a
m
ri
ep
an t
Il volume è esito delle seguenti attività di ricerca, di cui l’autore è stato responsabile scientifico: “Applicabilità di sistemi finalizzati all’eco-efficienza degli edifici e loro compatibilità paesaggistica nel sito unesco Cinque Terre, Porto Venere e Isole Palmaria, Tino e Tinetto” e “Linee guida per l’eco-efficienza dell’edilizia tradizionale diffusa nel sito unesco Cinque Terre, Porto Venere e Isole”, commissionate dalla “Direzione Regionale per i Beni Culturali e paesaggistici” della Liguria ed “Eco-efficienza degli edifici tradizionali in contesti paesistici sensibili”, Progetto di Ricerca di Ateneo 2012. Hanno partecipato alle ricerche gli architetti Simonetta Acacia (foto-inserimenti, S.A.), Marta Casanova (fotoinserimenti, M.C.), Marco Guerrini (censimento delle visuali – capitolo 2 – alcune schede nel capitolo 4, M.G.), Guglielmo Parodi (foto-inserimenti, G.P.), Antonella Serafino (parte del capitolo 2 e foto-inserimenti, A.S.), l’ingegnere Marco Cartesegna (esperto impiantista, alcune schede nel capitolo 4) e il geologo Enrico Olivari (Elisas ambiente, sezione dedicata alla geotermia nel capitolo 3). Responsabile scientifico della convenzione di ricerca con la “Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici” della Liguria, per la valutazione del comportamento termico degli edifici e dell’efficienza impiantistica, è stata la prof.sa ing. Anna Magrini, Università di Pavia (capitolo 3), con la collaborazione dell’ing. Roberta Pernetti.
Progetto grafico ed editing: arch. Mariana Sena Gomes Teixeira
Il volume è stato pubblicato con il contributo del Dipartimento di Scienze dell’Architettura, Scuola Politecnica dell’Università degli Studi di Genova
EdicomEdizioni Monfalcone (Gorizia) tel. 0481/484488 fax 0481/485721 e-mail: info@edicomedizioni.com www.edicomedizioni.com I testi e le foto sono stati forniti dagli autori © Copyright EdicomEdizioni Vietata la riproduzione anche parziale di testi, disegni e foto se non espressamente autorizzata. Tutti i diritti sono riservati a norma di legge e delle convenzioni internazionali. ISBN 978-88-96386-42-2 Questo libro è stampato interamente su carta riciclata Stampa Press Up Roma Prima edizione 2015
2
INDICE Introduzione (Maurizio Galletti)
5
LA SALVAGUARDIA SOSTENIBILE DEL PAESAGGIO TRA TUTELA E GESTIONE L’esperienza delle linee guida per l’eco-efficienza energetica dei manufatti tradizionali in contesti storici e paesaggistici sensibili (Luisa De Marco)
7 7
1. PAESAGGI, CONTESTI STORICI ED ENERGIA. EQUILIBRI DA RICERCARE SOSTENIBILITÀ E PATRIMONIO Rivitalizzazione e cambiamento, un problema di gestione Efficienza energetica e patrimonio storico: un mondo aperto alla ricerca Gli strumenti per la disseminazione, la formazione e la tutela: manuali e guide UN’ESPERIENZA DI RICERCA SU UN PAESAGGIO SENSIBILE: INQUADRAMENTO METODOLOGICO La struttura del volume
2. IL SITO UNESCO CINQUE TERRE, PORTO VENERE E ISOLE: STRUTTURA DEL TERRITORIO E VOCAZIONI AMBIENTALI
IL TERRITORIO DEL SITO UNESCO Morfologia e struttura insediativa Geologia, idrogeologia, idrografia e clima (Enrico Olivari) SISTEMA INSEDIATIVO E VOCAZIONI AMBIENTALI (Antonella Serafino) Alcune ipotesi di possibili interventi di riqualificazione ambientale IL SITO UNESCO E IL PIANO ENERGETICO AMBIENTALE REGIONALE: CRITICITÀ E POTENZIALITÀ Il quadro normativo europeo, nazionale e regionale Obiettivi specifici del Piano Energetico Ambientale Regionale Le fonti rinnovabili in contesti paesaggistici sensibili: criticità e potenzialità BIBLIOGRAFIA
11 11 14 15 21 25 26 33 33 33 35 39 76 79 79 81 82 84
3. IL MIGLIORAMENTO “ENERGETICO” DEGLI EDIFICI TRADIZIONALI
87 CARATTERISTICHE TERMICHE E FABBRISOGNI ENERGETICI (Anna Magrini) 87 Metodologia di analisi della prestazione energetica 87 I casi studio: caratteristiche morfologiche, costruttive e prestazioni energetiche 91 INTERVENTI DI RECUPERO PER IL MIGLIORAMENTO DELL’EFFICIENZA ENERGETICA (Anna Magrini) 99 Scenari di possibili interventi di miglioramento e valutazione dei risparmi indotti 100 Interventi sull’involucro edilizio 103 Interventi sull’impianto termico 109 Interventi combinati sull’involucro e sull’impianto 115 Considerazioni conclusive 121 LA GEOTERMIA A BASSA ENTALPIA: SPECIFICHE TECNICHE E APPLICABILITÀ (Enrico Olivari) 126 Tipologie di pompe di calore 126 La geotermia a bassa entalpia 128 Criteri per l’applicabilità dei diversi sistemi a pompa di calore 136 Riferimenti bibliografici e normativi 141
4. MIGLIORAMENTO E APPROVVIGIONAMENTO ENERGETICO TRA TECNICA E SALVAGUARDIA 143 FATTIBILITÀ IMPIANTISTICA E MIGLIORAMENTO ENERGETICO 145 Criteri generali e verifiche preliminari 145 ANALISI DEI FABBISOGNI ENERGETICI 146 Caratteristiche termiche 146 Fabbisogni termico, elettrico e idrico 147 MIGLIORAMENTO DEL COMPORTAMENTO TERMICO: ISOLAMENTO DELLE MURATURE 149 Pareti esterne: stato di fatto 150
3
Finitura delle pareti esterne: stato di fatto Principi guida I materiali isolanti Isolamento interno Isolamento esterno MIGLIORAMENTO DEL COMPORTAMENTO TERMICO: ISOLAMENTO DELLE COPERTURE Manti in laterizio: stato di fatto Manti in pietra: stato di fatto Nodi di gronda: stato di fatto Principi guida Isolamento interno Isolamento sotto manto Isolamento sotto manto – Nodi di gronda Riferimenti bibliografici essenziali MIGLIORAMENTO DEL COMPORTAMENTO TERMICO: ISOLAMENTO DEL SOLAIO CONTRO-TERRA Realizzazione di vespaio aerato MIGLIORAMENTO DEL COMPORTAMENTO TERMICO: INTERVENTI SUGLI INFISSI Stato di fatto Principi guida Recupero, mantenimento in efficienza del telaio e sostituzione del vetro Sostituzione con elementi energeticamente “efficienti” INTERVENTI SUGLI IMPIANTI Tipologie impiantistiche per il riscaldamento invernale – reti Tipologie impiantistiche per il riscaldamento invernale – generatori Tipologie impiantistiche per la cogenerazione Solai intermedi: stato di fatto Sistemi di riscaldamento a pannelli radianti. Integrazione nei solai Integrazione con fonti energetiche rinnovabili RECUPERO DELLE ACQUE METEORICHE Stato di fatto Inserimento di serbatoi di raccolta – principi guida
5. MICRO-GENERAZIONE NEI CONTESTI STORICI E PAESAGGISTICI SENSIBILI
151 152 153 154 158 160 161 162 163 164 165 167 168 169 170 171 172 173 174 175 176 177 178 179 185 188 189 190 197 197 198 199
EVLUZIONE DEL TERRITORIO E GOVERNO DELLE TRASFORMAZIONI 199 Approvvigionamento energetico e micro-generazione 201 Criticità e impatti delle tecnologie solari sul paesaggio costruito: integrità, integrazione, mimesi, alterazione 204 Fattori e possibili criteri di compatibilità 209 TAVOLE 220 Fotovoltaico e solare termico su manti in laterizio – edifici aggregati 220 Fotovoltaico e solare termico su manti in laterizio – edifici isolati 224 Fotovoltaico su manti in ardesia – edifici aggregati 226 Fotovoltaico su manti in ardesia – edifici isolati 228 Copertura solare – edifici isolati 230 Pannelli su manti in ardesia – edifici isolati 232 Pannelli su manti in ardesia 234 Pannelli su manti in laterizio 236 Fotovoltaico su volumi annessi 238 Pensilina fotovoltaica 240 Tenda fotovoltaica 242 Veranda fotovoltaica 244 Fotovoltaico a terra 246 Micro-eolico in contesto isolato 248 BIBLIOGRAFIA 250
4
INTRODUZIONE Il Presente volume curato da Giovanna Franco, promosso e sostenuto dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Liguria, costituisce il tentativo, riuscito, di analizzare e dare risposte pratiche sulle azioni da intraprendere per raggiungere l’eco efficienza energetica. Vengono analizzati tre casi di studio paradigmatici dell’esigenza di coniugare sia il recupero dell’edilizia rurale sparsa nell’entroterra delle Cinque Terre che la riconversione di quella periurbana, limitrofa ai borghi presenti sul mare, con la rigida griglia di norme di salvaguardia che regolano tale territorio. In coerenza e in continuità con l’analisi fatta e le linee guida espresse nella precedente Guida al recupero dell’edilizia rurale questo volume parte da una serie di analisi di contesto, quali quelle geologica e climatica, per scendere di scala sugli elementi tipologici edilizi presenti negli immobili su cui intervenire, e in quale modo, per produrre efficientamento energetico. Si analizzano inoltre un ventaglio di prodotti tecnologicamente avanzati adatti a fornire energia in modalità ecosostenibile e comunque utile allo stato dei luoghi in cui spesso manca del tutto anche l’energia elettrica. La complessità dello studio offre una serie di possibilità di utilizzo di energie alternative e compatibili con le caratteristiche sensibili degli ambiti in cui si devono calare, tutelati da vincoli paesaggistici, dalla normativa di parco nazionale ed inserito nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco. Il ventaglio di ipotesi e di casistiche che si possono interpolare a seconda delle caratteristiche dell’immobile e del contesto in cui è sito costituiscono una sorta di manualistica non rigida ma adattabile caso per caso informando altresì il pubblico meno aggiornato sulla possibilità di rinvenire sul mercato prodotti che sintetizzano l’esigenza di mantenimento dell’aspetto tradizionale con l’eco efficienza energetica (tegole fotovoltaiche). Tali indirizzi dovranno necessariamente essere inseriti nel più ampio apparato di norme del Piano di Gestione in corso di elaborazione al fine di indurre sia tutti gli enti che vi sovrintendono che gli utenti del territorio delle Cinque Terre ad intervenire in modo non casuale ma organizzato per incidere in modo concreto ed invertire la tendenza all’abbandono delle terre e delle abitazioni. Occorreranno anche politiche incisive di incentivo sia da parte dell’Ente Parco che da parte della Regione Liguria per potere avviare la riconversione energetica dell’edilizia presente in tali contesti. Ci auguriamo che la futura nuova giunta regionale promuova iniziative legislative in tal senso con l’obiettivo di rilanciare l’economia locale e di mantenere alta l’attrattiva culturale e turistica di un sito di eccellenza del territorio ligure.
Maurizio Galletti già Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Liguria
5
6
LA SALVAGUARDIA SOSTENIBILE DEL PAESAGGIO TRA TUTELA E GESTIONE L’esperienza delle linee guida per l’eco-efficienza energetica dei manufatti tradizionali in contesti storici e paesaggistici sensibili (Luisa De Marco*) Il paesaggio terrazzato delle Cinque Terre, di Porto Venere e dell’arcipelago delle Isole Palmaria, Tino e Tinetto, è oggi tra i più noti e apprezzati al mondo, grazie all’iscrizione sulla Lista del Patrimonio Mondiale come paesaggio culturale avvenuta nel 1997, iscrizione che è stata possibile anche per una politica di tutela avviata sin dagli anni Quaranta del Novecento su quest’ambito del territorio ligure, che ha puntato alla salvaguardia delle sue caratteristiche paesaggistiche, risparmiandolo dalle grandi trasformazioni post-belliche di sviluppo edilizio e infrastrutturale che hanno invece caratterizzato molta parte del paesaggio agrario ligure, specialmente costiero. Nel corso degli ultimi decenni, a fronte di un sempre più rapido abbandono delle attività agricole tradizionali – la coltivazione della vite, innanzi tutto, e dell’olivo – e di un decremento della popolazione residente accompagnato da un aumento dell’età media degli abitanti, si è assistito ad una amplificazione della notorietà di questi luoghi e ad un notevole incremento delle presenze turistiche, che hanno comportato fenomeni di abbandono del territorio e dei manufatti agricoli combinati con una ripresa dell’attività edilizia, specie nel settore del recupero. Nonostante i numerosi livelli di protezione che coprono questo ambito territoriale, le trasformazioni subite dal patrimonio costruito sparso e nei borghi, per adeguarlo alle nuove esigenze abitative e di comfort, si sono frequentemente rivelate poco attente alle caratteristiche costruttive dei manufatti. Le ragioni sono diverse: hanno giocato un ruolo l’inadeguatezza originaria degli edifici ad ospitare funzioni residenziali vere e proprie, la perdita della conoscenza delle tecniche e dei materiali costruttivi tradizionali, non di rado la scelta intenzionale di linguaggi e materiali ‘moderni’ e ‘urbani’ nell’intento di affrancarsi dalla miseria delle origini che questi manufatti nella loro apparente povertà ricordavano, infine fenomeni non isolati, e che si spera ormai superati, di piccolo abusivismo, caratterizzato quasi sempre da tecnologie e materiali edilizi inadeguati per qualità e durata. Nel complesso, a dispetto dell’apparente limitatezza degli interventi eseguiti sui singoli manufatti, la diffusione di queste modifiche ha indotto cambiamenti percettibili del paesaggio costiero, certamente nei nuclei abitati e negli aggregati di maggiori dimensioni, ma anche del paesaggio agricolo terrazzato. È apparso dunque evidente che l’attività di tutela e controllo svolta non riusciva a dimostrarsi sufficientemente efficace, in relazione alla complessità e, non di rado, contraddittorietà delle normative vigenti in materia, e all’inadeguatezza delle categorie degli interventi sull’edificato esistente contenuti nelle leggi e nelle norme di piano, ma anche per una insufficiente preparazione culturale e tecnica dei professionisti – del settore privato e pubblico – ad affrontare il problema del recupero e della restituzione all’uso di manufatti edilizi tradizionali con soluzioni rispettose delle loro caratteristiche costruttive e materiali. Con l’intento di far fronte a questi problemi e migliorare la qualità degli interventi sul costruito d’interesse storico e paesaggistico, già nel 2001 l’allora Soprintendenza regionale per i beni e le attività culturali della Liguria (poi Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici), grazie ad un bando sperimentale di finanziamenti del Ministero per i beni e le attività culturali per il triennio 2001 – 2003 a valere sui proventi del Gioco del Lotto (l. 662/1996) per interventi di riqualificazione paesaggistica, in accordo con l’Ente Parco Nazionale, la Regione Liguria e le soprintendenze competenti, ottenne un finanziamento per una ricerca sul patrimonio costruito tradizionale sparso finalizzata alla definizione di criteri di intervento e di linee guida per la manutenzione e il recupero di edifici rurali. La ricerca, sviluppata dai professori Stefano F. Musso e Giovanna Franco dell’Università di Genova, sfociò nella pubblicazione, nel 2006, della Guida agli interventi di recupero dell’edilizia diffusa del Parco delle Cinque Terre per i tipi di Marsilio. Per assicurare la più ampia applicazione, da parte degli uffici tecnici delle amministrazioni locali e dei professionisti incaricati, degli indirizzi e delle tecniche di intervento proposte nella Guida, essa fu inserita nelle norme del Piano del Parco, allora in corso di adozione. Purtroppo il Piano, adottato nel 2002, non fu mai approvato e, nel 2010, la sua validità è decaduta. L’utilizzo della guida è rimasto quindi allo stadio ‘volontaristico’, tuttavia, grazie a una attività capillare di ‘promozione’ del suo
7
uso da parte della Soprintendenza per i Beni Architettonici nei pareri resi obbligatoriamente per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 146 del D.Lgs. 42/2004 nonché di alcuni tecnici comunali più avvertiti, si è potuto verificare, con un monitoraggio a campione svolto nel 2012 proprio nell’ambito di questa ricerca, che in realtà la guida ha avuto una fortuna applicativa maggiore di quanto si fosse pensato. La Guida del 2006 conteneva già, in nuce, alcune prime indicazioni per far fronte al problema della fornitura energetica e del risparmio delle risorse. Tuttavia, è proprio nel periodo di formulazione della prima Guida che anche in Italia la consapevolezza della gravità dei danni ambientali dovuti all’uso dei combustibili fossili e dell’urgenza di ridurre i consumi energetici migliorando l’efficienza dei sistemi edilizi, si traduce in atti concreti. Nel 2002 anche il nostro Paese sottoscrive il protocollo di Kyoto (1997); con l’emanazione di direttive europee sull’argomento, a livello nazionale e regionale si assiste ad un’intensa produzione legislativa di adeguamento; le normative si susseguono, accompagnate da incentivi economici e fiscali, per promuovere la diffusione dei sistemi per la produzione energetica da fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica del patrimonio costruito. Queste normative, tuttavia, non si fanno carico di gestire, anche su un piano qualitativo, gli impatti e le trasformazioni territoriali, paesaggistiche ed edilizie che la loro applicazione implica, in particolare sul patrimonio costruito storico e sul paesaggio tradizionale, considerato il ruolo caratterizzante delle componenti edilizie investite dalle modifiche (serramenti e infissi, coperture, intonaci, nuovi vani tecnici, apparecchiature dedicate, ecc.). Lo stesso decreto ministeriale del 10 settembre 2010 recante “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili” si limita ad affrontare i regimi autorizzativi, in relazione alle potenze previste degli impianti a progetto, peraltro in modo non sempre chiaro e talora contraddittorio, specie per quanto attiene al rapporto tra regimi edilizi e autorizzazione paesaggistica, senza entrare nel merito degli aspetti qualitativi o di localizzazione, se non in parte, per gli impianti eolici di grandi dimensioni. In questi anni, infatti, la legislazione, pur regolando la materia, ha teso soprattutto a incentivare l’utilizzo di queste fonti energetiche, senza affrontare il tema della programmazione d’area vasta, che pure sarebbe cruciale in questo settore. Infatti la normativa prevede unicamente l’obbligo di individuare aree non idonee all’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili (generalmente limitata agli impianti eolici di potenza elevata) ma non prevede la possibilità di definire aree preferenziali per l’installazione di questi impianti in base alla vocazione dei siti, alle caratteristiche insediative o al grado di compromissione dei valori paesaggistici e quindi alle potenzialità offerte dall’inserimento di questi sistemi anche ai fini di un riordino paesaggistico di aree degradate, per dare forma a paesaggi urbani o produttivi contemporanei, sostenibili e dotati di valori paesaggistici propri. L’assenza di una dimensione programmatoria strategica nelle norme del settore costituisce purtroppo un’occasione mancata che solo la pianificazione o, ancora meglio, gli strumenti per la gestione, di cui il sito UNESCO sta cercando di dotarsi secondo i requisiti richiesti dalla Convenzione del Patrimonio Mondiale, potrebbero e dovrebbero affrontare, per garantire un uso razionale del territorio – prima risorsa da non sprecare – e un’attenzione alla sua sensibilità paesaggistica, la cui tutela è compito primario e comune derivante dal dettato costituzionale. Anche il sito UNESCO è stato investito, seppure ancora in modo marginale ed unicamente da impianti si piccola taglia (essenzialmente per l’autoconsumo), dalle trasformazioni indotte dalla promozione dell’uso di queste fonti energetiche: la ricerca che è alla base di questo volume ha dunque trovato origine nella constatazione che appariva necessario, in rapporto al tipo di progetti presentati e agli interventi già realizzati nel territorio delle Cinque Terre, sviluppare indirizzi specifici, che integrassero quelli della Guida del 2006, affrontando i problemi metodologici e tecnici dell’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili e dell’inserimento negli edifici tradizionali di sistemi per il miglioramento dell’efficienza energetica e il risparmio delle risorse, in un territorio estremamente sensibile dal punto di vista paesaggistico, anche a causa delle modificazioni già intervenute nel corso dei decenni precedenti, che hanno comportato disordine visivo ed una alterazione delle caratteristiche costruttive e materiali degli edifici in muratura tradizionale. Si è così colta l’occasione di un bando di finanziamento a valere sui fondi della Legge n. 77/2006 recante misure speciali per la tutela e la fruizione dei siti UNESCO italiani, per proporre un progetto di ricerca su questi temi, finanziato per un ammontare complessivo di 72.000 euro e volto a verificare
8
l’applicabilità di sistemi finalizzati all’eco-efficienza degli edifici e la loro compatibilità paesaggistica e a formulare criteri metodologici e indirizzi tecnici, propedeutici alla stesura di linee guida per un utilizzo di tali sistemi compatibile con le specificità costruttive e paesaggistiche dei manufatti e dei luoghi in cui si inseriscono. Per l’attuazione del progetto sono state stipulate due convenzioni di ricerca: con il Dipartimento di Scienze per l’Architettura dell’Università di Genova, per gli aspetti architettonici, tecnologici e paesaggistici, e con l’allora Dipartimento di Ingegneria Idraulica e Ambientale dell’Università di Pavia (oggi Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura), per gli approfondimenti circa il comportamento energetico degli edifici e le esigenze impiantistiche. Nonostante la scala vasta resti strategica per una politica energetica che voglia essere efficace e tener conto delle vocazioni del territorio all’uso di queste fonti energetiche senza tradire i valori del paesaggio, la ricerca ha focalizzato l’attenzione sugli impianti per l’auto-consumo, non affrontando al momento, se non per linee generali, la scala territoriale. Si è ritenuto che avviare uno studio su questi temi a partire dal miglioramento delle prestazioni energetiche dei singoli edifici e dagli impianti di produzione energetica per l’autoconsumo, che, per la loro numerosità, finiscono per avere un impatto notevole sui valori paesaggistici e sull’edilizia tradizionale, fosse più appropriato, per i valori paesaggistici in gioco, e più immediatamente utile, in base alle esigenze espresse nelle richieste di autorizzazione per gli interventi edilizi e alle competenze degli organi periferici del MIBACT in materia di tutela. Inoltre, in tal modo la nuova guida avrebbe costituito il naturale complemento e aggiornamento della prima. Tuttavia, le analisi preliminari hanno preso in esame sia la scala edilizia sia quella territoriale, in quanto definire un percorso metodologico per l’inserimento efficace e compatibile di sistemi per l’eco-efficienza energetica degli edifici richiede conoscenze afferenti ad entrambi i livelli. Dei contenuti della ricerca daranno conto gli autori e i responsabili scientifici, qui tuttavia si vuole solo ricordare alcuni dei risultati più promettenti per approfondimenti futuri, scaturiti dall’analisi a scala territoriale. Le ricognizioni sulle condizioni climatiche, geo-morfologiche e paesaggistiche/panoramiche del sito UNESCO e l’analisi a grande scala sui sistemi insediativi per valutarne la ‘vocazione all’impiego’ delle diverse fonti potranno costituire la base per una ‘programmazione’ di livello locale, che incentivi interventi su determinate aree e manufatti e evidenzi le criticità e lo scarso vantaggio di altri. Il censimento delle visuali panoramiche pubbliche, cioè dalle strade e soprattutto dai sentieri principali, per capire le maggiori criticità di inserimento degli impianti e definire i criteri per la loro collocazione, può divenire strumento di comprensione alla piccola scala di ambiti paesaggistici specifici e costituire anche una base per il monitoraggio periodico delle trasformazioni del paesaggio. Le ipotesi di interventi combinati su piccoli complessi edilizi campione contengono elementi conoscitivi utili di pre-fattibilità per valutare le esigenze energetiche e le possibilità di intervento oltre che di preliminare verifica dei possibili impatti sugli edifici e sul paesaggio. Le attività di ricerca sono state ormai completate e si sta terminando la stesura delle Linee Guida di concerto con la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici della Liguria, che detiene le competenze residue statali in materia di tutela paesaggistica. Il programma di lavoro per questo progetto ha fatto tesoro anche dell’esperienza, solo in parte riuscita, della diffusione e dell’utilizzo della prima Guida, pubblicata solo in formato cartaceo; si è pertanto optato per una diffusione della guida in formato elettronico: on-line nella forma di pagine web, da pubblicare sui siti internet istituzionali degli uffici del MIBACT, degli enti territoriali a vario titolo preposti alla tutela del paesaggio (Regione, Comuni, Enti Parco, ecc.) per favorirne la massima diffusione e l’utilizzo, e su cd-rom per un’agevole distribuzione. Il presente volume si affianca alle Linee Guida e da conto dei risultati della ricerca, ampliandoli con ulteriori approfondimenti condotti dagli autori. Le linee guida per l’eco-efficienza energetica integrano i contenuti della guida precedente, per la quale occorrerà prevedere una ‘migrazione’ on-line per promuoverne efficacemente l’utilizzo, e costituiscono una delle azioni del piano di gestione del sito UNESCO, la cui stesura è in corso. Tuttavia, in Italia, i piani di gestione non hanno uno statuto giuridico nel campo del patrimonio culturale o paesaggistico: si tratta infatti di strumenti che appartengono alla tradizione anglosassone e, nel nostro Paese, hanno fino ad ora trovato definizione normativa unicamente per i siti facenti parte delle reti Natura 2000 (decreto del Ministero dell’ambiente della tutela del territorio e del mare del 3 settembre 2002). Si tratta di strumenti ad un tempo strategici e operativi che da un lato descri-
9
vono come il sistema normativo e pianificatorio, e l’organizzazione amministrativa e istituzionale ai diversi livelli (statale, regionale, comunale) assicurano che i beni iscritti nella Lista UNESCO siano adeguatamente protetti e i loro valori coltivati e promossi e, dall’altro, individuano le azioni e le priorità di intervento così da garantirne la conservazione e lo sviluppo sostenibile ed equo con obiettivi di breve, medio e lungo periodo. Per l’assenza di cogenza, la loro attuazione richiede un impegno volontario e la capacità di utilizzarli per migliorare l’efficacia degli strumenti che hanno invece uno statuto giuridico a livello nazionale. Nel caso specifico delle linee guida, per garantirne l’utilizzo, sarà opportuno anche individuare modalità per la loro integrazione negli strumenti pianificatori previsti dalle leggi vigenti. In questa prospettiva, la redazione congiunta del piano paesaggistico ligure ai sensi della Parte Terza del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, da parte della Regione Liguria e del MIBACT, per la quale è in corso di definizione l’Intesa prevista dal Codice D. Lgs. 42/2004, e la stesura dei nuovi piani urbanistici comunali compresi nel sito UNESCO, molti dei quali in scadenza, potrebbero costituire l’occasione giusta per incardinare sia la Guida del recupero edilizio del 2006 sia la nuova guida per l’eco-efficienza energetica negli strumenti normativi o regolamentari della pianificazione e garantirne la sua ‘appropriazione’ culturale e tecnica da parte di tecnici degli enti pubblici, professionisti e cittadini.
* architetto, funzionario della Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici della Liguria, ha rivestito il ruolo di responsabile unico del procedimento e di responsabile scientifico per l’attuazione del progetto per conto della committenza.
10
1.
PAESAGGI, CONTESTI STORICI ED ENERGIA. EQUILIBRI DA RICERCARE
SOSTENIBILITÀ E PATRIMONIO I principali processi di pensiero affermatisi in Europa nel corso del Novecento sono inseriti in una prospettiva ecologica, motivati dalla progressiva presa di coscienza delle profonde modificazioni in atto sull’ambiente e delle relative conseguenze, a breve e a lungo termine, indotte su di esso dai processi produttivi.1 Questo atteggiamento ha rimesso recentemente in discussione una consolidata visione di lunga durata dell’avventura umana sul pianeta Terra, ponendo l’accento su una nuova e necessaria «etica del futuro».2 Di fronte alle crescenti possibilità di manipolare anche irreversibilmente l’ambiente, e consapevoli della fragilità della nostra stessa vita siamo così alla ricerca di un diverso equilibrio tra natura e cultura, guidati da nuove forme di responsabilità nei confronti del bene comune. In un’asserita logica, ormai pervasiva, di sviluppo sostenibile che, «lungi dall’essere una definitiva condizione di armonia, è piuttosto un processo di cambiamento tale per cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e i cambiamenti istituzionali siano resi coerenti con i bisogni futuri oltre che con gli attuali»3, memoria e cultura giocano un ruolo essenziale per la costruzione del futuro. Nonostante non si possa propriamente parlare di “sostenibilità” prima dell’era dell’industrializzazione, il patrimonio culturale e il dibattito sulla sua tutela, che nasce in modi espliciti nel XIX secolo, sono sempre più spesso accomunati ai concetti di «crescita» e di «sviluppo sostenibile», seppur in modi critici. «Sostenibilità» e «Patrimonio storico», materiale e immateriale, sembrano infatti appartenere a sfere sempre più frequentemente tangenti (e interagenti), a partire dalla constatazione per cui il patrimonio, quale espressione di civiltà, è il primo e più evidente riferimento culturale per uno specifico luogo. Esso, peraltro, può stabilire forti legami con i principi della crescita e dello sviluppo sostenibili, almeno nella prospettiva tracciata dagli organismi internazionali preposti alla sua tutela.4 Il patrimonio storico entra così, a pieno titolo, all’interno di quelli che sono stati ormai da tempo codificati come i «quattro pilastri della sostenibilità»5, sempre più spesso considerato quale vero e proprio motore trainante di attività economiche legate al commercio, al turismo, all’educazione e alla formazione. Non a caso, in tutto il mondo, numerosi processi di rivitalizzazione e recupero di aree depresse tendono non solo a una doverosa conservazione materiale dei siti ma, ancor più, alla ri-significazione stessa del termine «territorialità», proprio partendo dalle valenze delle specifiche realtà insediative.6 Tradizionalmente, poi, guardando all’ambito più prettamente materiale, l’architettura è esito complesso, stratificato e pluri-significante di una cultura del costruire che fu per secoli necessariamente attenta ai caratteri e alle condizioni ambientali del luogo in cui sorgeva, ai materiali naturali (unici allora a disposizione), alle forme costruttive poste in costante dialogo con il territorio e a sua salvaguardia (regimazione delle acque, presidio dei versanti, difesa dall’erosione dei suoli, governo delle risorse bo1 Cfr., per esempio, E. Morin, La via. Per l’avvenire dell’umanità, Raffaello Cortina, Milano, 2012; U. Galimberti, L’usura della terra, Edizioni Albo Versorio, Milano, 2014. 2 C. Younès, Expectations. Between conservation and transformation of inhabited milieu: inheriting and transmitting, in L. Kealy, S.F. Musso (Eds.), Conservation/Transformation. EAAE Transactions on Architectural Education, Leuven Belgique, 2011, pp. 27-29. 3 Rapporto Brundtland, 1987. 4 D. Barthler-Bouchier, Cultural Heritage and the Challenge of Sustainability, Left Coast Press, Walnut Creek, 2013. Cfr. inoltre Salzburg Declaration on the Conservation and Preservation of Cultural Heritage, in “International Journal of Cultural Property”, vol. 17, 2010, pp. 609-611; S. Lira, Heritage 2010: 2nd International Conference on Heritage and Sustainable Development, ivi, pp. 659-660. 5 Alcune riflessioni sono state pubblicate in G. Franco, Sostenibilità e patrimonio storico: da un caso studio, nuovi orizzonti di ricerca, Sustainability and Heritage: from a case study, new horizon of research, in “Techne”, n. 8, pp. 190-197. 6 Cfr. G. Dematteis, F. Governa (a cura di), Territorialità, sviluppo locale, sostenibilità: il modello SLoT, FrancoAngeli, Milano, 2005.
11
schive e agricole ecc.). Esito della costruzione del passato è allora una struttura insediativa che, anche se ubicata in territori aspri e in climi sfavorevoli, ha saputo costruire assecondandoli o “difendendosi”, per quanto possibile, impiegando le risorse naturali come un’opportunità e dando luogo a quelle che oggi riconosciamo come identità o, meglio, specificità locali da preservare e valorizzare. Infine, con esplicito riferimento al terzo e al quarto pilastro della sostenibilità (sociale e culturale), occorre riconoscere che non vi può certo essere memoria collettiva, da tramandare alle generazioni future, che non si dispieghi in un quadro di relazioni e di condizioni spaziali date.7 Gli usi e le consuetudini di vita, di lavoro e produzione delle comunità locali tradizionali hanno resistito per secoli, lentamente adeguandosi al mutare delle condizioni al contorno, alle potenti forze esterne e interne (naturali, economiche, ambientali …) che tendevano costantemente a trasformarle insieme al loro ambiente di vita. Il disegno insediativo e sociale degli uomini di quelle comunità ha così preso corpo, si è di fatto “reificato” in uno specifico e materiale modo di essere e di occupare/usare il territorio. La forza delle tradizioni, non solo costruttive, del singolo luogo derivava, non a caso e innanzitutto, dalla sua materia costruita, anche in forma di paesaggi artificiali abitati e vissuti.8 La nostra eredità culturale e globale fortifica, quindi, l’identità, il benessere e il rispetto per le altre culture e società; inoltre, un apprezzamento del variegato patrimonio culturale che ci circonda può di fatto promuovere la comprensione reciproca tra le persone, le comunità locali e le nazioni stesse, riconoscendo o istituendo legami inscindibili tra storia (passato), presente (progettualità, scelte strategiche, visione…) e futuro (sostenibilità della permanenza e della sua governata trasformazione). Proprio perché il patrimonio culturale costituisce una preziosa eredità di cui siamo temporaneamente custodi e che abbiamo la responsabilità di tramandare alle generazioni future, si impongono alla collettività, e non solo agli specialisti, molti interrogativi, tanto essenziali quanto profondi. Da una parte, infatti, la crisi dell’uomo moderno ha portato a una frammentazione e relativizzazione (per alcuni addirittura sparizione) dei valori, a una società «scheggiata e contingente», caratterizzata da un pervadente individualismo che frammenta i punti di riferimento; dall’altra parte alcuni vedono, nel proliferare dei valori attribuiti al patrimonio, un investimento eccessivo, quasi paralizzante per la vita presente e futura (la città storica, la città “moderna”, il patrimonio industriale, il patrimonio naturale, i beni immobili, fino ad includere il patrimonio intangibile). Quali sono dunque i patrimoni in gioco che vale la pena conservare? E come re-immetterli in una vita futura affinché possano essere trasmessi alle generazioni che verranno dopo di noi non come monumenti o espressioni del passato di cui fruire visivamente, con un ingenuo senso della nostalgia per un’epoca presunta migliore, ma come parte fondante della società contemporanea e futura? Può darsi “memoria” senza “oblio”?9 Le questioni sollevate hanno implicazioni profonde, che traguardano confini disciplinari. Guardare al patrimonio culturale non solo come memoria pietrificata del passato, ma anche quale risorsa attiva per il futuro, riutilizzarlo e valorizzarlo, significa anche spostare l’obiettivo della tutela dalla conservazione di una pura “percezione estetica” dei paesaggi come sono (e forse si vorrebbe rimanessero), a un processo di rivitalizzazione a vantaggio della collettività, scontrandosi certo con numerosi e talvolta laceranti conflitti. Sono conflitti che inevitabilmente emergono ponendo a confronto la tutela attiva del patrimonio con alcuni degli obiettivi dello sviluppo sostenibile; sono conflitti all’interno dei quali il valore culturale del patrimonio costituisce senza dubbio un elemento di prioritaria importanza, ma certo non esclusivo. Conciliare lo sviluppo con la creazione di una società inclusiva è, per esempio, un obiettivo che spesso si scontra con il problema dell’accessibilità, intesa in senso lato, quindi non meramente fisica, ai luoghi e ai beni culturali. Contrastare il depauperamento dei territori rappresenta ormai uno dei problemi più significativi del nostro territorio, appenninico e in generale collinare, caratterizzato da una miriade di piccoli borghi parzialmente o definitivamente abbandonati. I “paesi fantasma” sono luoghi che la secolarizzazione della cultura e della società contemporanea non è più riuscita ad assimilare e che oggi si tenta di riconvertire anche attraverso interventi di ri-significazione. Lo spopolamento diffuso dei borghi rurali, oltre all’abbandono di forme di presidio fisico dei luoghi, ha di fatto scisso il forte binomio per secoli sopravvissuto tra 7 Cfr.P. Ricoeur, La memoria, la storia, l’oblio, Raffaello Cortina, Milano, 2003. 8 Cfr. M.Halbwachs, La memoria collettiva. Milano, 1996. 9 Cfr. E. Severino, Tecnica e architettura, Raffaello Cortina, Milano 2003; P. Ricoeur, Ricordare, dimenticare, perdonare. L’enigma del passato, Il Mulino, Bologna, 2009.
12
“territorio” e “territorialità” intesa come configurazione di spazi soggetti a forme di sviluppo locale, definiti in base alla produzione, ai commerci, ai modi di vita in essi presenti. Quei luoghi che, ancora dopo la seconda guerra mondiale, costituivano un punto di incontro, di accumulo e di diffusione di conoscenze, credenze e saperi e che stratificavano segni, significati e leggende, non potranno più raggiungere la medesima ricchezza anche comunicativa, almeno non con gli stessi modi e forme di vita di un tempo. Migliorare la qualità della vita: anche solo limitando la riflessione ai caratteri materiali del tessuto edilizio storico, denso, stratificato, scarsamente aerato e illuminato, talvolta insalubre, sono spesso evidenti le basse soglie raggiunte nelle verifiche o valutazioni di comfort ambientale del patrimonio antico secondo i requisiti attuali. Eppure, il patrimonio storico racchiude in sé valori di ben altra ma non meno rilevante natura, difficilmente quantificabili o parametrabili (ad esclusione, forse, delle rendite patrimoniali, concetto legato a realtà complesse che esulano da questo contesto) e soprattutto non commensurabili con soglie di riferimento messe a punto e utilizzate nell’ambito di sistemi di valutazione e certificazione ambientale sviluppati con riferimento ai nuovi insediamenti. Tuttavia, il significativo peso che i valori storici e culturali assumono nei processi di recupero e il rinnovato interesse verso la sostenibilità, l’ambiente e l’impronta ecologica hanno portato anche la parte di comunità scientifica tradizionalmente lontana da questi temi a riscoprire alcuni valori dell’edilizia tradizionale, fornendo nuovi impulsi alla ricerca applicata e alle pratiche stesse del suo recupero. È il caso, per esempio, dei protocolli di certificazione ambientale specificamente approntati per il patrimonio storico quali il LEED Italia, per primo, e il GBC Historic Bulding, come sua diretta conseguenza.10 Si tratta di esperienze importanti che, se pure con i limiti propri dei metodi della valutazione quantitativa e con la correlata difficoltà a comparare quantità e qualità, testimoniano l’esigenza ormai ineludibile di provare a superare l’esasperato tecnicismo che spesso caratterizza la società contemporanea e che talvolta affronta problemi complessi ricorrendo esclusivamente all’applicazione di soluzioni tecniche semplificate o semplificatorie. Certo, l’innovazione tecnologica è uno strumento necessario per aiutare a risolvere l’emergenza ambientale del pianeta, per ottenere livelli più elevati di efficienza energetica, per ridurre i consumi e le emissioni di inquinanti nocivi in atmosfera, per migliorare progressivamente il comfort ambientale e per ottimizzare progressivamente le prestazioni del patrimonio edificato. Tuttavia, l’età contemporanea ha spesso confuso l’innovazione tecnologica con l’utilità sociale delle soluzioni tecniche adottate per risolvere i problemi posti dalla società stessa, contribuendo così a creare una visione in cui la tecnica ha assunto un valore totale e assoluto, non più mezzo per conseguire scopi utili all’uomo ma fine in se stessa.11 Il rapporto tra innovazione tecnologica e ricerca, anche nella tutela del patrimonio culturale, si riduce assai spesso a un astratto processo, a mera applicazione di prodotti e tecnologie che non costituisce necessariamente una vera innovazione e, soprattutto, che non sempre innesca un effettivo, consapevole e virtuoso avanzamento culturale, verso una reale sostenibilità della vita futura nei nostri territori.12 È soprattutto per questi motivi che il settore dei Beni Culturali, anche se è un po’ in ritardo rispetto ad altri, dovrebbe ormai riconoscere l’importanza del concetto di tecnologie “sostenibili”, per quanto certo non assumibile come semplice slogan. Ciò potrebbe anche giocare un ruolo chiave oltre i confini delle varie discipline coinvolte, riportando le discussioni e le ricerche su un piano meno riduttivo e più consapevole delle molte e diverse implicazioni che le questioni poste hanno sull’ambiente umano, ora e in futuro. La cultura della conservazione e del recupero porta infatti all’attenzione di tutti, in modo chiaro e urgente, un insieme di valori che aiutano a ricondurre la sfera tecnica al suo ruolo di strumento e non di 10 GBC Historic Building attribuisce infatti pesi anche al valore storico architettonico degli edifici, cfr. P. Boarin, D. Guglielmino, M. Zuppiroli, Towards a new sustainability assessment for historic buildings: development of GBC historic building, in Biscontin G., Driussi G., cit., 2014, pp. 597-614. Esistono comunque approcci diversi alla valutazione degli effetti e degli impatti di interventi di riqualificazione energetica sul patrimonio tradizionale che tengano conto dei valori storici e architettonici; cfr., ad esempio, A. Turato, V. Ferrario, Discordant goals in Alpine rurale heritage restoration: Discussion and proposal, in C. Mileto, F. Vegas, L. Garcia Soriano, V. Cristini (Eds.), Vernacular Architecture: Towards a Sustainable Future, CRC Press, Taylor&Francis Group, London, 2015, pp. 725-730. Approcci LCA legati alla qualità ambientale dei materiali sono già in uso da tempo non solo nel mondo della ricerca ma anche in quello della produzione dei materiali impiegati nel restauro e nel recupero in genere; a questi si aggiungono nuovi studi dedicati all’approccio LCA anche per le tipologie di lavorazioni e di interventi, in corso di elaborazione presso il dipartimento ABC del Politecnico di Milano. 11 Cfr. U. Galimberti, L’uomo nell’età della tecnica, Edizioni Albo Versorio, Milano, 2011. 12 Cfr. J.M. Staudenmaier, Technology’s Storytellers. Reweaving the Human Fabric, Massachussets Institute of Technology, Boston, 1985.
13
fine ultimo delle nostre azioni. Un nuovo e diverso approccio, oltre a inediti orizzonti di ricerca, possono quindi essere investigati e praticati, nel rapporto tra «Patrimonio» e «Sostenibilità», per contribuire a ribaltare obiettivi e riferimenti culturali quasi esclusivamente di carattere tecnicistico che, fino ad oggi, hanno influenzato il dibattito e le sperimentazioni in materia. Rivitalizzazione e cambiamento, un problema di gestione In diretto riferimento con il “pilastro” della sostenibilità relativo alla sfera sociale e culturale, il patrimonio storico può allora essere considerato un deposito di preziose risorse riutilizzabili e la sua conservazione può prolungarne la vita attiva. Tuttavia, architetture e distretti storici sono, allo stesso tempo, risorse non rinnovabili e non sostituibili. Ciò rende assai delicato ogni processo di modificazione della materia e dell’ambiente costruito, che dovrà di necessità avvenire senza diminuire, alterare o addirittura cancellare quei valori che contribuiscono a conferire ricchezza, significati e valori testimoniali ai nostri paesaggi costruiti, evitando effetti considerati culturalmente “insostenibili”. Per affrontare le sfide della sostenibilità anche in rapporto al patrimonio storico architettonico, è allora necessario rivedere alcuni assunti teorici e metodologici, superare la talvolta esasperata segmentazione delle competenze coinvolte nel tema e lavorare in modo inter- se non trans-disciplinare, adottando così nuovamente un atteggiamento “olistico”, certo non ridotto a semplice intuizione o a imponderabile expertise del singolo studioso. Prima ancora della definizione di piani e di progetti architettonici, è forse per questo necessario concentrarsi sui processi dinamici di gestione di una realtà in continua evoluzione, una realtà che si configura inevitabilmente come incerta, transitoria e provvisoria.13 L’accento si sposta così dall’evento specifico e autonomo ai processi di varia natura che lo precedono, accompagnano e necessariamente seguono, con il coinvolgimento di tutti gli attori coinvolti, in una gestione realmente sostenibile di ben più ampie e diversificate categorie di beni architettonici e culturali. Una gestione “sostenibile” del cambiamento, quindi, un’attenzione alla qualità del processo senza la quale la qualità degli esiti non è deterministicamente garantita. La gestione degli interventi sul patrimonio costruito presenta, infatti, notevoli ed evidenti difficoltà, soprattutto se confrontata con quella della nuova edificazione. Sono difficoltà che investono le fasi conoscitive, le procedure di appalto, la gestione del cantiere e il successivo ciclo di vita dei manufatti e che spesso inficiano, sotto il profilo dell’efficienza e dell’efficacia, l’esito stesso degli interventi (vanificando talvolta gli obiettivi di qualità, dilatando i tempi di esecuzione, incrementando i costi). Nonostante, ormai da decenni, il recupero edilizio costituisca, almeno in Italia, campo di prevalente interesse per il settore delle costruzioni, la cultura nazionale non è ancora preparata a gestire, in modi efficienti ed efficaci, i processi di intervento, soprattutto nel caso di opere pubbliche e di complessi di grandi dimensioni. Ciò non pone certo in discussione le competenze dei singoli “tecnici” coinvolti nei processi innescati, ma riflette alcune peculiarità che talvolta incidono negativamente sui loro esiti.14 La gestione del patrimonio costruito, infatti, è caratterizzata, più di altre, dalla complessità di molte situazioni impreviste, imprevedibili e potenzialmente assai rischiose che possono rallentare l’intero processo d’intervento e imporre, in corso d’opera, modifiche anche consistenti. Le maggiori difficoltà dipendono, tra l’altro, dall’estrema frammentazione delle conoscenze e dei saperi, tematicamente separati tra loro e di diversa origine e natura, ma anche affidabilità e pregnanza, che intervengono nel processo edilizio in momenti e a scale differenti. Ciò determina l’estrema difficoltà di governo delle molte informazioni disponibili e necessarie all’interno di un processo temporale in continua evoluzione, per cui ogni aggiornamento (se esiste e quando esiste) è un nuovo “strato” informativo indipendente da quello precedente e spesso non integrato con esso. Influisce poi anche, sulla qualità, la molteplicità degli attori coinvolti, mossi spesso da interessi contrastanti e conflittuali, il che genera la difficoltà di organizzare in modi lineari ed efficaci un processo decisionale che porti all’ottimizzazione dell’intero sistema, piuttosto che alla massimizzazione di un singolo sub-sistema (o di uno specifico insieme di valori o di bisogni) sugli altri. Fondamentale diviene quindi una corretta e complessa gestione di una mole crescente di informazioni acquisite durante le fasi conoscitive (analitiche e diagnostiche), perché diventino realmente 13 Cfr. Jullien F., Le trasformazioni silenziose, tr. it. M. Porro, Raffaello Cortina, Milano, 2010. 14 G. Franco, La qualità nei processi di recupero: aperture interdisciplinari e innovazione tecnologica, in “Il Progetto Sostenibile”, nn. 34-35, 2014, pp. 96-101.
14
utilizzabili nella fase decisionale, sia essa programmatoria o di specifico e puntuale intervento attuativo. Occorre porre in corretta relazione reciproca le diverse tipologie di informazioni (dati) e riferirle correttamente ai luoghi cui sono legate o da cui provengono. È peraltro essenziale anche registrare le variazioni che il progetto e il cantiere inducono sui manufatti, nelle loro componenti costruttive e nei loro spazi, e per questo occorre organizzare quelle informazioni insieme alla loro variabilità nel tempo, in fase di studio, di progettazione, in cantiere e nella gestione successiva, evitando eccessivi e insostenibili gradi di discrezionalità delle scelte, anche nella fase di autorizzazione da parte degli Enti preposti alla tutela. La corretta gestione dei dati costituisce, dunque, un passo indispensabile per supportare il complesso processo decisionale di ogni operazione di recupero (conservazione, restauro, riqualificazione…) del patrimonio costruito, per seguire la vita futura dei manufatti, una volta riutilizzati e, in definitiva, per qualificare realmente il cambiamento, in modo più sostenibile rispetto a quanto avvenuto nel passato recente. In questo quadro, già da molto tempo svolgono un ruolo prioritario, anche nel settore dei Beni Culturali, le nuove tecnologie informatiche (ICT), sempre più necessarie per la costruzione di modelli di varia natura, anche di tipo previsionale (Big Data). Tali modelli, basati sulla conoscenza, offrono indubbi vantaggi per l’organizzazione delle informazioni in vista della correttezza e dell’efficacia delle decisioni, ma soffrono anche di evidenti limiti, impliciti nella loro stessa costruzione.15 Con il lavoro integrato di esperti in diverse discipline, guidati da interessi e obiettivi comuni, possono emergere innovativi percorsi di ricerca che sfruttano le tecnologie digitali adattandole ai fini propri, per organizzare i nessi tra informazioni topologiche e di natura diversificata (alfanumerici, grafici, testuali…), non più solo a livello bidimensionale (come tradizionalmente avvenuto fino ad ora), ma legati alla reale tridimensionalità del costruito. Grazie a specifici strumenti innovativi, tra i quali il Building Information Modelling (BIM), si possono aprire orizzonti di sperimentazione e applicazione, soprattutto nel settore dei Lavori Pubblici. Il BIM consente, almeno idealmente, di perseguire un efficace coordinamento tra gli operatori dei processi edilizi, una migliore consequenzialità tra le fasi e, di conseguenza, un effettivo risparmio, in termini di tempi e costi. Se efficacemente costruiti e utilizzati, i BIM potrebbero inoltre incidere positivamente sulla qualità degli interventi, eliminando rischiosi margini di discrezionalità o d’invasività per la tutela dei manufatti. I “Green BIM”, poi, introducono nella gestione del processo edilizio alcuni parametri più direttamente legati alla sostenibilità dell’intero ciclo di vita dei manufatti e alla loro certificazione ambientale, al comportamento energetico e alle azioni legate al loro possibile miglioramento, temi ancora non completamente percepiti come cruciali nel campo del recupero e, ancora di più, in quello della conservazione e restauro del patrimonio tutelato.16 Efficienza energetica e patrimonio storico: un mondo aperto alla ricerca In questo quadro complesso, variegato e interdisciplinare, l’efficienza energetica del patrimonio storico costituisce solo uno degli aspetti della sostenibilità, ormai diventato prepotentemente attuale, come dimostrano alcuni recentissimi convegni nazionali e internazionali17, anche per rispondere agli obiettivi comunitari e alla roadmap EeB PPP (Energy efficiency of Buildings – Public Private Partnership). Il patrimonio vincolato, soprattutto se di proprietà pubblica, spesso oggetto di riconversione e riuso, è considerato dalla Comunità Europea come un settore chiave per sperimentare nuove soluzioni, anche in via dimostrativa e trainante per futuri investimenti privati. Molte barriere, tecnologiche e non, ostacolano tuttavia l’attuazione delle disposizioni della direttiva sul rendimento energetico nell’edilizia storica 15 Cfr. D. Dvornik-Perhavec, D. Rebolj, N.Suman, Systematic approach for sustainable conservation, in “Journal of Cultural Heritage”, 2014. Per alcune riflessioni sulle applicazioni delle tecnologie digitali alla conservazione e valorizzazione del patrimonio storico cfr. anche S.F. Musso, “Inheriting” our Cultural Heritage. Changes of paradigm of conservation, in: Aa. Vv., Innovation, architecture&planning, Konya Selcuk University (Turkey), 2014, p. 381-396; S.F. Musso, S.F., Information communication technologies and conservation of cultural and architectural heritage, in Aa. Vv. Safeguard of Cultural Heritage: a Challenge from the Past for the Europe of Tomorrow, July 11th-13th, 2011, Firenze University Press, Florence, pp. 217-220; S.F. Musso, Innovation in conservation of architectural heritage, ivi, pp. 223-225. 16 Cfr D. Backes, C. Thompson, L. Malki-Ephstein, J. Bohem, Chadwick Green BIM: advancing operational understanding of historical buildings with BIM to support sustainable use, in “Building Simulation and Optimization BSO14”, Second IBPSA England Conference, 23-24 June 2014, UCL, London, 2014; R. Babbetto, The use of Building Information Modelling for the Planned Conservation of the Built Heritage: Methodological and Operative Issues, in “Archi-DOCT”, Vol. 2, 2014, pp- 28-38. 17 Solo nel corso dell’ultimo anno si citano I convegni internazionali Historical and existing buildings. Designing the retrofit, AiCARR, Roma, 26-28 febbraio 2014; Energy Efficiency in Historic Buildings, Madrid, 29-30 settembre 2014.
15
e di quella sull’efficienza energetica, soprattutto negli edifici pubblici. Una significativa porzione di tale patrimonio, infatti, è tuttora climatizzata con impianti inefficienti, alimentati da combustibili fossili, con alti costi energetici e rilevanti emissioni inquinanti nell’atmosfera. A ciò si associa, assai spesso, una cattiva gestione, che genera alti consumi energetici, a scapito delle condizioni di effettiva conservazione di opere o collezioni di manufatti artistici, nel caso degli edifici museali, o dei livelli di comfort degli utenti, nel caso di edifici adibiti ad abitazioni, uffici o servizi. E, prima ancora di occuparsi dei modi di gestione, gli stessi modelli di valutazione del comportamento termico e del rendimento energetico degli edifici e degli impianti risultano talvolta non completamente rispondenti alle situazioni reali, perché le particolari condizioni di conservazione delle costruzioni sono in grado di influire, in modo pesante, sul comportamento effettivo. Strategie di miglioramento energetico, da una parte, e soluzioni tecniche compatibili con la tutela e la valorizzazione degli edifici e dei distretti culturali, dall’altra, sono state identificate come azioni prioritarie nel programma di finanziamento della ricerca europea “Horizon 2020” che ha non caso indicato, tra gli obiettivi specifici della futura efficienza energetica del patrimonio storico: • l’innovazione di prodotto e di processo, come elementi trainanti per la creazione di uno specifico mercato nel settore delle costruzioni (anche se, purtroppo, molte volte i progetti fino ad ora finanziati si sono risolti in azioni dimostrative e sperimentali, magari di grande interesse e potenzialità teorica, ma rimaste episodi privi di effettive ricadute nella realtà dei diversi Paesi europei); • lo sviluppo, la sperimentazione e la validazione di strumenti tecnici di valutazione delle prestazioni di tecnologie e componenti e degli standard di qualità anche attraverso sistemi di monitoraggio in grado di colmare il divario tra il rendimento energetico previsto dai modelli di calcolo e quello effettivamente in esercizio; • le strategie di carattere finanziario, per rendere attuabili interventi a grande scala, soprattutto sul patrimonio di proprietà pubblica. A livello europeo, alcuni progetti di ricerca, soprattutto interni al 7°Programma Quadro, si sono esplicitamente e direttamente confrontati con il patrimonio storico e il loro esito si è talvolta tradotto nell’attuazione di singoli episodi dimostrativi, di cui ancora occorre valutare il possibile trasferimento a un contesto più allargato.18 18 Tra i più significativi progetti europei si citano: ECODISTR-ICT Integrated decision support tool for retrofit and renewal towards sustainable districts (http://www.vito.be/). Il progetto mira a sviluppare uno strumento integrato di supporto alle decisioni che facilita il processo decisionale negli interventi di rinnovo dei distretti costruiti. Lo strumento fornisce indicazioni su: progetti di adeguamento e rinnovamento, costi e benefici legati al ciclo di vita degli edifici, impatti delle azioni di rinnovamento, efficienza delle risorse, aspetti sociali, qualità interna ed esterna di edifici e quartieri, questioni ambientali. CLIMATE FOR CULTURE Damage risk assessment, economic impact and mitigation strategies for sustainable preservation of cultural heritage in the times of climate change (http://www.fraunhofer.de/). Il cambiamento climatico rappresenta una delle sfide più critiche del nostro tempo, e minaccia anche il patrimonio culturale. Il progetto mira a una valutazione integrata dell’effettivo impatto dei cambiamenti climatici sul patrimonio culturale, basandosi sui risultati di altre ricerche europee, con l’obiettivo di redigere un rapporto sugli impatti macroeconomici sul patrimonio culturale. SECHURBA Sustainable Energy Communities in Historic Urban Areas (www.sechurba.eu) è un progetto all’interno del bando Intelligent Energy Europe teso a dimostrare il possibile ruolo svolto dai centri storici nell’abbattimento di emissioni nocive in atmosfera ricorrendo ad alcuni interventi mirati. SURHIB Sustainable Renovation of Historical Buildings, cui si fa particolare riferimento nel capitolo 5. ENBAU Energie und Baudenkmal. 3ENCULT Efficient ENergy for EU Cultural Heritage (http://www.3encult.eu/en/deliverables/default.html). Il consorzio coinvolto nel progetto è fortemente interdisciplinare (esperti e piccole e medie imprese provenienti dai campi della diagnostica, della conservazione, della fisica dell’edificio, della sostenibilità, della cibernetica) e il lavoro costituisce uno dei più interessanti nel panorama europeo, considerando che prende le mosse da presupposti culturali condivisibili, oltre che tecnici. Sono studiate nuove soluzioni tecniche, applicate a otto casi di studio, con l’obiettivo di colmare le lacune a cui si è fatto riferimento nel testo. FASUDIR Friendly and Affordable Sustainable Urban District Retrofitting (http://www.tecnalia.com/). Il progetto affronta un altro campo considerato delicato per l’effettiva attuabilità degli interventi di incremento dell’efficienza energetica, quello della predisposizione di nuovi modelli economici e della messa a punto di strumenti finanziari, proponendo un nuovo strumento di supporto alle decisioni (Integrated IDST). EFFESUS Energy EFFiciency for EU Historic Districts SUStainabiliy (http://www.effesus.eu/). Il progetto, ultimo finanziato e ancora in corso, ha come obiettivo lo sviluppo di una metodologia per la valutazione degli impatti e dell’efficienza energetica sui distretti storici in modo quantitativo, tenendo conto anche di criteri qualitativi e di dimostrare l’efficacia di alcuni interventi (perfezionando le tecnologie) con l’applicazione ad alcuni casi studio.
16
Molti sono peraltro gli stimoli alla ricerca, suggeriti dalle Istituzioni europee e da quelle locali che da molti anni, soprattutto nel nostro Paese, considerano il patrimonio culturale come effettivo oggetto di studio, di conoscenza, di miglioramento e di valorizzazione. Si tratta, tuttavia, di disseminare finalmente e realmente tali conoscenze, mettendole a disposizione di una comunità scientifica molto più ampia rispetto a quella tradizionalmente interessata a tali studi. Occorre anzitutto condividere, almeno tra gli esperti coinvolti, un approccio “olistico” al problema, fondato sulla consapevolezza della complessità dei sistemi e dei valori in gioco e degli effetti indotti, sui sistemi e sulle relazioni tra essi, da qualsiasi cambiamento, anche minimale. Ancora molti passi possono e devono essere dunque compiuti per la messa a punto dei sistemi conoscitivi di organizzazione delle informazioni in gioco, come fase preliminare e indispensabile a qualsiasi programmazione o progettazione d’interventi auspicabilmente migliorativi19, integrando i saperi delle discipline “architettoniche” e “paesaggistiche” più direttamente coinvolte con le metodologie proprie dei sistemi esperti, oggi sempre più necessari al governo di sistemi complessi. Dall’incontro-scontro tra la realtà fisica e materiale del sistema su cui s’intende agire (nell’edificio storico: la materia, la sua caratterizzazione fisico chimica, lo stato di conservazione, l’estensione e la gravità di fenomeni di degrado o di dissesto strutturale…) e gli strumenti di modellazione “a priori” sulle sue prestazioni, possono forse sorgere le occasioni per affinare ulteriormente anche i modelli di calcolo e di verifica dei comportamenti energetici in gioco, eventualmente integrati con mirate campagne di monitoraggio strumentale in situ, così da diminuire, almeno tendenzialmente, il divario che spesso si deve registrare tra comportamento ipotizzato e comportamento reale degli edifici su cui si lavora.20 Occupandosi invece di tecniche d’intervento, attraverso il dialogo costante con la ricerca scientificotecnologica di base e applicata, possono essere individuati nuovi modi per produrre e applicare alcune tecnologie innovative e “ambientalmente sostenibili”, di ultima e ultimissima generazione, che stimolino la creatività e l’immaginazione dei progettisti, lavorando con la modalità dell’“aggiungere a” piuttosto che del “sottrarre da” (con sostituzione di significativi valori materiali e testimoniali).21 Si fa ad esempio riferimento alla ricerca in corso sulle celle fotovoltaiche organiche o polimeriche22, agli studi sul grafene e alla possibilità di trovare ad essi applicazione anche in edilizia, agli intonaci a cambiamento di fase, oppure alla ricerca in corso su nuovi tessuti altamente performanti utilizzabili per l’isolamento interno, ruolo un tempo affidato al ricco apparato decorativo degli arazzi, a elaborate boiseries o a più semplici rivestimenti lignei ancora diffusi nell’edilizia tradizionale alpina o del Nord- Europa. Lavorando sulla gestione del processo di riuso, recupero, riqualificazione di un patrimonio costruito antico, possono anche essere opportunamente implementati alcuni strumenti diagnostici e informatici per ottimizzare la gestione della vita dell’edificio o del comparto urbano, compreso il controllo dei suoi consumi energetici. È questo, ad esempio, l’obiettivo dello sviluppo di “Smart Energy Management System” per il patrimonio storico, sistemi applicabili a edifici singoli o a interi Distretti Culturali, finalizzati – una volta definiti gli interventi tecnici più appropriati – a ridurre i costi operativi degli impianti installati (o installabili) e le loro emissioni inquinanti. Tali sistemi, basati su specifiche attività di monitoraggio, con l’installazione di sensori periferici collegati tra loro e in remoto con un sistema centrale di rilevazione e controllo per lo scambio e l’elaborazione dei dati rilevati, sono caratterizzati da elevati livelli di flessibilità proprio per garantire la migliore acquisizione, gestione ed elaborazione delle informazioni. 19 Sul concetto di “miglioramento” energetico, contrapposto a quello di “adeguamento”, e sulle apertura alla ricerca interdisciplinare fondata sulla centralità della tutela cfr. E. Lucchi, V. Pracchi (a cura di), Efficienza energetica e patrimonio costruito. La sfida del miglioramento delle prestazioni nell’edilizia storica, Maggioli Editore, Rimini, 2013; Pracchi V., Della Torre S., Pianezze E., Efficienza energetica e patrimonio architettonico: stato dell’arte e prospettive di ricerca, in “ARKOS”, n. 23, 2010, pp. 26-32. 20 Tra le ricerche in corso si ricordano quelle che, oltrepassando la scala del singolo edificio, si concentrano sulla valutazione delle prestazioni energetiche degli aggregati: cfr., sul tema: K. Ambrogio, M. Zuppiroli, Energia e restauro. Il miglioramento dell’efficienza energetica in sistemi aggregati di edilizia pre-industriale tra istanze conservative e prestazionali, FrancoAngeli, Milano, 2013; P. Davoli (a cura di), Il recupero energetico ambientale del costruito, Maggioli Editore, Rimini, 2010; Spanedda F. (a cura di), Energia e insediamenti. Una ricerca interdisciplinare per l’applicazione di principi di efficienza energetica nei centri storici, FrancoAngeli, Milano, 2007. 21 Cfr. S.F. Musso, La Tecnica e le “tecniche del restauro”, in S.F. Musso (a cura di), Tecniche di Restauro. Aggiornamento, Utet, Torino 2013, p. p. 1-32. 22 Si fa riferimento alle celle solari organiche (OSCs), celle fotovoltaiche organiche (OPVs) e celle solari polimeriche. Tutti i nomi indicano la stessa tecnologia, basata sull’impiego di polimeri. Per una elencazione, divulgativa, delle possibili fonti energetiche “pulite” si veda V. Rossi Albertini, M. Tozzi, Il futuro dell’energia. Guida alle fonti pulite per chi ha poco tempo per leggere, Edizioni Ambiente, Milano, 2011; cfr. inoltre M. Rees, Da qui all’infinito. Una riflessione sul futuro della scienza, Codice edizioni, Torino, 2012.
17
Guardare al passato per inventare il futuro; l’isolamento delle pareti interne con “elementi mobili”. In alto: Vescovado di Mondovì, Sala degli arazzi, realizzati nel XVII secolo su cartoni di Rubens. L’arazzo univa alla funzione decorativa quella di isolamento termico di ambienti scarsamente o non riscaldati, facilmente rimovibile, trasportabile e adattabile agli spazi a seconda delle necessità. In basso: dettaglio di un tessuto rinascimentale esposto al Museo Gulbenkian, Lisbona. A destra: il vetro negli infissi, da materiale disperdente a materiale attivo. In alto: il doppio infisso, la risposta del passato ai problemi di dispersione termica (Praga). Sotto, a sinistra, il rosone della Cattedrale di Chartres e, nella parte centrale, vista d’insieme e di dettaglio del trattamento, decorativo e a memoria di famiglie e persone, di alcune finestre nel Rijksmuseum ad Amsterdam. In basso: prototipi di celle fotovoltaiche organiche presentate dall’Istituto Italiano di Tecnologia IIT (a sinistra) e in studio presso il Center for Nano Science and Technology @PoliMi, IIT (per gentile concessione del prof. Guglielmo Lanzani e dott. Mario Caironi).
18
19
Il passaggio di scala dal singolo edificio a un segmento più ampio di patrimonio costruito, sia esso un Distretto Culturale, una parte di tessuto urbano consolidato o un intero paesaggio culturale, costituisce d’altra parte un’ulteriore e non minore sfida per la ricerca contemporanea in questo campo. 23 Tale spostamento di visuale apre a problemi di natura ancora più complessa tra i quali vi sono le possibili risposte alle domande di approvvigionamento energetico, oltre che alla sua corretta gestione, processi entro i quali la Pubblica Amministrazione gioca certo un ruolo fondamentale. Nuove strategie per l’illuminazione pubblica, sistemi di teleriscaldamento, di co-generazione distribuita, di gestione intelligente dell’energia, di produzione con integrazione di fonti rinnovabili sono tutti temi che, ormai da tempo, costituiscono specifiche applicazioni dei programmi “smart city” ma, fino ad ora, non hanno avuto alcuna concreta sperimentazione sul patrimonio storico e culturale europeo. Il tema delle reti intelligenti, infatti, connoterà nell’immediato futuro la produzione e la distribuzione dell’energia elettrica, integrando in modi efficaci e sostenibili la generazione dell’energia concentrata nelle grandi centrali, di quella distribuita alimentata da fonti rinnovabili e i modi del suo consumo flessibile e “smart”. Per questo, è importante valutare la possibile applicazione di tali sistemi nelle città italiane, caratterizzate e contraddistinte come sono da un cospicuo e denso tessuto urbano storico, fino ad ora escluso da qualsiasi tentativo programmatorio e/o progettuale che esuli dalla sperimentazione su singoli manufatti. Le azioni di questa natura possono riferirsi, in particolare, all’uso intelligente dell’energia per la “vivibilità” del patrimonio storico e degli spazi aperti, al risparmio energetico per il riscaldamento, il raffrescamento (soprattutto del patrimonio pubblico) e la necessaria alimentazione energetica delle connesse dotazioni impiantistiche, alla possibile autonoma produzione di energia al loro stesso interno o intorno (micro-generazione diffusa). Tutto ciò nel pieno rispetto dei vincoli di tutela esistenti ma integrandosi con essi, nel tentativo di superarne le più paralizzanti prescrizioni, in accordo con le autorità preposte al loro rispetto. Anche in questo settore, quindi, il dibattito culturale sulla tutela e sulla valorizzazione del patrimonio architettonico e paesistico può aprire interessanti e inedite prospettive di ricerca e di operatività, cui oggi non si guarda forse con la dovuta attenzione, ma che potrebbero contribuire significativamente, viste le dimensioni e le quantità del patrimonio di cui si tratta, al perseguimento degli obiettivi centrali della cosiddetta “smart city”. Considerare, allora, gli edifici storici tutelati non solo come “consumatori” ma anche come, il più possibile, reali “produttori di energia”, attraverso l’implementazione delle tecnologie già sviluppate e disponibili in altri settori, è peraltro una strada già esplorata e percorsa ad esempio dall’Università La Sapienza di Roma che ha elaborato e in parte attuato un piano strategico per la gestione intelligente e per la produzione energetica (entro apposite “isole ecologiche”), nel complesso di edifici che ne costituiscono il “campus” principale (pur sempre tutelato come espressione dell’architettura e dell’urbanistica italiana degli anni Trenta del Novecento).24 Considerando poi gli specifici limiti imposti dalla capacità economica dei proprietari degli immobili (potenzialmente assai diversi tra loro), oltre a quelli imposti dai processi legati agli specifici regimi autorizzativi dei beni sottoposti a vari vincoli di tutela, appare anche necessario, come suggerisce la Comunità Europea, spingere la ricerca applicata verso la costruzione di modelli e di strumenti finanziari. Ciò per rendere possibile non solo la realizzazione dei singoli interventi, ma anche l’inclusione del patrimonio storico culturale nelle più generali attività programmatorie delle pubbliche amministrazioni nell’immediato futuro. Infine, per colmare i molti e talvolta profondi divari culturali ancora esistenti fra categorie di esperti e tra esperti e cittadini, le molte esperienze europee e soprattutto anglosassoni sviluppate sino ad ora sul tema, dimostrano quanto siano importanti le azioni di sensibilizzazione, formazione, disseminazione e coinvolgimento attivo dell’utenza nei processi di miglioramento del comportamento energetico degli edifici storici e degli insediamenti tradizionali, che costituiscono gran parte della struttura abitativa del nostro Paese, oltre che del suo Patrimonio culturale.
23 Cfr. E. Andreta, Le tre rivoluzioni (macro – micro – nano) che stanno cambiando il mondo, in “Techne” n. 1, 2011, pp. 18-25. 24 Cfr. L. de Santoli, Smart Grid alla Sapienza (disponibile in: http://www.energia.uniroma1.it/smartgrid htm/ ultimo accesso ottobre 2014).
20
Gli strumenti per la disseminazione, la formazione e la tutela: manuali e guide Questo lavoro ha guardato quindi alle numerose guide e ai diversi manuali, prevalentemente pubblicati in ambito internazionale, come a un riferimento metodologico e operativo finalizzato a fornire, a un ampio spettro di attori, indicazioni di metodo ed elementi tecnici utili alla formulazione di principi guida e di modalità operative. Particolare attenzione è stata dedicata alle recentissime guide per la conservazione “sostenibile” del patrimonio storico predisposte in ambito nord americano25 ed europeo. Disseminazione delle conoscenze e formazione, non solo dei tecnici ma anche e soprattutto dei proprietari, sono, per esempio, azioni chiavi che l’area anglosassone ha da tempo individuato come prioritarie per raggiungere veri livelli di avanzamento culturale. Numerosi sono gli opuscoli, le guide tecniche, i manuali che affrontano, in modo pragmatico ma comunque supportato da principi metodologici chiaramente esplicitati, i problemi che ciascun utente o proprietario può trovarsi ad affrontare relativi a umidità, isolamento, miglioramento delle dotazioni impiantistiche, risparmio nei consumi.26 Una particolare questione di metodo è, infatti, la preventiva esplicitazione dei criteri, in modo chiaro e non riduttivamente vincolistico o eccessivamente tecnicistico, che amministrazioni, enti erogatori di finanziamenti, enti preposti alla tutela utilizzeranno per valutare e poi certificare l’ammissibilità degli specifici interventi volti al risparmio energetico.27 La dimostrazione, attraverso opere già realizzate e documentate con foto di cantiere e con risultati leggibili dai consumi energetici annuali, diventa veicolo, attraverso la guida, di reale disseminazione. L’attività di formazione e di consulenza nel territorio del Regno Unito vede il coinvolgimento attivo di diverse Istituzioni (Sustainable Buildings Alliance STBA, Historic Scotland, English Heritage, Changeworks e Society for the Protection of Ancient Buildings SPAB) che collaborano fattivamente dando esito non solo a guide tecniche28, ma anche a strumenti più snelli, on-line, facilmente consultabili e accessibili a tutti.29 D’altra parte, si tratta di una tradizione di lunga data, che ha visto una proliferazione di strumenti tecnici di facile consultazione dedicati alla conservazione dei caratteri del costruito tradizionale e al suo miglioramento, con particolare attenzione al tipico sistema di infissi “a ghigliottina”.30 Infine, già da qualche anno anche il patrimonio classificato da unesco è oggetto, in ambito anglosassone e non solo, di specifici approfondimenti relativi ai temi del risparmio, dell’efficienza energetica e della micro-generazione; in questo panorama la città di Edinburgo ha svolto un ruolo promotore, non solo disseminando le conoscenze tecniche, ma anche premiando i progetti ritenuti più meritevoli di
25 Cfr. Advisory Council on Historic Preservation, Sustainability and historic federal buildings, Washington, D.C, 2011; Energy Efficiency, Renewable Energy and Historic Preservation: A Guide for Historic District Commission, Clean Air, Cool Planet, New Hampshire; Grimmer A.E., Hensley J.E., Petrella L., Tepper A.T., The Secretary of the Interior’s Standards for Rehabilitation & Illustrated Guidelines on Sustainability for Rehabilitating Historic Buildings, U.S. Department of the Interior National Park Service, Washington, D.C., 2011; National Trust for Historic Preservation, Energy Advice for Owners of Historic and Older Homes. U.S.A.; The Vancouver Heritage Foundation, New life Old Buildings. Your green guide to heritage conservation, Vancouver; U.S. Department of Energy, Pacific Northwest National Laboratory & Kaufman Heritage Conservation, Energy Performance Techniques and Technologies: Preserving Historic Homes, 2011. 26 Cfr., ad esempio, Cornwall Council Historic Environment Service, Improving Energy Efficiency in Historic Cornish Buildings e R. Andrews, Improving Energy Efficiency in Historic Cornish Buildings – Grant funding, Monitoring and Guidance, in M. Lopez, A. Yanez, S. Gomes da Costa, L. Avella (Eds.), Proceeding of the International Conference on Energy Efficiency and Historic Buildings, Madrid 29-30 September 2014, Madrid: Fundacion de Casas Historicas y Singulares y Fundacion Ars Civilis, 2014, 2014, pp. 61-74; Islington, Reducing carbon emission and adapting to climate change in historic buildings. Guide for Residents. 27 Tra le guide inglesi specificamente dedicate ai principi di tutela attiva e al problema dell’ammissibilità degli interventi: English Heritage, Conservation principles. Policies and guidance for the sustainable management of the historic environment, 2008 e 2012; English Heritage, Energy Efficiency and Historic Buildings; City of Westminster, Retrofitting Historic Buildings for Sustainability, 2013. 28 Tra le ultime pubblicazioni dedicate al tema dell’efficienza energetica del patrimonio storico cfr. Historic Scotland, Inform Guide. Improving Energy Efficiency in Traditional Buildings, 2008; Historic Scotland, Short Guide 1. Fabric Improvements for Energy Efficiency in Traditional Buildings, 2nd edition, 2013; Historic Scotland, Short Guide 8. Micro-renewable in the Historic Environment, 2014. 29 Per uno stato dell’arte sul panorama di azioni cfr. N. Heath, Sustainable refurbishment of historic buildings: risks, solutions and best practice, in M. Lopez, A. Yanez, S. Gomes da Costa, L. Avella, cit., 2014, pp. 100-109. 30 Tra le ultime pubblicazioni sulle cosiddette “sash windows” cfr. Historic Scotland, Guide for Practitioners 3. Conservation of Timber Sash and Case Windows, 2002; Historic Scotland, Technical Paper 9. Slim profile double-glazing. Thermal performance and embodied energy, 2010; N. Heath, P. Baker, Slim profile double glazing in listed buildings. Re-measuring the thermal performance, 2013.
21
modificazione “sostenibile” della casa georgiana.31 In queste esperienze si tiene conto delle azioni dei cambiamento climatici sulla salvaguardia a sulla tutela attiva del patrimonio storico, spostando quindi l’attenzione dall’intervento sul singolo edificio ai problemi di gestione complessiva, formulando anche mappe del rischio a livello urbano. Tali azioni hanno avuto un positivo riscontro in altre città classificate come siti unesco, come Bath32, ma soprattutto a livello internazionale, con l’organizzazione di un primo workshop, con la costruzione di una piattaforma web e con la pubblicazione di un volume specificamente mirati a raccogliere le “best practice” di esperienze di miglioramento energetico sui siti classificati come patrimonio mondiale dell’umanità.33 Tale stato dell’arte, insieme alle recenti esperienze sviluppate dallo stesso Ministero dei Beni Culturali prima relativamente all’inserimento di impianti eolici34 e poi all’efficienza energetica degli edifici storici35, anche tramite le proprie Direzioni i Regionali36, ha costituito una base fondamentale per avviare un reale ed efficace dialogo con gli Enti preposti alla tutela e per lavorare su uno specifico paesaggio ligure.
31 Per una panoramica sulle azioni intraprese dalla città di Edinburgo cfr. C. Ronchini, D. Poletto, Sustainable energy action for World Heritage management, in Lopez M, cit., 2014, pp. 22-37. Tra le guide più significative: Changeworks, Edinburgh World Heritage, Energy Heritage. A guide to improving energy efficiency in traditional and historic homes, 2008; Changeworks, Edinburgh World Heritage, Renewable Heritage. A guide to microgeneration in traditional and historic homes, 2009; Edinburgh World Heritage, Historic Home Guide, Energy Efficiency. Per una disamina completa dei principi relativi alla compatibilità architettonica e paesistica dei pannelli solari, contenuti in queste e altre linee guida, si rimanda alla trattazione del capitolo 5. 32 Cfr. Bath Preservation Trust and the Centre for Sustainable Energy, Warmer Bath. A guide to improving the energy efficiency of traditional homes in the city of Bath, Bath, 2011. 33 Cfr la piattaforma digitale www.renforus.net, in cui è disponibile la pubblicazione relativa alle “best practice”: V. Hartman, M. Kirac, M. Scalet (Eds.), Energy Efficiency and Energy Management in Cultural Heritage. Case studies Guidebook, unesco, Venice, 2013 oltre a notizie sulla scuola estiva tenutasi a Dubrovnik nel 2012 Sustainable Energy Governance in unesco designated sites. 34 Cfr. A. Di Bene, L. Scazzosi (a cura di), Gli impianti eolici: suggerimenti per la progettazione e la valutazione paesaggistica, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Gangemi Editore, Roma, 2006. 35 Si fa riferimento alle Linee Guida per l’efficienza energetica del patrimonio culturale, predisposte, su incarico del Ministro per i Beni e le Attività Culturali, dal prof. Livio De Santoli, lavoro e di recente pubblicato in: De Santoli L., Guidelines on energy efficiency of cultural heritage, in Historical and existing buildings: designing the retrofit, Proceedings of the 49° AiCARR International Conference, 2014, pp. 1-17 e in De Santoli L., Guidelines on energy efficiency of cultural heritage, in “Energy and Buildings”, 2014. 36 Cfr. MIBAC, Gli impianti eolici: suggerimenti per la progettazione e la valutazione paesaggistica, a cura di A. Di Bene e L. Scazzosi, Gangemi Editore, Roma, 2006; La qualità delle prestazioni energetico-ambientali nella manutenzione dell’architettura storica. Linee Guida, progetto ATTESS, Direzione Regionale per i Beni Culturali e paesaggistici del Veneto, Metadistretto Veneto dei Beni Culturali, 2010.
22
23
24
UN’ESPERIENZA DI RICERCA SU UN PAESAGGIO SENSIBILE: INQUADRAMENTO METODOLOGICO L’esperienza di ricerca sul Parco Nazionale e sito unesco delle Cinque Terre, Porto Venere e arcipelago delle Isole Palmaria, Tino e Tinetto, i cui esiti sono raccolti nei capitoli del volume, si colloca nell’ambito dell’ampio quadro metodologico e operativo fin qui delineato. Tale lavoro ha costituito l’occasione per proporre ulteriori considerazioni intorno alle relazioni tra energia e un paesaggio sensibile e assai delicato, sottoposto a specifica tutela dallo Stato e dalla comunità internazionale, perché considerato tra i più rappresentativi del territorio italiano.37 Nonostante gli Enti di tutela competenti su questo territorio, un sito classificato come patrimonio dell’umanità, si siano sempre espressi con estrema cautela nei confronti dell’installazione di impianti alimentati da energie rinnovabili, comunque di piccola e piccolissima taglia, la definizione di corrette procedure autorizzative e la specificazione di chiari criteri di idoneità o compatibilità, rimangono tuttora un problema aperto alla cui soluzione futura questo lavoro intende offrire un contributo positivo. Il sito del parco è da tempo oggetto di studio e di attività di ricerca congiunta fra Enti responsabili della tutela, Regione e Università. Per costituire un’esperienza di cosiddetta “buona pratica” su questo paesaggio costiero di grande significato e valore culturale e paesaggistico, ma anche assai vulnerabile, più di un decennio fa la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Liguria ha promosso, di concerto con la locale Soprintendenza e con la Regione Liguria, un’attività di ricerca finalizzata alla redazione di una Guida alla manutenzione e al recupero dei manufatti rurali sparsi sul territorio collinare, pubblicata nel 2006. Quella Guida conteneva già, in nuce, le basi per affrontare uno dei problemi più significativi per gli insediamenti sparsi, non raggiunti da sistemi e infrastrutture di rete: l’approvvigionamento energetico necessario per qualsiasi forma di consumo, sia esso legato all’abitare o al produrre. Anche in considerazione dell’aumentato numero di richieste autorizzative per l’installazione di dispositivi tecnologici finalizzati all’auto-produzione di energia e alla riduzione dei consumi, la Direzione Regionale ha inteso recentemente approfondire una tematica così attuale e complessa, incaricando esperti dell’Università di Genova e di Pavia di predisporre nuovi studi e ricerche per verificare la reale applicabilità nel sito unesco di sistemi finalizzati all’eco-efficienza degli edifici tradizionali (relativi quindi al miglioramento del comportamento termico degli edifici e all’approvvigionamento energetico) e la loro compatibilità con la tutela dei caratteri del patrimonio costruito e del paesaggio. Il passaggio dalla centralizzazione della produzione energetica alla decentralizzazione diffusa, che contempla la produzione di piccole quantità di energia per forme di auto-consumo locale, apre, infatti, nuovi interrogativi sulla efficacia, sulla compatibilità e sulla reale integrabilità di tali tecnologie sul territorio, non sempre in grado di assorbirle in modo durevole e accettabile (e non solo per ragioni “estetiche”), nonché sulla debolezza degli attuali strumenti autorizzativi nel gestire tali cambiamenti. Il lavoro è stato quindi svolto seguendo alcuni principi generali, sulla scorta di quelli che, a suo tempo, avevano supportato la costruzione della Guida al recupero di cui si è detto. Tali principi possono essere riassunti nei punti seguenti: • considerare un’efficace gestione delle risorse naturali (acqua, per l’approvvigionamento e per il possibile recupero, anche tramite sistemi di fitodepurazione integrata dei reflui; vento; sole; terra; biomasse) in riferimento alle vocazioni territoriali ma anche, e soprattutto, alla compatibilità paesaggistica; • mettere a punto metodologie di calcolo attendibili per valutare il reale comportamento energetico del patrimonio oggetto di studio, che può essere legittimamente oggetto di interventi di miglioramento, nonostante esuli da adempimenti normativi; 37 Alcuni parziali risultati della ricerca sono già stati pubblicati in: G. Franco, Innovazione e sostenibilità in un paesaggio culturale, in “Techne” n. 5, FUP, Firenze, 2013, pp. 129-134; G. Franco, A. Magrini, Eco-efficienza del patrimonio storico in un paesaggio culturale, in Lucchi E., Pracchi V. (a cura di), cit., 2013, pp-231-247; Franco G., Musso S.F., Renewable energy sources for rural architecture in fragile landscapes, in Mileto C., Vegas F., Garcia Soriano L., Cristini V. (Eds), cit., 2015, pp. 299-304; De Marco L., Franco G., Magrini A., Guidelines for eco-efficiency in the unesco site of Cinque Terre: an example of best practice, in L. Toniolo, M. Boriani, G. Guidi (Eds.), Built Heritage: Monitoring Conservation and Management, Springer, 2014, pp. 21-32.
25
• ricorrere a tecnologie semplici, disponibili sul mercato ed economicamente sostenibili, per il miglioramento del comportamento termico degli edifici, con attenzione anche al rapporto costi/benefici e ai sistemi integrati tra edificio/impianto, esplicitando le condizioni più vantaggiose che possano indirizzare la scelta tra le diverse dotazioni impiantistiche, anche alimentate da fonti rinnovabili; • mantenere e riparare gli edifici tradizionali piuttosto che sostituire materiali e parti, anche e soprattutto quando si renda necessario l’inserimento di nuovi dispositivi tecnici, in vista di una reale compatibilità architettonica e paesaggistica • assumere quindi le condizioni di conservazione dei manufatti, insieme ai loro valori architettonici e costruttivi, come uno dei criteri fondamentali per consigliare o sconsigliare alcuni interventi specifici; • comunicare in modo adeguato i risultati dei calcoli tecnici relativi al comportamento energetico e all’efficacia di diverse possibili soluzioni di miglioramento, mettendo l’utente in condizione di poter effettivamente fruire della ricerca e di poter verificare o riproporre i necessari audit energetici; • aspirare a un dialogo proficuo tra innovazione tecnica e valorizzazione architettonica, puntando quindi sulla sensibilità e sulla creatività, tipica del disegno di singoli pezzi, spostando la visione dal solo livello mimetico a uno più profondamente legato ai valori dell’architettura e del paesaggio. In modo più specifico, lo studio è stato articolato nelle seguenti fasi, impostate alle diverse scale coinvolte dalla ricerca, da quella territoriale quella architettonica e costruttiva, disciplinarmente integrate tra loro: 1. La lettura del paesaggio come sistema: lettura del sistema morfologico – insediativo e di accessibilità, identificazione delle morfologie edilizie ricorrenti e censimento delle visuali più rappresentative fruibili dal sistema di accessibilità pubblica, analisi delle risorse ambientali, delle vocazioni e delle sensibilità territoriali. 2. Lo studio dei fabbricati rurali e del loro comportamento termico: analisi delle caratteristiche termiche e dei fabbisogni energetici con esplicitazione delle eventuali criticità legate alle condizioni insediative e costruttive. 3. L’identificazione delle operazioni tecniche atte al miglioramento della prestazione energetica degli edifici (con riferimento a tecniche di isolamento e a interventi sugli impianti) e la definizione dei criteri di compatibilità architettonica con le caratteristiche costruttive tradizionali. 4. La quantificazione dei risparmi nei consumi energetici raggiungibili con l’adozione delle soluzioni tecniche ipotizzate, valutate singolarmente (in modo da poter confrontare l’efficacia degli interventi tra loro) e in modo combinato (cioè integrando interventi sugli impianti e vari interventi sul cosiddetto “involucro edilizio”). 5. L’individuazione delle condizioni di applicabilità di impianti per la micro-generazione alimentati da fonti energetiche rinnovabili (anche con riferimento ai contenuti del Piano Energetico Ambientale Regionale) e dei fattori che incidono sulla loro compatibilità architettonica e paesaggistica, con particolare riferimento alla tecnologia solare. La struttura del volume La struttura del volume segue quindi le fasi della ricerca sopra delineate, i cui risultati specifici sono contenuti nei rispettivi capitoli. Il sito unesco Cinque Terre, Porto Venere e Isole: struttura del territorio e vocazioni ambientali (capitolo 2) In continuità con gli studi già avviati sui Parchi (Nazionale delle Cinque Terre e Regionale di Portovenere) e sul sito unesco38, la ricerca ha fatto tesoro del patrimonio di conoscenze che negli anni si è accumulato, proponendo nuove forme di rappresentazione del territorio e selezionando alcuni casi campione rappresentativi del sistema insediativo, delle morfologie costruttive in esso presenti e delle 38 Sono stati consultati anche gli studi propedeutici elaborati per ila costruzione del piano di gestione, a cura della prof.sa Mariolina Dominici Besio, Università degli Studi di Genova.
26
caratteristiche materiali degli edifici rurali tradizionali, privilegiando l’attenzione verso il patrimonio più vulnerabile. Alla scala territoriale sono stati analizzati, per le diverse aree insediate, le risorse esistenti, le vocazioni e la “sensibilità” (orografia, esposizione, litologia superficiale e profonda, uso del suolo, presenza di sistemi terrazzati, accessibilità…), anche per selezionare le tipologie impiantistiche più idonee a essere integrate con le risorse naturali presenti in loco (acqua, sole, biomasse…), da porre comunque in relazione con le indicazioni specifiche contenute nel Piano Energetico Ambientale della Regione Liguria. All’interno dei nuclei aggregati e degli insediamenti sparsi, gli studi propedeutici alla Guida al recupero (2006) hanno agevolmente consentito di individuare le analogie e le differenze nel patrimonio costruito tradizionale. Ciò per poter valutare se, e in quale misura, le caratteristiche costruttive e morfologiche (numero di piani, dimensioni in pianta, consistenza dei componenti del sistema di chiusura esterna) e quelle insediative e ambientali dei luoghi cui appartengono (orientamento prevalente di un edificio o di un agglomerato, posizione in fondovalle, crinale o mezza costa) possano incidere sul comportamento energetico degli edifici (considerazioni contenute nel successivo capitolo 3). L’analisi delle condizioni climatiche e geomorfologiche, svolta su alcuni siti campione, è stata quindi finalizzata a comprendere l’effettiva applicabilità delle tecnologie innovative per l’auto-produzione e il consumo di energia (solare termico, solare fotovoltaico, geotermia, idrotermia, biomasse, pompe di calore…). È stato inoltre condotto uno studio di approfondimento, da parte di un esperto geologo, per valutare l’effettiva applicabilità della geotermia (anche in termini di costi-benefici, se pure di larga massima) e per circoscrivere le porzioni di territorio che potrebbero essere considerate idonee all’uso di questo tipo di tecnologia (i risultati dello studio sono riportanti nell’ultima parte del capitolo 3). Anche in questa fase, di livello prevalentemente territoriale, non si è comunque perso di vista il significato e il peso del valore architettonico e testimoniale, oltre che paesaggistico, e la sua incidenza sulla scelta delle soluzioni prospettabili. Il problema del miglioramento dell’efficienza e dell’auto-produzione di energia a uso agricolo, abitativo o turistico-ricettivo è quindi stato affrontato in modo il più possibile integrato, sempre esplicitando le relazioni esistenti o istituibili tra i diversi “sistemi” coinvolti (geomorfologico, climatico, ambientale, costruttivo, antropico…) e individuando le possibili soluzioni, e le conseguenze da esse indotte su di essi. Sempre alla scala territoriale, sono poi stati individuati i percorsi e i più significativi punti panoramici o di “percezione visiva” del paesaggio presenti nel territorio, con particolare riferimento alle visuali celebri, ormai consolidate o storicizzate, legate alla memoria collettiva dei luoghi, per valutare gli impatti sul paesaggio degli interventi tecnici proponibili. Il miglioramento energetico degli edifici tradizionali (capitolo 3) L’analisi delle caratteristiche termiche e del fabbisogno energetico è stata riferita ad alcuni edifici selezionati in quanto realmente rappresentativi delle morfologie ricorrenti e delle caratteristiche costruttive di una significativa percentuale di costruzioni tradizionali appartenenti all’edilizia rurale del sito unesco. La valutazione energetica degli edifici è stata effettuata in relazione a quanto indicato nel Regolamento Regionale della Liguria n. 1/2009, con il calcolo di tipo standard (come indicato nella norma UNI/TS 11300). È stato così stimato il fabbisogno di energia netta relativo all’involucro edilizio39 con il calcolo del bilancio energetico dell’edificio che tiene conto delle dispersioni termiche attraverso i componenti dell’involucro, opachi e trasparenti e attraverso le discontinuità rappresentate dai ponti termici presenti in esso. Oltre a questi contributi sono stati presi in esame e considerati gli apporti di energia derivanti da sorgenti interne (che contribuiscono in parte a compensare le dispersioni) e il contributo della radiazione solare incidente sulle superfici opache e trasparenti dell’involucro. I calcoli delle prestazioni energetiche degli edifici campione, e dei fabbisogni energetici legati alle possibili forme di un loro riuso, sono naturalmente stati eseguiti in relazione alle condizioni climatiche delle specifiche località in cui sono ubicati. A seguito dei risultati della fase analitica e diagnostica, è poi stato costruito e organizzato un quadro dei possibili interventi di miglioramento energetico degli edifici esaminati, comprendente un ricco e articolato panorama delle soluzioni tecniche adottabili (sistemi di isolamento e sistemi impiantistici per la produzione di acqua calda sanitaria anche alimentata da energia solare, per il riscaldamento/ raffrescamento tramite pompe di calore e biomasse, per la produzione di energia elettrica). Per tali tipi 39 Il termine “involucro edilizio” è impiegato per un più agevole riferimento ai dettami normativi, anche se tale definizione meriterebbe specifiche annotazioni, in quanto mal si adatta ai manufatti realizzati in muratura portante.
27
di interventi ipotizzabili sono quindi stati valutati gli impatti di tipo “architettonico” (le modificazioni indotte sul sistema costruttivo dalle reali modalità di applicazione di tecnologie di isolamento, presentati nel successivo capitolo 4) e l’efficacia, in termini di risparmio di risorse, anche a confronto con eventuali riduzioni di superfici e volumi utili (conseguenza spesso dell’installazione di sistemi di isolamento interno agli edifici). Sono infine state valutate, in modo alternativo, alcune soluzioni combinate per il sistema edificioimpianto, con impiego di diversi tipi di materiali isolanti da porre in opera con diversi spessori (con verifica della possibile formazione di condensa interstiziale e di muffe superficiali) e sono state “graficizzate” le percentuali di miglioramento degli indici di prestazione energetica dell’involucro per ogni soluzione alternativa. I diversi interventi presi in considerazione incidono, come dimostrano i risultati delle simulazioni, con percentuali differenti a seconda delle caratteristiche geometriche, costruttive e insediative dei manufatti oggetto di intervento. L’impiego di soluzioni integrate su edificio e impianto consente comunque di raggiungere anche classi energetiche molto efficienti, a partire da situazioni di base sicuramente molto svantaggiose Il capitolo, nella parte conclusiva, contiene un approfondimento sulla applicabilità tecnica di sistemi geotermici a bassa entalpia. Miglioramento e approvvigionamento energetico tra tecnica e salvaguardia (capitolo 4) Il capitolo si pone in diretta continuità con la Guida al recupero, di cui richiama anche la veste grafica (volendo costituirne un approfondimento), poiché contiene indicazioni di carattere metodologico e tecnico riferite ai possibili interventi di miglioramento del comportamento energetico e di installazione di impianti considerati più idonei per il sito in esame. Gli interventi esaminati si pongono in continuità con quelli contemplati nei modelli di calcolo riassunti nel capitolo precedente, legati alle criticità e ai punti di maggiore dispersione termica, e si riferiscono alle soluzioni edilizie e impiantistiche che consentono maggiori risparmi energetici, anche in riferimento alle diverse morfologie dei manufatti (e quindi al rapporto tra superficie e volume, alla percentuale di superfici finestrate e all’estensione delle coperture). Il capitolo è strutturato in forma di schede, riferite a: • analisi dei fabbisogni energetici, termici ed elettrici, svolta sugli edifici campione più semplici e considerati da recuperare a usi abitativi; • principali tecniche di miglioramento del comportamento termico dell’edificio, attraverso interventi sulle parti disperdenti quali le murature esterne e contro terra, le coperture, i solai contro terra e i serramenti già contemplati nei calcoli del capitolo precedente; • tecnologie impiantistiche più idonee per la generazione del calore e dell’acqua calda sanitaria. Tutte le schede, poi, sono articolate in sezioni ricorrenti: • descrizione dello stato di fatto (con riferimento alla parte dell’edificio cui gli interventi possono essere applicati); • principi guida, mirati soprattutto alla compatibilità, alla salvaguardia e al “cambiamento sostenibile”; • schede di intervento, considerando tecniche tra loro alternative, per valutare appieno le condizioni di compatibilità, l’applicabilità tecnica e gli eventuali vincoli. Per ciò che riguarda le condizioni di compatibilità architettonica e paesaggistica degli impianti alimentati da energia solare (termici e fotovoltaici), le schede rimandano agli approfondimenti contenuti nel successivo capitolo 5. Micro-generazione nei contesti storici e paesaggistici sensibili (capitolo 5) L’ultima parte del volume è dedicata al problema della micro-generazione, soprattutto in contesti isolati e non raggiunti (o raggiungibili) da sistemi a rete e alla possibilità di inserire impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, prevalentemente ma non esclusivamente, da energia solare, di cui, tuttavia, si evidenziano fin d’ora non solo le indubbie potenzialità ma anche i pesanti limiti, sopratutto per contesti paesaggistici sensibili quali il territorio esaminato. Le considerazioni effettuate esulano in ogni caso dal regime di vincoli specifici cui sono soggette le diverse aree inserite nel sito o suoi singoli manufatti, che dovranno essere attentamente analizzati nel caso in cui si voglia effettivamente procedere con singole applicazioni.
28
Si è comunque inteso dare la prevalenza al rispetto di chiari criteri di compatibilità, esplicitando una serie di fattori che derivano da un’attenta lettura dello stato dell’arte in materia di regimi e di condizioni autorizzative, a livello nazionale, e di linee guida per il miglioramento energetico dell’edilizia storica, a livello internazionale. Tali fattori, di natura localizzativa (rispetto alle vocazioni territoriali e alle visuali), di natura quantitativa (a seconda che si tratti di sistemi isolati o ripetibili/aggregati, in base al grado di copertura del suolo e all’orografia) e di natura qualitativa (morfologia del dispositivo, sua eventuale cromia, possibilità di mitigazione dell’impatto) sono stati esplicitati, visivamente, con il ricorso a foto-simulazioni per renderne più chiari i contenuti e i significati anche operativi. La valutazione dei possibili impatti non rimane tuttavia limitata a un livello esclusivamente visivo. In essa, infatti, giocano un ruolo importante anche lo stato di conservazione dei materiali e dei sistemi costruttivi dei manufatti su cui si intende intervenire, l’eventuale necessità di rimozione di parti e materiali tradizionali, il loro grado di invasività degli interventi proponibili sulla struttura e sulla morfologia del suolo, sul sistema dei terrazzamenti e sul loro delicato assetto statico e idrogeologico. Una serie di foto-simulazioni, contenute nella parte conclusiva del volume, visualizza così alcuni ipotizzabili interventi di integrazione di tecnologie solari (in coperture tradizionali, in casi di totale rifacimento di coperture per avanzato dissesto strutturale, in manufatti a servizio del fondo agricolo, in pensiline in aggetto, in superfetazioni esistenti), per costruire un quadro il più possibile ricco di interventi proponibili, da ritenersi ammissibili o, al contrario, incongruenti con i caratteri del luogo e, quindi, inaccettabili. L’inserimento di sistemi impiantistici innovativi pone comunque in primo piano il ruolo della creatività progettuale insita nelle varie soluzioni e porta a dover discutere sull’alternativa tra forme di inserimento mimetico oppure in deciso contrasto con i caratteri del luogo e dei suoi manufatti, richiamando, ancora una volta, il lungo dibattito tra antico e nuovo che ha caratterizzato la cultura architettonica e urbana di tutto il Novecento. BIBLIOGRAFIA Advisory Council on Historic Preservation, Sustainability and historic federal buildings, Washington, D.C, 2011 [disponibile in: http://www.achp.gov/docs/SustainabilityAndHP.pdf]. Ambrogio K., Zuppiroli M., Energia e restauro. Il miglioramento dell’efficienza energetica in sistemi aggregati di edilizia pre-industriale tra istanze conservative e prestazionali, FrancoAngeli, Milano, 2013. Andreta E., Le tre rivoluzioni (macro – micro – nano) che stanno cambiando il mondo, in “Techne” n. 1, 2011, pp. 18-25. Andrews R., Improving Energy Efficiency in Historic Cornish Buildings -Grant funding, Monitoring and Guidance, in Lopez M., cit., 2014, pp. 61-74. Arthur W.B., The Nature of Technology. What It is and How It Evolves, Free Press, New York, 2009. Babbetto R., The use of Building Information Modelling for the Planned Conservation of the Built Heritage: Methodological and Operative Issues, in “Archi-DOCT”, Vol. 2, 2014, pp- 28-38 [disponibile in: www.enhsa. net/archidoct]. Backes D., Thompson C., Malki-Ephstein L., Bohem, J., Chadwick GreenBIM: advancing operational understanding of historical buildings with BIM to support sustainable use, in “Building Simulation and Optimization BSO14”, Second IBPSA England Conference, 23-24 june 2014, UCL, London, 2014. Barthler-Bouchier D., Cultural Heritage and the Challenge of Sustainability, Left Coast Press, Walnut Creek, 2013. Bath Preservation Trust and the Centre for Sustainable Energy, Warmer Bath. A guide to improving the energy efficiency of traditional homes in the city of Bath, Bath, 2011 [disponibile in: http://www.spab.org.uk/downloads/warmer_bath_june2011.pdf]. Biscontin G., Driussi G. (a cura di), Quale sostenibilità per il restauro? Atti del Convegno di Studi, Bressanone 1-4 luglio 2014, Edizioni Arcadia Ricerche, Venezia, 2014. Della Torre S., Sostenibilità e conservazione di fronte al mito dell’efficienza energetica, in “ANANKE”, vol. 60, 2010, pp. 141-143. Boarin P., Guglielmino D., Zuppiroli M., Towards a new sustainability assessment for historic buildings: development of GBC historic building, in Biscontin G., Driussi G., cit., 2014, pp. 597-614.
29
Changeworks, Edinburgh World Heritage, Energy Heritage. A guide to improving energy efficiency in traditional and historic homes, 2008 [disponibile in: http://www.changeworks.org.uk/uploads/83096-EnergyHeritage_online1.pdf]. Changeworks, Edinburgh World Heritage, Renewable Heritage. A guide to microgeneration in traditional and historic homes, 2009 [disponibile in: http://www.cicstart.org/userfiles/file/IR2_69-77.pdf]. City of Westminster, Retrofitting Historic Buildings for Sustainability, 2013 [disponibile in: http://transact. westminster.gov.uk/docstores/publications_store/Retrofitting_Historic_Buildings_for_Sustainability_January_2013.pdf]. Cornwall Council Historic Environment Service, Improving Energy Efficiency in Historic Cornish Buildings [disponibile in: http://www.cornwall.gov.uk/media/5979310/Energy-Guide-Latest-25022014comp.pdf]. Davoli P. (a cura di), Il recupero energetico ambientale del costruito, Maggioli Editore, Rimini, 2010. De Marco L., Franco G., Magrini A., Guidelines for eco-efficiency in the unesco site of Cinque Terre: an example of best practice, in L. Toniolo, M. Boriani, G. Guidi (Eds.), Built Heritage: Monitoring Conservation and Management, Springer, 2014, pp. 21-32. Dematteis G., Governa F. (a cura di), Territorialità, sviluppo locale, sostenibilità: il modello SLoT, FrancoAngeli, Milano, 2005. De Santoli L., Guidelines on energy efficiency of cultural heritage, in Historical and existing buildings: designing the retrofit, Proceedings of the 49° AiCARR International Conference, 2014, pp. 1-17. De Santoli L., Guidelines on energy efficiency of cultural heritage, in “Energy and Buildings”, 2014 (doi: http:// dx.doi.org/doi:101016/en.build.2014.10.050). De Santoli L., Smart Grid alla Sapienza [disponibile in: http://www.energia.uniroma1.it/smartgrid htm/ ultimo accesso ottobre 2014]. De Vita M. (a cura di), Città storica e sostenibilità, Firenze University Press, Firenze, 2012. Di Bene A., Scazzosi L. (a cura di), Gli impianti eolici: suggerimenti per la progettazione e la valutazione paesaggistica, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Gangemi Editore, Roma, 2006. Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto, La qualità delle prestazioni energeticoambientali nella manutenzione dell’architettura storica. Linee Guida. Progetto ATTESS, Metadistretto veneto della bioedilizia. Metadistretto veneto dei Beni Culturali, 2010 [disponibile in: http://www.veneto.beniculturali.it/sites/default/files/ATTESS_LINEE_GUIDA.pdf]. Dvornik-Perhavec D., Rebolj D., Suman, N., Systematic approach for sustainable conservation, in “Journal of Cultural Heritage”, 2014 (doi: http://dx.doi.org/10.1016/j.culher.2014.01.004). Energy Efficiency, Renewable Energy and Historic Preservation: A Guide for Historic District Commission, Clean Air, Cool Planet, New Hampshire. Franco G., Sustainability and Heritage: a challenge for contemporary culture, in R. Crisan, L. Kealy, S. Musso, G. Franco (Eds), Conservation/Regeneration: The Modernist Neighbourhood, EAAE Transactions on Architectural Education no 58, Leuven, Belgium, 2012, pp. 443-467. Franco G., Innovazione e sostenibilità in un paesaggio culturale, in “Techne” n. 5, FUP, Firenze, 2013, pp. 129-134. Franco G., Sostenibilità e patrimonio storico: da un caso studio, nuovi orizzonti di ricerca, in “Techne”, n. 8, FUP, Firenze, 2014, pp- 190-197. Franco G., La qualità nei processi di recupero: aperture interdisciplinari e innovazione tecnologica, in “Il Progetto Sostenibile”, nn. 34-35, 2014, pp. 96-101. Franco G., Biondi F., Tecnologie inovative per il risparmio energetico nell’edilizia storica, in Biscontin G, Driussi G. (a cura di), Governare l’innovazione. Processi, strutture, materiali e tecnologie tra passato e futuro, Edizioni Arcadia Ricerche, Venezia, 2011, pp. 343-352. Franco G., Magrini A., Eco-efficienza del patrimonio storico in un paesaggio culturale, in Lucchi E., Pracchi V. (a cura di), cit., 2013, pp-231-247. Franco G., Musso S.F., Renewable energy sources for rural architecture in fragile landscapes, in Mileto C., Vegas F., Garcia Soriano L., Cristini V. (Eds), cit., 2015, pp. 299-304. Galimberti U., L’uomo nell’età della tecnica, Edizioni Albo Versorio, Milano, 2011. Galimberti U., L’usura della terra, Edizioni Albo Versorio, Milano, 2014. Grimmer A.E., Hensley J.E., Petrella L., Tepper A.T., The Secretary of the Interior’s Standards for Rehabilitation & Illustrated Guidelines on Sustainability for Rehabilitating Historic Buildings, U.S. Department of the Interior National Park Service, Washington, D.C., 2011 [disponibile in: http://www.nps.gov/tps/standards/ rehabilitation/sustainability-guidelines.pdf].
30
Edinburgh World Heritage, Historic Home Guide, Energy Efficiency [disponibile in: http://www.ewht.org.uk/ looking-after-our-heritage/energy-efficiency-and-sustainability]. English Heritage, Conservation principles. Policies and guidance for the sustainable management of the historic environment, 2008 e 2012 [disponibile in: http://www. http://www.english-heritage.org.uk/publications/conservation-principles-sustainable-management-historic-environment/conservationprinciplespoliciesguidanceapr08web.pdf]. English Heritage, Energy Efficiency and Historic Buildings [disponibile in: http://www-english-heritage.org.uk/ partL]. Grimoldi A., Sostenibilità, tutela, nuovi orizzonti della ricerca storica, in Biscontin G., Driussi G. cit., 2014, pp. 29-39. Halbwachs M., La memoria collettiva. Milano, 1996 (or. La mémoire collective. Paris, 1968). Hartman V., Kirac M., Scalet M. (Eds.), Energy Efficiency and Energy Management in Cultural Heritage. Case studies Guidebook, unesco, Venice, 2013 [disponibile in: http://www.renforus.net]. Heath N., Sustainable refurbishment of historic buildings: risks, solutions and best practice, in Lopez M., cit., 2014, pp. 100-109. Heath N., Baker P., Slim profile double glazing in listed buildings. Re-measuring the thermal performance, 2013 [disponibile in: http://conservation.historic-scotland.gov.uk/hs-technical-paper-20.pdf]. Historic Scotland, Guide for Practitioners 3. Conservation of Timber Sash and Case Windows, 2002. Historic Scotland, Inform Guide. Improving Energy Efficiency in Traditional Buildings, 2008 [disponibile in: http://www.historic-scotland.gov.uk/informguide-energy-efficiency.pdf]. Historic Scotland, Technical Paper 9. Slim profile double-glazing. Thermal performance and embodied energy, 2010. Historic Scotland, Short Guide 1. Fabric Improvements for Energy Efficiency in Traditional Buildings, 2nd edition, 2013. Historic Scotland, Short Guide 8. Micro-renewable in the Historic Environment, 2014. Islington, Reducing carbon emission and adapting to climate change in historic buildings. Guide for Residents [disponibile in: http://www.islington.gov.uk/publicrecords/library/Environmental-protection/Information/ Guidance/2011-2012/%282012-03-03%29-conservation_sustainability_note.pdf]. Jullien F., Le trasformazioni silenziose, tr. it. M. Porro, Raffaello Cortina, Milano, 2010. Lira S., Heritage 2010: 2nd International Conference on Heritage and Sustainable Development, in in “International Journal of Cultural Property”, vol. 17, 2010, pp. 659-660 (doi: 10.1017/S0940739110000342). Lopez M., Yanez A., Gomes da Costa S., Avella L. (Eds.), Proceeding of the International Conference on Energy Efficiency and Historic Buildings, Madrid 29-30 September 2014, Madrid: Fundacion de Casas Historicas y Singulares y Fundacion Ars Civilis, 2014. Lucchi E., Pracchi V. (a cura di), Efficienza energetica e patrimonio costruito. La sfida del miglioramento delle prestazioni nell’edilizia storica, Maggioli Editore, Rimini, 2013. Marchiano R., Bosia D., Perrone F., Integrazione del Manuale per il Recupero del Patrimonio storico, architettonico e culturale locale in attuazione del P.S.L. del GAL Mongioie nell’ambito dell’asse 4 LEADER del Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013, 2010 [disponibile in: http://porto.polito.it/2382214]. Morin E., La via. Per l’avvenire dell’umanità, Raffaello Cortina, Milano, 2012 (or. La voie, Libraire Arthèm Fayard, 2011). Musso S.F., Information communication technologies and conservation of cultural and architectural heritage, in Aa. Vv. Safeguard of Cultural Heritage: a Challenge from the Past for the Europe of Tomorrow, July 11th13th, 2011, Firenze University Press, Florence, pp. 217-220. Musso S.F., Innovation in conservation of architectural heritage, cit., 2011, pp. 223-225. Musso S.F., La Tecnica e le “tecniche del restauro”, in Musso S.F. (a cura di), Tecniche di Restauro. Aggiornamento, UTET, Torino 2013, pp. 1-32. Musso S.F., “Inheriting” our Cultural Heritage. Changes of paradigm of conservation, in: Aa. Vv., Innovation, architecture&planning, Konya Selcuk University, Turkey, 2014, p. 381-396. Musso S.F., Franco G., A “comprehensive sustainability”. New design paradigms and methods for maintaining, conserving and managing monuments and traditional architecture, in Biscontin G., Driussi G. (a cura di), cit., pp. 53-63. National Trust for Historic Preservation, Energy Advice for Owners of Historic and Older Homes, U.S.A. [disponibile in: http://epa.gov/region5/sustainable/pdf/Energy-advice-for-owners-of-older-homes.pdf].
31
Nora P., Le lieux de memorie (The places of memory), Gallimard, Paris, 1993. Norrström H., Energy Efficiency and Preservation in Our Cultural Heritage:EEPOCH, Chalmers University of Technology, Goteborg, 2011. Pankhurst C., Harris, A., Conservation and Innovation. The Challenge of ‘Eco’ Renovation in Heritage Buildings, in “Journal of Architectural Conservation”, 19, n. 1, 2013, pp. 18-34 Pracchi V., Della Torre S., Pianezze E., Efficienza energetica e patrimonio architettonico: stato dell’arte e prospettive di ricerca, in “ARKOS”, n. 23, 2010, pp. 26-32. Rees M., Da qui all’infinito. Una riflessione sul futuro della scienza, Codice edizioni, Torino, 2012 (or. From Here to Infinity. Scientific Horizons, 2011). Ricoeur P., La memoria, la storia, l’oblio, Raffaello Cortina Editore, Milano 2003 (or. La mémoire, l’histoire, l’oubli, Éditions du Seuil, Paris, 2000). Ricoeur P., Ricordare, dimenticare, perdonare. L’enigma del passato, Il Mulino, Bologna, 2009. (or. Das Rätsel der Vergangenheit. Erinnern –Vergessesn-Verzeihen, Göttingen, Wallstein, 1998). Ronchini C., Poletto D., Sustainable energy action for World Heritage management, in Lopez M, cit., 2014, pp. 22-37. Rossi Albertini V., Tozzi M., Il futuro dell’energia. Guida alle fonti pulite per chi ha poco tempo per leggere, Edizioni Ambiente, Milano, 2011. Salzburg Declaration on the Conservation and Preservation of Cultural Heritage, in “International Journal of Cultural Property”, vol. 17, 2010, pp. 609-611 (doi: 10.1017/S0940739110000342). Severino E., Tecnica e architettura, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2003. Spanedda F. (a cura di), Energia e insediamenti. Una ricerca interdisciplinare per l’applicazione di principi di efficienza energetica nei centri storici, FrancoAngeli, Milano, 2007. Staudenmaier J.M., Technology’s Storytellers. Reweaving the Human Fabric, The Massachussets Institute of Technology, Boston, 1985. The Vancouver Heritage Foundation, New life Old Buildings. Your green guide to heritage conservation, Vancouver [disponibile in: http://www.vancouverheritagefoundation.org/documents/VHF-GreenGuide-webbook.pdf]. Turato A., Ferrario V., Discordant goals in Alpine rural heritage restoration: Discussion and proposal, in Mileto C., Vegas F., Garcia Soriano L., Cristini V. (Eds), cit., 2015, pp. 725-730. U.S. Department of Energy, Pacific Northwest National Laboratory & Kaufman Heritage Conservation, Energy Performance Techniques and Technologies: Preserving Historic Homes, 2011 [disponibile in: http://apps1. eere.energy.gov/buildings/publications/pdfs/building_america/historic_homes_guide.pdf]. Younès C., Expectations. Between conservation and transformation of inhabited milieu: inheriting and transmitting, in L. Kealy, S.F. Musso (Eds.), Conservation/Transformation. EAAE Transactions on Architectural Education, Leuven, Belgique, 2011, pp. 27-29.
32
2.
IL SITO UNESCO CINQUE TERRE PORTO VENERE E ISOLE: STRUTTURA DEL TERRITORIO E VOCAZIONI AMBIENTALI
IL TERRITORIO DEL SITO UNESCO Morfologia e struttura insediativa Il territorio regionale ligure presenta una notevole ricchezza in termini di biodiversità e il suo sistema di parchi e aree naturalistiche, che comprende anche il sito unesco Cinque Terre, Porto Venere e Isole Palmaria, Tino e Tinetto, offre una panoramica della sua straordinaria varietà ambientale.1 Il territorio che caratterizza il sito unesco comprende al suo interno sia l’area del Parco nazionale delle Cinque Terre sia quella del Parco naturale regionale di Porto Venere e isole e costituisce quindi una delle aree di maggior pregio paesaggistico e ambientale dell’intera regione. Esso deve la sua notorietà, anche a livello internazionale, al fascino della costa, per buona parte alta e rocciosa, ai nuclei costieri e ai terrazzamenti artificiali lungo il terreno di mezza costa che, in alcuni casi, scendono fino al mare. Nonostante il grande pregio naturalistico e ambientale, anche questo territorio è assai vulnerabile, come dimostrano le recenti inondazioni, al rischio di dissesto idrogeologico e di incendio (aggravato dalla pendenza del terreno e dal vento), con conseguente riduzione della stabilità dei versanti e della capacità di ritenzione idrica, soprattutto in occasione di forti precipitazioni quali quelle che caratterizzano ormai sempre più frequentemente la stagione autunnale. Il territorio è racchiuso entro lo spartiacque principale costiero, solcato da piccoli torrenti e, in corrispondenza della linea di costa, da declivi e piccole baie, intorno ai quali si sono consolidati i nuclei costieri, ciascuno circondato quindi da un proprio bacino idrografico. Nella zona di Vernazza i corsi d’acqua e i crinali formano un sistema vallivo d’impianto semicircolare, mentre nelle altre aree i corsi d’acqua tendono a scendere verso il mare con un andamento perpendicolare alla costa. Dal punto di vista paesaggistico, possono essere distinti alcuni ambiti territoriali2: il promontorio del Mesco e il sistema Levanto-Monterosso, all’estremo ponente; il sistema centrale, strutturato intorno ai borghi di Vernazza, Corniglia, Manarola e Riomaggiore; il sistema di Tramonti, caratterizzato da un paesaggio suggestivo compreso tra Punta Persico, Schiara, Monesteroli, Campiglia; il sistema di Porto Venere e delle isole Palmaria, Tino e Tinetto. Il promontorio del Mesco costituisce l’emergenza naturalistica del sistema compreso tra Levanto e Monterosso; esso separa il territorio del Parco Nazionale delle Cinque Terre dalla vallata di Levanto, interrompendo la continuità della costa e formando un avamposto di eccezionale pregio morfologico e panoramico, caratterizzato da una scogliera ripida con pendenze in progressivo aumento. Il sistema intorno a Riomaggiore, più in diretto contatto con l’immediato entroterra, è contraddistinto dai borghi costieri, sorti dopo l’XI secolo, chiusi in strette valli ortogonali alla linea di costa e percorse da piccoli torrenti incassati. Il territorio di Tramonti si sviluppa come una fascia di terra a picco sul mare, racchiusa tra il nucleo di Riomaggiore e le scogliere di Porto Venere, ancora oggi difficilmente accessibile e insediato con da piccoli nuclei dai caratteri tradizionali, come quello di crinale di Monesteroli. Rimangono chiaramente leggibili tracce dei terrazzamenti un tempo coltivati, esclusivamente a vite, che si estendevano fino al mare. 1 Nella regione sono presenti: un parco nazionale, nove parchi naturali regionali, in parte gestiti da specifici Enti Parco e in parte gestiti dai comuni interessati, riserve naturali regionali, un giardino botanico regionale, un sistema di aree protette provinciali, aree protette di interesse locale, tre aree marine protette statali, regionali e il Santuario internazionale dei cetacei del Mar Ligure. 2 Cfr. Maristella Storti, Il paesaggio storico delle Cinque Terre. Individuazione di regole per azioni di progetto condivise, Firenze University Press, Firenze, 2004, p. 135.
33
La costa prosegue, verso la baia di La Spezia, fino al territorio di Porto Venere, segnata da una successione di falesie la cui inclinazione aumenta gradualmente fino alle scogliere del borgo; sul fronte opposto, verso l’entroterra, il territorio è modellato da pendii più dolci. Oltre a una “segmentazione verticale”, il territorio può essere letto secondo una segmentazione “orizzontale”, per fasce altimetriche, separando quindi la linea di costa dalle fasce di mezza costa e dalla porzione più alta, definita come «montagna costiera»3, ciascuna coperta da un particolare sistema vegetazionale: arboreo di natura antropica – vigneti, oliveti, orti e frutteti – fino alla mezza costa, minacciata nel tempo dalla vegetazione arbustiva, e uno di natura spontanea – leccete, boschi misti, macchia. Le mezze coste alte sono le zone dei pianori, sede delle prime colture e dei primi insediamenti. La viabilità carrabile principale si sviluppa longitudinalmente collegando i cinque borghi costieri (Strada Statale 370 “Litoranea delle Cinque Terre”) con un tracciato di mezzacosta che corre a 200250 m. Da ciascuno dei cinque centri principali si diramano percorsi trasversali che raggiungono il crinale principale e la costa, prevalentemente di carattere pedonale e interpoderale. Tra i percorsi escursionistici più noti vi sono l’antica Strada dei Santuari (direttrice di una certa importanza prima della costruzione della strada litoranea) e il sentiero che da Monterosso raggiunge Riomaggiore, scendendo a collegare i singoli centri abitati. La superficie coperta dalla vegetazione di tipo naturale è piuttosto estesa, soprattutto in corrispondenza delle depressioni e degli impluvi e all’esterno degli insediamenti. Le pinete sono in prevalenza di Pino Marittimo e la loro presenza dipende esclusivamente, o quasi, dagli interventi dell’uomo (rimboschimenti, incendi …); esse sono fortemente minacciate dall’azione dei parassiti. Nel tempo le pinete e i terrazzamenti non più coltivati sono stati progressivamente invasi dalla macchia mediterranea. Le colture agrarie, multi-colture di limitate dimensioni, si distribuiscono uniformemente su tutto il territorio del Parco delle Cinque Terre (con una superficie stimata intorno al 41% rispetto alla totale), ad esclusione delle zone più impervie e difficilmente raggiungibili. Nella zona più a nord si trovano principalmente olivi e limoni, mentre scendendo verso sud è ubicata la maggior parte dei vigneti. Le fasce terrazzate si estendono su tutta l’area delle Cinque Terre sia sul livello del mare, sia nella porzione di mezza costa (intorno ai 350-400 m e anche fino a 500 m). Il loro progressivo stato di abbandono e di degrado influisce inevitabilmente sulla stabilità dei versanti; la parziale o totale copertura vegetale arbustiva, o addirittura boschiva, rende in alcune porzioni di territorio illeggibile la loro presenza. Le mezze coste alte sono caratterizzate dal castagneto e dalle pinete, mentre in quelle basse si riscontra la presenza dell’olivo, soprattutto nel comune di Monterosso, e della vite. Il sistema degli insediamenti La struttura insediativa risente fortemente della morfologia del territorio nonché del sistema di accessibilità ed è stata comunque condizionata dal fenomeno turistico che, dal dopoguerra a oggi, interessa fortemente questi territori, con una certa concentrazione residenziale nei capoluoghi comunali e nelle frazioni lungo la costa. Possono distinguersi diverse morfologie di insediamento: il centro costiero, il nucleo di versante, l’insediamento aggregato e l’edificato sparso. Sono inoltre riconoscibili alcune emergenze storicoarchitettoniche (prevalentemente i santuari). I centri sono rappresentati dai borghi costieri, collocati generalmente nella parte terminale dei fondovalle, organizzati in un insediamento concentrato e compatto, strutturato intorno a un asse principale, da cui si diramano assi secondari. I nuclei di versante sono insediamenti alti, collocati nella parte sommitale dei crinali secondari, di forma compatta che segue l’orografia del territorio, generalmente lungo un solo asse. Gli insediamenti aggregati sono disposti lungo i percorsi di crinale minori, ciascuno legato a un’unità agraria; l’edificato non è sempre di tipo compatto, ma intervallato da aree libere destinate a coltura. Gli insediamenti sparsi disseminati sulla restante porzione di territorio sono costituiti da piccoli manufatti di tipo residenziale ma anche di sola conduzione del fondo agricolo, piccoli presidi a servizio della coltivazione, quindi di morfologia mono o bi-cellulare di modeste dimensioni, 3 Cfr. M. Storti, cit., 2004, p. 117.
34
a uno o due piani fuori terra.4 I piccoli sentieri di accesso alle proprietà e di servizio all’interno di esse sono ubicati spesso sul ciglio dei muri di fascia, per non sottrarre superfici alle fasce coltivate. Nel territorio di Porto Venere, invece, le fasce dei versanti sono sostanzialmente sgombre da insediamenti, fatta eccezione per alcune case sparse. Questa conformazione, meglio spiegata da ragioni storico-formative, costituisce un altro degli elementi salienti del sistema di Porto Venere, dove l’evoluzione territoriale ha generato alcune parti con insediamenti consistenti e lasciato altre in condizioni di abbandono. I Siti di Importanza Comunitaria (SIC) Un importante sistema di tutela della biodiversità è costituito dalla Rete Natura 2000, rappresentata da Siti di Importanza Comunitaria. Nel sito unesco, da ovest a est, sono inclusi i seguenti Siti di Importanza Comunitaria terrestri (SIC), introdotti per rispondere alle esigenze espresse dalla normativa comunitaria in materia di conservazione della natura: • Punta Mesco, area di promontorio di importanza naturalistica poiché, interrompendo la linea di costa, innalza il livello di biodiversità. Rappresenta inoltre un importante elemento che da un lato ripara e dall’altro alimenta le spiagge confinanti. • Costa Riomaggiore Monterosso; il sito comprende la fascia litoranea a roccia alta, intervallata da spiagge a ciottoli, che nella parte interna si raccorda con le fasce terrazzate. • Porto Venere-Riomaggiore-San Benedetto; il sito comprende il promontorio che chiude a ponente il golfo di La Spezia, costituito da una serie di rilievi intorno ai 600-700 m. • Isola Palmaria, caratterizzata da ambienti di scogliera a falesia, che si alternano a costa bassa, e da macchia mediterranea. • Isole Tino Tinetto, piccole isole calcaree di notevole interesse naturale, paesaggistico e storico. Appartiene al sito unesco anche il SIC marino Fondali Punta Mesco Riomaggiore, distinto in tre sub-siti, importante per la varietà di microhabitat. Geologia, idrogeologia, idrografia e clima (Enrico Olivari) All’origine del quadro morfologico del territorio delle Cinque Terre vi è una complessa genesi e struttura geologica in cui emerge la presenza di due grandi unità litologico-strutturali: le unità toscane, prevalenti, e le unità liguri. Le unità liguri comprendono la serie delle Rocce Verdi: gabbri, oficalci, basalti, serpentini, che rappresentano il litotipo dominante. generalmente di tessitura omogenea e massiccia, a grana molto fine. Affioramenti tipici sono quelli che costituiscono i due promontori del Golfo di Bonassola, Punta della Madonna e Punta di Levanto, tra Levanto a Monterosso al Mare. Gli affioramenti più estesi sono quelli del Bracco, al di fuori della zona di interesse. Le oficalci sono strettamente legate alla presenza di rocce serpentinitiche e sono costituite da brecce di frammenti serpentinosi cementati da una matrice di natura calcitica. La tessitura è quella di una breccia scistosa. I gabbri sono il corrispettivo dei diabasi ma consolidatisi in profondità nella superficie terrestre, quindi sono rocce intrusive. Le rocce diabasiche rappresentano effusioni sottomarine e si presentano in facies massiccia oppure in facies a “pillows”, di forme sferoidali, elissoidiche, a cuscino. Strutturalmente sovrastanti le rocce verdi sono presenti le serie sedimentarie formate da rocce prevalentemente silicee (diaspri di vari colori), a cui seguono calcari selciferi, calcari arenacei e argilloscisti. Le unità toscane sono quelle più antiche (sedimentatesi fra il Triassico e l’Oligocene) che, a seguito di movimenti tettonici, si sono sovrapposte attraverso fenomeni di scorrimento, e sono state a loro volta ricoperte dalle falde liguri formatesi tra il Giurassico superiore e l’Eocene. In seguito, 4 Una classificazione delle morfologie insediative, soprattutto dell’edilizia sparsa, è già stata proposta nel volume S.F. Musso, G. Franco, Guida agli interventi di recupero dell’edilizia diffusa nel Parco Nazionale delle Cinque Terre, Marsilio Editori, Venezia, 2006.
35
fenomeni di erosione e movimenti tettonici successivi, hanno condotto all’affioramento localizzato delle falde toscane. Le serie toscana è formata da numerose formazioni carbonatiche del Mesozoico comprese tra le evaporiti del Triassico superiore alla base e le torbiditi oligoceniche della formazione del Macigno nella porzione sommitale. I calcari metamorfosati caratteristici di Porto Venere (marmo Portoro) appartengono alle serie carbonatiche triassiche, come i calcari metamorfosati che hanno dato origine alle Alpi Apuane. Le serie carbonatiche sono sovrastate dalle potenti serie arenacee della formazione del Macigno. Il Macigno fa parte delle Arenarie Zonate di Riomaggiore, ha avuto origine da frane sottomarine ed è costituito dall’alternanza di strati arenacei medi e grossolani e siltiti, in cui si alternano scisti argillosi ed arenacei con intercalazione calcaree, a cui seguono arenarie micacee. Nell’area delle Cinque Terre la formazione delle arenarie del Macigno prevale con estesi affioramenti, con strati che si trovano sia in bancate molto potenti, sia in sottili livelli pieghettati. Le caratteristiche geologiche, quali composizione, scistosità, stratificazione, erodibilità sono alla base della particolare morfologia dell’area costiera. Gli agenti esterni come il moto ondoso del mare, incidono in modo diverso in relazione alla diversa natura litologica del substrato: le formazioni scistose-argillose e marnose sono più facilmente erodibili e danno luogo a versanti con minore pendenza e ricchi di depositi detritici, mentre le formazioni ofiolitiche, carbonatiche e arenacee compatte, più resistenti, danno luogo a pendii più ripidi. Morfologia e idrografia Tutto il comprensorio è costituito da una stretta fascia di terra compresa tra il mare e il crinale che la separa dalla retrostante Val di Vara e dal Golfo della Spezia, con crinali secondari che si estendono sino a Punta Mesco, delimitandolo dall’area del golfo di Levanto. I rilievi montuosi della zona, che corrono paralleli alla costa, pur variando tra quote modeste come il Monte Malpertuso (812 metri s.l.m.) o il Monte Vè (486 metri s.l.m.) e nonostante la breve distanza dal mare, determinano un’accentuata acclività di tutto il territorio. La morfologia interna dell’area è caratterizzata da rilievi secondari che presentano andamenti perpendicolari od obliqui rispetto alla linea di costa, diffusamente terrazzata. L’acclività dei versanti determina la presenza di coltri superficiali di spessore generalmente limitato, con una suscettività al dissesto in genere medio-bassa; tuttavia si riscontrano porzioni di territorio caratterizzate da suscettività al dissesto alta o molto alta, favorita dalla presenza di accumuli di coltri detritiche, conoidi di deiezione e dalla particolare ripidità dei versanti esposti all’erosione marina (Fonte: Carta della Suscettività al dissesto, Piani di bacino Ambito 19 – Cinque Terre). I maggiori problemi di stabilità della coltre si riscontrano in corrispondenza di piccole valli secondarie profondamente incise e, particolarmente, in prossimità e lungo la linea di costa ove l’erosione marina è prevalente. La costa, prevalentemente rocciosa, raggiunge in molti casi quasi la verticalità sul mare. Le spiagge sabbiose e ciottolose, dove le coltri raggiungono spessori significativi, sono localizzate nei pressi di Monterosso (spiaggia di Fegina e di Monterosso vecchio), di Corniglia (spiaggia di Guvano e spiaggia di Corniglia) e di Riomaggiore. Il territorio delle Cinque Terre presenta una rete idrografica caratterizzata da corsi d’acqua a regime torrentizio, con portata massima nei periodi piovosi di autunno e primavera, e minima nel periodo estivo, con bacini idrografici di estensione limitata data la vicinanza alla costadei rilievi montuosi. Gli interventi di trasformazione del territorio avvenuti nei secoli ad opera dell’uomo, con la realizzazione di terrazzamenti per la coltivazione della vite e dell’ulivo e dei muri a secco, hanno assunto un ruolo significativo nella regimazione delle acque anche in relazione alla canalizzazione artificiale delle stesse. Date le caratteristiche morfologiche non sono presenti materassi alluvionali significativi e l’azione erosiva dei corsi d’acqua è prevalente (Fonte: Carta del Reticolo Idrografico, Piani di bacino Ambito 19 – Cinque Terre). Tuttavia, la particolare conformazione geologica e morfologica fa sì che possano essere presenti coltri detritiche, conoidi di deiezione, accumuli di frana che sono sede di acquiferi alimentati dall’am-
36
masso roccioso, il quale risulta variamente permeabile per fessurazione e fratturazione. L’esistenza di sorgenti e acquiferi di questo tipo è nota e già sfruttata dagli abitanti del luogo sino dall’antichità. Il regime tipicamente torrentizio, la forte acclività dei versanti e i bacini imbriferi di ridotte dimensioni con tempi di corrivazione limitati determinano, in caso di precipitazioni particolarmente intense, che la rete di drenaggio naturale venga saturata causando esondazioni particolarmente nei tratti terminali dell’asta principale dei torrenti, laddove la sezione è ridotta per motivi naturali o per la presenza di manufatti (Fonte: Carta delle fasce di Inondabilità, Piani di bacino Ambito 19 – Cinque Terre). I tratti di corsi d’acqua e le aree interessate al rischio di esondazione sono limitate, tuttavia ricadono all’interno e in prossimità dei centri abitati costieri, pertanto rappresentano un fattore da prendere attentamente in considerazione. Clima Il clima delle Cinque Terre è mite, favorito dalla presenza della catena montuosa che le ripara dai venti settentrionali più freddi, e dall’esposizione a sud. Il Mar Ligure mitiga d’inverno il freddo, dando così luogo a escursioni termiche poco importanti. Le temperature medie estive raggiungono i 30°C e, nel periodo invernale, raramente si scende sotto 0°C. Nella stagione autunnale e primaverile i venti meridionali muovono masse d’aria calda cariche d’umidità in direzione della catena appenninica, provocando il fenomeno della condensazione che dà origine ad improvvise e inaspettate precipitazioni. Secondo la classificazione climatica di Koppen (1864-1940), che prevede cinque gruppi climatici (disposti in fasce nella direzione dei paralleli e simmetrici nei due emisferi, a nord e a sud dell’Equatore), l’area delle Cinque Terre ricade nella fascia a climi mesotermici, in cui la temperatura media del mese più freddo è compresa tra 2° e 15 °C. Di seguito i valori medi mensili riferiti agli ultimi 30 anni rilevati dalla stazione meteo di Sarzana Luni (fonte: www.ilmeteo.it): Tabella clima Mese
Tmin °C
Tmax °C
Precipitazioni
Umidità
Vento
Gennaio
3
11
139 mm
73%
SSE 9Km/h
Febbraio
4
12
98 mm
69 %
SSE 9Km/h
Marzo
6
14
101 mm
68 %
SSE 9Km/h
Aprile
8
17
102 mm
72 %
SSW 9Km/h
Maggio
12
21
84 mm
72 %
SSW 9Km/h
Giugno
15
25
53 mm
71 %
SSE 9Km/h
Luglio
18
29
28 mm
69 %
SSW 9Km/h
Agosto
18
29
57 mm
70 %
SSW 9Km/h
Settembre
15
25
80 mm
71 %
SSW 9Km/h
Ottobre
11
21
149 mm
74 %
SSE 9Km/h
Novembre
7
15
140 mm
74 %
SSE 9Km/h
Dicembre
4
12
120 mm
73 %
SSE 9Km/h
Archivio meteo: medie mensili riferite agli ultimi 30 anni, basate sui dati della stazione di Sarzana.
In base alla classificazione climatica dei comuni italiani introdotta dal D.P.R. n. 412 del 26 agosto 1993, tabella A e successive modifiche ed integrazioni, gli oltre 8.000 comuni italiani sono stati suddivisi in sei zone climatiche. La zona climatica di appartenenza indica in quale periodo e per quante ore è possibile accendere il riscaldamento negli edifici.
37
La tabella che segue illustra la classificazione climatica, in base ai criteri del DPR 412/93, di alcuni comuni ricadenti nell’area di studio e in prossimità di essa. Zona Climatica
Gradigiorno
Altitudine
Monterosso al Mare
C
1321
6
Levanto
D
1413
3
Framura
D
1670
152
Bonassola
D
1509
6
Porto Venere
D
1454
8
Riomaggiore
D
1437
35
La Spezia
D
1413
3
GRADI GIORNO NEL RANGE 900-1400
GRADI GIORNO NEL RANGE 1400-2100
Classificazione climatica dei comuni delle Cinque Terre ex D.P.R. n. 412 del 26 agosto 1993
38
SISTEMA INSEDIATIVO E VOCAZIONI AMBIENTALI (Antonella Serafino) Il territorio delle Cinque Terre, oltre a essere caratterizzato dai cinque principali nuclei storici con affaccio diretto al mare, presenta numerosi insediamenti nell’entroterra e un sistema di edificato isolato diffuso sul territorio con modalità diverse. Di seguito si presenta parte di uno studio condotto sul sito unesco che ha avuto come obiettivo la lettura del sistema insediativo e dei caratteri ambientali del territorio, redigendo elaborati grafici di semplice utilizzo e di immediata lettura, compatibili con tutti gli strumenti di comunicazione multimediale. Tali elaborati, anche se non supportati da strumentazione Gis e quindi non georeferenziati, possono costituire uno strumento di lettura facilmente consultabile sia per le amministrazione sia per le diverse tipogogie di utenti, anche per la realizzazione di piattaforme web di divulgazione dei dati. Qui di seguito sono riportate e descritte le principali fasi del lavoro. Fase 1: lettura del sistema insediativo La prima fase è consistita nella mappatura del territorio, qui riportata in sintesi, in cui sono evidenziati in rosso il sistema di edificato isolato e i diversi nuclei dell’entroterra (sono escusi da questa analisi i comuni di Monterosso, Vernazza, Corniglia, Manarola, Riomaggiore e Porto Venere, che storicamente sono nati con accesso diretto al mare). L’edificato isolato è presente in modo disomogeneo ed è maggiormente concentrato in alcune aree particolari: • nell’area nord ovest del comune di Monterosso, territorio molto vicino e simile a Levanto; • nell’entroterra del comune di Vernazza; • nel lembo sud est del territorio di Riomaggiore. I nuclei edificati, di seguito definiti come agglomerati, sono concentrati: • nell’entroterra della porzione di territorio compresa fra Monterosso e Corniglia • nell’entroterra di Manarola; • nel lembo sud est del territorio di Riomaggiore (nuclei di limitata estensione). Fase 2: lettura del sistema dei servizi Il territorio è stato suddiviso in nove tavole, come supporto per individuare e localizzare il sistema di servizi di trasporto pubblico (treno e autobus) e di accoglienza turistica sia pubblici che privati (posti letto e punti di ristorazione). Nelle pagine successive sono riportati alcuni fra gli elaborati realizzati, esplicativi dell’analisi condotta allo scopo di inquadrare la struttura di accoglienza su tutto il territorio. Da questa analisi si evidenzia come l’area del sito unesco delle Cinque Terre segua la tendenza di molti territori costieri a forte vocazione turistica, nei quali il sistema dei servizi è prevalentemente concentrato nei nuclei costieri, mentre pochi sono i luoghi di pernottamento nell’entroterra, in grado di spostare i flussi di utenza dalla linea costiera verso il territorio interno prevalentemente agricolo (piccole aziende agricole, pochi b&b nell’entroterra e alcuni villaggi turistici di nuova costruzione raggiungibili solo con mezzi privati). Il sistema dei servizi così frammentato rappresenta un limite territoriale e la presenza dei piccoli insediamenti turistici nell’entroterra che, per loro vocazione, accolgono solo un’utenza che non sviluppa relazioni durature con il territorio, può costituire una criticità. Fase 3: localizzazione degli insediamenti aggregati e sparsi L’individuazione e la lettura dell’edificato hanno permesso di selezionare alcune morfologie ricorrenti: agglomerati desi o radi ed edificato isolato, come negli esempi di seguito riportati. Fase 4: lettura del sistema di accessibilità, dei vincoli e dell’esposizione Per i nuclei edificati individuati nella fase precedente, sono stati graficamente esplicitati la morfologia e il sistema di accessibilità, successivamente sono stati analizzati, mediante la tecnica della sovrapposizione cartografica: il sistema dell’oroidrografia per l’individuazione dei crinali e dei corsi di acqua; il sistema dell’uso del suolo per l’individuazione delle aree boschive, delle aree terrazzate e di quelle insediative diffuse; il sistema dei terrazzamenti e dissesti e l’esposizione solare e, infine, gli assetti del Piano Territoriale di Coordinemento Paesistico. La sovrapposizione delle principali informazioni territoriali con l’immagine aerea offre un’immediata lettura delle fragilità e potenzialità a un livello relativamente superficiale, ma comunque significativo per una prima lettura.
39
VERNAZZA
CORNIGLIA
MANAROLA
RIOMAGGIORE
CHIESA NUOVA [MONTEROSSO]: AGGLOMERATO DENSO
FONTANA [MONTEROSSO]: AGGLOMERATO DENSO
DRIGNAGA [VERNAZZA]: AGGLOMERATO RADO
FORNACCHI [VERNAZZA]: AGGLOMERATO RADO
46
MURO INFERIORE [VERNAZZA]: AGGLOMERATO RADO
VERNAZZOLA [VERNAZZA]: AGGLOMERATO RADO
SAN BERNARDINO [VERNAZZA]: AGGLOMERATO RADO
RODALABIA [CORNIGLIA]: EDIFICATO ISOLATO SPARSO
47
INQUADRAMENTO: VOLASTRA E GROPPO [MANAROLA]
MORFOLOGIA: due insediamenti densi ACCESSIBILITÀ: carrabile
Volastra
48
VISUALIZZAZIONE TRIDIMENSIONALE
49