità urbana con scarsa igiene hanno suggerito la possibilità di trasmissione attraverso l’aerosol del virus dal drenaggio delle acque reflue (Kang, Wei et al. 2020; Yuan, Chen et al. 2020). Tuttavia, secondo un rapporto WHO, la trasmissione per via fecale-orale non sembra essere un fattore significativo nella diffusione dell’infezione (WHO 2020). La rilevazione dell’RNA di SARS-CoV-2 nel sangue è stata riportata anche in alcuni ma non in tutti gli studi che l’hanno testata (Chen, Lan et al. 2020; Cheung, Hung et al. 2020; Colavita, Lapa et al. 2020; Li, Jin et al. 2020; Pham, Huang et al. 2020; Wang, Xu et al. 2020; Zheng, Fan et al. 2020). Tuttavia, la probabilità di trasmissione per via ematica (per esempio, attraverso emoderivati o aghi) appare bassa. Infine, non ci sono prove che SARS-CoV-2 possa essere trasmesso attraverso il contatto con tessuti che non siano le mucose (per esempio, pelle abrasa).
2020; Hamner, Dubbel et al. 2020; Lu, Gu et al. 2020; Shen, Li et al. 2020). Tuttavia, la trasmissione complessiva e il tasso di attacco seconda rio di SARS-CoV-2 sugge Le maggiori fonti di diffusione non sono rappresentate riscono che la trasmissio- dagli allevamenti industriali ne aerea a lungo raggio bensì dalla scarsa igiene non sia una modalità primaria (Chagla, Hota et al. 2020; Klompas, Baker et al. dei mercati del fresco/umido e dalla bassa commercializzazione di basso livello della carne 2020). Riflettendo l’attuale incertezza riguardo al contributo relativo dei diversi meccanismi di trasmissione, le raccomandazioni sulle precauzioni per via aerea nel contesto sanitario ALIMENTI E SARS-COV-2 variano a seconda dei paesi; i dispositivi di Nonostante l’ampiezza della pandemia, fino protezione personale delle vie respiratorie ad oggi non sono stati segnalati casi di trasono universalmente raccomandati quando smissione di SARS-CoV-2 tramite il consumo vengono eseguite procedure che generano di cibo. Pertanto, come affermato dall’Autoriaerosol. tà Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA SARS-CoV-2 è stato rilevato anche in cam- 2020), dall’ International Dairy Food Assopioni biologici non respiratori, quali feci, san- ciation (IDFA 2021), dall’ OMS (WHO 2020) e gue, secrezioni oculari e sperma, ma il ruolo dal CDC (CDC Food safety and coronavirus
Conservazione e cottura
disease 2019) (CDC 2020), non ci sono prove che il cibo rappresenti un rischio per la salute pubblica in relazione a SARS-CoV-2. Attualmente, non ci sono evidenze che il coronavirus SARS-CoV-2 sia trasmesso attraverso il cibo ingerito, anche se non cotto, analogamente a quanto già evidenziato nel caso del coronavirus della sindrome respiratoria mediorientale (MERS-CoV) o della sindrome respiratoria acuta grave del 2003 (SARS-CoV-1) (EFSA 2020). Inoltre, ad oggi, non è stata segnalata la trasmissione del virus SARS-CoV-2 attraverso i prodotti della filiera alimentare, dalla produzione delle materie prime alla vendita di alimenti grezzi o trasformati, ready to eat e/o a lunga conservazione. Presenza negli alimenti Il virus non è stato individuato in campioni di acqua potabile (La Rosa, Bonadonna et al. 2020; World Health and United Nations Children’s Fund 2020). L’Agenzia tedesca per la valutazione del rischio ((BfR 2020) in merito ai dati sulla trasmissione del SARS-CoV-2 attraverso la carne di maiale ha sottolineato che, mentre animali allevati in condizioni di igiene e buona salute non possono contrarre il SARS-CoV-2, la contaminazione può avvenire durante le operazioni di macellazione, lavorazione e processamento attraverso il contatto con il soggetto umano infetto. Non è però stato definito se la determinazione delle sequenze del SARS-CoV-2 provengano da virus attivo o da virus inattivato dai processi di lavorazione (BfR 2020). Nell’insieme, più che l’alimento in sé, infetto o come veicolo, prevalgono segnalazioni relative alla lavorazione e confezionamento del prodotto o ai luoghi di lavorazione. Ad esempio gli ambienti di lavorazione industriale delle materie prime, in particolare i mattatoi, sono stati valutati come luoghi a rischio per la contaminazione ambientale da virus SARS-CoV-2 (Gunther, Czech-Sioli et al. 2020). Poichè il comportamento di SARS-CoV-2 è simile a quello dei coronavirus SARS-CoV e MERS, esso è ritenuto altamente stabile a una temperatura di refrigerazione di 4 °C e si prevede che rimanga infettivo fino a 2 anni ad una temperatura di congelamento di -20 °C (WHO 2020). Le basse temperature, anche il congelamento o il super freezing, non hanno portato ad una riduzione della vitalità del virus, che è in grado di sopravvivere ed essere attivo su salmone conservato a 4 °C per più di una settimana e su maiale e pollo a -20 e -80 °C per 3 settimane (Dai, Li et al. 2020; Fisher, Reilly et al. 2020). Studi sulla persistenza del virus lungo la catena del freddo hanno evidenziato che la conservazione a basse temperature può creare una situazione favorevole al prolungamento della sua sopravvivenza, dopo la contaminazione avvenuta durante il processamento dell’alimento (Chin AWH, 2020). La cottura del cibo a 63 °C per 4 minuti ha dimostrato di ridurre la contaminazione di un prodotto alimentare da SARS-CoV-2 di un fattore 1000, secondo l’Agenzia francese per l’alimentazione, l’ambiente e la salute e la sicurezza sul lavoro ANSES (ANSES 2020). Food Packaging Non è noto il reale rischio di contagio attraverso il packaging e le superfici di conservazione e preparazione degli alimenti. Sono disponibili solo dati relativi alla sopravvivenza del virus SARS-CoV-2 sulle diverse superfici,
Le basse temperature, anche il congelamento o il super freezing, non hanno portato ma non alla sua contagiosità. A fine precauad una riduzione zionale, le maggiori attenzioni sono da osserdella vitalità del virus, che è in vare al momento della manipolazione degli grado di sopravvivere alimenti da parte del consumatore e del ed essere attivo su salmone conservato a 4 °C per più di una settimana e su maiale produttore/venditore, come indicato dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO e pollo a -20 e -80 °C 2020). È stato dimostrato che SARS-CoV-2 per 3 settimane può persistere su vari materiali sebbene gli studi siano stati effettuati in condizioni sperimentali con umidità relativa e temperatura controllate: ad esempio su acciaio inossidabile e su plastica per 2-3 giorni, su superfici in rame fino a 4 ore, e sul cartone per 24 ore (van Doremalen, Bushmaker et al. 2020), fino a 28 giorni su vetro, acciaio e carta (Riddell et al., 2020) o per diversi giorni su superfici metalliche ma a temperatura di 30 °C, sebbene l’asciugatura della superficie entro un’ora abbia determinato una significativa riduzione dell’infettività di circa 100 volte (Kratzel A, 2020). Tuttavia, non ci sono ancora prove che gli imballaggi contaminati, esposti a diverse condizioni ambientali e temperature,
trasmettano l’infezione (FDA 2020). Per affrontare le preoccupazioni che il virus presente sulla pelle possa essere in grado di trasferirsi nel sistema respiratorio (ad esempio toccando il viso), le persone che manipolano gli imballaggi devono attenersi a buone pratiche igieniche, compreso il lavaggio regolare ed efficace delle mani. Pertanto, ad oggi è più probabile che un lavoratore alimentare infetto diffonda il virus attraverso la trasmissione da persona a persona piuttosto che con cibo contaminato o materiale di confezionamento alimentare. SARS-CoV-2 rappresenta quindi una questione di sicurezza sul lavoro e protezione della salute dei dipendenti piuttosto che di contaminazione alimentare (OSHA 2020). Le attuali buone pratiche di fabbricazione (cGMP) e le norme igieniche disciplinano già la produzione di alimenti e la loro attuazione è soggetta a controlli normativi. Infatti, i controlli di igiene attuati dalle imprese alimentari sono finalizzati a prevenire la contaminazione degli alimenti da parte di qualsiasi agente patogeno, e quindi possono a loro volta essere indicati anche a prevenire la contaminazione degli alimenti da parte del SARS-CoV-2 come esplicato dall’ European Commission Directorate-General for Health and Food Safety (Commission 2020). Le aziende alimentari dovrebbero quindi continuare ad attuare questi severi controlli di sicurezza alimentare e igiene facendo attenzione ai possibili rischi per la sicurezza alimentare derivanti da misure aggiuntive relative al SARS-CoV-2 (WHO 2020) (Vedi paragrafo COMPORTAMENTI VIRTUOSI DA MANTENERE PER EVITARE LA CONTAMINAZIONE DA SARS-CoV-2). Come suggerito da alcuni autori (Rizou, Galanakis et al. 2020), sono necessarie precauzioni critiche in ogni fase della catena di approvvigionamento alimentare, dal campo alla tavola. Le precauzioni sono state raggruppate in condizioni mediche dei lavoratori (ad esempio, rimanere a casa se malati), igiene personale (ad esempio, lavarsi le mani), disinfezione delle superfici, pulizia degli ambienti di lavoro, preparazione e consegna del cibo e infine allontanamento sociale. Proprio le ultime fasi della catena sono quelle che necessitano maggiori misure di sicurezza poiché più persone sono coinvolte nel processo. È auspicabile rivedere l’HACCP alla luce dei rischi SARS-CoV-2 sopra descritti. La probabilità che i consumatori vengano infettati dal virus attraverso il contatto con materiali da confezionamento è considerata trascurabile; il genoma di SARS-CoV-2 è molto simile a quello del SARS-CoV per il quale la trasmissione secondo questa modalità non è stata tuttora confermata (Olaimat, Shahbaz et al. 2020). Finora non sono disponibili evidenze scientifiche circa la trasmissione del virus attraverso oggetti e superfici contaminate a contatto con gli alimenti, che possano far ritenere la presenza del SARS-CoV-2 sul packaging un fattore di rischio per la salute. Il processo di trasmissione non si può escludere quando il contatto con superfici contaminate è associato al contatto con le mucose (occhi, bocca, naso), anche se il rischio potenziale di contrarre la patologia dal packaging a contatto con alimenti appare molto basso (Anelich, 2020).
Rivenditore Il distanziamento fisico, la buona igiene personale con frequente lavaggio delle mani e
Designed by Freepik La probabilità che i consumatori vengano infettati dal virus attraverso il contatto con materiali da confezionamento è considerata trascurabile l’applicazione delle generali regole per l’igiene degli alimenti sono le più importanti misure di prevenzione che i lavoratori dedicati alla distribuzione e vendita degli alimenti devono applicare. In Italia queste misure sono state emanate attraverso la Circolare del Ministero della Salute (Circolare del Ministero della Salute n. 17644 del 22/05/2020 Indicazioni per l’attuazione di misure contenitive del contagio da SARS-CoV-2 attraverso procedure di sanificazione di strutture non sanitarie (superfici, ambienti interni) e abbigliamento) (MDS 2020). I lavoratori del settore alimentare sono chiamati a seguire misure prioritarie di precauzione e prevenzione riguardanti pulizia e igiene, disinfezione di superfici e punti ad alto contatto, educazione del personale sul virus e su come proteggere sé stessi e gli altri, Come suggerito da alcuni autori sono insieme al mantenimento della distanza fisica, il lanecessarie precauzioni vaggio delle mani e una critiche in ogni fase maggiore sicurezza con le della catena di approvvigionamento alimentare, dal campo alla tavola persone che soggiornano nei veicoli, disinfettando le mani quando distribuiscono documenti e altro materiale. Queste regole vanno ad aggiungersi a quelle già definite nelle buone pratiche di igiene alimentare (MDS 2020). Anche in questo caso l’OMS indica alcune linee da seguire circa l’utilizzo dei guanti e il loro cambio frequente, il lavaggio delle mani dopo la rimozione dei guanti e il falso senso di sicurezza che ne può derivare (WHO 2020). Devono essere poste in atto misure pratiche di organizzazione del lavoro, quali il distanziamento e la dotazione di dispositivi di protezione. Parimenti deve essere garantita la sanitizzazione delle superfici dei banchi di lavoro, delle vetrine in presenza di alimenti
pronti e degli utensili. Va sottolineato che le procedure di sanitizzazione debbono essere effettuate in condizione di sicurezza e nel rispetto delle buone pratiche. Diverse ricerche hanno messo in evidenza la presenza del virus SARS-CoV-2 in lavoratori del comparto carne e del pesce e della loro preparazione al dettaglio (Dao 2020; Pan, Ojcius et al. 2020; Waltenburg, Victoroff et al. 2020).
STATO NUTRIZIONALE E SARS-COV-2
Consumatore
Il comportamento che il consumatore deve rispettare per diminuire il rischio di infezione da SARS-CoV-2 è riportato nel Rapporto ISS COVID-19 (ISS 2020). Nel corso della spesa è bene quindi mantenere la distanza di almeno 1 metro e mezzo tra le persone in coda e dal rivenditore, sanitizzare il carrello o il cestino, sanitizzare le mani prima e dopo l’utilizzo del carrello o del cestino e/o proteggere le mani con guanti da eliminare in appositi contenitori finita la spesa, come tuttora consigliato, oltre che usare la mascherina correttamente indossata tutto il tempo di permanenza al supermercato. A casa, non è necessario disinfettare gli involucri che contengono gli alimenti, ma lavare le mani dopo aver manipolato le confezioni (ISS, 2020). Durante la preparazione degli alimenti è necessario seguire le 5 regole chiave stabilite dall’OMS per avere alimenti più sicuri: (1) mantenere la pulizia delle superfici; (2) separare gli alimenti crudi da quelli cotti; (3) fare cuocere bene gli alimenti; (4) tenere gli alimenti alla giusta temperatura; (5) utilizzare solo acqua e materie prime sicure (WHO 2006). Le temperature utilizzate per la cottura sono sufficienti per inattivare il coronavirus, e l’ANSES ha dimostrato che 65 °C per 4 minuti sono sufficienti a questo scopo (ANSES 2020). Il lavaggio con solo acqua potabile sembra essere sufficiente per sanificare la frutta e la verdura (WHO 2020). Nell’ambito dell’emergenza SARS-CoV-2, a fronte della mancanza di terapie disponibili o profilassi della malattia, le numerose proposte di utilizzo degli integratori alimentari hanno creato una forte aspettativa da parte della popolazione. Al momento non vi sono evidenze conclusive che supportino l’uso preventivo e/o terapeutico di un singolo nutriente e/o di un integratore alimentare o di una loro miscela nei confronti della malattia SARS-CoV-2 (Rapporto Integratori alimentari o farmaci? Regolamentazione e raccomandazioni per un uso consapevole in tempo di SARS-CoV-2. Versione del 31 maggio 2020) (ISS 2020). Tuttavia, sono in corso numerosi trials clinici sui possibili effetti di integrazioni nutrizionali sul decorso clinico del COVID-19, studi che potranno permettere valutazioni conclusive nel prossimo futuro. Primi risultati riguardanti l’inefficacia dell’uso terapeutico della vitamina C sono stati evidenziati in uno studio recente (Thomas 2020). D’altro canto al momento attuale, vi sono evidenze epidemiologiche molto solide che patologie legate ad uno scorretto comportamento alimentare quali l’obesità e il diabete di tipo 2 siano significativamente correlata ad un decorso più grave del SARS-CoV-2 (Bansal, Gubbi et al. 2020; Butler and Barrientos 2020; Clark, Jit et al. 2020; Muniyappa and Wilkins 2020). A titolo di esempio il rischio di essere ricoverati in terapia intensiva in caso di SARSCoV-2 in un soggetto con età inferiore ai 60 anni è 3,6 volte superiore per chi presenta un BMI >35 rispetto ai controlli normopeso. Inoltre, dei deceduti per SARS-CoV-2 in Italia al 01/05/2020, l’11,2% era obeso con uguale distribuzione tra uomini e donne, a conferma dell’impatto di questa condizione sull’esito sfavorevole della malattia. Diversi sono i meccanismi eziopatogenetici che collegano l’obesità e il diabete di tipo 2 con la Sindrome da distress respiratorio acuto nei pazienti SARS-CoV-2: la disregolazione immune, in particolare maggiore livelli circolanti di IL-6 prodotta nel tessuto adiposo, le patologie cardiovascolari e metaboliche a cui l’obesità predispone, una minor riserva funzionale respiratoria nei soggetti obesi, l’iperglicemia. Pertanto, la promozione di un sano e corretto stile di vita inclusa una dieta adeguata si
Evidenze scientifiche conferma quale obiettivo di salute generale. mostrano che l’eventuale contaminazione degli alimenti non proviene dall’animale ma dall’operatore durante le fasi di lavorazione e processamento, o dall’ambiente contaminato
CONCLUSIONI
Sulla base degli studi attualmente presenti a livello internazionale si possono formulare le seguenti conclusioni, in attesa di possibili modifiche e/o precisazioni successive: a) Non sono presenti evidenze scientifiche che permettano di affermare che il virus
SARS-CoV-2 si trasmette per via alimentare, attraverso gli alimenti crudi o cotti. b) Evidenze scientifiche mostrano che l’eventuale contaminazione degli alimenti non proviene dall’animale ma dall’operatore durante le fasi di lavorazione e processamento, o dall’ambiente contaminato. c) La permanenza del virus sui materiali è stata valutata in condizioni sperimentali controllate, portando a definire la sopravvivenza in condizioni ottimali. In condizioni normali, non ci sono ancora prove che gli imballaggi contaminati trasmettano l’infezione. d) Il rischio di contagio del virus SARS-CoV-2 attraverso i materiali, il packaging e le superfici a contatto con gli alimenti è trascurabile. - La catena del freddo, pur necessaria per molti alimenti, sembra avere un effetto protettivo sul virus che mantiene la sua vitalità più a lungo, sottolineando ulteriormente la necessità di precauzioni a partire dagli operatori del settore. - Gli operatori del settore devono operare secondo le direttive del Ministero della
Salute e dell’ISS utilizzando gli appositi
DPI. Negli impianti di lavorazione e nei luoghi di dispensazione degli alimenti, i lavoratori vanno costantemente monitorati mediante tamponi e test sierologici. - Non è presente nessuna relazione fra il consumo di alimenti e la diffusione e il contagio da SARS-CoV-2. - La genetica, le condizioni generali e le caratteristiche della risposta immunitaria individuali rimangono, allo stato delle attuali conoscenze, le variabili principali nel determinare la risposta clinica al virus.
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