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LA PAROLA ALL’ESPERTO: Crudi d’Italia: non solo Parma e San Daniele DOP

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CRUDI d’Italia: non solo Parma e San Daniele DOP

Giuseppe L. Pastori - Tecnologo Alimentare

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L’Italia è uno dei Paesi con la più alta densità di eccellenze eno-gastronomiche, che siano olio, formaggi, vini o salumi l’eccellenza si esprime in molti prodotti riconosciuti DOP, IGP, STG e in più di cinquemila prodotti agroalimentari censiti nell’elenco dei prodotti alimentari (PAT) dal Ministero dell’Agricoltura e dell’Alimentazione su base regionale, perché ognuno racconta la storia e le tradizioni di uno specifico territorio

L’Italia vanta diversi primati nel mondo. È riconosciuta non solo come il Paese delle Belle Arti che si rendono manifeste attraverso la sua storia, i suoi monumenti e le opere d’arte, segno delle civiltà e del genio dei nostri avi, ma anche per il presente dove primeggia nel design, nella moda, nei marchi iconici dell’automobilismo. Evoca uno stile di vita che si esprime nella ricercatezza di distinguersi dalla massa, nell’attenzione ai particolari e nell’originalità con cui facciamo le cose; piace la capacità di saper riconoscere la bellezza, la nostra gioiosità, il nostro ritmo di vita lento e naturale. Il Made in Italy è apprezzato per la qualità dei prodotti, intesa come lavoro ben fatto; per l’autenticità, frutto del lavoro artigiano e industriale che affonda le sue radici nel saper fare delle tradizioni e del territorio, non uno omologato ma tanti e diversificati perché a noi piace sentirci parte dei luoghi in cui viviamo. Chi vede l’Italia da fuori, dall’estero, non può fare a meno di amare il nostro paese e di emozionarsi ogni volta che ne incontra una parte, che sia legata al turismo o ai prodotti: e sicuramente all’estero ci apprezzano molto di più di quanto ci immaginiamo noi che viviamo in Italia. L’arte di fare le cose per bene si esprime anche nella produzione e preparazione dei cibi: non è certo un caso che il turismo verso l’Italia non si limiti solo a visitare monumenti e chiese, pinacoteche e musei o fare shopping nei negozi di moda, ma si esprima anche nella buona tavola che non si può fare a meno di apprezzare. L’Italia del resto è uno dei Paesi con la più alta densità di eccellenze eno-gastronomiche e il viaggiatore non può fare a meno di fermarsi a gustare i sapori caratteristici di determinate zone. Da nord a sud, isole comprese, ogni regione (ma anche ogni territorio all’interno della stessa regione, perché Napoli non è Caserta e Bergamo non è Milano…) si distingue per l’identità culinaria e i prodotti della propria terra. Che siano olio, formaggi, vini o salumi (e molte altre specialità ancora) l’eccellenza si esprime in molti prodotti riconosciuti DOP, IGP, STG e in più di cinquemila prodotti agroalimentari censiti nell’elenco dei prodotti alimentari (PAT) dal Ministero dell’Agricoltura e dell’Alimentazione su base regionale, perché ognuno racconta la storia e le tradizioni di uno specifico territorio. Genuini, perché spesso poco elaborati, i prodotti di eccellenza della gastronomia italiana sono valorizzati dalla Dieta Mediterranea e per questo apprezzati in tutto il mondo, ricercati e spesso copiati (male) per il valore che rappresentano, perché sono uno dei pilastri economici del nostro Paese. Tuttavia, nonostante i tentativi continui di imitazione dei nostri prodotti, noti come Italian sounding perché nel nome o nell’immagine - ma da soli non bastano! - vorrebbero replicare la qualità dei nostri prodotti originali (e creano non pochi problemi, perché rubano fette di mercato importanti alla nostra economia e per essere contrastati necessitano di continue prese legali per tutelare i nostri prodotti originali), moltissimi consumatori nel mondo riconoscono, apprezzano e valorizzano la vera produzione Made in Italy, che soddisfa sempre anche le persone più esigenti.

Il made in Italy è apprezzato per la qualità dei prodotti, intesa come lavoro ben fatto e per l’autenticità che affonda le sue radici nel saper fare delle tradizioni e del territorio Foto Consorzio del Prosciutto di Modena DOP

Avere ottenuto gli elogi della comunità internazionale ed essere riconosciuti come riferimento dei mercati alimentari di tutto il mondo non è certamente stato facile e non sarebbe stato possibile ottenerlo contando solo sulle nostre forze, se non garantiti dalle leggi e dai regolamenti europei che hanno istituito la sigla DOP (che indica i prodotti a Denominazione di Origine Protetta) che è un marchio di tutela giuridica. Tale marchio (più degli altri due, IGP e STG) lega il prodotto e le sue caratteristiche organolettiche e qualitative allo specifico territorio dove viene fatto, perché riconosce in quel determinato territorio le condizioni naturali, ambientali e umane irripetibili a cui si deve la qualità finale di quella determinata specialità. Tutti i prodotti DOP IGP d’Europa sono di eccellenza, ma è all’interno della classe merceologica “Prodotti di carne (cotti, salmistrati, affumicati, ecc.)”, dove l’Italia vanta ben 43 prodotti certificati (21 DOP e 22 IGP, che rappresentano il numero maggiore di prodotti di origine animale certificati all’interno della UE), che si trovano i prosciutti, i salumi più amati di sempre, perché accontentano tutti i palati, da quelli più semplici a quelli più raffinati. I prosciutti insieme a formaggi come il Parmigiano Reggiano DOP e il Grana Padano DOP ma più del vino e dell’olio che risentono della concorrenza di altri Paesi (il primo principalmente dalla Francia, il secondo dalla Spagna), sono particolari perché esprimono in pieno il gusto del nostro Paese che viene per questo apprezzato nel mondo; e anche se ci sono prodotti in Europa che hanno lavorazioni più o meno simili (come i prosciutti spagnoli), non si possono per questo dire uguali nemmeno in apparenza ai nostri prodotti e ciò conferma l’unicità dei nostri prosciutti. Forse non tutti sanno però che all’interno di questa categoria di prodotti possiamo vantare ben 8 prosciutti DOP, che utilizzano cosce di maiali nati e allevati in Italia e non impiegano conservanti (come nitrati e nitriti, di sodio e potassio, che sono normalmente utilizzati per la stagionatura delle carni conservate), come disposto dai Consorzi nei Disciplinari di produzione che non ne prevedono l’utilizzo. Nell’insieme dei prodotti tutelati dall’Europa dovremmo anche accennare ai 3 IGP (Prosciutto Amatriciano, Prosciutto di Norcia e Prosciutto di Sauris), oltre ai prosciutti ottenuti dalla Cinta Senese la cui certificazione riguarda la carne in sé prima del prodotto finito e altri al fuori di questi ma presenti nei PAT, tuttavia gli IGP hanno criteri meno rigidi riguardo sia l’impiego delle carni sia l’uso dei conservanti. Per le materie prime si menziona il fatto che possono essere usate “cosce dei suini pesanti adulti, esclusi verri e scrofe, provenienti da allevamenti di razze bianche incrociate e selezionate” ma non c’è un riferimento esplicito che si debbano rispettare le regole imposte dal disciplinare del suino pesante italiano, e non solo: i suini impiegati possono essere esteri. Per quanto riguarda i conservanti non c’è un esplicito impedimento a usarli, come invece risulta nei prodotti più blasonati DOP. Ognuno dei prosciutti italiani DOP ha caratteristiche peculiari che li distingue dagli altri, anche se all’estero magari fanno fatica a capire le differenze e riconoscono per lo più i prosciutti che fanno i numeri maggiori in termini di valore e esportazione come il Parma DOP e il San Daniele DOP: è compito dei Consorzi promuovere il loro prodotto nei termini di marketing che ritengono più opportuno, ma tutti hanno le qualità per farsi apprezzare. Soprattutto risulta ormai palese a tutti che in un mercato globale, con forte concorrenza da altri Paesi e con prodotti più economici, non si può andare in ordine sparso ma ci si deve muovere uniti per promuovere il sistema Italia nel suo insieme. I Consorzi più piccoli possono essere trainati da quelli più grandi per uscire dalla cerchia del regionalismo e per questo occorre continuare a sostenere una politica comune basata sulla qualità, a partire dalla materia prima nel rispetto della genetica e del peso dei maiali alla macellazione, e sulla trasparenza al consumatore. È positivo ad esempio che lo scorso anno il MIPAAF abbia lanciato una campagna di comunicazione e di sostegno agli 8 prosciutti DOP italiani, rivolta ai consumatori, per incentivare un consumo consapevole e sostenibile di uno dei prodotti di eccellenza del Made in Italy [1]. Gli aspetti peculiari dei prosciutti DOP italiani partono dalla scelta delle cosce di maiale

L’Italia vanta ben 43 prodotti certificati che rappresentano il numero maggiore di prodotti di origine animale certificati all’interno della UE (21 DOP e 22 IGP)

e continuano nelle fasi di salatura e stagionatura, ma ogni fase della lavorazione è caratterizzata da antiche e radicate tradizioni che si sono tramandate di generazione in generazione e che oggi si sono perfezionate anche in ambito di produzione industriale. Per adattare i criteri produttivi alle nuove esigenze climatiche, ambientali e di mercato, a livello industriale si riescono a sfruttare le innovazioni e le applicazioni tecnologiche, per garantire che i prodotti mantengano il loro successo. Per questo i Consorzi di tutela che sono attenti a queste evoluzioni possono modificare i disciplinari di produzione, per renderli adatti ai tempi, pur nel rispetto della tradizione e della vocazione produttiva delle eccellenze gastronomiche.

Foto Consorzio Prosciutto di Carpegna DOP

COSA DÀ VALORE AL PRODOTTO DOP?

La politica di qualità dell’UE intende proteggere le denominazioni di prodotti specifici per promuoverne le caratteristiche uniche legate all’origine geografica e alle competenze tradizionali. Nell’ambito delle denominazioni dei prodotti che possono beneficiare di una “indicazione geografica” (IG) si distinguono i prodotti DOP, gli IGP e gli STG. DOP è l’acronimo di “Denominazione di Origine Protetta” e rappresenta il primo e più importante sistema di tutela e di valorizzazione dei prodotti agricoli, alimentari e vitivinicoli di alta qualità. I nomi di prodotti registrati come DOP sono quelli che hanno i legami più forti con il luogo dal quale provengono. Ciò vuol dire che ogni parte del processo di produzione, trasformazione e preparazione deve avvenire nella regione specifica (e anche le materie prime devono essere garantite all’interno di un determinato territorio). Il sistema delle IG è regolamentato da specifiche norme europee [2 - 3] e la UE provvede a garantire giuridicamente la protezione contro le imitazioni e gli abusi all’interno della stessa Comunità Europea e nei paesi terzi in cui è stato firmato un accordo di protezione specifico: pertanto solo i prodotti che possiedono determinate caratteristiche hanno la possibilità di utilizzare il marchio o la sigla DOP. Le IG richieste e inserite nei registri dell’Unione possono essere consultate sul portale eAmbrosia (la banca dati ufficiale dei registri delle IG dell’UE) [4]: il portale dà accesso diretto alle informazioni riguardanti tutte le

indicazioni geografiche registrate, compresi gli strumenti giuridici di protezione e i disciplinari di produzione. I Disciplinari sono il documento che definisce passo dopo passo l’intero ciclo di produzione, nonché specificano l’area territoriale in cui la lavorazione deve avvenire e forniscono la documentazione storica e il suo legame con le tradizioni di quella precisa area geografica, che giustificano la richiesta e la concessione della tutela. È attraverso il riconoscimento giuridiI prodotti registrati come DOP co dello Stato membro e hanno i legami più forti con il luogo dal quale provengono. Ciò vuol dire infine dell’Europa, che lo recepisce emanando un che ogni parte del processo di apposito regolamento, produzione, trasformazione e che il prodotto DOP viene preparazione deve avvenire certificato e tutelato, non nella regione specifica prima di averlo sottoposto a una serie di esami e all’approvazione senza impedimenti di tutti gli altri Stati membri. Poiché il sistema delle DOP rappresenta il top della produzione agroalimentare in termini di qualità e gusto, il consumatore deve avere la garanzia di ricevere un prodotto sicuro, sano e realizzato con certezza di tracciabilità, con materie prime selezionate e costantemente sottoposte a controlli. Foto Consorzio del Prosciutto di Parma DOP

IL SUINO PESANTE ITALIANO AL CENTRO DELLA FILIERA SUINICOLA ITALIANA PER LE DOP

Il prosciutto italiano DOP è un prodotto di qualità che valorizza nella scelta della materia prima maiali nati, allevati e macellati in Italia. Anche se in Italia la produzione non è massiccia, la caratterizzazione dei prodotti DOP ha permesso di sviluppare un suino prettamente italiano, diverso da quello del resto del mondo, legato alla produzione mediterranea e del tutto slegato, per sua natura, dal suino nord europeo: è il suino pesante italiano. Le razze Large White, Landrace e Duroc italiane, selezionate dal Libro genealogico italiano per il suino pesante [5], sono da sempre, fin dalla stesura dei disciplinari approvati in Europa, il riferimento per le produzioni DOP. Questa tipologia di maiale viene allevata nelle regioni del così detto “circuito integrato” (si tratta di 11 regioni: Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo e Molise, con specifiche definite dai Consorzi) che fornisce la materia prima d’elezione per la produzione di carni per il consumo fresco, per la trasformazione in salumi e insaccati come da sempre nella tradizione italiana. Il suino pesante Italiano è allevato per un periodo di almeno 9 mesi, è caratterizzato da un peso vivo finale di circa 160+ kg e il peso della coscia da rifilare è di circa 16 kg. Le carni dei suini derivati da questa selezione si distinguono per le carni mature perché hanno un equilibrato rapporto tra parte magra e parte grassa, e presentano sotto sale e durante la stagionatura minori perdite d’acqua [6]. Dalla scelta della materia prima alla salatura, stagionatura e marchiatura, ogni fase garantisce il rispetto dei disciplinari dei Consorzi e la cura dei dettagli. La ricetta per produrre i prosciutti DOP del resto è semplice: aggiunta di sale e stagionatura di almeno 12 mesi. Il risultato è un prodotto uniforme

con maggior resa tecnologica e migliori caratteristiche organolettiche. Oggi la particolarità dei prodotti italiani viene confermata anche da studi scientifici mirati. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Bologna, in collaborazione con altri enti italiani e stranieri, ha individuato nel genoma della razza Duroc italiana, che è prevalentemente usata negli incroci per questo tipo di produzione, i singoli geni collegati alle principali caratteristiche che definiscono i prosciutti di alta qualità [7].

CARATTERISTICHE DEI PROSCIUTTI DOP ITALIANI

Le varietà di prosciutto riconosciute come DOP sono 8, anche se come abbiamo accennato si trovano eccellenze di prodotto tra i prodotti tutelati IGP e diverse specialità regionali che hanno una distribuzione più circoscritta. Limitandoci a parlare dei DOP, poiché non c’è uno migliore ma tanti eccellenti prodotti ciascuno con la sua peculiarità, ecco la lista delle eccellenze in rigoroso ordine alfabetico: Crudo di Cuneo DOP, Prosciutto di Carpegna DOP, Prosciutto di Modena DOP, Prosciutto di Parma DOP, Prosciutto di San Daniele DOP, Prosciutto Toscano DOP, Prosciutto Veneto Berico-Euganeo DOP e Vallée d’Aoste Jambon De Bosses DOP. può essere miscelato con spezie o estratti di spezie o antiossidanti naturali. Non sono ammessi conservanti. A stagionatura ultimata il peso deve essere compreso tra 7 e 10 kg, al taglio si presenta di colore rosso uniforme.

2. PROSCIUTTO DI CARPEGNA DOP

Il prosciutto di Carpegna è lavorato e stagionato esclusivamente nel comune di Carpegna nelle Marche. Il Consorzio ammette suini nati, allevati e macellati in Lombardia, Emilia Romagna, Marche e fa proprie le prescrizioni per la materia prima dei prosciutti destinati a Parma e S. Daniele; i suini devono avere i caratteri del suino pesante italiano ed essere macellati non prima dei 10 mesi di età con peso della coscia intorno ai 12 kg. La salatura impiega solo sale marino ma-

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1. CRUDO DI CUNEO DOP

Il Crudo di Cuneo è un prosciutto DOP dal 2009, anno del riconoscimento a livello europeo. È prodotto in tutta la provincia di Cuneo, di Asti e in alcuni comuni di quella di Torino, con carni suine provenienti dalle medesime zone. L’età minima di macellazione è di 8 mesi, mentre quella di produzione deve avere una stagionatura minima di 10 mesi da inizio lavorazione. La salagione è eseguita a secco con sale essiccato o parzialmente umidificato. Il sale può contenere piccole quantità di pepe nero spaccato e aceto e

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cinato a secco, la stagionatura minima è di 13 mesi e il prosciutto non deve avere peso inferiore a 8 kg. Si presenta di forma tondeggiante, tendente al piatto; al taglio presenta colore rosa salmonato e adeguata quantità di grasso solido bianco rosato all’interno.

3. PROSCIUTTO DI MODENA DOP

Il prosciutto di Modena non è di certo il cugino meno illustre del Parma, nasce nella stessa regione ma vanta una storia molto antica che risale probabilmente al tempo degli Etruschi e anche prima, in una terra da sempre vocata all’allevamento del maiale che ha come zona di produzione la fascia collinare della provincia di Modena. Vengono usate esclusivamente carni provenienti da Emilia-Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte, Marche, Umbria, Toscana, Lazio, Abruzzo e Molise. Il suino viene macellato ad almeno 9 mesi con un peso medio di 160 kg; per la salatura viene usato esclusivamente sale marino; viene ripetuta due volte nell’arco di 20 giorni e senza usare conservanti. La lavorazione dura almeno 14 mesi prima dell’apposizione del marchio a fuoco, ma di regola si prolunga oltre. A fine stagionatura il prosciutto ha un peso compreso tra 8 e 10 kg. Al taglio si presenta di colore rosso vivo, il gusto è sapido ma non salato con profumo intenso e gradevole. Il prosciutto di Modena DOP è l’ingrediente fondamentale del ripieno dei tortellini.

4. PROSCIUTTO DI PARMA DOP

Il prosciutto di Parma DOP è riconosciuto come uno dei prodotti più rappresentativi del Made in Italy ed è anche quello che fa i volumi maggiori in termini di produzione e esportazione. L’area di produzione corrisponde con la provincia di Parma, situata sotto la via Emilia e delimitata dai torrenti Enza e Stirone. I suini idonei per il Parma DOP arrivano da Emilia-Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte, Molise, Umbria, Toscana, Marche, Abruzzo e Lazio; sono utilizzate razze italiane iscritte nel Libro Genealogico Italiano, macellate ad almeno 9 mesi e con peso medio di 160 kg. La salatura è fatta esclusivamente con sale marino; la stagionatura minima è di 12 mesi, prima che le cosce idonee siano marchiate a fuoco, comunque di norma prosegue fino 18/24 mesi e oltre conferendo al prosciutto una consistenza più soda ma ugualmente morbida e profumata. Le sue origini si fanno risalire al II secolo avanti Cristo, epoca in cui Catone il Censore ne descrisse la produzione.

Foto Consorzio del Prosciutto Toscano

5. PROSCIUTTO DI SAN DANIELE DOP Il prosciutto di San Daniele DOP è il secondo circuito più conosciuto tra i DOP italiani, anche se i numeri non sono di certo quelli del Parma perché la produzione avviene solo nel territorio del comune di San Daniele del Friuli (in un’area di soli 35 km2) in provincia di Udine. Il Consorzio accetta suini da Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Piemonte, EmiliaRomagna, Umbria, Toscana, Marche, Abruzzo e Lazio. Le cosce in lavorazione devono avere un peso di almeno 12 kg, la cui particolarità è di mantenere il piedino. La salatura viene fatta per un tempo variabile a seconda del peso. Si vuole che la coscia resti sotto sale un giorno per ogni chilogrammo di peso e quindi venga ripulita e leggermente pressata per 24-48 ore, prima di essere avviata alle fasi successive: in questo modo assume la tradizionale forma “a chitarra”. La stagionatura si protrae per un periodo di minimo 13 mesi. Al taglio la fetta si presenta di colore rossorosato, con striature di grasso bianco. L’aroma è delicato tendente al dolce 6. PROSCIUTTO TOSCANO DOP La produzione del prosciutto Toscano DOP avviene nell’intero territorio regionale. Utilizza per la produzione suini appartenenti alle razze Large White italiana, Landrace italiana e Duroc

Le varietà di prosciutto riconosciute come DOP italiana o da altre razze ritenute compatibili, che sono 8 ma esistono devono essere nati, alleeccellenze di prodotto vati e macellati nei terrianche tra i prodotti tutelati IGP e diverse specialità regionali che hanno una distribuzione tori delle regioni Toscana, Emilia-Romagna, Lombardia, Marche, Umbria e più circoscritta Lazio. Le cosce vengono rifilate ad arco in modo che la porzione carnosa dopo stagionatura non sporga per più di 8 cm dalla testa del femore. Sono salate a secco mischiando al sale il pepe e aromi naturali (essenze e aromi tipici come aglio, rosmarino, ginepro e mirto). La stagionatura non deve essere inferiore ai 10 mesi per prosciutti di peso finale di 7,5-8,5 kg e ai 12 mesi per prosciutti di peso maggiore agli 8,5 kg. Il suo gusto saporito dato dal sale e dalle essenze si sposa alla perfezione con il pane toscano “sciocco” privo di sale.

Foto Consorzio del Prosciutto di San Daniele 7. PROSCIUTTO VENETO BERICO-EUGANEO DOP

Il prosciutto Veneto DOP impiega cosce di suini, in purezza o derivati, dalle razze tradizionali di base Large White, Landrace e Duroc italiane. La zona di produzione si estende in 15 comuni al confine meridionale delle province di Padova, Vicenza e Verona, nella regione Veneto. I suini utilizzati per la produzione devono essere nati, allevati e macellati nel territorio delle regioni Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio e Umbria; gli animali idonei per la produzione vengono tatuati entro il quarantesimo giorno dalla nascita e alimentati specificatamente. La macellazio-

ne avviene non prima del 9° mese quando i maiali hanno raggiunto un peso di almeno 150 kg. La salagione viene fatta esclusivamente con sale marino, poi il prosciutto viene leggermente pressato prima di essere fatto asciugare naturalmente. La marchiatura è apposta dopo una stagionatura minima di 12 mesi, che si protrae fino a 18/24 mesi, periodo in cui il prosciutto esalta il suo profumo e sapore. Il peso a stagionatura ultimata è compreso tra 8 e 11 kg. Al taglio la carne è rosa con leggera marezzatura, che rende la fetta morbida e profumata. parti scoperte della carne e della testa del femore sono ricoperte con pepe macinato grossolanamente per evitarne l’ossidazione. La stagionatura richiede un periodo minimo di 12 mesi che può essere estesa fino a 30 mesi. Il Jambon de Bosses DOP è rilasciato con un peso minimo di 7 kg, forma semi pressata e con piedino. Al taglio - rigorosamente fatto a mano - il colore della carne è rosso vinoso, con grasso sodo e brillante. Gusto delicato, leggermente salato e profilo aromatico caratteristico.

Foto Consorzio di Tutela del Prosciutto Veneto Berico Euganeo DOP

8. VALLÉE D’AOSTE JAMBON DE BOSSES DOP

Il Jambon de Bosses nonostante il nome è italianissimo e prodotto in Valle d’Aosta, nel territorio del comune di Saint-Rhémy-enBosses, collocato ad una altezza di circa 1.600 metri s.l.m. Le cosce fresche derivano da suini delle razze Large White, Landrace e Duroc Italiana nati, allevati e macellati in Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Le cosce vengono salate con aggiunta di pepe in grani e macinato, salvia, rosmarino, aglio, ginepro, timo, alloro. Dopo riposo sotto sale, lavaggio e asciugatura le

Le economie di alcuni territori ricchi di tradizioni, bellezze naturali e artistiche, e professioni artigianali, possono essere rilanciate collegando fra loro queste filiere sul piano operativo e dei servizi e su quello della comunicazione

CONCLUSIONI

Sebbene i nostri DOP rappresentino un punto di forza del sistema economico agroalimentare italiano, hanno sempre bisogno di essere protetti e tutelati, non tanto perché i Consorzi non siano in grado di farlo da soli ma perché al giorno d’oggi ci si deve confrontare su relazioni complesse che interessano delicati equilibri di mercato o comunicare valori come la sostenibilità [8] e l’attenzione per il benessere animale. Ci si trova a gestire (al di fuori dell’Europa) la crisi dei mercati tra protezionismo e tentativi di contraffazione e (all’interno della UE) le spinte semplicistiche da parte dei Paesi del nord verso modelli nutrizionali, in termini di etichettatura alimentare, come il Nutriscore che privilegiano alimenti complessi a scapito di quelli sostanzialmente mono ingrediente (o con una lista di ingredienti ridotta) come sono gran parte dei DOP, le cui peculiarità sono implicite nel prodotto e non possono essere alterate perché rispettano già precisi disciplinari di produzione. Inoltre, i nostri prodotti DOP, soprattutto e anche quelli di carne, assumono valore all’interno della Dieta mediterranea che è sì riconosciuta come regime alimentare equilibrato, ma viene messa in discussione proprio laddove si supporta il consumo di alimenti elaborati che vengono presentati con una lettera o un colore più favorevole rispetto ai DOP, penalizzati per una caratteristica, vuoi il grasso o il tenore di sale, che nei 100 g di riferimento (tale viene rappresentato dal Nutriscore) non rappresenta la porzione effettiva di consumo. Tuttavia, poiché oggi il consumo di carne è oggetto di un atteggiamento sempre più critico dei consumatori in termini di nutrizione, di etica e di sostenibilità ambientale, non si può più comunicare solo il valore del prodotto legato al territorio e si deve abbandonare l’idea di difenderlo minimizzando i fenomeni che sono di ostacolo. Si devono abbandonare gli argomenti di dialogo e di confronto del sistema tradizionale e mettere in evidenza nuove e inattese potenzialità. Secondo un’idea del Prof. Claudio Peri, Emerito dell’Università di Milano e divulgatore delle Scienze e Tecnologie Alimentari, ci si deve organizzare creando una Community of Purpose (cioè una Comunità di scopo) del territorio, che abbia il compito di creare sinergie tra la filiera delle carni ed altre filiere di produzione e di servizio, dalle cantine ai musei (non solo quindi l’aspetto enogastronomico di cui il prodotto alimentare è legato). Secondo il Prof. Peri, le economie di alcuni territori ricchi di tradizioni, di bellezze naturali e artistiche, di professioni artigianali, possono essere rilanciate con successo collegando fra loro queste filiere sia sul piano operativo e dei servizi che su quello della comunicazione. Nell’approccio di comunicazione al consumatore non si deve dare per scontato la conoscenza del prodotto solo in termini di storia e tradizione, ma si deve puntare a una strategia per cui la qualità del prodotto è riconosciuta anche in termini di sostenibilità, identificata nella filiera allargata dei servizi che fanno riferimento al territorio nel loro complesso. 

BIBLIOGRAFIA

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«Istituzione del Fondo nazionale per la suinicoltura», adottato in attuazione dell’art. 11-bis del Decreto-legge 29 marzo 2019, n. 27, 2. Regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari (GU L 343 del 14.12.2012, pp. 1–29). 3. Regolamento (UE) 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari, recante modifica dei regolamenti …, (UE) n. 1151/2012… (GU

L 95 del 7.4.2017, pp. 1–142). 4. Commissione Europea – Registro delle indicazioni geografiche dell’UE. https://

Gli autori sono responsabili delle opinioni espresse negli articoli e delle relative bibliografie

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