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SICUREZZA ALIMENTARE
L’impatto
CHIEDETELO A...
Cosa sono i prodotti ultra-processati? In cosa si differenziano dai prodotti di salumeria?
L’impatto
Cosa sono i prodotti ultra-processati? In cosa si differenziano dai prodotti di salumeria?
Tecno Brianza presenta la legatrice per salumi, carni, arrosti FRT-MF-400-G MKIII in sostituzione alla ben conosciuta “Mosca” presente nel mercato da oltre trentacinque anni con oltre 800 macchine presso i nostri clienti. La nuova legatrice presenta varie opzioni di lavoro, in modo tale da poter legare qualsiasi tipologia di prodotto alimentare.
• Il piano di lavoro permette di imbragare e imbrigliare prodotti fino ad una lunghezza di 45 cm.
• Sistema di legatura a croce: con un solo nodo è in grado di effettuare una croce. Ideale per salumi di piccolo taglio, cotechini e arrosti
• Sistema di legatura a spirale: costruisce una spirale su salumi, carni di medio taglio con nodo finale.
Dimensioni: 880 x 565 x 1495 mm.
Peso: kg.165
Potenza: 230 Volt; 50/60 Hz; 1,6 kW
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Cubettatrice ad alta capacità produttiva adatta al taglio perfetto di julienne di prosciutto cotto. Facilmente inseribile in linee automatiche, nastro di scarico incorporato, velocità variabile, connessa e 4.0 ready.
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Luca Codato - codato@ecod.it
reDazione:
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GrafiC a e impaGinazione: Sabrina Zampini - grafica@ecod.it
Hanno Collaborato: Angela Mucciolo, Claudio Mucciolo, Giuseppe L. Pastori.
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ASSOCIATO A:
E RIFLESSIONI: Proteine alternative - Sfide e opportunità per l’innovazione nel settore alimentare - Convegno AITA
MERCATI E CONSUMI: 2024, prendiamoci una pausa - Rapporto Coop relativo ai consumi 2023
SICUREZZA ALIMENTARE: L’impatto del cambiamento climatico sulla sicurezza alimentare globale
MONDO AZIENDE: Fs 525, il sistema di formatura modulare all-in-one di Handtmann
CASE HISTORY: Centro Carni Company - Da 40 anni al servizio della filiera
DOSSIER, PACKAGING: Alla ricerca del packaging “sostenibile”
AZIENDE E INFORMATICA: CSB-System - Logistica come processo integrato
PARIGI: DAL 19 AL 23 OTTOBRE
Il settore italiano delle tecnologie per il packaging supera per la prima volta quota 9 miliardi: nel 2023, secondo i dati preconsuntivi di Mecs-Centro Studi di Ucima (Unione Costruttori Italiani Macchine Automatiche per il confezionamento e l’imballaggio), il fatturato complessivo del settore si attesta a 9 miliardi e 50 milioni di euro, in aumento del 6% rispetto al 2022. Se i consuntivi confermeranno questa cifra, si tratterà del terzo record consecutivo dopo quelli del 2021 e del 2022. Nel dettaglio, il mercato dei costruttori italiani di macchine per il packaging è trascinato in questa cavalcata dall’export, che vale l’81,3% del fatturato e che chiuderà l’anno con 7,36 miliardi di giro d’affari. La crescita sui mercati esteri è pari al +12% rispetto al 2022. Trend positivi si sono registrati un po’ dappertutto: considerando gli ultimi dati disponibili (ovvero quelli del periodo gennaio-agosto), il Nord America è cresciuto del 25% rispetto allo stesso periodo dell’anno prima, l’Unione Europea del 17%, l’Asia del 22% e il Sudamerica del 31%. In calo il mercato domestico, che si ferma a 1,68 miliardi, -14% rispetto al 2022.
• Il 25% del fatturato delle aziende del settore deriva dall’attività di service.
• Il portafoglio servizi offerto dalle imprese è piuttosto ampio ma genera ricavi ancora contenuti.
• Le grandi aziende appaiono molto più mature rispetto al digital service in tutte le sue forme.
• L’offerta di servizi digitali risulterà sempre più fondamentale nelle scelte di acquisto dell’utilizzatore.
• Quasi il 70% delle imprese considera che, entro tre anni, saranno determinanti per la vendita del macchinario.
Sono i risultati dell’Osservatorio “Digital Servitization nel settore machinery”, progetto di ricerca di Digital Industries World, svolto in collaborazione con ASAP Service Management Forum (Centro Interuniversitario di Ricerca sull’innovazione e la gestione dei Servizi nelle Imprese Industriali), Acimac, Acimall, Acimit, Aita, Amafond, Amaplast, Siri, Ucima e Fondazione Ucimu.
Lo studio, condotto su un ampio panel di imprese del machinery - sono circa 200 le aziende che hanno risposto al questionario - contribuisce a dare una fotografia del grado di maturità digitale dell’industria del bene strumentale presente nel Paese.
SIAL Paris 2024 è pronto ad accogliere oltre 7.500 espositori in rappresentanza di oltre 130 paesi, con una previsione del 75% di visitatori internazionali. Sial è considerato un evento principale per gli operatori dell’industria alimentare di tutto il mondo e la prossima edizione promette di essere un appuntamento senza precedenti per le aziende innovative e i decision maker. Tema della manifestazione 2024 sarà “Own the Change”, SIAL 2024 mira a galvanizzare i professionisti del settore ad abbracciare le trasformazioni in corso e ad affrontare le sfide alimentari globali. Tra le novità, una nuova planimetria che raggrupperà gli espositori per tema.
In termini di partecipazione alla fiera, Francia e Italia si contendono il primo posto, con l’Italia attualmente in testa per superficie espositiva, con circa 17.000 metri quadrati. I settori con una presenza più importante di espositori italiani sono la “Drogheria, Prodotti Secchi”, i “Prodotti Lattiero-caseari/Uova” e i “Prodotti Dolciari, Biscotteria e Panificazione Fine”.
UCIMA, l’Unione dei Costruttori Italiani di Macchine Automatiche per il confezionamento e l’imballaggio è entrata a far parte di Digital Industries World, l’Associazione che dal 2018 si impegna a promuovere la trasformazione digitale nell’industria, attraverso iniziative e progetti concreti.
L’associazione di settore, che aderisce a Confindustria, riunisce circa 180 brand e rappresenta un settore che ha chiuso il 2023, secondo i dati preconsuntivi, con un fatturato record di 9 miliardi di euro, di cui l’81% proveniente dall’export. Nel mondo infatti sono migliaia le linee per il packaging di food and beverage, per il pharma, per la cosmesi e l’home care e per il tissue che “parlano” italiano. Un’eccellenza che impreziosisce la Community di Digital Industries World, avvalorandone ulteriormente il concept fondativo: “The Power of Many”.
Digital Industries World e Ucima d’altronde condividono nella loro attività quotidiana, pur partendo da ambiti di intervento diversi, gli obiettivi della promozione della digitalizzazione e della valorizzazione delle innovazioni che le aziende italiane sono in grado di esprimere.
ERRATA CORRIGE
Sul numero di Ingegneria Alimentare di marzo-aprile a pagina 27 è comparso un errore nel titolo “Sanificazione automatica”. Ci scusiamo per il refuso.
• Nuova tecnologia all-in-one: disidratazione, cottura e arrostitura al forno a convezione forzata
• Grande versatilità: Possibilità di essiccare, cuocere e arrostire al forno tutti i tipi di prodotti e formati
• Accelerazione dell’innovazione: favorisce lo sviluppo di nuovi prodotti Ready-to-Eat
• Sviluppo di nuovi prodotti: proteine alternative e prodotti di carne alternativi
• Ottimizzazione dei processi: Prestazioni più elevate e consumi molto ridotti
• Connettività totale 4.0: Pieno controllo del processo automatico
Nel 2023 la Finocchiona IGP conferma gli ottimi numeri del 2022 e rilancia: confermati i risultati positivi ottenuti nel 2022, evidenziando una robustezza del marchio nonostante le sfide di mercato. Nell’anno passato si è registrata una minima flessione nell’insacco rispetto al 2022, con un -0,54%. Sono stati insaccati complessivamente 2 milioni 369 mila chilogrammi di impasto destinato a essere stagionato e certificato come Finocchiona IGP, corrispondenti a oltre 850.000 pezzi.
Il prodotto certificato ed immesso sul mercato, o avviato a successiva lavorazione come tranciatura e confezionamento sottovuoto oppure l’affettamento e confezionamento in vaschetta, registra un leggero aumento rispetto al 2022 (+0,4%) portando a tre anni consecutivi il segno positivo nel prodotto immesso in commercio. Sono stati certificati oltre 1milione 920mila chilogrammi registrando il record in volumi per la Finocchiona IGP certificata e immessa in commercio.
Se la Finocchiona IGP affettata e confezionata in vaschetta ha subito una diminuzione dell’11,1% nei volumi confezionati, resta comunque forte con oltre 3 milioni di unità complessive. In controtendenza, il prodotto confezionato in tranci sottovuoto ha registrato un incremento del +5,5%, totalizzando oltre 840 mila chilogrammi.
Un ritorno della produzione ai livelli pre-Covid, con 81.351 culatelli sigillati (per 325mila chilogrammi) e un fatturato al consumo che supera i 20 milioni di euro. I dati economici di un 2023 chiuso con un trend positivo, diffusi dal Consorzio di Tutela del Culatello di Zibello, affermano che il prodotto ha superato la quota record di 100mila pezzi sigillati, la produzione si è consolidata ai livelli pre-pandemia, con un fatturato alla produzione di 12 milioni di euro. Un dato ancor più importante considerando l’aumento dei costi della materia prima, che nel 2023 ha fatto registrare un +15%, all’interno di un trend costante dell’ultimo triennio dove i prezzi sono addirittura raddoppiati.
Cresce in particolare il preaffettato: nel 2023 il 46% dei culatelli marchiati ha contribuito a produrre 1,17 milioni di confezioni. Una costante crescita con un dato su tutti: quasi la metà dei culatelli prodotti viene destinato alle vaschette. Un trend estremamente positivo. Nel 2023 sono state immesse sul mercato 1,17 milioni di vaschette, utilizzando 37.424 degli 81.324 culatelli marchiati per un peso complessivo di oltre 142mila chilogrammi. In percentuale, rappresenta il 46% dell’intera produzione annua, in netto aumento rispetto al già notevole 41,5% dello scorso anno.
Analizzando più nello specifico il fatturato 2023, la quota estero del Culatello di Zibello Dop si attesta su un 25% del totale: i Paesi dell’area UE (in primis Francia e Germania), insieme con la Svizzera, rappresentano l’88% dell’export, ma cresce anche il Nord America, con Canada e Stati Uniti, oltre al Giappone e il Regno Unito. Infine per quanto riguarda Il canale di commercializzazione, il normal trade si conferma quello principale con una quota pari al 60% del comparto, mentre la grande distribuzione organizzata rappresenta il restante 40%.
Fratelli Beretta ha recentemente completato l’acquisizione del 100% del capitale sociale di Bedogni, prosciuttificio italiano fondato da Egidio Bedogni oltre sessant’anni fa, specializzato nella produzione di Prosciutto Crudo di Parma.
L’operazione consentirà al salumificio Bedogni di espandere la propria presenza su nuovi mercati mantenendo saldo il legame dell’azienda con il territorio d’origine.
Il Gruppo Beretta, con l’acquisizione, rafforza il suo posizionamento nella gamma di prosciutti crudi premium.
Prosciutto di Parma Bedogni entrerà infatti nella linea “Le Nostre Eccellenze”, al fianco di grandi classici della salumeria italiana come i prosciutti crudi San Daniele, Carpegna e Toscano.
COPPA DI PARMA IGP, ottimi risultati!
Un fatturato al consumo da 73 milioni di euro, con una crescita del mercato canadese arrivato a sfiorare la metà dell’export complessivo. Sono i principali dati del 2023 comunicati dal Consorzio di Tutela della Coppa di Parma Igp, che racchiude 21 aziende associate per un comparto da oltre 500 occupati tra addetti diretti e lavoratori legati all’indotto.
Nel 2023 il volume del prodotto certificato è cresciuto del 7%, arrivando a superare i 2 milioni di chilogrammi. Buone anche le performance del preaffettato, che dopo un inizio di 2023 negativo ha raggiunto i livelli dell’anno precedente, soprattutto grazie a un +15% fatto registrare a novembre poco prima delle festività natalizie. La grande distribuzione infine si conferma il canale di commercializzazione principale, mantenendo una quota pari al 70% del turnover del comparto. In crescita anche il settore ho.re.ca.
Soddisfatto Fabrizio Aschieri, presidente del Consorzio di Tutela della Coppa di Parma Igp: “Il 2023 è stato un anno in cui abbiamo affrontato sfide importanti, come la crescita esponenziale del costo delle materie prime arrivato addirittura a un +16%, fattispecie che deriva anche dalla minor disponibilità di suini. Ecco perché aver aumentato i volumi del prodotto certificato ci rende molto soddisfatti e testimonia l’apprezzamento dei consumatori per la Coppa di Parma Igp”.
Lo Speck Alto Adige IGP si conferma anche per il 2023 uno dei salumi più esportati in Italia (con un tasso di esportazione del 32,5%). Inoltre, nel 2023 è stato registrato un leggero aumento delle vendite dello Speck Alto Adige IGP dell’1.5% rispetto al 2022.
Il bilancio del 2023 testimonia un anno sfidante ma che conferma il miglioramento costante della qualità dello Speck Alto Adige IGP, una maggiore notorietà del marchio (ormai conosciutissimo in Italia, in Europa e negli USA), e la sua salvaguardia da un uso illecito.
In dettaglio:
• con un tasso di esportazione del 32,5% è uno dei salumi più esportati in Italia. Il principale mercato di esportazione per lo Speck Alto Adige IGP rimane la Germania con il 24,2%.
• Altri mercati di esportazione includono gli Stati Uniti (3,8%), dove la popolarità dello Speck Alto Adige IGP è aumentata costantemente negli ultimi anni (un aumento dell’1% rispetto all’anno precedente).
• Francia (2%), Svizzera (0,8%), Austria (0,5%), Belgio (0,35%) e Regno Unito (0,35%) sono altri mercati di esportazione.
• Lo sviluppo positivo dei mercati di esportazione è stato continuato con successo dopo gli anni della pandemia e l’andamento positivo è stato confermato.
• In altri mercati come Polonia, Canada, Spagna, Grecia, Paesi Bassi, Hong Kong e altri venti mercati, circa lo 0,5% della quantità prodotta viene esportata. In Italia, il 65% della produzione viene distribuita attraverso i supermercati.
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Un fatturato al consumo in leggera crescita a quota 87 milioni di euro. E un preaffettato che seppur in calo rispetto all’anno scorso, si mantiene ben al di sopra dei livelli 2019 (+9%). Il Salame Felino Igp conferma i buoni risultati anche nei dati economici 2023, nonostante «un aumento dei costi relativi alla materia prima mai visto in precedenza, intorno al 20%», come ribadito da Umberto Boschi, presidente del Consorzio di Tutela del Salame Felino Igp.
Il Consorzio, che raggruppa nel territorio di Parma 14 aziende produttrici del Salame Felino Igp, con circa 500 addetti tra lavoratori diretti e legati all’indotto, ha confermato la Gdo come principale canale di commercializzazione.
Ottimi riscontri sono stati registrati dal banco taglio grazie al ritorno dei consumatori al mercato assistito, ma anche il preaffettato si mantiene ben al di sopra dei livelli pre-Covid. Nel 2019, erano stati 526mila i chilogrammi destinati all’affettato; nel 2023 invece, la quota è salita fino a 573mila chilogrammi (+9%).
Infine l’export si attesta a circa il 3%, con l’Europa come principale mercato di riferimento, ma il Consorzio nel corso del 2023 ha registrato un ulteriore interesse da diversi clienti, in particolare nei mercati extra Unione Europea e negli Stati Uniti.
Citterio,
“SENZA” per tutti
I prodotti senza glutine e senza lattosio stanno avendo una crescita importante in Italia, tanto che quelli senza glutine sono acquistati dal 30,3% delle famiglie italiane, mentre quelli senza lattosio addirittura dall’83,2%. Negli ultimi tre anni inoltre la spesa media per i prodotti senza lattosio è aumentata del 44%, mentre per quelli senza glutine del 13%.
Citterio, storica azienda di salumi, ha scelto di innovare e proporre una line extension della sua storica linea Unduetris, lanciando sul mercato il nuovo Unduetris Senza Glutine & Senza Lattosio.
Uno snack sfizioso adatto a tutti e in particolare a coloro che hanno intolleranze al glutine e al lattosio, l’Unduetris Senza Glutine & Senza Lattosio è ideale per ogni occasione di consumo, confezionato e sicuro da gustare ovunque, come pausa snack in ufficio, a scuola e come sfizioso aperitivo da condividere a casa in famiglia e con gli amici.
Citterio offre al consumatore uno snack che soddisfa dunque le caratteristiche del Senza Glutine e Senza Lattosio: 7 sottili fette di Salame (34g) 7 fette di Formaggio dolce Senza Lattosio (34g) e 4 croccanti Grissini Senza Glutine (12g).
crollo per gli
I dati Istat sulle vendite al dettaglio confermano i pesanti tagli di spesa operati dalle famiglie nel 2023 per far fronte al caro prezzi, e le profonde modifiche nelle abitudini degli italiani. Lo afferma Assoutenti, che sottolinea in particolare la marcata riduzione delle vendite per i beni alimentari.
“Nella media del 2023 le vendite dei prodotti alimentari hanno registrato una contrazione in volume del -3,9%, a fronte di un aumento in valore del 5,8% - spiega il presidente Gabriele Melluso – Questo significa che le famiglie, pur avendo messo in tavola meno cibo e bevande rispetto all’anno precedente, si sono ritrovate a spendere di più, e questo a causa del forte aumento dei prezzi che ha investito il settore”. “Al netto dell’inflazione le vendite di cibi e bevande sono così calate in Italia complessivamente di ben 5,8 miliardi di euro nel 2023, e non è tutto – prosegue Melluso - Gli italiani da un lato tagliano la spesa, dall’altro cambiano le proprie abitudini, attuando strategie tese a massimizzare i risparmi: lo dimostrano gli stessi dati Istat che registrano lo scorso anno una forte crescita per i discount alimentari, esercizi che vedono le vendite salire del +8,2% nella media dell’intero 2023, il dato più elevato tra tutti gli esercizi commerciali”.
CULTURE MICROBICHE “MADE IN ITALY”
CULTURE MICROBICHE “MADE IN ITALY”
Bioagro offre una vasta gamma di starter per le produzioni dei salumi
Bioagro offre una vasta gamma di starter per le produzioni dei salumi
UNA GAMMA DI FERMENTI CHE PUÒ SODDISFARE LE DIVERSE ESIGENZE DEL CLIENTE IN TERMINI DI QUALITÀ ORGANOLETTICA, DI VELOCITÀ DI ACIDIFICAZIONE
UNA GAMMA DI FERMENTI CHE PUÒ SODDISFARE LE DIVERSE ESIGENZE DEL CLIENTE IN TERMINI DI QUALITÀ ORGANOLETTICA, DI VELOCITÀ DI ACIDIFICAZIONE
E DI SICUREZZA SANITARIA
E DI SICUREZZA SANITARIA
Galbanetto tradizionale, l'iconico marchio di Galbani, parte di Lactalis Italia, è il compagno perfetto degli aperitivi estivi. Il salame, senza derivati del latte e senza glutine, ha un gusto semplice e delicato, piumato in superficie e facile da pelare; la forma leggermente arrotondata è tipica dei salamini di una volta. La fetta è morbida e compatta e la grana fine “a chicco di riso”. La ricetta, arricchita da aromi e spezie, garantisce un intenso profumo di salame, dalle fresche note di aglio e pepe.
Per tutto il mese di maggio è stato protagonista di un tour itinerante – Galbanetto Aprinetto – con tappe a Milano, Napoli e Catania con una simpatica apercar, offrendo assaggi del delizioso Galbanetto (e non solo) e coinvolgendo i presenti in attività ricreative, tra giochi, sfide e premi.
Un modo divertente per celebrare l’aperitivo, all’insegna del gusto e del divertimento.
Attraverso il nuovo logo, Rovagnati celebra la propria storia, l’amore per la tradizione italiana e l’impegno per la qualità, mantenendo uno sguardo rivolto al futuro.
Il nuovo font richiama l'heritage del brand: la forma della lettera “R”, con le sue linee curve e regolari, è un omaggio al primo marchio Rovagnati. L’elemento chiave della nuova identità risiede nell'italianità, che emerge attraverso i colori della bandiera italiana che stringono il nome del brand in un ideale abbraccio, una soluzione che conferisce maggiore immediatezza visiva e modernità al logo. Il richiamo alle radici dell’azienda è un tributo alla tradizione italiana che ha sempre caratterizzato l’ideazione dei prodotti in casa Rovagnati. Il nuovo pay-off "Il Buono fatto Bene", invece, incarna i valori fondamentali di Rovagnati: il "buono" è l’evidente riferimento alla bontà che ha sempre contraddistinto i prodotti dell'azienda, il "fatto bene" richiama la dedizione con cui vengono realizzati, nonché l’attenzione alla sostenibilità che è parte integrante della strategia aziendale. Un nuovo capitolo nella storia di un marchio che continua a incarnare l'eccellenza del Made in Italy nel panorama alimentare internazionale.
Dieci referenze, con fette disposte in vaschetta a una a una, ricavate esclusivamente da carni di suini nati e cresciuti negli allevamenti della Fumagalli Industria Alimentari SpA. Dieci prodotti pensati per appagare non solo il palato ma anche gli occhi del consumatore, dando grande risalto e visibilità al salume accuratamente imbustato. Sono i protagonisti della nuova Linea take away “Freschi di Filiera”, presentata nell’ambito di Cibus, la fiera internazionale dell’agroalimentare Made in Italy di Parma che si è appena conclusa. Da oltre dieci anni Fumagalli Industria Alimentari attua un protocollo per migliorare le condizioni di allevamento di scrofe e suini nell’ambito di una filiera al 100% di proprietà, che si ispira ai concetti del Benessere Animale e dell’uso responsabile del farmaco. Prosciutto cotto alta qualià, prosciutto crudo stagionato 18 mesi, salame campagnolo, pancetta tesa, mortadella, coppa, fesa di tacchino, bresaola punta d’anca, pancetta a cubetti dolce e pancetta a cubetti affumicata Freschi di Filiera sono prodotti con materia prima 100% italiana proveniente dagli allevamenti Fumagalli.
Presentato a Rimini nella prima giornata del Poultry Forum lo studio Ismea sull’andamento delle carni bianche e le prospettive del settore. Lo studio Ismea rivela che nel 2023 la produzione di carne avicola in Italia è tornata ad allinearsi ai livelli precedenti, con un incremento del 9,9% sul 2022, anno in cui era scesa al di sotto di quasi il 12% sul 2021, toccando il livello “minimo” degli ultimi dieci anni. L’Italia si posiziona così al quinto posto in Europa con una quota del 10%, in un quadro internazionale che vede anche la produzione europea di carni avicole tornare ad aumentare. Gli italiani hanno un rapporto positivo con le carni avicole visto che tra le proteine animali, le carni bianche hanno mostrato la miglior performance nell’arco dell’ultimo quinquennio. Inoltre, il consumo medio pro-capite ha superato nell’ultimo anno i 21,4 kg contro i 16,1 kg delle carni bovine e gli 11,5 kg delle carni fresche suine. L’indice di penetrazione nelle famiglie è del 93% contro l’89% per le carni bovine e l’81% per le suine.
Per le uova, il 2023 è stato un anno positivo, confermando il ruolo del settore come protagonista all'interno del panorama nazionale e internazionale. Le uova sono infatti un alimento sempre più apprezzato dagli italiani, che ne consumano in media 215 a testa, pari a oltre 13,6 kg all'anno. Per il mercato mondiale del pollame –sottolinea lo studio Ismea - si evidenzia una previsione di crescita compresa tra l’1,5% e il 2%, e in tale contesto anche la produzione italiana dovrebbe incrementare di un ulteriore 0,9% nel 2024.
Dott. Giuseppe L. Pastori – Tecnologo Alimentare
Il 27 marzo 2024 si è tenuto a Milano un interessante convegno focalizzato su un argomento di grande attualità “Proteine alternative: sfida e opportunità per l’innovazione nel settore alimentare”.
L’evento, che si è tenuto nell’arco dell’intera giornata, ha accolto una nutrita presentazione di relazioni accademiche, frutto del lavoro di ricercatori e professori attivi in diverse università italiane (segno che anche la nostra produzione scientifica è in grado di apportare risultati di tutto rispetto su tematiche nuove). Al convegno hanno preso parte anche aziende sponsor (tipico delle attività conve -
gnistiche di AITA) che hanno presentato alcune loro novità per lo sviluppo di prodotti “plant-based” e “meat analogues”. Per la chiusura invece, a corollario dell’intera giornata, è intervenuta l’avvocato Giorgia Andreis dello Studio Andreis e Associati, che ha descritto lo stato dell’arte della normativa e le interpretazioni che le Autorità ne danno. Ha introdotto il convegno la dr.ssa Rossella Contato, coordinatrice di tutti gli eventi AITA. La scelta dell’argomento è stata definita sulla base del fatto che nel mercato italiano il fatturato di nuovi prodotti alternativi alla carne è in crescita. Sono stati quindi affrontati gli aspetti tecnici di queste nuove
proposte, presentando anche le criticità dei vari prodotti: da quelli a base di proteine vegetali agli insetti, dalle biomasse proteiche ottenute da fermentazione di precisione con microrganismi, fino alla carne coltivata. Per l’industria alimentare lo scenario che si apre offre diverse opportunità e sfide per sviluppare soluzioni nell’ottica della sostenibilità e della qualità nutrizionale, che siano buone e salubri e accettate dai consumatori anche se lontane dalle abitudini finora consolidate.
LE
DIETETICI SALUTARI E SOSTENIBILI
La prima relatrice, la prof.ssa Daniela Martini del Dipartimento di Scienze per gli Alimenti, la Nutrizione e l’Ambiente (DeFENS) dell’Università degli Studi di Milano, ha trattato il tema delle proteine nei modelli dietetici salutari e sostenibili. Secondo la ricercatrice, le nostre abitudini alimentari attuali offrono modelli parziali di assunzione proteica e sostenibilità, basati maggiormente sul consumo di carni rosse e trasformate piuttosto che di cereali integrali, frutta secca e legumi. Questo impatta sull’ambiente, sulla salute e sui fattori socioculturali. È quindi necessario trovare strategie per sviluppare
modelli alimentari più sostenibili e variati che tengano conto delle diverse fonti proteiche, con un’attenzione particolare agli alimenti di origine vegetale senza però escludere quelli di origine animale, da assumere in modo più limitato. Inoltre c’è un rapporto diretto tra alimentazione e ambiente che impatta sul clima ma anche il clima impatta sulla qualità dell’alimentazione: si stanno quindi ipotizzando quali scenari si svilupperanno da qui al 2050 e quale sarà la composizione proteica degli alimenti che consumeremo per cercare di trovare strategie per sfamare la popolazione in crescita in modo più sostenibile di oggi.
LA TEXTURIZZAZIONE
DELLE PROTEINE VEGETALI
PER PRODOTTI ANALOGHI
ALLA CARNE
La prof.ssa Laura Piazza del Dipartimento Scienze e Politiche ambientali (DESP) dell’Università degli Studi di Milano, ha introdotto l’argomento della texturizzazione delle proteine vegetali per prodotti analoghi alla carne. Le proteine alternative devono soddisfare i requisiti di accettabilità e funzionalità delle proteine animali, soprattutto dal punto di vista sensoriale. Le sfide principali riguardano la tecnologia di produzione e l’accettazione da parte dei consumatori. La ricerca mira a creare prodotti vegetali simili alla carne utilizzando diverse tecniche di aggregazione delle proteine. Per renderle adatte allo sviluppo di prodotti simili alla carne, è necessario texturizzarle attraverso un processo complesso che coinvolge la rottura delle cellule vegetali, la concentrazione delle proteine e la reidratazione in un estrusore. Le tecniche moderne di estrusione mantengono un’elevata umidità durante il processo per ottenere una struttura proteica simile a quella della carne disponendole in fibrille
orizzontali, mentre con le tecniche classiche si ottiene una proteina texturizzata secca che richiede idratazione. Tuttavia i costi di produzione sono ancora poco competitivi e spesso è necessario aggregare altri ingredienti e additivi in una lunga lista di ingredienti per ottenere un prodotto analogo.
FERMENTAZIONE DI PRECISIONE PER OTTENERE PROTEINE A RIDOTTO IMPATTO AMBIENTALE
La relazione della prof.ssa Paola Branduardi del Dipartimento di Biotecnologia e Bioscienze (BtBs) dell’Università di Milano-Bicocca ha trattato il tema della potenzialità della fermentazione di precisione per ottenere proteine a ridotto impatto ambientale. Questa applicazione tecnologica utilizza sottoprodotti di scarto alimentare o melasse per ottenere proteine ad alto valore uguali a quelle di origine animale, modificando geneticamente i microrganismi utilizzati (batteri, lieviti, funghi o microalghe) con le moderne tecniche di ingegneria genetica (CRISPR) o assemblaggio del DNA. Diverse proteine del latte e delle uova vengono già ottenute in modo sostenibile, mentre si cerca di replicare le proteine di carne e pesce. La “precision fermentation” trae origine dalla tecnologia
Single Cell Protein (SCP), dove i microrganismi sono forzati a produrre biomasse per l’alimentazione umana e animale (con questa tecnologia si ottiene ad esempio il Qorn – da Fusarium venenatum o la Spirulina – da ciano batteri). La “precision fermentation” obbliga però il microrganismo a produrre un solo ingrediente funzionale alla volta (non recupera la cellula del microrganismo) da utilizzare per formulare l’alimento finale al posto della proteina di origine animale, ottenendo così un ingrediente più sostenibile.
LA RICERCA SCIENTIFICA
E LE PROSPETTIVE FUTURE
CHE A PARTIRE DAL MUSCOLO
POSSONO ARRIVARE
ALLA CARNE COLTIVATA
Il prof. Cesare Gargioli del Dipartimento di Biologia dell’Università di Roma Tor Vergata, che si occupa principalmente di ricostruzione e rigenerazione dei muscoli scheletrici, ha parlato della ricerca scientifica e delle prospettive future che a partire dal muscolo possono arrivare alla carne coltivata. La carne coltivata è frutto di una tecnologia recente che sfrutta l’ingegneria tissutale per sviluppare organi e tessuti per scopo biomedico, utilizzando moderne applicazioni di stampa 3D e di supporti su cui fare sviluppare le cellule. Grazie alla stampa 3D si riesce a orientare le cellule muscolari su una matrice di origine vegetale come l’alginato, che solidifica all’istante in presenza di ioni Ca+. L’istituto, impegnato in un progetto finanziato dal Ministero della Difesa per la rigenerazione muscolare nell’uomo, ha inserito la ricerca di un’applicazione per coltivare cellule animali a fini alimentari. Utilizzando cellule staminali di ovino, l’Istituto sta cercando di sviluppare un prodotto più simile alla bistecca rispetto a strutture meno definite come hamburger e nugget (proposte dalle aziende interessate al mercato della carne coltivata), che pure sono prodotti ibridi perché hanno solo il 30-35% di cellule muscolari tra gli ingredienti. La ricerca prevede l’utilizzo di matrici di supporto e della stampa 3D con ugelli di cellule muscolari e adipose differenziate.
INSECT FARMING, UN METODO SOSTENIBILE PER OTTENERE NUTRIENTI DI ALTRO VALORE
L’ultima relazione accademica è stata presentata dalla prof.ssa Lara Maistrello del Dipartimento Scienze della Vita dell’Università di Modena e Reggio Emilia, che ha affrontato il tema dell’“Insect farming” come metodo sostenibile per ottenere nutrienti di altro valore. Partendo da considerazioni speculative per cui gli allevamenti animali sono causa di alterazione climatica, consumo di suolo e acqua e gli insetti sono una categoria di prodotto consumata in buona parte del mondo, la relatrice ha messo in evidenza le peculiarità di un allevamento organico di insetti come pratica sostenibile per l’alimentazione umana. Alcune specie sono già state autorizzate anche da EFSA come novel food per l’Europa, altre sono pronte per richiedere una specifica autorizzazione. Tra queste nuove specie, candidate ottimali per scopi alimentari e mangimistici, la ricercatrice ha portato l’esperienza dell’allevamento di larve di mosca soldato (Hermetia illucens L.), in grado di crescere in poco spazio su substrati organici eterogenei come scarti alimentari. Le larve di mosca soldato sono ricche di proteine e amminoacidi essenziali oltre che di lipidi.
LA PRODUZIONE DI ALIMENTI
PLANT BASED
Le tre aziende sponsor del convegno hanno presentato ciascuna i loro servizi per la produzione di alimenti plant based.
ADEA, che commercializza in Italia prodotti della Beneo, ha presentato proteine e texturizzati vegetali da utilizzare come ingredienti nella produzione bakery e dairy. L’azienda ha in catalogo una proteina di fava, coltivata per ridurre l’impatto ambientale e che si inserisce in un ciclo di economia circolare: i baccelli da utilizzare per produrre farine alto-proteiche e ricche in amidi, i sottoprodotti destinati alla mangimistica animale. Tramite la consociata Meatless propone invece alternative alla carne e al pesce applicando una tecnologia di produzione unica delle proteine basata su idrocolloidi, da utilizzare in formulazioni completamente plant based o ibride (come si tende a fare oggi, sostituendo solo parzialmente la carne o il pesce).
Scentium Flavours ha presentato la propria soluzione di proposte aromatiche per ottimizzare il profilo sensoriale di alimenti plantbased, partendo da un’analisi dettagliata dei profili di tali prodotti e delle attese del consumatore che sceglie alternative vegetali. Le componenti aromatiche volatili presenti nei prodotti vegetali hanno origine dalla os-
sidazione enzimatica di acidi grassi insaturi. La presenza di acidi grassi liberi e di composti nativi come saponine, fenoli e alcaloidi contribuisce al gusto amaro e pungente. Conoscere i componenti volatili e non volatili associati alle proteine vegetali impiegate permette di proporre soluzioni adeguate per migliorare il sapore del prodotto e, di conseguenza, la sua accettabilità.
Neotron, azienda specializzata nelle attività laboratoristiche di analisi e dei servizi, ha studiato il profilo sensoriale della texture dei prodotti analoghi alla carne coinvolgendo un panel addestrato di consumatori che abitualmente acquistano alimenti a base di proteine alternative a quelle animali. Lo studio ha permesso di definire quali siano i parametri che maggiormente apprezzano i consumatori:
- la struttura grossolana, fibrosa, succosa e con una percezione grassa contribuisce a far percepire i meat analogues simili alla carne animale;
- il sapore è il driver principale per l’accettabilità di questi prodotti.
LO STATO DELL’ARTE NORMATIVO E LE INTERPRETAZIONI
DELLE AUTORITÀ RIGUARDO
IL MONDO DEI PRODOTTI
ALTERNATIVI ALLE CARNI
A conclusione dei lavori, l’avv. Giorgia Andreis ha presentato lo stato dell’arte normativo e le interpretazioni delle autorità riguardo il mondo dei prodotti alternativi alle carni. Alla base della legislazione sono imprescindibili i principi generali a tutela del consumatore. Ed è responsabilità dell’OSA provvedere alla corretta presentazione dell’alimento, in base ai requisiti del Pacchet-
to Igiene e fino ai Novel Food per i nuovi ingredienti. In particolare secondo i dettati dell’art. 7 del Reg. UE 1169/11 “le informazioni sugli alimenti devono essere veritiere, corrette e chiare”, non devono indurre in errore riguardo le caratteristiche dell’alimento, suggerendo che questo possieda caratteristiche particolari quando tutti gli alimenti analoghi hanno le stesse caratteristiche. I principi di non ingannevolezza si applicano alla pubblicità e alla presentazione degli alimenti. È importante anche tenere conto del Reg. CE 1924/06 sulle indicazioni nutrizionali e sulla salute, secondo cui è possibile enfatizzare l’alto contenuto di proteine (ad es. da insetti) e i relativi benefici solo se si rispettano le condizioni previste. Tuttavia riguardo la sostenibilità ambientale, sebbene la strategia Farm to Fork fa riferimento al “passaggio a una dieta basata maggiormente sui vegetali”, il legislatore si pone nell’ottica di individuare regole di composizione e di corretto utilizzo delle denominazioni e presentazione dei prodotti, per scongiurare confusione sul mercato. Attualmente mancano regole specifiche per descrivere i prodotti adatti a vegetariani e vegani (c’è un tavolo di lavoro di normativa tecnica UNI ISO che si sta occupando di definire le peculiarità di un prodotto plant based) ma non si vuole confonderli con i prodotti a base di proteine animali: non bisogna alimentare le attese del consumatore sul fatto che il prodotto plant based sia simile a quello animale, quando non lo può essere.
Di proteine alternative a quelle di origine animale se ne parla da anni e ciò che emerge è che gli argomenti che “condannano” gli allevamenti e l’industria della carne sono sem-
pre gli stessi e si basano su luoghi comuni ormai ampiamente smentiti da evidenze e nuovi studi scientifici.
Tutto nasce dal primigenio rapporto FAO, “Livestock long shadow” del 2006, in cui si attribuiva agli allevamenti di incidere sulle emissioni di gas serra climalteranti per il 14,5%, un dato quasi maggiore delle emissioni di anidride carbonica dovuta a tutte le attività industriali umane e ai trasporti, che utilizzano fonti fossili come energia. Tuttavia quel rapporto è stato rettificato da uno dei suoi au-
tori che ha riconosciuto come il dato ricavato con un’analisi LCA completa non poteva essere paragonato a quelle delle emissioni industriali che rappresentavano solo le emissioni dirette, prese da un rapporto dell’IPCC. Oggi gli allevamenti intensivi sono pure presi come riferimento dalla stessa FAO, che li propone come modello per i paesi emergenti, in quanto è provato che nei paesi più avanzati l’incidenza sulle emissioni è attestata al 6-8% e molto si sta facendo, in ricerche e applicazioni, per ridurre ulteriormente le emissioni metanifere a un livello di neutralità. Altri dati confusi riguardano il consumo di acqua per la produzione di un chilogrammo di carne (senza distinzione alcuna tra acque verdi, grigie e blu), l’idea che gli animali occupano suolo e consumano varietà vegetali che vengono tolte all’alimentazione umana (solo il 18% dei cereali prodotti va all’alimentazione animale e gli animali - soprattutto i ruminanti – utilizzano pascoli, sottoprodotti e scarti alimentari che non possono essere utilizzati per alimentazione umana e li convertono in proteine nobili). Si asserisce inoltre che agli animali vengono somministrati antibiotici in modo sistematico mentre è provato che l’impiego di tali farmaci è in calo.
Qualche relatore cita poi ancora il rapporto EAT-Lancet come la panacea per risolvere il problema delle variazioni climatiche. Tale documento, che prevedeva una completa transizione verso sistemi dietetici
vegani e che presupponeva l’eliminazione radicale degli allevamenti, è improponibile da realizzare ed è frutto dell’elaborazione di lobby vegane al pari dei lavori citati di Harvard e un suo noto esponente vegano, il prof. Walter Willet.
Insomma, è la stessa FAO che riconosce l’utilità degli allevamenti per sostenere i bisogni della popolazione in crescita, soprattutto per soddisfare i fabbisogni nutrizionali essendo le proteine animali quelle più
biodisponibili e ancora più economiche, quindi a portata anche delle classi sociali più deboli.
Anche se ciascuno, com’è comprensibile, tende a tirare l’acqua al suo mulino, è opportuno ragionare in termini di complementarietà, piuttosto che escludere o coalizzarsi contro qualcosa. E sicuramente nessun prodotto tra quelli alternativi sarà in grado di sviluppare volumi tali da sostituire completamente la produzione di carne e dei suoi derivati.
Un Paese in pausa, gente che si accontenta, tira avanti e non fa progetti per il futuro. Questa la cartolina che emerge dall’ultimo Rapporto Coop relativo ai consumi 2023.
Un quadro che merita attenta riflessione anche da parte di chi è addetto alla filiera alimentare
A cura della redazione
Un anno difficile il 2023, tra scenari di guerra e catastrofi climatiche, un anno che registra, per di più, una concreta perdita di potere d’acquisto da parte degli italiani.
Il 2024 ormai inoltrato si annuncia complesso tra tensioni geopolitiche, elezioni politiche e rallentamento delle economie mondiali.
L’Ufficio Studi Coop ha tracciato uno scenario ispirato da una ricerca condotta lo scorso dicembre che ci rivela l’immagine del Paese come appare dal loro osservatorio autorevole.
È un Paese in pausa, fermo nel suo presente con rassegnazione e, forse, con qualche lieve speranza per il futuro, ma in attesa. Sarà incoscienza? oppure apatia, scoraggiamento; o invece non sarà moderato ottimismo?
La parola speranza, in effetti, va scemando, solo il 22% la indica, così come la previsione di un cambiamento concreto si rivela solo nel 12% degli intervistati; rimangono sentimenti di serenità (33%) e accettazione (28%).
Insomma, gli Italiani attendono, con caparbio – ma moderato – ottimismo che le cose mutino e non cambiano le proprie abitu-
dini. Semmai si accontentano delle piccole cose e tirano avanti, senza progetti, almeno non quelli che potrebbero cambiare la vita come comprare una casa, trasferirsi all’estero o cambiare lavoro. La metà dei giovani non sembrano interessati a diventare genitori e quelli che vorrebbero rinunciano perché non lo ritengono attuabile (28%). La popolazione invecchia e aleggia un sentimento di rinuncia al futuro.
IL PIACERE DELLE PICCOLE COSE, GIORNO PER GIORNO
Salute e benessere (in aumento per il 24% del campione) e consumo alimentare domestico (16%) sembrano essere le sole voci interessanti per gli Italiani. Il 26% degli intervistati dichiara di voler spendere di più in prevenzione e controlli, il 23% in analisi di routine. Il 23% mette tra i buoni propositi per il 2024 mettersi a dieta, ma il 25% pensa a nuove abitudini alimentari e il 17% ragiona su meditazione e tecniche di rilassamento.
Insomma, una vita tutta vissuta giorno per giorno, probabilmente l’unica che la maggioranza degli italiani possa permettersi.
Anche a tavola, la tenuta della spesa tiene conto soprattutto del rapporto qualità-prezzo, che il 66% degli italiani considera come primo driver di acquisto, insieme ai concetti di salutare, semplice e autentico. Infatti sulle tavole del 2024 nella top 5 dei prodotti in crescita di acquisto torna l’ortofrutta seguita da pesce mentre tra le rinunce spiccano i dolci, salumi e affettati e superalcolici.
La recessione appare scongiurata ma l’inflazione aumenta, i salari no, i risparmi sono un
ricordo lontano. Allora niente cinema, teatro o musei; ben vengano le passeggiate all’aria aperta, la lettura e il sogno di una breve vacanza. Buttiamoci su qualche piccola soddisfazione in campo alimentare, peccatucci di gola, perché no?
Nel tentativo di difendere i propri consumi e la loro qualità, gli italiani si convertono alla MDD (Marca del Distributore) che anche nel 2024 promette di registrare ottime performance; l’82% dei manager italiani prevede un aumento della quantità acquistata.
Le previsioni degli esperti ipotizzano per il 2024 una piccola contrazione degli acquisti alimentari nella Gdo (-0,5% a volume), sembrano invece migliorare le intenzioni di spesa degli italiani sui consumi alimentari domestici; la percentuale di quanti intendono aumentare le quantità consumate (16%) supera quella di quanti intendono ridurre i consumi (11%) con una differenza di 5 punti percentuali.
Il 2023 ha insegnato alle famiglie come risparmiare nel solito punto vendita, e nei mesi più difficili le ha condotte sempre più spesso al discount. Un trend in crescita anche nel 2024 tanto da collocare questo format in testa alla classifica dell’incremento delle vendite.
Per la moderna distribuzione del futuro sem-
bra sempre più importante il binomio efficienza-innovazione.
Quasi un terzo degli italiani (31%) ritiene che il modo più semplice per coniugare qualità e risparmio sia dedicare più tempo alla preparazione domestica del cibo, modalità che sembra in ascesa. In ogni caso i principali driver di acquisto sono:
• il rapporto qualità prezzo al primo posto (almeno per il 66% degli italiani),
• la convenienza e il risparmio (50%),
• e la salute e il benessere (41%).
Tra gli aggettivi scelti per definire il cibo del 2024 il più gettonato è
• salutare (45%),
• poco costoso (44%),
• sostenibile (27%)
• semplice/autentico e essenziale (26 e 25%). Tornano nella borsa della spesa verdure e frutta, oggetto di rinunce negli ultimi tempi, causa il rincaro dei prezzi, seguiti dal pesce.
Tra i prodotti di cui gli italiani prevedono di poter ridurre i consumi spiccano oltre a dolci (li ridurrà il 41% del campione) e superalcolici (33%), le carni rosse (34%), i salumi e affettati (37%).
Da un lato crolla il mito della dieta mediterranea, dall’altro avanza quello delle nuove proteine alternative, cresce il plant based e il veggie batte il vitro.
prodotti a base vegetale con il sapore di carne 31%
prodotti a base di farina di insetti 29% carne coltivata in vitro 28%
prodotti a base di alghe 20%
prodotti a base di semi iperproteici 18%.
Per due italiani su tre il packaging ha un ruolo decisivo nelle scelte d’acquisto. È quanto è emerso nel corso dell’ultima edizione di Cibus a Parma dove è stato reso pubblico uno studio condotto da Nomisma.
L’Osservatorio Packaging del Largo Consumo ha presentato i risultati dell’indagine condotta sui comportamenti di consumo degli italiani, attenti alla salute, alla nutrizione e alla sostenibilità.
L’inflazione è rallentata ma i consumatori restano cauti: l’88% di loro ha messo in atto strategie di risparmio per far fronte all’aumento di prezzo dei beni alimentari.
La sostenibilità è una voce importante e rimane al centro dell’attenzione: per il 62% infatti è un elemento fondamentale nelle scelte d’acquisto e un punto di forza lo gioca il packaging. Infatti per 2 italiani su 3 la confezione ha un ruolo decisivo e per 1 su 2 rappresenta un aspetto cruciale affinché un prodotto alimentare sia considerato rispettoso per l’ambiente.
Gli italiani cercano un packaging:
• no over-pack
• si riciclabile
• si biodegradabile.
Il requisito principale è che il packaging non sia eccessivo: per il 45% dei consumatori è al primo posto. Segue l’esigenza che sia riciclabile per il 43% oppure compostabile/biodegradabile per il 38% degli intervistati, realizzato con materiale riciclato per il 35% o plastic-free per il 29% dei consumatori.
Per quello che riguarda gli healthy food e gli alimenti vegani o vegetariani il requisito principale è che sia certificato dell’origine 100% vegetale, per il 54% degli intervistati, sostenibile per l’ambiente (51%, con informazioni nutrizionali corrette 44%), recante immagini che richiamano il mondo veg per il 32% e nei materiali impiegati (32%).
sicurezza alimentare
Vi è un ampio consenso sul fatto che i cambiamenti climatici che stanno interessando l’intero globo terrestre siano legati ai gas ad effetto serra di origine antropica. Questo fenomeno porterà ad una serie di conseguenze negative anche sulla produzione e fornitura di cibo. Per studiare i potenziali impatti del cambiamento climatico antropogenico sulla sicurezza alimentare, è importante riconoscere che il cibo è a tutti gli effetti una merce globale. Infatti, il cibo consumato nel mondo può essere prodotto anche a migliaia di chilometri di distanza. Molti Paesi comprano cibo su un mercato internazionale e, in questo modo, le alterazioni nella produzione alimentare in una parte del mondo possono influenzare il prezzo del cibo prodotto in altre parti. Bisogna capire e definire bene sicurezza alimentare: “una situazione che esiste quando tutte le persone, in ogni momento, hanno accesso fisico, sociale ed economico a cibo sufficiente, sicuro e nutriente che soddisfi le loro esigenze dietetiche e le preferenze alimentari per una vita attiva e sana”¹. La sicurezza alimentare include dimensioni come la disponibilità, l’accesso, l’utilizzo, la stabilità nel tempo, nonché l’azione e la sostenibilità2 Il rischio del cambiamento climatico per la
sicurezza alimentare si riferisce al collasso dei sistemi alimentari, comprese le colture, l’allevamento e la pesca, nonché alle interruzioni nella distribuzione del cibo, legate al riscaldamento globale, alla siccità, alle inondazioni e alla variabilità e agli estremi delle preci-
La sicurezza alimentare include dimensioni come la disponibilità, l’accesso, l’utilizzo, la stabilità nel tempo, nonché l’azione e la sostenibilità
pitazioni, in particolare per le popolazioni già vulnerabili all’insicurezza alimentare a causa del reddito inferiore, del minore accesso fisico a cibo nutriente, della discriminazione sociale o di altri fattori3
CAMBIAMENTO CLIMATICO E ALIMENTAZIONE
Il settore alimentare è tra i maggiori responsabili dell’emissione di gas serra se si considera che, da solo, produce circa un quarto delle emissioni nel contesto globale e il 10.3% in quello europeo4. A ciò si aggiunge l’impatto sul piano del consumo di suolo, impiegato per circa la metà della quota disponibile per l’agricoltura e il consumo di acqua dolce, con
il 70% dei prelievi globali ancora impiegati nel settore agricolo. Ma anche l’allevamento è notoriamente al centro di molti problemi d’interesse per l’equilibrio climatico, tra cui la produzione di metano da parte del bestiame, l’utilizzo di terre sottratte a boschi e foreste ad uso pascolo e l’ulteriore consumo di acqua e inquinamento derivante dagli allevamenti intensivi. Ciò che mangiamo e come produciamo, gestiamo e consumiamo il cibo ha quindi un ruolo di primo piano nel-
Ciò che mangiamo e come produciamo, gestiamo e consumiamo il cibo ha un ruolo di primo piano nella lotta al cambiamento climatico e ai suoi effetti avversi
la lotta al cambiamento climatico e ai suoi effetti avversi, sia per quanto riguarda la riduzione della produzione di gas serra, sia per la corretta gestione dei suoli e la protezione della fauna selvatica, della biodiversità mondiale e della salute degli ecosistemi, anch’esse minacciate dal climate change. In un contesto globale in cui la popolazione mondiale ha di recente superato 8 miliardi ed è destinata ad arrivare nel 2050 intorno a 9.5 miliardi5, i legislatori nazionali e sovranazionali sono chiamati a implementare cambiamenti normativi strutturali per adattare i vari sistemi alimentari mondiali alle sfide immediate e future, nel tentativo di rispondere al crescente fabbisogno alimentare e scongiurare gli effetti avversi del cambiamento climatico. Alcune stime, del resto, suggeriscono che mantenere gli attuali livelli di produzione di colture ad uso agricolo e mangimi rischierebbe di condurre ad un aumento del 32% delle emissioni dell’intero settore agricolo per il 20506
Sotto altro profilo, infatti, il climate change rappresenta una minaccia diretta particolarmente grave per il comparto alimentare. Il settore agricolo è per ovvie ragioni più vulnerabile rispetto a fenomeni atmosferici estremi o mutamenti repentini del clima ma anche alla siccità o all’erosione del suolo e tali fenomeni hanno un’incidenza immediata sulla produzione di alimenti e, in caso di crisi, sulla sicurezza alimentare di ingenti porzioni della popolazione globale.
Sul suo significato di sicurezza alimentare oc-
corre fare una distinzione fondamentale. In Italia la parola “sicurezza” non riesce a suddividere il food safety e food security. Per “food safety”7, si fa riferimento ai profili regolatori delle c.d. “filiere alimentari“: si occupa in particolar modo della relazione tra alimentazione, promozione e protezione della salute umana. La food security, di contro, è definita come «l’accesso materiale ed effettivo della popolazione, in ogni tempo, a un cibo sufficiente, sano e nutriente per mantenere una vita sana e attiva» secondo la più diffusa definizione del World Food Summit del 19968 come la c.d. questio-
Il diritto internazionale riconosce come elemento impreteribile l’esistenza di uno stretto legame tra la garanzia dei diritti legati all’alimentazione e la sostenibilità ambientale e climatica
ne alimentare globale e l’accessibilità a un cibo sano e adeguato a livello quantitativo e qualitativo per le generazioni presenti e future9. Entrambi tali ultimi aspetti sono oggetto di dibattito negli ultimi decenni con riguardo da una parte al diritto al cibo adeguato¹0, massima espressione delle teorie sulla garanzia dell’accessibilità, della disponibilità, della stabilità e dell’utilizzabilità di un cibo adeguato per l’individuo e, dall’altro, la sovranità alimentare¹¹, riflessioni più recenti sull’accessibilità, la disponibilità, stabilità e utilizzabilità di un cibo adeguato per gruppi e comunità. Da ultimo, sempre di interesse della food security, la sostenibilità alimentare¹2
Quando si parla di sostenibilità alimentare o di sostenibilità dei sistemi alimentari¹3, non si fa altro che discutere ancora di accessibilità e disponibilità alimentare, se pur con riferimento a soggetti diversi, cioè le generazioni future. Prevedere sistemi alimentari sostenibili, in altre parole, significa garantire le medesime condizioni di sicurezza alimentare anche alle generazioni future¹4
In definitiva, il rapporto tra cambiamento climatico e alimentazione si può interpretare secondo due principali chiavi di lettura: da un lato, il contributo negativo delle produzioni alimentari rispetto al cambiamento climatico e, dall’altro, le ripercussioni del climate change sul sistema alimentare globale o World Food System e, di conseguenza,
sulla sicurezza alimentare degli individui, dei gruppi e delle generazioni a venire. Di fronte all’incedere del cambiamento climatico, nei prossimi anni ci si aspetta una risposta urgente dai sistemi alimentari¹5 dei vari ordinamenti per limitare uno dei settori di maggior impulso al fenomeno e per ovviare alle criticità che esso comporta sulle produzioni alimentari.
Alla luce di tali premesse, nelle pagine che seguono, viene in primo luogo approfondito l’impatto dei cambiamenti climatici sulla food security e il diritto al cibo e, di seguito, saranno individuati alcuni tra gli approcci normativi attualmente oggetto di maggiore considerazione per fronteggiare l’impatto del cambiamento climatico sui sistemi alimentari e, segnatamente, l’approccio One Health, quello ecosistemico, l’agroecologia e l’approccio olistico human right-based. Si tenterà inoltre di verificare la presenza di previsioni ispirate a tali approcci e la loro declinazione in concreto per fronteggiare le due dimensioni, attiva e passiva, dell’incidenza del cambiamento climatico sui sistemi alimentari.
L’IMPATTO DEL CLIMATE CHANGE
SUL DIRITTO AL CIBO
E LA FOOD SECURITY
L’art. 11 del Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 1966 tutela il diritto al cibo come diritto di ciascuno a un’alimentazione adeguata e alla libertà dalla fame. Secondo il Comitato sui diritti economici sociali e culturali delle Nazioni Unite, una delle diverse condizioni da realizzare affinché il diritto al cibo sia tutelato è la “sustainability”, destinata a tutti gli effetti a valere come “quinto pilastro” della food security, accanto a availability, stability, accessibility e utilization. Il diritto internazionale riconosce quindi come elemento impreteribile l’esistenza di uno stretto legame tra la garanzia
dei diritti legati all’alimentazione e la sostenibilità ambientale e climatica, richiedendo agli Stati – per garantire il diritto al cibo –un’organizzazione dei sistemi alimentari tale da consentire anche alle generazioni future, così come a quelle presenti, la garanzia della food security.
Il cambiamento climatico è considerato in quest’ottica una minaccia per la food security da diverse istituzioni internazionali. Secondo la FAO (Food and Agriculture Organization), il cambiamento climatico comporta innanzitutto un impatto grave e prolungato su agricoltura e sicurezza alimentare¹6. L’organismo internazionale sedente a Roma ha evidenziato conseguenze dannose del cambiamento globale su tutti i c.d. pilastri della food security. Ma si può aggiungere anche un pregiudizio sul piano della food sustainability, ad esempio per via del probabile utilizzo incrementale di acqua, diserbanti e concimi in agricoltura a seguito della mag-
Le conseguenze dei cambiamenti climatici non si limitano alla sola diminuzione delle rese dei raccolti: tali cambiamenti influenzano anche la qualità del suolo, la biodiversità e la salute delle popolazioni animali e umane, con ripercussioni possibili anche sul piano della food safety
Pagine
Un glossario che tratta termini, concetti e definizioni sul mondo della carne
Lo scopo di questo Meat Glossary nasce dall’esigenza di condividere un linguaggio comune a tutti i Tecnologi Alimentari ad ogni livello del settore delle carni fresche e lavorate per studiare, modellare e facilitare le operazioni legate alla trasformazione e produzione degli alimenti a base di carne.
Scritto in lingua inglese per renderlo accessibile a tutti e per creare una fonte di informazioni e interazioni tra i Tecnologi Alimentari di tutto il mondo.
Autori
no De Cesari, Massimo Parisi, Da niele Romano, Sabrina Tondato, Salvatore Velotto
Editore
CONCEPTS
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alimentare globale in negativo (malgrado lievi miglioramenti in limitate regioni) ma soprattutto che «In quasi la metà dei Paesi con insicurezza alimentare, la disponibilità calorica stimata è diminuita»26. Tracciato un siffatto affresco, sembra difficile non arrivare alla stessa conclusione della FAO, secondo cui il mondo sta andando nella direzione sbagliata rispetto al conseguimento degli obiettivi dell’Agenda 203027
APPROCCI NORMATIVI
PER MITIGARE L’INCIDENZA DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO
SUI SISTEMI ALIMENTARI
Ci si può allora chiedere quale sia la direzione giusta da seguire per ridurre l’incidenza dal lato attivo e passivo del cambiamento climatico sui sistemi alimentari, promuovendo al contempo la salute, la sostenibilità e la sicurezza alimentare.
Un approccio integrato è strettamente correlato alle discipline dell’ecologia, che studia per propria natura le interconnessioni tra esseri viventi, ecosistemi e reti sociali28. Ma nell’Antropocene, anche il diritto non può considerarsi immune dall’influenza dell’approccio integrato ed ecologico nella determinazione delle politiche necessarie a strutturare la convivenza sociale nell’emergenza climatica e alimentare29
Da ciò consegue altresì l’importanza di fare tesoro del metodo multidisciplinare e delle conoscenze scientifiche di discipline non giuridiche per lo studio e la regolazione di diritto dell’alimentazione30. Si deve riscontrare al riguardo una molteplicità di approcci normativi finalizzati a incrementare la resilienza climatica dei sistemi alimentari e promuovere al contempo la food security e la tutela della salute e dei diritti di individui e comunità nel quadro di una strategia integrata. Nelle pagine seguenti, si tenterà di ricostrui-
re alcuni tra i modelli ispirati ad una strategia normativa integrata e sistemica, rispetto ai quali è possibile apprezzare un certo favor nella comunità scientifica ovvero nelle raccomandazioni di agenzie e istituzioni internazionali3¹. Si tratta in particolare dell’approccio One Health, di quello ecosistemico, dell’agroecologia e, infine, dell’approccio olistico human right-based. Tutti i modelli hanno punti di forza e svantaggi e possono adattarsi meglio ad uno o più profili regolatori specifici, potendo altresì concorrere all’interno delle medesime misure normative. Non vanno pertanto intesi come rigidi contenitori, ma come spunti per consentire ai legislatori di tenere presenti i molteplici aspetti del prisma della sostenibilità alimentare e climatica.
ze sui livelli nutrizionali degli alimenti che consumiamo.
Il One Health, nato in seno alle discipline della medicina e della biologia, invita dunque ad una sinergia tra diversi settori, tra cui sicurezza alimentare, discipline economiche, scienze sociali e biologiche sullo sfondo del comune obiettivo del perseguimento della salute pubblica33. Il percorso verso la diffusione del One Health approach ha radici risalenti34 ed ha raggiunto solo in tempi recenti una dimensione autonoma dalle scienze mediche e sufficientemente diffusa sulla scena internazionale.
La definizione mette in evidenza il legame tra salute globale e sicurezza alimentare come bisogni umani fondamentali e sottolinea l’impegno necessario per fronteggiare i cambiamenti climatici e contribuire allo sviluppo sostenibile.
APPROCCIO ECOSISTEMICO
Rispetto al perseguimento della sicurezza alimentare e all’incidenza del cambiamento climatico su di essa, l’approccio ecosistemico può rappresentare un paradigma di adattamento utile a orientare i decisori politici
Il One Health è strutturato come approccio multidisciplinare fondato sulla consapevolezza di una profonda connessione tra salute umana, animale e salubrità dell’ambiente32 e considera la salute globale come armonicamente legata al benessere collettivo. L’utilità del One Health sul piano del cambiamento climatico globale e della sua incidenza attiva e passiva sui sistemi alimentari si apprezza considerando che il climate change si accompagna a sconvolgimenti nella distribuzione geografica di malattie infettive, a causa delle modifiche alla diffusione di animali ed insetti patogeno-correlati. A ciò si aggiunge l’impatto diretto sulla salute umana, animale ed ambientale derivante da eventi meteorologici estremi, siccità e incremento delle temperature medie e dalle loro conseguen-
Se l’approccio One Health nasce a partire dalla centralità della salute umana per evolversi fino all’estensione alle discipline dell’ecologia e al benessere ambientale, il percorso dell’approccio ecosistemico appare in parte di senso inverso. L’iter evolutivo dell’approccio, almeno nella sua versione “normativa”, ha qui origine nell’ambito del diritto internazionale e prende le mosse dal rilievo del rapido decadimento degli ecosistemi, mai così fortemente interessati da rapidi cambiamenti come nell’Antropocene35. L’approccio ecosistemico, in quest’ottica, rappresenta una risposta per promuovere la conservazione e l’utilizzo sostenibile delle risorse naturali, valorizzandole in considerazione della collocazione degli esseri umani all’interno degli ecosistemi. L’epifenomeno del paradigma ecosistemico va rintracciato nella Convenzione CBD (Convention on Biological Diversity) adottata dall’UNEP nel 1992 che lo descrive come «a strategy for the integrated management of land, water and living resources that promotes conservation and sustainable use in an equitable way»36. La Convenzione rappresenta uno dei principali strumenti di diritto internazionale per la conservazione della biodiversità e l’uso sostenibile delle risorse naturali, considerata anche la sua ampia diffusione nella Comunità internazionale. L’approccio richiede l’adozione di una strategia integrata e sistemica nell’affrontare la gestione delle risorse naturali, il mantenimento della salubrità degli ecosistemi e il persegui-
mento dello sviluppo sostenibile37. Vista la marcata attenzione posta rispetto al mantenimento dell’equilibrio degli ecosistemi, si comprende anche l’utilità di tale approccio per affrontare i mutamenti conseguenti ai cambiamenti climatici, fattore di grave sconvolgimento degli stessi ecosistemi, inclusi quelli legati alle produzioni agroalimentari. La centralità dell’attività di policy nella genesi e nello sviluppo dell’approccio si apprezza anche dai CBD principles del 2000 secondo cui, tra l’altro, gli obiettivi di gestione della terra, dell’acqua e delle risorse viventi sono una materia di “societal choices”. L’approccio ecosistemico vede una naturale evoluzione nell’ecosystem service approach, che valorizza l’apertura alla considerazione congiunta del benessere dell’essere umano38. I servizi ecosistemici, in tale prospettiva, sono diffusamente definiti come quegli aspetti o funzioni degli ecosistemi utilizzati in vario modo per condurre al benessere umano39. Rispetto al perseguimento della sicurezza alimentare e all’incidenza del cambiamento climatico su di essa, l’approccio ecosistemico può rappresentare un paradigma di adattamento utile ad orientare i decisori politici. Tale approccio può infatti contribuire al miglioramento della sicurezza alimentare tramite l’aumento della produttività alimentare in zone selezionate, la riduzione delle emissioni con politiche di ripopolamento boschivo e recupero dei suoli, fondamentali per l’assorbimento di gas serra40 La flessibilità dell’ecosystemic approach, inoltre, ne favorisce l’adattamento ai contesti e alle particolarità locali. Risulta altresì compatibile con pratiche agricole e produttive su piccola scala, caratterizzate da un minore impatto sulle risorse naturali.
In parte connesso all’approccio ecosistemico si può ancora considerare quello agroecologico, che trova la massima espressione proprio nel setto-
L’agroecologia si pone come naturale risposta per mitigare l’incidenza attiva e passiva dei cambiamenti climatici sui sistemi alimentari, mantenendo al contempo alti i livelli di sicurezza alimentare
re agroalimentare4¹. Lo dimostra il fatto che le misure agroecologiche sono spesso raccomandate dalla FAO in strumenti di soft law
volti a suggerire l’adozione di prassi alimentari ispirate al lemma della sostenibilità42
Le pratiche dell’agroecologia muovono i sistemi alimentari verso una maggiore sostenibilità.
L’agroecologia si pone come naturale risposta per mitigare l’incidenza attiva e passiva dei cambiamenti climatici sui sistemi alimentari43, mantenendo al contempo alti i livelli di sicurezza alimentare. Ma si propone altresì come alternativa al paradigma dell’agricoltu-
ra intensiva e della mercificazione del cibo44, valorizzando la dimensione dei doveri pubblici e privati nel perseguimento della sostenibilità ambientale e alimentare.
Con il modello One Health, il paradigma dell’agroecologia ha in comune la visione dell’interdipendenza tra salute umana ed ecosistemica e promuove il rispetto della sicurezza alimentare a tutto tondo, cioè sia come food security sia come food safety.
Con l’approccio ecosistemico, invece, l’agroecologia condivide la visione dell’integralità degli ecosistemi naturali e del necessario rispetto degli equilibri biologici da parte dell’iniziativa umana.
APPROCCIO OLISTICO
HUMAN RIGHTS-BASED
Un ultimo approccio di cui è opportuno tenere conto nella strutturazione di risposte normative volte a garantire la sicurezza alimentare e mitigare l’impatto del cambiamento climatico è ancora una volta raccomandato da organizzazioni internazionali. La FAO ha indicato in diversi documenti di soft law la necessità di adottare un approccio human rights-based (HRB)45 nell’implementazione delle disposizioni internazionali sul diritto al cibo e la sicurezza alimentare, che consideri lo stretto legame tra alimentazione e promozione di un complesso ampio di diritti dell’uomo la cui garanzia è strumentale al suo benessere complessivo46
Un approccio HRB punta, inoltre, a garantire processi decisionali non discriminatori, trasparenti e responsabili nella gestione delle politiche alimentari, con particolare attenzione alle esigenze di gruppi vulnerabili, specie nei paesi in via di sviluppo. Si tratta inoltre di un approccio ancora una volta strettamente legato ad una visione dall’aspirazione olistica del fenomeno alimentare47
L’approccio HRB, in altre parole, esalta il valore peculiare del cibo come elemento stru-
L’approccio HRB esalta il valore peculiare del cibo come elemento strumentale per il benessere dell’individuo (sia fisico sia spirituale) attraverso la garanzia della pluralità di diritti ad esso collegati
mentale per il benessere dell’individuo (sia fisico sia spirituale) attraverso la garanzia della pluralità di diritti ad esso collegati ovvero subordinati alla disponibilità di un cibo adeguato a livello qualitativo e quantitativo. Si deve infatti notare che «Il valore giuridico dell’alimentazione è poliedrico, proprio grazie alle strettissime connessioni appena viste tra il cibo e l’economia, la cultura, la scienza, la protezione della persona, i poteri privati e l’organizzazione politica»48
SICUREZZA ALIMENTARE
E SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE
E CLIMATICA NEL CONTESTO
DELLE POLITICHE DELL’UNIONE EUROPEA
Il collegamento tra settore agroalimentare e lotta ai cambiamenti climatici è centrale nelle recenti politiche europee in tema di sicurezza alimentare e sostenibilità.
Da questo punto di vista, emerge la consapevolezza – comune all’approccio One Health – del nesso tra aumento di fenomeni estremi legati al cambiamento climatico e apparizione di nuove minacce zoonotiche alla salute e alla sicurezza degli europei; fattori da cui deriva la necessità di «coniugare la sicurezza igienico sanitaria degli alimenti con la disponibilità di cibo sufficiente e di adeguata qualità». La strategia si accosta a un significativo programma di riforme settoriali specifiche quali, in primo luogo, la revisione della politica agricola comune (PAC)49. La riforma della PAC dovrebbe rafforzare il contri-
buto dell’agricoltura favorendo in modo mirato aziende agricole di piccole dimensioni per limitare l’impatto dell’agricoltura intensiva e consentire maggiore flessibilità, anche finanziaria, agli Stati membri nella gestione dei sistemi agricoli locali50
Sotto altro aspetto, al centro della strategia europea non può che esservi anche l’innovazione tecnologica nel settore agricolo e agroalimentare in genere. La transizione ecologica apre scenari ed opportunità nuove per investimenti e ricerche “verdi” nel settore agroalimentare, anche grazie a incentivi e finanziamenti consistenti da parte delle istituzioni eurounitarie.
Si colloca in questo contesto anche il dibattito intorno ai novel food5¹, parimenti oggetto di attenzione da parte delle istituzioni eurounitarie anche per il possibile ruolo rispetto alla riduzione dell’impatto climatico delle produzioni alimentari. Carni coltivate, alghe, integratori alimentari vegetali e minerali e derivati da insetti edibili sono solo alcuni dei “nuovi” alimenti, spesso frutto di processi ad alto valore tecnologico. Oltre a rappresentare le possibili fondamenta della dieta del domani, infatti, tali alimenti sono spesso più sostenibili rispetto ad alternative convenzionali dal punto di vista del ridotto impatto ambientale e climatico delle relative produzioni e presentano alte proprietà nutritive. La disciplina in tema di novel food è attualmente contenuta nel regolamento UE n. 2015/2283 che prevede un dettagliato sistema di autorizzazione alla commercializzazione nel mercato europeo degli alimenti e contiene una definizione normativa di riferimento (art. 3)52. Accanto agli indubbi vantaggi, si deve osservare una tensione nella regolazione dei novel food tra la necessità di disciplinare un mercato estremamente vivace e dinamico e la garanzia degli alti standard di salubrità alimentare propri
dell’ordinamento eurounitario53, sullo sfondo di un diffuso scetticismo da parte di ampie porzioni dei consumatori54. A valle dello scetticismo ancora in parte esistente, pare indubbio il ruolo che i novel food e, in generale, l’evoluzione tecnologica nel settore alimentare, possono giocare nella strategia unionale per la sostenibilità alimentare e la resilienza climatica.
MISURE NORMATIVE EFFICACI PER L’ADATTAMENTO DEI SISTEMI ALIMENTARI
ALLE SFIDE DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO
I cambiamenti climatici impongono azioni urgenti sui sistemi alimentari sotto diversi punti di vista: riduzione dell’impatto del comparto alimentare sul clima, promozione della resilienza climatica dei sistemi alimentari per resistere alle crisi e, infine, adeguamento al bisogno di una popolazione in crescita di un cibo adeguato qualitativamente, quantitativamente e culturalmente, oltre che sostenibile.
Si tratta di sfide rivolte in primo luogo ai legislatori, chiamati al difficile compito di seguire la rotta tracciata dalla comunità scientifica e dalle istituzioni internazionali affrontando temi non sempre popolari per gli elettori e i mercati. Si è visto come l’alta complessità tecnica della materia imponga spesso di confrontarsi con saperi specialistici e interdisciplinari, nel segno di una generale accresciuta centralità delle conoscenze scientifiche per il diritto55
In quest’ottica, un primo elemento che il decisore politico dovrebbe tenere in considerazione è la necessità di affrontare in modo integrato la regolazione dei sistemi alimentari. Tutti gli approcci considerati hanno la medesima caratteristica di tendere ad una visione sintetica o olistica dei sistemi
alimentari. Una visione che si accompagna da un lato, alla centralità di un’alimentazione quantitativamente e qualitativamente adeguata al benessere dell’individuo e, quindi, delle comunità e, dall’altro, alle ripercussioni che la produzione alimentare comporta rispetto al consumo di risorse naturali e alle conseguenze pregiudizievoli sull’equilibrio climatico. Conseguenze che, nella circolarità del sistema, si accompagnano a loro volta ad effetti deteriori sulla produzione di cibo e la salute. Gli approcci One Health, ecosistemico e l’agroecologia attingono ampiamente a questo tipo di visione. L’approccio human rights based, specie se considerato in via esclusiva, appare invece presentare una connessione più flebile con gli aspetti dell’ecologia agroalimentare. Le ragioni vanno forse ricercate nel carattere più risalente di tale approccio, depositato della sensibilità di un’epoca in cui, diversamente da oggi, soste -
La transizione ecologica apre scenari e opportunità nuove per investimenti e ricerche “verdi” nel settore agroalimentare
nibilità e responsabilità per la gestione delle risorse ambientali avevano forse una minore centralità. L’approccio HRB – raccomandato da FAO e dal diritto al cibo in tema di food security – discende infatti direttamente dalla visione sottesa alle previsioni internazionali pattizie che riconoscono il diritto al cibo e ne consacrano il carattere fondamentale per un’esistenza libera dai bisogni.
Per la FAO, i sistemi alimentari dovrebbero essere «sostenibili, inclusivi, resilienti e adattivi ai cambiamenti climatici e ai loro impatti» e dovrebbero altresì contribuire «a creare economie a basse emissioni, fornen-
do al contempo alimenti sufficienti, sicuri e nutrienti per una dieta sana, nonché prodotti agricoli per le generazioni presenti e future, senza lasciare indietro nessuno».
Per attuare la Vision della Strategia sul Cambiamento Climatico, la FAO indica alcuni interessanti principi guida rivolti ai legislatori. Tali linee guida prescrivono, in particolare: (i) l’adozione di un approccio sinergico alla regola zione dei sistemi alimentari, coniugando azione climatica e azione sulla biodiversità e l’ambiente. Viene qui espressamente menzionato, tra gli approcci onnicomprensivi auspicati, anche il One Health;
(ii) la promozione dell’inclusione nei sistemi alimentari, mettendo al centro i soggetti in condizioni di vulnerabilità e, segnatamente, agricoltori, allevatori, pescatori e popolazioni con stretti legami con le foreste, popoli indigeni, giovani e donne. È in questo senso fondamentale il supporto internazionale e degli attori statali all’azione climatica di questi soggetti, maggiormente pregiudicati dalle conseguenze del climate change;
(iii) la centralità delle buone prassi e dell’innovazione. Occorre al riguardo sostenere le pratiche virtuose e le conoscenze locali, tradizionali e indigene e promuovere soluzioni innovative specifiche per l’adattamento e la mitigazione al cambiamento climatico;
(iv) l’adozione di misure basate su conoscenze scientifiche, utilizzando i dati più affidabili e le informazioni sui sistemi agroalimentari prevalenti nelle diverse aree territoriali;
(v) promuovere un’azione climatica basata sulle caratteristiche dei singoli paesi;
(vi) sviluppare partenariati strategici con organizzazioni internazionali, stakeholders, e agenzie regionali di comune intesa con gruppi di agricoltori e accademici;
(vii) integrare l’uguaglianza di genere, l’impegno dei giovani e l’inclusione sociale nella pianificazione e nell’attuazione di azioni per il clima;
(viii) sostenere approcci inclusivi coinvolgendo tutti gli stakeholder del sistema agroalimentare;
(ix) intensificare il supporto verso la resilienza climatica e, infine,
(x) adottare un approccio differenziato, tenendo in considerazione i singoli ambiti nazionali, la diversità dei contesti, le specificità locali e le necessità di singole regioni o paesi.
Bibliografia disponibile presso gli autori e la redazione
Il portafoglio di un produttore alimentare all’avanguardia, più precisamente di un’azienda di lavorazione della carne, prevede oggi la produzione di un’ampia varietà di prodotti a partire dalle materie prime più diverse e con geometrie differenti. Dal numero elevato e in rapida crescita di nuovi prodotti lanciati negli ultimi anni, deriva il conseguente bisogno di più macchinari.
Il nuovo sistema di formatura e taglio FS 525 di Handtmann supera questa sfida grazie alla sua funzionalità “all-in-one”: che si tratti di prodotti a base di carne, analoghi della carne o vegani/vegetariani, il sistema offre una flessibilità assoluta nella lavorazione e nella formatura di una varietà di prodotti morbidi, pastosi o sodi. L’ambito di applicazione del sistema è illimitato, così come le abitudini
nutrizionali individuali.
FS 525 è in grado di soddisfare le diverse esigenze con una produzione sostenibile, economica e ad alte prestazioni, restituendo prodotti ad alta qualità ed esteticamente accattivanti.
Il nuovo sistema di formatura e taglio Handtmann è stato premiato con l’International FoodTec Award in argento. Questo rinomato premio DLG riconosce gli sviluppi più innovativi nella tecnologia alimentare in termini di innovazione, sostenibilità ed efficienza.
MASSIMA FLESSIBILITÀ PER UN’INFINITA VARIETÀ DI FORME
Il sistema di formatura e taglio FS 525, abbinato alla più recente tecnologia di insacco e porzionatura dell’insaccatrice sottovuoto Handtmann VF 800, rappresenta una solu-
zione modulare con una gamma flessibile di applicazioni. Il sistema a corsia singola combina due diversi principi di formatura e fornisce quindi una flessibilità senza precedenti per la produzione industriale di prodotti formati.
La tecnologia di formatura (“formatura libera” con piastra forata o “formatura e separazione” con taglio rotativo) può essere cambiata rapidamente in meno di 3 minuti, garantendo la massima flessibilità ed efficienza per la produzione di un portafoglio prodotti versatile.
FORMATURA LIBERA CON CONCETTO DI PIASTRA FORATA
Nella “formatura libera”, il prodotto viene selezionato tramite il monitor di controllo dell’insaccatrice sottovuoto VF 800 (dove sono memorizzati i prodotti e tutti i loro parametri). L’insaccatrice sottovuoto alimenta quindi il prodotto di riempimento al sistema di formatura e il prodotto viene modellato da un sistema di piastre a fori rotanti. I set di piastre forate opzionali con componenti di stampo aggiuntivi aumentano ulteriormente la gamma di prodotti possibili.
La tecnologia di formatura delle piastre forate consente la produzione di prodotti 3D a forma libera con un diametro compreso tra 18 e 100 mm. La produzione può raggiungere i 250 cicli al minuto.
Esempi di prodotti a forma libera e opzionalmente appiattiti includono hamburger, polpette, rissoles e mini rissoles, rissoles di pesce, cevapcici, ravioli e altri prodotti per zuppa, falafel e altro ancora.
FORMATURA E SEPARAZIONE
CON IL PRINCIPIO DEL TAGLIO ROTATIVO
Lo stesso processo produttivo di base viene applicato nella “formatura e separazione”, tuttavia il prodotto viene modellato da un componente dello stampo all’uscita e separato con un taglio dritto da una lama rotante o da una taglierina a filo a scelta. Il principio di taglio rotativo può essere utilizzato per produrre diverse sezioni trasversali da 15 a 130 mm con un taglio diritto. L’uso opzionale di un nastro di appiattimento con altezze da 10 a 50 mm e di diversi rulli strutturanti, come quelli a piramide, a scanalatura, a forma quadrata, a bistecchiera o personalizzati per il cliente, aumenta ulteriormente le opzioni di progettazione del prodotto e la ricchezza di varianti può essere ulteriormente ampliata. Esempi di prodotti formati e separati sono hamburger e polpettine di carne, sostituti della carne, hamburger vegani a base di verdure, nuggets, barrette, bastoncini, fette e molte altre forme.
DALLA PREPARAZIONE
DEL PRODOTTO AL CONFEZIONAMENTO, TUTTO DA UN UNICO FORNITORE
La qualità del prodotto inizia dalla sua preparazione. La tecnologia di miscelazione estremamente delicata di Handtmann Inotec VarioMix è ideale per numerosi campi di applicazione nella lavorazione della carne e delle sue alternative. Il VarioMix consente una miscelazione sia aggressiva che delicata, coprendo così la preparazione di una grande varietà di prodotti diversi con un’unica macchina. Il sistema di formatura e taglio FS 525 può essere facilmente integrato in processi integrati o sincronizzato con opzioni di automazione. Sono possibili sia singole fasi di processo automatizzate che soluzioni completamente automatizzate fino all’unità di confezionamento. www.handtmann.it
Progettiamo linee complete nel mercato di carni e salumi con possibilità di realizzare infinite tipologie di prodotto. Il nostro service post-vendita h24 dotato di controllo remoto garantisce una produzione efficiente, sostenibile e altamente performante.
La sua storia inizia nel 1890 quando la famiglia Pilotto e la famiglia Beghetto avviano una collaborazione nel commercio del bestiame vivo. Oggi è una delle realtà più importanti nel settore della lavorazione della carne bovina
A cura della Redazione
Culture, care, control sono le tre parole che racchiudono il costante impegno dell’azienda nei confronti del cliente - consumatore finale e operatore del settore - nell’offrire qualità, sostenibilità e innovazione costante in ogni gamma di prodotto.
Centro Carni Company, a Tombolo in provincia di Padova, è tra i leader nell’ambito specifico del disosso, con una potenzialità giornaliera di 80 tonnellate.
200 dipendenti e un polo operativo che si estende su 14.000 mq coperti.
IL MEGLIO DA 40 ANNI
L’azienda si impegna ogni giorno a mantenere standard qualitativi riconosciuti a livello europeo e internazionale grazie a certificazioni quali IFS e BRC.
Centro Carni Company Spa svolge circa 3.000 analisi microbiologiche all’anno, oltre che a garantire alcune tra le certificazioni più note anche al consumatore finale, come Glu-
Raffaele Pilotto, Direttore Commerciale e Marketing
ten Free o prodotto Biologico e si propone al mercato con diversi marchi.
I due brand verso i quali l’azienda investe la maggior parte degli sforzi economici, commerciali e di comunicazione sono uno dedicato al retail GDO, l’altro rivolto al mercato Ho.Re.Ca.
• Il marchio You&Meat di Centro Carni Company Spa nasce nel 2015, proponendosi
nel mercato con una gamma di burger gourmet caratterizzata da una ricetta speciale e un’ampia tipologia di carni: Chianina, Scottona, Bovino, Aberdeen Angus Sired, Bio e Piemontese, in tagli da 200 grammi e 300 grammi nel caso della Scottona. Inoltre, la gamma You&Meat vede al suo interno tagli già porzionati come la tagliata e la costata di Aberdeen Angus Sired e un ventaglio di tagli specifici per il barbecue, come la New York Strip Steak o la Wing Rib, per citarne alcune.
Unika è il marchio per il canale Ho.Re.Ca., con i migliori tagli anatomici di Bovino adulto, Aberdeen Angus Sired, Scottona e Vitello (sia versione wet aged sia dry aged) e una linea di burger gourmet, in versione fresca e gelo.
UN PROGETTO DI FILIERA
Centro Carni Company, punta sul territorio e sulla qualità con il progetto dedicato alla propria Filiera.
Il progetto Filiera di Centro Carni Company vede coinvolte circa 17 aziende del settore, allevamenti e macelli, principalmente in Veneto. I bovini, provenienti dall’Italia e dai Paesi dell’Unione Europea, sono allevati per almeno quattro mesi in aziende specializzate selezionate, dove vengono applicate le tecniche e le procedure derivanti dalla tradizione dell’allevamento italiano nel totale rispetto degli standard legati al benessere animale. Dalle aziende coinvolte passano oltre 700 capi al mese, più di 4.000 l’anno, secondo
una visione di valorizzazione dell’economia regionale e del settore dell’allevamento, ma anche dell’agroalimentare e della zootecnica.
“Siamo orgogliosi di questo progetto di partnership derivante da tre anni di duro lavoro –dichiara Raffaele Pilotto, Direttore Commer-
ciale e Marketing di Centro Carni Company -. Un’esperienza lunga decenni nel mondo della lavorazione e del commercio della carne bovina ci ha insegnato che il miglioramento deve essere sempre continuo, questo è ciò che ci è stato tramandato. Grazie al progetto della filiera vogliamo contribuire anche all’economia della nostra regione, dando l’opportunità agli allevatori nostri partner di implementare il loro lavoro”.
Recente il lancio di un nuovo prodotto, realizzato grazie a un processo all’avanguardia. La Battuta al Coltello You&Meat è prodotta in una nuova area dello stabilimento di Tombolo.
Per la sua produzione è stata realizzata un’apposita sala all’interno degli stabilimenti dell’azienda, al fine di conseguire i più elevati standard di sicurezza: il processo all’avanguardia consente infatti di evitare la manipolazione del prodotto da parte degli addetti, che intervengono nella fase di avvio della produzione e di confezionamento.
Disponibile in due varianti di gusto che prevedono l’impiego di carne Aberdeen Angus sired proveniente dagli allevamenti della filiera di CCC (“La nostra filiera”) e di scottona, la Battuta al Coltello You&Meat sarà commercializzata nella GDO.
In Italia la battuta al coltello contribuisce al mercato della carne bovina elaborata, vendendo (dati in volumi) 1.712.887 kg nel 2023, confermando un trend crescente. Negli ultimi tre anni il trend positivo della vendita di tartare ha registrato un aumento del +2,9% nel 2022 rispetto all’anno precedente e dello +0,46% nel 2023 rispetto al 2022. È in questo scenario che oggi You&Meat, nato per offrire un prodotto easy to cook, di alta qualità e da gustare nei momenti più conviviali, amplia la sua gamma con l’introduzione della Battuta al Coltello in due gusti e due formati diversi. La carne si caratterizza per:
• texture grossolana ma leggera in bocca
• succo di limone nella ricetta che conferisce gusto senza sopraffare quello della carne e lascia una sensazione di freschezza e profumo
• l’utilizzo di pochi e semplici ingredienti mira a esaltare il sapore autentico della carne
• la certificazione gluten free è un valore aggiunto
• la ricetta “neutra”, adattabile alle diverse preferenze individuali, offre la libertà di gustare il prodotto così com’è o di personalizzarlo con condimenti più intensi.
OBIETTIVO FORMAZIONE
Adiacente allo stabilimento anche un’area dedicata alla formazione, informazione e diffusione della cultura della carne bovina, MEatSCHOOL, una Academy con aule formative e percorsi esperienziali studiati per rendere la persona protagonista del sapere. I corsi e le esperienze sono rivolti a coloro che operano o che vorrebbero operare nel settore della
carne bovina, ma anche ai consumatori finali e ai meat lover, fornendo contenuti formativi di qualità e contribuendo allo sviluppo di conoscenze multilivello.
Il progetto nasce dalla riflessione che esistono ambiti professionali nei quali la conoscenza del prodotto carne è indispensabile, con posizioni scoperte per le quali la ricerca di addetti resta una costante. Una di queste, per esempio, è la figura del macellaio, per la quale si è creata una situazione di richiesta di manodopera causata da uno scarso ricambio
generazionale (dati ISMEA), con conseguente difficoltà a reperire lavoratori adeguatamente formati.
“Un progetto ambizioso - spiega il direttore dell’Academy Paolo Amedeo Garofalo - tre sono i macro obiettivi che si pone la scuola: il primo è aumentare il grado di professionalità in chi già opera nel settore per tutti i comparti della filiera; il secondo è fornire una formazione specialistica a coloro che vogliono entrare nel settore dell’industria della lavorazione delle carni o nei canali distributivi dei prodotti dotando di maggiori competenze chi opera nella ristorazione, che siano essi occupati o inoccupati, provenienti anche da altri settori industriali; il terzo informare il consumatore sui processi dell’intera filiera, creando cultura e conoscenza sul prodotto”.
Come gli studi sui nuovi materiali, il riciclo, il riuso e il compostaggio hanno un impatto positivo sull’ambiente ma si è ancora lontani dall’obiettivo di fare completamente a meno del petrolio per la produzione di imballaggi
A cura della redazione con la collaborazione del Dott. Giuseppe L. Pastori – Tecnologo Alimentare)
Se guardiamo ai prodotti alimentari dal punto di vista del consumatore il “packaging sostenibile” è quello che ha un impatto positivo sull’ambiente.
Per soddisfare tale richiesta, che ha in sé un innegabile valore aggiunto, molte aziende nel mondo (in primis le più grandi e le multinazionali) annunciano piani per migliorare la sostenibilità ambientale. Le loro azioni – perché ne siano sensibilizzati i
consumatori – sono mirate allo sviluppo di imballaggi alimentari più “ecologici” e comprendono il miglioramento dell’uso di materiali riciclati, l’aumento dei programmi di riciclaggio, la possibilità di compostarli anche in ambito domestico, la scelta di fonti sostenibili, la riduzione del peso del packaging e il miglioramento del suo design per migliorare il recupero delle materie prime.
La maggior parte di questi piani comporta però investimenti di capitale, lunghi tempi di
consegna al consumatore e lacune tecniche: la ricerca sui nuovi materiali, che soddisfano i requisiti di sostenibilità e garantiscono analoga protezione dell’alimento degli imballaggi esistenti, è a uno stadio avanzato di sviluppo ma ancora poco competitiva rispetto ai derivati dal petrolio. È quindi probabile che i produttori di imballaggi e l’intera filiera di distribuzione alimentare incontrino seri problemi di attuazione in tempi molto brevi. C’è anche da dire che se teniamo conto delle reali aspettative dei consumatori e prestiamo
La ricerca sui nuovi materiali, che soddisfano i requisiti di sostenibilità e garantiscono analoga protezione dell’alimento degli imballaggi esistenti, è a uno stadio avanzato di sviluppo ma ancora poco competitiva rispetto ai derivati dal petrolio
attenzione alle numerose indagini che vengono svolte nel mondo, ci rendiamo conto che il termine “sostenibilità” non è ben compreso da tutti: la maggior parte degli intervistati non ha una chiara idea di quali tipi di imballaggi siano più sostenibili e meno della metà di loro considera l’impatto ambientale come una caratteristica importante in una scala di priorità quando si decide l’acquisto
In tre punti vendita CODE’ CRAI OVEST di Torino è possibile acquistare i prodotti del banco gastronomia e del banco macelleria facendosi servire nei contenitori riutilizzabili, al posto dei contenitori monouso. L’Unione Europea ha scelto di affrontare con il nuovo regolamento sugli imballaggi che mira a ridurre la produzione di rifiuti da imballaggio e promuovere un’economia circolare per gli imballaggi favorendo sistemi di prodotto come servizio, deposito con cauzione e “bring your own”, la possibilità di portare i propri contenitori da casa. È in questa linea che si inserisce il progetto REUSABLE PACKAGING REVOLUTION, presentato da Mercato Circolare srl, Università di Torino e Aarhus University, in collaborazione con Around e Codè Crai Ovest, per il bando EIT FOOD – POC (Proof of Concept) 2023-2025. L’obiettivo del progetto è ridurre l’utilizzo della plastica monouso degli imballaggi attraverso azioni che intervengono sulla GDO e su diversi segmenti della cittadinanza, promuovendo un cambio di prassi e di comportamenti verso uno stile di vendita, di governance e di vita più sostenibile e green.
Dopo essersi registrati gratuitamente sull’app Aroundrs, il cliente potrà richiedere, senza alcun costo aggiuntivo, il prodotto da asporto in un contenitore Around, riutilizzabile fino a 200 volte. Dopo avere consumato il pasto senza produrre rifiuti da imballaggio, il contenitore andrà restituito entro 7 giorni nel punto vendita, dove sarà sanificato e rimesso in circolo. Semplice, efficace e senza costi, né per l’ambiente né per il cliente.
di un prodotto. Infatti, ai primi posti delle aspettative dei consumatori sulle funzioni degli imballaggi, troviamo che l’igiene, la sicurezza e la durata di conservazione degli alimenti, unitamente a prezzo d’acquisto e convenienza, sono ancora le caratteristiche più importanti di cui tenere conto al momento della scelta. Inoltre in base alla fascia di età, sono i consumatori più giovani (i Millennial e quelli della Generazione Z che vivono in un contesto urbano) i più sensibili ai temi ambientali. Tuttavia, si rivelano maggiormente preoccupati per l’impatto dei rifiuti oceanici e delle microplastiche (che pure sono un problema importante), rispetto all’influenza climatica legata alla produzione degli imballaggi e al loro corretto smaltimento. La maggior parte delle persone si dice comunque disposta a pagare di più per un imballaggio sostenibile: alcune con un minimo sovrapprezzo, altre (soprattutto quelle che appartengono alle generazioni più sensibili) sono propense a sostenere anche un premio ecologico più oneroso. È importante fare un’ulteriore considerazione quando parliamo della sostenibilità associata alla consapevolezza ambientale dei nostri consumi alimentari. La percezione del termine “sostenibilità” può essere differente tra il sud e il nord del mondo, a causa delle diverse realtà socio-economiche e ambientali. Il termine “sostenibilità” è stato per la prima volta utilizzato nel rapporto delle Nazioni Unite Brundtland¹ del 1987 [1]. Secondo il
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ficativo anche sull’industria del packaging, che ha dovuto adattare le proprie pratiche per rispettare l’ambiente e le risorse naturali. Oggi chi produce packaging risponde a queste aspettative mettendo in atto una serie di strategie e iniziative, in linea anche con le direttive che vengono discusse a livello legislativo all’interno dell’Unione (nel dicembre 2023, i governi dell’UE hanno deciso di modificare la legislazione europea sui rifiuti di imballaggio per aumentare il livello di riutilizzo delle confezioni rendendole tutte riciclabili) volte a ridurre l’impatto ambientale dei propri prodotti e processi. Questo include:
- riduzione dell’uso di materiali non riciclabili e non biodegradabili, come plastica e polistirolo, e promozione dell’utilizzo di materiali riciclabili e compostabili;
documento, i problemi ambientali e i punti critici sono sostanzialmente dovuti all’estrema povertà del sud del pianeta e ai modelli produttivi e di consumo non sostenibili adottati dai paesi del nord. In questo scenario il rapporto evidenziava la necessità di mettere in atto una strategia globale per integrare le esigenze dello sviluppo e dell’ambiente. Questa strategia viene definita con l’espressione inglese “sustainable development”, oggi ancora ampiamente utilizzata, e tradotta in seguito con “sviluppo sostenibile”. La definizione di “sviluppo sostenibile” è stata riportata dalla Sig.ra Brundtland in modo efficace: “Lo sviluppo sostenibile è quello sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”.
Da allora la sua definizione si è evoluta e questo concetto ha avuto un impatto signi-
L’igiene, la sicurezza e la durata di conservazione degli alimenti, unitamente a prezzo d’acquisto e convenienza, sono ancora le caratteristiche più importanti di cui tenere conto al momento della scelta
- miglioramento dell’efficienza energetica e della gestione dei rifiuti nei processi di produzione e distribuzione;
- sviluppo di imballaggi più leggeri e compatti per ridurre il peso e il volume dei rifiuti;
- implementazione di pratiche di riciclo e riutilizzo dei materiali di imballaggio;
- promozione di soluzioni innovative e sostenibili, come imballaggi biodegradabili, compostabili e riciclabili;
- educazione dei consumatori sull’importanza del riciclo e della gestione sostenibile dei rifiuti, incoraggiandoli ad adottare comportamenti sostenibili.
Quando si affronta la questione del packaging sostenibile non si deve tuttavia dimenticare che la prima funzione dell’imballaggio è quella di proteggere l’alimento, migliorandone la conservazione e garantendo la qualità per un tempo di vita commerciale più lungo, riducendo di conseguenza le perdite e gli sprechi alimentari. Successivamente
guida per lo sviluppo sostenibile ancora oggi valida.
La percezione del termine “sostenibilità” può essere differente tra il sud e il nord del mondo, a causa delle diverse realtà socio-economiche e ambientali
vengono affrontate le altre funzioni richieste dal consumatore anche in termini di trovare e mettere a punto materiali che hanno un minore impatto ambientale rispetto alle plastiche di derivazione fossile. Ora, sebbene da questo punto di vista lo sviluppo di nuovi materiali può sembrare l’opzione più sostenibile, per molti prodotti alimentari l’eliminazione della plastica contribuisce a incrementare il decadimento organolettico, aumentando lo spreco di cibo e incrementando quindi l’impatto ambientale. La sfida sta nel quantificare come valutare le opzioni e definire qual è il punto critico della sostenibilità. Intervenire nell’ottica delle strategie indicate qui sopra è già un passo in avanti: però serve fare molto di più.
INVOLUCRI PROTETTIVI ALLO STUDIO PER I PRODOTTI DEPERIBILI
E LORO CARATTERISTICHE
DI SOSTENIBILITÀ
Se pensiamo a tutti i prodotti alimentari deperibili e in particolare al comparto delle carni e dei prodotti trasformati a base di carne dobbiamo tenere conto che i materiali progettati per il loro confezionamento devono avere qualità specifiche, tra cui bassi tassi di
trasmissione di umidità/vapore, capacità di restringimento termico, allungamento, flessibilità, resistenza e capacità di mantenere le loro caratteristiche protettive su un’ampia gamma di temperature e condizioni.
Per stabilire i criteri di sostenibilità ambientale degli imballaggi alimentari all’interno delle future catene di approvvigionamento in ottica di economia circolare è anche necessario che i nuovi materiali contribuiscano a ridurre i rifiuti di cibo. Poiché l’imballaggio alimentare è una parte significativa della produzione di rifiuti, anche una piccola diminuzione della quantità di materiali utilizzati per ogni confezione comporterebbe un significativo abbattimento dei costi e potrebbe migliorare lo smaltimento dei rifiuti solidi. È importante utilizzare la valutazione del ciclo di vita (LCA) per definire gli impatti della filiera alimentare, prendendo in considerazione le interazioni tra imballaggio e alimento, i rifiuti alimentari, gli impatti ambientali dell’industria alimentare e tutto ciò che concerne il trasporto, perché il consumatore possa ritenersi soddisfatto.
Oggi esistono già delle alternative ecologiche alle plastiche fossili e tutte devono ga-
Proclamati i vincitori del premio Best Packaging 2024.
Il contest ha esplorato, per la prima volta, il complesso tema dell’accessibilità al prodotto confezionato, declinato nelle diverse sfaccettature, dall’apertura facilitata, alla chiarezza e trasparenza delle informazioni riportate sul packaging, ispirandosi al valore numero 4 della Carta Etica del Packaging - manifesto del buon packaging. L’accessibilità è una delle tante declinazioni del packaging design.
Per il settore alimentare sono stati premiati:
• GRUPPO HAPPY per spazio ZERO
Cassette riutilizzabili, con 50% di riciclato, per il trasporto di prodotti ittici. Le cassette, fornite stese, sono agevoli da montare e impilare per l’operatore, grazie a un semplice ed efficace sistema di incastri e altrettanto facili da smontare per la sanificazione.
• ITP Industria Termoplastica Pavese per FREEZY PEEL
La busta per surgelati è dotata di apertura facilitata, che non richiede l’utilizzo di forbici. L’invito all’apertura è comunicato attraverso un’infografica sul fronte della confezione.
• NESTLE’ per la CONFEZIONE ORZORO
Packaging iconico di Orzoro, ergonomico per adulti e bambini grazie alla forma ovale, con coperchio richiudibile facilmente estraibile, grazie a due linguette di presa laterali e corredato di informazioni base anche in braille.
• GRUPPO SADA per H2OBOX
Contenitore primario in cartone per il trasporto di mozzarelle sfuse, con liquido di governo. Vuoto è facilmente impilabile e agevola la fase di trasporto grazie a una pratica maniglia.
• La Giuria ha deciso di conferire anche una menzione speciale alla tesi “PRODUZIONE DI COATING AD USO ALIMENTARE A BASE DI PECTINA E PROTEINA DI SOIA” di Diego Bevilacqua.
(fonte Istituto Italiano Imballaggio)
DEL PACKAGING ALIMENTARE
Riciclare e ridurre, materiali alternativi e innovativi, e processi sempre più efficienti: queste le tre aree strategiche della challenge per il packaging alimentare del futuro lanciata lo scorso dicembre da Italia del Gusto, il primo consorzio privato di imprese operanti nel settore alimentare e vinicolo italiano, e Eatable Adventures, tra i principali acceleratori foodtech su scala globale. I progetti emergenti supporteranno le imprese nella riduzione della plastica monouso e di materiali non riciclabili e favoriranno, al contempo, la transizione verso un’industria alimentare più consapevole ed eticamente all’avanguardia.
1. Nicefiller, realtá italiana per la categoria materiali innovativi, propone Cronogard una tecnologia che utilizza specifiche molecole inserite nel packaging, tramite scambi di ioni in grado di proteggere e mantenere freschi gli alimenti più a lungo, riducendo gli sprechi. La soluzione offre una barriera protettiva e antibatterica all’interno delle confezioni, rallentando la formazione degli agenti responsabili del deterioramento organolettico e visivo.
2. Sempre dall’Italia arriva FOODOC® che propone una soluzione software modulare in grado di ottimizzare il processo di etichettatura multilingua. Centralizzare la gestione, snellire le operazioni e ridurre i costi operativi: queste le parole chiave di una vera e propria rivoluzione B2B pronta a cambiare le regole del gioco per Produttori e Consulenti.
3. Per la categoria Riciclo e Riutilizzo spicca l’innovativa italiana Alter Eco Pulp – Società Benefit -, che ha introdotto la tecnologia del “Fiber Molding cellulosico”. Si tratta di un processo innovativo che utilizza fibre naturali di cellulosa provenienti da piante annuali e da prodotti secondari agricoli, come nel caso del bambù o degli scarti della lavorazione della canna da zucchero, per la creazione di prodotti monouso e packaging ecosostenibili.
4. Il quarto progetto italiano, IUV, ricerca e sviluppa soluzioni di confezionamento plastic free e rivestimenti edibili per prodotti alimentari freschi attraverso “Naturameri”: piccole molecole naturali non modificate chimicamente presenti nelle alghe, nelle piante e persino negli scarti alimentari. La loro offerta comprende laminati a base vegetale, che rappresentano un’alternativa ecologica alla plastica monouso, una soluzione protettiva liquida “Scelli”, per preservare la freschezza e per estendere la durata degli alimenti, ed etichette a base di ingredienti vegetali 100% naturali, incentivando una visione sempre più eco-friendly del packaging alimentare.
5. LiVA, la startup israeliana, tutta al femminile, è specializzata nello sviluppo di soluzioni intelligenti di biopreservazione e biocontrollo finalizzate a estendere la shelf life di alimenti e delle colture, riducendo gli sprechi e promuovendo una produzione più sostenibile. Le miscele di nutrienti prebiotici create da LiVA favoriscono la crescita di batteri funzionali senza ricorrere a colture vive, imitando l’azione benefica sull’ecosistema microbico ed assicurando una protezione completa.
6. La startup bulgara Lam’on, per la categoria materiali innovativi, propone materiali alternativi per ridurre l’uso di plastica. Grazie allo sviluppo e produzione di laminati a base biologica, riciclabili insieme a carta e cartone, e di fogli trasparenti compostabili, le soluzioni innovative di questa startup si propongono come alternative sostenibili ai prodotti in plastica derivati dal petrolio, comunemente utilizzati nelle industrie della stampa e dell’imballaggio.
rantire la piena rispondenza ai regolamenti comunitari riguardo l’idoneità al contatto con gli alimenti [2-3] e la capacità di essere riutilizzati, riciclati o compostati.
Uno degli orientamenti, definito anche dal recente accordo politico tra Consiglio e Parlamento europeo per rendere gli imballaggi più sostenibili, prevede la sostituzione della plastica fossile non degradabile, con plastiche biobased (cioè ottenute da biomasse vegetali) non degradabili ma riciclabili, plastiche biodegradabili e plastica da plastica riciclata.
Anche la carta e il cartone, per i quali è già in atto un sistema di riciclaggio, sono una valida alternativa. Il problema è però che non possono essere riciclati se si sporcano a contatto con il cibo e se sono impregnati di unto; non possono inoltre essere impiegati tal quali per alimenti ad alto contenuto di umidità poiché si deteriorerebbero, provocando la migrazione di sostanze chimiche nell’alimento. Tuttavia una soluzione oggi praticabile è quella di rivestire il supporto di carta o cartone con
La prima funzione dell’imballaggio è quella di proteggere l’alimento, migliorandone la conservazione e garantendo la qualità per un tempo di vita commerciale più lungo, riducendo di conseguenza le perdite e gli sprechi alimentari
una pellicola di plastica degradabile (carte politenate) posta all’interno della confezione, a contatto con l’alimento. Questo processo di rivestimento o laminazione (o una combinazione di entrambi) può contribuire a ridurre il peso dell’imballaggio (i nuovi materiali accoppiati, rigidi o meno rigidi, possono anche essere utilizzati su macchine sigillatrici sia per confezionamento skin che in atmosfera modificata), colmando il divario con la qualità utile delle plastiche. Oltretutto, separando poi i materiali, ciascuno può essere opportunamente recuperato e riciclato.
A proposito di nuovi materiali, in Europa si stanno finanziando alcuni nuovi progetti che utilizzano direttamente le fibre di cellulosa provenienti da legno o da altri materiali di origine vegetale, al fine di realizzare imballaggi a base di fibra ad alte prestazioni che possono sostituire una parte significativa degli imballaggi rigidi di plastica multistrato: si tratta di soluzioni economiche, industriali e compatibili con l’ambiente [4-5]. Il vantaggio di usare fibre di cellulosa, al pari di quello di carta e cartone, è che le materie prime derivano completamente da una gestione soste -
nibile delle foreste (secondo le certificazioni Forest Stewardship Council - FSC e Programme for Endorsement of Forest Certification schemes - PEFC), utilizzando ampiamente materiale riciclato.
Altre ricerche di notevole interesse per ridurre la dipendenza dalle plastiche fossili sono orientate allo sviluppo di pellicole o rivestimenti commestibili e biodegradabili. Queste ricerche sono condotte in tutto il mondo [6-7-8] e hanno un enorme potenziale commerciale e ambientale: partono infatti dall’idea di sviluppare film a base di biopolimeri di origine proteica, lipidica o polisaccaridica che derivano direttamente dagli alimenti, in grado di garantire proprietà meccaniche e di barriera ai gas (forza, resistenza all’abrasione e alla perforazione, permeabilità ai gas – ossigeno e vapore acqueo). Si valutano anche le proprietà che possono consentire di stamparli, etichettarli o di resistere alle temperature di termosaldatura. Sono numerosi gli ingredienti alimentari (contenenti pectine, carragenine, alginati e altro ancora) che vengono studiati per le loro capacità filmogene e sono stati fatti numerosi tentativi su diverse gamme di concentrazioni e parametri di
Un cambiamento dell’attitudine dei consumatori verso una maggiore attenzione alla sostenibilità ambientale di ciò che acquistano, ha spinto le aziende ad adottare soluzioni di imballaggio sostenibili
lavorazione nel tentativo di trovare la giusta soluzione. Da quello che si legge in letteratura pare che i film singoli a base di lipidi o proteine si dimostrino in grado di garantire alcune caratteristiche e non altre, ma potendoli laminare e/o accoppiare in pluri-strato si possono combinare gli attributi positivi di entrambi, riducendo al minimo gli aspetti negativi.
Alle pellicole commestibili possono anche essere applicate sostanze e additivi in funzione antimicrobica.
QUALI SFIDE DEVONO ESSERE
ANCORA AFFRONTATE
Non c’è dubbio che gli imballaggi ecocompatibili hanno davanti a sé un mercato potenzialmente molto interessante. Stiamo
vivendo in un’epoca caratterizzata da una maggiore consapevolezza ambientale e da preoccupazioni per la sostenibilità delle diverse filiere, alimentari e non alimentari. Inoltre siamo tutti consapevoli degli effetti negativi legati allo smaltimento dei materiali che non sono riciclabili e biodegradabili, che possono contaminare la terra e le acque se non vengono conferiti almeno in discariche controllate, che incidono sullo spreco. Tutti ai diversi livelli di responsabilità hanno chiaro cosa comporta il degrado ambientale e che occorre cercare soluzioni agli impatti dannosi dei materiali di imballaggio come la plastica fossile.
Gli imballaggi ecologici e sostenibili si caratterizzano per biodegradabilità, riciclabilità e minimo impatto ambientale. Alcuni di questi, spesso combinati tra loro, offrono oggi funzionalità paragonabili agli imballaggi tradizionali, permettono di ridurre l’impiego delle plastiche e si dimostrano utili per sostenere la transizione verso la sostenibilità e favorire un’economia circolare su più ampia scala.
Un cambiamento dell’attitudine dei consumatori verso una maggiore attenzione alla
ALL4PACK
PARIS, IL THINK TANK
PER UN INTERO SETTORE
Dal 4 al 7 novembre 2024 a Paris
Nord Villepinte, All4pack Emballage Paris è la principale fiera internazionale in Francia per tutti gli attori del settore dell’imballaggio. Per tutta la durata della fiera, esperti del settore condivideranno le loro competenze su temi legati alle sfide del settore del packaging in diversi spazi:
• Lo spazio ALL4PACK CIRCULARITY è un’area dedicata alla circolarità che riunisce startup innovative e altri attori impegnati nel processo di transizione. ALL4PACK CIRCULARITY ha l’obiettivo di riunire gli attori coinvolti nei temi dell’ecodesign, del riciclo, del riuso e della riduzione dell’impronta ambientale, mettendo in evidenza soluzioni innovative per le aziende che utilizzano imballaggi. In questo spazio i visitatori troveranno lo startup village e un’agorà dedicata agli interventi degli espositori.
• L’area ALL4PACK Innovations, coprogettata quest’anno con l’European Brand & Packaging Design Association (EPDA), presenterà i vincitori degli ALL4PACK Innovation Awards 2024. Questo spazio esplorerà le ultime tendenze e offrirà l’opportunità di scoprire, attraverso gli espositori vincitori del concorso, le novità dei settori presentati in fiera. Saranno inoltre evidenziati i vincitori dei concorsi partner della fiera: L’Oscar dell’Imballaggio, NVC Gouden Noot, SIAL Innovations, Emballage 5.0. Inedito in questo spazio: un’esposizione di packaging innovativi provenienti e selezionati dall’EPDA.
• Inoltre, le visite guidate “Pack Innovation Tour” e “Pack Machine Tour” sveleranno soluzioni innovative selezionate da esperti: incontri con gli espositori, macchine in funzione, scoperta di packaging all’avanguardia.
• Durante i 4 giorni della fiera, l’area ALL4PACK Conference offrirà un programma completo di 27 conferenze di alto livello, in connessione con le principali sfide che devono affrontare le industrie che utilizzano gli imballaggi: ambientali, legislative, tecnologiche ma anche sociali, con le nuove abitudini dei consumatori francesi ed internazionali.
sostenibilità ambientale di ciò che acquistano, ha spinto le aziende ad adottare soluzioni di imballaggio sostenibili, come parte delle loro iniziative di responsabilità sociale, orientando la crescita del mercato.
Le stesse istituzioni e i governi di tutto il mondo stanno rivedendo le normative che regolano la produzione e l’impiego degli imballaggi per frenare l’inquinamento da plastiche che, nel caso della produzione alimentare, incide anche sullo spreco, e promuovere pratiche di maggiore sostenibilità.
Tuttavia affinché gli obiettivi possano essere raggiunti, occorre una collaborazione più marcata lungo tutta la catena di valore dell’imballaggio, includendo i fornitori delle materie prime, i produttori di packaging, le aziende che li utilizzano, fino alle società di gestione dei rifiuti. Purtroppo su questi ultimi aspetti siamo ancora carenti.
La mancanza di strutture adeguate per riciclaggio e compostaggio, perché le tecniche di recupero sono ancora basate su tecnologie obsolete, rappresentano una sfida per l’adozione più sistematica di imballaggi sostenibili. Senza investimenti negli impianti di riciclaggio, nel migliorare la raccolta dei rifiuti, non si può sostenere l’economia circolare e migliorare la riciclabilità e il riuso dei materiali ecologici.
Ma non è tutto. Gli imballaggi ecologici incontrano ancora costi di produzione più elevati rispetto a quelli tradizionali e i maggiori oneri sono critici soprattutto per le piccole e medie imprese (PMI) che sono restie ad adottare alternative sostenibili. Tuttavia i pro-
gressi nelle tecnologie e nelle economie di scala possono aiutare a ridurre i differenziali di costo.
Un’altra preoccupazione è relativa al fatto che i materiali ecologici devono soddisfare tutti i requisiti prestazionali garantiti dagli imballaggi tradizionali quali durata e conservazione degli alimenti, proprietà barriera e tutto ciò che caratterizza l’impiego delle plastiche fossili. I produttori devono investire ancora in ricerca e sviluppo per migliorare le funzionalità e le prestazioni degli imballaggi sostenibili e soddisfare così gli standard di set-
Occorre una collaborazione più marcata lungo tutta la catena di valore dell’imballaggio, includendo i fornitori delle materie prime, i produttori di packaging, le aziende che li utilizzano, fino alle società di gestione dei rifiuti
Una speciale tournée teatrale offre una visione nuova dell’impegno verso la sensibilizzazione ai problemi legati alla plastica. “Viene prima la fine del mondo, la fine dell’uomo o la fine dell’usa e getta?”, lo spettacolo messo in scena dalla compagnia teatrale Naif presso il Teatro Civico di Tortona è parte delle molte iniziative previste dalla campagna di sensibilizzazione “La Plastica è cambiata, cambia idea sulla plastica”, promossa da ALPLA Italia.
Nel corso dello spettacolo gli attori partecipano a un quiz a premi, condotto da un presentatore virtuale, durante il quale attraverso un meccanismo di domande e risposte, vengono portati all’attenzione del pubblico i paradossi di una società “plastic-free”. Vengono così esplorate in modo divertente e provocatorio le implicazioni dell’uso della plastica nella nostra vita quotidiana. Al termine, un dibattito coinvolge tutti gli spettatori, che vengono invitati a condividere le proprie riflessioni dopo essere stati messi di fronte alle molteplici complessità e contraddizioni legate all’uso di quello che, a tutti gli effetti, è uno dei materiali più importanti e discussi nella nostra vita quotidiana.
Lo spettacolo ha un copione pensato e scritto su misura per parlare a/e con la Generazione Z. Ciò non solo in funzione di una crescente sensibilità alle tematiche ambientali e sociali da parte dei più giovani ma anche dall’evidenza di quanto questa generazione risulti essere sempre più coinvolta e consapevole di dover, a breve, prendere il testimone per gestire il nostro Pianeta con maggiore responsabilità. Fortemente voluto da ALPLA Italia, questo progetto teatrale vede la partecipazione di Corepla, Consorzio Nazionale per la Raccolta, il Riciclo e il Recupero degli Imballaggi in Plastica e di aziende partner della filiera della plastica.
tore e le aspettative dei consumatori. È perciò importante educare i consumatori ma anche sensibilizzare i vari livelli della filiera a una maggiore attenzione verso i temi ambientali e di riciclo. Campagne di comunicazione, programmi educativi, etichettatura delle confezioni con informazioni su sostenibilità e riciclo ponendo in evidenza anche l’adesione a protocolli di certificazione ambientale, possono contribuire ad aumentare la sensibilità di coloro che sono attenti all’ambiente, aiutando i prodotti che impiegano imballaggi ecologici a distinguersi e a differenziarsi sul mercato.
CONCLUSIONI
Parlare oggi di packaging alimentare sostenibile vuol dire affrontare una sfida importante che coinvolge tutti, sia i consumatori che i vari interlocutori della filiera alimentare che il packaging lo trattano e lo utilizzano. È fondamentale che i consumatori siano più consapevoli del loro potere nel sostenere un packaging alimentare ecologico, poiché le scelte di acquisto individuali possono avere un impatto significativo sull’ambiente. Sostenere questo valore può incoraggiarli a fare scelte più consapevoli e responsabili, spingendo le aziende a produrre imballaggi più eco-friendly. D’altro canto gli addetti ai diversi livelli della filiera alimentare possono soddisfare i consumatori promuovendo la trasparenza e comunicando in modo chiaro e onesto le caratteristiche sostenibili dei propri imballaggi. Le aziende possono adottare pratiche di produzione sostenibile, utilizzare materiali riciclabili e biodegradabili, ridurre gli sprechi di imballaggio e promuovere il
riciclo e il riuso. Inoltre, è importante investire in ricerca e sviluppo per trovare soluzioni innovative ed ecologiche per il packaging alimentare.
Sebbene sia evidente che progressi significativi sono stati compiuti negli ultimi anni, c’è però ancora molto da fare per ridurre l’impatto ambientale del packaging alimentare. È fondamentale continuare a lavorare insieme per trovare soluzioni innovative e sostenibili che rispondano alle esigenze dei consumatori (di acquistare prodotti sicuri e con una adeguata conservabilità) e ai bisogni dell’ambiente. Solo così potremo raggiungere l’obiettivo di ridurre l’utilizzo del petrolio e attuare una produzione di imballaggi più responsabile.
È importante promuovere programmi educativi, campagne di sensibilizzazione e attivi-
tà di formazione, per fornire alle persone le conoscenze e le competenze necessarie per comprendere l’impatto delle proprie azioni sull’ambiente e sul pianeta, a partire dal corretto smaltimento dei rifiuti separando i diversi materiali che possono essere riciclati, riutilizzati o compostati.
È però necessario che anche le istituzioni e i governi, sia a livello europeo che nel contesto globale adottino iniziative e definiscano normative per incoraggiare le imprese a investire in soluzioni sostenibili, incentivando l’uso di materiali naturali e biodegradabili, promuovendo il riciclo e il riuso degli imballaggi secondo i principi di economia circolare, per ridurre l’utilizzo di plastica derivante dal petrolio.
Solo così potremo raggiungere gli obiettivi prefissati.
1. United Nations (1987). Our Common Future – Report of the World Commission on Environment and Development (WCED)
2. Commissione Europea (2004). Regolamento (CE) n. 1935/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 ottobre 2004 riguardante i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari e che abroga le direttive 80/590/CEE e 89/109/CEE
3. Commissione Europea (2006). Regolamento (CE) N. 2023/2006 della Commissione del 22 dicembre 2006 sulle buone pratiche di fabbricazione dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari
4. Progetto R3PACK (giugno 2022/maggio 2025), finanziato nell’ambito del programma Horizon Europe della UE. https://cordis.europa.eu/project/id/101060806
5. Progetto YANGI (aprile 2021/dicembre 2023), finanziato nell’ambito del programma Horizon 2020 della UE. https://cordis.europa.eu/project/id/968384
6. Kumar L., Ramakanth D., Akhila K., Gaikwad K.K. (2022). Edible films and coatings for food packaging applications: a review. Environ Chem Lett 20, 875–900 https://doi.org/10.1007/s10311-021-01339-z
7. Summo C., De Angelis, D. (2022). The Importance of Edible Films and Coatings for Sustainable Food Development. Foods 11, 3221. https://doi.org/10.3390/foods11203221
8. Díaz-Montes E., Castro-Muñoz R. (2021). Edible Films and Coatings as Food-Quality Preservers: An Overview. Foods 10, 249
logistica efficace consente
PIÙ EFFICIENZA E MENO SPESE CON L’ERP CSB-SYSTEM
Nel settore alimentare una logistica efficiente consente di raggiungere l’equilibrio ideale tra qualità dei prodotti, controllo dei costi e prestazioni perché aiuta a:
• controllare i processi di acquisto di materie prime e componenti
• ottimizzare risorse e tempi di produzione
• ridurre le giacenze di magazzino
• assicurare la “catena del freddo” e quindi mantenere intatta la qualità del prodotto
• migliorare il servizio al cliente.
In quest’area si nascondono quindi potenziali di ottimizzazione che vale la pena sfruttare. È indispensabile però poter disporre di un ERP con dati aggiornati in ogni momento,
indici, analisi dei percorsi critici e procedure di simulazione. Integrazione è la parola d’ordine.
COPERTURA COMPLETA
DI TUTTI I PROCESSI LOGISTICI
CON L’ERP CSB-SYSTEM
L’ERP CSB-System, gestionale specifico per il settore alimentare, modulare, completo e integrato, copre totalmente tutti i processi logistici dell’azienda, inclusa la gestione puntuale dei movimenti di magazzino e la preparazione ordini. Non importa se in azienda si preferisce la gestione di magazzino caotica o a posti fissi, oppure se la preparazione ordini avviene per cliente o per articolo: il CSB-System verifica costantemente la portata delle scorte degli articoli con proposte automatiche per il carico e lo scarico sulla base delle disponibilità aggiornate. Sono inoltre generati in automatico ordini di trasferimento e controlli delle date di scadenza. Grazie al suo alto grado di integrazione, l’ERP CSBSystem è in grado di gestire l’intero flusso di materiali, inclusi nastri trasportatori, deviatoi, trasloelevatori, scaffalatori.
SISTEMI DI ETICHETTATURA
SECONDO GLI STANDARD INTERNAZIONALI
Per essere inserita tra i fornitori di una DO o GDO, l’azienda alimentare deve garantire etichette personalizzate per cliente nel rispetto degli standard nazionali ed internazionali. La buona gestione dei dati di componenti e processi ha un impatto diretto sulla qualità dei prodotti e sulla loro etichettatura. Grazie
al CSB-System sia l’etichettatura esterna per la comunicazione con grossisti, discounter, spedizionieri e distributori, sia l’etichettatura interna per velocizzare le procedure di identificazione in azienda, sono gestite automaticamente dal sistema. È possibile ottimizzare etichette per pallet (SSCC) oppure etichette per prodotti su ogni unità di confezione a seconda delle esigenze specifiche della catena commerciale con cui si collabora.
GESTIONE GIRI, LORO OTTIMIZZAZIONE E CONTROLLO DEI COSTI DI TRASPORTO
La pianificazione dei giri è uno strumento efficace per l’evasione veloce degli ordini dei clienti e per un controllo dettagliato sui costi dei trasporti. Il CSB-System mette a disposizione dei suoi clienti, oltre ai moduli per la gestione del parco macchine, una soluzione integrata per la pianificazione dei giri sfruttando potenziali di ottimizzazione per quanto riguarda itinerari, ripartizione, peso e volume di carico nonché impiego di personale e mezzi, con lo scopo di ridurre i costi e di aumentare l’affidabilità di consegna. L’idea di fondo della gestione giri è di definire tutti gli avvenimenti necessari per ottenere la perfetta gestione dell’ordine e di controllarli in sequenza; per esempio, in quale finestra temporale deve essere consegnata la merce al cliente, in quale ordine deve essere caricato il camion, quali mezzi sono disponibili, quanti conducenti sono necessari, e così via. Non importa che si tratti della consegna a clienti, filiali o magazzini terzi di prodotti finiti
o materie prime. Per realizzare il controllo dei dati, il CSB-System segnala i “tempi teorici” per la consegna dell’ordine. Per la determinazione dei “tempi effettivi”, gli utenti hanno poi a disposizione diverse possibilità: possono essere definiti avvenimenti come “Avvio” o “Fine” della preparazione ordini e i “tempi effettivi” sono determinati automaticamente dal sistema; oppure, il computer di bordo, equipaggiato con un terminalino per la Presa Mobile Dati e con una stampante, documenta tutte le particolarità del giro, come per esempio scarico, resi, vuoti, itinerari, l’apertura delle porte come anche la temperatura delle superfici di carico dell’autocarro. Il mantenimento della catena del freddo e della chiusura delle porte viene documentato integralmente, ottemperando agli obblighi HACCP. Al termine del giro ha luogo la trasmissione diretta dei dati al CSB-System. Se richiesto, i dati possono essere trasmessi in tempo reale, così da poter visualizzare online in ogni momento la posizione dei camion e di volta in volta lo stato del parco mezzi. Al termine del giro, un’analisi fondata e supportata dal software può fornire informazioni su quali scostamenti dai valori preventivati si siano verificati e per quali motivi, misurando così l’efficienza del giro. A completamento, la possibilità di inserire tutti gli accordi contrattuali con gli spedizionieri (tariffe per tratte, stop, volumi, chilometri, etc.) permette un controllo preciso non solo dei propri costi di trasporto ma anche delle fatture degli spedizionieri.
LOGISTICA EFFICIENTE COME STRUMENTO CONCORRENZIALE
Per concludere, la scelta del giusto ERP per la gestione della logistica contribuisce in maniera decisiva alla soddisfazione del cliente e quindi al successo duraturo di un’azienda.
Referente CSB-System: Andrè Muehlberger, Direttore CSBSystem S.r.l. - www.csb.com
L’istinto aiuta, ma oggi contano i fatti. Che si tratti di margini di contribuzione, costi delle materie prime, giacenze di magazzino o semplicemente dei prezzi giusti: con il CSB-System gestirete la vostra azienda sulla base degli indici. In questo modo avrete una visione chiara anche in situazioni non chiare. Per saperne di più sulle nostre soluzioni per il settore Carne: www.csb.com
La rubrica “Chiedetelo a…” è uno spazio attraverso il quale i nostri lettori (ma anche la redazione stessa) possono avere risposte ad argomenti di diversa natura. Le domande devono essere inviate all’indirizzo email redazione@ecod.it
I quesiti proposti saranno evasi da persone competenti negli specifici settori.
Cosa sono i prodotti ultra-processati?
In cosa si differenziano dai prodotti di salumeria e carne lavorata?
Il nostro tipo di alimentazione ha subito notevoli trasformazioni in questi ultimi decenni, passando da un consumo prevalentemente domestico a quello dei pasti fuori casa nelle mense e nei bar, fatti di spuntini veloci, hamburger e snack. Soprattutto sono in aumento gli accessi a nuove fonti alimentari come le proteine alternative alla carne, elaborati a partire da proteine vegetali, derivati da insetti o funghi. Anche a casa si stanno incrementando i consumi di cibi pronti da scaldare velocemente nel microonde perché spesso non si ha tempo per mettersi ai fornelli. Questo scenario non ha colto impreparate le industrie alimentari che hanno cominciato ad offrire numerosi prodotti fatti anche con ingredienti nuovi, cui non siamo necessariamente legati per tradizione di consumo ma che danno la possibilità di variare l’alimentazione, inseriti in un percorso di dieta in apparenza più salutare e sostenibile. Vengono offerti prodotti industriali che garantiscono un elevato livello di servizio (si possono scaldare in diversi modi e arricchire ulteriormente) e hanno una vita commerciale molto lunga, mantenendo i cibi in frigorifero o congelatore. Spesso tuttavia queste formulazioni di piatti pronti e/o di snack, elaborate e studiate appositamente per essere gradevoli, per garantire un gusto costante nel tempo e mantenere una struttura omogenea, richiedono l’impiego di numerosi additivi alimentari (dolcificanti, coloranti, addensanti, stabilizzanti, conservanti, aromatizzanti) che svolgono
funzioni particolari per legare insieme ingredienti diversi derivati ciascuno da processi talvolta sofisticati e molto tecnologici. Ad esempio le proteine della soia e di altre leguminose, per assomigliare alla carne devono subire un processo detto di texturizzazione – per estrusione ad alta temperatura e pressione oppure pressate a secco e agglomerate con altri coadiuvanti – che modifica la loro struttura. Gli additivi in sé sono sicuri, perché sottoposti a frequenti revisioni e analisi da parte delle autorità competenti, ma l’impiego simultaneo di diverse categorie di questo tipo può avere effetti negativi sulla salute nel loro insieme.
Le sostanze contenute nei vari alimenti forniscono energia, nutrienti ed elementi necessari per il mantenimento della salute e delle funzioni vitali. Ogni alimento deve includere determinate caratteristiche:
• avere un adeguato valore nutritivo: deve contenere una quantità adeguata di nutrienti essenziali come proteine, carboidrati, lipidi, vitamine e minerali, tali che, combinando diversi cibi, sia possibile soddisfare una corretta dieta e assicurare il corretto funzionamento dell’organismo;
• garantire un’adeguata sicurezza alimentare: dev’essere privo di contaminazioni microbiche, chimiche e biologiche che possano nuocere alla salute;
• essere gradevole al palato, avere un aspetto invitante e una consistenza gradevole, cioè avere un’adeguata qualità organolettica;
• essere prodotto il più possibile in modo sostenibile;
• i prodotti che subiscono una lavorazione, esclusi quelli di derivazione primaria dall’agricoltura (molti dei vegetali che consumiamo tal quali e le carni fresche), devono essere correttamente etichettati secondo le disposizioni di legge: con dicitura ingredienti e specifica delle sostanze allergeniche, con informazioni sulla composizione nutrizionale, sulla provenienza, sulle modalità di conservazione e presentazione.
Un alimento in sé, anche quello più elaborato, non può essere insalubre (deve essere sicuramente salubre e sicuro!), tuttavia alcune conseguenze della lavorazione degli alimenti possono essere in qualche modo dannose per la salute, laddove ad esempio si generano grassi trans (come nella produzione industriale delle margarine impiegate poi nella produzione di dolci) che aumentano il rischio di malattie cardiovascolari e incrementano i livelli di colesterolo LDL (quello “cattivo”) oppure comportano la perdita e la minore disponibilità di micronutrienti.
In alcuni casi la lavorazione è la semplice esecuzione di una serie di operazioni ma-
nuali o meccaniche che possono includere diverse fasi (come la pulitura e la preparazione, la macinatura e la miscelazione, la cottura e la pastorizzazione, ecc.) o essere frutto di modifiche chimiche (come l’acidificazione, la salatura, l’aggiunta di zuccheri che inducono la fermentazione, la maturazione o la stabilizzazione dell’alimento), ma mantengono i caratteri tipici di lavorazioni legate alla tradizione prima dell’avvento dell’industrializzazione: si tratta di operazioni che sono necessarie per consentire la conservazione, migliorare la biodisponibilità dei micronutrienti o di altri composti benefici, che comportano un minore grado di complessità a partire dalla formulazione e dall’uso delle materie prime.
Distinguiamo questi alimenti trasformati che sono realizzati a partire da pochi ingredienti (tre-cinque) e con un limitato numero di additivi, per lo più funzionali alla conservazione medesima e alla salubrità del prodotto, dai cosiddetti alimenti iper o ultra-processati che presentano una lunga lista di ingredienti (superiore a 5 ) e che contengono diversi additivi (la lista può
essere lunga anche di 13-15 ingredienti e additivi e più) al fine di creare una struttura omogenea e una soddisfacente presentazione del prodotto.
Nella prima categoria di prodotti poco o lievemente trasformati rientrano le verdure e i legumi in scatola, buona parte dei salumi e dei formaggi derivati dalla tradizione, il pane, la birra, il vino. In questi prodotti, e soprattutto nei salumi, l’aggiunta alle matrici alimentari che lo caratterizzano (nel salume la carne è l’ingrediente primario caratterizzante, come nel formaggio il latte) di determinate sostanze (gli additivi) non deriva dalla necessità di mascherare chimicamente qualità sensoriali indesiderate o di svolgere funzioni particolari di aggregazione perché la struttura appaia omogenea: è una consuetudine che deriva della tradizione e ha una funzione tecnologica.
Il sale lo si è sempre usato – e lo si continua ad usare – nei salumi, nei formaggi e in molti altri alimenti per conservare e inibire la crescita di determinati organismi e favorire la maturazione; l’affumicatura con fumo di legna è una tecnica di con-
servazione e aromatizzazione; l’aggiunta di succo di limone (da cui derivano l’acido ascorbico e altre sostanze analoghe) veniva e viene usato con funzione antiossidante per evitare l’annerimento di frutta e verdura. Il salnitro, che è nitrato di potassio, veniva già usato dai Romani per migliorare la produzione di salumi e insaccati, per evitare che le carni imbrunissero e per impedire la proliferazione di microrganismi indesiderati.
Nei prodotti a base di carne l’aggiunta di additivi come nitrati e nitriti svolge la medesima funzione di ciò che si usava in passato, solo che oggi abbiamo dalla nostra la conoscenza scientifica e la consapevolezza del loro ruolo: offrono infatti vantaggi spesso trascurati sia per l’aspetto tecnologico (nelle carni lavorate portano allo sviluppo e alla stabilità del colore), sia sensoriale (contribuiscono alla formazione del profilo aromatico e del sapore).
Garantiscono inoltre una maggiore sicurezza alimentare prevenendo lo sviluppo e la produzione di tossine del Clostridium botulinum. Proprio per questo motivo è necessario aggiungerne una quantità
controllata nella maggior parte dei prodotti a base di carne e di salumeria. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare EFSA aveva già confermato in un parere scientifico del 2017 che i livelli di nitriti e nitrati aggiunti negli alimenti sono sicuri. E ora – anche se il nuovo Regolamento (UE) 2023/2108 ne ridurrà i livelli di impiego entro il 2025, per limitare la formazione di nitrosammine sulla base del principio di precauzione – la stessa Unione europea ne riconosce l’utilità per garantire la sicurezza alimentare. Nitrosammine che è bene precisare si formano dal nitrito libero non legato alla carne e che è possibile limitare e annullare con l’aggiunta di antiossidanti come ascorbato di sodio e/o acido ascorbico.
Questi alimenti trasformati non possono essere confusi con quelli che definiamo iper-processati, i cui prototipi sono quei prodotti di matrice vegetale (plant based) che imitano nelle qualità sensoriali e nella presentazione del prodotto finito analoghi prodotti di carne, formaggio e altre proteine tipicamente animali. Gli hamburger vegani utilizzano additivi come stabilizzanti, coloranti, conservanti, oltre ad impiegare matrici vegetali come la soia e altre leguminose che subiscono un processo di trasformazione altamente industriale affinché modifichino la struttura per assomigliare di più a quella della carne. In questi alimenti iper-processati gli additivi non hanno la funzione di offrire un vantaggio in termini di beneficio per il prodotto, ma spesso vendono aggiunti per imitare le qualità sensoriali degli alimenti reali o mascherare qualità sensoriali indesiderate. Si osservi ad esempio che il primo ingrediente è spesso l’acqua, che non ha una funzione nutrizionale, ma serve per reidratare proteine e altri ingredienti e deve essere integrata perché si possa formare una struttura omogenea, più simile alla proteina animale.
Come riconoscere quindi un prodotto
La classificazione NOVA è stata introdotta dal professore Carlos Monteiro dell’Università di San Paolo in Brasile e raggruppa gli alimenti in base alla portata e alle finalità del trattamento che subiscono. Tali trasformazioni comprendono i processi fisici, biologici e chimici che avvengono dopo che gli alimenti sono stati separati dalla natura e prima che vengano consumati o utilizzati nella preparazione dei pasti. Secondo questa classificazione, gli alimenti sono suddivisi in quattro gruppi principali:
- Gruppo 1 - Alimenti non trasformati o minimamente trasformati: includono alimenti freschi come frutta, verdura, legumi, cereali integrali; carne, pollame, pesce e frutti di mare interi o sotto forma di bistecche e altri tagli; latte fresco, yogurt semplice senza aggiunta di zuccheri o dolcificanti artificiali; uova e acqua potabile.
- Gruppo 2 – Ingredienti culinari trasformati: si tratta di sostanze ottenute direttamente dagli alimenti del gruppo 1 o dalla natura mediante processi quali la pressatura, la raffinazione, la macinazione e l’essiccazione a spruzzo. Sono quegli ingredienti utilizzati nelle cucine domestiche e nei ristoranti per condire e cuocere gli alimenti del gruppo 1. Rientrano in questa categoria le farine ricavate dai cereali, gli oli vegetali ottenuti per spremitura, gli zuccheri da canna da zucchero e barbabietola, i grassi animali come burro e strutto ricavati da latte e grassi colati del maiale.
- Gruppo 3 – Alimenti trasformati: comprende prodotti relativamente semplici che si ottengono aggiungendo zucchero, olio, sale o altre sostanze del gruppo 2 agli alimenti del gruppo 1. La maggior parte degli alimenti trasformati ha tre o poco più ingredienti e i processi includono vari metodi di conservazione o cottura, includendo anche la fermentazione non alcolica di pane, formaggio, salami. Esempi tipici di alimenti trasformati sono verdure, frutta e legumi in scatola o in bottiglia; noci e semi salati o zuccherati; carni salate, stagionate, cotte o affumicate; pesce in scatola; frutta sciroppata; formaggi e pane fresco non confezionato. Gli alimenti trasformati possono contenere additivi utilizzati per preservare le loro proprietà originali o per resistere alla contaminazione microbica, come nel caso della frutta sciroppata con aggiunta di antiossidanti e le carni salate con aggiunta di conservanti.
- Gruppo 4 - Prodotti alimentari e bevande ultra-processati: si tratta di formulazioni industriali con cinque o più ingredienti, di solito molto numerosi. Tali ingredienti includono spesso quelli utilizzati anche negli alimenti trasformati, come zucchero, oli, grassi, sale, antiossidanti, stabilizzanti e conservanti. Gli ingredienti presenti solo nei prodotti ultra-lavorati includono sostanze non comunemente utilizzate nelle preparazioni culinarie e additivi il cui scopo è quello di imitare le qualità sensoriali degli alimenti del gruppo 1 o delle preparazioni culinarie di questi alimenti, o mascherare le qualità sensoriali indesiderate del prodotto finale. Solo nei prodotti ultra-processati ve ne sono alcune estratte direttamente dagli alimenti, come la caseina, il lattosio, il siero di latte e il glutine, e altre derivate da un’ulteriore lavorazione dei componenti degli alimenti, come gli oli idrogenati o esterificati, le proteine idrolizzate, le proteine isolate della soia, la maltodestrina, lo zucchero invertito e lo sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio. Le classi di additivi presenti solo nei prodotti ultra-lavorati includono coloranti, stabilizzatori di colore, aromi, esaltatori di sapidità, edulcoranti non zuccherini e coadiuvanti tecnologici come agenti gassanti, rassodanti, rigonfianti e antiagglomeranti, antischiuma, antiagglomeranti e glassanti, emulsionanti, sequestranti e umettanti. Tipici prodotti iper-processati sono: le bevande gassate; gli snack confezionati dolci o salati; le margarine e le creme spalmabili; le barrette di “cereali” ed “energetiche”, molti piatti pronti da riscaldare; prodotti “salutistici” e “dimagranti”; “nuggets” e “bastoncini” di pollame e pesce, hamburger e altri prodotti a base di carne ricostituiti; hamburger derivati da vegetali.
poco elaborato da uno iper-processato?
Semplicemente dedicando qualche attimo alla lettura degli ingredienti riportati in etichetta: si potrà identificare subito un alimento ultra-processato dalla lunga lista di ingredienti e dalla presenza di diversi additivi come quelli conservanti, addensanti,
stabilizzanti, coloranti e vari altri. Inoltre sono più ricchi di sale, zuccheri e grassi saturi, elementi tipici di quelli che chiamiamo in chiave moderna “cibi spazzatura”. I nutrizionisti consigliano di mangiare cibi veri ed evitare prodotti che li imitano ma sono iper-processati.