Poste italiane S.p.A. Spedizione in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, NE/UD
Autorizzazione del Tribunale di Gorizia n 5/03 del 9.9.2003
Trimestrale anno IX n° 30 dicembre 2011 Euro 20,00
EdicomEdizioni
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ISSN 1974-3327
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ilProgettoSostenibile
Ricerca e tecnologie per l’ambiente costruito
INVOLUCRO EDILIZIO INNOVATIVO Prodotti eco-innovativi e prospettive di green economy per l’industria edilizia • Involucri cromogenici termocromici • I tessili tecnici per l’architettura. Materiali leggeri e filtri di luce con i quali ripensare l’involucro edilizio • Integrazione di tecnologie avanzate PV nell’involucro edilizio • La prefabbricazione in balle di paglia. Utilizzare l’inutilizzato • Sull’utilità dell’inutile. Evoluzione dei Garbage Warriors nei Paesi Bassi • Dall’architettura al navale e ritorno • Il recupero edilizio nella prospettiva di ciclo di vita: il caso della ex filanda Gavazzi di Valmadrera Tecnologie Materiali a memoria di forma per un involucro ad alta efficienza energetica • La traslucenza nell’involucro architettonico: applicazioni nell’edilizia contemporanea Studi e ricerche Life cycle analysis comparativa di sistemi per il verde verticale • Prestazione energetica di coperture verdi su strutEuro 20,00
ture fortemente isolate • Prestazioni idrologiche delle coperture a verde • Materiali ed energia nella progettazione dell’involucro edilizio • Intonaci in terra e vetro Tesi di Dottorato Università degli Studi di Ferrara, Roma “La Sapienza”, Palermo
30. ilProgettoSostenibile Involucro edilizio innovativo
TECNOLOGIE E INNOVAZIONE
8.
Editoriale Gianni Scudo
FOCUS
14.
Prodotti eco-innovativi e prospettive di green economy per l’industria edilizia Mario Losasso
20.
Involucri cromogenici termocromici Fabrizio Tucci
26.
32.
64.
Materiali a memoria di forma per un involucro ad alta efficienza energetica Mario Cristiano
72.
La traslucenza nell’involucro architettonico: materiali e applicazioni Valentina Modugno
STUDI E RICERCHE
I tessili tecnici per l’architettura. Materiali leggeri e filtri di luce con i quali ripensare l’involucro edilizio Alessandra Zanelli Integrazione di tecnologie avanzate PV nell’involucro edilizio Niccolò Aste, Lavinia Chiara Tagliabue
38.
La prefabbricazione in balle di paglia. Utilizzare l’inutilizzato Giulia Lechi
44.
Sull’utilità dell’inutile. Evoluzione dei Garbage Warriors nei Paesi Bassi Leonardo Belladelli
50.
Dall’architettura al navale e ritorno Valeria Tatano, Massimo Rossetti
56.
Il recupero edilizio nella prospettiva di ciclo di vita: il caso della ex filanda Gavazzi di Valmadrera Paco Melià, Giovanni Dotelli, Gianluca Ruggieri, Sergio Sabbadini
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82.
Life cycle analysis comparativa di sistemi per il verde verticale Katia Perini, Marc Ottelé
86.
Prestazione energetica di coperture verdi su strutture fortemente isolate Elisa Di Giuseppe, Marco D’Orazio, Costanzo Di Perna
90.
La copertura a verde come sistema di gestione delle precipitazioni meteoriche: ricadute sull’ambiente urbano Elena Giacomello
94.
Materiali ed energia nella progettazione dell’involucro edilizio Grazia Lombardo, Chiara Cicero
98.
Intonaci in terra e vetro Giovanna Franco, Marco Guerrini
72
Comitato scientifico Focus: Isabella Amirante, Carlotta Fontana, Robert Hastings, Virginia Gangemi, Rosario Giuffrè, Mario Grosso, J. Lopez de Asiain, Fabrizio Orlandi, Rossanna Raiteri, Marco Sala, Mat Santamouris, Rafael Serra, Willi Weber, Simos Yannas
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Redazione: Lara Bassi, Lara Gariup
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ilProgettoSostenibile Ricerca e tecnologie per l’ambiente costruito Rivista trimestrale / Anno 10 - n° 30 dicembre 2011 ISSN 1974-3327
Direzione scientifica Focus: Gianni Scudo Segreteria scientifica Focus: Alessandro Rogora
Progetto grafico: Marco Klobas
Stampa: Grafiche Manzanesi - Manzano (UD) Stampato interamente su carta riciclata da fibre selezionate Prezzo di vendita: euro 20,00
Distribuzione in libreria Joo Distribuzione - via F. Argelati, 35 - Milano La direzione lascia agli autori piena responsabilità degli articoli firmati. È vietata la riproduzione, anche parziale, di articoli, disegni e foto se non espressamente autorizzata dall’editore.
TESI DI DOTTORATO Il percorso evolutivo del verde parietale quale elemento di rinaturalizzazione urbana e dispositivo tecnologico passivo per il controllo del microclima ambientale Edoardo Bit
105.
Approccio life cycle alla progettazione degli assetti costruiti. Sistemi di rating energetico ed ambientale per gli insediamenti residenziali Francesca Corsi
106.
Un metodo fotografico per la stima dell’effetto ombreggiante dovuto alle ostruzioni Alessandra Di Gangi
107.
Innovazione tipo-tecno-morfologica degli spazi per piccole e medie stazioni. Caratteri evolutivi e fattori bioecologici nella progettazione ambientale delle i-station Leonardo Fabi
Foto: Marco Guerrini
104.
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Linee guida per la redazione di nuovi capitolati prestazionali d’appalto: dal progetto al costruire sostenibile Paola Frontoni
109.
Miglioramento dell’efficienza energetica in sistemi aggregati di edilizia pre-industriale. Potenzialità d’intervento nel centro urbano di Ferrara Keoma Ambrogio
110.
Architettura, Involucro ed Energia: abitare ad alta efficienza energetica nelle regioni mediterranee Valentina Radi
111.
Campagne urbane. Recupero e valorizzazione del paesaggio urbano Angela Katiuscia Sferrazza
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Gianni Scudo
Editoriale
Parlare oggi di involucro edilizio innovativo significa entrare nel merito di cosa si intende per innovazione nell’ambito del costruire per abitare i luoghi. C’è un modo corrente di intendere innovazione che si può definire “end of pipe” cioè come proposta/risposta settoriale dell’industria edilizia alla domanda di materiali, elementi, componenti che si utilizzano nel settore delle costruzioni. È la logica globalizzante del mercato che ha pervaso molti settori della produzione e del consumo, incluso anche quello della cultura tecnica (e progettuale) del costruire. Logica lineare che si basa prevalentemente sull’efficienza dei dispositivi tecnologici (di involucro, di impianti da f.e.r., di informazione e comunicazione ecc.) senza porsi il problema che sia proprio l’efficienza in sé – cioè separata dalla sufficienza, dall’inclusività sociale, dai luoghi – la “causa di un generale aumento di prodotti e servizi superflui a disposizione dei singoli o, in ogni caso, che possa produrre effetti vanificati nella sostanza dall’incremento dell’intensità di produzione di questi dispositivi”1. C’è all’opposto un modo “alternativo” di intendere l’innovazione che è basato sulla legittimazione socio/culturale dell’innovazione intesa come processo “territorializzato” di lungo periodo, basato su logiche dello sviluppo locale autosostenibile che, organizzate a reti, sono in grado di dialogare con i processi di globalizzazione, peraltro in profonda crisi. È una concezione dell’innovazione legata a processi di globalizzazione dal basso, per distinguerla dalla connotazione più diffusa della globalizzazione economica dall’alto, ma anche dallo sviluppo “glocale” come forma più sofisticata di compensazione alla globalizzazione economica2.
Figura 1. Innovazione come processo territorializzato basato su logiche di sviluppo autosostenibile. Istogramma del livello di sostenibilità valutato attraverso i flussi di energia in uno scenario di “infill” residenziale e di attivazione di catene agroalimentari corte. Sulla destra le geografie degli impatti (insediamento nel parco agricolo Sud Milano). Figura 2. Mappe territorializzate dei flussi: confronto tra situazione esistente e progetto di scenario.
Fra questi due modi estremi di intendere l’innovazione si muovono molti approcci all’interno dei quali si collocano i diversi contributi della sezione Focus di questo numero di ilProgettoSostenibile dedicato all’involucro edilizio innovativo. L’intervento di Losasso introduce implicitamente a questi due modi di intendere criticamente l’innovazione, accennando alla possibilità di un compromesso che salvaguarda da un lato i grandi patrimoni di saperi e competenze acquisiti localmente, dall’altro rilanciando lo sviluppo di prodotti e applicazioni innovative come scelta strategica ma che richiami “La dimensione locale della produzione e del consumo [che] potrebbe indurre ‘catene corte’ con l’aumento della componente autoprodotta di materiali e prodotti da costruzione, determinando una minore quantità di materiali trasferiti e rielaborati e di imballaggi”. Quindi innovazione nella tradizione, sviluppo di ricerca sulle “riserve prestazionali” di tecnologie convenzionali “bioregionali” appropriatamente irrobustite da contributi di conoscenze e tecniche contemporanee. Gli articoli di Tucci, Zanelli, Tatano e Aste si muovono prevalentemente all’interno del paradigma della tecnologia globalizzante che ha ovviamente aspetti interessanti, laddove emerge la possibilità di ibridare i processi di innovazione produttiva globale con la cultura produttiva locale (come, ad esempio, la tecnologia navale con cultura italiana dell’architettura moderna o l’involucro a comportamento dinamico con la cultura mediterranea della protezione solare). In particolare Tucci presenta i materiali termocromici che sono tecniche di trasparenza “autoregolanti” in grado di modificare le caratteristiche ottiche sollecitati da una variazione di temperatura, passando dallo stato trasparente a quello traslucido, a quello semiopaco in un “range” di temperature definite. Insomma un’innovazione nel campo dell’involucro dinamico trasparente “per tutte le stagioni e le ore del giorno” che teoricamente potrebbe risolvere con leggerezza tecnologica molti problemi di controllo ambientale in diversi climi. Ma siamo sicuri che questa leggerezza sia appropriata ai contesti mediterranei nei quali l’inerzia del costruito gioca un ruolo molto importante non solo per il comfort nello spazio interno, ma
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anche per quello nello spazio urbano? Un’osservazione analoga vale anche per l’interessante contributo della Zanelli, centrato sul tema della leggerezza (fisica e ambientale) degli involucri tessili, pensati come filtro dinamico in grado di “vestire” l’esterno e l’interno degli edifici ma, anche, di proteggere gli spazi esterni. L’aspetto della protezione degli spazi esterni, che si richiama alla grande tradizione mediterranea (romana, iraniana, araba), diventa molto importante in relazione anche al cambiamento di “peso” degli involucri: da tradizionali pesanti a molto leggeri. Interessante quindi capire quali sono le riserve prestazionali degli involucri tessili a livello di microspazio urbano per una tecnologia a filiera corta che facilita comportamenti dinamici e sperimentali. Il contributo di Tatano e Rossetti articola i temi correnti dell’innovazione edilizia (la leggerezza, la costruzione a secco e la smontabilità) nei processi di trasferimento tecnologico intersettoriale dal settore navale a quello edilizio e viceversa, mettendo in evidenza differenze, similitudini e interscambi avvenuti particolarmente negli ultimi decenni. In particolare gli autori sottolineano l’importanza dei processi di standardizzazione e prefabbricazione che sono certamente importanti per le strutture mobili che navigano tra “non luoghi”, ma molto meno per le strutture immobili del vivere urbano legate a
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valori di coscienza identitaria dei luoghi. Il contributo di Aste e Tagliabue presenta alcuni sistemi BIPV (Building Integrated Photovoltaics). Si tratta di componenti architettonici multifunzionali, concepiti per aggregare nello stesso componente edilizio le prestazioni convenzionali dell’involucro con quelle energetiche di generazione di energia elettrica e termica, con l’interessante innovazione di una tecnologia di involucro che ingloba anche sistemi di ventilazione e di protezione solare, ampliando in tal modo lo spettro prestazionale del sistema. I contributi di Lechi e Belladelli si muovono invece sul versante della sperimentazione che promuove filiere molto locali sulla scia dei movimenti bioregionali di sviluppo autosostenibile, basati sulle catene produttive corte domanda/offerta – i cosiddetti Km 0 – e su alcuni principi base della sostenibilità ambientale (rinnovabilità, riutilizzabilità, rigenerazione ecc.). In particolare il contributo di Lechi introduce a un’innovazione agro-edilizia interessante, perché fondata su un processo di prefabbricazione “on demand” pesante a livello edilizio ma molto leggero a livello di impatto ambientale, riscoprendo le antiche radici dei rapporti sinergici tra agricoltura ed edilizia basati largamente su materiali rigenerabili e localmente disponibili.
Il contributo di Belladelli considera l’ambito dei rifiuti come un nuovo settore trainante dell’economia ecologicamente orientata, facendo vedere come anche l’architettura e le tecnologie costruttive si stiano indirizzando verso l’economia del riuso. In Europa i recenti movimenti “garbage warriors“, diffusi anche grazie alle teorie e alle pratiche di alcuni pionieri, stanno elaborando strumenti e sperimentazioni per filiere edilizie e architetture che “chiudono il cerchio” ambientale, basandosi prevalentemente sul riuso di materiali ed elementi di scarto a Km quasi zero. Un cenno a parte merita l’ultimo contributo di Melià, Dotelli, Ruggieri e Sabbadini che mette l’accento su un aspetto molto critico dell’innovazione tecnologica, cioè sulla valutazione della sua sostenibilità ambientale attraverso strumenti diversi (Life Cycle Analysis, Ecological Footprint ecc.). Spesso i risultati delle analisi sono fortemente influenzati dagli indicatori di impatto utilizzati per la valutazione e quindi possono presentare risultati ambigui che suggeriscono cautela nelle interpretazioni e richiedono approfondimenti metodologici. Note 1 - Nicola La banca, La nemesi tecnologica, Edizioni nuove scritture, Abbiategrasso, 2010. 2 - Vedi A. Magnaghi,“Il progetto locale”, IlProgettoSostenibile n.29/2011.
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FOCUS
Mario Losasso Università degli Studi di Napoli Federico II, Dipartimento di Progettazione Urbana e di Urbanistica
Prodotti eco-innovativi e prospettive di green economy per l’industria edilizia
Confrontarsi con la crisi: green tech e driver del cambiamento Nel campo della produzione edilizia la portata innovativa degli approcci attuati secondo le linee della green economy si colloca in una dimensione dell’ampliamento dei soli concetti tecnici generalmente correlati allo sviluppo sostenibile, quali la riduzione dell’uso delle risorse, l’eco-efficienza, l’uso di fonti energetiche rinnovabili, la riduzione delle lavorazioni tossiche, il riciclaggio dei materiali. In questi anni dominati da molteplici crisi, per il rilancio sociale e non solo economico sarà determinante la promozione di una revisione critica delle scale dei valori, ponendo attenzione al rispetto dei diritti civili e umani, fra i quali Le condizioni di crisi attuali richiedono emerge il diritto a vivere in un ambiente meno inquinato e inquinante1. la formulazione di strategie eco-tech Si tratta di affermare nuovi modelli culturali che coinvolgano la società e le industrie edilizie in relazione al contenimento degli impatti per i progetti e per i prodotti edilizi industrializzati, ambientali, come già avviene nel caso della Corporate Social coniugando rendimento energetico, riduzione Responsibility – CSR, che vede gli impegni e le preoccupazioni di natudel consumo di risorse e qualità architettonica. ra etica e ambientale come elementi centrali della visione strategica di un modello sostenibile dei processi di produzione. Per i prodotti da costruzione le connessioni fra modelli economici, pensiero ecologico e strategie di marketing richiedono che l’intero sistema sia meno finalizzato al consumo non sostenibile, in coerenza con i programmi per il cambiamento climatico, le istanze ecologiche, la qualità della vita, la salute, l’istruzione, l’integrazione, lo sviluppo2. L’uso di prodotti locali – genericamente definiti a “km 0” – accanto al massimo riciclaggio, a un uso delImmagini: Carolina Girardi e Mario Losasso. Figura 1. Feilden Clegg Bradley, Edificio per uffici BRE, Garston (Londra), 1997. Uno dei più noti edifici-prototipo nel campo dell’architettura sostenibile in cui sono coniugate in maniera integrata le innovazioni di processo, di progetto e di prodotto. Figure 2, 3, 4. Herzog & de Meuron, Riqualificazione e ampliamento dell’edificio per uffici SUVA in St. Jakobstrasse, Basilea, 1988-1993. Utilizzo di una “pelle” di vetro che integra vecchio e nuovo edificio determinando migliori condizioni di comfort e una immagine architettonica unitaria. 1
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l’energia che ne massimizzi il rendimento riducendone i consumi, oltre che all’accesso all’informazione critica, fanno della frontiera dei prodotti green qualcosa che dovrebbe andare oltre la proposizione di parametri convenzionali, orientando il pensiero progettuale verso una sostanziale modificazione degli approcci all’abitare e al costruire. Le ricadute della green economy rientrano nella più ampia rivoluzione dell’economia della conoscenza che ad assetti ad alta intensità di lavoro sostituisce assetti knowledge intensive. Si incorporano conoscenze qualificate in beni e servizi, efficace valore aggiunto per gli scenari competitivi e per le numerose implicazioni che raccordano processi costruttivi evoluti e modalità di innovazione di prodotto sia incrementali che radicali. Per fronteggiare le sfide dei prossimi anni, la “Seconda revisione strategica della politica energetica dell’UE”, come è noto, mira innanzitutto a una rapida adozione e attuazione degli obiettivi “20-20-20” previsti dal “Pacchetto energia-clima” dell’Unione Europea, con cui si propone di ridurre del 20% i gas serra aumentando l’uso di fonti energetiche rinnovabili e l’efficienza energetica del 20%. Anche per contrastare il declino economico e politico della UE si sono identificati alcuni ambiti principali di intervento per assicurare un approvvigionamento energetico sicuro e sostenibile al fine di evitare il rischio di crisi che coinvolgano i vari paesi, puntando sul risparmio energetico in alcuni settori chiave, come gli edifici che dissipano energia e i prodotti con elevata energia incorporata. L’aumento dei costi energetici e le conseguenze correlate ai cambiamenti climatici dovute ai gas climalteranti pongono la questione del rendimento energetico come momento prioritario nell’agenda politica e industriale. Nei momenti di crisi economica si richiede da un
lato di salvaguardare i patrimoni di conoscenze, competenze e saperi acquisiti che risultano a rischio per effetto di tagli e ridimensionamenti in termini di chiusura di specifiche attività, di riduzioni dell’organico o di delocalizzazioni, dall’altro può essere opportuno “rilanciare” lo sviluppo di prodotti e applicazioni innovative come scelta strategica per differenziarsi e approcciare nuovi mercati o per inserirsi in un mercato che diventerà verosimilmente più esigente ma potenzialmente più ampio. Le parole chiave per i prossimi anni saranno innovazione, tecnologia, riqualificazione, qualità del progetto – ma anche sicurezza, sostenibilità, green energy – che costituiranno i principali driver per uscire dalla crisi con il contributo del settore delle costruzioni visto come un comparto fondamentale per l’economia italiana. Si andrà verso un maggior impegno per produrre prodotti migliori e competitivi per una frontiera globalizzata perché, se il mercato interno non risponde, sarà ancora più necessario rivolgersi verso l’estero tenendo conto di standard e politiche dei prezzi rispetto ai quali l’industria nazionale deve imparare a misurarsi con maggiore efficacia. Le aziende che hanno puntato sull’export nei mercati esteri sono quelle che hanno meglio tenuto nella crisi economica di questi ultimi anni, analogamente a quelle che hanno investito in ricerca e sviluppo in termini mirati. Come è noto, l’edilizia registra ormai da quattro anni una contrazione degli investimenti, mentre la mancanza di incentivi e di politiche dello sviluppo priva il paese di un volano di occupazione in quanto ogni miliardo di euro investito nelle costruzioni genera un formidabile moltiplicatore di posti di lavoro. Gli investimenti nell’innovazione di prodotto rappresentano un fattore chiave del successo per coprire mercati potenzialmente ricettivi per i prodotti green tech. In questa linea si possono racchiu-
dere interessanti opportunità di rilancio del settore, che con tutto il suo indotto costituisce circa il 13% del PIL nazionale, prevedendo una strategia di R&S per l’innovazione sostenibile secondo cui valorizzare alcune vocazioni industriali del paese. In termini generali si tratta di attuare una sfida importante per una nuova cultura dell’abitare in cui sarà necessario elevare la qualità ma anche mutare le abitudini accanto alla ri-progettazione dei prodotti e dei servizi in modo da soddisfare in una maniera alternativa i bisogni che oggi ricevono risposte non adeguate alla salvaguardia ambientale. Un esempio alla scala architettonica è la densificazione urbana che riduce l’uso dei mezzi di trasporto e più drasticamente quello delle automobili per il semplice fatto che esse servono di meno. Vanno dunque individuate soluzioni per rendere sostenibili quei prodotti che oggi non lo sono, concentrandosi sul bisogno finale e non sull’attuale organizzazione industriale concepita per soddisfarlo3.
Prodotti eco-innovativi per l’edilizia A partire dal presupposto di essere eticamente orientata, l’azione dell’economia verde si concentra sulla produzione materiale ed energetica con un forte e determinante ricorso all’innovazione tecnologica, sia per fornire una risposta adeguata agli alti livelli qualitativi e alla complessità prestazionale richiesti dalle norme e dalle istanze della sostenibilità in campo edilizio e ambientale, sia per essere competitivi in un mercato in cui i prodotti convenzionali sono più economici, più accessibili e meglio gestiti da progettisti, rivenditori e imprese di costruzione. Nel campo dei prodotti eco-innovativi si guarda con interesse a innovazioni che possano diffondere sul mercato prodotti evoluti, con
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Figura 5. SVEI S.p.A. (Coordinamento generale), Riqualificazione del complesso Immobiliare della Stazione di Napoli Centrale, Piazza Garibaldi, Napoli, 2001. Utilizzo delle facciate innovative in vetro e di sistemi e componenti innovativi per l’intervento di retrofit,“dosato” al fine della salvaguardia
del carattere originario dell’opera degli anni ‘50-‘60. Figura 6. Mario Cucinella Architects, Modello dell’edificio residenziale ecologico “Casa 100k”, ECOBUILD 2011, Londra. Innovazione tecnologica, sostenibilità, qualità architettonica e strategie low cost.
2011. Edifici-prototipo Figura 7. Retrofit for the ad alte prestazioni Future, TSB (Technology ecologiche. Strategy Board), ECOBUILD 2011, Londra. Il retrofit sta diventando un driver importante per il rilancio del settore delle costruzioni in Europa e in Italia. Figura 8. The BRE Innovation Park, INSITE11, BRE, Garston (Londra),
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costi contenuti, di largo uso e con significativi livelli di valore aggiunto. Si tratta di volta in volta di prodotti in cui è evidente la riduzione degli impatti ambientali e un più efficiente uso dei materiali e dell’energia incorporati. Rilevanti diventano altresì le potenzialità offerte dai prodotti innovativi per il mercato green, in crescita nonostante la crisi economica, che puntano a modificare le modalità di approccio nei confronti della scelta, della trasformazione e dell’uso dei materiali sempre più “progettati” per ottenere le prestazioni richieste, attraverso processi di lavorazione basati su ridotti input di materia ed energia. Per penetrare il mercato, si assiste oggi con un certo interesse all’attuazione di una politica aziendale del trasferimento delle conoscenze e delle competenze dall’industria al progettista e agli operatori del processo edilizio, agendo sull’informazione tecnica e sulla promozione dei prodotti. Oltre i motivi propri della crisi, oggi il made in Italy per l’edilizia sostenibile risente delle difficoltà di incerte politiche tecniche che determinano l’incremento dell’invenduto. Sarebbe infatti necessario individuare chiari criteri e quadri normativi oltre a efficaci incentivi per investire ulteriormente sulle innovazioni con cui ridurre i costi di gestione degli edifici, minimizzare l’uso di risorse, produrre in qualità a costi inferiori, incrementare la durabilità e ridurre gli sprechi. Il prodotto eco-innovativo incorpora caratteristiche che valorizzano i suoi livelli di prestazioni ambientalmente efficaci, come la flessibilità, l’integrabilità e la personalizzazione, al fine di rispondere in maniera soddisfacente alle esigenze degli utilizzatori finali. Al prodotto si aggiunge sistematicamente l’offerta di servizio come “pacchetto integrato”, con evidenti potenzialità di innalzamento della green quality. La rinascita del “locale” rappresenta dunque un punto di forza per le strategie di transizione
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Figura 9. Eco-innovazione nel campo dei sistemi FV. Installazione sulla copertura di un edificio prototipo dei sistemi FV POLYSOLAR, pannelli fotovoltaici trasparenti ad alto rendimento energetico - INSITE11, BRE, Garston (Londra), 2011.
verso modelli di produzione e di vita più sostenibili, da attuarsi attraverso il consolidamento di un legame non equivoco con il territorio e con i relativi patrimoni materiali, culturali e relazionali. La dimensione locale della produzione e del consumo potrebbe indurre l’aumento della componente autoprodotta di materiali e prodotti da costruzione, determinando una minore quantità di materiali trasferiti e rielaborati e di imballaggi. Anche l’incremento dell’autonomia energetica locale vede nelle fonti rinnovabili gli elementi utili per sostenere un’autonomia economica e di commercializzazione regionale, con la riduzione dei costi dovuta a una minore incidenza dei trasporti e alla possibilità di approvvigionamenti low cost di prodotti edilizi per le rivendite locali. L’eco-efficienza non sfugge alla considerazione di dover mutare modalità operative e stili di utilizzo dei prodotti edilizi per favorire la decelerazione della crescita esponenziale della produzione. La diminuzione dell’impatto ecologico e dell’inquinamento per ogni singola unità di prodotto non può infatti essere annullata dalla moltiplicazione delle unità di prodotto realizzate e poi applicate.
possibilità di reimpiego. Le prerogative di qualità e di affidabilità prestazionale stanno direzionando i prodotti green verso logiche di produzione che, a partire da tecnologie di base consolidate, prevedono l’innesco di innovazioni incrementali tese a “fare sistema” e ad offrire accessori, elementi integrativi, dispositivi, il tutto nella logica dei sistemi integrati che offrono soluzioni con risposte prestazionali complesse. Occorre tuttavia fare molto lavoro sul piano dell’informazione tecnica e della valutazione delle prestazioni dei prodotti, di parametrizzazione dei costi e di qualificazione delle imprese, di aggiornamento professionale e di capacità della P.A. per controllare la qualità dei processi e dei progetti. Un esempio in tal senso è fornito da un gruppo di lavoro interregionale sulla bioedilizia che opera presso ITACA –
Innovazioni di prodotto oggi L’obiettivo di fondo della salvaguardia ambientale si attua sia attraverso il controllo della qualità e della quantità di merci immesse sul mercato, sia nel rispetto della salute degli individui e nell’uso razionale delle risorse. A partire da tale assunto, sono da privilegiare alcune tipologie di innovazione che si interfacciano positivamente con le problematiche ambientali attraverso cicli di produzione brevi, prodotti dematerializzati e performanti, utilizzo di prodotti durevoli o concepiti per riuscire a permanere un tempo maggiore lungo la filiera della produzione anche attraverso la riciclabilità o le 9
Istituto per l’innovazione e Trasparenza degli Appalti e la Compatibilità Ambientale, Associazione federale delle Regioni e delle Province Autonome, promuovendo un progetto innovativo di ricerca sui materiali ad elevate prestazioni ambientali per costituire una banca dati quale premessa per definire prezziari, capitolati, prodotti per progettare e costruire secondo verificati e appropriati standard di sostenibilità. Occorre attivare la capacità di “pensare in grande e agire in piccolo” con responsabilità e iniziative anche “dal basso”, per evitare che i risultati sperati dalle nostre azioni non vadano a finire lontano dagli scopi proposti, oppure che le innovazioni siano solo una riconversione produttiva – anche se green – senza che avvenga una conversione ecologica del pensiero, della produzione e dell’abitare4.
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Figura 10.“Campi” fotovoltaici. Paradossi degli interventi green: il difficile rapporto fra installazioni di sistemi FV a terra e impatto ambientale.
incrementali per il comfort termico, con miglioramento prestazionale e ottimizzazione sia produttiva che cantieristica.
Figura 11. Blocchi in laterizio rettificati ad alta efficienza energetica, SAIE 2010, Bologna. Eco-innovazioni
Figura 12. Finestre in legno-alluminio per case passive Ambiente Passiv, Haas-Hoco Italia srl, SAIE 2010, Bologna.
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Riterritorializzare le produzioni e i consumi richiede di ricercare autonomie energetiche e un modo di vita in cui i prodotti “viaggino” il meno possibile e in cui siano massimizzate le unità di prodotto trasportate riducendo la loro intensità materiale5. Le innovazioni in atto nel campo europeo delle costruzioni risentono di indirizzi che i governi di alcuni paesi incentivano particolarmente (i casi del Regno Unito e della Germania sono esemplari), mentre le iniziative industriali, anche in Italia, restituiscono un quadro tutt’altro che disarmante che, se fosse meglio sostenuto dalla politica tecnica, avrebbe più opportunità di riuscita. Un comparto che nei prossimi anni esprimerà una forte crescita è quello delle energy technologies, che registra un alto livello di sperimentazione e di innovazione commerciale, soprattutto per i sistemi a concentrazione o per i sistemi FV convenzionali a bassa complessità. La diminuzione dei costi che si preve-
de continui, sta avvicinando rapidamente tali tecnologie alla grid parity, ovvero il momento in cui senza incentivi il fotovoltaico tradizionale sarà competitivo con l’energia prodotta convenzionalmente6. In Italia anche la produzione di componentistica microelica ha interessanti prospettive nella promozione di innovazioni per ridurre i costi. Tuttavia l’assenza di standard internazionali non facilita il ritorno finanziario degli investimenti. Nel campo dei prodotti da costruzione, le disposizioni legislative sono in continua evoluzione: la produzione e la commercializzazione dei materiali da costruzione sarà oggetto del nuovo regolamento Prodotti da Costruzione (CPR 305 del 4.4.2011)7. In particolare, oltre che sulla marcatura CE, il piano legislativo e le condizioni di mercato sono sempre più concentrate sulle caratteristiche di sostenibilità dei prodotti, poiché il nuovo Regolamento CPR “introduce il concetto di sostenibilità come requisito
di base per le Opere di Costruzione e pone l’attenzione sulle politiche verdi di acquisto da parte della Pubblica Amministrazione”8. Si consolidano le preferenze degli attori del processo edilizio per prodotti e soluzioni eco-orientati per il rendimento energetico e la riduzione degli impatti, che tenderanno a diventare una significativa chiave competitiva per la produzione industriale per l’edilizia favorita anche dalle recenti azioni di politica tecnica comunitaria. I prodotti per “edifici a energia quasi zero”, nuovo standard europeo per il costruire sostenibile (introdotto dalla Direttiva Europea 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell’edilizia), concorrono a definire soluzioni tecnologiche finalizzate non solo a ridurre i fabbisogni di energia primaria ma a promuovere gli obiettivi di sostenibilità ambientale e l’uso consapevole delle risorse9. Sostenuto anche dalle detrazioni fiscali del 55% per gli interventi di retrofit energetico, significativo è il livello di innovazione tecnologica – sistemi integrati multienergia, pompe di calore, sistemi per la cogenerazione – finalizzato alla produzione dell’energia primaria con un rilevante utilizzo di energie rinnovabili. Per raggiungere gli obiettivi della Direttiva entro il 2020, saranno necessari ulteriori avanzamenti tecnologici nel campo del rendimento energetico che dovranno essere disponibili sul mercato nei prossimi anni. Sarà inoltre su questo campo che prodotto e progetto si misureranno per una sfida di interesse culturale, tecnologico e di mercato per edifici passivi che minimizzino consumi ed apporti energetici per il comfort. Se il mercato tradizionale del promotore-costruttore e dell’appaltatore di lavori pubblici si è già ridotto dal 90 al 65%, si individua una crescita del mercato dell’innovazione con edifici ad alte prestazioni energetiche accanto al quale si sta affermando il nuovo filone del low cost, costituito da prodotti con
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Innovazioni della parte vetrata e del telaio multimateriale per ottenere significativi valori di isolamento termico e acustico.
di canapa, fibra di legno e intonaco di calce naturale altamente traspirante - INSITE11, BRE, Garston (Londra), 2011.
Figura 13. Prodotti di nuova generazione: Hemclad/Hembuild Panels, Limetechnology. Sistemi isolanti prefabbricati in fibra
risposte innovative ma collocati nella fascia bassa della domanda10. Su un altro versante, le tecnologie del legno rappresentano una quota di mercato in crescita per l’affidabilità e l’appeal ecologico e a basso consumo energetico del materiale, che oggi, tramite consorzi e certificazioni, garantisce elevati standard qualitativi nel campo della sicurezza e dell’efficienza energetica, mantenendo costi competitivi. Le tecnologie del legno stanno compiendo un passaggio verso una nuova generazione di prodotti, con una domanda che secondo un’indagine Promolegno crescerà entro il 2015 del 50%, consolidando le quote di mercato conquistate negli ultimi anni11. Per i prodotti in laterizio, fra i più performanti da un punto di vista di isolamento e inerzia termica, si è in presenza del miglioramento e dell’ottimizzazione sia produttiva che cantieristica, mentre il mercato delle pareti ventilate è in crescita, tenendo conto di una possibile diffusione degli interventi sul patrimonio esistente attraverso il recladding delle superfici. Stanno ricevendo infine un significativo impulso le ricerche sulle proprietà termo-fisiche dei vetri per l’involucro edilizio, con sperimentazioni su infissi performanti e vetrate isolanti con elevate prestazioni energetiche sia invernali che estive. L’incidenza dell’investimento in ricerca per l’innovazione nell’ultimo triennio tra i diversi segmenti produttivi del settore delle costruzioni è stimato, secondo un recente studio di Federcostruzioni, in circa 10 miliardi di euro. Tuttavia, il mondo della produzione industriale per l’edilizia non può muoversi isolatamente per riuscire a immettere le innovazioni vantaggiosamente sul mercato e offrire i necessari apporti per un’architettura di qualità ed ecologica. Si richiedono ormai alcune non più eludibili azioni di sostegno all’innovazione, indivi-
duate in un quadro legislativo che sia certo ed uniforme, in procedure semplificate per gli investimenti e le azioni nel campo del rendimento energetico, nell’introduzione di premialità per l’adozione di soluzioni e prodotti innovativi e sostenibili, nell’incentivazione per il ricorso a scelte costruttive e progettuali innovative12.
Note 1 - G. Nebbia,“Se il prodotto diventa verde”, Qualenergia, n. 4, settembre-ottobre 2009. 2 - J. Grant, Green marketing. Il manifesto, Brioschi, Milano 2009. 3 - J. Grant, Green marketing. Il manifesto, Brioschi, Milano 2009, pp. 186-187. 4 - A. Sofri,“La scienza e il cigno nero”, la Repubblica, 13.04.2011. 5 - G. Viale, La conversione ecologica, NdA, Rimini, 2011. 6 - G. Meneghello,“Se il fotovoltaico a prezzi stracciati toglie spazio al CSP”, qualenergia.it, 23.08.2011. 7 - Regolamento UE n. 305/2011 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 marzo 2011, che fissa condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione e che abroga dal 2013 la direttiva 89/106/CEE del Consiglio - GUUE L 88/5 del 04.04.2011. 8 - SAIE 2011, Convegno Qualità e sostenibilità lungo la filiera delle costruzioni, 6.10.2011, Bologna. 9 - Dal 15.9.2011 la Regione Piemonte, prima in Italia, ha avviato il bando per la richiesta di un contributo per la realizzazione di edifici “a energia quasi zero”, ovvero ad altissima prestazione energetica e a utilizzo di energia proveniente prevalentemente da fonti rinnovabili. La sperimentazione consiste nel costruire o ristrutturare edifici che richiedano la minor quantità possibile di energia, a prescindere da come essa sia prodotta, con basse perdite di calore e alto utilizzo degli apporti gratuiti (www.itaca.org). 10 - L. Bellicini,“Occorre più qualità”, Edilizia e Territorio, 11-16 aprile 2011, pag. 2-3. 11 - Il mercato della componentistica in legno nel 2010 ha riguardato l’8,5% di tutti gli edifici e il 2,8% di tutte le abitazioni (Promolegno e Assolegno, esiti della ricerca Il mercato italiano delle case in legno nel 2010, Made Expo, Milano, 2011). 12 - Federcostruzioni, Rapporto sullo stato dell’innovazione nel settore delle costruzioni, Made Expo, Milano (cfr. redazione archinfo.it, 11.10.2011).
Eco-innovative products and green economy prospects for the construction industry Rising energy costs and the consequences of climate change place the question of energy efficiency in buildings as a priority on political and industrial agendas. In times of economic crisis it may be appropriate to ‘revive’ the development of innovative products and applications as a strategic choice. The key words over the next few years will be innovation, technology, redevelopment and project quality – as well as safety, sustainability and green energy – these will become the principal drivers used to overcome the crisis. In general terms it regards the implementation of a major challenge for a new culture of living, where it will be necessary to raise not only quality levels but also change habits along with the re-design of products and services. Within the field of eco-innovative products a lot of attention is given to innovations which can aid the diffusion of evolved products into the marketplace, at a contained cost, which are widely used and have significant levels of added value. These are products where the environmental impact is reduced and a better use of materials and energy is incorporated. The return of local products therefore represents an asset for the transition strategies towards production models and more sustainable life. In light of the economic, energy and environmental crisis, the world of industrial production for the construction industry can not move alone in order to be in a position to offer advantageous innovations to the market and to offer the required inputs for quality and environmentally friendly architecture. Clear actions are now required to support innovation in terms of legal issues, investments, the introduction of premiums for the adoption of innovative and sustainable solutions and products, incentives for innovative design and construction choices.
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Involucri cromogenici termocromici
Fabrizio Tucci Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Dipartimento DATA
I materiali trasparenti a comportamento dinamico rappresentano una tipologia di materiali trasparenti innovativi utilizzati in architettura con l’obiettivo di minimizzare il consumo energetico e massimizzare l’apporto luminoso, grazie alla loro capacità di modificare le proprietà fisico-ottiche in risposta a stimolazioni esterne. Essi individuano in particolare i dispositivi cromogenici, basati sull’impiego di materiali in grado di modificare le loro proprietà ottiche, in maniera reversibile, in funzione delle condizioni climatiche esterne e delle esigenze gestionali e funzionali interne. Per mezzo di particolari proprietà fisico-chimiche si ha una trasformazione di stato passando da un elemento altamente trasmittente la radiazione solare (e quindi trasparente) ad un elemento parzialmente riflettente (traslucido) o addirittura scarsamenI dispositivi cromogenici termocromici te trasmittente (semiopaco). sono una delle più promettenti sfide nel campo I dispositivi cromogenici si dividono in dispositivi attivabili elettronicadell’innovazione degli involucri architettonici mente, che necessitano di alimentazione elettrica esterna, e che perpoiché riescono a reagire in modo dinamico mettono la regolazione da parte dell’utenza, e dispositivi non attivabili elettronicamente, che non necessitano di alimentazione elettrica esterai cambiamenti del contesto ambientale. na ma si autoregolano, utilizzando l’energia solare incidente sul vetro. Nella prima tipologia i sistemi più promettenti, in fase di studio ma già disponibili sul mercato, sono i vetri elettrocromici e i cristalli liquidi. Alla seconda tipologia, quella dei dispositivi non attivabili elettronicamente, appartengono i vetri fotocromici e i vetri termocromici, ancora in piena fase di ricerca e sviluppo, ma con alcune prime sperimentazioni applicative in casi-pilota di studio. I dispositivi termocromici, oggetto di questo contributo, sono dunque, per così dire,“autoregolanti”: modificano le caratteristiche ottiche in seguito ad una variazione di temperatura che induce una transizione di fase, passando dallo stato trasparente a quello traslucido, a quello semiopaco. Sono ad oggi in fase di ricerca e sperimentazione per individuare il corretto utilizzo nell’involucro edilizio, e non sono quindi ancora pienamente disponibili in commercio, ma promettono grande diffusione appena saranno pronti per essere immessi – ormai a breve – sul mercato dell’edilizia sensibile agli aspetti di innovazione tecnologica e di ecoefficienza.
Figura 1. Test effettuati al Politecnico di Monaco di Baviera riguardo alle differenti tipologie di installazione dei vetri termocromici in facciata. 1
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Figure 2 e 3. Caratteristiche di trasmissione della luce attraverso gli involucri termocromici nello stato trasparente e in quello opaco.
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I tipi di materiali cromogenici termocromici e i principi di funzionamento
centrazioni di tungsteno. È stato inoltre sviluppato un metodo di deposizione del rivestimento (APCVD) che può essere impiegato durante la fabbricazione del vetro, rendendo più economico il processo. Nel sistema a separazione di fase due componenti base, dotati di differenti valori di rifrazione, sono miscelati a formare una soluzione trasparente. Al superamento di una temperatura critica, le due componenti si separano, causando la riflessione della luce e assumendo una colorazione lattiginosa. I problemi legati ai composti polimerici riguardano l’instabilità alla radiazione ultravioletta, che si manifesta con l’ingiallimento dei materiali, influenzandone le proprietà energetiche; il degrado, per effetto dell’umidità e dell’ossigeno sui composti polimerici; la durabilità; la disomogeneità durante il mutamento termocromico. I sistemi a separazione di fase si possono distinguere in due categorie principali, a seconda del componente base: l’hydrogel e le miscele polimeriche. Nell’hydrogel le due componenti in soluzione, racchiuse da due pellicole plastiche, sono un gel a base acquosa e un secondo polimero immerso in esso. Superata la temperatura critica, le catene polimeriche si staccano e si muovono nel gel liberamente o secondo una geometria prefissata. Questo tipo di soluzione richiede una buona impermeabilizzazione dei telai. Nelle miscele polimeriche le due componenti in soluzione sono due polimeri, che si separano raggiunta la temperatura limite diffondendo così la luce. I polimeri maggiormente utilizzati sono il polistirene-co-HEMA e il polipropilene ossido. Lo spessore del layer termocromico varia da 0,5 a 2 mm. Nel sistema con particelle fisse le particelle che riflettono la luce sono immerse staticamente nella matrice polimerica. Alle basse temperature l’indice di rifrazione di queste particelle è assimilabile a quello della matrice polimerica
Classificazione generale dei principali sistemi termocromici Le caratteristiche di un materiale termocromico si trasformano attraverso una reazione chimica che è in grado di modificare l’equilibrio molecolare. Il comportamento termocromico si verifica mediante l’impiego di composti organici, inorganici e film di ossidi metallici, oppure attraverso gel polimerici. I composti termocromici organici e inorganici sono per lo più utilizzati per sistemi termocromici applicati nell’impiego della vita di tutti i giorni, quali ad esempio gli inchiostri termicamente reattivi (utilizzati ad esempio nell’oggettistica) e particolari tipologie di capi di abbigliamento in grado di automodificare il proprio assetto in relazione all’incidenza solare. Per l’applicazione in architettura sono invece utilizzati più specificatamente i film di ossidi metallici e i gel polimerici che sono quelli, come si diceva prima, in fase di sperimentazione di laboratorio per poter essere immessi sul mercato. Si possono distinguere nella potenziale applicazione sugli involucri architettonici tre principali tipi di sistema termocromico: - il sistema con ossidi metallici; - il sistema a separazione di fase; - il sistema con particelle fisse. Al superamento di una temperatura critica, gli ossidi metallici passano dallo stato di semiconduttore (nel quale risultano trasparenti) allo stato metallico (diventando riflettenti).Tra gli ossidi metallici il più utilizzato è il Biossido di Vanadio (VO2), che varia le proprie caratteristiche chimiche e ottiche superata una temperatura critica intorno ai 70 °C. Per un corretto impiego in architettura sono in corso ricerche per abbassare questa soglia; recenti studi sono riusciti ad abbassare la temperatura di transizione a 30 °C, incorporando nel vanadio basse con-
nella quale sono immerse. Se l’indice di rifrazione delle particelle aumenta improvvisamente con la temperatura, si può raggiungere il cambiamento termotropico. Oltre la temperatura critica quindi, l’indice di rifrazione cambia e il layer diventa opaco. Purtroppo l’indice di rifrazione alle basse temperature della matrice e delle particelle disperse sarà identico solo in un punto: ciò significa che dei problemi di opacità permangono anche allo stato “trasparente”. I componenti base del sistema sono le microcapsule di paraffina, disperse in una matrice di resina. Con questo tipo di sistema sono stati prodotti prototipi di vetri di dimensioni massime di 1x2 metri, ma la tecnologia con particelle disperse è maggiormente diffusa mediante l’applicazione di un potenziale elettrico, che permette un maggior controllo rispetto al mutamento autoregolante dovuto al solo incremento di temperatura. Il sistema a separazione di fase e quello con particelle fisse individuano più correttamente un comportamento termotropico. Mentre i materiali termocromici sono caratterizzati da una riduzione nella trasmissione visibile nello stato traslucido (attraverso una reazione chimica termicamente indotta), i materiali termotropici, se esposti a temperature elevate, subiscono una radicale variazione nelle loro proprietà compositive, per la quale la luce subisce fenomeni di scattering e di assorbimento in seguito a transizione nella fase fisica del composto. Nello stato traslucido appaiono quindi bianco opaco.
Principi di funzionamento dei vetri termocromici I dispositivi termocromici e termotropici variano le proprie caratteristiche cromatiche in funzione della temperatura, che induce una reazione chimica (nel caso dei termocromici) o una transizione di fase tra due stati (nei termotropici). Alle basse temperature la miscela che compo-
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Figura 4. Classificazione delle principali tipologie di materiali trasparenti innovativi, entro cui si inseriscono i dispositivi cromogenici. Figura 5. Caratteri dei materiali termocromici nel quadro delle quattro categorie di dispositivi cromogenici.
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ne il layer termocromico è omogenea, ed è definita da un’elevata trasparenza: i polimeri si dispongono all’interno del composto secondo catene che presentano un diametro inferiore rispetto alla lunghezza d’onda della radiazione nel campo del visibile, permettendo la trasmissione luminosa. Quando le temperature diventano più elevate, le catene polimeriche si separano in domini discreti, le cui dimensioni sono simili alla lunghezza d’onda della radiazione nel campo del visibile, causando la riflessione della luce. Le dimensioni di questi domini possono essere stabilite da variazioni chimiche delle sostanze, in grado di influenzare anche la temperatura critica, il gradiente della variazione cromatica e la velocità del processo di trasformazione. Tale processo, che genera la variazione ottica del materiale trasparente, è reversibile una volta che sono ripristinate le condizioni termiche entro cui la reattività è stabile. I dispositivi termocromici, composti dal layer a comportamento termocromico inserito tra due vetri chiari semplici dello spessore non superiore a 3 mm, sono di norma inseriti in vetrocamera o U-glass semplici o doppi, così da migliorare le proprietà di isolamento termico che altrimenti sarebbero insufficienti considerato il solo pacchetto termocromico. La presenza dell’intercapedine con aria o gas isola meglio il polimero dall’esterno, migliorando le prestazioni di trasparenza del materiale. Lo scambio termico viene ridotto ulteriormente se si utilizzano gas nobili e rivestimenti bassoemissivi.
Aspetti caratterizzanti il comportamento termocromico La possibilità di utilizzo dei dispositivi termocromici integrati in architettura rappresenta un campo di applicazione relativamente recente, mentre gli effetti di determinati materiali termocromici in altri campi è più noto.
Soprattutto sottoforma di inchiostri termocromici, si creano oggetti di design industriale utilizzati nella vita di tutti i giorni (come le lattine che “informano” sulla temperatura della bibita in esse contenuta attraverso la diversa colorazione di una stampa a base di materiali termocromici), o ancora nel campo della moda, con tessuti di ultima generazione che cambiano colore. In architettura il discorso si fa ovviamente più complesso, perché implica altri fattori: la corretta progettazione per l’integrazione nell’involucro edilizio ha conseguenze dirette sul benessere e sul comfort abitativo. Dall’uso più consolidato in altri campi va però il merito di aver dato spunto allo studio per l’integrazione negli inchiostri termocromici di sostanze che ne alterano l’aspetto finale. Il comportamento termocromico può essere infatti influenzato e modificato attraverso l’utilizzo di differenti additivi, da aggiungere nel momento di creazione chimica del composto base del layer. Attraverso determinati additivi si può così decidere a priori sia la temperatura di scattering sia la colorazione dei dispositivi termocromici: nel caso degli ossidi metallici si può modificare il colore di transizione, che normalmente risulta di una poco gradevole tonalità sul giallo-marrone, fino ad ottenere colori decisamente più attraenti come il blu o il verde; nel caso delle miscele polimeriche, invece, laddove la colorazione bianco opaca non è modificabile, si può tuttavia decidere il grado di uniformità e intensità, nonché il grado di temperatura che dà inizio al processo di opacizzazione: in tal modo è possibile progettare la dinamicità dell’involucro architettonico in base al movimento diurno del sole, o creare effetti pixelati sempre diversi. Vantaggi e svantaggi del comportamento termocromico Attraverso i dispositivi termocromici, il control-
lo della radiazione solare e luminosa avviene in maniera automatica: questa è la prima è più evidente caratteristica di questo materiale innovativo, e rappresenta paradossalmente sia la sua forza che il suo limite. L’impossibilità di controllo da parte dell’utenza, infatti, potrebbe risultare uno svantaggio laddove il dispositivo non sia correttamente posizionato. I problemi che ne conseguono riguardano in ogni caso gli aspetti visivi: la visuale verso l’esterno allo stato traslucido viene notevolmente ridotta, o addirittura negata nel caso di miscele polimeriche che diventano pressoché totalmente opache. Inoltre, il passaggio disomogeneo allo stato trasparente potrebbe creare problemi di discomfort e adattamento visivo. A lungo andare problemi di visibilità potrebbero permanere anche allo stato trasparente, poiché il layer tende a degradarsi limitando la nitidezza delle immagini. È per tali ragioni che l’impiego del dispositivo termocromico va attentamente studiato in ragione della funzione dell’edificio e alla posizione all’interno dell’involucro. Se correttamente progettato, il dispositivo termocromico assicura invece la regolazione degli apporti solari, eliminando problemi dovuti al surriscaldamento e riducendo così anche l’entità dei carichi di raffreddamento e ventilazione necessari in estate. Allo stato trasparente dimostra un’alta trasmissione luminosa e caratteristiche simili al vetro chiaro, assicurando la vista verso l’esterno; anche allo stato opaco trasmette una luce diffusa, costante e uniforme, che elimina i fenomeni di abbagliamento e la rende adatta in ogni ambiente. Un vantaggio è sicuramente dato dalla semplicità di messa in opera e inserimento in architettura, poiché i vetri termocromici non richiedono alcun impiego aggiuntivo di tecnologie di alimentazione elettrica: si possono adattare facilmente ai sistemi di facciata o copertura esistenti, senza incidere sull’aspetto esterno
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dell’edificio, e possono sostituire anche le tradizionali schermature, con un risparmio in termini economici al momento della realizzazione e di manutenzione nella vita dell’edificio rispetto ad altre categorie.
Proprietà dei vetri termocromici e applicazioni sperimentali nell’involucro edilizio Procedure di sperimentazione e ricerca sui vetri termocromici Il lavoro di sperimentazione sul comportamento dei prototipi termocromici, nell’ottica della loro eventuale futura integrazione architettonica, è stato condotto presso il TUM, Università Tecnica di Monaco, ed effettuato attraverso la creazione di “celle” studiate appositamente. Le strutture sono costituite da tre sale prova delle dimensioni tipiche di uno spazio ufficio individuale: una cella è in scala 1:1 per studiare meglio le caratteristiche termiche (3,60x1,80 m, profondità 1,50), mentre le altre due, nelle quali si pone l’attenzione sugli aspetti ottici e sullo studio della luce diurna, sono in scala 1:2,5 (1,44x1,08 m, profondità 1,50 m). Le Test-rooms sono state poste, dopo il montaggio, su una piattaforma girevole. Questo ha permesso l’indagine di diversi orientamenti e dei sistemi di controllo direzionale. La facciata è stata suddivisa in verticale in tre settori: area parapetto, area finestra, area soprafinestra. In tal modo si è sperimentato il comportamento del vetro termocromico in ciascun settore. I prototipi di vetro termocromico usato sono prodotti dall’azienda giapponese Affinity: sono a base di hydrogel, di dimensioni 60x60 cm, costituiti da due lastre di vetro float di 3 mm ciascuna, in mezzo alle quali è interposto 1 mm di layer termocromico. Le indagini sperimentali sulle proprietà ottiche
e termiche dei vetri termocromici sono state condotte e completate attraverso l’uso di software per la simulazione virtuale del comportamento dei vetri termocromici in determinate situazioni climatiche. I principali software utilizzati sono: RADIANCE, per la simulazione dell’illuminazione; TRNSYS, per la simulazione termica; OPTIC5, per la simulazione delle proprietà ottiche; WIS, per il comportamento energetico della finestra; IDA-ICE, per il comportamento dell’energia dinamica dell’edificio.
Le proprietà ottiche dei vetri termocromici Come abbiamo visto, le proprietà ottiche dei vetri termocromici variano in modo consistente in seguito alla variazione della temperatura esterna: tale cambiamento è rappresentato da una trasformazione nello stato del materiale nel quale, con l’aumento della temperatura e il superamento di una soglia critica, avviene il passaggio da uno stato altamente trasmittente a uno stato parzialmente riflettente, maggiormente sensibile nello spettro dell’infrarosso. Nello stato trasmittente i vetri termocromici hanno un aspetto simile al vetro trasparente normale, e anche la trasmissione della luce, intorno al 90%, gli è paragonabile. La vista verso l’esterno è garantita e la trasmissione delle immagini è abbastanza nitida. Il controllo della luce naturale avviene a tutte le altezze solari e condizioni di cielo, trasmettendo anche la luce diffusa dei giorni nuvolosi o quella riflessa del contesto. Quando la temperatura aumenta, i vetri termocromici cambiano completamente sia l’aspetto esteriore sia di conseguenza le proprietà ottiche. La trasmissione della luce si riduce notevolmente, dal 10% al 50%. I vetri termocromici a base di ossidi metallici si scuriscono considerevolmente, senza diventare del tutto opachi, quindi permettono una seppur ridotta visuale sia verso che da l’esterno.
I vetri termotropici con miscele polimeriche, invece, si opacizzano del tutto, diventando bianchi, garantendo quindi una maggior privacy verso l’interno. In entrambi i casi viene trasmessa una luce diffusa che elimina del tutto i fenomeni di abbagliamento e garantisce l’uniformità della luminosità all’interno degli ambienti. Per ovviare ai problemi derivanti dalla scarsa o nulla possibilità di visione verso l’esterno, con evidenti situazioni di insoddisfazione psicopercettiva dell’utenza, bisogna progettare accuratamente la corretta installazione dei vetri termocromici, studiandone la posizione (in copertura, in facciata ecc.) e la disposizione con l’eventuale alternarsi di vetri trasparenti normali. In generale è sconsigliabile equipaggiare un’intera facciata con termocromici, che allo stato opaco ostruirebbero del tutto la visione, mentre è più corretto posizionarli nella zona immediatamente superiore o laterale rispetto alla vetrata trasparente normale.
Le proprietà termiche dei vetri termocromici Alle basse temperature, il vetro termocromico rimane trasparente, quindi gli apporti solari sono simili a quelli di un vetro chiaro normale. Maggiore è l’isolamento del polimero dall’esterno, con la riduzione dell’influenza dei fattori climatici esterni, migliore risulterà essere la trasparenza del materiale. In inverno, ad esempio, nonostante le temperature globali siano ridotte, la radiazione solare prolungata sulla superficie del vetro può provocare l’aumento della temperatura locale, causando il graduale oscuramento del layer termocromico. Questa condizione è poco auspicabile nei mesi freddi, laddove è richiesto un maggiore guadagno solare. È allo stato traslucido che le proprietà termiche del vetro termocromico destano maggior interesse. È evidente infatti, che, proteggendo gli
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Figura 6. Analisi della composizione-tipo dei vetri termocromici e dei loro principi di funzionamento nelle loro proprietà termiche e ottiche.
ambienti dall’ingresso della radiazione solare incidente, vi sia una riduzione dei carichi termici e del surriscaldamento soprattutto in estate, che si traduce con un ridotto ricorso a sistemi di condizionamento per il raffrescamento, con conseguente risparmio energetico e un generale miglioramento del comfort abitativo. Il coefficiente di trasmissione termica U dipende dal tipo di finestratura utilizzata, esso può essere migliorato con l’inserimento del dispositivo termocromico all’interno di un vetrocamera e con l’utilizzo di un coating basso-emissivo. I valori più bassi finora raggiunti indicano una trasmittanza U pari a 1,13 W/m2K. Il comportamento termocromico può influenzare il ricorso a sistemi di climatizzazione, largamente usati in tutti quegli edifici in cui l’involucro architettonico è in gran parte vetrato. Utilizzando le test-rooms sono state fatte delle simulazioni variando i seguenti parametri: - impiego dei vetri termocromici nella facciata sud, coperta interamente oppure coperta per 2/3 con vetri termocromici e per 1/3 con parapetto opaco; - sistemazione del dispositivo termocromico in un vetro camera, posto in un caso nella parte verso l’esterno, in un caso nella parte interna; - la temperatura di scattering, da 15 a 35 °C. Le indagini hanno dimostrato che nell’esempio con la facciata interamente equipaggiata con termocromici, meno isolante rispetto a quella dove una parte è opaca, si ricorre agli impianti di climatizzazione in maggior misura. La temperatura di scattering influenza soprattutto l’uso degli impianti di raffreddamento: più bassa è la temperatura di scattering, inferiore sarà la domanda di raffrescamento supplementare. L’influenza sugli impianti di riscaldamento è invece molto più ridotta. La variazione della temperatura di scattering dei dispositivi inseriti nella parte esterna della finestra influenza maggiormente il ricorso ai
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sistemi di raffrescamento rispetto ai dispositivi inseriti nella parte interna.
Sviluppo e prospettive di ricerca I principali studi sulle caratteristiche dei dispositivi termocromici sono condotti dal lavoro congiunto di istituti di ricerca, che studiano le migliori prestazioni a livello molecolare, ed aziende produttrici, che realizzano i prototipi reali dei dispositivi testandone le proprietà fisiche e hanno tutto l’interesse a commercializzare un prodotto ottimale. Finora i risultati raggiunti offrono prodotti discreti, in cui i principali limiti riguardano la durabilità del layer termocromico, che inizia a degradare già dopo i 5 anni, l’abbassamento della temperatura critica nei dispositivi termocromici a base di ossidi metallici (gli unici che consentono una visuale, seppur ridotta, allo stato traslucido, a differenza dei dispositivi a miscele polimeriche, ma che rispetto ad essi hanno un’elevata temperatura di scattering, intorno ai 60 °C) e le dimensioni massime di
finestre finora producibili per garantire una opacizzazione il più possibile uniforme. Si sta dunque lavorando per ottenere in un prossimo futuro una durabilità di almeno 20 anni, l’impiego di determinati additivi per abbassare la temperatura di scattering e garantire un’opacizzazione più graduale e uniforme. Un ulteriore indirizzo nel campo della ricerca sembra essere l’integrazione con sistemi elettrici per un maggior controllo da parte dell’utenza, che peraltro concettualmente rimandano alla tipologia dei vetri elettrocromici.
Conclusioni Confronto con altri dispositivi cromogenici e con altri materiali trasparenti innovativi In conclusione, è interessante svolgere alcune sintetiche riflessioni sul confronto con gli altri dispositivi cromogenici e con i dispositivi TIM e Aerogel, che sono tipologie di vetri innovativi ad alte prestazioni. Innanzitutto si può affermare che le proprietà
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Figura 7. Applicabilità dei vetri termocromici nell’involucro edilizio, integrati nei sistemi di facciata e di copertura, o impiegati come schermature dinamiche.
temperatura esterna da trasparenti a traslucidi e viceversa, risultano nettamente superiori alle altre tipologie prese a parametro di riferimento, assumendo su di sé l’arduo compito di dare voce ed espressione all’esigenza di nuove tipologie di componenti “intelligenti” che rappresentino i concetti di dinamismo dell’involucro edilizio che finalmente sia dotato di una pelle viva, funzionale, reattiva e adattiva.
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ottico-termiche dei diversi tipi di dispositivi cromogenici sono in generale molto simili. I termocromici e i fotocromici hanno il vantaggio, rispetto agli elettrocromici e ai cristalli liquidi, di essere autoregolanti. Entrambi i dispositivi termocromici e fotocromici, però, non sono ancora liberamente commercializzati, a differenza dei dispositivi attivabili elettricamente. In particolare, le proprietà di trasmissione luminosa dei vetri termotropici sono paragonabili ai cristalli liquidi: entrambi allo stato traslucido assumono un aspetto bianco opaco che ferma le radiazioni solari. I vetri termotropici, però, trasmettono una quantità maggiore di luce. I cristalli liquidi, inoltre, sono maggiormente impiegati negli ambienti interni. I vetri termocromici a base di ossidi metallici, invece, assumono un aspetto e un comportamento più simile ai vetri elettrocromici, poiché allo stato traslucido si scuriscono, riducendo la radiazione solare, rimanendo comunque ancora trasparenti. Rispetto a questi, però, possono essere utilizzati in edifici esistenti, anche storici, poiché il retrofitting non necessita di
impianti elettrici addizionali, con un oggettivo risparmio in termini economici. Per i confronti analitico-prestazionali con i vetri speciali innovativi, si possono valutare comparativamente i seguenti dispositivi: - per i vetri termocromici: triplo vetro camera con argon dello spessore di 28 mm; - per i TIM: tipologia PMMA di 50 cm, inserito in doppio vetro chiaro, spessore totale 60 cm; - per gli Aerogel: 16 mm di aerogel inseriti in doppio vetro chiaro, spessore totale 22 mm. Dal confronto emerge che per quanto riguarda sia il Fattore di energia Solare FS che la trasmissione luminosa, le prestazioni dei vetri termocromici sono paragonabili agli Aerogel, mentre il distacco aumenta con le prestazioni date dai TIM, nel senso che i termocromici non arrivano ad offrire il livello prestazionale di controllo della trasmissione luminosa dei “cugini” transparent insulating materials. Al contrario – e questo è importante notarlo nel prefigurare le potenzialità d’impiego futuro dei termocromici – le prestazioni ottiche che offrono i termocromici, modificandosi in relazione alla
Chromogenic and thermochromic enclosures Chromogenic materials, through their dynamic behavior, represent an innovative and transparent type of material used in architecture which has the aim of minimizing energy consumption whilst maximizing the introduction of light, thanks to their ability to modify physical and optical properties in response to external stimuli. In particular chromogenic devices are identified, which are based on the use of materials able to modify their own optical properties, in a reversible manner, depending on external climatic conditions and internal operational and functional requirements. By means of their particular physical and chemical properties, a transformation of state passes from highly transmitting solar radiation (and therefore transparent) to a partially reflecting element (translucent) or even a small transmitter (semi-opaque). Furthermore, the thermochromic devices are, so to speak,‘self-regulating’, as they modify their optical characteristics in response to a change in temperature which induces a phase transition. Today they are still in a research and experimentation stage in order to identify their correct use within the building shell and therefore are not as yet fully available on the market. Nevertheless they promise to be widely used as soon as they are ready to be introduced, which will be very shortly, into the construction industry which is particularly sensitive to innovative technology and eco-efficiency.
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I tessili tecnici per l’architettura. Materiali leggeri e filtri di luce con i quali ripensare l’involucro edilizio
Alessandra Zanelli Politecnico di Milano, Dipartimento BEST
L’involucro edilizio può essere inteso come la nostra terza pelle protettiva ed è proprio a partire dalla pelle dell’edificio che si vanno oggi a esplorare modalità nuove per rispondere al bisogno di sempre di autoregolazione dell’uomo, improntate a una completa integrazione tra sistemi costruttivi e dispositivi sensibili, al fine di garantire l’autosufficienza energetica degli edifici. Il sottofondo di innovazione portato nell’architettura dalle nuove tecnologie di matrice informatica e dalle nanotecnologie consente di affrontare in modo radicalmente nuovo un problema antico quanto l’uomo, ovvero quello dell’uso razionale delle risorse disponibili finalizzato alla sua sopravvivenza. Questa ricerca progettuale lambisce persino la dimensione domestica dell’abitare, ovvero l’ambito più inerziale al cambiamento e ostile alle innovazioni: se si I tessili tecnici fanno riferimento a segmenti guardano alcuni recenti progetti di Georg Reinberg, Thomas Herzog, di produzione industriale particolarmente Behnisch & Partner, Mario Cucinella, si può infatti notare come l’edificio dinamici. L’edilizia oggi rappresenta un terreno sia pensato quasi come una navicella spaziale a ciclo chiuso, in grado di di sperimentazione di questi componenti produrre le energie per il suo funzionamento e di rilasciare nell’ambiente il minor quantitativo possibile di sostanze di scarto. Sicché vengono per facciate e sistemi di ombreggiamento. perseguiti in modo integrato tutti quegli obiettivi di riduzione dei consumi di elettricità, di acqua, di energia per il riscaldamento e il raffrescamento, o di uso corretto delle risorse e delle materie prime impiegate nella costruzione. Il più delle volte tali soluzioni costruttive prevedono l’impiego di collettori solari, pannelli fotovoltaici, masse murarie opportunamente predisposte per l’accumulo del calore, complessi sistemi bioclimatici di facciata che tendono sì a una maggiore efficienza energetica ma che, nell’insieme, appaiono come “macchine” molto complesse, ancora distanti dall’autosufficienza e da una nuova estetica per la casa del 21° secolo. Figura 1. Stephen Kieran e James Timberlake, Un diverso percorso di avvicinamento allo studio di una nuova pelle sensibile per l’edificio è quello che padiglione temporaneo Smart Wrap, installato nel 2006 presso il CooperHewitt National Design Museum di New York (fonte: DuPont). Figura 2. Auditorium Zenith, Strasburgo, 2008. Progetto architettonico Massimiliano Fuksas, Roma; Engineering membrana e acciaieria: Form TL, Radolfzell, Germania; Project management e confezione e installazione membrana: Canobbio, Italia. Un gigantesco inviluppo di circa 12.000 m2 di tessuto arancione di fibra di vetro/silicone avvolge gli spazi di accoglienza dell’auditorium, proiettando la sua presenza luminosa nel paesaggio notturno (fonte: Archivio Canobbio). 1
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viene proposto da alcuni progettisti attenti a cogliere le trasformazioni in atto oggi nella nostra seconda pelle, ovvero nel campo dell’abbigliamento tecnico (per condizioni di lavoro estreme, per lo sport agonistico, per il tempo libero) dove l’integrazione con sofisticati dispositivi di captazione della radiazione solare, di conduzione del calore o di trasformazione dell’energia cinetica del corpo, piuttosto che di isolamento da fonti di calore eccessive o di incremento della micro-ventilazione vengono messi a frutto per rendere sempre ottimali le condizioni di comfort percepito da chi indossa il tessuto, in relazione alle differenti situazioni termo-igrometriche esterne. In questo caso non si cerca dunque di applicare macchinari di autoregolazione a sistemi costruttivi di tipo massivo e tradizionale, ma di riprogettare completamente l’edificio, pensando a muri fatti di un materiale che sia esso stesso autoregolante, che appaia come un’unica pelle sensibile – come appunto il nostro tessuto epiteliale o come i nostri più sofisticati capi di abbigliamento – flessibile, leggera, naturalmente artificiale in quanto figlia delle più evolute tecnologie di produzione industriale al servizio degli avanzamenti della scienza. L’ambito privilegiato di esplorazione per un possibile trasferimento di materiali e tecnologie sensibili verso l’architettura diventa quindi il vasto campo dei materiali avanzati applicabili nei più disparati settori applicativi (automotive, aerospazio, filtrazione industriale, agricoltura ecc.) dove i progressi della chimica avanzata, delle biotecnologie e delle nanotecnologie hanno miniaturizzato le dimensioni degli artefatti fino all’essenza della materia vivente, ossia l’atomo. La possibilità di manipolare la struttura atomica molecolare e macromolecolare dei materiali di origine naturale “a priori” (ossia non modificati dall’uomo nella loro essenza) ha permesso di inventare nuovi materiali, come
superpolimeri, compositi avanzati, leghe speciali e di arrivare alla progettazione di biopolimeri e biocompositi1, ossia materiali che scardinano completamente i tradizionali rapporti di prestazione tra resistenza, leggerezza, densità e trasparenza dei materiali presenti in natura. In questi campi applicativi ecofatti e artefatti non sono più così nettamente distinguibili, s’accresce la simbiosi tra gli uni e gli altri. Se proiettiamo tale possibilità concreta di sovrapposizione tra artificiale e naturale a una scala più ampia rispetto a quella dell’atomo e della materia, possiamo prefigurare esiti altrettanto interessanti sul piano del progetto di architettura. Grazie all’integrazione con i nuovi mezzi elettronici sempre più miniaturizzabili, “l’architettura da fredda e immutabile può diventare vibrante e mutevole [...]; i muri, da stabili, immobili, sordi, perdono peso, guadagnano in leggerezza, acquistano, esattamente come un sistema nervoso, intelligenza. E si proiettano verso la natura e il contesto circostante di cui, finalmente, riescono a captare creativamente le luci, i suoni, gli odori”2. È proprio questo tipo di artificialità intelligente il nuovo traguardo da raggiungere nel campo dell’integrazione tra tecnologie informatiche, nanotecnologie e sistemi costruttivi per l’involucro edilizio. Il primo traguardo raggiungibile sta proprio nel prendere in considerazione come supporto costruttivo dell’edificio non più i tipici materiali costituenti una pelle statica e immobile, ma nel rivalutare la capacità strutturale di materiali iperleggeri e flessibili quali i tessili innovativi3, già impiegati in molti campi industriali come supporto efficace di miniaturizzati dispositivi elettronici. La ricerca progettuale degli architetti Stephen Kieran e James Timberlake4 durante la creazione dell’edificio temporaneo Smart Wrap evidenzia proprio tale approccio. Il padiglione SmartWrap (fig. 1), installato presso il Cooper-
Hewitt National Design Museum di New York, è dimostrativo delle possibilità di rinnovamento dell’idea di facciata e anche delle opportunità offerte dai materiali iperleggeri di sintesi chimica di integrare completamente tutti i dispositivi necessari all’autosufficienza energetica dell’edificio: celle fotovoltaiche, corpi illuminanti, materiali PCM di autoregolazione del calore sono tutti contenuti all’interno di un unico layer di film trasparente innovativo5, prefigurando una radicale trasformazione nel modo di concepire gli scambi di luce, calore, energia che tipicamente avvengono nell’edificio, tra le sue parti fisse e opache e le sue parti mobili e trasparenti. Qui tutto si fa filtro attivo6 e la pelle, come un sofisticato vestito, può modificarsi in base alle diverse stagioni e ai mutevoli bisogni dei suoi abitanti. L’esito formale di questo primo progetto di pelle adattiva evidenzia che siamo ancora lontani dall’aver trovato un nuovo linguaggio per le costruzioni sensibili di domani; certamente possiamo considerare fin da ora ampliata la gamma di materiali con cui realizzarle. E tale gamma include a pieno titolo anche i materiali tessili tecnici, il cui continuo avanzamento tecnologico li riscatta dalla mera applicazione in sistemi a grande luce o nelle geo-costruzioni, oppure anche dall’ambito limitante dei complementi di arredo e degli accessori d’uso quotidiano, proiettandoli invece in un campo sperimentale di ricerca di nuove potenzialità espressive e fruitive dell’architettura e di riscoperta di un antico quanto naturale connubio tra leggerezza ed efficienza. Mettere in campo poco materiale e facilmente removibile, adattabile, maneggevole e riciclabile può rappresentare di per sè una strategia sostenibile7, dal momento che in questi casi si tratta di utilizzare una quantità minima di materiale da costruzione, benchè ad alta ener-
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Figura 3. Il padiglione B3-2 realizzato per l’Expo universale del 2010 a Shanghai ha una facciata tessile di 78x28 metri realizzata interamente mediante il sistema di pannelli modulari TEXO® (fonte: Tensoforma). Figura 4. Norman Foster, biblioteca dell’Università
di Berlino, 2006. Lo spazio a guscio è realizzato con una struttura reticolare spaziale che funge da sostegno a un doppio involucro in alluminio e vetro esternamente e in membrana tessile e film di ETFE internamente, con camera d’aria interposta, ventilabile in estate
gia incorporata, le cui valutazioni nel merito delle diverse tipologie costruttive sono ancora oggetto di studio: un primo confronto è stato fatto tra i sistemi di vetrazione e i cuscini pneumatici in etfe per coperture di grande luce. Tuttavia la vera sfida offerta dall’avanzamento tecnologico in atto nel comparto dei tessili per l’edilizia sta proprio nel riuscire a conciliare sempre più la leggerezza dei componenti tessili con l’efficienza del sistema progettato e, prima ancora, il risparmio di materiale con l’intelligenza dell’elemento tecnico. Se il tessile ad alte prestazioni si avvia ad essere considerato un vero e proprio materiale da costruzione dalle potenzialità d’uso ampliate
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mediante l’apertura di un set di pannelli sandwich posti alla base e in sommità (fonte: Foster Associates).
all’intero spazio architettonico, in cosa esso è però diverso da un qualsiasi altro materiale da costruzione di tipo tradizionale? Le caratteristiche intrinseche del materiale tessile racchiudono un potenziale di espressività che il progettista fin da subito non può ignorare né trascurare, se non rinnegando la loro intima attitudine a dar forma a un’architettura leggera, essenziale, reversibile, che a volte sconfina nel temporaneo o nell’effimero, ma che nei migliori casi è il risultato di un gioco sapiente con cui il progettista toglie dalla costruzione tutto ciò che non è essenziale al suo perfetto funzionamento strutturale. Ciò porta a dire che sia legittimo parlare di architettura tessile, operando un
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distinguo non soltanto legato alla materialità, ma al modo di esaltare fin dalle prime battute dell’iter progettuale quelle prerogative che solo tale materialità può conferire allo spazio architettonico. In questo senso l’architettura tessile può definirsi tale quando: 1. la leggerezza è una prerogativa irrinunciabile del sistema costruttivo che facilita la cantierabilità e consente la minimizzazione dei sistemi di supporto; 2. la permeabilità alla luce naturale è intesa come un’opportunità progettuale, che facilita l’ottimizzazione dei costi inerenti sia l’illuminazione artificiale che la schermatura della radiazione solare;
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Figura 5. Unilever Headquarter, Amburgo, 2010. La traslucenza integrata della prima e della seconda pelle, l’una in vetro, la seconda in film fluoropolimerico, alle luci del tramonto (fonte: Behnisch Architekten). Figura 6. La pelle più esterna. La seconda facciata consiste
3. la deformabilità del materiale e lo spessore minimo del componente si fanno veicoli di flessibilità tecnica e di integrabilità con altri sistemi edilizi, sia nelle nuove applicazioni che nella riqualificazione; 4. l’iter di sviluppo del progetto si presenta come una tipica filiera corta di tipo industriale avanzato, dove le fasi di progettazione e fabbricazione condividono operatori e strumenti e precedono una fase di cantierizzazione ridotta a semplice consegna e installazione. Anche i rinnovati mezzi linguistici e di operatività del progetto tecnico hanno contribuito a dare una seconda chance ai tessili tecnici impiegabili in edilizia, dopo un certo declino degli anni Ottanta. Infatti tali strumenti di interfaccia cad/cam e di parametrizzazione del progetto sono proprio il veicolo attraverso il quale la flessibilità del materiale tessile approda a una fabbricabilità personalizzabile, con tempi e costi ridotti. Se tentassimo in modo sistematico di elencare i principali scenari applicativi che oggi si vanno via via delineando sul fronte dell’architettura tessile potremmo osservare che in molteplici occasioni il materiale tessile è scelto proprio in virtù della sua attitudine a proteggere, schermare, filtrare la radiazione solare, facendo ricorso a un materiale facilmente approntabile in virtù della sua leggerezza e della veloce cantierabilità. PELLE TENSILE (fig. 2). La membrana tessile si articola libera nello spazio, ma sempre in coerenza con la forma tensostrutturale primigenia a doppia curvatura che garantisce la stabilità all’insieme, sia esso una copertura o una facciata. Form TL, Radolfzell, Germania; Project management e confezione e installazione membrana:
in un telaio principale di acciaio, fissato puntualmente alle solette portanti in c.a. dei vari piani dell’edificio e in un sistema di rivestimento trasparente composto da pannelli di film etfe dello spessore di 250-300 µ messo in tensione da un sotto-sistema di cavi in acciaio inox tesati a formare una struttura
a doppia curvatura contrapposta, tipica dei sistemi tensostrutturali (fonte: Form TL).
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Canobbio, Italia. Un gigantesco inviluppo di circa 12.000 m2 di tessuto arancione di fibra di vetro/silicone avvolge gli spazi di accoglienza dell’auditorium, proiettando la sua presenza luminosa nel paesaggio notturno.
minio. Behnisch & Partners, nel progettare il quartier generale Unilever di Amburgo, ha invece realizzato il layer interno di facciata in modo tradizionale con elementi vetrati e lamelle orientabili in alluminio, mentre per il layer esterno soggetto a forti venti ha scelto un film fluoropolimerico di etfe trasparente sorretto da una esile rete di cavi in acciaio, impercettibile all’occhio, ma notabile nei dettagli di connessione.
PELLE MODULARE (fig. 3): Membrane tessili intelaiate su profili in alluminio possono creare interi sistemi di rivestimento di facciata, con funzione di schermatura solare, se si impiega un tessuto microforato, o di facciata ventilata, se il layer tessile è costituito da un tessuto rivestito. Nel sistema TEXO® il materiale tessile intelaiato in profili di alluminio va a formare pannelli modulari fissati a una sottostruttura che garantisce anche l’interfaccia con i sistemi di vetrazione presenti o previsti nella facciata. Si viene così a creare un innovativo rivestimento ultraleggero, da giustapporre a una facciata esistente o a una di nuova costruzione. SECONDA PELLE (figg. 4, 5, 6). I tessili tecnici vengono spesso impiegati per realizzare nuovi e più economici sistemi di doppio involucro. Nel caso del guscio progettato da Norman Foster per la biblioteca universitaria di Berlino, una membrana tessile traslucente integrata con inserti in film di etfe trasparente costituisce il layer interno, laddove il layer esterno è realizzato in vetro e pannelli sandwich di allu-
PELLE MULTILAYER (figg. 7, 8, 9). Un altro interessante indirizzo di ricerca è quello che tende a calibrare la quantità di luce naturale in ingresso attraverso la sottile pelle di un’architettura tessile, controllando gli effetti radiativi dell’incidenza diretta del sole sulla pelle dell’edificio (sia essa copertura o facciata) mediante la stratificazione di più layer di membrana tessile e interponendo una camera d’aria e ventilando all’occorrenza. Usando due diversi strati tessili, il progettista può inoltre configurare lo spazio interno in modo più libero e indipendente dalla forma resistente della membrana esterna e può pertanto rispondere in modo più appropriato ai requisiti legati all’abitabilità dell’ambiente interno e alle specificità del programma funzionale. La camera d’aria interposta tra i due layer tessili offre il vantaggio considerevole di ridurre il trasferi-
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Figure 7, 8, 9. Vista esterna e interna del padiglione multifunzionale delle terme di Chianciano e vista di dettaglio dell’oblò trasparente e apribile integrato al doppio layer tessile, con funzione di ingresso della luce naturale all’interno, di evacuazione dell’aria calda interna e di attivazione
dell’effetto camino nel caso di ventilazione estiva dell’intercapedine (fonte: Archivio Bodega e Archivio Canobbio).
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mento di calore per convezione che si sviluppa tra lo strato esterno e lo spazio interno. Sulla base di tali considerazioni, Paolo Bodega, nel progetto dello spazio multifunzionale per le Terme di Chianciano, ha reinterpretato in chiave tessile il tema del tetto ventilato, distanziando i due layer tessili e ventilando l’intercapedine d’aria per ridurre in estate il surriscaldamento della superficie esterna colpita direttamente dalla radiazione solare e giovando del medesimo fenomeno fisico in inverno, chiudendo l’intercapedine, per accumulare calore tra i due layer tessili, al fine di ridurre i consumi
di riscaldamento interno. PELLE EFFICIENTE. Su questo scenario di progettazione e di ricerca sono attualmente in corso molte esperimentazioni, supportate da azioni condotte dall’Unione Europea. Nel 2010 l’European Research Council (ERC) introduce il campo “Lightweight construction, textile technology” all’interno del settore strategico denominato PE8: Products and process engineering (product design, process design and control, construction methods, civil engineering, energy systems, material engineering) sancendo così
l’ingresso del tessile tecnico nelle call di ricerca del VII programma quadro inerenti il rinnovamento del comparto edilizio e dei processi di costruzione. Ancora più incisivo appare il riferimento all’impiego dei materiali tessili avanzati nelle call coordinate su temi trasversali alle nanotecnologie (NMP) e all’efficienza energetica degli edifici (E2B), laddove lo studio di nuove soluzioni costruttive basate sulla leggerezza del sistema vengono promosse e rilanciate, al fine di valutare strade alternative allo stato dell’arte che prevede il raggiungimento dell’efficienza energetica esclusivamente tramite la massa oppure per addizione di materiali, a volte trascurando le sinergie tra i componenti edilizi e le valutazioni del loro ciclo di vita all’interno dell’edificio. In particolare, tramite la call EeB-NMP.2011-1 Materials for new energy efficient building components with reduced embodied energy e la call EeB.NMP.2011-3 Energy saving technologies for buildings envelope retrofitting sono stati finanziati progetti orientati alla sperimentazione di isolanti innovativi a base tessile8, in modo da ottimizzare il rapporto tra energia incorporata, risparmio di materiale ed efficienza energetica, così come progetti che propongono la messa a punto di sistemi di retrofitting (esterno, in cavità e interno) a funzionalità integrata e completamente prefabbricabili, basati su componenti leggeri, sottili e ad alta efficienza. PELLE SENSIBILE. Su questo fronte ancora molta sperimentazione va condotta e finalizzata. Ad ogni modo si delinea un interesse sempre più diffuso all’integrazione di dispositivi micro-elettrici ed elettronici nella trama dei tessuti, al fine di creare nuove superfici illuminanti con led incorporati o reti di tessuto che supportano celle fotovoltaiche su film sottile o a prefigurare la stampa di celle fotovoltaiche a colorante direttamente sul substrato tessile.
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In generale si può affermare che, per realizzare innovativi sistemi di facciata mediante l’impiego di tessili tecnici, tra i fili della trama dell’ordito del tessuto possono essere integrati: - LED e fibre ottiche polimeriche flessibili per creare tessuti illuminanti9; - fili metallici e sensori capaci per esempio di segnalare a distanza che la fodera di protezione del materiale stoccato all’interno di un dato container è stata monomessa10; - fili conduttivi isolati capaci di produrre calore fino a 1.000 W/m2 e di raffreddarsi repentinamente su richiesta11.
co, intelligente, leggero che oggi permea tutte le nostre modalità dell’abitare e del vivere.
Smart Building Envelopes. Tale ricerca è stata condotta in parternariato con il dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano e l’Istituto per lo sviluppo delle Macromolecole del CNR. L’acronimo SOFT, oltre a descrive la cella che si intende creare (Smart, Organica, Flessibile, Traslucente) richiama la
Note
tecnologia degli involucri in ETFE, comunemente nota come
1 - Langella Carla (2003), Nuovi paesaggi materici. Design e
“soft technology”, in virtù della leggerezza e flessibilità del
tecnologia dei materiali, Alinea, Firenze.
film fluoro-polimerico impiegato.
2 - Prestinenza Puglisi Luigi (2002), Tre parole per il prossimo
14 - Graham-Rowe D.: Solar cells get flexible, Nature Photon.,
futuro, Meltemi, Roma, p. 107.
2007, 1, 433; Pagliaro M., Palmisano G., Ciriminna R., Il nuovo
3 - www.architetturatessile.polimi.it
fotovoltaico. Dal film sottile alle celle a colorante: come le
4 - http://kierantimberlake.com
nuove tecnologie cambiano il futuro dell’energia, Dario
5 - Melinex® PET, film di poliestere prodotto da DuPont
Flaccovio Editore, Palermo, 2009.
Teijin Films.
15 - Un esempio è il prodotto Energain di Dupont.
6 - Campioli A., Zanelli A., Architettura tessile. Progettare e costruire membrane e scocche, IlSole24Ore, Milano, 2009.
Altrettanti dispositivi sensibili di nuova generazione possono essere integrati ai film fluoropolimerici trasparenti, mediante laminazione, incapsulamento con tecnologia roll-to-roll o stampaggio con tecnologia ink-jet-printing12: - celle fotovoltaiche organiche sono stampabili sul supporto flessibile13 desiderato senza più ricorrere a costosi processi produttivi di deposizione di materiali rari14; - materiali a cambiamento di fase (PCM)15 o anche soltanto aria possono essere intrappolati all’interno di due film sottili, per incrementare l’isolamento della pelle leggera o per ottimizzare il flusso di calore tra esterno e interno; - dispositivi elettrici ed elettronici di conversione dell’energia solare in energia luminosa possono essere laminati insieme al rivestimento superficiale di un tessuto o di un film di supporto.
7 - Otto Frei,“On the Way to an Architecture of the Minimal”, in Brian Forster, Marijke Mollaert a cura di, European Design Guide for Tensile Surface Structures, TensiNet, Brussel, pp. 6-7, 2004. 8 - Il Dipartimento BEST del Politecnico di Milano è partner di un Collaborative project nell’ambito della EeB.NMP.2011-3 con un progetto denominato EASEE - Envelope Approach to improve Sustainability and Energy efficiency in Existing multistorey multi-owner residential building. Sul tema dell’integrazione del tessile nelle facciate in particolare tale progetto prevede la messa a punto di soluzioni innovative di retrofit interno, basate sull’impiego di un tessile tecnico come supporto strutturale e finitura superficiale da accoppiarsi con isolanti sottili ad alte prestazioni e da integrarsi con dispositivi di riscaldamento a parete, illuminazione e trasferimento dati, secondo un concetto di tappezzeria multi-sensoriale. 9 - Luminex è un tessuto innovativo che utilizza LED ad alta efficienza per diffondere luce a bassi voltaggi. L’alimentazione può avvenire dalla rete elettrica, con un normale trasformatore, attraverso una batteria commerciale a 9 V oppure con accumulatori mutuati dalla telefonia cellulare della durata media di 7/8 ore. 10 - PowerSens, tessuto sensibile prodotto da Sefar. 11 - Power Heat, tessuto conduttivo prodotto da Sefar.
In sintesi, l’involucro può essere finalmente pensato come un sottile filtro adattivo, in grado di “vestire” l’esterno degli edifici (facciate tessili, sistemi di ombreggiamento integrati, coperture trasparenti o a schermatura controllata) o anche di modellare gli spazi interni (divisori e controsoffitti tessili), conferendo all’architettura proprio quel carattere dinami-
12 - Hoth C. N., Choulis S. A., Schilinsky P., Brabec C. J.: High Photovoltaic Performance of Inkjet Printed Polymer: Fullerene Blends, Adv. Mater. 2007, 19, 3973. 13 - Il gruppo di ricerca SPACE del Dipartimento BEST del Politecnico di Milano ha coordinato per il biennio 2010-2011 una ricerca di base finanziata da Fondazione Cariplo – Bando Materiali avanzati dal titolo: SOFT (Smart, Organic, Flexible and Translucent) - PV: Creation of a Photovoltaic Organic Cell on Fluoropolymeric Substrate to Integrate into
Technical textiles for architecture. Lightweight materials and light filters with which to rethink the building shell ‘Technical textiles’, also defined as ‘industrial textiles’ or ‘advanced textiles’, meet the most diverse range of applications from pharmaceuticals to transport, electrics and electronics to agricultural, the marine industry to aerospace and from clothing to construction. They can be made from natural or synthetic materials and often present a composite nature and in rarer cases can be ‘functionalized’, that is to say featuring physicochemical properties that have been modified during the design phase with the aim of obtaining an end product with a unique performance. Textile yarn, biaxial fabric (warp/weft), multiaxial fabric (3D and 4D), non-woven laminates (film), non-woven mat, coated and composite multilayer fabrics represent only the principal product typologies created with different industrial processes to date. The use of technical textiles most widely used in construction are without doubt those regarding the geotextile sector and internal design, while emerging fields include the solar shielding and thermal membrane sectors in order to improve the energy efficiency of vertical and horizontal closures within buildings.
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Integrazione di tecnologie avanzate PV nell’involucro edilizio
Niccolò Aste Lavinia Chiara Tagliabue Politecnico di Milano, Dipartimento BEST
Secondo i dati pubblicati dal Gestore dei Servizi Energetici (il principale attore nell’ambito della promozione, dell’incentivazione e dello sviluppo delle fonti rinnovabili in Italia), alla fine del 2011 la potenza fotovoltaica complessiva in esercizio nel nostro Paese potrebbe raggiungere i 12.000 MW, per un numero d’impianti intorno ai 350.000. L’andamento delle installazioni proietta di fatto l’Italia al primo posto nella graduatoria mondiale per potenza entrata in esercizio nell’ultimo anno, con un valore triplo rispetto alla Germania, leader storico del settore. Questi virtuosi risultati sono stati resi possibili soprattutto dalla campagna d’incentivazione pubblica incentrata sul cosiddetto Conto Energia, arrivato, non senza una serie di vicissitudini, alla sua quarta versione Attraverso tecnologie e pratiche costruttive (DM 5/5/2011). La remunerazione dell’elettricità solare attraverso tariffe innovative o consolidate, la funzione particolarmente convenienti ha, infatti, costituito un’eccezionale spinta del sistema fotovoltaico può essere abbinata propulsiva per il mercato, realizzando gli obiettivi prefigurati: sviluppo a quella di componente tecnologico, esaltando dei sistemi tecnologici, diffusione capillare degli impianti, creazione di opportunità imprenditoriali ed occupazionali, abbattimento dei prezzi il valore architettonico dei fabbricati. della componentistica. In questa strategia, un ruolo importante è stato indubbiamente giocato dai grandi impianti a terra, che hanno attirato la quota maggiore degli investimenti. Il tempo delle centrali a terra, tuttavia, sta volgendo al termine, come dimostrano le notevoli riduzioni degli incentivi ad esse destinati. Niente di strano: il ruolo delle installazioni multimegawatt era indispensabile per accompagnare il mercato da una fase pionieristico-
Sito di installazione: San Martino in Badia (BZ) Tipologia di installazione: Tettoia integrata nel disegno della copertura Tipologia edilizia: Moduli integrati Nuova costruzione, struttura ricettiva Descrizione: Moduli trasparenti integrati nella geometria del tetto per estenderla e dare forma a una tettoia Tecnologia dei moduli: silicio policristallino Potenza nominale: 7,046 kWp. Figura 1. La tettoia fotovoltaica funge da tramite tra l’architettura e il paesaggio. 1
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Sito di installazione: Taranto Tipologia di installazione: Tetto Tipologia edilizia: Uffici Descrizione: Moduli integrati su porzione alta e riportata in aggetto della facciata Tecnologia dei moduli: Silicio policristallino Potenza nominale: 6,76 kWp.
Figura 2. Facciata fotovoltaica in aggetto al corpo uffici.
sperimentale ad un livello consolidato ed affidabile. Un passo necessario, ma con alcune controindicazioni, come l’afferenza alla logica della generazione concentrata (mentre le rinnovabili favoriscono il passaggio alla generazione distribuita), la notevole occupazione di territorio, una serie di impatti ambientali e paesaggistici, spesso mal tollerati. Al contrario, l’integrazione edilizia del fotovoltaico è in continua crescita e si prevede che, nei prossimi anni, questo tipo di impiego sarà l’elemento trainante del settore. Soprattutto in relazione alle strategie di innalzamento dell’efficienza energetica del nostro patrimonio edilizio, sembra che l’elettricità solare sarà uno dei fondamenti delle costruzioni future, i cui involucri alloggeranno pannelli e componenti di vario tipo, atti a convertire la radiazione solare e ad alimentare direttamente le utenze allocate.
A questo proposito, tuttavia, bisogna operare alcune distinzioni. I sistemi BIPV (building integrated photovoltaics) rappresentano oggetti tecnologici avanzati, capaci di fondere prestazioni tradizionali dei materiali edilizi con la capacità di generare energia rinnovabile. In definitiva sono componenti architettonici con un valore aggiunto energetico, concepiti secondo una logica prestazionale sinergica. Altra cosa sono i cosiddetti “impianti su edifici”, impianti fotovoltaici convenzionali, che utilizzano semplicemente come supporto cui ancorarsi o agganciarsi superfici di copertura (o più raramente di facciata). Ovviamente il valore architettonico è molto differente, come pure la complessità tecnologica ed i relativi costi. È inutile sottolineare come sia assolutamente auspicabile che prevalgano le prime tipologie rispetto alle seconde, in vista di esigenze fun-
zionali e prestazionali, ma anche architettoniche e paesaggistiche. Questa tendenza è confermata anche nel Quarto Conto Energia, che premia maggiormente le “applicazioni innovative finalizzate all’integrazione architettonica del fotovoltaico”. Quest’ultime possono essere realizzate attraverso moduli e componenti speciali, appositamente ed esclusivamente concepiti per l’utilizzo in edilizia. Come riporta la specifica guida tecnica pubblicata dal GSE, nella completa integrazione architettonica il modulo o il componente fotovoltaico devono garantire, oltre alla produzione di energia elettrica, anche funzioni tipiche di un involucro edilizio convenzionale, come tenuta all’acqua, impermeabilizzazione, tenuta meccanica, resistenza termica compatibile. In definitiva, la completa integrazione architettonica del fotovoltaico è tale se la rimozione dei moduli fotovoltaici compromette la funzionalità dell’involucro edilizio, rendendo la costruzione non idonea all’uso. Di seguito si riportano alcuni esempi illustrativi rispetto alle migliori pratiche BIPV: quattro installazioni esemplari che hanno partecipato al Premio “Tecnologie solari e qualità del progetto: l’integrazione del fotovoltaico in architettura”, promosso dal GSE e dal Ministero per i beni e le attività culturali , e tre esempi di edifici di particolare rilevanza per i caratteri architettonici e le soluzioni di efficienza energetica abbinate all’impiego del fotovoltaico.
Premio “Tecnologie solari e qualità del progetto: l’integrazione del fotovoltaico in architettura” Il premio è nato nell’ambito di un Protocollo d’intesa siglato lo scorso giugno tra GSE e Ministero con la finalità di promuovere la ricerca e la progettazione per l’integrazione architettonica e paesaggistica delle tecnologie rin2
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Sito di installazione: Novellara (RE) Tipologia di installazione: Tetto Tipologia edilizia: Moduli installati in sostituzione di una copertura in eternit Descrizione: Tegola Solar ben integrata nel disegno complessivo della copertura Tecnologia dei moduli:
Silicio policristallino Potenza nominale: 3,01 kWp. Figura 3. Le tegole solari si integrano perfettamente con le tegole grigie della copertura.
Sito di installazione: Laces (BZ) Tipologia di installazione: Facciata Tipologia edilizia: Moduli integrati: nuova costruzione, sede di una società di produzione di teleriscaldamento Descrizione: Moduli integrati in facciata Tecnologia dei moduli:
Silicio policristallino Potenza nominale: 48,86 kWp. Figura 4. I moduli fotovoltaici custom made sono dimensionati per la realizzazione del profilo obliquo della facciata.
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novabili. I progetti partecipanti sono stati realizzati tra il 2007 e il 2010 ed incentivati nell’ambito del secondo Conto Energia (DM 19/02/2007). I temi di riflessione scaturiti dall’iniziativa riguardano la necessità di conciliare lo sviluppo delle rinnovabili con la tutela dell’ambiente e del paesaggio. Il rifugio alberghiero di S. Martino in Badia, in provincia di Bolzano, è una costruzione a destinazione ricettiva, posizionata a sbalzo su un pendio boscoso e organizzata intorno ad una struttura a spirale con una copertura formata da moduli trapezoidali, contenenti celle in silicio policristallino. L’edificio ha vinto il primo premio in denaro, da investire in nuove soluzioni architettoniche (fig. 1).
tonica dei sistemi BIPV, e che per questo hanno guadagnato due menzioni d’onore. La prima consiste in un intervento di retrofit su un edificio residenziale a Novellara (Reggio Emilia), che ha comportato la sostituzione della vecchia copertura in amianto con componenti fotovoltaici Tegola Solar, inseriti nel sistema di copertura tradizionale. Da notare l’elevato livello di integrazione e la cura nei dettagli di raccordo con gli elementi finestrati (lucernari). La seconda è rappresentata dall’involucro fotovoltaico di un edificio per uffici a Laces (Bolzano), caratterizzato da facciate verticali semitrasparenti, con moduli custom made specificamente studiati per adattarsi al disegno architettonico (fig. 3).
La Cittadella delle Imprese sede della Camera di Commercio di Taranto si è aggiudicata invece il terzo premio con un impianto fotovoltaico che aggetta sulla volumetria dell’edificio svolgendo anche una funzione di protezione solare per le aperture degli uffici. I moduli costituiscono una pelle attiva e retroventilata tramite un’intercapedine d’aria inserita secondo un disegno armonioso nella struttura in acciaio (fig. 2). Si riportano altre due realizzazioni rappresentative di soluzioni particolarmente interessanti per la capacità di svolgere la funzione architet-
Edificio Ergo, Milano, Italia L’edificio, che ospita la sede italiana di una grande compagnia assicurativa tedesca, è stato di recente trasformato da edificio decisamente energivoro, tipico della fine degli anni ‘90, in una costruzione altamente efficiente e funzionale, dal punto di vista energetico e tecnologico. Nel 2007 gli eccessivi consumi termici ed elettrici, insieme alle premature condizioni di degrado dell’immobile ed alla conseguente necessità di un consistente intervento di riqualificazione, hanno indotto la proprietà a
commissionare un’articolata operazione di diagnosi energetica, valutazione delle misure di retrofit applicabili e riprogettazione dell’involucro esterno. L’incarico è stato affidato allo studio Aste & Finzi Architetti e a DETRACO Engineering che, con la consulenza del Dipartimento BEST del Politecnico di Milano, hanno seguito l’intera operazione, dall’audit energetico, all’esecuzione delle opere, al monitoraggio dei risultati conseguiti. Tra i vari interventi effettuati nell’ambito della riqualificazione architettonica ed energetica, sul lato sud sono state sovrapposte alla facciata esistente tre strutture parallele vetrate a doppia pelle, con coperture fotovoltaiche semitrasparenti. Per la realizzazione di quest’ultime sono stati impiegati moduli stratificati vetro-vetro senza cornice, appositamente prodotti dalla società Energy Glass, specializzata in questo tipo di installazioni d’avanguardia. L’impianto fotovoltaico integrato nelle tre coperture ha una potenza complessiva di 3 kWp e produce 3.250 kWh/anno di energia elettrica, che vengono interamente sfruttati all’interno del palazzo. L’edificio è stato insignito nel 2011 della menzione d’onore allo Zerofootprint Re-Skinning Awards (UN-Habitat and U. S. Green Building Council) per la riproducibilità delle soluzioni proposte nella sezione Edifici Commerciali/Industriali (figg. 5-7).
Edificio Mensa Centro Ricerche Fiat, Orbassano, Torino La riqualificazione dell’edificio mensa del Centro Ricerche Fiat di Orbassano, Torino, ha portato alla realizzazione di una struttura in grado di funzionare come un sistema energetico integrato ed innovativo a ridotto impatto ambientale. Nell’ambito del progetto tecnologico dimostrativo denominato Ecomensa, il
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Sito di installazione: Milano Tipologia di installazione: Copertura semitrasparente di corpi a doppia pelle Tipologia edilizia: Retrofit energetico, edificio terziario Descrizione: Moduli integrati nella struttura in acciaio Tecnologia dei moduli:
CRF, in collaborazione con il Politecnico di Milano, ha realizzato anche la facciata ibrida fotovoltaico-termica, che ha sostituito la vecchia facciata inclinata (53° rispetto all’orizzontale) su cui erano installati collettori solari termici ormai vetusti. In sostituzione di questi è stata realizzata una facciata ventilata con il sistema TIS (Tetto Integrale Solarizzato), sviluppato, a sua volta, dal Politecnico con il partner industriale Secco Sistemi Spa. Il sistema fotovoltaico integrato è combinato con collettori solari termici ad aria, allo scopo di realizzare la produzione concomitante di energia elettrica-calore, migliorando al contempo le prestazioni energetiche dell’involucro. L’impianto fotovoltaico, costituito da 130 moduli SX 150 L BP Solar, consente una produzione elettrica di circa 20.000 kWh/anno, con un rendimento superiore del 10% rispetto a installazioni tradizionali. Ciò è dovuto alla retroventilazione dei moduli che permette, al contempo, il recupero di aria pre-riscaldata e la generazione di altri 100.000 kWh/anno termici. Il sistema impiantistico complessivo dell’Ecomensa è costituito dalla facciata ibrida, da un sistema di trigenerazione alimentato a gas, da una pompa di calore reversibile e da un impianto di deumidificazione a ruota disseccante, connessi secondo una logica organica e sinergica alla rete elettrica e all’impianto di condizionamento dell’edificio. Durante i mesi estivi il calore recuperato dalla facciata ibrida e quello prodotto dal cogeneratore sono utilizzati per la deumidificazione dell’aria di rinnovo, mentre la pompa di calore è impiegata per il raffrescamento. In inverno, il calore generato dalla facciata e dal cogeneratore viene utilizzato per il riscaldamento. Un sistema di controllo intelligente gestisce contemporaneamente il funzionamento e ottimizza il rendimento energetico delle diverse sub-componenti in relazione ai parametri ambientali monitorati da una
Silicio policristallino Potenza nominale: 3 kWp. Figura 5. Dettaglio della copertura BIPV. Figura 6. I tre corpi a doppia pelle di Ergo dotati di vetrature apribili per il funzionamento differenziato in periodo invernale ed estivo e le coperture fotovoltaiche
semitrasparenti che consentono la schermatura solare delle aperture degli uffici e la contemporanea produzione elettrica. Figura 7. La struttura di supporto del sistema BIPV consente la ventilazione dei moduli tramite griglie poste alla base; i moduli sono
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realizzati con vetro stratificato di sicurezza laminato con PVB SolarTM da 1,52 mm.
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Sito di installazione: Orbassano (TO) Tipologia di installazione: Facciata inclinata Tipologia edilizia: Riqualificazione, edificio mensa Descrizione: Moduli integrati in una struttura a montanti e traversi tipo curtain wall ventilata. Tecnologia dei moduli:
Silicio policristallino Potenza nominale: 19,5 kWp. Figura 8. Vista della facciata ibrida in cui sono distinte le parti energetiche e funzionali dei moduli che compongono la facciata ventilata inclinata. Figura 9. Dettaglio
della facciata ibrida fotovoltaico-termica realizzata tramite l’integrazione dei moduli in un sistema di montanti e traversi in alluminio. Figura 10. Sezioni funzionali della facciata ibrida, fila modulare per l’alloggio dei cablaggi elettrici dell’impianto fotovoltaico e canale
di ripresa dell’aria preriscaldata rimossa dal retro dei moduli; si nota la centralina meteo di rilevazione dei dati ambientali per il controllo del funzionamento degli impianti.
centralina meteo. Il carattere dimostrativo e il contenuto tecnologico innovativo hanno permesso all’edificio di vincere nel 2003 il Premio Eurosolar Italia per la categoria “Proprietari o utilizzatori di impianti a energie rinnovabili” (figg. 8-10).
Academy of Science, San Francisco, California, USA L’edificio della California Academy of Sciences (CAS), situato nel Golden Gate Park a San Francisco, ha riaperto i battenti nel settembre 2008. Il nuovo edificio dell’Accademia, progettato dal Premio Pritzker Renzo Piano, ha incluso nella sua progettazione una serie di criteri che lo rendono all’avanguardia nella progettazione “green”, in linea con l’etica dell’Accademia stessa, orientata all’efficienza, conservazione e sostenibilità. Particolare attenzione è stata posta alla provenienza dei materiali utilizzati nell’edificio: il 90% dei materiali di demolizione sono stati riciclati, con 32.000 tonnellate di sabbia da scavo di fondazione applicata a progetti di restauro delle dune di San Francisco, il 95% dell’acciaio impiegato proviene da materiale riciclato, sono stati utilizzate quote pari al 35% di scorie di cemento e al 15% di ceneri volanti come sottoprodotto del carbone riciclato; inoltre, il 50% del legname utilizzato proviene da foreste a gestione sostenibile (legno certificato) e il 68% dell’isolamento termico è realizzato con denim riciclato (blue jeans) come prodotto post-industriale anziché con fibra di vetro o materiali tradizionalmente utilizzati. Le misure di efficienza energetica, studiate da Arup Engineering e che sono state attuate nell’edificio, interessano la gestione relativamente all’illuminazione e alla ventilazione naturale. L’involucro vetrato dell’edificio permette di illuminare naturalmente il 90% degli spazi
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pubblici e il 75% degli spazi di ricerca e uffici in modo tale da ridurre i carichi termici e i consumi legati all’illuminazione artificiale. Tutto l’edificio è dotato di un sistema di controllo dei parametri di comfort ambientale tramite sensori, di dispositivi di movimentazione dei sistemi di ombreggiatura e dei lucernari di ventilazione che, rispetto ai valori di temperatura, radiazione, velocità del vento monitorati da una centralina esterna posizionata sulla copertura, regolano l’assetto dell’edificio ai fini del risparmio energetico. Nelle zone per uffici è data la possibilità agli utenti di regolare le proprie condizioni interne tramite l’apertura delle finestrature. Le murature esterne hanno uno spessore che va da 16 a 18 cm fornendo una quota di massa termica e assorbimento del calore che, in abbinamento al pavimento radiante per riscaldamento e raffrescamento,
consentono di ridurre di circa il 10% il consumo energetico rispetto alle pratiche convenzionali. Un recuperatore sfrutta il calore di scarto dei sistemi di approvvigionamento dell’edificio (sistema di ventilazione, condizionamento) per ridurre ulteriormente il bisogno della costruzione. Un segno distintivo dell’edificio è la copertura, un “tetto vivente”, corredato da uno schermo dal design architettonico che protende l’edificio verso il parco; lo schermo è costituito da 60.000 celle solari fotovoltaiche ad alta efficienza di SunPower, incapsulate in 720 pannelli di vetro costruiti su misura. In questo modo i moduli possono essere visibili da parte dei visitatori all’ingresso dell’edificio espositivo e dalla copertura durante la visita al tetto giardino. La produzione energetica ammonta a 213.000 kWh/anno coprendo il 10% dei consu-
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Sito di installazione: San Francisco, California Tipologia di installazione: Tettoia Tipologia edilizia: Nuova costruzione, edificio espositivo Descrizione: Moduli integrati nella struttura in acciaio Tecnologia dei moduli: Silicio monocristallino Potenza nominale: 172 kWp.
Figura 11. Sistema fotovoltaico visto dal “tetto vivente” delle costruzione con veduta del Museo de Young (Herzog & De Meuron).
Figura 13. Vista della tettoia fotovoltaica all’entrata del museo.
Figura 12. Vista della CAS con l’impianto fotovoltaico integrato a coronamento e protezione delle facciate vetrate. 11
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mi elettrici dell’edificio. Nel complesso, la costruzione consegue un consumo energetico del 30% in meno rispetto al requisito richiesto dal codice federale locale con un vantaggio ambientale quantificabile in 184 tonnellate di CO2 evitate ogni anno. L’edificio è in via di ottenimento della certificazione LEED Platinum (in questo momento risponde già ai requisiti del certificato LEED Gold) (figg. 11-13).
Integration of advanced PV technologies into the building envelope The exponential spread due to feed-in tariff system and modules cost-decrease led Italy at the top for installations number. In this moment of strong propagation in the use of solar energy systems it is required to achieve a proper and effective integration in the built environment.
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GSE, the institute responsible for assessing the energy and constructive quality of interventions, launched a competition to give a prize to the best integrations of photovoltaic systems. The most interesting cases with respect to the component innovation criteria, successful integration and aesthetic result, are shown, in order to provide some good examples. Furthermore, three more case studies are explained in detail to clarify how BIPV is an essential part of the energy concept in buildings aiming to achieve high levels of energy savings. The first building is Ergo Tower, winner of the Zerofootprint Re-Skinning Award for Reproducibility: it is an energy retrofit design of an office building in Milan, integrating photovoltaic in the double skin volumes in the south façade. Solar electricity production is an added value of the building that makes up to 66% of energy reduction with the skilled rehabili-
tation in comparison with the previous energy consumption. The second case study is the Fiat Research Center (CRF) in Turin where a hybrid sloped façade substituted an old solar thermal plant. The innovative BIPV system constitutes an integrated roof which produces electricity by photovoltaic modules and warm air in order to pre-warm the fluid for the HVAC system and for a desiccant cooling system used in summer period. The third case is the Academy of Science in San Francisco, where the sustainable concept of the renovation of the building is complete and the photovoltaic plant is a meaningful part of the magnificent roof. The photovoltaic canopy surrounds the garden roof and represents the element that opens and closes the visitors’ circuit, connecting the architecture with the park.
FOCUS
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La prefabbricazione in balle di paglia. Utilizzare l’inutilizzato
Giulia Lechi Politecnico di Milano, Dipartimento BEST
L’indagine svolta ha come obiettivo quello di valutare la fattibilità di un sistema costruttivo in paglia che possa inserirsi stabilmente nel mercato della bio-edilizia. Per questo si sono scartati i sistemi che prevedono l’autocostruzione ci si è orientati su quelli prefabbricati, poiché garantiscono prestazioni standard e costi controllabili. A questa premessa si è aggiunta quella di utilizzare l’inutilizzato con il minor numero possibile di passaggi di lavorazione. L’approfondimento è stato quindi dedicato a pannelli prefabbricati in legno tamponati con balle di piccole dimensioni e successivamente intonacati.
La paglia, uno scarto del mondo agricolo molto abbondante, può essere utilizzata in edilizia con successo, eliminando onerosi processi di produzione e di smaltimento della materia prima.
La paglia come materiale edilizio
La paglia, da non confondersi con il fieno, è un materiale inerte composto dai culmi di alcuni cereali che, raccolti o imballati, possono servire per svariati scopi che non riguardano solamente il mondo dell’agricoltura. Viene infatti utilizzata da sempre come materiale edile, poiché le sue caratteristiche chimiche, fisiche e morfologiche la rendono un materiale con prestazioni interessanti da diversi punti di vista. Una delle applicazioni più antiche non ancora caduta del tutto in disuso è quella che prevede l’utilizzo di fascine di paglia come rivestimento della copertura (fig. 1); di altrettanta antica tradizione è l’utilizzo come isolante termico e acustico per partizioni verticali e orizzontali e quello come legante nelle costruzioni in terra cruda o nei mattoni di adobe (fig. 2). Fu solo nella seconda metà del XIX secolo che si iniziò a prendere in considerazione la paglia imballata come materiale che potesse svolgere funzione di involucro. Le prime costruzioni erano destinate alla residenza temporanea dei pionieri che attraversarono il Nord America e la tecnologia sviluppata prevedeva muri portanti costruiti a secco. Nei decenni che seguirono questo primo approccio si svilupparono anche altri sistemi costruttivi; in particolare in Inghilterra venne brevettato un pannello prefabbricato composto
Figura 1. Tetti in paglia di Shirakawa Go, Giappone. La millenaria tradizione costruttiva è tuttora attiva e le coperture vengono manutenzionate o sostituite ciclicamente. Figura 2. Moschea di Djenné, Mopti, Mali. Fotografia di Andy Gilham. Questo edificio risale ai primi anni del XX secolo ed è completamente costruito in adobe. 1
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Figura 3. Graun, Alto Adige, Edificio di 3 piani fuori terra costruito con sistema di jumbo-bale portanti, Arch. Schmidt e Scwarz, 2007.
futura abitazione, poiché, se non ci sono infiltrazioni dall’alto le balle non subiscono danni.
Figura 4. Pescomaggiore, villaggio ecosostenibile E.V.A. I lavori d’inverno si fermano e la paglia può tranquillamente essere stoccata sotto il tetto della
da paglia sminuzzata e incollata la cui caratteristica fu quella di essere particolarmente sottile (ca. 6 cm) pur mantenendo prestazioni termiche e acustiche eccellenti e di non contenere colle artificiali. Si delineano quindi due possibili approcci, quello che sottopone le stoppie ad una lavorazione per ottenere il prodotto finito e quello che invece prevede l’utilizzo della paglia imballata, recuperando direttamente un sottoprodotto agricolo senza passaggi aggiuntivi. Un altro aspetto meritevole di attenzione è l’evoluzione del processo edilizio delle costruzioni in paglia. Si è partiti con l’autocostruzione, dettata da motivi di necessità, per arrivare a sofisticate tecnologie predisposte per la prefabbricazione e la produzione seriale, siano esse costruite con paglia sminuzzata o imballata.
Storia delle costruzioni in balle di paglia L’uso delle balle di paglia come materiale da costruzione nacque nel XIX secolo quando gli esploratori dei territori nordamericani diretti verso l’Ovest, furono costretti a fermarsi in quello che oggi è lo stato del Nebraska, dove non era facile reperire materiali da costruzione tradizionali e al contempo la paglia era abbondante in tutte le stagioni. L’intuizione di utilizzare le balle di paglia alla stregua dei mattoni si rivelò adatta e quelle che dovevano essere delle abitazioni temporanee divennero in molti casi definitive. Il “Metodo Nebraska” prevede una struttura a parete portante con le balle posate di piatto a giunti sfalsati senza l’utilizzo di alcun legante tra una balla e l’altra. La stabilità della struttura è assicurata da due elementi: dei picchetti a sezione circolare che vengono inseriti nella muratura durante la costruzione (la cui misura oscilla tra diametri di 30 e 50 mm e lunghezze
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di 100 e 150 cm) e dalla compressione a cui vengono sottoposte le balle prima della soletta o della copertura. Con la metodologia descritta (che prevede l’uso di balle di piccole dimensioni) è possibile arrivare fino a un massimo di due piani fuori terra, per superare tale altezza è necessario utilizzare balle di dimensioni superiori, poiché esiste un rapporto proporzionale tra l’altezza e lo spessore di un muro portante in balle di paglia. Un sapiente esempio di edificio di tre piani fuori terra costruito con jumbo bale portanti è il progetto degli Architetti Margareta Schwarz e Werner Schmidt a Graun in Trentino-Alto Adige (fig. 3). Tale progetto è del 2007, anteriore quindi all’aggiornamento della legge antisismica che oggi non ne permetterebbe la costruzione. Il “Nebraska style” ha avuto molto successo negli Stati Uniti e in Canada, tanto da arrivare, intorno agli anni ‘20 anche in Europa. I primi paesi interessati furono Inghilterra e Francia, dove la tecnologia iniziò a subire le prime modifiche. Forse per la minor disponibilità di suolo edificabile, o forse per la minor perizia si ritenne preferibile utilizzare le balle di paglia come tamponamento di una struttura portante puntuale. Il materiale più indicato per tale struttura è il legno, poiché, avendo qualità simili alla paglia, non vi sono problemi quando i due materiali entrano in contatto; l’utilizzo di cemento o metallo è possibile con l’aggiunta di almeno un terzo materiale che funga da cuscinetto nei nodi di interfaccia con la paglia ma una scelta di questo tipo comporta delle conseguenze quali l’appesantirsi della struttura, l’aumentare del numero dei materiali e un allontanamento dal mondo della bio-edilizia. Un esempio italiano di sviluppo del sistema travi-pilastri e paglia di tamponamento è il villaggio E.V.A. a Pescomaggiore (frazione de L’Aquila) dove la comunità di abitanti in seguito al sisma del 2009 ha deciso di costruire ex
novo delle abitazioni ad un solo piano. Ad oggi il progetto è in via di completamento (fig. 4). È da ricordare anche la possibilità di costruire la struttura portante in mattoni, tecnica diffusa solo in Cina. Un’altra modalità costruttiva che prevede l’utilizzo delle balle di paglia è quella del prefabbricato. Lo schema compositivo, declinabile poi in diverse maniere, prevede una struttura, solitamente lignea, nella quale vengono inserite le balle che verranno successivamente sigillate con intonaco o sottili pannelli. Tali balle (sempre di piccola dimensione) possono essere inserite nella struttura in cantiere oppure possono essere sigillate in fase di lavorazione, in modo da non avere paglia in cantiere, fatto che crea disordine, aumenta la pericolosità e la durata del cantiere. La scelta di una metodologia piuttosto che di un’altra è una dichiarazione d’intenti, poiché un pannello pre-finito implica l’esistenza di una filiera produttiva mentre l’inserimento in opera si avvicina di più a una concezione artigianale del processo edilizio.
Aspetti legislativi Ad oggi esistono pochissime nazioni (Germania, Bielorussia e qualche Stato degli USA) ad aver definito una legislazione specifica per la costruzione in balle di paglia; in realtà l’unico settore di tale tecnologia che crea problemi di natura giuridica è il “Metodo Nebraska”. Per questo tipo di costruzione o esistono, come in Italia, delle normative che ne impediscono implicitamente l’utilizzo1 oppure il permesso di costruire dipende esclusivamente dal rapporto di fiducia che il progettista riesce ad instaurare con l’amministrazione locale. Per quanto riguarda invece le costruzioni, siano esse prefabbricate o posate in opera, dove la paglia funge da tamponamento non sussistono restrizioni.
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Figura 5. Assemblaggio di una cornice in legno lamellare Modcell® in un capannone di una flying factory. In primo piano si può notare l’incastro maschiofemmina [Per gentile concessione della ditta Modcell®].
in un capannone di una flying factory [Per gentile concessione della ditta Modcell®].
Figura 6. Cornici Modcell® pronte per l’intonacatura 5
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Perché la prefabbricazione
ne, in particolare a quella che prevede che il pannello arrivi finito in cantiere. Le balle di paglia si adattano perfettamente alla produzione seriale poiché sono un prodotto finito, che non ha bisogno di lavorazioni. Inoltre si confà alle esigenze di una produzione edilizia non solo eco-sostenibile ma che riutilizza e rende materia prima quello che ad oggi è uno scarto. La scelta di studiare e approfondire questo tipo di modalità costruttiva è nata quindi da presupposti che vedono possibile l’evoluzione e la produzione seriale di questo tipo di bioedilizia, che hanno come obiettivo quello della reperibilità dei materiali a KM0 e il soddisfacimento di standard prestazionali particolarmente elevati. Infine tra le molte garanzie offerte dalla prefabbricazione non bisogna dimenticare il livellamento dei costi e la semplificazione di progettazione ed esecuzione.
È implicito, nelle origini dell’utilizzo delle balle di paglia come materiale edilizio, il profondo legame con il mondo dell’autocostruzione. Infatti quando nacquero i primi edifici nell’appena fondato stato del Nebraska la necessità prima era quella di avere un’abitazione funzionale e veloce da costruire e non esisteva alcun tipo di giurisdizione che delineasse i procedimenti costruttivi e nessun tecnico esperto in materia. Tuttora nei paesi natali e di prima diffusione (Stati Uniti e Canada) esiste una fortissima tradizione di autocostruzione, legata alle associazioni che formano e supportano il privato che abbia intenzione di costruirsi una casa “Nebraska style”. Ci possono essere dei vantaggi nell’autocostruzione ma è implicita nella definizione del procedimento l’assenza di garanzie di ogni tipo, dalla durata alle prestazioni, proprio perché la buona riuscita dipende completamente dalle capacità e dall’esperienza di chi fisicamente la costruisce. Parallelamente al movimento di autocostruttori (dietro al quale c’è una ben precisa filosofia di vita) esistono alcune piccole realtà che hanno deciso di formare personale specializzato, che quindi sono in grado di costruire una casa in breve tempo grazie a una tecnica assodata dall’esperienza. Il miglior esempio è forse rappresentato dagli Architetti Margareta Schwartz e Werner Schmidt che si avvicina alla metodologia del prefabbricato, poiché prima che il cantiere inizi tutti i pezzi sono già predisposti e tutte le fasi sono già state calcolate precedentemente. Il prefabbricato è quindi la spontanea evoluzione della famiglia di costruzione in balle di paglia. La ricerca ha dimostrato come anche con un materiale disomogeneo come la paglia, si possano ottenere risultati standardizzati e come quindi sia possibile pensare in questa direzio-
Focus sui pannelli prefabbricati La progettazione di pareti prefabbricate in balle di paglia è stata affrontata da diversi professionisti; tuttavia il progetto più completo degli ultimi anni è nato da una collaborazione tra la University of Bath e la ditta Modcell® che hanno lavorato per portare a termine un progetto innovativo e curato sotto tutti gli aspetti della produzione (dalla tecnologia, al processo produttivo, alla logistica di cantiere). Si prenderanno quindi come dati di riferimento quelli emersi dagli esperimenti empirici effettuati in tale ricerca, poiché ha il merito di essere esaustiva e approfondita. Tecnologia. Indipendentemente dal variare di alcuni parametri, come per esempio la misura dei pannelli, la tecnologia in questione si basa su di un principio molto semplice, ovvero quello di avere una cornice abbastanza profonda
da inserire al suo interno delle balle di paglia di misura piccola posate di piatto. Queste, una volta bloccate con dei picchetti interni e dei cavi d’acciaio esterni alle balle, verranno sigillate da entrambi i lati; in tal modo il pannello è terminato e pronto per essere posato in opera e rifinito. Le balle di paglia. Si utilizzano balle di piccolo taglio ca. 100x45x35 cm; non è rilevante il cereale di cui sono composte, quanto piuttosto le condizioni di conservazione, infatti le balle devono essere sane, quindi asciutte e compatte. La compressione è un parametro che si può controllare al momento dell’imballaggio: l’ideale sarebbe avere a possibilità di stabilire prima che vengano imballate la massima compressione delle stoppie. La cornice di legno. È composta da assi di legno lamellare agganciate tra loro con un sistema ad incastro maschio-femmina (fig. 5). Due delle tre misure di tali assi sono fisse, ovvero i 10 cm di altezza e i 50 cm di profondità (necessari per poter contenere la fila di balle e il doppio rivestimento). La lunghezza è l’unico parametro variabile e dipende dalle misure della cornice. Spesso questa ha un’altezza di 300 cm poiché sottraendo i 20 cm di spessore delle assi, rimangono 280 cm in cui ci stanno 8 file di balle. La larghezza della cornice è il parametro più flessibile, le uniche restrizioni sono di tipo statico; solitamente si prediligono misure che tendano alla forma quadrata, o comunque con una proporzione tra altezza e larghezza non superiore al 1:3. Alla base di ogni cornice è predisposto un sistema ad incastro che servirà per agganciare il pannello al dormiente posto sopra le fondamenta o sopra la soletta. L’inserimento. La cornice finita si presenta con
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Figura 7. Intonacatura tramite l’utilizzo di una pompa a pressione. Un operaio specializzato ci impiega circa 2 ore per intonacare un pannello 3x3 m [Per gentile concessione della ditta Modcell®].
[Per gentile concessione della ditta Modcell®]. Figura 9. Posa in opera di una colonna angolare di legno lamellare [Per gentile concessione della ditta Modcell®].
Figura 8. Particolare di un incastro a piano terreno tra pannello e dormiente
dei picchetti alla base, alti circa 50 cm e con dei cavi di acciaio tesi sia lungo l’altezza, sia come tiranti agli angoli; le balle vengono posizionate e per ogni fila che si aggiunge vengono inseriti altri picchetti che garantiscono la compattezza della parete. In questa fase vengono inserite le cornici degli infissi; essi possono essere posizionati in qualsiasi parte del pannello; il modulo generato dalla misura della balla può offrire spunti progettuali per la composizione della facciata; si può decidere quindi se dichiarare quella che è la natura del materiale o al contrario, ignorarla, mostrando come sia possibile ricavare aperture senza limitazioni (fig. 6). Il tamponamento. Le balle devono essere perfettamente sigillate prima di essere posate in
opera; tale sigillatura può avvenire con l’intonacatura o con l’applicazione di pannelli. Entrambe le soluzioni richiedono l’utilizzo di materiali naturali poiché la paglia deve rilasciare e acquisire l’umidità presente nell’ambiente secondo il ciclo naturale delle stagioni; se venisse tamponata con materiali plastici o cementizi si formerebbero muffe nel giro di pochissimo tempo (fig. 7).
Processo produttivo La metodologia produttiva adottata dalla ditta Modcell® per questo tipo di pannello è stata denominata “Flying Factory” e si può classificare a metà strada tra l’artigianato e l’industria. Il metodo è da considerarsi artigianale poiché la produzione di pannelli si avvia nel momento in cui c’è un progetto e di conseguenza essi
vengono disegnati appositamente a seconda delle esigenze. È altrettanto vero che gli standard qualitativi sono garantiti al pari di quelli di una produzione seriale. Il processo produttivo prevede che l’acquisto delle balle necessarie e la costruzione dell’intero pannello avvenga nei pressi del lotto da edificarsi. I progetti portati a termine sono tutti localizzati nel Regno Unito e quindi non è stato difficile trovare spazi inutilizzati di aziende agricole che, in molti casi, hanno anche fornito la paglia. È un tipo di organizzazione del lavoro che apporta dei vantaggi economici poiché i costi di trasporto sono limitati, favorisce la diffusione della tecnologia in parti diverse del territorio e non concentra la fonte della materia prima in un solo luogo, come farebbe invece uno stabilimento fisso. Al contrario, la logica di impiantare una produzione seriale può partire da altri presupposti, come per esempio la volontà di creare un prodotto da inserire stabilmente nel mercato della bio-edilizia oppure il riuso di edifici rurali che, per definizione, sono in aree dove reperire la paglia non è un problema.
Assemblaggio dell’edificio Una volta trasportati i pannelli in cantiere (fig. 11) è possibile iniziare l’assemblaggio dell’edificio. Le fondamenta possono essere di qualsiasi tipo, non ci sono particolari prescrizioni, anche se sarebbe meglio utilizzare, ove la normativa lo permetta, delle strutture affini al carattere prevalentemente naturale degli elementi che compongono il pannello. A livello del terreno o sopra il cordolo quando previsto viene posata una struttura a dormienti sopra la quale vengono incastrati i pannelli con un sistema maschio-femmina (fig. 8) I pannelli sono autoportanti perciò non è necessario alcun elemento strutturale; gli unici elementi da aggiungere in cantiere sono i pilastri
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di un cantiere [Per gentile Figura 10. Esempio concessione della ditta di assemblaggio di una Modcell®]. copertura in cantiere. I casseri di legno contengono balle di paglia opportunamente compresse nella parte curva [Per gentile concessione della ditta Modcell®]. Figura 11. Immagine scattata durante varie fasi
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posti agli angoli (fig. 9) la cui misura è pari alla profondità dei pannelli stessi. Essi sono solitamente posati in opera e sono composti da un involucro di legno lamellare dentro il quale viene pressata una miscela di argilla e paglia. Tali pilastri hanno la funzione di irrigidire la struttura e di permettere un aggancio più semplice tra i pannelli d’angolo. Terminata la posa del piano terra si può procedere al montaggio della soletta o della copertura. La soletta proposta dal sistema Modcell® prevede l’utilizzo di legno lamellare, materiale che permette di coprire grandi luci mantenendo lo spessore della soletta entro limiti comuni. Gli agganci dei pannelli del piano superiore funzionano allo stesso modo di quelli del piano terra, quindi è sufficiente costruire un secondo cordolo da applicare sopra la soletta. Per la copertura, come per le fondazioni, non ci sono limitazioni di alcun genere. Per quanto riguarda la tempistica essa dipende dalla complessità dell’edificio, ma approssimativamente un’abitazione di media grandezza di due piani necessita di un paio di settimane di lavoro, fondazioni e finiture incluse.
riale ignifugo, questo è certo, ma bisogna anche allontanarsi dallo stereotipo del covone che va in autocombustione. Anche perché nella maggior parte dei casi si tratta di covoni o cumuli di fieno (che contiene materiale organico) o comunque di situazioni in cui la paglia non è posta in condizioni salubri.
Il rispetto della normativa La normativa italiana questa tipologia di pannello assolve a tutte le caratteristiche prestazionali richieste per l’edilizia abitativa: - la resistenza al fuoco è stata testata e corrisponde a 135’ - la trasmittanza ha un valore U pari a 0,13 kW/m2K - il valore del potere isolante apparente è di 50 dB. Si nota come siano sorprendenti i tempi relativamente lunghi di collasso in caso di incendio, ma basti pensare anche solo alla differenza che intercorre tra bruciare un foglio di carta o una parete di carta. La paglia non è un mate-
Vantaggi e svantaggi Il prefabbricato in balle di paglia coniuga per definizione i vantaggi del vivere in una casa naturale e della prefabbricazione. Come voci a favore abbiamo quindi una progettazione lineare e semplice ma allo stesso tempo aperta a progetti complessi; un’esecuzione rapida e precisa con un cantiere ordinato che non causa particolari inconvenienti agli eventuali vicini (figg. 12, 13, 14). Non viene prodotta CO2 extra almeno per il materiale di tamponamento; in caso di smantellamento dell’edificio paglia e intonaco sono biodegradabili al 100%, legno e metallo si possono riciclare, quindi può essere adatto per soluzioni temporanee o emergenziali. Gli svantaggi riguardano l’aspetto di manutenzione, più elevata non in quanto a costi, ma in quanto ad attenzioni rispetto alle case tradizionali. Per esempio è necessario verificare che non ci siano falle nell’intonaco, cosa che potrebbe danneggiare le balle, o che non ci siano infiltrazioni d’acqua. Il costo non è un elemento decisivo, nel senso che è più economica di un’abitazione tradizionale, ma non in maniera significativa. Lo spessore dei muri è di circa 50 cm, ma questo non può essere enumerato tra gli svantaggi, poiché per ottenere un valore di trasmittanza U pari a 0,13 kW/m2K con altri materiali, siano essi naturali o meno, non si possono ottenere spessori di molto minori e inoltre in questo caso si usano due materiali, paglia e
intonaco, negli altri casi, invece, sono necessari più strati.
Edilizia e agricoltura, un futuro possibile? Uno degli aspetti più affascinanti dell’utilizzare le balle di paglia come materiale edilizio è il rapporto diretto che si viene a creare tra agricoltura ed edilizia. In questo modo la produzione di paglia, che spesso è considerata un sottoprodotto e in moltissimi casi non viene nemmeno raccolta ma semplicemente interrata, acquisisce un senso; si deve partire dal presupposto che la paglia è prodotta in tutti i paesi del mondo, poiché deriva dai cereali che sono alla base dell’alimentazione umana e che quindi l’utilizzo della paglia in edilizia non modificherebbe le piantagioni già esistenti. Nell’ipotesi di uno stabilimento fisso in grado di imbastire una filiera corta di produzione, lo si andrà a posizionare in modo tale poter reperire a KM0 il quantitativo di paglia necessario per la produzione annuale. Da un ettaro di terreno coltivato a cereali si possono ricavare circa 217 balle di piccola dimensione e calcolando che un pannello 3x3 m completamente tamponato necessita di (3x8) 24 balle, significa che da un ettaro si possono ricavare 9 pannelli. Per fare un esempio pratico, una casa di forma rettangolare composta da (6x3)18 pannelli misura 162 m2 e la paglia impiegata deriva dalla raccolta di una porzione di terreno pari a 2 ha per una stagione produttiva.
Nota 1 - Il D.M. 14 gennaio 2008 (NTC 2008), entrato in vigore il 1° luglio 2009, prevede al capo 11 che i materiali utilizzati per le parti strutturali delle nuove costruzioni siano certificati secondo parametri standard adottati dall’Unione europea. Si deduce pertanto che le balle di paglia non possono essere
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Figure 12, 13, 14. Immagini scattate durante varie fasi di un cantiere [Per gentile concessione della ditta Modcell®].
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materiale portante, almeno fino a quando un’azienda riuscirà ad imballare balle con caratteristiche standard e ad ottenere una certificazione.
Bibliografia La bibliografia sulle costruzioni in paglia è molto vasta e quella che segue è per farsi un’idea generale, non esiste ancora una vera e propria letteratura sul prefabbricato in paglia. Åman Per, Nordkvist Erik, 1983,“Chemical composition and in vitro degradability of botanical fractions of cereal straw”, in Swedish Journal of Agricultural Research n. 13 pp. 61-67. Buizza Michele, 2010, Sostenibile leggerezza, evoluzioni, progetti e tecnologie del costruire in paglia. Tesi di Laurea specialistica, relatori Prof. Emilio Faroldi, Prof. Paolo Elli, Politecnico di Milano, I Facoltà di Architettura e società. Cobbers Arnt, Jahn Oliver, 2010, Prefab houses, Taschen, 6671 Sunset Boulevard, Los Angeles, CA, USA. Corum Nathaniel, 2005, Building a straw bale house_ the red feather construction handbook, Princeton Architectural press, New York. Dethier Jean, 1982, Architetture di terra, Electa, Milano. Jones Barbara, 2009, Building with straw bales – a practical guide for the UK and Ireland, Green books, Foxhole
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Dartington (Totnes, Devon UK). Lacinski Paul, Bergeron Michel, 2000, Serious straw bale, Chelsea green pubblishing company, White river Junction – Vermont (Totnes, Devon UK). Mascarucci Maria, 2009,“Nuove case e nuove imprese” in
http://www.edilpaglia.it/ [associazione italiana di autoco-
L’università per il terremoto a cura di Maria Cristina Forlani,
struttori]
Alinea, Firenze, pp. 51-59.
http://www.pescomaggiore.org/ [villaggio E.V.A]
Swentzell Steen Athena, Steen Bill, Bainbridge David,‘94,
www.strawbuilding.org [una delle associazioni californiane
The straw bale houses, Chelsea green pubblishing company,
di autocostruttori]
White river Junction – Vermont (Totnes, Devon UK). Voung Linh, 2004,“Straw bale construction” in China: a comparision of obstacles as an energy efficient building alternative, University of Puget Sound, Washington [http://www.osbbc.ca/wordpress/wp-content/uploads/2009 /02/strawbale_construction_china.pdf ]
Sitografia [pannelli prefabbricati] www.modcell.com http://www.bath.ac.uk/features/balehaus/ www.atelierwernerschmidt.ch [Arch. Schmidt] www.baubiologie.at [database di costruzioni in paglia in Europa]
The straw bale pre-fabrication system Using the unused Straw, not to be confused with hay, is an inert material composed of stalks of various types of cereals. When harvested and/or packaged, it can fulfil several purposes outside the world of agriculture. Indeed, mankind has always used straw as a building material because its chemical, physical and morphological properties make its performance interesting from various points of view. The research had the goal of evaluating the fea-
sibility of a construction system that could become a stable part of the green building market. Do-it-yourself systems were therefore discarded in favour of pre-fabricated solutions able to guarantee a consistent standard of performance and the possibility of monitoring costs. Moreover, a further premise was to use discarded materials while minimising the steps required to process or manufacture the product. The study therefore focused on prefabricated wood panels that are filled in with small straw bales and subsequently whitewashed. This system is particularly well-suited to large scale construction because the load-bearing structure is laminated wood, which has achieved very good results in tests and fulfils the performance requirements of several countries, including Italy.
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FOCUS
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Sull’utilità dell’inutile. Evoluzione dei Garbage Warriors nei Paesi Bassi
Leonardo Belladelli Politecnico di Milano, Dipartimento BEST
Il futuro non è altro che l’obsoleto visto al contrario. V. Nabokov
Utilità dell’inutile: appunti sul riuso Wright muore nel 1959, Le Corbusier nel 1965, Mies e Gropius nel 1969. Cambia un’epoca, sta cambiando la storia, cambia l’economia; di lì a poco la crisi energetica e una nuova consapevolezza dei limiti dello sviluppo. L’avanguardia è rappresentata da nuovi progettisti come Buckminster Fuller, Frei Otto, Konrad Se consideriamo l’ambito dei rifiuti come Wachsmann, Bruce Goff, Paolo Soleri, Ralph Erskine e, a partire dai il nuovo”campo di battaglia” dell’economia movimenti politici e artistici (che esprimeranno poi tendenze architete dell’ecologia, possiamo notare che il panorama toniche), si sviluppano diversi poli di avanguardia critica dello status architettonico è popolato da una moltitudine quo orfano dei maestri del Movimento Moderno. In nord Europa e oltre Oceano si sviluppano nuove idee sulla limitatezza delle risorse a disposempre più numerosa di garbage warriors. sizione dell’uomo e sul loro uso, riuso, recupero, riciclo, riduzione. Se consideriamo l’ambito dei rifiuti come il nuovo “campo di battaglia” dell’economia e dell’ecologia, possiamo notare che il panorama architettonico è popolato da una moltitudine sempre più numerosa di garbage warriors (guerrieri dei rifiuti)1 che si sono sviluppati grazie alle teorie e alle pratiche di precursori (pionieri, per rimanere in metafora bellica) che fin dagli anni Cinquanta hanno percorso strade alternative rispetto allo sviluppo capitalistico classico. La riduzione degli sprechi inizialmente è stata considerata in maniera miope come solo principio di aumento del profitto. Invece, a partire dalla Germania del primo periodo post bellico mondiale, l’organizzazione più efficiente nell’impiego dei materiali e delle energie consentì un grande sviluppo che, anche dopo il disastro della seconda guerra mondiale, è stato mantenuto in Germania come un principio cardine:“Verwertung des Wertlosen”2 ovvero “l’utilità dell’inutile”. L’inutile è lo scarto, il rifiuto, la spazzatura, cioè qualsiasi cosa non degna di essere consumata o, dopo essere consumata, degna solo di essere abbandonata. La produzione di rifiuti è un istinto primario cui l’uomo non può sottrarsi: evitarne la produzione o nasconderne la presenza non è
Credits: Belladelli
Figura 1. Schema di posa e caratteristiche della World Bottle di Habraken. 1
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Credits: Belladelli
Figura 2. La parete “superstite” della sperimentazione WoBo assemblata all’Heineken Museum di Amsterdam.
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una soluzione. Una risposta, però, sta nel riuso di oggetti di scarto impiegandoli nella costruzione di nuovi oggetti, architetture, manufatti. Ma il rifiuto, diventato un problema con il consumismo che ci caratterizza, è strettamente legato alla società e ai luoghi in cui viene prodotto e assume un valore di merce che si propone sul mercato con un’ingente offerta ma con una scarsa domanda. Lo scenario che si delinea è la diminuzione graduale dell’offerta attraverso educazione, raccolta differenziata e il contemporaneo aumento della domanda, elaborando nuovi scenari di riuso, recupero e riciclo soprattutto in quello che è uno dei settori trainanti dell’economia mondiale: l’edilizia. In questo campo la questione del riciclaggio/recupero/riuso sta diventando sempre più sensibile in rapporto all’aumento dell’efficienza del sistema edificio-impianto, per cui ora l’energia incorporata nei materiali assume una notevole importanza dove prima, invece, rivestiva un ruolo marginale poiché le dispersioni di energia e le inefficienze ne depotenziavano l’effettivo valore percentuale. La prospettiva è che è probabile che le nostre discariche di rifiuti saranno le miniere del futuro per materie prime-seconde come carta, plastica, metalli e vetro, come ci ricorda Kevin Lynch nel suo Wasting Away (1990). Approfondiremo un caso europeo che è il particolare contesto dell’architettura eco-avanguardista nei Paesi Bassi. Ma quando pensiamo a costruzioni fatte coi rifiuti, le immagini che ci si presentano sono, generalmente, quelle degli insediamenti abusivi del Terzo Mondo costruiti con gli scarti. Esistono, infatti, pochi progetti documentati di riuso indiretto secondario come, per esempio, negli anni Trenta, i sacchi di farina stampati a colori perché potessero essere riusati per fabbricare vestiti. Cercheremo perciò di tracciare alcune linee di evoluzione nei progetti e negli studi sviluppati grazie allo sfruttamento di
risorse e materiali prima considerati di scarto. Per fare questo sarà necessario inquadrare chi siano stati i pionieri dei garbage warriors contemporanei.
Breve introduzione ai garbage warriors Il primo esempio pionieristico di riciclaggio di materiali, di cui approfondiremo i dettagli più avanti, venne elaborato nel 1957 da John Habraken industrializzando il design di una bottiglia di birra (WoBo, World Bottle) che, una volta esaurita la prima funzione contenitiva, potesse diventare un mattone. Nello stesso periodo il Manifesto di Amsterdam3 dei Situazionisti (1958) e Contro la durata illimitata4 di Peter Cook del gruppo Archigram (1963) ponevano nel dibattito culturale dei segnali contraddittori di sperimentazione sospesa tra il rispetto dell’uomo e della natura e la cieca fiducia nelle “magnifiche sorti e progressive”. Il détournement definitivo del rifiuto avvenne nel 1961 quando Piero Manzoni presentò per la prima volta in pubblico la sua opera Merda d’artista. Nello stesso periodo si sviluppa una nuova interdisciplina come l’Ecological Economics, che teorizza un diverso approccio alle risorse e al capitale naturale e umano ripensando la crescita, il riuso degli scarti di produzione e dei rifiuti, l’impronta ecologica. Negli Stati Uniti una risposta allo sfruttamento di massa e al consumismo, attraverso un’architettura vernacolare in grado di sfruttare le risorse naturali locali e di abbassare l’impatto ambientale delle costruzioni sfruttando scarti industriali come bottiglie e pneumatici, porta fin dagli anni Settanta ad alcune esperienze come l’Earthship Biotecture di Michael Reynolds e le sperimentazioni architettoniche con rifiuti elaborate all’Architectural Association e al Rensselaer Polytechnic Institute sotto la supervisione di Martin Pawley
(documentate dal suo testo Garbage Housing del 1975) e poi sviluppate fino ai giorni nostri nel lavoro di Rural Studio presso la Auburn University (sotto la guida di Samuel Mockbee). Nel 1979 Sim van der Ryn e Sterling Bunnell, dopo la crisi energetica del 1973, nel loro The Integral Urban House affermando che non è pensabile andare avanti come se nulla fosse successo, dichiarano che occorre guardare alla natura con un atteggiamento nuovo, fondato sul concetto di informazione, contribuendo a superare la logica del rifiuto per una consapevolezza costruttiva che si ponga l’obiettivo di rivedere e ottimizzare i flussi di informazioni fra natura ed architettura. Su queste basi si fonda la seconda rivoluzione sostenibile che negli ultimi anni sta proponendo nuovi modelli di riduzione, di riuso, di riciclaggio e di recupero delle risorse energetiche e materiche con spunti molto interessanti soprattutto dai Paesi Bassi. A partire dalla costruzione del primo esperimento di comunità autarchica da parte della fondazione De Kleine Aarde (Piccola Terra) nel 1972, nei Paesi Bassi si è sviluppata la costruzione di case sperimentali con materiali da costruzione recuperati dai rifiuti solidi urbani, di cantiere, di lavorazioni industriali, in linea coi suggerimenti di Victor Papanek (Design for the Real World: Human Ecology and Social Change, 1971). Il percorso dei rifiuti in architettura passa attraverso la ricerca dell’autosufficienza e dell’autocostruzione che in molti casi si è espressa in esperimenti isolati ma che negli ultimi anni, soprattutto grazie al gruppo olandese 2012 Architecten e al loro portale Superuse.org, si esprime in elaborazione di scenari complessi volti alla riorganizzazione delle risorse della città (Recyclicity); tale ricerca tenta di valorizzare il concetto di “edilizia regionale tipica”, riferita però non al riutilizzo nostalgico delle tradizioni edilizie locali, ma estendendone il concetto al riciclo degli scarti
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Figura 3. Assemblaggio dei prototipi WoBo. (Rielaborazione dell’Autore da Malli Saravanan, Smart Reuse of Glass Bottles, Delft, TU Delft Press, 2011, p. 12). Figura 4. Schemi di posa, soluzione d’angolo e prototipo WoBo House di Nordwijk.
Figura 5. Le 5 soglie temporali di sviluppo dell’Ecokathedraal: 1960-65, acquisto terreno e coltivazione con bosco esistente; 1965-70, costruzione del piccolo atelier di Le Roy (rosso), di una zona protetta e crescita del giardino spontaneo; 1970-80, nuova delimitazione di area con essenze
particolari (verde), nuova vegetazione sui confini, mucchi di mattoni dalla demolizioni del carcere di Heerenveen (linee rosse); 1980-90, accumulo di materiale lungo i sentieri e costruzione di elementi massicci (rosso); 1990-3000, aumento delle costruzioni e della vegetazione.
dell’Ecocattedrale (licenza Creative Commons).
(Rielaborazione da L. G. Le Roy, Ecokathedraal, Leeuwarden, Friese Pers Boekerij, 200, p. 72).
Figura 8. Alcune strutture create negli anni da L. G. Le Roy (licenza Creative Commons).
Figura 6. L.G. Le Roy al lavoro nell’Ecocattedrale (licenza Creative Commons). Figura 7. Scarico dei materiali nel cantiere permanente
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disponibili localmente, evitando gli sprechi dovuti ai trasporti. A partire dall’esperienza di Habraken e dalla never-ending architecture5 di Louis G. Le Roy arriveremo all’analisi delle sperimentazioni di 2012 Architecten che stanno originando ulteriori buone pratiche come OpMaat, Refunc, Onyx, Faro ed altri gruppi, per rimanere solo nei Paesi Bassi.
John Habraken: un’architettura in bottiglia (riciclata) Il primo esperimento industriale di riciclaggio si deve ad Alfred Frederick Heineken, proprietario dell’omonimo birrificio, che, dopo aver ereditato l’azienda nel 1951 e averla fatta crescere da piccola impresa locale di Amsterdam a marchio internazionale, si accorse nel 1957, durante un viaggio a Curaçao, nelle Antille Olandesi, che migliaia delle sue verdi bottiglie vuote venivano abbandonate sulle spiagge dagli abitanti. All’epoca il birraio aveva un solo sito di produzione in Olanda, per cui le bottiglie olandesi venivano per 30 volte riusate (lavate e ri-riempite di birra) ma quelle destina-
te all’esportazione avevano un ciclo di vita limitato a un solo uso, dopo il quale rappresentavano inevitabili rifiuti. La quantità di rifiuti accumulati dalla popolazione locale afro-caraibica era inversamente proporzionale alla mancanza di risorse per le costruzioni edili. Allora Heineken pensò di usare le bottiglie per risolvere i problemi residenziali di Curaçao e, ritornato nei Paesi Bassi, ricercò un progettista in grado di sviluppare nuove bottiglie da esportazione in grado di essere riciclate per costruire muri. Affidò il progetto a un giovane progettista di Delft, figlio del suo avvocato, John Habraken che, dopo i primi prototipi tondi con collo lungo di tipo tradizionale, studiò una bottiglia insolita a forma di parallelepipedo rettangolare, decisamente più tozza, ma in grado di subire minore pressione nella sovrapposizione e di essere posizionata orizzontalmente nelle diverse direzioni di posa. La nuova bottiglia-mattone venne battezzata WoBo, acronimo di World Bottle, perché la sua caratteristica era di essere una bottiglia destinata all’esportazione e universale nelle possibilità di uso. L’elevata resistenza a rottura, la discreta massa
termica e l’alto potere isolante, derivante dalla presenza d’aria all’interno delle bottiglie, facevano dell’uso delle WoBo un significativo tentativo di impiego di materia prima-seconda, non sottoposta a ulteriori processi di lavorazione e “the first mass production container ever designed from the outset for secondary use as a building component” (Garbage Housing, 1975), come scrisse Martin Pawley. Ogni WoBo era caratterizzata da due facce appiattite, da due facce leggermente incavate e dotate di protuberanze semisferiche (per favorire l’adesione della malta additivata con silicone) e da due facce, superiore ed inferiore, rispettivamente col collo della bottiglia e con l’incavo per consentire un incastro maschio/femmina. Due erano le dimensioni standard, da 350 ml e da 500 ml, che consentivano di combinare gli elementi per ottenere pareti con finestre e porte e di disporle per corsi sfalsati orizzontali. Nel 1963 vennero messe in produzione 60.000 bottiglie di cui 1.000 impiegate nella costruzione del primo prototipo di WoBo House nel parco della tenuta di Heineken a Noordwijk: tre metri quadrati di superficie, una finestra, una porta e una struttura lignea leggera di supporto alla copertura in lastre di lamiera corrugata (che nel progetto ottimizzato di Habraken potevano essere sostituite con i pallet delle confezioni di birra). Smantellata nel 2002, alla morte del suo finanziatore, la prima e unica WoBo House mai costruita rimane in alcune foto e in un muro ricostruito nell’Heineken Museum di Amsterdam. L’idea ritornò di attualità nel 1974 in seguito al cambio di Zeitgeist dovuto alla crisi petrolifera, al movimento hippy e alle nuove sfide socio-ecologiche. John Habraken e Rinus van den Berg ripresero l’idea iniziale e concepirono un WoBo Bureau6 come ampliamento del loro studio di Eindhoven, prevedendo solo materiali di recupero: le colonne portanti costituite da barili di
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olio vuoti, le pareti di WoBo e la copertura fatta con i tetti recuperati dai van Volkswagen. Rimane irrealizzato anch’esso ma si è rivelato una grande anticipazione delle ricerche contemporanee sulle materie prime-seconde e sul ciclo di vita dei prodotti industriali. Il progetto WoBo non ebbe il meritato successo per una serie di problemi di marketing e di design del progetto/prodotto. Infatti, i responsabili del marketing dell’azienda birraia osteggiarono sempre il progetto convinti del danneggiamento di immagine che la sua realizzazione avrebbe causato grazie all’associazione del marchio della famosa birra ai concetti di povertà e spazzatura; mentre, dal punto di vista tecnologico Habraken considera il maggior peso, e quindi la minor economicità sia di produzione sia di trasporto delle bottiglie, come il motivo per cui la produzione si fermò e l’idea venne abbandonata, oltre a essere autocritico sulla funzionalità di pareti su cui è impossibile piantare un chiodo. Nel frattempo i problemi di marketing degli anni Settanta sono diventati argomenti attuali di forte appeal grazie alla ritrovata consapevolezza ecologica e alla riduzione degli sprechi (figg. 1, 2, 3, 4).
nuto da un uomo. Kathedraal perché la costruzione di una cattedrale è un sistema che impiega grandi energie umane in vista di un organismo più complesso. Le Roy, per farlo, parte dal contesto e, dopo aver firmato un contratto col governo locale per far scaricare nella sua proprietà i materiali di demolizione dei cantieri della zona, inizia ad accumularli, processarli, selezionarli e assemblarli. Finora 2.500 camion hanno scaricato 25.000 tonnellate di rifiuti provenienti dai cantieri di ristrutturazione dei dintorni di Heerenveen, invece di smaltirli in discarica. Questo materiale include cordoli in pietra, mattoni, lastre di cemento, tubazioni fognarie, pozzetti mischiati con sabbia, terra ed erbacce. Il lavoro di Le Roy è un’edificazione di strutture assortite: muri, sentieri e torri che grazie alla loro ingegnosa costruzione fungono da filtro per le piogge acide, da percorsi nel bosco, da fondamenta di un nuovo ambiente di cui gli animali e la vegetazione spontanea si sono impossessati integrandoli nell’ecosistema, o meglio, nell’EcoKathedraal. Qui il progetto si sviluppa nel tempo e col tempo perché, secondo Le Roy, la grande complessità si raggiunge dopo un certo numero di generazioni e il significato profondo rimane nei processi creativi che lo hanno prodotto e nel modo in cui hanno coinvolto la comunità; come gli uomini del Medioevo non hanno mai visto la conclusione delle cattedrali, così i moderni devono assumere una prospettiva diversa: non più un decennio ma una generazione per vedere la conclusione dei lavori. Questo esperimento non è però un parco o un sistema ambientale di elementi naturali o artificiali pianificati preventivamente, bensì il punto iniziale di un processo. Non è per nulla disegnato, non ha uno stato ideale o un momento conclusivo, è in continuo cambiamento e completamento e non fa parte di una pianificazione predefinita. È quello che
Louis Guillaume Le Roy: l’ecocattedrale
Credits: Stichting Tijd
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Credits: Stichting Tijd
Credits: Stichting Tijd
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Un altro dei casi più interessanti e meno conosciuti di pionierismo nella ricerca dell’utilità nell’inutile (oltre che dell’arte ambientale e della progettazione partecipata) è Louis Guillaume Le Roy, un progettista olandese che, nelle vicinanze di Mildam in Frisia, ha iniziato circa 40 anni fa un esperimento unico nel panorama architettonico e paesaggistico europeo: l’EcoKathedraal. Non si tratta però della costruzione di una cattedrale nel senso convenzionale ma di una metafora di processi culturali. Eco perché il progetto è un sistema ecologico artificiale, in quanto concepito e mante-
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Credits: Belladelli
Figura 9. Il recupero dell’acciaio dallo smontaggio del telaio “Paternoster”.
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Piet Vollaard ha definito Time-Based Architecture, un’architettura basata sul tempo, cioè un processo continuo che non ha limite cronologico e che per assicurare la prosecuzione della sua evoluzione ha costretto Le Roy a organizzare una Fondazione7 (Stichting Tijd, Fondazione Tempo, appunto) per seguitare l’opera oltre la sua morte fino all’anno 3000. Come nel caso di Habraken, anche la particolarità e il pionierismo di idee e di pratiche di Le Roy hanno incontrato qualche critica pubblica che spesso l’ha considerato un Eulenspiegel (personaggio del folclore nordico per identificare chi “prende per i fondelli”). Egli, invece, intendeva promuovere una maggiore democrazia e un autogoverno delle politiche spaziali convincendo le persone della possibilità di essere responsabili del proprio ambiente e scrivendo nel 1973 Natuur inschakelen, natuur uitschakelen (Accendi la natura, Spegni la natura) in cui spiega il “wild gardening”; nel testo afferma i principi dell’ecologia e critica la pratica corrente del giardinaggio che consiste in prati tagliati perfettamente, tappeti di fiori rettangolari, boschetti ordinati e vecchi filari di alberi le cui linee perfette sono il prodotto della continua manutenzione. Le Roy mira a un paesaggio spaziale o una struttura urbana che, basandosi sulla mutua partecipazione tra uomini, piante e animali, può svilupparsi infinitamente nello spazio e nel tempo in un crescendo di forme naturali8. Nel deserto ecologico dominato dalle terre agricole coltivate a monocoltura, l’EcoKathedraal rappresenta un’isola. Felice (figg. 5, 6, 7, 8).
2012 Architecten: teoria e prassi del riuso La sintesi tra l’approccio eco-funzionale di Habraken e l’approccio eco-cronologico di Le Roy è rappresentata da gruppi di progettisti
olandesi che credono nell’utilità dell’inutile. Tra questi un collettivo di architetti, in particolare, 2012 Architecten, ha saputo esplorare prima teoricamente e poi praticamente nel design e nell’architettura il recupero e il riuso dei materiali primi-secondi. La loro ricerca ha la caratteristica di essere declinata in tre diversi ambiti attraverso il prefisso comune “Re”(Recycling, Reusing) declinato in Research, Re-design e Re-build. Nell’ambito della ricerca (Re-search) il progetto Recyclicity è uno dei passi fondamentali, perché ha costituito la base di conoscenza che si è tradotta nei progetti di design ed architettura seguenti. È la sintesi di diversi approcci di trasformazione come il movimento delle transition towns, la permacoltura, l’agricoltura urbana, l’ecologia industriale e il riciclaggio infinito dei rifiuti (cradle to cradle e superuse)9. È una strategia di pianificazione integrata dello spazio disponibile nelle aree urbane in cui gli ambiti degli habitat naturali, dell’agricoltura, della residenza e dell’industria non siano più in conflitto tra loro ma siano in grado di rafforzarsi a vicenda. 2012 Architecten analizzano un sistema nei suoi flussi di energia, risorse, scarti e poi elaborano nuovi schemi metabolici di sviluppo della città in grado di chiudere i cicli di materia e di energia a livello locale e regionale integrando e intrecciando i flussi. A questo studio si affianca la costituzione e l’organizzazione dal basso di una grande comunità eterogenea di progettisti e artisti interessati al riciclaggio in tutte le sue forme, organizzandola intorno al portale Superuse.org. Nell’ambito del design (Re-design) hanno elaborato molti progetti, tra cui: Duchi, un negozio di scarpe Duchi a Scheveningen costruito completamente con materiali riciclati come il legno di scarto per gli arredi e il vetro dei parabrezza delle auto demolite per le mensole; Miele Space Station (MSS), un modulo abitativo poi
riadattato a bar, cucina, installazione costruito esclusivamente con componenti di lavatrici buttate; Wikado, un parco giochi per bambini riutilizzando i giganteschi rotori di una turbina eolica; Recyclop, una parete temporanea costruita con i lavandini industriali in acciaio inox; e come l’ideazione di prototipi costruiti col riuso delle cinture di sicurezza e delle poltrone degli aerei, sedie di un deposito, dei pavimenti di una fabbrica, delle finestre di un edificio, delle bobine industriali, dei tubi di plastica. Nell’ambito dell’architettura (Rebuild) il lungo studio Recyclicity e le sperimentazione a piccola scala hanno orientato il gruppo verso il progetto manifesto di Villa Welpeloo a Enschede10. Si tratta di un edificio residenziale costruito con scarti, non per necessità o per indigenza, come spesso capita nel mondo, ma per scelta di sostenibilità consapevole dei progettisti e dei committenti. Un progetto che è una realtà amara negli slums africani o nelle favelas metropolitane ma che sarebbe difficile trovare in un quartiere residenziale di nuova edificazione in una nazione densamente abitata e sviluppata come i Paesi Bassi. Invece 2012 Architecten hanno cercato rifiuti nelle aree limitrofe al cantiere, riducendo i consumi di anidride carbonica per il trasporto dei materiali, e hanno elaborato un inventario e una mappa (harvest map) dei flussi materiali ed energetici presenti a Enschede (recuperando la ricerca di Recyclicity). Sono riusciti così a impiegare il 60% di materiali riciclati, tuttavia sono stati costretti a usare materiali nuovi per viti e bulloni, cartongessi, finestre, impianti tecnici, fondazioni e solaio controterra. Per il resto tutto l’edificio e l’arredo interno è frutto di raccolta e rimontaggio di materiale di recupero: la struttura in acciaio deriva dalla dismissione di un telaio industriale d’acciaio; le travi di legno da cantieri nelle vicinanze; l’isolamento dalla demolizione di un
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Credits: Belladelli
Figura 10. Il recupero del legno nel progetto di Villa Welpeloo: dalle bobine dismesse al riuso previo trattamento PLATO, un trattamento idrotermolitico del legno per aumentarne la durabilità.
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vicino centro commerciale ; il rivestimento esterno in legno dallo smontaggio e dal ritrattamento del legno di 600 bobine industriali per cavi elettrici; il montacarichi da una piattaforma elevatrice mobile a forbice lasciata all’interno della struttura. In questo modo la facciata e la struttura riducono rispettivamente del 95% e dell’80% le emissioni di CO2 rispetto a un’analoga facciata e struttura costruite ex novo. Prima con la teoria e poi con la prassi cercano di documentare il nuovo approccio Re-, dimostrando un discreto risparmio economico (per la committenza) e un considerevole risparmio energetico (non solo per la committenza) e inaugurando una tendenza progettuale che ribalta completamente l’usuale approccio del “prima la casa e poi i materiali” con un nuovo “prima i materiali e poi la casa”. Meglio ancora se materiali riciclati localmente e assemblati così bene da non sembrare riciclati (figg. 9, 10).
l’uomo applicato a contesti dinamici complessi senza fissa-
architecture by shortcutting material flows, Rotterdam, 010
zione di limiti temporali e spaziali con la sola differenza che
Publishers, 2007.
Constant si è applicato a strutture spaziali artificiali, mentre
2012 Architecten,“Recyclicity - Industrial Ecology Applied” in
Le Roy si è applicato a quelle naturali. È stato autore di pro-
Urban Environment, Rotterdam, 2009.
getti paesaggistici, urbanistici, architettonici tra Austria, Germania, Svizzera, Belgio e Francia, alcuni dei quali in collaborazione con Lucien Kroll, manifestando un approccio bottom-up sia coinvolgendo la cittadinanza sia abbandonando lo sviluppo su larga scala che non considera i principi ecologici o i processi naturali ed esclude gli abitanti dalle decisioni sul futuro delle città. 9 - Cradle to cradle è un approccio progettuale, un libro, un tipo di certificazione sviluppato dalla McDonough Braungart Design Chemistry (MBDC), per fornire consulenza alle aziende sulla loro metodologia di progettazione e sui nuovi standard di certificazione che vanno oltre gli standard attuali delle industrie ( www.mcdonough.com, www.c2ccertified.org). Superuse invece è il portale “where recycling meets design”, come recita l’intestazione, ideato e gestito da 2012 Architecten per costruire una piattaforma condivisa di idee sul riciclaggio dei materiali in opere di design e architettoniche (www.superuse.org). 10 - Il progetto è stato pubblicato, tra le altre, sulle riviste Detail (n. 12/2010, p. 1314-1318) e Mark (n. 24/2010, p. 146157).
Note 1 - Il termine deriva dal titolo del film-documentario diretto
Bibliografia
da Oliver Hodge e dedicato all’eco-architetto Michael
K. Lynch, Wasting Away, San Francisco, Sierra Club Books,
Reynolds dal titolo The Garbage Warrior (2007);
1990.
www.garbagewarrior.com, www.eartship.net.
M. Pawley, Building for Tomorrow, San Francisco, Sierra Club
2 - L’espressione deriva dal titolo del testo omonimo
Books, 1982.
Verwertung des Wertlosen di Claus Ungewitter pubblicato nel
M. Pawley, Garbage Housing, Sussex, The Architectural Press
1938 da Limpert a Berlino.
Ltd., 1975.
3 - N. Constant, G. Debord,“The Amsterdam Declaration”, in
V. Papanek, Design for the Real World: Human Ecology and
International Situationiste n. 2, 1958.
Social Change, New York, Pantheon Books, 1971.
4 - Editoriale di Archigram, n. 3, 1963.
J. Habraken, Supports - An Alternative to Mass Housing,
5 - Alastair et al.,“Medium: Edilizia temporanea”, Domus 554,
London, The Architectural Press, 1972.
1976, p. 20. (www.habraken.com).
J. Habraken, The Structure of the Ordinary : Form and Control
6 - Definizione estratta dal capitolo dedicato all’ecocattedra-
in the Built Environment, Cambridge, The MIT Press, 1998.
le nel testo E. van Hinte, M. Heelen, J. Vink e P. Vollaard, intito-
W. McDonough, M. Braungart, Cradle to Cradle. Remaking the
lato Smart Architecture, 010Publishers, Rotterdam, 2003, p.18.
way we make things, North Point Press, 2002.
7 - www.stichtingtijd.nl, www.ecokathedraal.nl.
J. Woudstra, From Counter to Eco-Cathedral, The Continuing
8 - La sua critica è basata sull’Evolution Créatrice di Henri
Legacy of L.G. Le Roy, Dutch Crossing, n. 27:2, 2003.
Bergson, sul criticismo sociale di Guy Debord (La société du
L. G. Le Roy, Natuur inschakelen, natuur uitschakelen,
spectacle) e sugli spunti dell’Internazionale Situazionista.“La
Deventer, Ankh-Hermes, 1973.
vita non può evolvere senza l’uso libero dello spazio fisico”
L. G. Le Roy, Nature Culture Fusion-Natuur Cultuur Fusie,
affermava l’ideatore dell’Ecocattedrale che, come Constant
Rotterdam, Nai Uitgevers, 2002.
Nieuwenhuys, credeva nel potenziale creativo illimitato del-
E. van Hinte, J. Jongert, C. Peeren, Superuse - Constructing new
Usefulness of the useless Evolution of “Garbage Warriors” in the Netherlands If we consider the scope of waste as the new battlefield of the economy and ecology, we can see the architectural landscape populated by a multitude of increasingly large “garbage warriors”. The reduction of waste was initially considered as only myopically principle of increasing the profit. We consider both terms of a typical and cardinal principle of the German industry after IIWW “Verwertung des Wertlosen” or “the usefulness of the useless”. The useless is the difference, the rejection, the garbage, anything that is not worthy of being consumed or, after being consumed, worthy only to be abandoned. The waste is a primary instinct which man cannot escape: avoid the production or conceal the presence is not a solution. An answer, however, lies in the reuse of discarded objects used in the construction of new objects, buildings and artifacts. The usefulness is the issue of recycling / recovery / reuse and it is becoming increasingly sensitive with increasing the efficiency of the buildingplant system. The perspective is that it is likely that our landfills are the mines of the future for second hand raw materials such as paper, plastic, metal and glass. The investigation is a study in detail of a case which is the particular context of the European eco-avantgarde architecture in the Netherlands. Three different examples guide us in deepening this eco-conscious attitude: the World Bottle (WOBO) of John Habraken, the Ecokathedraal in Mildam of Louis Guillaume Le Roy and the research and the projects of 2012 Architecten.
FOCUS
50 _ ilProgettoSostenibile 30
Dall’architettura al navale e ritorno
Massimo Rossetti Valeria Tatano Università Iuav di Venezia
Le moderne navi da crociera vengono sovente paragonate a grattacieli orizzontali, utilizzando una metafora che non rievoca solo le dimensioni dei due oggetti, ma che sottolinea la complessità funzionale e tecnica di entrambi. Pur essendo assai diverse le situazioni complessive di un sistema in movimento da uno immobile, il settore edile e quello navale hanno sempre avuto rapporti di scambio vicendevole, acquisendo uno dall’altro esperienze e know how che nel passaggio dal navale all’edilizia, o viceversa, hanno consentito di sfruttare le esperienze acquisite in un campo per riversarle sull’altro, spesso senza neppure doverle modificare. Uno tra i primi esempi di tecniche nate per il settore navale e utilizzate nell’edilizia è costituito dai velaria Settore edile e settore navale, pur presentando dei teatri romani, archetipo delle strutture tensili moderne. Le grandi peculiarità differenti, rappresentano due mondi coperture, che a partire dal I secolo d. C. venivano stese sugli spettatori, che nel tempo si sono scambiati tecnologie perché nei mesi estivi potessero assistere riparati dal sole agli spettacoe soluzioni tecniche, soprattutto per quello li di teatri, anfiteatri o circhi, erano la derivazione diretta delle vele delle navi, sia nel materiale impiegato (tessuti di cotone o lino) che nel sisteche riguarda l’involucro interno ed esterno. ma di funzionamento, a tal punto che i marinai erano spesso chiamati a manovrarle. Simbolico oltre che tecnico il rimando che la soluzione delle coperture a carena di nave fa alle imbarcazioni lignee, richiamando la vita marinara nella forma a scafo rovesciato, come testimoniano molti esempi di chiese veneziane, tra cui quella di San Giacomo dell’Orio o di Santo Stefano, eseguite con tecniche navali che provenivano dal vicino Arsenale.
Figura 1. La Costa Favolosa in fase di ultimazione presso i cantieri Fincantieri di Porto Marghera (aprile 2011). La costruzione di ogni nave impegna complessivamente circa 3.000 addetti, indotto compreso. 1
Focus _ 51
Gli esempi storici costituiscono un interessante sfondo di riferimento rispetto alla realtà attuale che anche grazie al rinnovato interesse per il settore crocieristico ha visto negli ultimi decenni una crescita esponenziale e continua degli investimenti nel comparto navale. In un articolo apparso sulla rivista Modulo esattamente venti anni fa l’autore, Giuliano Simonelli, si chiedeva “I due comparti sono sicuramente oggi su una linea di confine ed è ipotizzabile tra loro una qualche osmosi che veda il travaso di tecnologie e sistemi dall’uno all’altro. Possono entrambi trarne giovamento? Ed ancora qual è la direzione prevalente di tale interscambio?”1 Questo saggio vorrebbe tentare di dare una risposta a quell’interrogativo, definendo alcune delle piste che oggi sono più attive e tratteggiando possibili prospettive future.
Come sono cambiate le navi Se andiamo indietro nel mondo della cantieristica navale anche solo di poche decine di anni, usando come data di riferimento la costruzione dei due supertransatlantici italiani Michelangelo e Raffaello che servirono la rotta nord atlantica Genova-New York dal 1965 al 1975, è possibile costruire un quadro generale dei più recenti cambiamenti avvenuti. I sistemi di controllo della sala macchine erano ad esempio i più avanzati negli anni ‘60 e, come le navi da guerra, sia la Michelangelo che la Raffaello avevano due sale macchine indipendenti, una per ogni elica in modo che se una sala avesse subito dei danni, l’altra rimaneva in grado di spingere autonomamente la nave con una sola elica. I saloni erano arredati con quadri e sculture di famosi artisti contemporanei e il loro arredamento era affidato ai migliori architetti italiani, seguendo una tradizione già avviata negli anni
‘30, quando a decorare le pareti dei saloni da ballo erano artisti quali Gio Ponti, Gino Severini e Massimo Campigli che contribuirono a determinare la bellezza del Conte di Savoia, ad esempio, nave passeggeri entrata in servizio nel 1932. A determinare un cambiamento importante nelle finiture interne arrivano nel secondo dopoguerra i nuovi materiali come le plastiche, le leghe metalliche e il cristallo temperato che affiancati a quelli già in uso, in primis il linoleum, rivoluzioneranno con la loro leggerezza e adattabilità le finiture interne. Scrive proprio Gio Ponti nel 1951 sulle pagine di Domus che l’alluminio “corrisponde ad una materia bellissima, leggera che non vuole manutenzione: una materia navale”. Il “massiccio” è invece fittizio, non attuale, tanto che bisogna tendere al placcato e all’impiallacciato, perché “la tecnica e la dimensione oggi non vogliono dire massiccio, ma paniforte, compensato incollaggio, armatura vuota; e l’onore è la leggerezza. Assurdo voler fingere il peso (…). Tutto va dal pesante al leggero, dal grosso al sottile, dall’opaco al trasparente, dallo scuro al chiaro, dall’incolore al colorato, dal frammentario all’unità, dal complicato al lineare”2. Altra peculiarità delle navi di quel periodo era la convinzione che esse dovessero rappresentare i più alti valori artistici dell’Italia proposti alla visione del mondo: l’Italia degli artisti, dell’artigianato, della storia, atteggiamento culturale molto diverso dalle tendenze attuali. Tutto questo mondo di esperienze e di cambiamenti subisce una tappa d’arresto con il secondo conflitto mondiale per riprendere lentamente alla sua conclusione, anche se la vera esplosione delle nuovi navi da crociera si avrà negli anni ‘80, negli Stati Uniti prima e in Europa in rapida successione. Oggi il settore della cantieristica navale si presenta solido e maturo, attraversato dai venti di
crisi dell’economia mondiale, ma sempre molto attivo3.
Il trasferimento tecnologico In ambito navale ed edile si parla sovente di involucro edilizio, ma tale definizione necessita di una delimitazione, allo scopo di individuare il campo di analisi e nello stesso tempo di individuare le traiettorie lungo le quali si muove l’innovazione. Innanzitutto è necessario distinguere tra involucro esterno, inteso come elemento di separazione tra interno ed esterno, e involucro interno, inteso come “ambiente confinato in ambiente confinato”. Si definisce in questo modo un ambito ampliato, nel quale anche elementi appartenenti al mondo degli interni trovano il loro senso di appartenenza, rispetto alla consuetudine che si rivolge quasi esclusivamente agli involucri esterni. In secondo luogo, si vogliono individuare quei percorsi dell’innovazione che, al momento, sembrano i più promettenti in termini di risultati. In tale ambito, il trasferimento di tecnologie verso il mondo dell’edilizia è una delle modalità con cui più spesso un’innovazione diventa parte del processo di costruzione dell’architettura. Affinché un trasferimento possa dirsi realmente tale, è però necessario che una tecnologia nata in altri settori industriali sfoci in un’applicazione di uso corrente senza eccessive “acrobazie” tecniche ed economiche. In altre parole, un singolo episodio di adattamento di tecnologie “di frontiera” in qualche architettura avveniristica non è trasferimento tecnologico; lo è quando un’innovazione nata in un altro comparto industriale “migra” e diventa parte integrante del settore delle costruzioni. Ciò a cui si fa riferimento è quindi l’insieme di sistemi, materiali e prodotti che negli ultimi anni si sono spostati da un settore all’altro, letti attraverso alcune tendenze prevalenti. Lo sfon-
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Figura 2. La nuova Costa Fascinosa in costruzione con una parte dello scafo di poppa già assemblata e saldata e i primi blocchi cabine e servizi collocati in attesa di essere montati. La nave sarà pronta nel 2012. Figura 3. La rete degli impianti in una nave ne costituisce il sistema
circolatorio pulsante, ma lo spazio che occupano è rilevante. Per questo l’ingresso degli impianti antincendio ad acqua nebulizzata ha consentito di ridurre lo spessore delle tubazioni rispetto ai tradizionali Sprinkler e decretato il successo anche in edilizia.
3
do è costituito da un settore produttivo, quello navale, che ha assorbito in passato metodi e sistemi dell’industria delle costruzioni, modificandoli, affinandoli e restituendoli migliorati soprattutto in alcune caratteristiche come la velocità e la modalità di montaggio o la diminuzione di spessori e pesi dei materiali, in sintesi un nuovo concetto di standardizzazione e prefabbricazione, in linea con i concetti di sostenibilità, che trasforma i limiti della prefabbricazione pesante esplosa negli anni della ricostruzione bellica.
Industrializzazione e artigianato Uno sguardo ai numeri che interessano da un lato le fasi di progettazione e costruzione e dall’altro il periodo di vita utile di un’imbarcazione può essere un approccio significativo per capire quanto i metodi di produzione
2
industriale siano importanti per la costruzione di una nave da crociera. Lontanissime dalle imbarcazioni assemblate dai “maestri d’ascia”, le navi da crociera basano la quasi totalità della loro costruzione sui metodi di industrializzazione e di prefabbricazione, associando nello stesso momento tecniche provenienti dalla carpenteria pesante con tecniche di produzione tipiche della componentistica industriale. Così come un edificio può essere schematizzato nell’assemblaggio delle sue parti strutturali (fondazioni e strutture di elevazione), con la componentistica di completamento (finiture, ma anche serramenti, allestimenti, arredi ecc.) e con gli impianti (sanitari, riscaldamento, impianti elettrici ecc.), così la costruzione di un’imbarcazione prevede dapprima la realizzazione dello scafo, basata essenzialmente sull’assemblaggio delle parti mediante saldatura, e quindi il montaggio della componen-
tistica finalizzata alla realizzazione dell’involucro interno, composto da controsoffitti, pareti e pavimenti. Avendo come riferimento i numeri visti in precedenza (cfr. nota 3), è evidente la necessità di un processo di produzione industriale come condizione necessaria per la fattibilità del progetto. A tale industrializzazione segue comunque un’attività di “aggiustamento” in fase di posa in opera, ad esempio tra le varie componenti degli allestimenti, in quanto la natura stessa degli interni di una nave, proprio a causa delle tecniche di costruzione della carpenteria pesante, costringe spesso ad adattamenti tra le componenti in fase di assemblaggio. Lo scenario è quindi quello di un processo nel quale tecniche di carpenteria pesante, di industrializzazione e artigianali si integrano per la produzione del manufatto finale. Indipendentemente dalla tecnica utilizzata, anche nella realizzazione delle imbarcazioni da crociera la “traiettoria” è quella di una ricerca di un miglioramento nelle caratteristiche della componentistica, in particolare per quello che riguarda il peso, la reversibilità, la flessibilità. Il contenimento dei pesi e degli spessori è, ad esempio, uno degli aspetti principali in fase di progettazione di un’imbarcazione, oggetto di intensa contrattazione. Una progettazione attenta agli aspetti di leggerezza dei componenti potrebbe, anche se in misura contenuta, contribuire a migliorare il contenimento dei consumi di un’imbarcazione. Un esempio relativo alla riduzione degli spessori, e di conseguenza degli ingombri richiesti, è l’arrivo sulle navi passeggeri, da circa 15 anni, degli impianti di protezione antincendio ad acqua nebulizzata (tipo Hi-fog o Water mist) al posto dei tradizionali impianti Sprinkler (fig. 3). L’innovazione portata da questi sistemi è legata all’utilizzo di acqua nebulizzata al posto dell’acqua normale, con una riduzione fino al 90% della quantità necessaria e con la conseguente
Focus _ 53
Alcuni esempi di materiali impiegati sulle navi per la loro leggerezza e presenti anche in edilizia. Figura 4a. Muretti di divisione presenti in una sala ristorante. Quello da completare rileva il sistema costruttivo a secco.
diminuzione del diametro delle tubazioni. L’acqua nebulizzata ad alta pressione si diffonde nell’ambiente sotto forma di nebbia con gocce finissime che attivano uno scambio termico tra l’ambiente e la nebbia, creando vapore acqueo e abbassando la temperatura dell’ambiente. La difesa è maggiore perché si riescono ad abbattere anche i fumi contenendo gli spessori ed eliminando i sistemi di ripompaggio dell’acqua alle quote intermedie.
Costruzione a secco Le traiettorie delle tecniche costruttive verso un’edilizia sostenibile si incrociano sempre più spesso con quelle della costruzione a secco, estesa alle componenti di finitura, tamponamento e completamento degli organismi edilizi ma anche a quelle strettamente strutturali4. Quello che però in edilizia appare ancora come un metodo a carattere episodico, nel settore navale costituisce la prassi impiegata per gli allestimenti interni. Sullo scheletro in acciaio, lo scafo, si innestano una serie di pezzi che costituiscono singole unità mediante assemblaggi a secco (fig. 2). Le tecniche di prefabbricazione vengono utilizzate in fase di progettazione e costruzione, per lo scafo, così come per le cellule/cabine e la componentistica degli interni e degli esterni, il tutto in funzione di una tempistica fortemente vincolante. Questa scelta ormai diffusa ha un’articolata serie di motivazioni, tra le quali: - la necessità di garantire nel tempo la possibilità di integrazioni e sostituzioni dei componenti utilizzati, requisito che con tecniche a umido sarebbe ovviamente impossibile; - la necessità di ridurre il più possibile i pesi portati dall’imbarcazione; una riduzione di peso, infatti, a livello di singolo componente, se moltiplicata per tutta la componentistica
Figura 4b. Pannelli finto legno realizzati con una struttura alveolare in alluminio rivestita da una lamina decorativa. Figura 4c. Pannelli decorativi in alluminio stampati e colorati per ottenere l’effetto pietra con spessori e pesi ridotti.
determina un considerevole contenimento dei carichi5; - la possibilità di intervenire, nel tempo, con operazioni di ri-adattamento funzionale degli interni, ad esempio nel caso dell’introduzione di nuove destinazioni d’uso o di nuovi servizi per i passeggeri; - la facilitazione delle operazioni di “refitting”, quindi di riqualificazione di una imbarcazione che abbia raggiunto una certa anzianità di servizio e che possa essere riadattata intervenendo ad esempio sul layout interno o sull’aspetto complessivo. È importante considerare, inoltre, che mentre in un edificio la possibilità di intervenire sulla componentistica è possibile in ogni momento, in una nave tali interventi possono essere eseguiti solo in ristrette finestre temporali: un caso classico è quello del periodo di approdo,
quando la nave è vuota dai passeggeri, durante il quale è necessario che le operazioni sia non solo il più possibile coordinate, ma anche velocizzate. In tale scenario, i materiali impiegati vanno dai pannelli sandwich con particolari caratteristiche di resistenza superficiale e di qualità nella finitura, ai laminati, ai metalli leggeri come l’alluminio. Si incontrano, in particolare, soluzioni di rivestimento, ad esempio nel caso delle strutture di elevazione, con trattamenti di finitura che riproducono materiali o motivi grafici (fig. 4). Leggerezza, prestazioni elevate con spessori e pesi contenuti, sostenibilità ed elevata resistenza al fuoco: queste le caratteristiche che i materiali devono possedere, non facili da trovare nelle normali lastre di marmo, o nei legni per parquet. L’innovazione ha consentito di arrivare a prodotti che, coniugando questi ele-
4b
4a
4c
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Figura 5. Una vista di un sistema di balconies in costruzione, con gli elementi di separazione aperti che consentono una vista d’insieme inconsueta. L’apertura degli elementi separatori viene predisposta per consentire in caso di necessità l’accesso veloce alle cabine esterne da parte delle squadre di soccorso.
Figura 6. Cartellonistica di sicurezza ricorrente ai vari piani di una nave in costruzione. Tra le indicazioni l’obbligo di mantenere pulito e ordinato il proprio posto di lavoro ci ricorda la complessità di far coesistere manualità e competenze diverse in spazi ristretti e con tempistiche molto precise. Un’organizzazione che potrebbe costituire
un esempio positivo anche nella crocieristica per il cantiere edile. contemporanea, come l’aumento delle camere dotate di balcony, Tabella 1. Tabella quindi di una apertura riassuntiva delle vivibile verso l’esterno caratteristiche principali e, viceversa, delle navi della flotta dell’eliminazione Costa attualmente della suite sprovvista in navigazione. di tale spazio. Rielaborazione da dati Interessante sottolineare CLIA, Cruise Lines International Association. anche i tempi di obsolescenza delle navi: La tabella consente una media di 9 anni di confrontare alcune e mezzo. tendenze in atto
5
Refitting e refurbishing navale Le navi passeggeri presentano un’obsolescenza piuttosto rapida legata a tre fattori prevalenti: la veloce deperibilità di ambienti, spazi e arredi che sono sottoposti a intensa usura, la necessità di adattarsi alle modifiche e alle trasformazioni che il mercato turistico impone, ma anche agli standard in termini di comfort e sicurezza, in modo che navi anche da tempo in esercizio garantiscano gli stessi livelli di qualità e comfort di quelle di nuova generazione. In tal senso i termini tecnici che vengono di norma impiegati sono due: refitting e refurbishing navale. Il refitting definisce le operazioni di rinnovamento di una nave, che superano la semplice manutenzione per rivalutare e rimodernizzare in tutto o in parte l’imbarcazione. Un intervento di refitting può avere come scopo l’adeguamento funzionale o estetico della nave, o un aumento dei livelli prestazionali. In alcuni casi le navi vengono risistemate o riadattate attraverso vere e proprie operazioni di “upgrade”. Tra le operazioni di refitting più consuete negli ultimi anni vi è la predisposizione delle balcony per le cabine esterne, ormai divenuto un elemento in grado di migliorare sensibilmente la vita dei passeggeri, prolungando lo spazio delle cabine direttamente sul mare. L’attività di refitting deve essere condotta con tempistiche molto ristrette, in modo da consentire alla nave di riprendere il mare, obiettivo che si raggiunge se il cantiere interessato presenta elevata capacità organizzativa e velocità di esecuzione. Con il termine refurbishing si intendono interventi specifici che possono consistere nel modificare gli arredi e trasformare intere zone anche nella loro organizzazione distributiva, migliorando i dettagli e le finiture che hanno necessità di essere rimesse a nuovo o di essere completamente trasformate e rinnovate. 6
menti, sono dotati di elevata stabilità ma anche di leggerezza e di spessori contenuti. Le lastre di marmo diventano così sottili lamine di pochi millimetri accoppiate a uno strato di honeycomb in alluminio; le essenze di legno nobile, ridotte a pochi decimi di millimetro, prendono il posto della tradizionale stampa decorativa nella produzione dei pannelli di HPL, abbinando le qualità formali del legno alle performance del laminato plastico. Certo il risultato può essere in alcuni casi straniante, ma lo stile di gran parte delle navi da crociera attuali pare aver dimenticato non solo l’enfasi patriottica per l’arte italiana di Gio Ponti, ma anche i più recenti approcci di Guido Canali o Renzo Piano6.
Costruire in ambienti aggressivi Il dialogo tecnologico che intercorre tra i setto-
ri edile e navale vede in alcuni casi significative migrazioni di soluzioni che, opportunamente adattate, riescono a fornire una risposta a esigenze altrimenti non soddisfatte. È il caso delle costruzioni in prossimità della costa, dove l’ambiente aggressivo mette a dura prova i materiali e prodotti di normale utilizzo in ambito edile. La presenza di agenti atmosferici come la nebbia salina comporta la necessità di proteggere i materiali in maniera maggiore rispetto a una “tradizionale” applicazione edile; un trattamento abituale è ad esempio quello della separazione dei materiali, in particolare acciaio e alluminio, per evitare il fenomeno della corrosione galvanica, mediante interposizione di pellicole quali nylon, resina acetalica o PVC, trattamenti che sono stati utilizzati ad esempio per la realizzazione della Torre Merville a Jesolo, in provincia di Venezia, opera dell’architetto portoghese Gonçalo Byrne, ispi-
randosi proprio alle scelte condotte per le navi. È evidente che l’applicazione di tecnologie di questo tipo, a fronte di una maggiore spesa iniziale, permette di abbattere notevolmente i costi di manutenzione nel corso del periodo di vita utile dell’edificio. Altri esempi di sistemi adattati dal mondo navale a quello edile sono i serramenti pensati per resistere ai venti degli uragani, situazione possibile e perfino probabile in caso di navigazione in alcune aree del pianeta, e adattati per l’utilizzo come chiusura in edifici realizzati col metodo struttura/rivestimento costruiti in ambienti tropicali. Ma il “flusso” di tecnologie non procede solo dal navale all’edile, ed è possibile trovare esempi di sistemi che, nati nell’edile, sono stati adattati al settore navale. Un esempio sono i sistemi di chiusura: se, infatti, il tradizionale infisso di un’imbarcazione altro non è che il
Focus _ 55
Anno Anno di Tonnellaggio di costruzione refurbishing Costa Marina Costa Classica Costa Allegra Costa Romantica Costa Victoria Costa Atlantica Costa Fortuna Costa Mediterranea Costa Magica Costa Concordia Costa Serena Costa Luminosa Costa Pacifica Costa Deliziosa
1990 1991 1992 1993 1996 2000 2003 2003 2004 2006 2007 2009 2009 2010
2002 2005 2005 2003 2004 -
tamponamento di una “mastra” (cioè il foro nella parete in acciaio) è anche vero che in altre zone della nave, come le aree pubbliche, trovano più spazio sistemi di chiusura e rivestimento che provengono dal settore edile. Nel caso delle aree adibite a giardino d’inverno, o le aree solarium, è necessario un sistema di chiusura ad alta trasparenza, quali solo i sistemi appartenenti al settore dell’edilizia possiedono. Con maggiore facilità rispetto ai “canonici” serramenti per cabine, che invece rispondono solo ai requisiti base di tenuta, i sistemi di chiusura a maggiore percentuale di vetrazione possono presentare anche soluzioni di schermatura applicate alle lastre, in grado di garantire sia un maggior livello di comfort agli utenti, sia di ridurre i consumi, anche se tale riduzione risulta, rispetto alla totalità dei consumi di un’imbarcazione, una percentuale minima.
Passeggeri
Camere totali
1072 1680 1000 1697 2394 2680 3470 2680 3470 3780 3780 2826 3763 2828
383 654 399 678 964 1057 1360 1057 1358 1500 1500 1130 1504 1130
25.558 53.000 28.597 53.049 75.166 85.619 102.587 85.619 102.587 114.500 114.500 92.600 114.500 92.700
Suite Suite Oceanview Oceanview Camere no balcony with balcony no balcony with balcony interne 8 3 24 16 -
pio delle recenti navi gemelle Oasis of the Seas e Allure of the Seas, della compagnia Royal Caribbean, le più grandi navi da crociera finora costruite, che hanno introdotto un nuovo paradigma nell’allestimento generale, grazie a un ampio spazio centrale, aperto verso la poppa e perimetrato da balconies interne che creano l’ambiente caratteristico di una piazza o di un grande giardino. Navi che non trovano al momento molti porti disponibili a ospitarle e che rassomigliano alle città galleggianti che alcuni architetti stanno immaginando come soluzione a possibili stravolgimenti naturali, come Lilypad di Vincent Callebaut, una ecopolis per rifugiati climatici, che ci conferma quanto i due mondi, navale e architettonico, abbiano in comune.
Note
Infine, una nota sulla sperimentazione tecnica e progettuale più recente, che ha prodotto alcuni risultati innovativi sia nell’uso dei materiali che nel disegno del layout generale della nave. Per quello che riguarda i materiali, una tendenza prevalente cerca, come già accennato, la maggior diminuzione di peso possibile, sia attraverso la riduzione degli spessori che grazie all’uso di materiali a ridotta densità accoppiati ad altri a maggiore resistenza meccanica. Così come, in tema di sostenibilità, è sempre più diffusa l’adozione di procedure di certificazione, quale la RINA Green Star Plus, che attestino il ridotto impatto ambientale delle imbarcazioni (ad esempio per quello che riguarda i rifiuti, la produzione di gas serra, l’inquinamento del mare ecc.). Ma la sperimentazioni più rilevanti si incontrano forse nell’ambito del design del layout, che denotano la ricerca di realizzare una vera e propria “città galleggiante” anche come distribuzione degli spazi pubblici. È il caso ad esem-
1 - Giuliano Simonelli, Ripartono le navi, in “Modulo”, n. 176, novembre 1991, p. 1212. 2 - Gio Ponti, Interni delle nuove navi italiane, in “Domus” n. 263, Novembre 1951, pp. 20-27. 3 - Secondo stime dell’Organizzazione Mondiale del Turismo, nel 2011 i passeggeri da navi da crociera saranno oltre 17 milioni. Per quello che riguarda l’Italia, secondo un’indagine condotta da Risposte Turismo nei 17 principali porti italiani, il movimento passeggeri nel 2010 è stato di oltre 9.300.000 unità, valore dell’8% superiore a quello del 2009 e di 4 volte quello dell’anno 2000. Dati che testimoniano l’ottimo stato di salute del settore, anche in piena crisi economica mondiale. (Cfr. http://www.ontit.it/opencms /opencms/ont/it/focus/focus/Caratteri_e_tendenze_del_turi smo_crocieristico). 4 - Ne sono un esempio i diversi sistemi strutturali attualmente disponibili sul mercato utilizzabili anche nell’edilizia strutturale basati sull’assemblaggio a secco di elementi bidimensionali in acciaio. 5 - Ad esempio, nel caso della nave Disney Dream, i pavimenti sono realizzati in teak artificiale prodotto dalla ditta Bolidt, soluzione che permette un notevole risparmio di peso. (Cfr.“Dream Technical Profile”, in Cruise Industry News, Spring 2011, p. 134). 6 - Guido Canali per la compagnia Costa Crociere ha progettato le navi Costa Marina (1990) e Costa Allegra (1992);
10 10 10 4 58 58 58 58 70 70 90 66 90
174 428 204 428 311 167 321 167 323 333 333 178 321 178
242 620 464 620 464 505 505 682 521 682
201 216 182 216 391 212 515 212 515 592 592 180 596 180
Renzo Piano, sempre nel 1990, ha disegnato una nave da crociera per la compagnia P&O Ferries.
Riferimenti bibliografici Maurizio Eliseo, Paolo Piccione, Transatlantici. Storia delle grandi navi passeggeri italiane, Tormane Editore 1948, Genova 2001. Paolo Piccione, Gio Ponti. Le navi. Il progetto degli interni navali 1948-1953, Idea Books, Milano, 2007. Giuliano Simonelli,“Ripartono le navi”, in Modulo, n. 176, novembre 1991, pagg. 1212-1225. Massimo Rossetti,“Edile e navale: settori affini?”, in Costruire n. 336, maggio 2011.
From architecture to the shipbuilding industry and back For many years the shipbuilding industry has been concerned with the high level of innovation required to maintain the high performance of cruise ships; modern horizontal skyscrapers which have anticipated certain themes in modern construction techniques such as weight, dry construction and disassembling as project elements. This essay will present this panorama, highlighting certain innovative techniques in place today, with examples of the transfer of technology from the naval sector to that of construction, highlighting the differences and similarities between the two worlds. From the passenger ships by Giò Ponti, the ‘pride’ of Italians in the 30s, to the ‘floating cities’ weighing more than 100,000 tons, able to accommodate thousands of people on board, the evolution of modern transatlantic ships has in fact provided the construction industry with many ideas for the improvement of technical solutions in accordance to a tendency which has intensified in recent years.
FOCUS
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Il recupero edilizio nella prospettiva di ciclo di vita: il caso della ex filanda Gavazzi di Valmadrera
Paco Melià Politecnico di Milano, Dipartimento DEI Giovanni Dotelli Politecnico di Milano, Dipartimento CMIC Gianluca Ruggieri Università dell’Insubria, Dipartimento DiSTA Sergio Sabbadini Politecnico di Milano, Dipartimento BEST – disstudio – ANAB
La progressiva adozione di tecnologie e criteri costruttivi sempre più efficienti dal punto di vista energetico riduce i consumi associati alla fase di utilizzo degli edifici. Di conseguenza, diventa sempre più rilevante la frazione di energia incorporata durante la fase di costruzione. Per edifici a consumo quasi zero, quali quelli previsti dalla nuova Direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia, questa frazione potrebbe teoricamente arrivare quasi al 100%. L’adozione di una prospettiva che abbracci l’intero ciclo di vita è quindi fondamentale per valutare il bilancio economico e ambientale complessivo di un edificio e consentire al progettista una scelta ragionata. Nel lavoro presentato in queste pagine confrontiamo diverse ipotesi di intervento per la riqualificazione energetica di un edificio storico, con La scelta tra materiali naturali e sintetici richiede particolare riguardo all’isolamento delle superfici verticali opache. Le una valutazione degli impatti ambientali soluzioni considerate si differenziano per il livello di invasività dell’inche abbracci l’intero ciclo di vita. Tuttavia, tervento di restauro (conservativo, migliorativo o innovativo) e per la indicatori diversi possono fornire indicazioni scelta dei materiali (di origine naturale o sintetica). La valutazione degli impatti ambientali delle diverse soluzioni è svolta utilizzando gli struanche molto divergenti tra loro. menti della Life Cycle Analysis (LCA) e si concentra sulle due fasi di intervento e di utilizzo.
L’ex filanda Gavazzi di Valmadrera L’oggetto dello studio è il “Filandone” dei Gavazzi (così soprannominato per le sue dimensioni), il complesso serico più importante del territorio lecchese durante il XIX secolo. Alla famiglia Gavazzi si deve la trasformazione dell’originaria struttura economica di Valmadrera da paese contadino a moderna cittàsociale ispirata ai canoni del “paternalismo industriale”. Nel 1864 presso il Filandone lavoravano oltre 300 persone. Il complesso architettonico della villa Gavazzi comprendeva diversi edifici adibiti, oltre che alla produzione, all’amministrazione, alla rappresentanza e allo svago. L’attività del Filandone iniziò nel 1819 e terminò nel 1927, quando la costruzione venne adibita a nastrificio. In questo studio sono stati considerati solo tre degli edifici che costituiscono il grande complesso Gavazzi (figg. 1, 2): due edifici, risalenti al secondo decennio del 1800 e sottoposti a vincolo della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio (la filanda vera e propria e la “casa del custode”), e l’edificio che Figura 1. Prospetto del complesso Gavazzi (lato ovest). In evidenza i tre edifici oggetto di intervento (da sinistra a destra: la filanda, l’ampliamento del 1963, la casa del custode). Fonte: Colombo & Salvoni (2010). Figura 2. Planimetria generale del complesso Gavazzi. In rosso sono evidenziati gli edifici oggetto di intervento. Fonte: Colombo & Salvoni (2010). 1
Focus _ 57
li mette in comunicazione, risalente al 1963. La filanda ha pianta rettangolare ed è articolata su due piani. Il sistema costruttivo è costituito da pareti portanti perimetrali (composte da mattoni e pietra) e pilastri in cemento armato al piano terra. La casa del custode è un edificio a due piani con copertura tradizionale. Il sistema costruttivo adottato è analogo a quello della filanda. L’edificio è attualmente in stato di degrado, soprattutto al piano terra. Negli anni ‘60 del ‘900 sono stati fatti numerosi interventi sull’intera struttura del complesso, primo fra tutti l’ampliamento che unisce la filanda alla casa del custode. Tale edificio è caratterizzato dalle tecniche costruttive del periodo: uso di calcestruzzo armato e strutture a telaio. Oggi in questa porzione del fabbricato sono presenti magazzini in affitto e locali accessori al nastrificio e alla residenza.
Ipotesi di intervento Le ipotesi di riqualificazione considerate sono finalizzate a migliorare le prestazioni energetiche degli edifici appena descritti attraverso l’isolamento delle superfici verticali opache. Ulteriori miglioramenti sarebbero possibili intervenendo sul resto dell’involucro o sull’impianto termico, ma non sono considerati in
2
questo lavoro. Tenendo conto della priorità di conservare le caratteristiche architettoniche delle facciate esterne degli edifici sottoposti a vincolo, consideriamo tre tipologie di intervento, distinte in base al maggiore o minore grado di invasività sull’esistente. Per gli edifici originari (filanda e casa del custode) sono previste due ipotesi di intervento alternative: conservative e migliorative. Le ipotesi conservative sono quelle meno invasive, poiché non alterano le caratteristiche architettoniche esterne dell’edificio. Le ipotesi migliorative prevedono invece un intervento più consistente in termini di spessore di isolante aggiunto e interessano anche la faccia esterna delle pareti considerate, pur conservando pressoché intatte le murature portanti esistenti. Per la porzione di edificio più recente consideriamo invece un’ipotesi di intervento innovativa, che potrebbe prevedere eventualmente anche la demolizione di alcuni tamponamenti esterni e la loro sostituzione con un involucro più efficiente. Per ciascuna tipologia di intervento consideriamo due alternative che si differenziano per l’origine dei materiali: una soluzione “ecologica”, basata sull’uso di materiali di origine naturale e una soluzione “sintetica” basata su materiali di origine sintetica industriale. Il confronto tra le due soluzioni viene sempre effettuato a parità di trasmittanza termica ottenuta. Le trasmittanze relative allo stato di fatto sono pari a circa 2 W/(m2K) per gli edifici storici e a circa 3 W/(m2K) per l’edificio recente. Le soluzioni conservative portano la trasmittanza a 0,66 W/(m2K) (con una diminuzione del 67% rispetto allo stato di fatto). Le soluzioni migliorative mantengono inalterata la stratigrafia muraria originaria, intervenendo però su entrambe le facciate (interna ed esterna) della parete e portando la trasmittanza termica a 0,31 W/(m2K) (-85% rispetto allo stato di fatto). Le due soluzioni innovative consentono di
ottenere anche per l’edificio recente un valore di trasmittanza termica pari a 0,31 W/(m2K) (90% rispetto allo stato di fatto).
Materiali e stratigrafie Materiali e tecniche costruttive bioedili stanno assumendo un ruolo sempre più importante nelle scelte progettuali e produttive, coadiuvati da scelte strategiche a livello comunitario e anche da programmi di ricerca e diffusione tecnologica. Tra questi segnaliamo il progetto INATER (Isolants Naturels et Terre Crue, www.inater.eu) che si occupa di isolanti naturali e terra cruda ed è supportato dal programma Leonardo da Vinci dell’Unione Europea. Nella vasta scelta di isolanti naturali troviamo quelli di origine vegetale (come sughero, fibre di legno, canna palustre), animale (lana di pecora) e minerale (roccia vulcanica espansa, vetro cellulare) e anche mix di prodotti come i sempre più diffusi intonaci termoisolanti a base di calce idraulica naturale o pannelli compositi (lana di legno). La scelta dei materiali isolanti effettuata nel presente lavoro è stata dettata primariamente dall’esigenza di utilizzare stratigrafie rappresentative di interventi effettivamente realizzabili sul campo; volendo però valutare anche l’impatto ambientale degli interventi, la scelta dei materiali è stata ulteriormente circoscritta a quei prodotti per i quali erano già disponibili in letteratura dati relativi al ciclo di vita. La soluzione conservativa ecologica prevede l’applicazione, all’esterno, di 2 mm di pittura, mentre all’interno è previsto uno strato di 50 mm di termointonaco in terra (Termotec) e infine una finitura (3 mm) in TerraVista della Fornace Brioni. La soluzione conservativa sintetica prevede la stessa finitura esterna (2 mm di pittura), mentre all’interno è costituita da uno strato di 90 mm di termointonaco di calce e
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Edificio edifici storici ampliamento
Superficie (m2) 1.350 151
Tabella 1. Superfici disperdenti opache verticali considerate nell’analisi.
cemento con EPS seguito da 4 mm di rasatura e finitura in calce. La soluzione migliorativa ecologica prevede esternamente uno strato di 3 mm di rasatura e finitura in calce, seguito da 70 mm di termointonaco di calce e sughero e da ulteriori 3 mm di rasatura di aggrappo a base calce fino ad arrivare all’esistente. Verso l’interno sono previsti 60 mm di Termotec seguiti da 3 mm di TerraVista come finitura. Nella soluzione migliorativa sintetica la stratigrafia è costituita esternamente da uno strato di 3 mm di rasatura cementizia, seguito da 70 mm di termointonaco di calce e cemento con EPS e da ulteriori 3 mm di rasatura di aggrappo a base calce. Verso l’interno sono previsti 70 mm di pannelli di EPS seguiti da 3 mm di rasatura cementizia. Per la soluzione innovativa ecologica si considera un rivestimento esterno di doghe in legno d’abete, un’intercapedine d’aria intervallata da listelli in legno e infine un pannello di sughero di 80 mm; all’interno dei pilastri in calcestruzzo armato è previsto un pannello in lana di legno mineralizzata dello spessore di 15 mm, seguito da uno strato di intonaco di fondo TerraBase di 15 mm e da uno strato di 3 mm di intonaco di finitura (TerraVista). Nella soluzione sintetica la stratigrafia è costituita da un pannello facciavista in fibrocemento dello spessore di 8 mm, seguito da un’intercapedine d’aria intervallata da listelli in legno e infine da un pannello di EPS di 100 mm per arrivare ai
Intervento nessuno (stato di fatto) restauro conservativo restauro migliorativo
Fabbisogno energetico (kWh/m2anno) 279,2 210,4 196,0
Intervento nessuno (stato di fatto) restauro conservativo restauro migliorativo
Emissioni (t CO2/anno) 188,2 141,8 132,1
Tabella 2. Fabbisogno annuo di energia primaria relativo alle diverse tipologie di intervento, derivante dal miglioramento delle prestazioni energetiche rispetto allo stato di fatto.
Tabella 3. Emissioni di CO2 in fase d’uso in funzione della tipologia di intervento.
pilastri in calcestruzzo armato. Verso l’interno si trovano invece uno strato di 30 mm di intonaco a base di calce seguito da 4 mm di rasatura e finitura sempre in calce.
Il presente lavoro si è posto come obiettivo la valutazione degli impatti ambientali di tutte le superfici disperdenti verticali. Pertanto, l’unità funzionale dell’analisi è rappresentata dalla superficie totale di parete coinvolta dal restauro dell’involucro opaco dei tre edifici considerati (tab. 1). L’orizzonte dell’analisi include la fase di intervento e la fase d’uso degli edifici. La valutazione della fase d’uso è stata ripetuta considerando in un caso il fabbisogno energetico derivante dallo scenario di intervento puramente conservativo e, nell’altro, quello relativo all’intervento migliorativo. La tabella 2 confronta i fabbisogni di energia primaria (calcolati attraverso la procedura Cened+ sviluppata dalla Regione Lombardia) associati allo stato di fatto e ai diversi scenari di intervento. L’analisi del ciclo di vita è stata svolta con il software Simapro, uno dei programmi più diffusi per le LCA. I dati utilizzati sono stati ricavati dalla banca dati Ecoinvent e ai fini dell’analisi vengono quindi classificati come dati secondari (ovvero derivati dalla letteratura). Fanno eccezione i dati relativi agli intonaci bioedili (TerraBase e TerraVista), che derivano da uno studio dedicato, basato sull’elaborazione di dati primari forniti direttamente dal produttore.
Analisi del ciclo di vita L’analisi del ciclo di vita degli edifici differisce sotto diversi punti di vista da quella dei prodotti di consumo, per i quali l’analisi LCA è stata inizialmente sviluppata. Un edificio è caratterizzato da una vita utile generalmente lunga, è di grandi dimensioni, è costituito da numerosi materiali con proprietà e funzioni diverse e al suo interno possono avere luogo cambiamenti di utilizzo su scale temporali brevi rispetto alla vita dell’edificio stesso. Ogni edificio è quindi un prodotto unico e ciò rende l’analisi difficilmente standardizzabile. Per questi motivi la LCA nel settore edilizio è un campo di ricerca in continua evoluzione. In molti degli studi presenti in letteratura, inoltre, l’attenzione è stata focalizzata su un singolo materiale o componente edilizio, proprio per la difficoltà di definire i confini e le modalità dell’analisi di un edificio completo. Questa prospettiva, tuttavia, comporta l’impossibilità di valutare elementi fondamentali della progettazione, come per esempio la variazione di fabbisogno termico nel corso delle stagioni e le sue conseguenze in termini di impatto energetico e ambientale.
Indicatori di impatto L’analisi degli impatti è stata svolta utilizzando tre indicatori differenti: potenziale di riscalda-
Focus _ 59
Figura 3. Potenziale di riscaldamento globale (in tonnellate di CO2 equivalente) dei diversi interventi di restauro sugli edifici storici e sull’ampliamento. Fonte: Resi & Zannetti (2010).
sugli edifici storici e sull’ampliamento. Fonte: Resi & Zannetti (2010).
Figura 4. Impronta ecologica (in ettari per anni) dei diversi interventi di restauro
edifici storici
ampliamento
TOTALE
50
43.4
40
Impatto (t CO2)
38.8
37.9
33.4
33.1
30 20
25.8
16.0 8.7
10
4.5
4.5
0 -10
-7.3
-7.3
-20 conservativo ecologico
conservativo sintetico
migliorativo ecologico
migliorativo sintetico
Intervento
3
assorbimento CO2
occupazione indiretta
occupazione diretta
Impatto (ha x anni)
25
20
patto ambientale in termini di occupazione di suolo. Originariamente formulato per mettere in relazione l’appropriazione di risorse naturali con la capacità rigenerativa degli ecosistemi su scala geografica (da quella regionale fino a quella globale), tale indicatore è stato in seguito adattato anche all’uso nelle LCA. In questo contesto, essa è misurata come somma, integrata nel tempo, di ogni occupazione di suolo (diretta e indiretta) e della superficie necessaria all’assorbimento delle emissioni di CO2 derivanti dall’uso di combustibili fossili e dalla produzione di cemento. Eco-Indicator 99, infine, è un’aggregazione di più indicatori di impatto. Ampiamente diffuso come uno degli indicatori standard nelle analisi LCA, esso si articola in tre categorie di danno principali: impatti sulla salute umana, sulla qualità degli ecosistemi e sulle risorse. A loro volta, queste categorie sono suddivise in 11 sottocategorie. Attraverso una procedura di normalizzazione e pesatura, gli impatti disaggregati nelle diverse categorie vengono poi aggregati in un unico valore.
15
Risultati
10 5 0 conservativo ecologico
conservativo sintetico
4
mento globale (Global Warming Potential, GWP), impronta ecologica ed Eco-indicator 99. Il GWP misura l’impatto in termini di contributo al riscaldamento globale. Tecnicamente, esso rappresenta la variazione complessiva di irradianza causata dall’emissione di un chilo-
migliorativo ecologico
migliorativo sintetico
Intervento grammo di gas climalterante rispetto a quella determinata da un’analoga emissione di CO2 su un orizzonte temporale definito (nel caso specifico, 100 anni). Ai fini della LCA, esso è misurato in chilogrammi di CO2 equivalente. L’impronta ecologica, invece, quantifica l’im-
Gli impatti della fase di restauro in termini di potenziale di riscaldamento globale sono rappresentati, per le diverse alternative di intervento, nella figura 3. Le soluzioni ecologiche hanno un impatto sistematicamente inferiore rispetto alle equivalenti soluzioni sintetiche. In particolare, il GWP associato all’intervento conservativo ecologico sull’edificio storico è inferiore al 50% dell’analogo intervento basato sull’utilizzo di materiali sintetici. Per quanto riguarda la fase d’uso, il confronto viene fatto a parità di prestazioni energetiche e il risultato dipende quindi solo dallo scenario di intervento. In ogni caso, il diminuito fabbisogno di energia per la climatizzazione invernale otte-
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Intervento di restauro conservativo ecologico conservativo sintetico migliorativo ecologico migliorativo sintetico
Emissioni evitate Emissioni in fase di intervento (t CO2) in fase d’uso (t CO2/anno) 46,4 8,7 46,4 37,9 56,1 25,8 56,1 43,4
Orizzonte di ammortamento (mesi) 2 10 6 9
Intervento nessuno (stato di fatto) restauro conservativo restauro migliorativo
Impronta ecologica (ha) 47,7 35,9 33,5
Tabella 5. Impronta ecologica della fase d’uso in funzione della tipologia di intervento.
Tabella 4. Bilancio emissivo per le diverse tipologie di intervento e calcolo dell’orizzonte di ammortamento delle emissioni di CO2.
salute umana
qualità degli ecosistemi
sfruttamento delle risorse
Impatto (Pt)
3000
2000
1000
0 conservativo ecologico
conservativo sintetico
migliorativo ecologico
migliorativo sintetico
Intervento
5
5%
5%
combustibili fossili uso del suolo
18% 49%
sost. nocive per le vie respiratorie
cambiamenti climatici 23%
altro
6
Intervento di restauro
conservativo ecologico conservativo sintetico migliorativo ecologico migliorativo sintetico
Impronta ecologica dell’intervento (ha × anni) 15,4 11,9 23,2 12,9
Impronta ecologica evitata in fase d’uso (ha) 11,8 11,8 14,2 14,2
Orizzonte di ammortamento (mesi) 16 12 20 11
Tabella 6. Bilancio di impronta ecologica per le diverse tipologie di intervento e calcolo dell’orizzonte di ammortamento dell’impronta.
nuto grazie al restauro si riflette in un minore danno ambientale (tab. 3). Entrambi gli interventi consentono infatti un risparmio netto di oltre 40 tonnellate di CO2 all’anno rispetto allo stato di fatto. Poiché la fase di restauro provoca impatti aggiuntivi rispetto allo stato di fatto, mentre nella fase d’uso si ha una diminuzione degli stessi (grazie alla coibentazione), è interessante valutare l’orizzonte di ammortamento, ovvero il tempo necessario perché le emissioni legate al restauro vengano bilanciate dalle diminuite emissioni in fase d’uso. La tabella 4 riporta il periodo di ammortamento per le differenti tipologie di intervento. In tutti e quattro gli scenari considerati i costi ambientali del restauro vengono ammortizzati in tempi molto brevi (meno di un anno). In termini di impronta ecologica, le alternative di intervento basate sull’utilizzo di materiali sintetici sono invece favorite, nella fase di restauro, rispetto alle equivalenti soluzioni ecologiche (fig. 4). Per la fase d’uso, entrambe le tipologie di intervento garantiscono invece una minore impronta ecologica grazie alle migliorate performance energetiche dell’edificio (tab. 5). Gli orizzonti di ammortamento degli impatti (tab. 6) risultano anche in questo caso relativamente brevi (da un minimo di 11 mesi a un massimo di 20). In meno di due anni, dunque, si raggiunge un bilancio ambientale favorevole dal punto di vista dell’impronta ecologica. Il confronto dei diversi interventi di restauro mediante Eco-Indicator 99, infine, favorisce ancora una volta i materiali di origine sintetica rispetto a quelli di origine naturale. Il punteggio di impatto è infatti maggiore per gli interventi di restauro ecologici (conservativo o migliorativo) che per quelli sintetici (fig. 5). Per quanto riguarda la fase d’uso, tutte le tipologie di intervento garantiscono una diminuzione
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Figura 5. Impatto (in punti di Eco-Indicator 99) dei diversi interventi di restauro sugli edifici storici e sull’ampliamento. Fonte: Resi & Zannetti (2010).
con materiali ecologici sugli edifici storici. Fonte: Resi & Zannetti (2010).
Intervento
Salute umana
nessuno (stato di fatto) restauro conservativo restauro migliorativo
1473 1110 1034
Qualità degli ecosistemi 113 85 80
Sfruttamento delle risorse 10448 7871 7333
Totale 12035 9067 8446
Tabella 7. Impatto (in punti di Eco-Indicator 99) della fase d’uso in funzione della tipologia di intervento. Figura 6. Principali categorie di impatto (secondo Eco-Indicator 99) associate all’intervento di restauro migliorativo
degli impatti su tutte le categorie di danno (tab. 7) rispetto allo stato di fatto.
Conclusioni Le indicazioni ricavabili dalle analisi condotte dipendono fortemente dall’indicatore utilizzato per la valutazione. I risultati più intuitivi sono certamente quelli ottenuti mediante il GWP: l’impiego di materiali di origine vegetale, come quelli previsti per gli interventi ecologici, garantisce infatti impatti minori grazie al sequestro di CO2 durante la crescita delle piante e al successivo stoccaggio di carbonio nella biomassa vegetale. Nel caso degli interventi sull’ampliamento, l’utilizzo di materiali vegetali determina addirittura un bilancio netto negativo delle emissioni climalteranti (l’assorbimento supera le emissioni). Pertanto, indipendentemente dalla tipologia di intervento (conservativo o migliorativo) sull’edificio storico, le soluzioni ecologiche risultano sempre preferibili a quelle sintetiche. Il confronto in termini di impronta ecologica favorisce invece l’utilizzo di materiali sintetici, risultato a prima vista sorprendente. Analizzando la distribuzione degli impatti nelle diverse categorie di uso del suolo (fig. 4), si osserva che il fattore di impatto più importante per le soluzioni sintetiche è rappresentato dalla superficie necessaria all’assorbimento delle emissioni di CO2, mentre per le soluzioni ecologiche l’occupazione diretta di suolo assume un ruolo preponderante. A questo proposito vale la pena notare che, effettivamente, la produzione di materiali di origine vegetale, come la paglia o il legno, richiede un uso più estensivo di suolo rispetto alla produzione di materiali sintetici. Nella scelta tra materiali di origine vegetale e materiali di origine minerale o sintetica questo aspetto deve essere tenuto nel dovuto conto. Tuttavia, a parità di territorio
appropriato dai processi produttivi, gli impatti determinati dalla produzione di materiali diversi sono indubbiamente differenti dal punto di vista qualitativo. Infatti, mentre la funzionalità ecologica di un suolo dedicato ad attività industriali risulta in gran parte compromessa, è verosimile che un suolo destinato a uso agricolo possa mantenere una buona parte delle sue funzioni ecosistemiche, specialmente se gestito in modo appropriato. Va inoltre notato che un limite riconosciuto dell’impronta ecologica è proprio quello di contabilizzare solo gli impatti delle emissioni di CO2 sul ciclo biogeochimico del carbonio e di non contabilizzare gli effetti di altre fonti di inquinamento né gli impatti su cicli altrettanto importanti, come quelli dell’azoto, del fosforo o dello zolfo. Anche il confronto tra le diverse ipotesi di intervento mediante Eco-indicator 99 risulta sfavorevole alle alternative ecologiche. Per entrambe le tipologie di intervento (sintetiche ed ecologiche) le categorie di danno più importanti sono quelle relative al consumo di combustibili fossili e alle emissioni di sostanze nocive per le vie respiratorie. A queste si aggiungono, per gli interventi con materiali sintetici, le emissioni climalteranti e, per gli interventi ecologici, l’occupazione di suolo (fig. 6). Il divario tra le diverse alternative è tuttavia inferiore a quello valutato con l’impronta ecologica, perché l’uso del suolo concorre solo in parte alla quantificazione degli impatti. I risultati ottenuti confermano l’importanza di un approccio basato su differenti indicatori di impatto, rappresentativi di punti di vista differenti e tra loro complementari, nella valutazione dell’impatto ambientale complessivo delle diverse alternative di intervento. D’altra parte, tuttavia, evidenziano il bisogno di sviluppare indicatori in grado di cogliere in modo esplicito non solo gli aspetti quantitativi degli impat-
ti ma anche quelli qualitativi. Nota Questo articolo è basato sulle analisi e sui risultati di due lavori di tesi: Erica Colombo, Mariacristina Salvoni (2010) Architettura sostenibile e patrimonio archeologico industriale: il recupero del Filandone Gavazzi di Valmadrera (LC). Tesi di laurea specialistica in Architettura e Società, Politecnico di Milano. Relatore: Gianni Scudo; correlatori: Rebecca Fant e Sergio Sabbadini. Sara Resi, Andrea Zannetti (2010) Efficienza energetica e sostenibilità in edilizia. Scelta e caratterizzazione dei materiali per la riqualificazione di un edificio storico tramite LCA. Tesi di laurea specialistica in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio. Relatore: Giovanni Dotelli; correlatori: Paco Melià, Gianluca Ruggieri, Sergio Sabbadini.
Building refurbishment in a life-cycle perspective: the case of the former mill Gavazzi in Valmadrera The gradual adoption of increasingly efficient technologies and standards reduces the energy consumption associated with the operational phase of buildings.Therefore, the energy fraction incorporated during the construction phase is ever more important. A perspective that embraces the entire life cycle is therefore essential to assess the overall environmental and economic load of a building and to enable the designer to make a reasoned decision. In this paper we compare different hypotheses of intervention for the energy upgrading of a historic building, the former mill Gavazzi in Valmadrera, evaluating the environmental impact of alternative solutions to insulate the opaque vertical surfaces.The solutions differ in the level of invasiveness of the actual restoration (conservation, improvement or innovation) and in the choice of materials (natural or synthetic). The results are strongly influenced by the impact indicator used for the evaluation and therefore raise interesting questions regarding methodology.
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Focus_contributi di Niccolò Aste Professore associato di Fisica Tecnica Ambientale al Politecnico di Milano, esperto di edilizia sostenibile e integrazione architettonica delle fonti rinnovabili. Autore di numerose pubblicazioni scientifiche, svolge attività di ricerca e sviluppo sulle principali tematiche energetico-ambientali del settore delle costruzioni.
Leonardo Belladelli Architetto, Dottore di Ricerca in Tecnologia e Progetto per la Qualità Ambientale a scala urbana ed edilizia. Professore a Contratto di Tecnologia dell’Architettura presso il Politecnico di Milano, si occupa di progettazione eco-efficiente e di indicatori di sostenibilità.
Giovanni Dotelli Professore associato di Scienza e Tecnologia dei Materiali presso il Dipartimento CMIC del Politecnico di Milano, dirige il laboratorio di Materiali per l’Energia e l’Ambiente (Mat4En2). Da anni si occupa di sostenibilità ambientale nel settore dei materiali e dei processi industriali.
Giulia Lechi Laureata in Architettura presso la I Facoltà del Politecnico di Milano con la tesi “Prefabbricato in paglia, una filiera sostenibile”. È cultrice della bioedilizia nell’ambito della progettazione sostenibile.
Mario Losasso Architetto, professore ordinario di Tecnologia dell’Architettura, Direttore del Dipartimento di Progettazione Urbana e di Urbanistica dell’Università di Napoli “Federico II”, coordinatore del Dottorato in Tecnologia dell’architettura e Rilievo e rappresentazione dell’Architettura dell’Ambiente dello stesso Ateneo. È componente del Consiglio Direttivo della SITdA – Società Italiana della Tecnologia dell’Architettura.
Paco Melià Ricercatore presso il dipartimento DEI del Politecnico di Milano, è docente di Ecologia e di Valutazione di Impatto Ambientale. Temi di ricerca principali: ecologia quantitativa, gestione sostenibile delle risorse biologiche, indicatori di sostenibilità e impatto ambientale.
Massimo Rossetti Ricercatore in Tecnologia dell’architettura presso l’Università IUAV di Venezia. Svolge attività di ricerca inerente ai temi dell’innovazione tecnologica, del trasferimento di tecnologie, della produzione edilizia e della sostenibilità. È membro di ArTec, l’Archivio delle tecniche e dei materiali per
l’architettura e il disegno industriale del Sistema Laboratori dello IUAV.
Gianluca Ruggieri Ingegnere ambientale, dal 2006 è ricercatore di Fisica Tecnica Ambientale presso il dipartimento DiSTA dell’Università dell’Insubria. Fa parte del comitato scientifico di AIAT - Associazione Ingegneri per l’Ambiente e il Territorio e della commissione del corso di Master RIDEF.
Sergio Sabbadini Architetto specializzato in tecnologie ecologiche ed alternative in edilizia, si occupa di architettura sostenibile e in particolare di tecniche costruttive in terra cruda. È co-fondatore dello studio di progettazione DISSTUDIO, membro di giunta dell’ANAB e docente a contratto presso il Politecnico di Milano.
Lavinia Chiara Tagliabue Docente di Fisica Tecnica Ambientale al Politecnico di Milano dal 2005, ha svolto attività di ricerca e professionale nel campo del risparmio energetico e dell’uso delle fonti rinnovabili, con studi sulle modalità d’integrazione del fotovoltaico in edilizia e delle possibilità tecnologiche dei componenti fotovoltaici.
Valeria Tatano Professore associato di Tecnologia dell’architettura presso l’Università IUAV di Venezia. Si occupa di sicurezza in uso e al fuoco e di tecnologie innovative nel rapporto tra architettura e tecnica. È responsabile scientifico di ArTec, l’Archivio delle tecniche e dei materiali per l’architettura e il disegno industriale del Sistema Laboratori dello IUAV.
Fabrizio Tucci Professore di Progettazione Ambientale presso l’Università “La Sapienza” di Roma, Presidente del Corso di Laurea Magistrale in Architettura del Paesaggio, svolge dal 1992 attività di ricerca e sperimentazione sull’efficienza ecologica ed energetica in architettura e sull’impiego di tecnologie innovative per la sostenibilità dell’ambiente costruito.
Alessandra Zanelli Architetto, PhD in Tecnologia dell’architettura e dell’ambiente, è professore associato presso il Dipartimento BEST del Politecnico di Milano. È Associate Partner e Regional Representative del network TensiNet. Coordina il cluster multidisciplinare sui tessili innovativi ClusTEX del Politecnico di Milano.
Tecnologie e innovazione Materiali a memoria di forma per un involucro ad alta efficienza energetica Mario Cristiano Università degli Studi di Napoli “Federico II” La traslucenza nell’involucro architettonico: applicazioni nell’edilizia contemporanea Valentina Modugno Università degli Studi di Ferrara
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TECNOLOGIE E INNOVAZIONE
Materiali a memoria di forma per un involucro ad alta efficienza energetica Mario Cristiano Università degli Studi di Napoli “Federico II”
L’articolo presenta, dopo una breve analisi dei requisiti atti a conferire all’involucro edilizio capacità reattive, lo studio del trasferimento tecnologico al campo edile dell’uso di metalli a memoria di forma per migliorare le prestazioni energetiche degli involucri.
Un’aliquota più che consistente del costo di realizzazione di ogni manufatto edilizio è rappresentata senz’altro dalla progettazione e messa in opera dell’involucro, aliquota che cresce per gli edifici della cosiddetta architettura internazionale. Tale costo è legato alla ricerca e all’utilizzo di tecnologie avanzate e di una molteplicità di materiali quali vetro, metallo, pietra, ceramica, impiegati anche per sperimentare e acquisire nuove forme di espressività; cosicché l’involucro si è sempre più allontanato dalla forma compatta e uniforme che lo contraddistingueva tradizionalmente per acquisire nuove trasparenze e prestazioni. In realtà, appare che questa ricerca sia più spesso motivata dall’intento di raggiungere nuove qualità e impressività delle immagini e della conseguente esposizione mediatica che non dalle ormai comunque universalmente riconosciute esigenze relative al contenimento energetico e alla sostenibilità ambientale. Tali esigenze devono, allo stato attuale, essere considerate primarie e sono chiaramente legate alla necessità di garantire il comfort termico e igrometrico degli spazi confinati nonché il contenimento dei consumi energetici mediante il soddisfacimento di numerosi requisiti prestazionali. Come elemento di interrelazione tra l’organismo edilizio e l’ambiente circostante, l’involucro deve
assicurare una condizione di permeabilità in grado di filtrare in maniera efficiente e adeguata i flussi d’aria e di energia in ingresso e in uscita. In particolare, dovrebbe idealmente: • garantire la protezione dagli agenti atmosferici e il mantenimento delle temperature ottimali negli spazi interni; • schermare, in regime estivo, l’energia radiante del sole per ridurre i carichi termici e captarla, invece, in regime invernale; • migliorare la qualità dell’aria interna utilizzando meccanismi di ventilazione naturale al fine di ridurre il carico termico, usando, ad esempio, la facciata come componente attivo di controllo della ventilazione;
• migliorare la qualità degli spazi interni massimizzando l’illuminazione naturale senza l’aumento del carico termico da smaltire; • fornire un contributo positivo al bilancio energetico includendo sistemi di produzione fotovoltaica o di produzione di acqua calda da solare termico. La pluralità di esigenze contrastanti e di delicati equilibri da mantenere per ottenere un bilancio energetico prossimo allo zero fanno sì che non sia possibile affidarsi a sistemi monostrato o a singole strategie ma che, invece, sia necessario un approccio integrato alla progettazione di una “pelle” multistrato e complessa. Secondo tale indirizzo un sistema diffuso di trattamento delle superfici esterne è la facciata “a doppia
Figura 1. Valori minimi e massimi del consumo energetico per condizionamento estivo per tre orientamenti e quattro incidenze di superficie vetrata. Figura 2. Trasmissione luminosa nei due stati: chiaro e colorato, al variare delle lunghezze d’onda. 1
pelle” che, tra strati trasparenti, interpone un’intercapedine; sistema che può consentire, in generale, di gestire l’energia naturale per il rinfrescamento tramite la ventilazione e il riscaldamento come serra e che permette, infine, di isolare acusticamente l’edificio. La ventilazione naturale, in questo caso, si basa sul fenomeno dell’”effetto camino” che genera un movimento ascendente di aria dovuto alla differenza di pressione all’interno dell’intercapedine all’aumentare dell’altezza, favorendo l’espulsione di aria calda in alto e l’aspirazione di aria fresca in basso. Predire, però, il comportamento di un sistema meccanicamente semplice è, invece, molto complesso poiché le condizioni punto per
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punto dipendono da incontrollati e non calcolabili meccanismi convettivi e di distribuzione delle pressioni. Ciò aggiunge un livello di complessità allo studio dei fattori energetici relativi agli edifici che devono essere considerati unità dell’ambiente costruito in continuo scambio energetico con l’ambiente esterno e sottoposti a variazioni interne dovute anche alle azioni degli utenti. Per il mantenimento delle condizioni ideali si devono, quindi, impiegare componenti e materiali capaci di “reagire” alle sollecitazioni ambientali e di mantenere costante lo stato fisico interno. Si tratta di superfici composte da strati specializzati e capaci di reagire come membrane in cui si veri-
ficano degli scambi di energia, attenuata, trasmessa, assorbita o riflessa accentuando progressivamente la funzione di filtro. Tali capacità, chiaramente, devono essere dinamiche e modulabili per ottimizzare il bilancio energetico al variare delle condizioni climatiche e dei carichi termici interni; si incorpora, quindi, nell’edificio un elemento di discernimento, capace di percepire l’ambiente circostante e di attivare gli organi di controllo e le conseguenti reazioni. Tra i primi esempi di superfici esterne “intelligenti” possiamo citare il lavoro di Jean Nouvel che ha aperto la strada a tali esplorazioni con il progetto e la realizzazione dell’involucro dell’IMA (Institut du Monde Arabe, Parigi, 1987), la cui facciata principale è
dotata di diaframmi mobili che, reagendo alla luce del sole, ne consentono o meno il passaggio. È comunque possibile segnalare che numerose sono le tecnologie attive implementabili per le facciate e notevoli sono i risparmi energetici conseguibili dalla loro corretta applicazione. In via esemplificativa si segnala, quale significativo campione, l’impiego per le componenti vetrate di elementi elettrocromici, che fanno parte della famiglia degli elementi vetrati cromogenici, capaci, cioè, di variare le proprie caratteristiche ottico-termiche quando sottoposti a opportuni stimoli ambientali o di comando. In particolare, il fenomeno elettrocromico si manifesta come cambiamento persistente e reversibile
di cromia al passaggio di corrente elettrica, ovvero mediante la simultanea iniezione o estrazione di ioni (in genere H+, Li+) ed elettroni (e-) mediante un impulso di tensione o con tecniche equivalenti. Se il processo viene innescato dalle iniezioni di ioni, il fenomeno elettrocromico si qualifica di tipo catodico, al contrario, se la colorazione avviene per estrazione, di tipo anodico. Con tecniche di sputtering vengono deposti sul vetro livelli alternati, in scala nanometrica, di ossidi metallici per costituire un sistema con due strati di materiale conduttore elettronico trasparente, generalmente ossido di indio drogato stagno (ITO), che sono messi a contatto mediante un conduttore
20%
40%
60%
80%
incr %
N -S SE - NO E-O
33,67 47,8 50,9
36,19 70 76
38,3 90,6 99,4
40,09 109 120,1
19,07 128,03 135,95
N -S SE - NO E-O
32,82 40,7 42,7
34,87 57 61
36,74 72,8 78,6
38,43 87,5 95
17,09 114,99 122,48
N -S SE - NO E-O
31,24 30,3 31
31,94 36,1 37,3
32,63 42 43,5
33,25 47,7 49,5
6,43 57,43 59,68
N -S SE - NO E-O
32,6 39,2 40,9
34,47 54 57,4
36,21 68,5 73,4
37,74 81,9 88,2
15,77 108,93 115,65
N -S SE - NO E-O
31,19 30 30,7
31,85 35,5 36,6
32,5 41,1 42,5
33,11 46,6 48,1
6,16 55,33 56,68
Tabella 1. Incrementi percentuali a parità di tecnologia impiegata e all’aumentare delle superfici vetrate. 2
66 _ ilProgettoSostenibile 30
ionico, generalmente un polimero elettrolitico. Quando un impulso elettrico viene applicato, in funzione dell’intensità e durata, lo strato elettrocromico si scurisce progressivamente; manterrà tale cromia per un periodo di circa 12 ore o fino all’applicazione del successivo impulso. Chiaramente, poter modulare la trasparenza delle superfici vetrate e, quindi, poter schermare gli ambienti dall’irradiazione solare eccessiva o sfruttarla appieno quando opportuno, porta benefici alla gestione energetica degli edifici. Benefici di cui possono avvalersi edifici sia esistenti che di nuova realizzazione per raggiungere i livelli prestazionali imposti dalla normativa comunitaria in materia di contenimento dei consumi energetici. In particolare, per gli edifici esistenti, e maggiormente per quelli di pregio storico e sottoposti a vincolo di tutela, l’opportunità di adeguare le prestazioni senza intervenire sulle strutture risulta di notevole e significativo interesse. Uno studio numerico condotto dallo scrivente su un modello campione situato a Napoli, nelle varie condizioni e ipotesi esposte nel seguito, ha permesso di raccogliere un’ampia casistica di dati. L’analisi termica globale tramite simulazioni sull’edificio campione, nelle varie condizioni e ipotesi, ha condotto ai risultati di calcolo riportati nelle tabelle, che analiz-
zano per ognuna delle circa ottanta combinazioni, tra orientamento e percentuale di superficie vetrata, le cinque tecnologie di superfici vetrate, che sono sintetizzate e confrontate nella tabella e nei grafici riportati di seguito. Le tabelle, una per ciascun orientamento considerato, raccolgono i dati ordinati per riga, a seconda della tecnologia realizzativa delle finestre, e per colonne, a seconda della percentuale di superficie vetrata presente. I cinque sistemi realizzativi delle superfici traslucide sono indicati con le seguenti abbreviazioni: dbl clr 6/13 air - doppio vetro tradizionale chiaro vetri da 6 mm con intercapedine di 13 mm riempita aria; dbl LoE EL abs bl - doppio vetro elettrocromico allo stato chiaro con pellicola basso-emissiva assorbente, vetri da 6 mm con intercapedine di 13 mm riempita aria; dbl LoE EL abs cl - doppio vetro elettrocromico allo stato scurito con pellicola basso-emissiva assorbente, vetri da 6 mm con intercapedine di 13 mm riempita aria; dbl LoE EL ref bl - doppio vetro elettrocromico allo stato chiaro con pellicola basso-emissiva riflettente, vetri da 6 mm con intercapedine di 13 mm riempita aria; dbl LoE EL ref cl - doppio vetro elettrocromico allo stato scurito con pellicola basso-emissiva riflettente, vetri da 6 mm con intercapedine di 13 mm riempita aria. Si segnala che, a seconda della
posizione, la pellicola basso-emissiva riflette parte delle radiazioni incidenti provenienti dall’esterno o riduce la percentuale di radiazione passante dall’interno verso l’esterno, contribuendo al controllo solare o alla riduzione delle dispersioni termiche invernali. I valori di consumo energetico totale per condizionamento estivo raccolti sono espressi dimensionalmente in kilowatt (kW). È da tener presente che, al variare dell’orientamento, i dati invernali non variano, a causa della logica insita negli algoritmi di calcolo del programma di simulazione utilizzato: infatti l’algoritmo, per porsi nelle condizioni peggiori, trascura nei calcoli il contributo gratuito dell’irraggiamento solare. Si nota, in condizione invernale, che le prestazioni termiche delle finestre elettrocromiche analizzate mostrano comportamenti migliori rispetto alle finestre ad alta tecnologia tradizionale con le quali sono state confrontate. Le prestazioni estive migliori tra tutti i casi analizzati si ripropongono, indipendentemente dall’orientamento e dalla percentuale di superficie vetrata, per il caso che prevede l’impiego delle finestre elettrocromiche con pellicola basso-emissiva riflettente allo stato “scurito” indicato in tabella come “dbl LoE El ref cl”. Detti risultati sono evidenti analizzando gli incrementi percentuali, raccolti per orientamento, dei valori di consumo energetico tota-
le per condizionamento calcolati per le tecnologie elettrocromiche rispetto al caso dei doppi vetri tradizionali preso come benchmark. Osservando la tabella di sintesi (tab. 1) dei dati si nota che, mentre per il caso delle finestre tradizionali con doppio vetro vi è un grande sbalzo tra i valori riportati al variare dei parametri presi in considerazione, lo scarto si riduce drasticamente per tutte le vetrate a controllo solare. Così, se per il caso dei doppi vetri tradizionali, con una incidenza della superficie vetrata dell’80% l’incremento percentuale dei valori della richiesta totale di energia per raffreddamento estivo di progetto sono del: 31%, passando da N-S a SE-NO, 59% passando da N-S a E-O, 10% passando da SE-NO a E-O, per il caso dei doppi vetri elettrocromici, con eguale incidenza di superficie vetrata e pellicola basso-emissiva riflettente le percentuali sono rispettivamente del: 17%, passando da N-S a SE-NO, 24% passando da N-S a E-O, 3,2% passando da SE-NO a E-O. Il fine ultimo delle esperienze condotte è stato quello di verificare, e in qualche modo quantificare, nelle condizioni prescelte, i margini di guadagno in termini di risparmio energetico dovuti alle risposte prestazionali specializzate delle finestre che impiegano elementi elettrocromici. Le analisi ritenute più significative sono senz’altro quelle condotte in
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Figura 3. Esempio di calcolo dinamico dell’andamento delle temperature e dei consumi per condizionamento.
Carico termico da disperdere
Dispersioni termiche in regime invernale PIANO
TEMPERATURA
DISPERSIONE
Terra primo Secondo
16,6 16,97 16,76 Totale
5,075 4,559 5,011 22
PIANO
Picco kW
Temp max
Ora Temp max
Terra primo Secondo
8,317 10,929 11,796 Totale
30,01 32,76 33,78 46,6
16.00 16.00 16.00
Temperature and Heat Gains - Napoli, 80% Period 15 Jul
EnergyPlus Output
*** EVALUATION ***
Temperature (°C)
32,5 30,0 27,5 25,0
Heat Gain (KW)
22,5
0
-25
Time Air Temperature Radiant Temperature Outside Dry-Bulb Temperature Glazing Glazing Occupancy Gains Transmitted Solar Gains Plant Cooling
3
2:00 27,04 27,37 22,58 0,00 -3,16 0,00 0,00 0,00
4:00 26,47 26,83 22,98 0,00 -3,25 0,00 0,00 0,00
6:00 26,55 27,88 24,32 4,70 -0,87 0,00 1,92 0,00
8:00 26,00 31,25 26,55 13,11 0,00 3,11 4,59 -17,33
10:00 26,00 30,91 29,35 10,71 0,00 3,11 2,93 -18,63
12:00 26,00 31,10 31,68 12,62 0,00 3,11 2,66 -21,70
14:00 25,00 32,30 33,02 17,64 0,00 3,11 4,27 -27,98
16:00 25,00 33,02 33,02 19,45 0,00 3,11 5,20 -31,04
18:00 29,27 31,56 31,58 11,75 0,00 0,00 3,63 0,00
20:00 30,59 30,80 29,35 0,00 -2,37 0,00 0,00 0,00
22:00 28,64 28,75 26,65 0,00 -2,62 0,00 0,00 0,00
Air Temperature
Radiant Temperature
Outside Dry-Bulb Temperature
Glazing
Glazing
Occupancy Gains
Transmitted Solar Gains
Plant Cooling
68 _ ilProgettoSostenibile 30
regime estivo; è infatti in condizioni di forte irraggiamento solare e di temperature elevate che le caratteristiche peculiari degli elementi vetrati elettrocromici assicurano i risparmi energetici maggiori. Deve segnalarsi, ancora, che la scelta di “localizzare” l’edificio campione a Napoli ha portato all’adozione del profilo meteorologico tipico del relativo ambito geografico, con inverni temperati ed estati sempre più lunghe e calde. In questa ipotesi operativa è il controllo solare estivo che può offrire i maggiori vantaggi in termini di risparmio energetico sia perché legato alla mitigazione dei consumi più massicci, sia perché protratto per tempi più lunghi. Ciò nonostante, si evidenzia che il risparmio presunto si estende lungo tutto il ciclo delle stagioni. In particolare si può prevedere che, in regime invernale, il comportamento delle finestre elettrocromiche sia prevalentemente quello studiato come stato bleached (schiarito), per sfruttare in maniera ottimale la luce solare e i contributi termici gratuiti del sole; mentre in regime estivo lo stato prevalente sia quello studiato come colored (scurito), per ridurre l’abbagliamento e il dispendio energetico per condizionamento, necessario al mantenimento delle condizioni di comfort prescelte. Confrontando i dati analitici, in particolare la richiesta totale di
energia per raffreddamento estivo, sono stati comparati, al mutare delle variabili prese in considerazione, gli incrementi percentuali del consumo energetico totale sull’intero giorno di progetto. Nel condurre le analisi delle prestazioni e le verifiche dei vantaggi prodotti dall’adozione di elementi ad alta tecnologia, considerati gli ingenti costi di installazione e gestione, ci si deve comunque porre anche il quesito se gli stessi obiettivi possano essere raggiunti con l’adozione di altre soluzioni più economiche. Pertanto, studiando i vantaggi dell’adozione delle finestre elettrocromiche, ci si deve anche chiedere se sistemi tradizionali, con opportune modalità di impiego, non possano in qualche modo assicurare le stesse prestazioni. In particolare, si deve valutare se una soluzione low-tech, come l’adozione di sistemi schermanti, siano essi fissi o manovrabili dagli utenti, può assicurarci le prestazioni richieste, con un minore impegno economico. Intanto, in questo ambito non si prendono in considerazione i sistemi schermanti fissi, dal momento che essi, attuando una modifica permanente del comportamento ottico-termico delle finestre, presentano una staticità che male si presta a essere confrontata con sistemi intelligenti. Inoltre, si considera che la loro possibile adozione può idealmente entrare in conflitto con una
rispetto a quella opaca di 20%. Nel confronto riportato si evidenzia che l’incremento significativo delle prestazioni, superiore al 5%, è per la finestra con doppio vetro tradizionale. Gli incrementi, per i casi nei quali siano state adottate finestre con tecnologia elettrocromica, richiedono una maggiore attenzione nell’analisi. Per entrambe le tecnologie, pellicola LoE assorbente o riflettente, ed entrambi gli stati possibili, schiarito o scurito, l’introduzione di elementi schermanti interni produce un incremento del dispendio energetico per condizionamento. Questo incremento, più sensibile per gli stati scuriti, corrisponde alla creazione tra la finestra e il sistema schermante di un’area
visione architettonica ispirata alla scelta di sistemi di facciata con ampie superfici vetrate. Il confronto, che si ritiene risulti più significativo e coerentemente opportuno, è invece con sistemi schermanti interni mobili, operabili dagli utenti, con elementi ad alta riflettanza per schermatura estiva. Sono state, quindi, condotte le analisi del consumo energetico con l’impiego dei sistemi schermanti mobili per tre orientamenti, una volta con il 20% di superficie vetrata rispetto a quella opaca e una volta con l’80% dell’edificio campione. Per questi valori è possibile operare un confronto diretto con i casi già analizzati, così come riportato esemplificativamente per il caso dell’orientamento N-S con un incidenza della superficie vetrate
Temperatura di fusione °C Densità g/cm3 Resistività micro-ohm cm Conducibilità termica W/m°C Capacità termica J/kg°C Modulo di Young GPa Fase beta Martensite Carico di snervamento MPa Fase beta Martensite Carico di rottura (UTS) Mpa Temperatura di trasformazione °C Deformazione recuperabile % Isteresi °C (DT)
CuZnAl
CuAlNi
NiTi
950-1020 7,64 8,5-9,7 120,00 400,00
1000-1500 7,12 11-13 30-40 373-574
1300 6,45 80-100 0,18-0,86
72 70
85 80
83 24-41
350 80 600 < 120 4 15-25
400 130
195 a 690 70 a 140 895 da -200 a 110 4-6 30-50
< 200 4 15-25
Tabella 2. Principali caratteristiche meccanico-fisiche di alcune leghe a memoria di forma.
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nella quale si instaurano dei meccanismi di accumulo del calore. Quando ha inizio l’irraggiamento solare, le veneziane assorbono parte del calore trasmesso, mantenendo inizialmente la temperatura dell’aria nell’ambiente più bassa; presto, però, queste iniziano a trasmettere energia per irraggiamento nella gamma di frequenze che il vetro riflette, innescando così un effetto serra tra la veneziana e la finestra e surriscaldando l’aria. In conclusione, le esperienze condotte e i dati ottenuti consentono di porre in evidenza alcuni risultati. L’uso di finestre ad alta tecnologia ha un grande impatto su tutto il comportamento termico dell’edificio e se ciò è evidente e comprovato per il nostro edificio campione, di soli tre piani, lo è ancor di più e a maggior ragione per edifici moderni multipiano e per i grattacieli. Studiando lo stesso edificio con varie incidenze delle superfici vetrate rispetto a quelle opache, si è valutato che il rapporto tra i valori delle richieste totali di energia per condizionamento estivo per il giorno assunto di riferimento, a parità di tecnologia impiegata, e all’aumentare delle superfici vetrate, aumenta in maniera molto marcata per il caso dei doppi vetri tradizionali. Per questo tipo di finestre infatti, a seconda dell’orientamento, l’incremento va dal 19% al 136%. Questo stesso aumento si riscontra per i casi di finestre elettrocro-
miche allo stato schiarito, mentre è quasi dimezzato per lo stato scurito. È evidente che i valori ridotti delle differenze tra tradizionale ed elettrocromico riscontrabili per i casi studiati con orientamento N-S sono dovuti al ridotto irraggiamento solare delle superfici dei lati maggiori della pianta rettangolare esposti in quelle direzioni. Se aggiungiamo alle considerazioni già sviluppate per le condizioni estive anche un confronto di prestazioni in condizioni invernali, si nota che anche in questo caso, così come c’era da aspettarsi, vi è un leggero margine di vantaggio nell’impiego delle finestre elettrocromiche con pellicola basso emissiva assorbente allo stato schiarito. Questo margine invernale, a vantaggio della tecnologia con pellicola basso emissiva assorbente, è dello stesso ordine di grandezza del vantaggio estivo della tecnologia con pellicola basso emissiva riflettente. La scelta tra le due tecnologie allora deve essere dettata da considerazioni climatiche, ovvero dalle condizioni metereologiche prevalenti del sito nel quale è ipotizzato l’edificio. Ad esempio, un edificio ubicato a Napoli con il suo clima mite in inverno e con estati lunghe e molto calde beneficia maggiormente dall’adozione di finestre elettrocromiche rispetto a quelle tradizionali, anche se ad alte pre-
stazioni, mentre tra le due tecnologie elettrocromiche prese in considerazione un bilancio globale conduce a consigliare le finestre elettrocromiche a pellicola basso emissiva riflettente. Questi risultati sono suscettibili di ulteriori approfondimenti ampliando la rosa dei casi analizzati; futuri sviluppi di ricerca possono essere indirizzati all’analisi di diverse tipologie di edifici, variandone il numero di piani e la conformazione, e includendo l’analisi delle eventuali ombreggiature dovute a edifici contigui. Quando la casistica dovesse diventare sufficientemente ampia, si può prevedere la creazione di un abaco quale strumento di progettazione e discernimento delle scelte riguardanti la tecnologia realizzativa delle finestre. Vale la pena menzionare che l’efficacia di tali tecnologie è legata anche all’algoritmo di interpretazione dei dati ambientali e all’efficacia del sistema controllo. Oltre ai sistemi di controllo automatici centralizzati dell’involucro edilizio, che altro non sono che una integrazione degli impianti meccanici tradizionali, l’avanzamento scientifico-tecnologico ha proposto soluzioni che si orientano verso l’impiego di componenti con un intelligenza diffusa. Ricorrendo, ad esempio, a componenti che fanno uso di materiali capaci di reagire, entro certi parametri, ai cambiamenti dell’ambiente circostante, con il muta-
mento delle proprie proprietà fisico-chimiche. Tali componenti, integrati nell’involucro edilizio, gli conferiscono capacità non tanto attive quanto reattive, poichè, non utilizzando un unità logica centrale decisionale, dispensano dall’uso di una rete di sensori e di controllo e, infine, di attuatori attivati da impulsi distribuiti tramite una rete di comando. Sono da considerare reattivi i materiali a passaggio di fase, i quali permettono il controllo dell’inerzia termica dell’involucro; sono tali quindi anche gli elementi vetrati fotocromici e termo cromici. Per la realizzazione di attuatori meccanici capaci di movimentare prese di ventilazione e sistemi schermanti, in particolare, si ritengono interessanti le proprietà delle leghe a memoria di forma. Tali materiali godono della proprietà di “memorizzare” una certa forma: in caso di deformazione, anche consistente, è possibile far riassumere all’oggetto la forma originaria, portandolo al di sopra di una temperatura di transizione caratteristica. Questa proprietà è dovuta alla trasformazione martensitica, che è responsabile, oltre che dell’ effetto di memoria di forma, anche dell’effetto della cosiddetta superelasticità, ovvero la possibilità del materiale di subire deformazioni in campo elastico con elongazioni o compressioni notevoli. Una lega a memoria di forma presenta usualmente una transizione
70 _ ilProgettoSostenibile 30
tra una fase cristallina a bassa simmetria (detta fase martensitica) che è stabile al di sotto di una certa temperatura critica, e una fase a simmetria più alta (normalmente cubica) che è stabile al di sopra di tale temperatura critica. Quando la lega nella fase ad alta simmetria viene raffreddata al di sotto della temperatura di transizione, la sua struttura cambia nella fase martensitica, a simmetria più bassa: la struttura della lega si riorganizza mediante la formazione di numerosi microcristalli (domini) di fase martensitica, con differenti orientamenti (un comportamento detto di auto-aggiustamento). L’interfaccia tra i vari domini martensitici può costituire una dislocazione mobile utile per la deformazione: se la lega viene sottoposta a sforzo a bassa temperatura, si
adatta al variare dei livelli di illuminazione esterna. Il sistema ideato ha inteso porre a frutto le proprietà di riduzione delle radiazioni luminose dei filtri polarizzati, per primi commercializzati da Edwin Land. I metodi e i risultati empirici della ricerca sono rappresentati da una serie di prototipi che descrivono le potenzialità della modulazione della luce negli involucri degli edifici, sia dal punto di vista termico che estetico. I prototipi sono costituiti da applicazioni nel campo degli elementi costitutivi gli involucri edilizi in grado di fungere da filtro selettivo e poroso tra il costruito e l’ambiente naturale. Per attivare detti elementi costitutivi dell’involucro è necessario ricorrere ad apposite tecnologie di
ottiene una deformazione che ha luogo per scorrimento delle interfacce dei vari domini martensitici; se a questo punto la lega viene riscaldata a una temperatura superiore a quella alla quale la fase martensitica è stabile, i vari domini martensitici si riorganizzano nella forma cristallina ad alta temperatura (la cosiddetta trasformazione termoelastica reversibile) e il materiale recupera la forma originaria. Una ricerca avente per oggetto l’impiego in edilizia di tale materiale è stata condotta dallo scrivente presso la Carnegie Mellon University di Pittsburgh. Finalità generale della ricerca è stato lo studio di un’applicazione tecnologica per l’edilizia di meccanismo di attuazione di un sistema schermante automatico che si
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azionamento. Ve ne sono molteplici che assicurano in varia misura il soddisfacimento delle richieste prestazionali necessarie che sono: a) buon rapporto dimensioni/potenza; b) alta efficienza energetica; c) alta sensibilità; d) facilità di manutenzione e) lunga vita; f ) possibilità di riutilizzo/riciclaggio; g) basso costo. Le tecnologie considerate sono state: i servomeccanismi, i componenti a memoria di forma, l’aria compressa, la pressione idraulica e i materiali a cambiamento di fase, come la paraffina. Ognuna ha i suoi pregi e difetti. La scelta per il progetto di ricerca condotto è caduto sull’uso del nichel-titanio (NiTi) in fili, a causa del loro basso costo e della loro affidabilità. I fili di NiTi a memoria di forma
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Figura 4. Schema del prototipo del modulo di schermatura solare in azione.
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Figura 5. Prototipo di modulo di schermatura solare attuato con leghe a memoria di forma. Figura 6. Prototipo di modulo di schermatura solare in azione. 4
6
Tecnologie e innovazione _ 71
Figura 7. Ciclo di trasformazione dei metalli a memoria di forma. Figura 8. Rapporto tensione/deformazione. Figura 9. Presa di ventilazione attuata da metalli a memoria di forma.
7
possono essere utilizzati per generare forze lineari. Al riscaldamento, sia per variazioni delle condizioni ambientali o per effetto Joule, i fili in lega si contraggono rapidamente all’interno di una gamma di spostamento controllabile fino al 5% della sua lunghezza. Una forza di contrasto può quindi estendere il filo di nuovo quando si raffredda, in preparazione del prossimo ciclo. Nella prima fase del progetto, il filo di NiTi è stato attivato per effetto Joule, in questo approccio, la corrente elettrica assorbita riscalda la lega a memoria di forma. In particolare, un impulso a modulazione è utilizzato per ridurre il consumo energetico nell’azionamento elettrico degli attuatori a
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memoria di forma: questo migliora l’efficienza energetica a scapito dei tempi di risposta, che non sono comunque un requisito in questo assemblaggio. Infine, dato che l’obiettivo finale del progetto di ricerca è quello di ideare e realizzare un “azionamento intelligente” (la combinazione di funzioni di rilevamento e di attuazione nello stesso componente), la scelta di fili NiTi, che possono essere azionati da variazioni delle proprietà termiche del mezzo nei quali sono immersi o da irraggiamento solare diretto, consente questo sviluppo futuro. Il primo prototipo (figg. 4, 5) è dotato di un sensore di luce che, tramite un microprocessore, invia l’impulso elettrico che attiva il filo a memoria di forma. Alla contrazione, uno strato di pellicola pola-
rizzata ruota rispetto allo strato fisso, generando vari gradi di trasmissione della luce. L’impulso è programmato per modulare la corrente e ottenere il livello di luce desiderato sul lato interno del filtro. Il secondo prototipo è attuato con una azione lineare. Il modello di filtro è accoppiato a due lastre di vetro: uno rimane fisso, mentre l’altro è azionato da attuatori lineari montati nella direzione x e y. Il grado di trasmissione ottica è una funzione della rotazione relativa dei filtri (fig. 6). Il sistema di schermatura è proposto per il retrofit di costruzioni esistenti e per le nuove costruzioni. In entrambi i casi la posizione preferita del filtro è all’esterno dell’edificio, sul lato esposto alla radiazione solare.
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Ciò presenta problemi per la durabilità del sistema, poiché è esposto ad agenti atmosferici, ma permette al sistema di fungere da scudo termico e di filtro della radiazione termica prima che essa raggiunga l’interno. La raccolta dei dati termici e di illuminazione sono ancora in corso per poter determinare il rapporto di queste grandezze con i disegni e l’orientamento dei filtri. Questa operazione costituirà oggetto della successiva fase di sviluppo della ricerca, dalla quale ci si attende una risposta in merito all’efficienza del sistema e al suo possibile trasferimento nel campo della produzione di elementi innovativi per l’edilizia.
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TECNOLOGIE E INNOVAZIONE
La traslucenza nell’involucro architettonico: materiali e applicazioni Valentina Modugno Università degli Studi di Ferrara Facoltà di Architettura
Le nuove tendenze espressive della progettazione architettonica contemporanea sempre più osano sperimentazioni di materiali e soluzioni tecnologiche innovative a favore dell’uso di effetti visivi e percettivi di traslucenza, applicati all’involucro architettonico.
Negli ultimi anni, molti progettisti architettonici non solo hanno dedicato la loro attenzione alla creazione di ambienti stimolanti, ma si sono sempre più concentrati sulla progettazione delle superfici, sulle proprietà tattili, di colore e di texture, dei materiali costruttivi. Il coinvolgimento sensoriale viene sempre più spesso applicato all’involucro, facendolo assurgere ad elemento di raffigurazione artistica e, talvolta, grazie al suo grado di astrazione, ad elemento di dialogo particolarmente inusuale con l’ambiente che lo circonda. Si vuole quindi indagare il tema della traslucenza applicato all’involucro architettonico attraverso la lettura delle nuove tendenze espressive della progettazione contemporanea, che sempre più si apre verso la sperimentazione di materiali e soluzioni tecnologiche innovative. Nell’attuale cultura percettiva l’architettura pare spostare i limiti interpretativi ed essenziali dalla sensorialità, ottenuta attraverso le caratteristiche dei materiali, alla sensorialità esito degli effetti della luce artificiale o naturale applicata agli stessi (fig. 1). L’involucro viene deputato quale punto di convergenza tra le istanze tecniche e le istanze rappresentative del progetto di architettura, e protagonista, anche a sé stante, nel dialogo con tutto quello che lo circonda (strada, piazza, ambiente, natura, altri edifici ecc.): è il frons scenae, ovvero una trasposizione all’ester-
no dei contenuti formali, sia tecnici che semantici, dell’edificio.
Nuove tendenze ‘traslucide’ La crescente diffusione di modelli progettuali applicativi di facciate/involucri di natura traslucida, caratterizzati da istanze progettuali e da esiti attuativi assai diversificati all’interno del panorama architettonico contemporaneo, pone al centro dell’attenzione non soltanto la quantità e la qualità delle singole soluzioni tecnologiche rispetto al tema, ma anche le modalità di selezione dei criteri di risposta ai requisiti di natura percettiva legati all’involucro e quindi alle diverse prestazioni richieste a tal fine allo stesso. Tale analisi trae origine dall’osservazione di alcune limitazioni nel coordinamento tra metodologie progettuali e
approcci applicativi sviluppati in diversi contesti, sviluppando una riflessione sul rapporto tra progetto di architettura ed il percorso di costruzione dello spazio architettonico in cui la luce trova un ruolo meno convenzionale nella qualificazione della percezione dei luoghi. Diventa quindi indispensabile riconoscere, all’interno di tale tendenza, i possibili percorsi d’innovazione tecnologica, sia di natura produttiva che di sistema, tramite l’articolazione delle esperienze condotte su piani certamente coordinati, ma di fatto chiusi (prototipi). Talvolta si è osservata come prevalente una scelta di materiale a caratterizzazione dell’involucro, altre volte dominante l’applicazione di una scelta di sistema costruttivo e/o funzionale sul materiale specifico di impiego. Le dinamiche tra queste attitudini
Figura 1. Club House Rohner a Fussach (Austria), progetto di Baumschlager & Eberle. Involucro traslucido realizzato con vetri acidati. 1
ordinative progettuali non rispondono sempre a regole codificate e ripetibili, pur non presentandosi come casus (come occasionalità), ma di sicuro appaiono frequentemente come unicum. L’assenza, allo stato attuale, di una lettura sistematica circa il rapporto fra scelte tecnologiche e percezione degli esiti morfologici e prestazionali del progetto architettonico di involucri traslucidi, che si muova sia su interventi di recupero e riqualificazione che su nuove costruzioni, stimola l’interesse verso una ricerca orientata a offrire modalità di lettura del fenomeno e suoi futuri scenari evolutivi. Si tratta di ricercare strade che evidenzino il nesso causale tra percezione dello spazio e dei materiali, e prestazioni del “pacchetto-involucro” che li deve ingenerare. Tale rapporto si esplicita e si esalta
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nelle architetture contemporanee, ma fonda le sue radici in numerosissime fasi ed esempi della storia dell’architettura (fig. 2). Diverse sono le modalità con cui prende corpo la traslucenza nelle varie fasi della storia dell’architettura: la sottrazione di materia, la lavorazione della sua superficie o la sovrapposizione di piani con diversi gradi di permeabilità visiva sono le strategie principali d’elezione con cui la traslucenza si esprime (fig. 3). Nei nuovi sperimentalismi progettuali appaiono spesso superati i dualismi ideologici di ‘naturale/artificiale’ al pari di ‘etico/non sostenibile’, a fronte di nuove visioni d’insieme del progetto caratterizzate dalla ricerca di massima efficienza e basso costo. Low-tech, materiali naturali e derivati da settori produttivi diversi da quelli
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edili, esito di transfer tecnologico, convivono e si propongono alla valutazione qualitativa del tempo. Si tratta di un’indagine a tutto campo, che, partendo dalla studio dei materiali e dall’analisi degli effetti ingenerati dall’interazione luce-materia, si cimenta nell’articolazione delle loro applicazioni a sistemi costruttivi specializzati, per lo più a secco, cercando l’ottimizzazione economica (il basso costo) ed energetica del costruito nel rispetto di un Life Cycle Assessment predeterminato e del massimo livello ecologico possibile.
La luce: ‘materiale’ per involucri architettonici traslucidi, mediaticità ed efficienza energetica L’aggettivo traslùcido, o lett. translùcido (dal latino trans - “attraver-
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Figura 2. Istituto del mondo Arabo a Parigi, progetto di Jean Nouvel (1987). L’involucro si sviluppa attorno all’organizzazione e ai mutamenti della luce nello spazio, letteralmente questo avviene attraverso dei diaframmi, simili a quelli della macchina fotografica, attivati da fotocellule site nella parete sud e nel pozzo d’illuminazione posto al suo centro e rivestito di lastre sottili di alabastro, due diversi modi per esprimere la traslucenza.
Figura 3. Museo d’Orsay a Parigi. La grande vetrata traslucente, caratteristica della vecchia stazione ferroviaria, diffonde luce soffusa nella galleria centrale.
so” - e lūcĕo - “brillare, splendere, vedersi attraverso”1) si dice proprio di “un corpo dotato di un particolare grado di trasparenza, che consente di percepire l’immagine e la forma di un oggetto posto dietro di esso, ma non di distinguerne i contorni, anche con riferimento per enallage all’immagine di un oggetto percepito attraverso un mezzo trasparente; sinonimo di diafano, dal greco διαφαινω ‘lasciar intravedere, rivelare, lasciar passare la luce’, si dice di corpo parzialmente trasparente, che permette di scorgere almeno i contorni dell’oggetto posto dietro di esso2. Desumendo da tali premesse etimologiche, il rapporto fra un corpo traslucido, in particolare una superficie architettonica, quale l’involucro esterno degli edifici, e la percezione umana, stimo-
lata nei sensi della vista e talvolta del tatto, attraverso strumenti espressivi quali la luce e i colori, è immediatamente riscontrabile nell’odierna concezione del costruire. Inoltre è dimostrabile che l’uso di materiali e superfici traslucide negli involucri architettonici non è solo una tendenza dell’architettura contemporanea, ma affonda le sue radici in un preciso percorso conoscitivo di questo fenomeno percettivo, a metà fra la trasparenza e l’opacità, trovando interpretazioni sia da un punto di vista compositivo-percettivo, sia da un punto di vista tecnologico-prestazionale. L’utilizzo di materiali naturalmente diafani, come le lastre sottili di lapideo o particolari materiali plastici, piuttosto che altri artificialmente resi diffusori opalescenti di luce, come i vetri trattati (acidati,
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Figure 4a-4f. Immagini/icona delle principali tipologie di materiali utilizzati per involucri traslucidi: lapidei (a), vetrosi (b), metallici (c), plastici (d,e) e legnosi-vegetali (f).
sabbiati, serigrafati...), i tessuti metallici o gli elementi filiformi in legno e materiali vegetali, risulta essere intimamente legato al progetto architettonico della luce in modo ambivalente (fig. 4). Da un lato, infatti, l’utilizzo di tali superfici in relazione alla luce, naturale o artificiale, valorizza aspetti compositivi e percettivi del manufatto architettonico: giochi chiaroscurali, ombre, riflessi o superfici retroilluminate ed articolate grazie a ‘doppie pelli’ attrezzate con lampade; situazioni in cui l’eventuale ‘colore’ attribuito alle superfici determina un valore aggiunto per l’involucro. Dall’altro ‘pelli’ traslucide, ottenute attraverso l’uso di superfici continue (lastre, pannelli senza soluzione di continuità materica) o discontinue (elementi ottenuti per sottrazione di materia, tramite taglio, incisione, foratura; o per adduzione di elementi filiformi: tessuti, maglie ecc.), partecipano al bilancio energetico dell’edificio attraverso un loro particolare apporto prestazionale in termini di controllo dell’incidenza luminosa e dell’introspezione visiva delle attività interne, nonché dando un contributo alla qualità termoigrometrica indoor. A partire dagli anni Ottanta del ‘900 accanto alle superfici trasparenti anche quelle traslucide acquistano significato. Accanto alla smaterializzazione data dal vetro, anche la visibilità della densità materica e della consistenza di un materiale di per sé trasparente
diventa un tema centrale. Questo nuovo sviluppo è stato reso possibile dalla presenza di molti prodotti e procedimenti produttivi e di installazione nuovi. Le possibilità offerte da trattamenti come la satinatura, la sabbiatura, la serigrafia, l’uso di film plastici o pellicole dicroiche o di nuovi materiali, portano a sperimentare sempre di più soprattutto sugli involucri architettonici. Questo riconduce anche alla consapevolezza architettonica, che lavorare con questi materiali significa configurare la luce nel progetto (fig. 5). La Kunsthaus di Bregenz di Peter Zumthor (1997) esemplifica bene questo percorso architettonico:
l’edificio realizzato interamente in calcestruzzo armato è ‘velato’ da un involucro diafano e continuamente diverso a seconda del punto di visuale, dell’ora del giorno e delle condizioni di illuminazione: talvolta rispecchia, luccica o riflette i raggi del sole, talvolta appare compatta e opaca, di notte si trasforma in ‘lucerna’ per la città. L’involucro composto da lastre di vetro satinato, uniformi su tutti i lati, donano agli spazi interni grande luminosità, filtrata, non di disturbo per la percezione delle opere esposte, anzi, i profili delle forme architettoniche fluttuano, fino a sfumare in un confine indefinito fra architettura e cielo (figg.
6, 7, 8). Il progettista quindi interpreta le proprie facciate come riflessi del nostro mondo sommerso dai mass-media, facendo tuttavia in modo che esse stesse contribuiscano a questa immensa massa di immagini: nasce così un nuovo concetto di decorazione. Si veda il caso dell’involucro in vetro stampato della sede delle assicurazioni SUVA a Basilea ad opera di Herzog & de Meuron (1993), dove i grandi caratteri o le scritte piccolissime ripetute infinite volte, oltre a fornire pubblicità alla ditta, servono a rendere la superficie semitrasparente (fig. 9). Ed ancora la spettacolare facciata
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Figura 5. Dichroic Light Field, Millennnium Tower a New York, progetto di James Carpenter. I suoi particolari rivestimenti dicroici sono composti da ossidi di metallo diversi, realizzati con prismi di vetro strutturale: la luce viene scomposta, attraverso processi di interferenza, nei colori dello spettro luminoso, lasciando passare i raggi o riflettendoli a seconda dell’angolo di incidenza.
satinato della Kunsthaus di Bregenz (Austria), progetto di Peter Zumthor (1997).
Figura 6. Vista esterna dalla piazza dell’involucro traslucido in vetro
mediatica della Kunsthaus a Graz di Peter Cook e Colin Fournier (2003) con la consulenza dello studio Kress+Adams, celebra il trionfo dell’utopia luminaria. L’edificio, soprannominato dagli architetti Friendly Alien, rappresenta un esempio all’avanguardia di architettura contemporanea in un contesto storico urbano (fig. 10). La facciata esterna è composta da circa 1250 pannelli di plexiglas, curvati singolarmente e fissati sopra la membrana impermeabilizzante della “pelle”, ciascuno montato su sei punti di fissaggio flessibili, così da compensare le tolleranze dell’edificio e permettere la libera deformazione termica.
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L’intercapedine tra la copertura ed il rivestimento esterno permette la ventilazione naturale dell’edificio e l’installazione della facciata multimediale BIX, una matrice di 930 lampade fluorescenti integrate nel prospetto verso est. Immagini e animazioni possono essere proiettati grazie alla possibilità di regolare individualmente la luminosità delle lampade con immagini variabili fino a 20 fotogrammi al secondo. L’installazione BIX e l’architettura della Kunsthaus condividono un forte rapporto simbiotico. Non si tratta di una parete video separata, è la Kunsthaus stessa che irradia caratteri ed immagini: in tal modo è stata raggiunta la massi-
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ma integrazione tra edificio e immagine, sviluppando, attraverso l’uso creativo della luce artificiale, metodi per una comunicazione dinamica tra edificio e ambiente circostante, tra contenuto e percezione esterna (fig. 11). Ma talvolta, sempre più di frequente, lo sviluppo di questa tendenza mediatica per l’involucro edilizio supera i soli effetti decorativi, ricercando contestualmente prestazioni di protezione dal sole, dall’introspezione ed energetiche, attive o passive. Pannelli scorrevoli in vetro opalino che, oltre a fungere da sistema di semi-oscuramento e chiusura esterna, determinano la mutevo-
lezza del volume architettonico: è il caso del complesso residenziale in Sebastianstrasse a Dornbirn (Austria) di Baumschlager & Eberle (2001). Dietro il vecchio fienile recuperato sul fronte strada, il nuovo edificio, più arretrato, presenta un involucro in pannelli di vetro opalino, traslucente, mutevole a seconda delle condizioni del tempo e dell’ora del giorno, talvolta chiusi o o aperti a seconda delle esigenze d’uso degli utenti dei singoli appartamenti. Sembrano una cortina di seta, impenetrabile alla vista dall’esterno verso l’interno, garanti della privacy oltre che di ottime prestazioni energetiche (fig. 12). Anche il progetto per il nuovo ingresso al municipio di Innsbruck di Dominique Perrault (2003) esemplifica in modo efficace tale casistica, utilizzando un altro materiale atto alla traslucenza, il metallo ‘filiforme’ (fig. 13). La silhouette della torre di 28 m di altezza, che in un linguaggio contemporaneo riprende e prosegue la tradizione turrita della città, si staglia alta nel cielo diventando un forte elemento identificativo e sottolineando, nella gerarchia urbanistica, il suo ruolo preminente. Questa torre di vetro moltiplica gli effetti delle riflessioni come un prisma di cristallo inserito nel cuore della città. Ne risulta un edificio sensibile e variegato, protetto sul fronte esposto a sud da un “velo” di maglia metallica. Quest’ultimo assolve non solo alla funzione
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Figura 7. Particolare dell’involucro traslucido in lastre di vetro satinato, Kunsthaus di Bregenz (Austria), progetto di Peter Zumthor (1997). Figura 8. Vista interna di una sala espositiva: la luce diffusa entra attraverso l’involucro satinato e pervade l’opacità del calcestruzzo a vista delle pareti, Kunsthaus di Bregenz (Austria), progetto di Peter Zumthor (1997).
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frangisole, ma crea anche una facciata fortemente caratterizzata, che si impone sul ricco tessuto urbano circostante: in questo modo la profondità volumetrica e la capacità di reazione a svariate condizioni di luce si traducono in architettura e generano una pelle viva e vibrante. La maglia metallica è una tessitura di alluminio anodizzato color oro, composta da un ordito principale di cavi ∅ 3.5 mm, posti ad un interasse di 95 mm, e da una trama secondaria di cavi ∅ 3 mm con interasse 4.7 mm. La maglia, il cui sviluppo totale è 25.6 m per una larghezza di 6.5 m, è fissa. Il suo bordo inferiore è costituito da una struttura rigida in acciaio che consente una connessione elastica all’edificio attraverso una serie di sistemi puntiformi. La connessione avviene generalmente attraverso piatti di acciaio, che attraversano la struttura dei montanti della facciata in vetro. Nella zona superiore del tessuto sono stati fissati, mediante flange, snodi per la protezione dalla neve, mentre in corrispondenza della linea di gronda, sul lato interno, sono state posizionate bande orizzontali termoscaldanti per evitare la formazione del ghiaccio. Ecco allora che il progetto di architettura gioca sempre più su elementi urbani dinamici: di giorno appaiono come grandi corpi evanescenti, quasi immateriali nel loro tentativo di de-materializzare gli elementi costruttivi (concetto
derivato da un’attenta riflessione sul concetto di leggerezza, che da qualità stratigrafica tipica di un percorso tecnologico moderno ha portato ad una consapevolezza attuale percettiva); di notte si trasformano in grandi ‘lanterne’ urbane, rese riconoscibili da particolarissimi giochi di luce articolati sulle superfici. Ecco l’ambivalenza fra giorno e notte, naturale e artificiale, trasparente e opaco. La traslucenza nell’involucro si fa così portatrice di nuovi valori comunicativi per l’architettura contemporanea. Si crea un ribaltamento fra percezione interna ed esterna dello spazio: come di giorno l’interno degli edifici a ‘pelle’ traslucida è invaso da una luce diffusa, soffusa, impalpabile, così di notte lo sguardo del fruitore si pone all’esterno, per ammirare incantevoli sculture di luce e colore.
I materiali della traslucenza Dal dibattito culturale sviluppatosi negli ultimi anni in ambito scientifico internazionale attorno al tema del destabilizzante effetto prodotto dall’iper-scelta nel campo dei materiali, si vuole giungere a individuare così le potenzialità, sia sul piano teorico-concettuale che sul piano operativo, di una nuova modalità di approccio ai materiali stessi. Creatività, sperimentazione e trasferimento tecnologico rappresentano parole chiave caratterizzanti l’azione del progettare contemporaneo. L’opera architettoni-
ca diventa esperienza soggettiva e la trasparenza passa da un concetto di totale permeabilità bidimensionale al raggio luminoso, ad un significato di spessore, realizzato attraverso l’esfoliazione funzionale e compositiva dell’involucro – operazione questa che rende indefiniti i margini dell’edificio, e la sua densità, ovvero attraverso filtri diafani ed evanescenti che talvolta permettono di scoprire una materia nuova e nascosta nella matrice in cui è sciolta. Una delle linee di ricerca architettonica oggi più feconda riguarda il tentativo di rendere visivamente permeabili le superfici naturalmente opache e massive composte dai materiali della tradizione, come i metalli, il legno, la ceramica e addirittura la pietra, attraverso una sottrazione di materia che si concretizza in una trasformazione della texture, originariamente compatta, in una sottile e rarefatta o attraverso la giustapposizione di fitte sequenze lineari di elementi identici leggermente disgiunti o ancora attraverso la microdiscontinuità di componenti eguali, realizzata con leggere rotazioni, torsioni e leggeri scorrimenti. Ne deriva una trasparenza incostante, che varia con la distanza, l’angolo d’incidenza della traiettoria visiva e le condizioni di illuminazione; si tratta di una visione in controluce, che rende la superficie un’impalpabile filigrana. I metalli, il legno, la pietra rispondono alla logica della permeabilità
visiva ottenuta per sottrazione di materia, per porosità, per scavo di spazio. Lamiere forate, stirate e grate in alluminio, acciaio inossidabile (in lega con il cromo), acciaio zincato (galvanizzato con una patina superficiale ed inossidabile di zinco), acciaio Corten (con una ossidazione superficiale protettiva), zinco-titanio, rame e sue leghe (ottone e bronzo): sono queste le declinazioni della trasparenza metallica che maggiormente si trovano nel panorama architettonico contemporaneo. Il grado e il tipo di trasparenza sono regolati definendo la forma (circolare, quadrata, triangolare o rettangolare), la dimensione, la disposizione e la densità dei fori delle lamiere, cosa che oggigiorno avviene anche secondo la volontà del singolo progetto grazie all’impiego di macchine a controllo numerico che personalizzano la produzione degli elementi.
Quali innovazioni per la traslucenza L’innovazione nel campo dei materiali costituisce un’importante risorsa per il progetto di architettura e di design, che ha a disposizione materiali e prodotti sempre nuovi, ricchi di potenzialità non solo tecniche e prestazionali, ma soprattutto espressive e comunicative. Il rapporto fra progettualità architettonica e conoscenza degli specifici comportamenti dei materiali è molto cambiato: le
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Figura 9. Particolare dell’involucro in vetro serigrafato della sede delle assicurazioni SUVA a Basilea (Svizzera), progetto di Herzog & de Meuron (1993).
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potenzialità dei materiali innovativi consentono, non solo di ottenere un’efficacia funzionale in passato impensabile, ma anche di ricavare nuovi stimoli formali ed estetici e nuovi strumenti simbolici. È proprio l’approccio progettuale che sta cambiando, ora, soprattutto nella progettazione degli involucri architettonici, la presenza consistente di materiali innovativi richiede una filosofia completamente diversa: il materiale può essere progettato, quindi il processo del progetto di architettura non può prescindere dal progetto stesso del materiale. Alcune aziende produttrici di tali materiali innovativi chiamano designer ed architetti famosi ad esplorare le possibilità espressive offerte dai nuovi materiali. È il caso, ad esempio, della DuPontTM, che ha invitato grandi interpreti del mondo del design e dell’architettura, come James Irvine, Ross Lovergrove e Marc Newson3 o l’Atelier d’architecture King Kong4 e l’architetto Jean Nouvel5, a indagare le qualità del Corian® in relazione alla luce, un materiale costituito da minerali naturali inglobati in resina acrilica che ha caratteristiche di traslucenza, resistenza, flessibilità e impermeabilità. Inoltre grandi passi avanti sono stati fatti nella ricerca di questi materiali per conquistare la ‘leggerezza’, sulla scia di Buckminster Fuller con i suoi concetti di tensegrity e dymaxion. Oggi con le strutture pneumatiche e le tensostrut-
ture si è giunti a un’ottima consapevolezza della materia: i molteplici progetti che utilizzano involucri in EFTE, capaci di caratterizzazioni luminose degli spazi architettonici interni ed esterni particolarmente scenografiche, ne sono esempio. Basti pensare al Water Cube di Beijing (Cina - 2008) di PTW+Arup+CSCEC Design, edificio di grande impatto visivo per le sue “bolle” oltre che per l’alto livello di prestazioni energetiche e di sostenibilità; oppure il progetto del Centro Zenith a Strasburgo di Massimiliano e Doriana Fuksas (2008), il cui involucro è realizzato con un innovativo tessuto in vetro/silicone. Caratteristiche inoltre come l’interattività, legata al grande potere di comunicazione dei materiali scelti per gli involucri architettonici, la flessibilità, la programmazione della loro durata e la loro riciclabilità o il loro basso impatto ecologico di impiego, determinano ciò che oggi vengono chiamati smart materials, progettati cioè in modo tale da prevedere la tipologia e l’entità di una loro reazione programmata in funzione di ogni stimolo (meccanico, acustico, termico, luminoso, elettrico ecc.) proveniente sia dai fruitori sia dall’ambiente interno o esterno a essi. Proprio in questa direzione è interessante sottolineare come la sperimentazione si sia rivolta a prodotti innovativi soprattutto per il controllo dei consumi energetici e la modulazione della radiazione
solare in funzione del raggiungimento di un buon valore di isolamento e di possibili guadagni energetici passivi. Ad esempio si pensi a tutta la gamma di vetri ad alte prestazioni energetiche, in particolare quelli capaci di interagire o di sfruttare il fenomeno della traslucenza. È il caso dei Trasparent Insulation Materials (TIM). Questa tipologia di materiali deve il proprio nome alla caratteristica di avere proprietà termiche paragonabili a quelle di componenti opachi, conservando un alto valore di trasmittanza luminosa. A tal fine si utilizzano strutture geometriche per limitare le dispersioni termiche dovute a convezione e irraggiamento. In pratica si utilizza materiale plastico (in alcuni prototipi anche in vetro) trasparente nel visibile e nel vicino infrarosso, ma opaco nel lontano infrarosso, per realizzare involucri atti a bloccare i moti convettivi dell’aria e a ridurre lo scambio radiativo. Tali materiali, in base alla loro struttura geometrica si possono classificare in due gruppi. Il primo è costituito da strutture multiple parallele: vetrate con un film plastico (completamente trasparenti o traslucidi). Al secondo appartengono materiali con strutture composite, perpendicolari alla superficie vetrata, realizzate per direzionare le radiazioni verso l’interno. Trattando invece di vetri a selettività angolare, essi consentono da un lato il controllo della radiazione solare incidente, dall’altro la
gestione dell’energia solare. Ad esempio i sistemi vetrati Okasolar®, la cui forma e la cui composizione materica serve per indirizzare verso direzioni particolari e controllate la radiazione solare incidente, sono costituiti da un elemento in vetro basso emissivo con intercapedine, eventualmente riempita di gas nobili, ospitante in modo integrato una serie di lamelle fisse schermanti ad alta capacità di riflessione (solitamente in alluminio). Il sistema Okatech®, similmente, utilizza un sistema di controllo, non più in lamelle, ma in maglia metallica a trame diverse, che sfrutta le proprietà di riflessione dei metalli. Si arriva poi ai vetri energetici, con fotovoltaico integrato. Altra interessante tipologia di sperimentazione riguarda gli aerogel, materiali ad altissime prestazioni di isolamento termico. Sono materiali costituiti da particelle di silice. La disposizione spaziale di tali particelle è realizzata grazie a particolari processi produttivi delle strutture microcellulari porose. Una delle caratteristiche fisiche più importanti di tali materiali è la scarsissima densità apparente: solo il 2-5% del volume è costituito da silice, il resto è aria. Gli aerogel sono realizzati in formato granulare e monolitico. Nel primo caso il materiale di base è prodotto sotto forma di palline di 8-12 mm di diametro. Con questi granuli viene riempita l’intercapedine fra due vetri che svolgono anche
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Figura 10. Vista dalla collina dello Schlossberg a Graz e inserimento della Kunsthaus nello skyline cittadino. Progetto di Peter Cook e Colin Fournier, (2003-2004).
una funzione protettiva. Per il fenomeno di scattering interno e delle discontinuità del materiale esso diventa traslucido. Nel secondo caso, gli aerogel monolitici sono costituiti da lastre di spessore variabile tra 8 e 20 mm e in questo caso, pur rimanendo l’effetto generale di diffusione, si mantiene molto meglio la caratteristica di visibilità, tanto da poter usati in sostituzione delle finestre; ne è un esempio la sperimentazione a Wiesbaden di Thomas Herzog per la realizzazione dell’involucro di residenze. Uso massivo della materia e trasparenza sono sempre stati valori disgiunti, negli ultimi anni viene sviluppata l’idea di avere queste proprietà in un unico materiale: un conglomerato cementizio traslucido. Come il vetro ormai non più solo trasparente ma anche
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opaco, non più fragile ma anche strutturale, così il calcestruzzo può divenire semitrasparente, rimanendo ‘pietra artificiale’ affine alla materia litica per la sua massa agglomerata e profonda, ma stupefacente per ciò che va a generarsi sulla sua superficie. Le sperimentazioni per realizzare un materiale conglomerato che consenta l’uso massivo ed al contempo trasmetta la luce sono avviate per opera di due ricercatori-architetti in luoghi lontani e distinti. Il Pixel Panels di Bill Price, ricercatore texano, ed il LiTraCon (Light Trasmitting Concrete) di Áron Losonczi, architetto ungherese, sono un conglomerato che può fungere da conduttore della luce, perché ingloba fibre ottiche nella percentuale dal 3 al 4%. La luce, sia naturale che artificiale, attraversa il blocco indipendentemen-
te dallo spessore, illuminandolo; le ombre vengono trasmesse e sulla superficie si delinea il profilo degli oggetti post-posti. I primi campioni realizzati in forma di blocchetti, come testimoniano le prove di laboratorio, conservano le medesime caratteristiche del conglomerato cementizio ordinario, inoltre il mix di componenti può essere regolato a seconda delle esigenze e adattato ad hoc per lo specifico progetto.
Conclusioni La scelta a favore di frontiere edilizie traslucide porta con sé valori di varia natura: da quelli più tecnici, rivolti all’innovazione delle soluzioni tecnologiche applicate, a favore di prestazioni energetiche sempre più performanti a fronte di costi di realizzazione e di
gestione sempre più ridotti, a quelli più squisitamente di natura psico-percettiva, affidati alla superficie architettonica. Dalla lettura quindi di tale tendenza risulta significativo sottolineare, al di là dei dati conoscitivi sulle singole applicazioni in riferimento ai diversi materiali e ai differenti sistemi costruttivi e d’interfaccia impiegati, la crescente attenzione verso l’impiego di questa opzione nel caso della riqualificazione di edifici esistenti, in quanto si poteva pensare ad un fenomeno per lo più volto al progetto di nuova costruzione (anche in virtù delle complessità intrinseche dei sistemi adottati). Se confermato, ciò potrebbe incidere anche sullo spostamento di attenzione da parte del committente non più esclusivamente di natura privata, ma anche pubblica. Dato poi que-
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Figura 11. Vista esterna dell’involucro in plexiglass retroilluminato, Kunsthaus di Graz (Austria), progetto di Peter Cook e Colin Fournier (2003-2004).
Figura 13. Complesso residenziale in Sebastianstrasse a Dornbirn (Austria), progetto di Baumschlager & Eberle (2001). Involucro traslucido in vetri opalini.
Figura 12. Particolare della superficie traslucida dell’involucro del nuovo ingresso del Municipio di Innsbruck (Austria): la maglia metallica in alluminio anodizzato oro è utile per il controllo della radiazione solare. Progetto di Dominique Perrault (2003) (foto di Theo Zaffagnini).
sto incrementabile al verificarsi di abbattimenti indotti di costi gestionali del costruito e di migliore prestazione energetica dell’involucro così riqualificato. Ciò anche in funzione di una gestione completa del ciclo di vita del prodotto architettonico, ottenuto mediante applicazioni di tecnologie a secco, che garantiscono principi di progettabilità, sostituibilità e manutenibilità degli elementi costitutivi l’involucro, e, molto spesso, con materiali sostenibili, in quanto reversibili a fine vita.
ca in Tecnologia dell’Architettura - Facoltà di
architetti Paul Marion, Jean-Christophe
Sinopoli N., Tatano V., (2002) Sulle tracce del-
Architettura di Ferrara.
Masnada, Frederic Neau e Laurent Portjoie,
l’innovazione. Tra tecniche e architettura,
ha progettato invece a Bordeaux l’Hôtel
Franco Angeli, Milano.
1 - Definizione tratta dal Dizionario della lin-
Seeko’o, il primo edificio a presentare un
Tatano V., (2006) Materiali naturartificiali.
gua latina Georges-Calonghi, Rosemberg &
rivestimento esterno interamente realizzato
Tendenze innovative nel progetto di architet-
Sellier, 3° ed. 9° tiratura, Torino, 1967.
in Corian, materiale che ha contribuito forte-
tura, Officina edizioni, Roma.
2 - Dal Vocabolario illustrato della lingua ita-
mente alla iconicità di questo hotel a cinque
Tucci F., (2006) Involucro ben temperato.
liana Devoto G. - Oli G. C., Vol.II, Milano 1980,
stelle, spiccando nel waterfront nord della
Efficienza energetica ed ecologica in architet-
pg. 1395. La traduzione greca dell’aggettivo
trasparente è διαφανος, composto dalla
città, sulla riva della Garonna, in un contesto
tura attraverso la pelle degli edifici, Alinea,
preposizione διά - attraverso - e dall’agget-
omogeneo di edifici storici dalle alte facciate
Firenze.
tivo derivante dal verbo φαίνω, che nel
in pietra.
Wigginton M., (1996) Glass in architecture,
5 - Nell’aprile 2007 alla settimana del Design
Phaidon, New York.
suo significato attivo significa mostrare nel
a Milano viene presentato il “Corian® Nouvel
Zaffagnini T., (2002) “La serigrafia come arte”,
nella sua forma passiva - φαίνοµαι - signi-
Lumieres”, un innovativo e multisensoriale
in Archingeo n. 6/2002, Maggioli editore,
concetto di ambiente interno realizzato con
Rimini.
fica apparire, venire alla luce, essere visibile,
la solid surface DuPont™ Corian® progettato
manifesto. Tale verbo ha un valore espressa-
da Jean Nouvel.
da esso deriva - φαινόµενος - significa
Colafranceschi D., (1995) Architettura in
duplice senso di far vedere e rendere noto, e
mente sensoriale, tanto che l’aggettivo che infatti ‘visibile ai sensi’.
Riferimenti bibliografici
Note
3 - Si sono espressi nell’installazione “De-
superficie. Materiali, figure e tecnologie delle
L’articolo si riferisce alla ricerca condotta in
Lighted by Corian” presentata al Magna Pars
nuove facciate urbane, Gangemi, Roma.
seguito alla tesi di dottorato dal titolo “La
in occasione del Salone del Mobile di Milano
Campioli A., Zanelli A., (2009) Architettura
traslucenza nell’involucro architettonico –
nel 2003, in cui si mettevano in evidenza le
tessile. Progettare e costruire membrane e
Materiali, prestazioni e tecnologie innovati-
proprietà di traslucenza attraverso la retroil-
scocche, Ilsole24ore, Milano.
ve applicate alle frontiere edilizie contempo-
luminazione e la possibilità di ottenere infi-
Langella C., (2003) Nuovi paesaggi materici,
ranee” di Valentina Modugno, tutor prof.
nite forme.
design e tecnologia dei materiali, Alinea,
Theo Zaffagnini, XXII ciclo dottorato di ricer-
4 - L’Atelier d’architecture King Kong, degli
Firenze.
11
12
13
rimani aggiornato su ricerca e tecnologie per lâ&#x20AC;&#x2122;ambiente costruito
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Studi e Ricerche Life cycle analysis comparativa di sistemi per il verde verticale Katia Perini, Marc Ottelè Prestazione energetica di coperture verdi su strutture fortemente isolate Elisa Di Giuseppe, Marco Dâ&#x20AC;&#x2122;Orazio, Costanzo Di Perna Prestazioni idrologiche delle coperture a verde Elena Giacomello Materiali ed energia nella progettazione dellâ&#x20AC;&#x2122;involucro edilizio Grazia Lombardo, Chiara Cicero Intonaci in terra e vetro Giovanna Franco, Marco Guerrini
82 _ ilProgettoSostenibile 30
Katia Perini Università degli Studi di Genova, Facoltà di Architettura
Life cycle analysis comparativa di sistemi per il verde verticale
Marc Ottelé Delft University of Technology
L’inverdimento dell’involucro architettonico offre l’opportunità di combinare natura e spazio costruito e, di conseguenza, di migliorare le condizioni ambientali in ambito urbano. I principali benefici connessi all’uso di facciate verdi sono di tipo economico, sociale e ambientale, come la riduzione dei gas a effetto serra (emissioni), l’adattamento ai cambiamenti climatici, il miglioramento della qualità dell’aria e delle condizioni di comfort interno ed esterno, l’aumento della biodiversità e la riduzione dell’inquinamento acustico (Ottelé et al., 2010, Minke e Witter, 1982; Peck, 1999; Pal et al., 2000). A partire dai rampicanti piantati alla base delle facciate sono diversi i sistemi attualmente diffusi per il verde verticale. Questi possono essere classificati in facciate verdi e living wall system (noti anche come giardiLa capacità di raffrescamento passivo ni verticali), distinguibili essenzialmente per la tipologia di coltivazione, delle coperture verdi può essere inibita dall’elevato nel primo caso su substrato organico e nel secondo con coltivazione isolamento richiesto dal legislatore che investe idroponica (Köhler, 2008). soprattutto sul contenimento dei consumi Le facciate verdi sono costituite da rampicanti ancorati direttamente alla facciata da inverdire (diretti) o supportati da cavi o reti metalliche invernali anche in paesi dal clima più temperato. (indiretti), in alcuni casi in combinazione, cioè abbinati a contenitori, vasche, fioriere, ecc; parlando invece di living wall system (LWS) si fa riferimento a sistemi prevegetati, modulari e non, che permettono la coltivazione di specie su diversi supporti organici o inorganici (feltro, perlite, ecc.) e dotati di un sistema computerizzato per la distribuzione di sostanze nutritive e di acqua (Dunnet, Kingsbury 2004). L’obiettivo di questa life cycle analysis (LCA) è di valutare gli aspetti ambientali associati alla realizzazione (l’impatto di materie prime, fabbricazione, trasporto), mantenimento e dismissione di 1 m2 di facciata con quattro sistemi per il verde verticale confrontati con la stessa facciata (chiusura verticale tradizionale in mattoni) non inverdita. La valutazione dell’impatto ambientale viene messa in relazione con il risparmio energetico per riscaldamento e condizionamento ottenibile con i sistemi oggetto dell’analisi. I sistemi per il verde verticale, oltre a schermare l’irraggiamento solare, possono fornire un isolamento extra all’involucro edilizio (Minke e Witter, 1982) riducendo il flusso del vento intorno e sulle superfici inverdite; come dimostrato da Perini et al. (2011), infatti, grazie a quest’effetto il coefficiente di resistenza esterno può essere eguagliato a quello interno. La capacità di raffrescamento è dimostrata da diversi studi. Le misurazioni sul campo effettuate in Germania da Bartfelder e Köhler (1987) mostrano una riduzione di 2-6 °C della temperatura superficiale in corrispondenza di uno strato di vegetazione. Per l’area mediterranea i dati ottenuti mostrano una riduzione delle temperature superficiali fino a 10,8 °C (Eumorfopoulou e Kontoleon, 2009), ed infine, Alexandri and Jones (2008) hanno stimato, grazie ad una simulazione, una riduzione della temperatura dell’aria in un canyon urbano con le superfici verticali inverdite di 4,5 °C per il clima mediterraneo e 2,6 °C per il clima temperato.
Metodologia I sistemi oggetto della life cycle analysis presentata sono (fig. 1, tab. 1): 1. Una chiusura verticale in mattoni 2. Una facciata verde diretta + chiusura verticale in mattoni 3. Una facciata verde indiretta (supportata da una rete metallica) + chiusura verticale in mattoni 4. Un sistema living wall (LWS) costituito da elementi contenitori con substrato organico + chiusura verticale in mattoni
Studi e Ricerche _ 83
10 cm
5 cm
10 cm
10 cm
20 cm
10 cm 5 cm
35 cm
mattoni camera d’aria lana di roccia pietra calcarea
est.
35 cm
rampicante Hedera helix rete metallica camera d’aria
rampicante Hedera helix
Figura 1. Materiali e componenti di: facciata verde diretta, facciata verde indiretta, LWS costituito da elementi contenitori, LWS costituito da strati di feltro.
int.
10 cm
22 cm
5 cm
2,5 cm 10 cm 5 cm
35 cm
35 cm
arbusti Pteropsida (felce) strati di feltro camera d’aria
arbusti Pteropsida (felce) elementi contenitori camera d’aria
1
componenti
1. chiusura verticale 2. facciata verde diretta 3.facciata verde indiretta 4. LWS elementi contenitori 5. LWS strati di feltro
muratura interna isolante camera d’aria muratura esterna
pietra calcarea lana di roccia 50 mm mattoni
pietra calcarea lana di roccia 50 mm mattoni
pietra calcarea lana di roccia 50 mm mattoni
pietra calcarea lana di roccia 50 mm mattoni
pietra calcarea lana di roccia 50 mm mattoni
camera d’aria elementi di supporto strutturali sistema di supporto strato interno substrato strato intermedio strato esterno sistema di irrigazione acqua e sostanze nutritive vegetazione
---------------------
--------terra ------acqua del terreno Hedera helix
50 mm rete metallica ----terra ------acqua del terreno Hedera helix
50 mm profilato metallico contenitori in HDPE --terriccio ----tubi PE acqua + nutrienti Pteropsida
50 mm profilato metallico pannello in PVC tessuto tessuto di lana tessuto PE tessuto tubi PE acqua + nutrienti Pteropsida
Tabella 1. Componenti e materiali della chiusura verticale e dei sistemi di verde verticale analizzati.
5. Un sistema living wall (LWS) costituito da strati di feltro + chiusura verticale in mattoni. L’unità funzionale scelta come riferimento per la comparazione dei diversi sistemi, conformemente agli standard ISO 14044 e attraverso cui sono quantificate nella LCA le prestazioni di ciascun sistema, è 1 m2 (parte di una facciata fittizia di 100 m2 usata per il calcolo di tutti i componenti). Lo strumento utilizzato per sviluppare l’analisi è il Dutch National Environmental database, elaborato dal Dutch Institute for Building Biology and Ecology (NIBE). Della serie completa delle categorie di impatto ambientale, riportate nel database, sono stati considerate solo le categorie global warming (kgCO2 equivalents), human toxicity (kg 1.4-DB equivalents) e fresh water aquatic ecotoxicity (kg 1.4-DB equivalents), a causa di problemi concernenti l’assenza di dati per la normalizzazione della categoria marine water aquatic ecotoxicity (Blom et al., 2010) e dell’influenza molto ridotta (quasi zero) delle altre sei categorie. Benché lo studio abbia come base l’Olanda per il calcolo dell’impatto ambientale (le distanze per i trasporti considerate sono tutte da e per la città di Delft), i risultati della ricerca possono
essere considerati simili anche per molti altri paesi europei (tutti i materiali sono comunemente reperibili). L’analisi dell’impatto ambientale è basata su una vita utile di 50 anni. La vita utile stimata per la chiusura verticale, per la facciata verde diretta, per quella indiretta e per il sistema living wall costituito da elementi contenitori è di 50 anni (Dunnet and Kingsbury, 2004). Le piante utilizzate per i sistemi living wall devono essere sostituite ogni 10 anni (10% di sostituzioni all’anno) nel caso del sistema basato su elementi contenitori, mentre per il sistema costituito da strati di feltro ogni 3,5 anni (30% di sostituzioni all’anno) e necessitano di, rispettivamente, 1 e 3 litri di acqua al giorno (valore medio annuale). Per il secondo LWS si ipotizza la necessità di sostituzione dei pannelli ogni 10 anni, vita utile dello strato di supporto in PVC (Riedmiller e Schneider, 1992). Il sistema automatico per l’irrigazione, necessario per entrambi i sistemi living wall, deve essere cambiato ogni 7,5 anni. La soluzione di sostanze nutritive necessaria per entrambi i LWS non è considerata in quest’analisi per la ridotta influenza (1%). Per tutti i sistemi verdi analizzati è considerata la possibilità di riciclo o riuso e, dunque, per la
classe dismissione, è stata scelta una di queste opzioni; le uniche eccezioni riguardano l’impossibilità di separare i diversi componenti di un sistema per il processo di riciclo.
Discussione ed analisi dei dati della LCA Impatto ambientale I sistemi analizzati sono caratterizzati da carichi ambientali anche molto diversi, dovuti principalmente ai materiali impiegati e alla durabilità di questi. Come mostrato nella figura 2, il sistema living wall basato su strati di feltro ha un carico ambientale molto più alto per le categorie global warming e fresh water aquatic ecotoxicity, a causa della frequente necessità di sostituzione dei pannelli (cinque volte in 50 anni) e dell’impossibilità di riciclo. La figura 4 mostra, per ogni sistema, l’influenza sul carico ambientale (diviso secondo le classi materiale, trasporto e dismissione) della chiusura verticale, del sistema di supporto e della vegetazione. Da questo grafico è possibile dedurre che l’impatto ambientale è determinato principalmente dal sistema di supporto: la vegetazione, infatti, in particolare per le facciate verdi, ha un carico molto ridotto. Anche la valutazione del sistema di facciata
84 _ ilProgettoSostenibile 30
300 250 200 150 100 50 0
1.chiusura in mattoni
2.diretta
3.indiretta
4.LWS contenitori
2
5.LWS strati di feltro
3
4
verde indiretta rivela un impatto alto a causa dell’uso dell’acciaio inossidabile per la struttura di supporto, materiale di alta qualità e con una potenziale vita utile maggiore di 50 anni, ma non riutilizzabile a causa della difficoltà di separazione della vegetazione dalla struttura di supporto. Dunque, in questo caso, per ridurre l’impatto ambientale, potrebbero essere usati altri materiali per il sistema di supporto come legno, HDPE e acciaio, come mostrato nella figura 3. Benefici del verde verticale connessi con il metodo di calcolo I benefici ottenibili grazie all’integrazione di sistemi per il verde verticale dipendono anche dalla velocità di accrescimento delle piante. Per i sistemi diretti e indiretti il rivestimento
completo della facciata è stimato dopo 20 anni (conformemente a Bellomo, 2003, la crescita in verticale è di 0,5 m/anno). Per entrambi i sistemi living wall è possibile, invece, iniziare a calcolare i benefici dal momento dell’installazione dei moduli prefabbricati. Per calcolare il risparmio energetico per riscaldamento, dovuto all’aumento delle capacità isolanti, la resistenza termica “extra” è ipotizzata di 0.09 km2 W-1, ipotesi usata per entrambe le facciate verdi analizzate (diretta e indiretta) per la presenza di uno strato di aria ferma dentro e dietro il fogliame (Perini et al., 2011); per i sistemi living wall è stata aggiunta anche la resistenza termica del substrato e degli altri strati impiegati. Per calcolare l’influenza dei benefici legati al risparmio energetico sul profilo ambientale è
stato utilizzato un modello di simulazione per due situazioni climatiche differenti: clima temperato (Olanda) e clima mediterraneo (Italia). Gli edifici disegnati per la simulazione, per entrambi i siti, hanno una superficie di 75 m2, un volume di 296 m3 e 100 m2 di superficie verticale (la facciata fittizia usata come base per i calcoli della LCA) dell’involucro edilizio, costituito dagli stessi materiali e strati analizzati nella LCA. Per i sistemi di facciata verde diretta e indiretta il risparmio energetico ottenibile grazie ad uno strato “extra” di isolante stimato è 1,2% sul consumo annuale, per il sistema living wall costituito da elementi contenitori e per quello costituito da strati di feltro il risparmio è rispettivamente 6,3% e 4%. La riduzione della temperatura dell’aria è stimata di 4,5 °C (43% di risparmio energetico per condiziona-
Studi e Ricerche _ 85
Figura 2. Carico ambientale diviso secondo le categorie: global warming, human toxicity e fresh water aquatic ecotoxicity. Figura 3. Carico ambientale per diversi sistemi di supporto (in HDPE, legno, acciaio e acciaio inossidabile) per la facciata verde indiretta. Figura 4. Impatto ambientale totale della chiusura verticale, del sistema di supporto e della vegetazione diviso
secondo le classi materiale, trasporto, dismissione per: facciata verde diretta, facciata verde indiretta, LWS costituito da elementi contenitori, LWS costituito da strati di feltro. Figura 5. Carico ambientale totale per i quattro sistemi verdi analizzati (supporto+vegetazione), benefici per riscaldamento e raffrescamento per il clima mediterraneo e benefici per riscaldamento per il clima temperato.
mento) per il clima mediterraneo e 2,6 °C per il clima temperato (Alexandri and Jones, 2008). Per il clima temperato non è considerato il risparmio energetico per condizionamento; per il clima mediterraneo il calcolo è basato sul consumo energetico (classe energetica B) nel nord Italia (Genova). Per il clima temperato il profilo dell’impatto ambientale è più alto di quello del risparmio energetico per riscaldamento per tutti i sistemi analizzati, tranne nel caso della facciata verde diretta, che può essere ritenuta sostenibile (considerando un sistema sostenibile quando il carico ambientale è più basso dei benefici ambientali), come mostrato nella figura 5. Per il clima mediterraneo, grazie al risparmio energetico legato al condizionamento, risultano sostenibili la facciata verde diretta e (quasi) sostenibile il sistema living wall costituito da elementi contenitori. Per il sistema living wall basato su strati di feltro l’impatto ambientale è più alto dei benefici ottenibili per riscaldamento e condizionamento. Il carico ambientale e i benefici per riscaldamento e condizionamento sono calcolati entrambi per l’intera vita dei sistemi studiati. Non è stato possibile considerare in questo studio molti dei benefici ecologici ed ambientali dell’integrazione di vegetazione nel costruito, come l’aumento della biodiversità, il miglioramento della qualità dell’aria, la riduzione del fenomeno isola di calore, perché i dati quantitativi risultano spesso insufficienti e per l’incompatibilità con gli strumenti utilizzati per la LCA. Anche per quantificare la capacità di raffrescamento è stata utilizzata una stima generica che non considera le caratteristiche specifiche dei sistemi, come ad esempio la maggior evaporazione dei sistemi living wall.
Conclusioni Dalla LCA presentata si può concludere che:
500
Carico ambientale
Benefici risc. clima med.
Benefici raffresc. clima med.
benefici risc. clima temp.
400 300 200 100 0 -100 -200
5
2.diretta
3.indiretta
- la facciata verde diretta ha un’influenza molto bassa sul carico ambientale; questa tipologia di inverdimento, dunque, può essere considerata un’opzione sostenibile. - il sistema di facciata verde indiretta costituito da una maglia di acciaio inossidabile ha un’influenza alta sul carico ambientale totale; la scelta di un altro materiale per la struttura di supporto può rendere il sistema un’opzione sostenibile per il clima mediterraneo (grazie al risparmio energetico per riscaldamento e condizionamento). - il sistema living wall basato su elementi contenitori è caratterizzato da un impatto relativamente ridotto grazie ai materiali utilizzati e al loro effetto positivo sulla resistenza termica del sistema. Il carico ambientale può essere ulteriormente ridotto con una maggiore integrazione nell’involucro edilizio. - il sistema living wall costituito da strati di feltro ha un impatto ambientale alto a causa della durabilità e dei materiali usati. - l’inverdimento di superfici verticali, considerando i materiali impiegati, che, come mostrato, possono avere un’influenza rilevante sul profilo ambientale, e tutti i benefici (non quantificabili), può costituire un’opzione sostenibile per i casi di riqualificazione e di nuova edificazione. La scelta di un sistema per il verde verticale deve prendere in considerazione, oltre all’impatto ambientale, molti altri parametri, fra cui i costi, le caratteristiche formali e funzionali, etc. Un rampicante piantato alla base della facciata permette, come mostrato, di ottenere un intervento con un basso impatto ambientale ed economico, d’altra parte devono essere considerate le ovvie implicazioni per qualsiasi lavoro di manutenzione alla facciata, oltre ai limiti dimensionali dovuti all’altezza massima raggiungibile dalle diverse piante rampicanti (Dunnet, Kingsbury 2004). Con i sistemi living wall, spesso caratterizzati da un impatto
4.LWS contenitori
5.LWS strati di feltro
ambientale maggiore, costosi e con elevati oneri per il mantenimento, è possibile integrare molte specie vegetali differenti e offre quindi maggiori potenzialità creative; sono, inoltre, molti i sistemi attualmente disponibili sul mercato con differenti caratteristiche che influenzano, positivamente e negativamente, l’impatto ambientale.
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86 _ ilProgettoSostenibile 30
Elisa Di Giuseppe Marco D’Orazio Università Politecnica delle Marche, Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Architettura
Prestazione energetica di coperture verdi su strutture fortemente isolate
Costanzo Di Perna Università Politecnica delle Marche, Dipartimento di Ingegneria Industriale e Scienze Matematiche Negli ultimi dieci anni sono state condotte numerose ricerche sui potenziali benefici dell’utilizzo di coperture verdi. Queste possono essere impiegate sia ai fini del risparmio energetico in edilizia, come sistemi di riduzione dei consumi per il riscaldamento invernale e il raffrescamento estivo, sia come mezzi per ridurre gli effetti dell’”isola di calore”1 nei grandi centri urbani. Altri benefici delle coperture verdi sono rappresentati dall’interesse architettonico e dal potenziamento della biodiversità (Feng et al. 2010), (Fioretti et al. 2010), (Getter et al. 2009), (Castleton et al. 2010). Il substrato colturale delle coperture verdi agisce come un vero e proprio materiale isolante naturale, con ridotta conducibilità termica ed elevata massa inerziale, mentre la vegetazione risulta utile per la riduLa capacità di raffrescamento passivo zione dei carichi termici solari, grazie alla sua elevata albedo e ai fenodelle coperture verdi può essere inibita meni evapotraspirativi che vi si verificano. dall’elevato isolamento richiesto dal legislatore In riferimento alla prestazione energetica di coperture verdi sono stati che esige un contenimento dei consumi invernali condotti numerosi studi. A titolo di esempio, (Santamouris et al. 2007) hanno registrato un risparmio nel raffrescamento estivo fino al 49% anche in paesi dal clima più temperato. con l’utilizzo di coperture verdi in una scuola in Grecia. (Wong 2003) ha analizzato la copertura verde di un edificio di Singapore, monitorando le temperature del substrato a diverse profondità e con differenti tipologie di vegetazione. In un sistema di copertura non isolato, l’autore ha valutato un risparmio energetico annuale del 10% nel caso di utilizzo di una copertura coperta di vegetazione comparata ad una non verde. Sebbene gli studi citati siano concordi nel definire l’efficienza di una copertura verde, limitate sono le conoscenze relative all’influenza che gli elevati livelli di isolamento richiesti dall’attuale normativa possono avere sul suo rendimento. In Europa in particolare, con il recepimento delle due principali Direttive a riguardo2, che hanno obbligato gli stati membri a dotarsi di legislazioni volte al contenimento dei consumi energetici in edilizia, si è diffusa una forte richiesta di isolamento per ogni elemento della costruzione ed in particolare per le coperture, alle quali vengono oggi comunemente richiesti valori di trasmittanza U< 0,28 W/m2K anche nel nostro contesto climatico. Sebbene tale azione comporti effetti positivi per i consumi energetici invernali, è limitativa delle potenzialità delle coperture verdi, le quali esplicano la loro efficacia soprattutto in fase estiva. La sperimentazione condotta ha cercato quindi di valutare le prestazioni termiche delle coperture verdi, anche a confronto con altre tipologie di copertura, su solai a ridotta trasmittanza termica.
La metodologia
Figure 1a, 1b, 1c. Alcune fasi realizzative della copertura verde su un modulo nell’edificio sperimentale.
La ricerca è stata condotta mediante un confronto delle prestazioni termiche in ambiente esterno di sette tipologie di copertura, costruite su di una struttura a scala reale nei pressi di Ancona. La copertura è divisa in 5 moduli di coperture ventilate di identica larghezza (1,50 m ciascuno) e lunghezza pari a 6 m sulla falda sud e 3 sulla falda nord, così da ottenere dimensioni comparabili a quelle tradizionalmente realizzate per garantire il funzionamento dei condotti ventilati. Un altro modulo rivolto a sud è invece diviso in due parti, per ospitare, su una porzione di dimensioni 1,5x1,5 m, una copertura verde, e sull’altra una copertura non ventilata (figg. 1a, 1b, 1c). La tipologia di copertura verde messa in opera corrisponde a quella ottimale per la pendenza di falda
Studi e Ricerche _ 87
1a
1b
1c
(17°). Inoltre, al fine di non sovraccaricare la struttura preesistente, si è preferita una tipologia di tipo estensivo, con medio-basso spessore del substrato colturale (15 cm), e con una vegetazione bassa e perenne del genere “officinalis”, per la quale è sufficiente una modesta manutenzione. In figura 2 è riportata la stratigrafia della copertura verde installata. Le altre coperture analizzate si differenziano, a coppie, per il tipo di solaio (ligneo o in laterocemento), il tipo di manto (rame o laterizio) ed il tipo di ventilazione associato al manto (ventilazione assente, intercapedine di 3 cm o 6 cm). Elemento comune tra tutte le coperture è l’isolamento, realizzato con due strati di pannelli di EPS, per un totale di 12 cm. In questo modo si è ridotta notevolmente la trasmittanza stazionaria, così da rispettare anche quella periodica per la zona climatica D (U=0,24 W/m2K, Y<0,20 W/m2K). Per evitare trasmissione di calore tra i vari moduli, le linee di connessione sono state isolate. In figura 3 si riportano le diverse stratigrafie. Pertanto i sistemi di copertura posti a confronto sono stati in tutto sette. Le condizioni climatiche esterne e ambientali (radiazione globale, temperatura dell’aria esterna, velocità e direzione del vento, piovosità, umidità relativa esterna, temperatura e umidità relativa interne) sono state monitorate in continuo e acquisite ogni 10 minuti nel corso di tutto il periodo estivo. Le grandezze termiche sulle diverse stratigrafie e all’interno dell’edificio sono state rilevate tramite acquisitori datalogger 12 bit, a cui sono state connesse termoresistenze (accuratezza +/-0,15 °C) per la misura di temperature superficiali interne (intradosso dei solai e pareti), temperature superficiali all’interno dei vari strati delle coperture (superficie dell’isolante, superficie del manto, terreno, intercapedine di ventilazione); e termoflussimetri (accuratezza
+/- 5%) per la misura dei flussi termici passanti nei solai. Tutte le sonde e le catene di misura sono state preventivamente calibrate e i risultati di taratura tenuti in considerazione per la correzione dei valori misurati.
lata (MNV_LR), mentre si riduce ulteriormente rispetto alle altre coperture ventilate. Le coperture poste su solaio in laterocemento (LV6_L, MV6_L) mostrano invece ridotte temperature superficiali all’intradosso dei solai, se confrontate con le analoghe coperture su solaio ligneo. Infine si può osservare che i sistemi a più elevata inerzia termica (la copertura verde e le due coperture su solaio in laterocemento) presentano le inferiori oscillazioni tra minimo e massimo di temperatura superficiale interna: la temperatura della copertura verde oscilla tra circa 24,5 °C e 26 °C, quindi presenta una differenza tra minimo e massimo di 1,5 °C, mentre le coperture su solaio in laterocemento attorno ai 2 °C, contro i 3-4 °C delle coperture su solaio ligneo. La figura 6 e la figura 7 riportano i flussi termici rilevati e la differenza in termini di sfasamento dell’onda termica, nello stesso giorno tipo del mese di agosto. Si osserva come, a fronte di una radiazione globale con valori di picco pari a 900 W/m2, i flussi termici passanti nei solai delle coperture raggiungano al massimo a 5-6 W/m2, a causa della ridottissima trasmittanza termica dei sistemi. La copertura verde si caratterizza per valori di flusso termico entrante di poco superiori a 1 W/m2 e per il fatto che in numerose ore della giornata i flussi siano uscenti (valori negativi). Viceversa le altre coperture si caratterizzano per valori di flusso entrante superiori. In figura 6 si riportano i flussi attraverso i solai lignei. Qui, la copertura con manto in rame senza ventilazione (MNV_LR) presenta i flussi termici entranti più elevati (fino quasi 6 W/m2). Le altre coperture, sia con manto in rame (MV6_A) che con manto in laterizio (LV6_A), per la presenza dell’intercapedine di ventilazione sottomanto, danno luogo a flussi termici non superiori a 3 W/m2. Anche per queste
I risultati sperimentali La figura 4 riporta le temperature rilevate sulla superficie esterna delle coperture su solaio ligneo, rispetto alla temperatura dell’aria esterna ed alla radiazione globale in una giornata estiva particolarmente calda del mese di Agosto 2010. Si può osservare come le temperature superficiali all’estradosso del terreno della copertura verde (MNV_GR) siano addirittura inferiori (fino a 10 °C) rispetto alla temperatura dell’aria esterna, che presenta valori molto elevati (oltre i 40 °C). Viceversa le temperature sul manto delle altre coperture sono notevolmente superiori, con massime che arrivano a toccare gli 80 °C per la copertura ventilata con manto in rame (MV6_A) e scendono attorno ai 50 °C per quelle ventilate in laterizio (LV3_A e LV6_A). Tale risultato lascia presagire una migliore prestazione della copertura verde, in grado di ridurre notevolmente i carichi radiativi assorbiti. Tuttavia i grafici seguenti mostrano come il comportamento dei diversi sistemi sia fortemente condizionato dal loro elevato isolamento. In figura 5 si riportano le temperature rilevate nell’intradosso dei solai di copertura, durante lo stesso giorno. Si può osservare come le differenze tra le temperature siano piuttosto ridotte in valore assoluto, seppure la copertura verde (MNV_GR) riesca a garantire inferiori valori e soprattutto una loro minore oscillazione, con possibili vantaggi per il confort ambientale. La differenza si attesta attorno ai 2 °C rispetto alla copertura con manto metallico non venti-
88 _ ilProgettoSostenibile 30
Figura 2. Stratigrafia della copertura verde: 1. vegetazione e substrato colturale (0,15 m); 2. materiale filtrante, membrana cuspidata e filtro di protezione (0,001+0,025+0,004 m); 3. manto in rame e strato di separazione; 4. pannello OSB (0,015 m); 5. isolante EPS (0,12 m); 6. tavolato in abete (0,05 m).
Figura 3. Stratigrafie delle coperture dell’edificio sperimentale, poste a confronto con la copertura verde. Tipo 1 - MNV_LR: 1. manto in rame e strato separatore; 2. pannello OSB (0,015 m); 3. isolante EPS (0,12 m); 4. tavolato in abete (0,05 m). Tipo 2 - MV6_A: 1. manto in rame e strato
separatore; 2. pannello OSB (0,015 m); ventilazione (0,06 m); isolante EPS (0,12 m); tavolato in abete (0,05 m). Tipo 3 - LV3_A: 1. manto in coppi di laterizio; 2. ventilazione (0,03 m); isolante EPS (0,12 m); tavolato in abete (0,05 m). Tipo 4 - LV6_A: 1. manto in coppi di laterizio; 2. ventilazione (0,06 m);
Figura 4. Temperature superficiali del manto delle coperture su solaio ligneo, rispetto alla temperatura dell’aria esterna e alla radiazione globale in una giornata estiva.
isolante EPS (0,12 m); tavolato in abete (0,05 m). Tipo 5 - LV6_L: 1. manto in coppi di laterizio; 2. ventilazione (0,06 m); isolante EPS (0,12 m); solaio in laterocemento (0,24 m). Tipo 6 - MV6_L: 1. manto in rame e strato separatore; 2. ventilazione (0,06 m); isolante EPS (0,12 m); solaio in laterocemento (0,24 m).
Figura 5. Temperature all’intradosso dei solai delle sette coperture analizzate, durante lo stesso giorno estivo.
coperture si registrano flussi negativi, ma questi non superano 0,5 W/m2 e sono limitati a brevi periodi della giornata. È inoltre interessante osservare come la copertura verde dia luogo ad uno sfasamento dell’onda dei flussi termici entranti di circa 16-18 ore rispetto alla radiazione globale, contro le 45 ore delle coperture con ventilazione e contro le 7-8 ore della copertura con manto in rame e senza ventilazione. In figura 7 si riportano invece gli andamenti dei flussi nelle due coperture su solaio in laterocemento, insieme a quelli attraverso la copertura verde. Anche in questo caso essa presenta i flussi termici inferiori, tuttavia, a differenza di quanto osservato nelle figure precedenti, lo sfasamento è simile per le diverse coperture e dettato principalmente dal tipo di solaio (ad elevata inerzia termica), piuttosto che dal tipo di manto.
2
Tipo 1: MNV_LR
Tipo 2: MV6_A
Tipo 3: LV3_A
Tipo 4: LV6_A
Conclusioni Lo studio riporta i risultati di una sperimentazione volta ad evidenziare l’influenza che la Tipo 5: LV6_L
Tipo 6: MV6_L
3 900
90.00
900
30
tipo 2: MV6_A
tipo 1: MNV_LR
tipo 3: LV3_A
800
70.00
29
tipo 3: LV3_A
700
tipo 4: LV6 A
Temperatura aria esterna
700
tipo 5: LV6_L
Radiazione Globale
600
60.00
tipo 6: MN6_L
400 40.00 300 30.00 200 20.00
600
tipo 7: MNV_GR Temperatura (°C)
50.00
Radiazione globale (W/m2)
28 500
Temperatura (°C)
800
tipo 2: MV6_A
tipo 4: LV6 A tipo 7: MNV_GR
Radiazione Globale
500
27 400
26
300
200
100
25
4
100
24
5
13/80/8 0.00
12/8/08 21.36
12/8/08 19.12
12/8/08 16.48
12/8/08 14.24
12/8/08 12.00
12/8/08 9.36
12/8/08 7.12
12/8/08 4.48
12/8/08 2.24
0 12/8/08 0.00
12/8/10 23.30
12/8/10 21.50
12/8/10 20.10
12/8/10 18.30
12/8/10 16.50
12/8/10 15.10
12/8/10 13.30
12/8/10 11.50
12/8/10 10.10
12/8/10 6.50
12/8/10 8.30
12/8/10 5.10
-100 12/8/10 3.30
0.00 12/8/10 1.50
0
12/8/10 0.10
10.00
Radiazione globale (W/m2)
80.00
Studi e Ricerche _ 89
ed evidenziazione dello sfasamento dell’onda termica, nello stesso giorno-tipo del mese di agosto.
Figura 6. Flussi termici rilevati all’intradosso delle coperture su solaio ligneo ed evidenziazione dello sfasamento dell’onda termica, nello stesso giorno-tipo del mese di agosto. Figura 7. Flussi termici all’intradosso delle coperture su solaio in laterocemento
tenimento dei consumi estivi, che, se accoppiate a livelli di isolamento meno esasperati, potrebbero invece mostrare maggiormente le loro potenzialità.
ridotta trasmittanza delle coperture, richiesta dalla attuale normativa, ha sulla prestazione di coperture che presentano diversi sistemi “passivi” di raffrescamento, impiegati tradizionalmente nella prassi costruttiva dei paesi mediterranei (ventilazione sottomanto, solai ad levata inerzia termica), o recentemente introdotti come innovativi (coperture verdi). Con la ricerca si è in particolare evidenziato come solai ad elevata inerzia, così come il substrato colturale della copertura verde, danno luogo ad una riduzione dei flussi termici entranti, e ad un loro accentuato sfasamento temporale.
quinamento, assieme ad una crescita dei consumi di energia per il raffrescamento nella stagione estiva. 2 - Direttiva 2002/91/CE del 16 Dicembre 2002 sulla Prestazione Energetica degli Edifici; Direttiva 2010/31/CE del 19 Maggio 2010 sulla Prestazione
Nell’ambito di una legislazione che lascia spazio al solo isolamento come strategia di riduzione dei consumi anche in estate, coperture verdi e ventilazione sottomanto dovrebbero invece essere rivalutate come sistemi di raffrescamento passivi, così da trovare importanti margini di utilizzo soprattutto nella ristrutturazione degli edifici esistenti, laddove i sistemi di copertura presentano elevate trasmittanze, e nei climi più caldi, in cui sfasamento dell’onda termica entrante e ventilazione notturna si rivelano strategie efficienti per il raffrescamento e la riduzione dei consumi.
La copertura verde risulta quindi più efficace laddove associata a solai lignei, dalla ridotta inerzia termica, o a sistemi non ventilati, quindi impiegata come “unico” sistema passivo. Le coperture ventilate presentano infatti flussi termici già sensibilmente ridotti dalla presenza del canale di ventilazione. I risultati dello studio mostrano inoltre come la ridotta trasmittanza termica dell’involucro edilizio inibisca l’efficacia di altre strategie di con-
Energetica degli Edifici.
Bibliografia Castleton H. F. et al., 2010.“Green roofs; building energy savings and the potential for retrofit”. Energy and Buildings, 42(10), pp. 1582-1591. Feng C., Meng,Q. & Zhang Y., 2010.“Theoretical and experimental analysis of the energy balance of extensive green roofs”. Energy and Buildings, 42(6), pp. 959-965. Fioretti R. et al., 2010.“Green roof energy and water related performance in the Mediterranean climate”. Building and Environment, 45(8), pp. 1890-1904. Getter K. L., Bradley Rowe D. & Cregg B. M., 2009.“Solar radiation intensity influences extensive green roof plant communities”. Urban Forestry & Urban Greening, 8(4), pp. 269-281. Santamouris M. et al., 2007.“Investigating and analysing the
Note
energy and environmental performance of an experimental
1 - Il fenomeno dell’”isola di calore” concerne la crescita
green roof system installed in a nursery school building in
della temperatura dell’aria nei grandi centri urbani, in dipen-
Athens, Greece”. Energy, 32(9), pp. 1781-1788.
denza dalla dimensione delle città, dalla loro densità, dalle
Wong N., 2003.“Investigation of thermal benefits of rooftop
proprietà termiche delle superfici urbane, dalla mancanza di
garden in the tropical environment”. Building and
aree verdi estese. Conseguenze del fenomeno sono un peg-
Environment, 38(2), pp. 261-270.
1000
7.00
7.00
900
18-20 ore
6.00
gioramento della qualità dell’aria e un incremento dell’in-
6.00
16-18 ore 800
5.00
1000 4-5 ore 7-8 ore
900 16-18 ore 800
5.00
700
700
tipo 6: MN6_L
tipo 5: LV6_L
200 100
Radiazione Globale
tipo 1: MNV_LR
7
tipo 2: MV6_A
tipo 4: LV6_L
Radiazione Globale
13/80/8 16.10
13/80/8 14.30
13/80/8 12.50
13/80/8 9.30
13/80/8 11.10
13/80/8 7.50
13/80/8 6.10
13/80/8 4.30
13/80/8 2.50
13/80/8 1.10
12/8/08 23.30
12/8/08 21.50
12/8/08 20.10
12/8/08 18.30
12/8/08 16.50
tipo 7: MNV_GR
12/8/08 18.30
12/8/08 15.10
0 12/8/08 0.10
13/80/8 16.10
13/80/8 14.30
13/80/8 12.50
13/80/8 9.30
13/80/8 11.10
13/80/8 7.50
13/80/8 6.10
13/80/8 4.30
13/80/8 2.50
13/80/8 1.10
12/8/08 23.30
12/8/08 20.10
12/8/08 21.50
12/8/08 18.30
12/8/08 18.30
12/8/08 15.10
12/8/08 16.50
12/8/08 11.50
12/8/08 13.30
12/8/08 8.30
12/8/08 10.10
12/8/08 6.50
-2.00
12/8/08 5.10
0 12/8/08 3.30
-2.00 12/8/08 1.50
-1.00
12/8/08 0.10
100
12/8/08 13.30
200
-1.00
tipo 7: MNV_GR
6
Radiazione globale (W/m2)
300 0.00
12/8/08 11.50
0.00
400 1.00
12/8/08 8.30
300
12/8/08 10.10
1.00
500 2.00
12/8/08 6.50
400
12/8/08 5.10
2.00
600 3.00
12/8/08 3.30
500
12/8/08 1.50
3.00
Flusso termico(W/m2)
4.00 600
Radiazione globale (W/m2)
Flusso termico(W/m2)
4.00
90 _ ilProgettoSostenibile 30
Elena Giacomello Università Iuav di Venezia
La copertura a verde come sistema di gestione delle precipitazioni meteoriche: ricadute sull’ambiente urbano
Il ciclo idrologico negli ambienti antropizzati è significativamente alterato dallo sfruttamento della risorsa idrica operato dall’uomo: l’acqua viene prelevata dal sottosuolo e distribuita attraverso gli acquedotti per tutti gli usi civili, agricoli, industriali e domestici. Oltre all’estrazione vera e propria anche l’urbanizzazione del territorio contribuisce in modo sostanziale a modificare la circolazione dell’acqua. L’urbanizzazione implica l’artificializzazione del suolo, di cui una delle principali ricadute è l’impermeabilizzazione della sua superficie: nelle aree costruite, infatti, la maggior parte delle superfici orizzontali risulta “compartimentata”, cioè incapace di scambiare acqua e aria con l’atmosfera. Non solo le strade, i parcheggi, i percorsi pedonali, ma anche le coperture sono superfici realizzate con materiali e tecniche costruttive “sigillanti”. La capacità di impermeabilizzare e al contempo L’impermeabilizzazione – l’uso del suolo – è quindi un’operazione raccogliere l’acqua fa della copertura a verde costruttiva che produce una serie di effetti negativi che coinvolgono in un sofisticato dispositivo di gestione prima battuta proprio le vie dell’acqua (fig. 1). delle precipitazioni meteoriche con tutta Man mano che la percentuale di impermeabilizzazione del suolo aumenta il bilancio idrologico varia: al crescere del deflusso superficiale una serie di benefici microclimatici e idrologici. corrisponde una diminuzione dell’infiltrazione e dell’evaporazione. L’aumento del deflusso superficiale, causato dalle deviazioni dei percorsi dell’acqua operate dalle superfici impermeabili, genera una lunga serie di effetti negativi per l’ambiente urbano: la mancata filtrazione delle piogge inquinate compiuta dagli strati microbiologicamente attivi del suolo, l’abbassamento del livello delle falde (già eccessivamente sfruttate), il sovraccarico ai sistemi di trattamento delle acque, l’incremento delle portate e della velocità di scorrimento dei corpi idrici recettori, l’accentuazione dell’effetto isola di calore e un complessivo dissesto idrogeologico dei bacini idrografici. Dato il carattere di sostanziale irreversibilità dei processi di urbanizzazione, processi che come si vede nella figura 2 registrano in Italia un continuo aumento, il fenomeno dell’infiltrazione può essere in parte ripristinato attraverso l’introduzione di superfici infiltranti nelle aree costruite. La copertura a verde è un elemento tecnico orizzontale in grado di operare proprio in tal senso: la capacità di ospitare la vegetazione in quota implica, infatti, la presenza di due componenti fondamentali per le piante, ossia la terra e l’acqua. Riproducendo così alcune delle caratteristiche di un suolo naturale, la copertura a verde rappresenta un sofisticato dispositivo di gestione idrica, essendo al contempo un sistema di impermeabilizzazione e un bacino di raccolta d’acqua collocato fuori terra. La figura 3 spiega come si comporta una copertura a verde rispetto a una copertura tradizionale durante una giornata piovosa. L’asse delle ascisse riporta la sequenza temporale, mentre l’asse delle ordinate la quantità d’acqua via via accumulata espressa in millimetri: le curve qui rappresentate (curva della massa o cumulata) descrivono l’ammontare degli incrementi di pioggia registrati in successivi intervalli di tempo. La curva che delimita l’area azzurra rappresenta la pioggia caduta, ossia l’acqua captata dalle superfici orizzontali: i tratti verticali della curva indicano il verificarsi degli eventi meteorici, mentre i tratti orizzontali indicano le interruzioni fra un evento e quello successivo. La curva che delimita l’area rossa rappresenta il deflusso generato da un tetto in coppi e la curva che delimita l’area verde, invece, il deflusso da una copertura a verde. Come si vede, confrontando i tre valori delle ordinate, l’acqua che defluisce da un tetto in coppi è di poco inferiore all’acqua captata, mentre l’acqua rilasciata dalla copertura a verde presenta un valore di circa 1/3 dell’acqua captata. Della pioggia trattenuta dalla copertura a verde durante l’evento meteorico, una parte viene assorbita
Studi e Ricerche _ 91
Figura 1. Variazione del bilancio idrologico annuale del suolo in relazione alla sua impermeabilizzazione. Il bilancio idrologico dell’ambiente urbanizzato è caratterizzato da una significativa riduzione dell’infiltrazione e dell’evaporazione a cui corrisponde un aumento del deflusso superficiale. Fonte: AA.VV. Stream Corridor Restoration: Principles, Processes, and Practices, Federal Interagency Stream Restoration Working Group (FISRWG, 15°
Federal agencies of the U.S.). Figura 2. Aumento percentuale e procapite delle superfici orizzontali impermeabili nelle aree metropolitane italiane L’impermeabilizzazione del suolo è un valore in crescita in tutte le ventisei aree metropolitane italiane. Fonte: M. Munafò, G. Martellato, N. Riitano, “Impermeabilizzazione e consumo di suolo”, in ISPRA, IV Rapporto sulla Qualità dell’Ambiente Urbano, 2009: 28, 32.
dalle piante per nutrire i tessuti vegetali e per la traspirazione, una parte evapora direttamente dal substrato all’aria e una parte contribuisce a generare il deflusso superficiale. Il risultato è che tutta la quota di acqua trattenuta, dopo un certo periodo di persistenza nella copertura, viene trasferita in atmosfera per evaporazione e traspirazione; essa è definita “volume di ritenzione” e per intervalli di tempo sufficientemente prolungati, ossia stagionali e annuali, presenta un valore costante. La capacità di trattenere l’acqua di una superficie si definisce “capacità di ritenzione idrica” e si esprime attraverso un valore numerico chiamato coefficiente di deflusso ψ (psi), che indica il rapporto fra la quantità d’acqua rilasciata (deflusso) e la quantità d’acqua captata dalla superficie stessa (pioggia); esso è un numero compreso fra 0 e 1, e più il coefficiente si avvicina a valori prossimi a 1 maggiormente impermeabile è la superficie, al contrario più si avvicina allo 0 più permeabile è la superficie. Nella tabella 1 sono posti a confronto alcuni coefficienti di deflusso di diverse tipologie di superfici costruite. La ritenzione idrica di una copertura a verde è dunque un processo virtuoso perché: 1. diminuisce i volumi totali di deflusso idrico: solo una ridotta parte dell’acqua captata viene restituita come deflusso superficiale alle reti di drenaggio, dando luogo così a un ripristino, pur parziale, degli effetti benefici connessi all’infiltrazione; 2. partecipa al processo di evapotraspirazione: l’acqua trattenuta dal substrato e dalle piante viene trasferita all’atmosfera sotto forma di vapore; ciò implica che una frazione della radiazione solare incidente viene utilizzata per innescare il passaggio di fase, rendendo così la copertura a verde una superficie basso-emissiva. Per comprendere come la copertura a verde
1
2
possa influire sull’idrologia urbana grazie alla sua capacità di assorbire l’acqua ne è stato analizzato il comportamento in relazione a un contesto urbano reale. L’efficacia della tecnologia in termini di riduzione dei volumi di deflusso è stata verificata ipotizzando di convertire una certa percentuale di coperture tradizionali in coperture a verde, così da restituire valori di riferimento utili a valutare l’impatto di una diffusa applicazione della tecnologia negli ambienti densamente costruiti. La simulazione si basa evidentemente sulla possibilità di governare il processo di conversione alla scala urbana attraverso un piano coordinato di intervento e non sugli esiti derivati da singole applicazioni gestite autonomamente. Si è ipotizzato di effettuare tale valutazione per la città di Vicenza che, sia per i valori pluviometrici registrati, sia per dimensione, densità, tessuto e morfologia, può rappresentare un interessante
banco di prova. Il suo territorio, pari a circa 715 ettari, è stato suddiviso in quattro aree caratterizzate da differenti valori di impermeabilizzazione del suolo (figg. 4, 5). L’uso del suolo è stato classificato in due principali categorie: superfici impermeabili e superfici permeabili. Per ciascuna di esse sono stati successivamente definiti due sotto-gruppi, rispettivamente coperture e pavimentazioni (che comprendono strade, piazze, percorsi lastricati, ecc.) e verde urbano e copertura a verde. La figura 6 esplicita le percentuali d’uso del suolo per ciascuna delle quattro aree della città: - l’area grigia, che individua il centro storico di Vicenza, è l’area più densamente costruita, il cui uso del suolo è caratterizzato dal 90% di superfici impermeabili (il 50% a coperture e il 40% a pavimentazioni impermeabili: strade,
92 _ ilProgettoSostenibile 30
Figura 3. Curva della massa di differenti tipologie di copertura. Le curve descrivono la quantità d’acqua di deflusso da una copertura in coppi e da una copertura a verde (rispettivamente area grigio chiara e area grigio scura) in relazione all’acqua captata per effetto della serie
di eventi meteorici rappresentati dall’area nera. Alla fine delle ventiquattro ore il deflusso della copertura in coppi è quasi pari alla quantità di pioggia, mentre il deflusso da una copertura a verde è pari a circa un terzo di essa. Elaborazione su fonte: J. Mentes, D. Raes, M. Hermy, “Green roof as a tool for
solving the rainwater runoff problem in the urbanized 21st century”, in Landscape and Urban Planning, 77 (2006): 218. Figure 4, 5. Uso del suolo della città di Vicenza. Il territorio della città di Vicenza, pari a 715 ettari, è suddiviso in quattro aree caratterizzate da quattro
diverse percentuali di uso del suolo. A eccezione del centro storico, dove le coperture presentano una superficie superiore per estensione a quella delle pavimentazioni, nelle altre i due valori sono circa pari. Figura 6. Deflussi annuali della città di Vicenza nei vari scenari di
conversione delle coperture esistenti in coperture a verde. La riga azzurra rappresenta la pioggia media annuale e quella blu il deflusso annuale dell’intera area allo stato di fatto. La superficie grigia più scura a sinistra descrive il deflusso che si verificherebbe se l’intera area fosse
Tipo di superficie o copertura Asfalto o piastre con fuga sigillata Piastre o cubetti di porfido o altra pietra con fuga sigillata Strade e piazzali con cubetti a fuga non sigillata Superfici di impianti sportivi con drenaggi in materiale sintetico Tetti con inclinazione > 3° Tetti con inclinazione < 3° Copertura con zavorratura in ghiaia Superfici interra (cortili) Giardino, aree verdi, orti
ricoperta dalla vegetazione, per cui tale valore si riferisce a una quota di deflusso inevitabile. Le righe viola e lilla rappresentano i valori del deflusso nei differenti casi di conversione riportati sull’asse delle ordinate (10-20-50 e 100%) rispettivamente impiegando il coefficiente
Coefficiente di deflusso - Ψ 0,85 - 0,90 0,75 - 0,85 0,30 - 0,70 0,60 0,90 - 1 0,80 0,70 0,10 - 0,20 0 - 0,10
3
Tabella 1. Coefficienti di deflusso di diverse tipologie di superfici edificate. Fonte: Paolo Abram, Giardini pensili, Sistemi Editoriali, Napoli 2004: 27.
percorsi e piazze) e solo dal 10% di superfici permeabili; - l’area arancione rappresenta la prima cintura urbana al di fuori del centro storico e l’ampia e densa espansione della città verso ovest, caratterizzata dal 60% circa di superfici impermeabili (il 30% a coperture e altrettanto a pavimentazioni) e il 40% da superfici permeabili; - l’area gialla individua la periferia più recente, prevalentemente residenziale, caratterizzata dal 30% di superficie impermeabile (il 15% di coperture e il 15% di pavimentazioni); - l’area verde, infine, rappresenta la porzione di territorio pressoché non edificato, la cui impermeabilizzazione è stata stimata al 4%. Per ciascuna di queste aree, che, rispetto alla superficie complessiva di 715 ettari, presentano oltre che densità anche estensioni differenti, è stato calcolato il deflusso medio annuo sia allo stato di fatto, sia, successivamente, assumendo la conversione delle coperture esistenti in coperture a verde. Questi ipotetici scenari di conversione sono stati definiti da quattro diverse percentuali di trasformazione delle coperture: 10%, 20%, 50% e 100%. Per il calcolo dei volumi di ritenzione sono stati utilizzati vari coefficienti di deflusso per le diverse superfici costruite, in parte tratti dalla
letteratura scientifica e in parte ricavati dagli esiti di una verifica sperimentale condotta dall’autrice nell’ambito del Dottorato di ricerca in Tecnologia dell’Architettura dell’Università degli Studi di Ferrara. Per le coperture a verde sono stati fissati due differenti coefficienti: il primo, ψ=0,40, è un valore medio che esprime una capacità di ritenzione idrica di una copertura a verde semi-intensivo, invece il secondo, ψ=0,68, è considerato un valore minimo di una copertura a verde estensivo molto drenante. Entrambi questi due valori sono da considerarsi ampiamente cautelativi perché ottenuti da sperimentazioni effettuate su stratigrafie di copertura a verde prive di vegetazione, così come regolamenta l’autorevole normativa tedesca FLL (“Forschungsgesellschaft Landschaftsentwicklung Landschaftsbau”, 2008: 101-102). La risposta idrologica dei complessivi 715 ettari della città e delle quattro differenti aree diversamente caratterizzate per uso del suolo è sintetizzata nella figura 6. Il grafico rappresenta il deflusso medio annuo della città di Vicenza sulla base dell’uso del suolo definito dai valori espressi nella figura 6. Sull’asse delle ordinate sono riportati i deflussi
dei differenti scenari di conversione (suddivisi in relazione a due diversi coefficienti di deflusso: 0,40 corrispondente alle righe viola e 0,68 alle righe lilla), il deflusso dello stato di fatto (riga blu) e la pioggia media annua (riga azzurra). La fascia grigio scuro a sinistra del grafico indica il valore del deflusso medio annuo che l’area presenterebbe se fosse completamente “naturale”, cioè non edificata: tale valore corrisponde al 10% circa della pioggia annuale e, rispetto al deflusso dello stato di fatto (591 millimetri), ha un valore pari al 17% (la linea rossa verticale segnala il deflusso totale dello stato di fatto e ciascun passo della griglia indica il 5% di tale valore, come titolato nell’asse delle ascisse). Confrontando i vari scenari di conversione ipotizzati emerge che, assumendo come maggiormente descrittivo delle prestazioni idriche delle coperture a verde il coefficiente ψ=0,4, una conversione del 10% porterebbe a una riduzione dei volumi di deflusso del 2,50%, mentre una conversione del 20% diminuirebbe, proporzionalmente, i deflussi del 5,07%. Gli scenari di conversione del 50% e del 100%, mostrano evidentemente un abbattimento dei deflussi di portate maggiori, rispettivamente del 12,52% e del 25,08%. Sebbene un’applicazione pur estensiva di que-
Studi e Ricerche _ 93
di deflusso ψ=0,68 e ψ=0,40. Applicando quest’ultimo coefficiente alle coperture a verde in una conversione del 20%, i deflussi annuali si ridurrebbero del 5% rispetto ai deflussi in atto (per un valore corrispettivo di 14 millimetri, pari a 14 litri al metro quadro) che moltiplicati per l’intera
superficie della città corrispondono a 100˙100 metri cubi d’acqua. La riduzione del deflusso è un valore direttamente proporzionale all’aumento della superficie trasformata da impermeabile a verde, così per quote di conversione maggiori il deflusso diminuisce di quantità proporzionali.
4
5
sta tecnologia non sia da sola sufficiente a sanare situazioni compromesse sotto il profilo idrologico da un’attività antropica poco attenta all’uso del territorio, i dati analizzati durante la simulazione hanno evidenziato la rilevanza del contributo che la conversione di superfici tradizionali di copertura in coperture a verde avrebbe sul controllo di numerosi fenomeni, oltre che la significatività dei benefici ambientali – quali la riduzione dell’isola di calore – che potrebbero essere conseguiti dall’adozione di superfici infiltranti, come le chiusure orizzontali a verde, nell’ambito di processi di pianificazione e riqualificazione ad ampia scala. 6
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Grazia Lombardo Chiara Cicero Università degli Studi di Catania, Dipartimento di Architettura
Materiali ed energia nella progettazione dell’involucro edilizio
La progettazione degli elementi edilizi, nell’ottica di uno sviluppo sostenibile, deve necessariamente basarsi sull’individuazione degli obiettivi prestazionali che si intendono raggiungere e conseguentemente sulla definizione dei requisiti che l’edificio dovrà possedere in stretta connessione con le caratteristiche del sito. L’Italia, come i Paesi del Bacino Mediterraneo, è caratterizzata dal clima mediterraneo contraddistinto da estati calde, inverni miti ed elevata escursione termica annuale pari a circa 15 °C1. Un edificio in quest’area, concepito nel rispetto delle implicazioni bioclimatiche, deve essere caratterizzato da configurazioni e materiali atti a livellare le variazioni dipendenti dal clima esterno, mitigandone le punte e distribuendo l’energia catturata attraverso la sua capacità di accumulo. Per un edificio sostenibile sono state elaborate L’orientamento attuale della ricerca in quest’ambito tende prevalenteindicazioni utili a ottimizzare i requisiti mente a studiare nuovi elementi nei canoni costruttivi dell’involucro dell’involucro in funzione del rapporto tra massa esterno dell’edificio, interpretato come collettore e accumulatore di e isolante, nei diversi materiali, per ridurre energia.
i consumi energetici della climatizzazione. Lo stato dell’arte Nel contesto di questa problematica presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Catania sono state condotte ricerche orientate al miglioramento della relazione tra involucro ed energia2, 3. Risultati già ottenuti attraverso simulazioni informatiche, mediante il software EnergyPlus, hanno messo in luce le caratteristiche termofisiche di involucri massivi in relazione al fabbisogno energetico (FE) di una cellula elementare (fig. 1a) situata in un’area con clima mediterraneo (Catania). Mantenendo invariate tutte le caratteristiche di tale cellula, sono stati messi a confronto involucri edilizi dello spessore di 30 cm realizzati mediante blocchi di pietra naturale, laterizio e calcestruzzo, senza isolante e con isolante posto all’interno o all’esterno. A differenza di quanto indicato dalla normativa italiana (D.Lgs. 192/2005 e D.Lgs. 311/2006) che prevede che il FE per riscaldamento sia determinato in regime statico, considerando una temperatura di progetto costante pari a 20 °C, nelle suddette ricerche si è tenuto in considerazione il comfort adattativo4 che presuppone di effettuare analisi in regime dinamico per calcolare il fabbisogno energetico per il riscaldamento (FEi) e per il raffrescamento (FEe) utili a mantenere la temperatura interna rispettivamente tra 18 e 23 °C in inverno e tra 24 e 28 °C in estate. Dai valori di FEi e FEe e dal rendimento energetico degli impianti termici ipotizzati, che in questo caso sono un condizionatore e una caldaia2, è stato calcolato il fabbisogno di energia primaria (FEP). I risultati ottenuti mettono in evidenza che le migliori prestazioni in termini di comfort e di fabbisogno di energia primaria (FEP) per la climatizzazione, nell’arco dell’intero anno solare, sono garantite dall’involucro caratterizzato dalla maggiore inerzia termica e alta trasmittanza accoppiato all’isolante posto esternamente. Tali ricerche smentiscono le indicazioni normative italiane secondo le quali l’involucro con bassi valori di trasmittanza presenta le migliori prestazioni energetiche, dimostrando che trasmittanza e fabbisogno di energia primaria (FEP) non sono direttamente proporzionali tra loro. Inoltre, la posizione dell’isolante (interno o esterno), pur mantenendo invariato il valore della trasmittanza, può comportare riduzioni di FEP fino al 20%. Ciò si verifica in virtù del fatto che il materiale coibente presente sulla faccia interna dell’involucro impedi-
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Figura 1. a) Viste della cellula elementare; b) flusso termico attraverso gli involucri con isolante interno ed esterno.
3
2,5
2
Int.
5
1a
Est.
Int.
Est.
1b
Tabella 1. Caratteristiche termofisiche materiali da costruzione.
sce alla massa termica di accumulare calore durante le ore più calde, producendo elevati sbalzi termici durante tutto l’anno, picchi di temperatura nella stagione calda e abbassamenti della temperatura nelle notti invernali. Diversamente, l’isolante posto all’esterno consente lo scambio di calore tra massa e ambiente interno. Tale scambio mitiga gli sbalzi termici durante tutto l’anno, mantiene più elevata le temperatura interna in inverno e riduce i picchi di temperatura nella stagione estiva (fig. 1b).
vo la valutazione delle prestazioni dell’involucro edilizio attraverso simulazioni informatiche (EnergyPlus) in regime dinamico, in rapporto al risparmio energetico per la climatizzazione, nel periodo estivo, invernale e infine nell’intero arco dell’anno, al variare dell’inerzia termica (in termini di capacità termica frontale Cf=s·ρ·Cs [kJ/m2K]) e dell’isolante termico (in termini di resistenza R=s/λ [m2K/W]) dove s è lo spessore, ρ la densità, Cs il calore specifico, C la capacità termica (C=ρ·Cs [kJ/m3K]) e λ la conduttività.
Obiettivi
Metodologia
I risultati precedentemente ottenuti inducono a pensare che la composizione di un involucro ideale sia costituita da isolante termico posto all’esterno e da massa di accumulo posta all’interno al fine di garantire una riduzione dei consumi per il condizionamento, attenuare gli sbalzi termici, aumentando le condizioni di comfort dell’ambiente interno. Mantenendo il riferimento alla cellula elementare in area a clima mediterraneo è stata avviata una nuova fase di ricerca che ha per obietti-
A tal fine è stato calcolato il fabbisogno energetico a partire da un involucro fortemente isolato (R = 7,5 m2K/W) con massa di accumulo nulla fino a un involucro con isolante nullo e massa di accumulo molto elevata (Cf = 3500 kJ/m2K), attraverso i diversi valori intermedi. Ciò consente di poter individuare, nella definizione dell’involucro, quale sia il rapporto tra isolamento e inerzia termica che comporta la massima riduzione del fabbisogno di energia primaria nell’arco dell’intero anno solare e quindi valu-
tare quale sia il massimo contributo in termini energetici che possiamo ottenere al variare della composizione dell’involucro edilizio. In questa ottica sono stati considerati diversi materiali che, per le loro caratteristiche termofisiche (tab. 1), svolgono la funzione rispettivamente di massa di accumulo (pietra naturale, legno, blocchi di laterizio, calcestruzzo e materiali a cambiamento di fase) e di isolante (fibra di vetro, poliuretano, polietilene).
Risultati Nella tabella 2 vengono riportati i valori del fabbisogno energetico (FEi), calcolato in regime dinamico nel periodo invernale, necessario per mantenere la temperatura interna compresa tra 18 e 23 °C, al variare della resistenza termica dell’isolante e della capacità termica della massa di accumulo dell’involucro. Dai risultati ottenuti emerge che: • le prestazioni energetiche dell’involucro migliorano all’aumentare della capacità termica e della resistenza; • a parità di resistenza, il valore del fabbisogno
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Tabella 2. Risultati relativi al fabbisogno energetico per riscaldamento.
Tabella 3. Risultati relativi al fabbisogno energetico per raffrescamento.
energetico diminuisce all’aumentare dell’inerzia termica. Ad esempio, con R pari a 0,5 m2K/W l’aumento di Cf da 175 a 3500 kJ/m2K abbatte il FEi del 75%; • a parità di capacità termica, il FEi diminuisce all’aumentare dell’isolamento. Infatti, per Cf pari a 175 kJ/m2K, aumentando R (da 0 a 7,5 m2K/W) il FEi si abbatte del 98%; • piccoli incrementi di resistenza pari a 0,5 m2K/W, che corrispondono a 2 cm di isolante, garantiscono un FEi (19,7 kWh/m2) pari a quello ottenuto da grandi incrementi di capacità termica quali da 175 a 1750 kJ/m2K che corrispondono per esempio da 5 a 50 cm di basalto. Nella tabella 3 vengono riportati i valori del fabbisogno energetico (FEe), calcolato in regime dinamico nel periodo estivo, necessario per mantenere la temperatura interna compresa tra 24 e 28 °C, al variare della resistenza termica dell’isolante e della capacità termica della massa di accumulo dell’involucro. I risultati mettono in luce che: • i valori di FEe diminuiscono all’aumentare della capacità termica e al diminuire della resistenza; • a parità di resistenza, il valore di FEe diminui-
Tabella 4. Risultati relativi al fabbisogno di energia primaria.
sce all’aumentare dell’inerzia termica. Infatti, con R pari a 1 m2K/W l’aumentare di Cf abbatte il valore di FEe fino al 17%; • a parità di capacità termica il FEe diminuisce al diminuire della resistenza, con riduzioni fino al 54% per Cf pari a 350 kJ/m2K; • per bassi valori di resistenza anche minore capacità termica garantisce soddisfacenti valori di FEe. Infatti, valori di FEe pari a 19,1 kWh/m2 possono essere ottenuti con Cf pari a 175 kJ/m2K che corrisponde a 5 cm di basalto e R pari a 0,5 m2K/W che corrisponde a 2 cm di isolante; • all’aumentare della resistenza, per ridurre il FEe è necessario ricorrere a elevati valori di capacità termica. Ad esempio, con R pari a 1 m2K/W che corrisponde a 4 cm di isolante, per ottenere un FEe pari a 27,1 kWh/m2 è necessario ricorrere a Cf pari a 3500 kJ/m2K che corrisponde a 100 cm di basalto. Complessivamente è possibile riassumere che mentre il contributo dell’isolamento migliora le prestazioni soprattutto nella stagione fredda, il contributo della massa di accumulo termico è positivo sia in estate che in inverno. Il confronto delle tabelle 1 e 2 mette inoltre in luce che gli involucri con le migliori prestazioni
in inverno danno risultati peggiori in estate e viceversa. Nella tabella 4 vengono riportati i valori del fabbisogno di energia primaria (FEP), calcolato in regime dinamico e nell’arco dell’intero anno solare, al variare della resistenza termica dell’isolante e della capacità termica della massa di accumulo dell’involucro. I risultati mettono in luce che: • i valori di FEP migliorano all’aumentare della capacità termica e per valori di resistenza che variano tra 1 e 2 m2K/W; • a parità di resistenza, il FEP diminuisce all’aumentare della capacità termica. Per R pari a 1 m2K/W l’aumentare di Cf abbatte il valore di FEP fino al 50% circa; • a parità di capacità termica, si ottiene il FEP minore per R pari a 1 o 2 m2K/W. Nel caso di Cf pari a 175 kJ/m2K il FEP diminuisce fino al 60%; • sono presenti valori di FEP paragonabili tra di loro in corrispondenza di involucri caratterizzati da uguale capacità termica e diversa resistenza. Ad esempio, per Cf pari a 175 kJ/m2K si ottengono FEP similari (55,8 e 51,3 kWh/m2a) per valori di resistenza rispettivamente pari a 0,5 e 7,5 m2K/W. Ciò è dovuto al fatto che nel
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Tabella 5. Possibili combinazioni di involucro.
primo caso si hanno maggiori consumi in inverno mentre nel secondo si hanno maggiori consumi in estate.
Conclusioni Con riferimento a un’area caratterizzata da clima mediterraneo i risultati ottenuti dalla presente ricerca forniscono una serie di indicazioni utili a ottimizzare i requisiti di natura termofisica dell’involucro edilizio al fine di ottenere massime riduzioni del consumo energetico complessivo per la climatizzazione degli ambienti interni. Pur mancando riferimenti normativi relativi alla riduzione del FE per il condizionamento estivo, è possibile notare che i valori di FEP, calcolati al variare dei requisiti termofisici dell’involucro, risultano coerenti con quelli di un edificio energeticamente sostenibile. Fermo restando che ulteriori riduzioni del fabbisogno di energia primaria possono essere probabilmente ottenute con interventi su alcune caratteristiche della cellula quali: morfologia, esposizione, rapporto pieni-vuoti nelle chiusure esterne, ventilazione, schermature, etc. Tutti questi aspetti esulano dal presente studio e vengono mantenuti invariati nella cellula studiata in modo tale da ottenere risultati che riguardano esclusivamente la valutazione del risparmio energetico complessivo per la climatizzazione degli ambienti interni al variare delle caratteristiche termofisiche dell’involucro. Tali valutazioni hanno messo in evidenza che nel periodo invernale (tab. 2) i requisiti termofisici dell’involucro migliorano, riducendo il FEi, all’aumentare della resistenza e della capacità termica, mentre nel periodo estivo (tab. 3) i requisiti termofisici dell’involucro migliorano, riducendo il FEe, all’aumentare della capacità termica e al diminuire della resistenza. Infatti, si osserva che involucri con buone prestazioni
nel periodo invernale non mantengono lo stesso livello di efficienza energetica nel periodo estivo e viceversa. Ciò ribadisce ulteriormente i limiti della normativa vigente in materia di risparmio energetico mirata a soddisfare prevalentemente esigenze legate alla climatizzazione nel periodo invernale. L’andamento del FEP dipende dalle prestazioni dei diversi tipi di involucro nelle varie stagioni dell’anno; quindi mentre l’aumento della massa di accumulo termico riduce sempre il fabbisogno energetico non è così per l’isolante. Da una lettura attenta dei risultati (tab. 4) si evince che i minori consumi complessivi di energia primaria si ottengono al variare della capacità termica per involucri con valori di resistenza che si attestano tra 1 e 2 m2K/W. Ciò è dovuto al fatto che un eccesso di isolante produce fenomeni di surriscaldamento dell’ambiente nel periodo estivo, mentre al contrario una eccessiva riduzione di isolante produce nell’ambiente abbassamenti della temperatura nel periodo invernale. Quindi la scelta dell’isolante deve essere attenta e oculata in quanto, come abbiamo già visto, incrementarlo potrebbe risultare inutile o anche negativo ai fini del risparmio energetico complessivo. Si riporta di seguito la tabella con le possibili soluzioni di involucro che, al variare della capacità termica e in corrispondenza dei valori di resistenza ottimali individuati, producono i minori FEP. I valori retinati non sono significativi ai fini di una possibile composizione dell’involucro. In virtù del fatto che sia nel periodo estivo che in quello invernale l’aumento della capacità termica garantisce sempre prestazioni energetiche migliori, gli involucri realizzati con materiali caratterizzati da un’elevata inerzia hanno a parità di prestazioni energetiche, spessori più ridotti. Dalla lettura della tabella 5 i più sottili sono
sempre gli involucri realizzati con PCM, ancora in stato di perfezionamento per cui non di larga diffusione in edilizia. A conferma delle ricerche precedentemente condotte, seguono gli involucri in basalto etneo, in setti di cls, in blocchi di laterizio e in legno. Queste osservazioni inducono a ripensare all’impiego di materiali appartenenti alla tradizione costruttiva come la pietra naturale, i quali hanno dimostrato che, grazie alla elevata capacità termica e anche con modesti spessori, se accoppiati con materiali isolanti secondo precisi dimensionamenti, presentano prestazioni energetiche non solo sicuramente competitive ma anche migliori rispetto ad altri materiali di grande diffusione in edilizia come il laterizio ed il calcestruzzo. I risultati ottenuti possono costituire un valido ausilio per una corretta progettazione edilizia ecosostenibile, tanto nel caso di nuovi interventi quanto nel caso di recupero di edifici esistenti appartenenti sia al patrimonio storico che moderno. Lo spettro di soluzioni individuate consente di ottimizzare il rapporto massa di accumulo-isolante ai fini del risparmio energetico complessivo per la climatizzazione degli ambienti sia nei casi di involucri sottili e leggeri che nel caso di involucri caratterizzati da spessori più elevati. Note 1 - Olygay V., Design with climate, Princeton, Princeton University Press, 1963. 2 - Cicero C., Valutazioni termiche ed economico-ambientali di murature portanti in basalto etneo, Tesi finale di dottorato in Progetto e Recupero Architettonico, Urbano e Ambientale (2009). 3 - Cicero C., Lombardo G.,“Natural stone in architectural design. Thermal performances evaluation”, XXXVII IAHS World Congress on Housing, October 26-29, 2010, Santander, Spain. 4 - Fracastoro G. V.,“Criteri per una climatizzazione sostenibile”, Convegno FIRE L’efficienza energetica negli edifici: opportunità e ruoli per gli Energy Manager, Milano, 11-12 novembre 2004.
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Intonaci in terra e vetro
Giovanna Franco Università degli Studi di Genova, DSA - Dipartimento di Scienze per l’Architettura Marco Guerrini architetto
La ricerca qui presentata costituisce l’esito di una tesi di laurea, discussa nel marzo 2011 presso la Facoltà di Architettura di Genova, con la relazione dei proff. Stefano F. Musso e Giovanna Franco e la correlazione dell’ing. Enrica Cattaneo. Lo studio si colloca nell’ambito dell’edilizia rurale, di cui sono indagati la natura costruttiva, lo stato di conservazione, le ragioni e i modi del suo possibile recupero “sostenibile”; tali ricerche, cui la rivista ha dato diffusione, sono state avviate già da alcuni anni dai docenti e dal loro gruppo di ricerca, supportate dagli enti di tutela e dagli organi di governo del territorio, spesso in zone protette e ad alta sensibilità paesaggistica1. Lo studio in oggetto, in particolare, si è concentrato sugli insediamenti rurali del territorio del Comune di Carrega Ligure (AL) ma, anche grazie Una ricerca sperimentale su un intonaco al suo carattere sperimentale, presenta un respiro decisamente più termoisolante, in terra e vetro riciclato, ampio, affrontando la questione energetica come nodo cruciale per il ripropone la tematica del recupero dell’edilizia futuro della tutela, della conservazione e della valorizzazione del patritradizionale e delle tradizioni costruttive locali monio di edilizia storica del Paese. Nonostante la legislazione nazionale, in applicazione della stessa diretin una nuova luce. tiva europea, ammetta deroghe proprio per gli edifici soggetti a tutela (e comunque non per il patrimonio storico in generale, molto più esteso rispetto a quello sottoposto a vincolo), è indubbio che le problematiche relative alla sostenibilità ambientale e al risparmio energetico interferiscano pesantemente con la gestione di tessuti storici e di contesti paesaggistici sensibili. Per questo, è necessario sciogliere alcuni nodi di carattere metodologico e tecnico, superando la settorialità delle competenze fino a ora coinvolte in quest’ambito. In particolare, se da un lato si sostengono la priorità della tutela e della salvaguardia del patrimonio costruito di carattere tradizionale e dei suoi “valori” storici e testimoniali (ragione posta a base delle previste deroghe alla direttiva comunitaria in tale ambito) e l’asserita “bontà” delle prestazioni termiche degli edifici di natura muraria tradizionale, dall’altro lato è auspicabile una “messa a sistema” di conoscenze di rigoroso fondamento scientifico in merito agli effettivi comportamenti “ambientali” di soluzioni costrutti-
Tutte le fotografie a corredo di questo articolo sono di Marco Guerrini. Figura 1. La frazione di Agneto (AL), nucleo rurale di mezzacosta. La sistemazione del paesaggio “a terrazze” mostra i segni del progressivo abbandono dovuto allo spopolamento e alle mutate condizioni socio-economiche. 1
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Figura 2. Le strutture verticali sono costituite da murature in pietra a spacco di cava o di fiume, disposte a corsi più o meno regolari con uso di malta di calce; particolare cura è stata adottata nella realizzazione dei cantonali e delle bucature. Il contatto fra gli elementi lapidei è spesso garantito o comunque migliorato,
ve tradizionali e locali, fino a ora relativamente poco indagati. Parallelamente, occorre avviare una riflessione sui criteri di compatibilità tra gli obiettivi e le richieste della “conservazione” (fisica e testimoniale) e le “esigenze” di un significativo “miglioramento energetico” del patrimonio costruito tradizionale. Ciò è necessario non solo e non tanto con riferimento al singolo manufatto (problema apparentemente risolvibile grazie a singoli progetti specifici), quanto piuttosto a livello sistemico, ossia urbano e paesistico. In questa prospettiva è posta particolare attenzione alle soluzioni, di carattere soprattutto “passivo”, che le tradizioni costruttive locali esprimevano rispetto al problema del comfort interno agli edifici in relazione all’ambiente esterno e alle sue variazioni climatiche e, contestualmente, alle innovazioni tecnologiche disponibili o esito di re-interpretazione e di applicazione sperimentale, come nella ricerca presentata.
Una tecnologia appropriata per una realtà rurale Il problema del comportamento energetico degli edifici rurali e del loro miglioramento, prevalentemente rivolto alle chiusure opache, è stato affrontato partendo dal concetto di “tecnologia appropriata”, richiamandosi a un dibattito più che ventennale nell’ambito delle nuove tecnologie e del recupero dell’edilizia esistente. L’edilizia locale, spesso semplicisticamente definita come ‘spontanea’, costituisce infatti un patrimonio assai ricco di memorie e di sapienze costruttive, esito di un rapporto molto stretto fra l’uomo e il paesaggio. Perciò, anche la ricerca di migliori condizioni di comfort ambientale e di salubrità degli ambienti interni dovrebbe, da un lato, rispettare i valori di identità e autenticità che riguardano gli aspetti materiali e costruttivi degli edifici e, dall’altro, non tradire i
grazie all’utilizzo di scaglie lapidee più piccole, inserite a forza. (Edificio destinato a stalla e cascina nella frazione di Prao - AL). Figura 3. La tradizione costruttiva locale prevede la realizzazione di coperture in lastre lapidee dette “ciappe”. La struttura lignea portante è costituita
da travetti, i correnti o arcarecci, che appoggiano su una trave di colmo e sul bordo della muratura. Ai travetti è chiodato un tavolato costituito da elementi dimensionalmente eterogenei. Il tavolato sostiene le “ciappe”, semplicemente appoggiate a esso. Tutti gli elementi lignei hanno un grado di finitura
grossolano, le travi e i travetti sono scortecciati e appena sbozzati, mentre il tavolato ha profili irregolari che non permettono un accostamento perfetto. Le vecchie grondaie in legno erano ricavate da sezioni semicircolari di albero (Particolare della copertura del coro della chiesa di S. Andrea, Agneto - AL).
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valori immateriali (tradizioni, conoscenze e saperi) che li caratterizzano. Porre come obiettivo finale l’utilizzo di una tecnologia appropriata significa cercare di immedesimarci nelle figure dei vecchi costruttori, ossia di coloro che, fino ai primi decenni del secolo scorso, hanno curato la costruzione e la manutenzione dei manufatti. Sulla base di queste premesse, il lavoro di ricerca è stato guidato da alcuni principi, quali l’utilizzo di un materiale naturale facilmente reperibile in zona per il miglioramento “energetico”, l’impiego di tecniche costruttive diffuse localmente e la conservazione e valorizzazione degli elementi materiali.
sacco” (più antiche) o murature costituite da due paramenti compatti, i cui elementi si incastrano reciprocamente in senso trasversale e longitudinale. In entrambi i casi, ad altezze che variano da un minimo di 50 cm a un massimo di un metro, vi sono conci orizzontali, di chiave, che attraversano la sezione muraria e, collegando i due paramenti, garantiscono maggiore stabilità e compattezza alla parete. Lo spessore della cortina è solitamente pari a 50 cm e può aumentare fino a 60-65 cm. La maggior parte del patrimonio edificato presenta pareti esterne in muratura a vista, mentre l’aggiunta di uno strato di intonaco esterno rappresenta una pratica diffusa laddove i manufatti hanno subito interventi di recupero per un loro riutilizzo. Nei sistemi tradizionali di copertura si possono individuare due tipologie, quelle più antiche, costituite da elementi lapidei (“ciappe”) e quelle che, dall’inizio del Novecento, sono ormai entrate nella tradizione costruttiva, in tegole in laterizio. La principale differenza fra questi due sistemi costruttivi consiste nel peso, decisamente maggiore nel caso di coperture in “ciappe”, a causa del peso specifico degli elementi lapidei e della composizione dell’orditura lignea di supporto che prevede, nel pacchetto in “ciappe”, la presenza di un tavolato ligneo di supporto.
Le strutture edilizie esistenti Analizzando la dispersione termica globale dei manufatti si può facilmente osservare che anche le strutture opache rappresentano un “veicolo” di dispersione termica. Murature e sistemi di copertura sono stati perciò gli oggetti sui quali abbiamo incentrato la nostra attenzione. I materiali che costituiscono le murature sono elementi lapidei a spacco, di cava o di fiume, disposti a corsi più o meno regolari e posti in opera con l’utilizzo di malta a base di calce selvatica, prodotta in loco, debolmente idraulica, ma dotata di una buona tenacia. Nel territorio ricorrono tipologie “a
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Figura 4. La sperimentazione sugli impasti per ottenere un intonaco dalle elevate prestazioni termiche ha preso avvio dall’impiego di materiali facilmente reperibili in loco, quali terra e paglia, utile per evitare possibili fessurazioni nella fase di post-maturazione dell’impasto. L’impiego
di bottiglie di vetro frantumate ha invece permesso di calcolare la massima percentuale di inerte grossolano che l’impasto può contenere, senza perdere le proprietà di resistenza fisicomeccaniche. Figura 5. Preparazione dei provini per le prove di laboratorio sulla
conducibilità termica e sulla resistenza meccanica. La fase di stagionatura ha previsto un’essiccazione di circa trenta giorni, al riparo della luce diretta del sole, in condizioni di temperatura e umidità costanti. Figura 6. I diversi impasti di prova sono stati
realizzati in modo da poter individuare le principali differenze fra i materiali impiegati a livello di peso, resistenza meccanica, prestazione energetica e costo finale. La prova d’impasto di sola terra è stata necessaria per ricavare i dati prestazionali relativi al materiale che costituisce il legante di base. 6
Le prestazioni energetiche e gli interventi di miglioramento Le prestazione energetiche dei manufatti sono regolate dalle normative regionali (D.G.R. Piemonte 46/09 in vigore dal 01/04/2010), di derivazione europea. In considerazione della particolare stratigrafia mista e irregolare, tipica soprattutto delle murature, ma riconducibile anche alle strutture di copertura, i risultati ottenuti dai calcoli sono approssimazioni, accettabili, dell’effettivo comportamento degli elementi costruttivi analizzati. A livello di condizioni igrometriche le situazioni critiche si verificano nei muri contro terra, a diretto contatto con l’umidità presente nel terreno e sprovvisti di camera d’aria, e nelle coperture in “ciappe”, dove si registrano picchi di condensa interna nel periodo invernale. In ogni caso, le strutture non rispettano i limiti prefissati dalla legge, che impone il valore massimo ammissibile di condensa pari a 500 g/m². Anche le trasmittanze sono ben lontane dal valore 0,33 W/m²K che, in zona climatica F, rappresenta il parametro ottimale per le chiusure opache (valore che scende a 0,29 W/m²K per le strutture di copertura). I dati relativi alle prestazioni energetiche attuali variano intorno a trasmittanze di 1,7 W/m²K per le murature, 1,3 W/m²K per le coperture in “ciappe” e 2 W/m²K per quelle in tegole in laterizio. Volendo rispettare e salvaguardare la struttura muraria “faccia a vista”, il lavoro si è concentrato sulla sperimentazione di un intonaco da applicare sulle pareti interne. Nelle coperture il problema tecnologico principale riguarda, invece, la soluzione a livello del nodo di gronda, poiché l’inserimento di un pacchetto isolante standard snaturerebbe il sottile profilo esterno tipico della linea di gronda, per cui occorrerà intervenire interrompendo l’isolamento al filo esterno della cortina muraria.
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La “sierva” e la sperimentazione dei termointonaci
chiamati “bulla”, garantivano all’impasto un’ulteriore armatura interna. Nella nuova sperimentazione sono stati utilizzati rametti di diametro intorno al centimetro, mentre le dimensioni dei montanti a sezione tondeggiante possono essere comprese fra i 4 e i 6 cm, con interassi di varia misura, per arrivare a una struttura intonacata di spessore pari a 8-10 cm. La volontà di incrementare le proprietà termiche della malta ha portato a sperimentare diverse tipologie di impasti con l’aggiunta di aggregati di differente origine, naturale e di sintesi. Come prodotti naturali sono stati aggiunti trucioli di legno e paglia, mentre il principale prodotto di sintesi impiegato durante le prove è il vetro granulare alveolato proveniente dalla Germania. Il Poraver®, nome del prodotto messo in commercio dall’azienda Dennert, ha buone caratteristiche tecnico-prestazionali di isolamento termico, basso peso specifico e limitato impatto ambientale all’interno del suo ciclo produttivo. La materia prima che lo compone non è estratta, ma è costituita da vetro completamente riciclato. Il Poraver® si ottiene aggiungendo alla polvere di vetro acqua e una resina che costituisce il legante; la miscela così ottenuta si cuoce in appositi forni che, ruotando, conferiscono al materiale la forma sferica. Su tutte le prove d’impasto realizzate sono stati
La ricerca sperimentale si è poi focalizzata sul riutilizzo delle “sierve”, impiegate come strutture di supporto per un intonaco a base di terra cruda additivato con materiale isolante, fissate in aderenza al paramento interno della muratura. Con il nome di “sierve” si intendono le strutture costituite da rami intrecciati orizzontalmente intorno a elementi lignei perpendicolari, che potevano essere o meno intonacate con una malta a base di terra, a seconda del loro uso. Quando erano impiegate per separare ambienti a destinazione residenziale erano infatti intonacate, mentre nelle stalle, nei depositi o a chiusura di bucature rimanevano a vista. Esse rappresentano il sistema diffusamente riconosciuto con il nome di tecnica costruttiva a “torchis”. La malta da intonaco è generalmente composta da terra argillosa, sterco di mucca e residui triti di paglia e fieno raccolti in cascina. La terra era raccolta e setacciata per eliminare la frazione sassosa grossolana; nel caso poi risultasse troppo argillosa, e quindi facilmente fessurabile dopo l’essiccamento, era additivata con sabbia di fiume molto fine. Il letame, prima dell’utilizzo, era preferibilmente lasciato riposare e maturare per una ventina di giorni. I residui di paglia o fieno,
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Figura 7. Le prove a rottura hanno permesso di determinare i valori di resistenza meccanica e, con l’osservazione del comportamento dei provini sotto sforzo, di avanzare alcune ipotesi circa i meccanismi di fessurazione e di rottura. Sono stati poi determinati i valori di trasmittanza termica
e il calore specifico degli impasti utilizzando l’ISOMET 2104, uno strumento portatile per la misura diretta delle proprietà termofisiche di una vasta gamma di materiali. Figura 8. L’applicazione al primo modello di struttura porta intonaco, con sistema
costruttivo a Torchis, ha previsto la stesura di uno strato di circa 4 cm per lato, tale quindi da non garantire l’auto-portanza. Figura 9. Il modello finale è caratterizzato da una maggiore precisione nella disposizione degli elementi lignei orizzontali e verticali.
Sono stati applicati a esso i due impasti con le migliori caratteristiche prestazionali, dal punto di vista termico e della resistenza meccanica.
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che locali e che gli stessi potrebbero essere migliorati, attraverso un controllo di tipo industriale sulle fasi del loro processo produttivo. Note Giovanna Franco è autore del paragrafo introduttivo, Marco Guerrini del testo dell’articolo. 1 - Cfr. Stefano F. Musso, Giovanna Franco, Guida alla manutenzione e al recupero dell’edilizia e dei manufatti rurali, 8
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Marsilio Editori, Venezia 2000. Stefano F. Musso, Giovanna Franco, Guida agli interventi di recupero dell’edilizia diffusa nel Parco Nazionale delle Cinque
eseguiti i test di conducibilità termica, resistenza meccanica e calore specifico. Le prove di laboratorio hanno dato buoni risultati e il confronto con le principali caratteristiche di altri prodotti in commercio ha evidenziato buona competitività per una futura entrata sul mercato e un utilizzo applicativo. Leggendo i risultati occorre fare alcune precisazioni riguardo le modalità di produzione del termointonaco, che potrebbero aver avuto un’influenza più o meno rilevante sui valori finali. La miscela degli impasti con cui sono stati realizzati i provini per i test di conducibilità termica e di resistenza meccanica è stata fatta a mano e, dal momento che i materiali costituenti hanno diversa granulometria, questo può aver provocato una distribuzione non uniforme dell’impasto all’interno del cassero e ciò può aver influenzato le prove di resistenza meccanica. La difformità di distribuzione degli elementi potrebbe favorire lo sviluppo di cricche e fessurazioni localizzate (ad esempio nei punti dove si concentrano molte sfere di vetro e poca terra). Inoltre, la quantità d’acqua nelle miscele è stata aggiunta in maniera empirica, eseguendo una prova di consistenza al tatto. Una più opportuna aggiunta di acqua per l’idratazione dell’impasto condiziona a livello molecolare la modalità aggregativa dell’argilla, che costituisce il legante principale. Una mino-
re quantità d’acqua può causare maggiore predisposizione alla fessurazione ma, allo stesso tempo, la formazione di vuoti, conseguente all’evaporazione dell’acqua, migliora la resistenza termica del materiale. L’utilizzo del modello con tecnica a “torchis” porta-intonaco si rende necessario dove l’applicazione della malta ha uno spessore superiore ai due o tre centimetri che, data la bassa resistenza meccanica, non può essere considerata auto-portante2. La struttura permette di creare un pannello dotato di buona solidità e, per le caratteristiche di flessibilità degli elementi lignei sottili orizzontali ed intrecciati contenuti all’interno, di migliore assorbimento degli urti a cui essa può essere sottoposta.
Terre, Marsilio Editori, Venezia 2006. Stefano F. Musso, Giovanna Franco, Marta Gnone, Architettura rurale nel Parco del Beigua. Guida alla manutenzione e al recupero, Marsilio Editori, Venezia 2008. 2 - Un intonaco può essere definito come strutturale quando la sua resistenza meccanica a compressione è maggiore o uguale a 5 Mpa e, siccome gli impasti realizzati si fermano ad una media intorno ai 0,2/0,3 Mpa, essi non possono essere considerati strutturali.
Riferimenti bibliografici Daniela Bosia, Giovanna Franco, Roberto Marchiano, Stefano F. Musso, Guida al recupero degli elementi caratterizzanti l’architettura del territorio del G.A.L. Mongioie,TipoArte, Bologna 2004. Daniela Bosia, Guida al recupero dell’architettura rurale del G.A.L. Langhe Roero, BLU edizioni, Torino 2006. Hassan Fathy, Costruire con la gente, Jaca Book, Milano 1985. Maria Cristina Forlani, Costruzione e uso della terra, Maggioli Editore, Rimini 2001. Stefano F. Musso, Giovanna Franco, Guida alla manutenzione
I risultati ottenuti I migliori risultati prestazionali sono stati ottenuti negli impasti la cui miscela è composta dal vetro granulare alveolato e terra cruda. Il valore di trasmittanza ottenuto è di 0,09 W/m²K, ma è importante sottolineare anche l’alto valore del calore specifico, grazie alla presenza della terra, che rende l’impasto ottimo durante il regime estivo migliorando la sua inerzia termica. In conclusione, possiamo affermare che i risultati ottenuti dagli impasti realizzati rispondono alle problematiche energeti-
e al recupero dell’edilizia e dei manufatti rurali, Marsilio Editori, Venezia 2000. Stefano F. Musso, Giovanna Franco, Guida agli interventi di recupero dell’edilizia diffusa nel Parco Nazionale delle Cinque Terre, Marsilio Editori, Venezia 2006. Stefano F. Musso, Giovanna Franco, Marta Gnone, Architettura rurale nel Parco del Beigua. Guida alla manutenzione e al recupero, Marsilio Editori, Venezia 2008. Antonello Sanna, Carlo Atzeni (a cura di), La terra cruda. Manuali del recupero dei centri storici della Sardegna, DEI, Roma 2009. Gianni Scudo, N. Bonati (a cura di), Architettura in terra, memoria e innovazione, Città Studi Edizioni, Milano 1994. Gianni Scudo, B. Narici, Cinzia Talamo, Costruire con la terra, Esselibri, Napoli 2001.
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Tesi di Dottorato Edoardo Bit Università degli Studi di Ferrara Francesca Corsi Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Alessandra Di Gangi Università degli Studi di Palermo Leonardo Fabi Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Paola Frontoni Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Keoma Ambrogio Università degli Studi di Ferrara Valentina Radi Università degli Studi di Ferrara Angela Katiuscia Sferrazza Università degli Studi di Palermo
104 _ ilProgettoSostenibile 30
Università: Università degli Studi di Ferrara Dipartimento: Dipartimento di Architettura Corso di Dottorato: Tecnologia dell’Architettura Ciclo di Dottorato: XXIII Anno discussione tesi: 2011 Tutor: prof. arch. Giovanni Zannoni Parole-chiave: verde verticale; integrazione tecnologica; rinaturalizzazione urbana
Il percorso evolutivo del verde parietale quale elemento di rinaturalizzazione urbana e dispositivo tecnologico passivo per il controllo del microclima ambientale Edoardo Bit Università degli Studi di Ferrara
Argomento. La ricerca verte su quella sommato-
che, all’interno del metasistema del Verde
ria di sistemi diversi che in Italia viene individuata
Verticale, sono le principali categorie, classifican-
costruttivo, gestionale e funzionale del sistema.
con l’appellativo di Verde Verticale. Tale tecnica
do ed analizzando Rivestimenti Vegetali, Chiusure
Le difficoltà concernono il fatto di essersi scontra-
gode di grande attenzione a livello sia progettua-
Verticali Vegetate e Muri Vegetali.
ti con uno stato produttivo che, seppur fervido, si
le che d’implementazione tecnologica, e apre il
Sulla base di tale suddivisione tassonomica si
è dimostrato lento ad accogliere l’innovazione e
campo ad una serie di scenari inediti nella pratica
sono determinate le peculiarità tecniche e funzio-
scarsamente interessato a valutazioni scientifiche
progettuale. Operare su una chiusura verticale
nali di ognuno, mediante la scomposizione in sot-
che esulino dalla questione energetica.
con due realtà sistemiche differenti – quella
tosistemi, componenti e impianti. Nel far ciò sono
architettonica realizzata da componenti e sottosi-
state esaminate le questioni considerate di mag-
Risultati. I risultati consistono in un apparato di
stemi d’involucro, e quella vivente rappresentata
gior importanza, quali: utilizzo delle risorse (ener-
criteri tecnici e valutazioni critiche finalizzate alla
lasciati da altri studi, che riguardano lo sviluppo
dai vegetali – significa dover accettare, fin dalle
gia d’impiego, embodied energy, risorsa idrica e
concretizzazione del Verde Verticale. Mediante
fasi iniziali del processo edilizio, una mutazione
nutritizia); processi di costruzione, gestione e
l’analisi del sistema, la conseguente individuazio-
delle prassi da sempre dominanti l’attività di pro-
manutenzione; valutazione della sostenibilità del
ne di soluzioni conformi e tramite l’identificazio-
gettazione architettonica. Ne consegue che le
sistema; costi di realizzazione e d’esercizio; indivi-
ne delle criticità costruttive o gestionali tipiche, si
relative implicazioni strategiche si sdoppieranno:
duazione degli aspetti che incidono sul migliora-
è approdati a delle linee guida progettuali.
finalità imprescindibile dell’integrazione dovrà
mento dei comportamenti prestazionali; impieghi
Ampio interesse ha riguardato la componente
essere quella di garantire adeguato sviluppo bio-
funzionalizzati, rilevabili o futuribili, delle diverse
vegetale. Mantenendo la succitata tripartizione
logico alle piante collocate in parete; specie vege-
tecniche d’inverdimento.
tassonomica si è pervenuti all’individuazione di
re in modo sfavorevole coi retrostanti apparati
Destinatari. Vista l’indeterminatezza che caratte-
le e funzionale d’impiego. Esito ulteriore concer-
edilizi. La ricerca ha considerato, durante il pro-
rizza la tematica di ricerca, e la mancanza di una
ne la determinazione delle ricadute a livello figu-
prio sviluppo, tale interazione bilaterale tra archi-
normativa che detti i criteri per la progettazione,
rativo e progettuale delle tecnologie del verde
tettura e natura, indagando mediante analisi e
l’esecuzione e la gestione di chiusure verticali a
all’interno della pratica architettonica.
valutazioni critico-tecniche il mondo delle pareti
verde, si è praticato al fine di pervenire ad un
verdi. La metodologia adottata ha condotto ad
insieme di indicazioni che possa supportare i vari
uno studio finalizzato alla comprensione delle
attori del processo edilizio nella realizzazione. I
caratteristiche tecnologico-costruttive, comporta-
destinatari sono progettisti, costruttori e aziende
mentali e funzionali del sistema.
produttrici.
Obiettivi. Obiettivo del lavoro è la redazione di
Punti di forza e di debolezza. Punto di forza
uno strumento operativo di ausilio al progettista.
della ricerca è l’essersi concentrati su tematiche
Edoardo Bit, architetto e dottore di ricerca in Tecnologia dell’Architettura. Si occupa di tematiche relative all’integrazione fra vegetazione naturale e involucro architettonico. Parallelamente all’attività di ricerca svolge la libera professione.
Si è dapprima operato nella definizione di quelle
inedite: si sono analizzati quegli aspetti finora tra-
edoardo.bit@unife.it
tali che però, a loro volta, non dovranno interagi-
specie idonee in funzione del contesto ambienta-
Tesi di Dottorato _ 105
Università: Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Dipartimento: Dipartimento DATA - Design Tecnologia dell’Architettura Territorio e Ambiente Corso di Dottorato: Progettazione Ambientale Ciclo di Dottorato: XXII Anno discussione tesi: 2011 Tutor: prof. arch. Eliana Cangelli Parole-chiave: rating energetico-ambientale, eco-quartiere
Approccio life cycle alla progettazione degli assetti costruiti. Sistemi di rating energetico ed ambientale per gli insediamenti residenziali Francesca Corsi Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
Argomento. Il concetto di sostenibilità viene deli-
delle aree urbane e propone come risultato un
ITACA e il LEED Ita NC 2009 per allineare gli stan-
neato ed affrontato in modo differente a seconda
protocollo per la certificazione ambientale ed
dard di riferimento ed i parametri limite ed in ulti-
della scala di intervento presa in considerazione.
energetica degli insediamenti che prende come
mo con il protocollo sperimentale europeo
La scala urbana costituisce l’anello di connessione
struttura di riferimento il LEED for Neighborhood
Ecolabel per gli edifici.
tra le decisioni prese sulla città e quelle per l’edifi-
Development Rating System, sviluppato dall’U.S.
Attraverso un’analisi puntuale e dettagliata del
cio, si lavora su fattori di tipo qualitativo e si com-
Green Building Council, implementandolo con cri-
protocollo per la certificazione dei quartieri statu-
piono scelte che hanno ricadute sul contesto, con
teri derivati dall’analisi di altri protocolli e verifi-
nitense che, a partire dalle condizioni iniziali di
la possibilità di dare un contributo alla costruzio-
candone la trasferibilità in contesto italiano.
applicabilità, arriva a valutarne gli aspetti specifici
ne della qualità dello spazio urbano.
Il lavoro è destinato a professionisti e amministra-
facendo emergere criticità, temi strategici e di
Ad oggi sono numerosi e diffusi, tanto a livello
zioni pubbliche che potranno avvalersi di un
processo che costituiranno le problematiche da risolvere per il trasferimento e l’implementazione
internazionale quanto a livello nazionale, i metodi
sistema di valutazione delle aree urbane e potran-
di valutazione delle prestazioni energetico-
no indirizzare la loro progettazione secondo i cri-
del protocollo al contesto italiano.
ambientali relativi all’organismo edilizio. Questi
teri ecosostenibili e del risparmio energetico.
In conclusione una sintesi critica del processo di
sono declinati per diverse tipologie di edifici e
Il lavoro, prevalentemente nella fase finale, è stato
trasferibilità ed implementazione valuta gli aspet-
destinazione d’uso e la loro applicazione può
verificato attraverso la partecipazione al Comitato
ti risolti e le problematiche a cui non è stato pos-
essere volontaria o cogente.
Scientifico Standard per la realizzazione del proto-
sibile trovare una soluzione definitiva, ma a cui
In questo contesto, mentre sono proliferati in
collo degli “eco-quartieri” organizzato dal Green
sono state date solo delle indicazioni per il trasfe-
maniera quasi esponenziale gli strumenti per la
Building Council Italia. Questo ha consentito una
rimento e l’implementazione.
valutazione energetico ambientale degli edifici, la
valutazione positiva sugli esiti dell’elaborazione
valutazione a scala urbana è ancora poco indaga-
della tesi, definita attraverso un confronto serrato
ta, non solo in ambito nazionale, ma anche a livel-
con tecnici, specialisti e professionisti che opera-
lo internazionale, e pur offrendo molteplici spunti
no con costanza nell’ambito delle certificazioni
di riflessione, risulta un campo ancora da svilup-
ambientali applicate al settore dell’edilizia.
pare e dalle grandi potenzialità applicative.
Tra i risultati raggiunti il più importante è l’imple-
All’interno di questo panorama molto vasto ed
mentazione del LEED for Neighborhood
eterogeneo delle certificazioni ambientali, il lavo-
Development Rating System al contesto geografi-
ro di ricerca ha fatto chiarezza ed ha individuato
co, culturale, sociale, economico e normativo ita-
nella dimensione urbana e, precisamente nella
liano. La trasferibilità dei crediti è stata possibile
dimensione del quartiere, il vero punto di forza su
grazie ad un accurato lavoro di confronto e analisi
cui intervenire per realizzare città sostenibili. Il
del sistema di rating con altri protocolli per lo svi-
lavoro di ricerca approfondisce il tema della valu-
luppo delle aree urbane: BREEAM Communities e
Francesca Corsi, architetto, lavora a Roma presso il Dipartimento DATA, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, come docente a contratto e collaboratore alla didattica e alle attività di ricerca; svolge attività di consulenza in progettazione ambientale.
tazione e della certificazione degli insediamenti e
CASBEE for Urban Development; con il Protocollo
fracorsi@aliceposta.it
106 _ ilProgettoSostenibile 30
Università: Università degli Studi di Palermo Dipartimento: Dipartimento dell’energia Corso di Dottorato: Fisica tecnica ambientale Ciclo di Dottorato: XXII Anno discussione tesi: 2011 Tutor: prof. Aldo Orioli Parole-chiave: ombreggiamento; radiazione solare; fotovoltaico
Un metodo fotografico per la stima dell’effetto ombreggiante dovuto alle ostruzioni Alessandra Di Gangi Università degli Studi di Palermo
Argomento. Gli ombreggiamenti arrecati da
collettori solari quali i pannelli fotovoltaici. E
vista da cui è scattata la fotografia L’attendibilità
oggetti ostruenti rivestono un ruolo decisivo
destinato ai professionisti, alle amministrazioni
della procedura è stata verificata sperimental-
nella valutazione della quantità di energia solare
pubbliche e a singoli utenti.
che raggiunge una superficie e per questo devono essere opportunamente considerati e valutati.
mente sovrapponendo al percorso del sole calcolato le foto del disco solare, ottenute schermando
Punti di forza e di debolezza. Il nuovo metodo
opportunamente la macchina fotografica con
Questa ricerca affronta e approfondisce l’argo-
fotografico presenta i seguenti punti di forza:
delle lenti scure.
mento proponendo una metodologia innovativa
- annullamento delle problematiche della rappre-
I maggiori scostamenti tra le posizioni fotografate
che utilizza l’immagine fotografica degli ostacoli
sentazione geometrica degli ostacoli ombreg-
e quelle calcolate sono riscontrabili in corrispon-
di cui si vuole stimare l’effetto ombreggiante.
gianti;
denza delle distanze più elevate dall’asse della
Contrariamente alla procedura tradizionale, il
- flessibilità applicativa;
fotografia. Tali differenze, riconducibili ad alcuni
nuovo metodo prevede la sovrapposizione sulla
- immediatezza dei risultati.
minuti di scarto nelle peggiori condizioni, sono
fotografia stessa del percorso solare opportuna-
Il metodo risente tuttavia dei problemi che, nor-
imputabili alle distorsioni cui è soggetta la ripresa
mente ridimensionato. Le porzioni del percorso
malmente riscontrabili negli approcci fotografici,
fotografica e che dipendono dalla lunghezza
solare che intercettano il contorno degli ostacoli
sono legati alle distorsioni presenti nell’immagine
focale e dall’apertura dell’obiettivo della macchi-
rappresentati nell’immagine fotografica indicano
fotografica.
na fotografica. Una lunghezza focale piccola, o
le fasce orarie durante le quali il punto della superficie ricevente risulta ombreggiato.
un’apertura grande, producono un aumento della Risultati. Una volta scattata l’immagine fotografi-
distorsione.
ca, viene identificato il centro della fotografia e
La versione automatizzata dello strumento è
Obiettivi. L’obiettivo della ricerca è quello di pro-
scelti i due punti sull’asse verticale passante per il
disponibile sul Web all’indirizzo
porre un metodo innovativo in grado di stimare
centro della fotografia. Dal punto in cui si è scat-
http://www.dream.unipa.it/2008/percorsisolari/
correttamente gli effetti degli oggetti ombreg-
tata la fotografia si effettua la misurazione dei
gianti utilizzando un numero ridotto di dati facil-
relativi angoli azimutale e zenitali. Inseriti i dati
mente reperibili senza ricorrere ad alcuna model-
relativi alla latitudine del sito in considerazione,
lazione solida degli oggetti e mantenendo un
nonché il giorno dell’anno prescelto, la trasforma-
grado di descrizione dei dettagli della forma degli
zione delle coordinate angolari del sole in rettan-
oggetti ombreggianti identico alla realtà.
golari è ottenuta mediante una routine di calcolo
Destinatari. Il metodo è utile in tutti gli studi
Application) in Microsoft Excel. È quindi possibile
finalizzati alla valutazione della componente
calcolare le posizioni del percorso solare negli
diretta della radiazione solare per il raggiungi-
intervalli di tempo desiderati.
mento dell’efficienza energetica e del comfort
Le posizioni del sole permettono di constatare la
Alessandra Di Gangi, è dottore di ricerca (2011) in Fisica Tecnica Ambientale presso l’Università degli Studi di Palermo. Svolge attività di ricerca con particolare riferimento all’integrazione architettonica della tecnologia fotovoltaica.
ambientale e per la stima della producibilità dei
presenza o meno di radiazione solare sul punto di
alessandradigangi@dream.unipa.it
implementata come macro VBA (Visual Basic for
Tesi di Dottorato _ 107
Università: Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Dipartimento: Dipartimento ITACA Corso di Dottorato: Tecnologia dell’Architettura Ciclo di Dottorato: XXII Anno discussione tesi: 2010 Tutor: prof. arch. Salvatore Dierna, prof. arch. Fabrizio Tucci Coordinatore: prof. arch. Giorgio Peguiron Parole-chiave: innovazione tipo-tecno-morfologica; ecogestione
Innovazione tipo-tecno-morfologica degli spazi per piccole e medie stazioni. Caratteri evolutivi e fattori bioecologici nella progettazione ambientale delle i-station Leonardo Fabi Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
Argomento. Alla luce delle nuove linee di ricerca
delle emissioni inquinanti. L’analisi dello stato
soluzioni progettuali rispondenti alle istanze del
morfologica, tipologica e funzionale delle piccole
dell’arte nel panorama nazionale e internazionale
clima in cui si individuano i percorsi progettuali
e medie stazioni, si indaga sull’importanza e l’inci-
evidenzia la trasformazione avvenuta, dalla sta-
nelle tipologie, mirati a scelte e valutazioni degli
sività delle soluzioni tecnologiche bioclimatiche
zione intesa come mero luogo di transito per
aspetti formali e funzionali, bioclimatici fino a
non solo come strumenti progettuali per la salva-
viaggiatori, alla dimensione di organismi architet-
soluzioni tipo-tecnologiche, che rappresenta il
guardia dell’equilibrio ambientale e il raggiungi-
tonici polifunzionali destinati non solo al viaggio
risultato finale e il traguardo dell’intera ricerca il
mento del comfort psico-fisico e ambientale per
e al trasporto ma anche luogo dove si seguono i
cui intento è di fornire uno strumento agli opera-
gli utenti ma anche come elementi per progetta-
processi del vivere contemporaneo. L’analisi è
tori che si appresteranno alla progettazione degli
re la spazialità architettonica. Il fine della ricerca è
operata su una settantina di casi di studio collo-
spazi per piccole e medie stazioni. Nel repertorio
valutare l’incidenza effettiva dei diversi dispositivi
cati in tutto il mondo, nelle zone climatiche tem-
di soluzioni progettuali si evidenziano gli ulteriori
tipo-tecno-morfologici sulla qualità spaziale delle
perate, per le cinque tipo-morfologie solitamente
possibili sviluppi della ricerca con lo scopo di for-
stazioni per formulare dei modelli dinamici e fles-
adottate per dividere gli edifici. Per ogni tipo-
nire degli input progettuali al progettista riguardanti l’innovazione tipo-tecno-morfologica degli
sibili ai diversi contesti ambientali e spaziali, di
morfologia sono stati selezionati due casi signifi-
guida alla progettazione di tipologie innovative,
cativi, uno screening con parametri specifici e
spazi per le stazioni ad alta valenza bioecologica,
ad alta valenza bioecologica e capaci di offrire
selettivi. Dalla messa a sistema delle analisi svolte
senza fornire delle soluzioni univoche e predefini-
soluzioni per le esigenze di qualsiasi progettista.
scaturiscono schede analitico-valutative riguar-
te ma gettando le nuove basi per possibili svilup-
L’introduzione dell’intero progetto di ricerca,con-
danti il progetto dai caratteri tipologici, distributi-
pi futuri.
siste in un’indagine sullo stato dell’arte, nell’indi-
vi, funzionali e morfologici, bioclimatici e biofisici
viduare l’innovazione tipo-tecno-morfologica
e rispondenza in soluzioni tecnologiche nel pro-
delle soluzioni architettoniche, procedendo
getto e i sistemi di produzione di energia. Il lavo-
all’estrapolazione dell’insieme di requisiti spaziali
ro di ricerca si concentra sulla possibilità di indivi-
ed esigenziali della tipologia nell’evoluzione fun-
duare linee guida e riferimenti progettuali che
zionale nei concetti di flessibilità e adattabilità.
possano essere connessi tra loro in modo da
ne architettonica atta a migliorare il benessere,
approfonditi, individuando così elementi innova-
Leonardo Fabi, professore a contratto in Materiali e componenti per le sistemazioni degli spazi esterni presso la Prima Facoltà di Architettura Ludovico Quaroni dell’Università “La Sapienza” di Roma. Ha svolto per un anno attività professionale e di ricerca a Madrid, da quattro anni vive e lavora a Roma. Ha conseguito il Dottorato di ricerca in Progettazione Ambientale, il Master in Architettura Bioecologica e Tecnologie Sostenibili per l’Ambiente al Dipartimento ITACA.
garantire la diminuzione dei consumi energetici e
tivi ed energeticamente efficienti che forniscono
l.fabi@awn.it
Documentare e verificare la validità di teorie di
determinare modelli utili, di facile e dinamica
nuove proposte di ricerca scientifica sperimenta-
applicazione metodologia e guida alla progetta-
le, l’applicazione di dispositivi tecnologici innova-
zione dello spazio per le stazioni che sia innovati-
tivi a sostegno e integrazione delle istanze pro-
va e bioecologica, basati sull’individuazione di
gettuali degli spazi per le stazioni. Il sistema delle
una interessante casistica di soluzioni innovative.
normative che sostiene l’importanza di un fare
Fattori e codici per la creazione del modello ven-
nella sostenibilità ambientale e una progettazio-
gono estrapolati dai casi di studio analizzati e
108 _ ilProgettoSostenibile 30
Università: Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Dipartimento: Dipartimento ITACA Corso di Dottorato: Progettazione Ambientale Ciclo di Dottorato: XXI Anno discussione tesi: 2009 Tutor: prof. arch. Fabrizio Orlandi Co-relatore esterno: arch. Marco Strickner Parole-chiave: innovazione tecnologica; sostenibilità; strumentazione tecnica
Linee guida per la redazione di nuovi capitolati prestazionali d’appalto: dal progetto al costruire sostenibile Paola Frontoni Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
Argomento. La tesi si posiziona nell’ambito di
nuovi criteri, che configurano l’adeguamento e la
ricerca dell’innovazione tecnologica e della pro-
formazione di nuovi capitolati prestazionali, è
Le motivazioni che hanno perciò portato alla
gettazione edilizia in chiave energetico-ambien-
subordinata ad una visione completa dell’opera,
definizione del tema sono la necessità di sopperi-
tutte le loro competenze.
tale sviluppando il tema dell’integrazione delle
tenendo conto del suo intero ciclo di vita, ossia di
re a tale mancanza, recuperando il giusto ruolo
specifiche tecniche di capitolato in rapporto ai
tutte le fasi in cui si articola il processo edilizio e,
del progettista e riconnettendo le fasi progettuali.
requisiti di ecocompatibilità. Lo studio configura
da uno studio attento che annoveri tutte le impli-
Di qui la conseguente necessità di andare a defi-
un sistema, articolato per settori di indagine e
cazioni e le possibili ricadute sull’ambiente.
specifiche proposizioni su principi, strumenti e
nire delle linee guida che delineino un modello operativo semplice e sintetico per interventi di
modalità d’azione per la determinazione di linee
Destinatari. La ricerca è rivolta alle Stazioni
guida per la redazione di una nuova strumenta-
appaltanti e ai progettisti, architetti o ingegneri,
zione tecnica.
che predispongono il progetto preliminare e il capitolato prestazionale, posti a base di gara di
della ricerca, quella di ordine teorico e quella di
Obiettivi. Nello specifico la ricerca ha come
un appalto o di una concessione di lavori pubblici
ordine tecnico applicativo, vuole essere di contri-
obiettivo la definizione di un modello tecnico-
(ai sensi del D.P.R. 21 Dicembre 1999 n.554 così
buto alla determinazione di strumenti operativi e
operativo generale per la redazione di “nuovi
come modificato dal D.P.R. 5 ottobre 2010, n.207).
di contributo all’identificazione di una struttura
capitolati prestazionali d’appalto”.Il nuovo capito-
progettazione compatibili con l’ambiente. Risultati attesi. Nel complesso la duplice valenza
metodologica per una progettazione più attenta
lato è articolato attraverso la definizione di moda-
Punti di forza e di debolezza. I pubblici appalti
e consapevole ai problemi ambientali sia a scala
lità d’intervento funzionali al miglioramento delle
hanno messo in evidenza come il processo edili-
locale, sia globale.
prestazioni tecnologiche e ambientali, energeti-
zio sia ancora fortemente disarticolato nelle sue
che e fruitive, che consentano di arrivare al con-
parti.
trollo e alla gestione di un progetto sostenibile.
Ci si riferisce in particolare all’esigenza, spesso
Tale assunto viene in primo luogo definito da una
giustamente rivendicata dal progettista, di essere
ricognizione sullo stato dell’arte in tema d’inno-
parte attiva del processo e di poter trasporre le
vazione di processo edilizio.
caratteristiche prestazionali dei componenti
Viene offerto, perciò, un quadro di riferimento
(capitolati) in tutte le fasi della progettazione
della normativa nazionale e comunitaria, che
(preliminare-definitiva-esecutiva). Le attuali pro-
disciplina la materia degli appalti pubblici.
cedure infatti separano la fase della progettazio-
Successivamente viene analizzata l’attuale stru-
ne da quella della gara e dell’esecuzione; in tale
mentazione tecnica, al fine di verificarne i limiti.
situazione risulta difficile per il progettista recu-
Infine vengono formalizzate le linee guida dei
perare uno spazio decisionale (o almeno consulti-
nuovi capitolati prestazionali.
vo), poiché nelle fasi finali sono ormai presenti
Paola Frontoni, architetto, laureata con lode. Nel 2009 PhD in Progettazione Ambientale (Dip. ITACA) presso “La Sapienza”- Roma, dove è Professore a contratto. Libero professionista. Collabora con l’Istituto ISPRA nel settore delle Certificazioni Ambientali.
L’elaborazione dei requisiti ecocompatibili e dei
committente, impresa e direttore dei lavori con
studioapf@virgilio.it
Tesi di Dottorato _ 109
Università: Università degli Studi di Ferrara Dipartimento: Dipartimento di Architettura Corso di Dottorato: Tecnologia dell’architettura e Design Ciclo di Dottorato: XXIII Anno discussione tesi: 2011 Tutor: arch. Rita Fabbri Co-tutor: arch. Kristian Fabbri Parole-chiave: edilizia pre-industriale di base; miglioramento dell’efficienza energetica; restauro urbano
Miglioramento dell’efficienza energetica in sistemi aggregati di edilizia pre-industriale. Potenzialità d’intervento nel centro urbano di Ferrara Keoma Ambrogio Università degli Studi di Ferrara
Argomento. L’efficienza energetica dell’edilizia
ficienza energetica ed una volta all’”adeguamen-
esistente è un tema sempre più stringente, in par-
to” ai requisiti minimi fissati dalla normativa, con
in modo sistematico la scomposizione della fab-
ticolare modo nel caso dell’edilizia storica (più
riferimento ad una valutazione critica delle solu-
brica in “fattori”, descrivendo in modo qualitativo
propriamente pre-industriale), comunemente
zioni tecnologiche compatibili e concretamente
le caratteristiche, i limiti di alterabilità e le possibi-
ritenuta fortemente energivora. Dove per edilizia
efficaci tra quelle oggi a disposizione.
lità di miglioramento di ogni elemento, attraverso
pre-industriale di base si intende, in questa ricer-
Punti di forza e di debolezza. La ricerca affronta
l’analisi di un caso esemplare: l’edilizia ferrarese.
ca, quel settore dell’esistente derivato da un pro-
Obiettivi. Ponendosi nell’ambito della sostenibi-
cesso edilizio di tipo tradizionale, appunto pre-
lità ambientale e della salvaguardia delle testimo-
dell’edilizia che può essere estesa quale metodo-
industriale, e che costituisce la struttura portante
nianze di cultura materiale, l’obiettivo specifico
logia di lettura a tutto il territorio nazionale e che,
dei centri storici.
dello studio è quello di delineare un approccio
per alcune considerazioni specifiche, risulta valida
conoscitivo all’edificio pre-industriale di base pro-
anche in molti ambiti analoghi.
Tuttavia, viene costruita una griglia di analisi
Seppure l’idea di consumi elevati non appaia pie-
pedeutico all’intervento di miglioramento dell’ef-
Il prossimo stadio della ricerca dovrebbe essere la
namente fondata o dimostrata da un sufficiente
ficienza energetica. In tal senso, si è posto il pro-
caratterizzazione quantitativa dei dati di consu-
numero di ricerche e di sperimentazioni, il miglio-
blema di comprendere lo stato dell’arte in riferi-
mo dei singoli elementi, per comprendere l a
ramento dell’efficienza energetica è comunque
mento agli interventi attualmente in uso ed alle
reale entità degli interventi di miglioramento.
da ritenersi un obiettivo importante nell’ambito
prescrizioni dettate dalla normativa vigente, con
dell’intervento di restauro. In tal senso, la ricerca è
particolare riferimento all’edilizia storica a costru-
Risultati. Risultato atteso è quello di formulare
volta all’individuazione di un corretto approccio
zione tradizionale; quindi, si è rivolta l’attenzione
una serie di proposte integrative e applicative
all’intervento di riqualificazione in chiave energe-
a comprendere gli elementi che caratterizzano
rispetto alla normativa vigente nella Regione
tica degli edifici pre-industriali che consenta agli
tali immobili e ne determinano il comportamento
Emilia Romagna, in materia di efficienza energeti-
organi preposti alla tutela o alla verifica degli
energetico. Tali “fattori determinanti il comporta-
ca in edilizia, volte ad indirizzare il professionista
standard urbanistici di potersi confrontare opera-
mento energetico” appartengono a tre famiglie
verso la predisposizione di progetti migliorativi,
tivamente con il progettista, attraverso indicazio-
differenti ma interconnesse: fattori geometrico-
rispettosi dei caratteri distintivi e costitutivi del-
ni e prescrizioni che mirino ad un giusto compro-
costruttivi, fattori tecnico-impiantistici e fattori
l’edilizia pre-industriale di base, in un’ottica con-
messo tra le esigenze prestazionali e le istanze di
d’uso.
servativa.
natura conservativa, imprescindibili di fronte a testimonianze di cultura materiale.
Destinatari. I destinatari della ricerca sono il legi-
La difficoltà di un intervento operativo sull’edili-
slatore (a livello regionale) o il pianificatore (a
zia pre-industriale – stante l’imprescindibilità
livello comunale) ma anche il professionista, che
della conservazione dei suoi caratteri culturali e
deve apprendere le caratteristiche dell’edilizia
architettonici – comporta la voluta distinzione tra
pre-industriale per saperne delineare i limiti di
Keoma Ambrogio, architetto, specialista in restauro dei monumenti e dottore di ricerca, dal 2010 è funzionario Architetto presso la Soprintendenza BAP di Ravenna. Ha all’attivo pubblicazioni e convegni su temi di restauro e storia dell’architettura.
una metodologia volta al “miglioramento” dell’ef-
trasformazione ed integrazione.
keoma.ambrogio@unife.it
110 _ ilProgettoSostenibile 30
Università: Università degli Studi di Ferrara, IUAV, DAPT Cesena Dipartimento: Dipartimento di Architettura Corso di Dottorato: Tecnologia dell’architettura Ciclo di Dottorato: XXII Anno discussione tesi: 2010 Tutor: prof. Andrea Rinaldi Parole-chiave: progetto; benessere estivo; Mediterraneo
Architettura, Involucro ed Energia: abitare ad alta efficienza energetica nelle regioni mediterranee Valentina Radi Università degli Studi di Ferrara
Argomento. In relazione all’adeguamento nor-
rature, le strategie passive d’involucro, la permea-
che di riferimento e può essere un supporto per
mativo, legato agli obbiettivi del protocollo di
bilità all’aria e il colore.
nuovi approfondimenti scientifici.
Kyoto, le regioni del nord Europa compresa l’Italia
Punti di debolezza: il “clima mediterraneo” ha
settentrionale, hanno sviluppato approfondimen-
Obiettivi. L’obiettivo della ricerca è di indagare,
numerose variabili (temperatura, umidità, piovosi-
ti scientifici nell’ambito della progettazione di
come e quanto un insieme di fattori progettuali e
tà ecc.) che caratterizzano in forma diversificata il
edifici energeticamente efficienti diventando una
tecnologici può incidere sulle prestazioni energe-
clima nelle diverse località mediterranee, questo conduce alla necessità di indagare puntualmente
realtà di riferimento. Il fondamento della proget-
tiche degli edifici in date regioni mediterranee
tazione di architetture sostenibili in tali regioni è
dell’Italia. Prescindendo dalle componenti
a livello geografico al fine di creare uno strumen-
la morfologia e la tecnologia delle stesse, definite
impiantistiche, si vuole determinare in quale
to progettuale efficace poiché sviluppato con finalità localizzate.
da standard progettuali, che garantiscono il con-
misura i fattori “variabili” di progetto possono
trollo dei parametri energetici.
incidere nella progettazione di un edifico “passi-
L’approfondimento scientifico dei caratteri di pro-
vo”. In particolare: - definizione delle condizioni di
Risultati attesi. È stato rilevato in quale misura i
getto delle architetture sostenibili nelle regioni
comfort per utenti, in riferimento ai parametri
fattori progettuali concorrono alla definizione del
climatiche mediterranee non è ad oggi allo stesso
termo-igrometri e ai fattori psicofisici connessi
progetto nelle regioni climatiche in esame. I prin-
livello. La ricerca ha inteso implementare questi
agli spazi dell’abitare e alle caratteristiche climati-
cipali sono: l’orientamento, la ventilazione natura-
approfondimenti per le aree dell’Italia centrale, in
che delle regioni oggetto di studio; - definizione
le, le schermature solari, il colore e gli spazi a dif-
cui i consumi energetici nella stagione estiva inci-
dell’importanza del progetto morfologico e tec-
ferente temperatura. Per contro si è verificata la
dono quanto i consumi energetici nella stagione
nologico dell’architettura, nella determinazione
minore incidenza sui comportamenti energetici
invernale.
delle caratteristiche energetiche e di benessere
complessivi di fattori di primaria importanza in
Dallo studio delle caratteristiche ricorrenti dell’ar-
psicofisico, in clima mediterraneo; - verifica d’inci-
climi freddi quali la permeabilità all’aria, il rappor-
chitettura antica in cui le soluzioni tipologiche-
denza dei fattori variabili di progetto.
to di forma ed in parte le prestazioni della tra-
morfologiche e tecnologiche sono in grado di
smittanza dell’involucro esterno.
offrire all’interno dell’abitazione un livello di com-
Destinatari. Tecnici professionisti: architetti, inge-
fort equivalente a quello che noi oggi abbiamo
neri civili-edili. La ricerca è rivolta per lo più ai tec-
definito e normato come ideale per l’uomo, sono
nici operatori nel settore poiché è in grado di for-
stati definiti e ordinati dieci fattori progettuali. Per
nire strumenti pratici per il progetto di edifici ad
questi sono state valutate le ricadute sulle com-
alta efficienza in ambito mediterraneo, attraverso
ponenti energetiche e di benessere in regime
la gestione dei dieci fattori di riferimento.
l’orientamento, il rapporto di forma, l’inerzia ter-
Punti di forza e di debolezza. Punti di forza: i
mica, la trasmittanza, le schermature solari, la
risultati della ricerca sono uno strumento concre-
Valentina Radi, architetto, si laurea con lode alla Facoltà di Architettura di Ferrara in cui collabora alla didattica. È membro del Centro di Ricerca Architettura>Energia, partecipa a workshop, progetti di ricerca ed è autore di articoli scientifici.
ventilazione naturale, gli spazi a differenti tempe-
to per i progettisti che operano nelle aree climati-
soloarchitettura@alice.it
estivo e invernale. I dieci fattori progettuali sono
Foto: Mardiam40/Gabriele, Milano
Università: Università degli Studi di Palermo Dipartimento: Dipartimento di Architettura Corso di Dottorato: Recupero e Fruizione dei Contesti Antichi Ciclo di Dottorato: XXII Anno discussione tesi: 2011 Tutor: prof. Giuseppe Guerrera Co-tutor: prof. Vito Cappiello Parole-chiave: paesaggi periurbani; valorizzazione integrata; parco agricolo
Foto: Mardiam40/Gabriele, Milano
Tesi di Dottorato _ 111
Campagne urbane. Recupero e valorizzazione del paesaggio periurbano Angela Katiuscia Sferrazza Università degli Studi di Palermo
Argomento. La declinazione dei principi su cui è
culturale. Si indaga, quindi, il parco agricolo come
ne dei principi metodologici è opportuno che
basata la proposta per la valorizzazione dei pae-
strumento capace di valorizzare l’attività produt-
seguano appropriate sperimentazioni progettuali
saggi periurbani avviene a partire dalla definizio-
tiva, recuperare il valore identitario degli spazi
e approfondimenti atti a verificare l’applicabilità
ne di paesaggio, cardine di una riflessione che
periurbani e connettere la trama dei beni culturali
del metodo a contesti diversi, innescando i neces-
coinvolge il modo di costruire territori e società,
e ambientali diffusi nel territorio.
sari rapporti diretti con gli attori e a rilevarne limi-
capace di unire la dimensione naturale e sensibile
ti e opportunità contestuali.
con quella culturale e simbolica in una visione
Obiettivi. Obiettivo specifico della tesi è propor-
trasversale, che ridefinisce strumenti e scale di
re una metodologia di recupero e valorizzazione
Risultati. La ricerca ha avuto come esito finale la
intervento. Un approccio particolarmente favore-
del paesaggio periurbano e: - promuovere un
formulazione dei presupposti metodologici e
vole laddove ci si confronta con questi paesaggi
approccio alle istanze di trasformazione del terri-
delle linee guida di un modello di valorizzazione
difficilmente interpretabili, esito di dinamiche
torio atto a integrare tutela delle risorse e svilup-
del paesaggio periurbano, capace di esaltare i
complesse, che vedono modificare la propria
po socioeconomico; - evidenziare il ruolo del pae-
valori ambientali, culturali e sociali di un territorio,
struttura e i processi formativi in un modo che ne
saggio periurbano come risorsa per uno sviluppo
a partire dai valori espressi dalla sua matrice agri-
erode progressivamente la rilevanza agro-natura-
sostenibile; - affermare il ruolo dell’agricoltura per
cola. In un’ottica intersettoriale, il metaprogetto
le e storico-culturale. Il percorso di recupero e di
la qualità del paesaggio; - proporre il parco agri-
propone l’applicazione di indirizzi e pratiche per
valorizzazione assume l’attenzione alle qualità del
colo come principio d’intervento per la valorizza-
favorire la compatibilità delle scelte con gli obiet-
paesaggio come principio-guida per una trasfor-
zione integrata del patrimonio ambientale e cul-
tivi dello sviluppo sostenibile, in linea con le nor-
mazione sostenibile, capace di ripristinare il lega-
turale diffuso, capace di invertire la tendenza alla
mative vigenti e le politiche comunitarie, fornen-
me tra eredità del passato e prospettive di svilup-
marginalizzazione degli spazi periurbani e di
do indicazioni su come affrontare all’interno dei
po della società: per una sostenibilità non solo
recuperare il valore identitario, economico e
processi di sviluppo locale il tema della valorizza-
ambientale ma rispettosa dei valori culturali sulla
sociale dei paesaggi.
zione dell’identità e della peculiarità del paesag-
quale basare un percorso di sviluppo locale inte-
gio e il miglioramento della fruibilità sociale del
grato, intersettoriale e partecipato. In un’ottica di
Destinatari. Gli esiti dello studio sono rivolti agli
ricostruzione delle relazioni fra città e campagna,
attori, prevalentemente istituzionali, in grado di
l’agricoltura, elemento essenziale dell’identità
attivare processi di gestione paesistica delle tra-
storica degli spazi periurbani, recupera il ruolo di
sformazioni territoriali.
patrimonio ambientale e culturale.
torio: un’agricoltura che integra la produzione dei
Punti di forza e di debolezza. Si considerano
beni primari con una funzione sociale di manu-
punti di forza la multidisciplinarietà, l’apertura
tenzione dello spazio aperto, con la reinterpreta-
intersettoriale e la ricerca di sinergie nella valoriz-
zione delle identità locali, ma anche con il turi-
zazione delle caratteristiche ecologiche e di quel-
Angela Katiuscia Sferrazza laureata in architettura nel 1992, collabora da allora con l’università di Palermo. La sua ricerca e le sue pubblicazioni si focalizzano soprattutto sul tema della riqualificazione delle aree urbane residuali. Nel 2011 ha conseguito la laurea di dottorato con una tesi sull’intensificazione del paesaggio perirubano.
smo sostenibile e la protezione del patrimonio
le culturali del territorio. Tuttavia, alla formulazio-
sferrazza@unipa.it
attività di valorizzazione e rigenerazione del terri-
abbonati ora
ilProgettoSostenibile
raccolta indici 01-29
ilProgettoSostenibile | indici 01-29
01. Il Sole
02. Tecniche e materiali del recupero
03. Intrecci
Editoriale Gianni Scudo
Editoriale Carlotta Fontana
Editoriale Gianni Scudo
Argomenti Verso una merceologia solare sostenibile Giorgio Nebbia / Università di Bari
Argomenti Recupero e sostenibilità Carlotta Fontana / Politecnico di Milano
Argomenti Mobilità sostenibile. Strade a diversa velocità Lucia Martincigh / Università degli Studi Roma Tre
Città e territorio Kyoto: per una politica energetica sostenibile Gianni Silvestrini / Politecnico di Milano
Conservazione e manutenzione del costruito Stefano Della Torre, Gianfranco Minati / Politecnico di Milano
L'analisi e il progetto della città sostenibile Sergio Porta / Politecnico di Milano
La carta del "Nuovo Municipio" Giorgio Ferraresi / Politecnico di Milano
Città e territorio Vivere l'archeologia industriale Simonetta Licata / Politecnico di Milano
Architettura Illuminazione nei musei Mike Wilson / London Metropolitan University Diagnosi della doppia pelle Marco Filippi, Valentina Serra, Carlo Micono / Politecnico di Torino Tecniche Luce e innovazione Alessandro Rogora / Politecnico di Milano Impianti innovativi ed integrati per il comfort Giuliano Dall'O', Annalisa Galante / Politecnico di Milano Il fotovoltaico in Italia: stato attuale e prospettive Nicola Aste / Politecnico di Milano Fotovoltaico ibrido a confronto Lavinia Chiara Tagliabue / Politecnico di Milano
Architettura Luce e clima nei progetti dello studio Pica Ciamarra Luciana De Rosa / Università di Napoli “Federico II” Tecniche e materiali Malte e intonaci: fra tradizione e innovazione Gilberto Quarneti Lorena Bauce / Politecnico di Milano Vernici e pitture per pavimenti in cotto e legno Paolo Gasparoli / Politecnico di Milano Cere e protettivi Luigi Melzi Tipologie dei prodotti biocompatibili Lorena Bauce / Politecnico di Milano Impianti di climatizzazione e recupero Giuliano Dall'O', Annalisa Galante / Politecnico di Milano
Riqualificazione urbana fotovoltaica Francesco Giusiano / Università di Parma Emanuele Pigaiani, Marzia Polinelli / Politecnico di Milano
Impiantistica elettrica e recupero edilizio Alessandro Prati / Università di Mantova
Legislazione e normativa La delega al Governo in materia ambientale Corrado Baldi / Politecnico di Milano
Rubriche Ricerca e sostenibilità in architettura Mario Grosso / Politecnico di Torino Ancora sulla Delega in materia ambientale Corrado Baldi / Politecnico di Milano
Città e territorio La greenway Milano-Pavia-Varzi Katherina Ziman Scudo La costruzione in terra in Catalogna Albert Cuchi / Università Politecnica di Catalunya Architettura Risanare con la terra cruda Barbara Narici Costruzione in bambù a Vergiate Neri Braulin / Politecnico di Milano Valeria Chioetto / EMISSIONIZERO Tecniche Tecniche per il comfort negli spazi urbani Valentina Dessì / Politecnico di Milano Componenti in terra industrializzati Sergio Sabbadini / Politecnico di Milano Materiali isolanti e fibre in edilizia Ilaria Oberti / Politecnico di Milano Schermi di protezione solare Alessandro Rogora / Politecnico di Milano Lo schermo verde: uso della vegetazione per la protezione solare Antonella Bellomo / Politecnico di Milano Rubriche Ancora a proposito del condono Corrado Baldi / Politecnico di Milano La valutazione dei progetti di ricerca europei Mario Grosso / Politecnico di Torino
ilProgettoSostenibile | indici 01-29
04. Acqua
05. Metodi e strumenti per il progetto pubblico
06. Energia!
Editoriale Gianni Scudo
Editoriale Gianni Scudo
Editoriale Gianni Scudo
Argomenti Il costo in acqua delle merci e dei servizi Giorgio Nebbia / Università di Bari
Argomenti La dimensione ambientale nei programmi complessi Andrea Calori / Politecnico di Milano
Argomenti Ipotesi di sviluppo locale: l'esperienza francese dei Pays Francesco Coviello / Politecnico di Milano
Acqua per la città: una lunga storia Federico M. Butera / Politecnico di Milano
Città e territorio HQE2R - Un approccio a scala di quartiere Antonella Grossi, Sandra Mattarozzi / ICIE Nicoletta Ancona / Nuova QUASCO
Recupero e valorizzazione del "sistema rurale" Simonetta Licata
Città e territorio Il restauro dell'ecosistema dei Sassi di Matera Pietro Laureano Il Contratto di Fiume Olona-Bozzente-Lura Andrea Calori / Politecnico di Milano Architettura Lungo il fiume, il marketing della sostenibilità Carlotta Fontana / Politecnico di Milano Panta Rei Centro di educazione ambientale Rainer Toshikazu Winter Il progetto di rivitalizzazione di Valle Pezzata Matteo Clementi / Politecnico di Milano Tecniche Acqua indesiderata Lorena Bauce / Politecnico di Milano Impianti luce ed acqua: tra creatività e rigide norme Alessandro Prati, Alessandro Rogora / Politecnico di Milano Savonarola water story Erich Trevisiol / Università IUAV di Venezia Rubriche Ancora sul condono (e tre) Corrado Baldi / Politecnico di Milano
HQE2R - Il caso studio di Mantova Daniela Gabutti / Politecnico di Milano Stato dell'arte delle Agende 21 in Italia Sonia Cantoni Architettura L'integrazione delle tecnologie energetiche sostenibili in architettura Brian Ford / Università di Nottingham Interventi di edilizia residenziale pubblica in Lombardia Anna Delera, Alessandro Rogora / Politecnico di Milano Tecniche e materiali La valutazione dell'ecocompatibilità Roberto Giordano / Politecnico di Milano Paolo Revellino, Stefano Rossi Utilizzo del terreno per il raffrescamento estivo degli edifici Adriana Angelotti, Giulio Solaini / Politecnico di Milano Pavimentazioni fredde nel clima che cambia Gianni Scudo, Valentina Dessì / Politecnico di Milano Rubriche La valutazione d'ecocompatibilità come stimolo all'integrazione nel progetto Mario Grosso / Politecnico di Torino
Città e territorio Sostenibilità a livello locale: risultati incoraggianti Giuliano Dall'O', Annalisa Galante / Politecnico di Milano Ciclabilità urbana, il Bici Plan di Pordenone Marco Passigato / Università degli Studi di Verona L'esperienza del Gruppo per la moderazione del traffico nella Svizzera italiana Paolo Della Bruna, Lorenzo Custer Architettura Illuminazione pubblica solare fotovoltaica a Cornellà de Llobregat Alessandro Rogora / Politecnico di Milano La sostenibilità come scelta politica Francesca Sorricaro Tecniche e materiali Dentro il solare termico Chiara Wolter, Marco Calderoni Tecnologie di isolamento dell'involucro opaco Luca Pietro Gattoni / Politecnico di Milano Vetri ad alte prestazioni energetiche Alessandro Dama, Lorenzo Pagliano / Politecnico di Milano Rubriche L'efficienza energetica nella valutazione d'ecocompatibilità dei progetti edilizi Mario Grosso / Politecnico di Torino
ilProgettoSostenibile | indici 01-28
07. Aria
08. Leggero e pesante
09. Prevenire, curare
Editoriale Gianni Scudo
Editoriale Gianni Scudo
Editoriale Gianni Scudo
Argomenti L’Italia in vista del Protocollo di Kyoto Gianni Silvestrini / Politecnico di Milano
Argomenti Architettura della leggerezza, architettura del peso Maria Bottero / Politecnico di Milano
Argomenti Temporaneo per necessità, temporaneo per scelta Alessandra Zanelli / Politecnico di Milano
La città sostenibile Federico Maria Butera / Politecnico di Milano
Città e territorio La strategia idrica del Parco Güell Albert Cuchì, Claudio da Silva / Università Politècnica di Catalunya
Città e territorio Per la riqualificazione di Mirafiori G. Cavaglià, C. Azzolino, A. Lacirignola / Politecnico di Torino
Città e territorio Impianti eolici di piccola taglia Riccardo Battisti / Università di Roma “La Sapienza” Ventilazione naturale e raffrescamento strutturale: una procedura di calcolo Mario Grosso, Francesco Caliero / Politecnico di Torino Architettura Architettura del vento Mario Buono / Seconda Università degli Studi di Napoli Tecniche e materiali Aria calda dal sole Gianni Scudo / Politecnico di Milano Tecnologie per la ventilazione meccanica ed ibrida Valentina Raisa / Università di Ferrara Ruote termiche, scambiatori, recupero calore aria/aria Paola Caputo / Politecnico di Milano La nuova frontiera dei generatori di calore Giuliano Dall’O’, Gabriella Calsolaro / Politecnico di Milano Rubriche Riflessioni sulla Legge della Regione Lombardia n. 12/2005 Corrado Baldi / Politecnico di Milano Alle radici della progettazione ambientale Carlotta Fontana / Politecnico di Milano
I trabocchi, archetipi costruttivi della leggerezza M. Cristina Forlani / Università degli Studi di Chieti-Pescara Architettura Costruire con il cartone: il dopo scuola di Westcliff on Sea Neri Braulin / Politecnico di Milano Valeria Chioetto / EMISSIONIZERO Cupole per una chiesa in Africa Giovanna Sacchi Tecniche e materiali Sistemi costruttivi in legno Cristina Benedetti / Università “La Sapienza” di Roma
Edifici vulnerabili - Criteri di prevenzione dei rischi Carlotta Fontana, Alessandra Cattanei / Politecnico di Milano Architettura Un sistema costruttivo in bambù e terra Alex Riolfo / Università di Genova Tecniche e materiali La protezione delle superfici Paolo Gasparoli / Politecnico di Milano Un'introduzione alle tecniche anti-inondazione Daniele Bocchiola, Renzo Rosso / Politecnico di Milano
Sistemi costruttivi leggeri e pesanti alternativi Alessandro Rogora / Politecnico di Milano
Il cantiere edilizio sostenibile Rossella Franchino, Sergio Rinaldi, Antonella Violano / Seconda Università di Napoli
Il recupero ai fini antisismici del massone Gianni Scudo, S. Sabbadini, A. Bonomini, A. Drei / Politecnico di Milano
L'effetto dell'orientamento sul comfort termico estivo G. Ruggeri, L. Pagliano, P. Zangheri, S. Piardi, S. Pangrazzi / Politecnico di Milano
ilProgettoSostenibile | indici 01-29
10-11. Certificazione energetica
12. Il crudo e il cotto
13. Costruire la transizione energetica
Editoriale Gianni Scudo
Editoriale Gianni Scudo
Editoriale Gianni Scudo
Argomenti Da Kyoto alla certificazione energetica degli edifici Gianni Silvestrini / Politecnico di Milano
Argomenti L’innovazione delle tecnologie edilizie in terra Gianni Scudo / Politecnico di Milano
Argomenti Un nuovo paradigma energetico - La sfida del XXI secolo Federico M. Butera / Politecnico di Milano
Certificazione energetica degli edifici: a che punto siamo Giuliano Dall'O' / Politecnico di Milano
L’innovazione delle tecnologie del laterizio Giorgio Zanarini / Consorzio Alveolater
Politiche d’incentivazione dell’uso razionale e delle fonti rinnovabili Gianni Silvestrini / Kyoto Club
Metodi Il processo di riqualificazione energetica e ambientale degli edifici nell'area romana Fabrizio Orlandi, Daniela Caputo / Università “La Sapienza” di Roma
Città e territorio Cultura tecnologica e progetto: il laterizio nel territorio del centro Italia Andrea Campioli / Politecnico di Milano
La certificazione energetica degli edifici in Provincia di Milano Sergio Zabot / Provincia di Milano Strumenti di valutazione dell'ecocompatibilità nel progetto di architettura Gabriella Peretti, Elena Montacchini / Politecnico di Torino La certificazione energetica degli edifici sul fabbisogno di raffrescamento Mario Grosso / Politecnico di Torino Programmi e prospettive di certificazione energetica nel Mezzogiorno d'Italia Virginia Gangemi, Giuseppina Crisci / Università “Federico II” di Napoli Architettura Il centro servizi Environment Park Stefano Dotta / Environment Park Tecniche e materiali Eco-efficienza dell'isolamento termico nella realizzazione di chiusure opache in Italia Monica Lavagna / Politecnico di Milano Tecniche e materiali innovativi/ecocompatibili per il controllo delle chiusure trasparenti Fabrizio Tucci / Università “La Sapienza” di Roma
Architettura Archivolti in laterizio locale Fabrizio Carola / N:EA Tecniche e materiali Blocchi “a freddo” con materiali di recupero Alessandro Rogora / Politecnico di Milano Costruire e riqualificare con inerti da demolizione Caterina Frettoloso, Sergio Rinaldi / Seconda Università di Napoli Studi di termointonaci a base di argilla Sergio Sabbadini, Andrea Torri / Politecnico di Milano Intonaci termici a legante idraulico Lorena Bauce, Paolo Gasparoli / Politecnico di Milano Intonaci di terra e gesso Alezio Rivolti / Politecnico di Torino Viviana Tosco
Attori della transizione energetica Il ruolo degli Enti Locali Beppe Gamba / Kyoto Club Il ruolo degli imprenditori Claudio De Albertis / Politecnico di Milano Il ruolo dei consumatori Pieraldo. Isolani / Adiconsum Il ruolo del progetto Giancarlo Chiesa, Marcella Capobianco / Politecnico di Milano Architettura La certificazione energetica degli edifici: vincolo o opportunità per il progettista? Adriana Angelotti, Chiara Lamparelli, Sara Tommasi / Politecnico di Milano Il linguaggio dell’innovazione energetica in architettura Alessandro Rogora / Politecnico di Milano Tecniche e materiali Struttura ed involucro opaco nella transizione energetica Gianfranco Di Cesare / ANDIL Efficienza dell’involucro: interventi regolamentari finalmente efficaci Sergio Mammi / ANIT Blocchi in laterizio ad alte prestazioni termoigrometriche Giorgio Zanarini / Alveolater Gli schermi esterni per le facciate vetrate e il loro dimensionamento Valentino Manni / Politecnico di Torino
ilProgettoSostenibile | indici 01-29
14. Ambiente, paesaggio, turismo
15. Riqualificazione urbana ecosostenibile
16. Architettura ecocompatibile
Editoriale Gianni Scudo
Editoriale Gianni Scudo
Editoriale Gianni Scudo
Argomenti Ambiente e paesaggio Maria Bottero / Politecnico di Milano
Argomenti Ecoefficienza dei sistemi insediativi Fabrizio Orlandi / Università “La Sapienza” di Roma
Argomenti Progettazione ambientale: strumenti e tecniche Gianni Scudo, Gian Luca Brunetti / Politecnico di Milano
La città-natura per il turismo sostenibile: fenomeni e strategie Armando Sichenze, Ina Macaione / Università degli Studi della Basilicata
I Contratti di Quartiere a Milano e la partecipazione non attuata Anna Delera / Politecnico di Milano
Metodi Strumenti di valutazione del comportamento energetico Paola Caputo / Politecnico di Milano
Metodi Metodologie di riqualificazione energetica Tae Han Kim / Politecnico di Milano
Strumenti di valutazione del comportamento luminoso Alessandro Rogora / Politecnico di Milano
Città e territorio Presente e futuro degli hammam nel Mediterraneo, fra religione, cultura e turismo Jean Bouillot Il paesaggio dei cittadini europei F. Alberti La Marmora La sostenibilità ambientale del settore alberghiero Claudio Cuffaro, Leonardo Lo Coco / Università degli Studi di Palermo Maria La Gennusa, Gianfranco Rizzo / Ingegneri Ambientali Palermo Architettura Il recupero dell'ambiente nelle strutture agrituristiche Simonetta Licata Tecniche e materiali Strutture turistiche temporanee sulla costa Rossella Franchino, Antonella Violano / Seconda Università degli Studi di Napoli Considerazioni sulle tecniche per la progettazione dei sentieri Paolo Alleva, Carlo Salmoiraghi Tecnologie per la riconfigurazione ecocompatibile dei litorali sabbiosi Renata Valente / Seconda Università degli Studi di Napoli Lo sviluppo dei centri turistici costieri Antonella Serafino / Politecnico di Milano
I metodi di valutazione rapida degli edifici Maria Fianchini / Politecnico di Milano
Strumenti di valutazione dell'ecocompatibilità ambientale del ciclo di vita dell'edificio Roberto Giordano, Mario Grosso / Politecnico di Torino
Nuove metodologie per partecipare la sostenibilità: dalle teorie di Alexander al Quartaccio di Roma Milena De Matteis / Università di Roma Tre
Strumenti e metodi per la valutazione del comfort termico negli spazi urbani Valentina Dessì, Gianni Scudo / Politecnico di Milano
Architettura Il verde come strumento di riqualificazione Maria Livia Olivetti / Università Roma Tre
Architettura Cantine Barone Pizzini a Provaglio d'Iseo Alessandro Rogora / Politecnico di Milano
Tecniche Il verde parietale come elemento di controllo dei caricihi termici Federica Ariaudo, Gian Vincenzo Fracastoro / Politecnico di Torino
Tecniche Applicazioni sperimentali di Progetti Interoperabili IFC Ezio Arlati / Politecnico di Milano
Il progetto architettonico degli impianti a energia solare Niccolò Aste / Politecnico di Milano Energie rinnovabili per sostituire le centrali nucleari di Hessen Francesca Sartogo
Ecoefficienza degli involucri leggeri, opachi e trasparenti Fabrizio Tucci / Università “La Sapienza” di Roma Prestazioni termiche e profilo ambientale dei materiali isolanti Monica Lavagna / Politecnico di Milano
ilProgettoSostenibile | indici 01-29
17-18. Edilizia scolastica ecocompatibile
19. Strutture ricettive ecocompatibili
20. Edifici e aree produttive
Focus Edilizia scolastica. Linee guida per salvaguardia e rispetto dell’ambiente naturale / Paola Gallo / Università di Firenze
Focus Le strutture ricettive eco-compatibili: obiettivi e criteri progettuali / Manuela Franco / Università degli Studi di Napoli “Federico II”
Focus Valutazione ambientale e requisiti di sostenibilità delle aree produttive / Elisa Conticelli, Simona Tondelli / Università di Bologna
Hotel, acqua, risparmio e buon senso / Luca Maria F. Fabris, Elvira Pensa / Politecnico di Milano / Emanuele Naboni / Lawrence Berkeley National Laboratory
Linee guida per le aree produttive ecologicamente attrezzate / Paola Gallo / Università degli Studi di Firenze
Strategie e metodi di verifica di eco-sostenibilità e biocompatibilità per le scuole in area mediterranea / Dora Francese - Università Federico II di Napoli La valutazione del comfort ambientale e delle prestazioni energetiche degli edifici scolastici esistenti / Gabriele Bellingeri - Università di Roma 3 Una gestione energetica sostenibile per l’edilizia scolastica / Marco Filippi - Politecnico di Torino / Enrico Fabrizio Università di Torino Considerazioni sulla climatizzazione naturale degli edifici scolastici / Gian Luca Brunetti / Politecnico di Milano Il raffrescamento passivo degli edifici scolastici / Mario Grosso, Mario Voerzio / Politecnico di Torino Scuola e salute. Rischio radon e tecniche di bonifica / Carlo Bigliotto / ARPA Veneto / Giovanni Zannoni / Università IUAV di Venezia Ricerca Salubrità indoor in ambiente scolastico / Daniela Giannone / Università degli Studi di Napoli Federico II
Impianti di trigenerazione per il risparmio energetico nel settore alberghiero in aree mediterranee / E. Cardona, A. Piacentino, F. Cardona / Università degli Studi di Palermo Controllo intelligente nella gestione energetica degli alberghi / C.G. Giaconia, A. Di Stefano, G. Fiscelli, M. La Gennusa, G. Scaccianoce / Università degli Studi di Palermo Qualità ambientale degli edifici: analisi della trasferibilità dell’ecolabel europeo per i servizi turistici / M. Cellura, G. Peri, G. Rizzo / Università degli Studi di Palermo Studi e ricerche L’Ecomuseo riconsiderato per un turismo sostenibile / Francesca Muzzillo Sostenibilità e turismo: la costa come sistema ricettivo / Stefano Giussani
Strumenti di autovalutazione dell’eco-efficienza degli edifici scolastici / Silvia Tedesco - Politecnico di Torino
Argomenti Il marchio Ecolabel europeo per il servizio di campeggio / Stefania Minestrini
L’utilizzo continuo delle strutture scolastiche / Fabio Albani / Politecnico di Milano
Il progetto Eco.Ri.Ve Ecolabel per la Ricettività in Veneto / A.Scipioni, A. Mazzi, A. Morelli
Argomenti Ecosistema scuola 2008. Il rapporto sull’edilizia e i servizi scolastici in Italia / Monica Pergoloni, Vanessa Pallucchi / Legambiente nazionale Scuola e formazione
Il progetto EcolabelPIEMONTE per le strutture ricettive in Piemonte / Cosimo Biasi, Alessandra Mazzotta La certificazione ambientale nel settore turistico in FVG / Enrico Artini, Barbara Lazzarini, Roberto Sbruazzo
Il Sistema di Gestione Ambientale d'area per l'attuazione e il controllo delle aree industriali eco-compatibili / Manuela Franco / Università degli Studi di Napoli "Federico II" Edifici industriali: dall’evoluzione storica alle ipotesi di riconversione ambientale / Annarita Ferrante / Università di Bologna Fonti energetiche rinnovabili per le le realtà industriali / Elisa Tomasinsig / C.E.T.A. Dall’igiene del lavoro alla sicurezza sul lavoro / Ferdinando Terranova / Università “La Sapienza” di Roma Studi e ricerche La riqualificazione sostenibile degli edifici industriali / Orio De Paoli, Elena Montacchini Uno strumento di valutazione multidisciplinare per le nuove Aree produttive ecologicamente attrezzate / Angelamaria Molinari, Maurizio Riverditi, Enrica Vesce Sperimentazione sostenibile: un padiglione in bambù, acciaio e pannelli fotovoltaici / Alex Riolfo Argomenti Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate: l’esperienza della Regione Toscanabe la Rete CARTESIO / Aldo Nepi Le Aree Ecologicamente Attrezzate nella Regione EmiliaRomagna / Donato Pulacchini
Il marchio di qualità ambientale Green Key / C.P. Mazza
Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate in Provincia di Milano / Renato Galliano
Modalità di gestione innovativa per l’edilizia scolastica / Rossella Maspoli / Politecnico di Torino
L’analisi ambientale del comparto turistico e gli strumenti per un turismo sostenibile / Anna Di Lauro, Stellio Vatta, Nicola Skert, Barbara Lazzarini, Donatella Ducourtil
Piani Particolareggiati per Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate nel Comune di Monte San Vito (AN) / Francesca Sorricaro
La riqualificazione delle strutture scolastiche. L’esperienza del Comune di Roma / C. Cecilia Cuccaro - Comune di Roma
Le politiche per l’ambiente e lo sviluppo del turismo sostenibile a Jesolo / Daniela Giacomin
Il progetto SAVE BESTCert per la diagnosi e certificazione energetica. L’esperienza della Provincia di Pordenone / Sergio Bergnach, Stefano Contin / Provincia di Pordenone
Il turismo sostenibile nelle aree protette: la Carta Qualità del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi / Enrico Vettorazzo
Il programma ASI ECOSOSTENIBILE per la gestione degli agglomerati industriali / Maria Teresa di Mattia, Felice Lucia, Salvatore Puca
I progetti del Ministero dell’Ambiente per le scuole / Carmelo Spitaleri - Ministero dell'Ambiente
Il bando di finanziamento della Compagnia di San Paolo per gli asili nido in Piemonte / A. Ricci / Compagnia di San Paolo L’esperienza della progettazione partecipata a Reggio Emilia / Anna Bigi, Luisa Gazzetti - Comune di Reggio Emilia Progetti e Tecnologie Strutture in legno - Nido aziendale a Colognola ai Colli (VR) / Strutture leggere in legno multistrato - Scuola elementare e media a Gambellara (VI) / Sistema costruttivo in legno, finiture in terra cruda e sistemi radianti ecologici - Centro intergenerazionale a Basiglio (MI) / Strutture in legno - Scuola media a Montebello Vicentino (VI) / Sistemi di isolamento termico per esterni - Scuola elementare a Brugnera (PN) / Isolamento in fibra di legno - Scuola media a Imola (BO) / Isolamento in fibra di kenaf - Scuola media a Imola (BO) / Isolamento in legnomagnesite - Scuola dell’infanzia a Cardano al Campo (VA) / Isolamento in lana di legno mineralizzata - Scuola elementare a Bagnolo in Piano (RE) / Rivestimento in mattoni faccia a vista a pasta molle - Scuola dell’infanzia a Pozzuolo Martesana (MI) / Rivestimento in fibra di gesso - Scuola Professionale provinciale a Bolzano (BZ) / Vernici naturali Scuola elementare a Bagnolo in Piano (RE) / Impianti di riscaldamento radianti a soffitto - Asilo nido a Casalecchio di Reno (BO) / Illuminazione naturale - Scuola elementare a Bagnacavallo (RA) Dossier Edilizia scolastica ecocompatibile nella provincia di Brescia / Carlo Lazzaroni, Raffaella Merigo
Il turismo sostenibile nelle aree protette: il marchio di qualità ambientale delle Cinque Terre / Luca Natale Il turismo sostenibile nelle aree protette: le fattorie del Panda / Roberto Furlani, Rita Minucci Piccoli comuni: prove di sviluppo locale / Andrea Trisoglio Tecnologie open source per la valorizzazione delle risorse culturali / Nicola Maiellaro Amazon Eco Park: architettura sostenibile ed ecoturismo / Fernando Recalde
Aree industriali ed edifici pluriaziendali: tra risparmio di suolo ed efficienza energetica. L’esperienza di Bolzano / Giovanni Sarti Incentivazione delle Fonti Energetiche Rinnovabili per le Piccole e Medie Imprese / Carmelo Spitaleri L’edilizia sostenibile protagonista del Premio all’Innovazione Amica dell’Ambiente / Andrea Danese Progetti e tecnologie Laminato in zinco-titanio - Centrale del latte di Vicenza Strutture in legno - Edificio per uffici “Bioffice” a Correggioverde di Dosolo (MN)
Progetti e tecnologie Strutture in legno lamellare - Complesso turistico sportivo a Sottomarina di Chioggia (VE) / Strutture prefabbricate in legno - Agriturismo “Corte all’Olmo” a Cá di David (VR) / Edifici prefabbricati - L’azienda vinicola Pittaro a San Martino al Tagliamento (PN) / Malte, intonaci e finiture di calce idraulica naturale - Art Hotel a Varese / Decorazione e protezione murale - Royal Hotel Carlton a Bologna / Vernici naturali - Agriturismo e Centro Culturale Tirtha a Pescantina (VR) / Parquet su sabbia - Agriturismo Pianconvento a Monteguidi - Bagno di Romagna (FC) / Impianti solari termici - Albergo “Villa Tramonto “a San Vincenzo (LI)
Illuminazione naturale - Ampliamento e riqualificazione del centro commerciale "Centro Nova" a Castenaso (BO)
Dossier Riqualificazione ambientale e sostenibile del fronte mare di Palau / Giovanna Piga
Dossier Riqualificazione bioecologica palazzina direzionale Fenice Spa
Strutture in legno lamellare - Stabilimento Melinda a Segno di Taio (TN) Isolamento termico a cappotto - Stabilimento del Gruppo Marposs a Travagliato (BS) Pavimenti in legno biocompatibili - Edificio commercialedidattico Cerchi nel grano (MI) Teli e guaine traspiranti - Sede CME a Scandiano (RE) Fonti energetiche rinnovabili - Uffici e laboratori Rainbow
ilProgettoSostenibile | indici 01-29
21. Integrazione delle energie rinnovabili
22-23. Il recupero “ambientalmente sostenibile”
24. Acqua e architettura. Risparmio, recupero...
Focus Microgenerazione distribuita: integrazione morfologica e tecnologica / Adriano Magliocco / Università degli Studi di Genova / Giacomo Cassinelli / Università degli Studi di Genova
Focus Nuove tendenze nel segno della conservazione integrata / Stefano Della Torre / Politecnico di Milano
Focus Editoriale Gianni Scudo
L’integrazione del fotovoltaico in architettura / Gabriella Peretti / Politecnico di Torino Gestione e controllo dell’illuminazione naturale / Alessandro Rogora / Politecnico di Milano Integrazione delle tecnologie da fonti energetiche rinnovabili nel progetto urbano: valutazione di ecocompatibilità dal processo (VAS) al progetto / Gianni Scudo / Politecnico di Milano / Marco Carpinelli / Environment Il fotovoltaico organico. Sperimentazione e innovazione applicata al caso di “Ventotene isola ad emissioni zero” / Fabrizio Tucci / Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Lo sviluppo sostenibile delle rinnovabili nelle realtà locali: l’esempio delle isole Egadi / Mario Gamberale, Simona Salteri, Alessandro Vezzil / AzzeroCO2 Studi e Ricerche La fattibilità tecnica ed economica del fotovoltaico in Italia / Guglielmina Mutani, Alessandro Bua Progetto e monitoraggio estivo di uno scambiatore geotermico ad aria / Luca Raimondo Tecnologie elettroniche per le energie rinnovabili e per l’efficienza energetica / Giordano Torri Argomenti Utilizzo del fotovoltaico per l’illuminazione pubblica. Un sistema energetico sostenibile nel Parco Nazionale delle Cinque Terre / Marco Stamegna Il teleraffrescamento: un sistema energetico integrato sul territorio / Franco Ricci Opportunità per le Pubbliche Amministrazioni nell’impiego delle fonti energetiche rinnovabili / Francesco Belcastro Le politiche della Regione Lazio per la promozione delle energie rinnovabili / Filiberto Zaratti Risparmio energetico e fonti rinnovabili negli edifici scolastici. Il caso della Provincia di Firenze / Luigi Tacconi Il fotovoltaico sui tetti delle scuole della Provincia di Firenze / Francesca Vagaggini “Sardegna al Sole”: un gruppo d’acquisto per il fotovoltaico in Ogliastra / Antonino Mameli Incentivare il fotovoltaico attraverso la concessione d’uso di superfici degli edifici pubblici. Il progetto del Comune di Lodi / Matteo Zanchi
L’approccio prestazionale alla risorsa culturale / Andrea Canziani, Matteo Scaltritti / Politecnico di Milano Crespi d’Adda: dal piano di Gestione UNESCO alla valorizzazione culturale / Paolo Gasparoli / Politecnico di Milano Conservare le preesistenze, interpretare le assenze / Caterina Frettoloso / Seconda Università degli Studi di Napoli Il recupero per la fruizione: il Castello Caracciolo di Montefredane / Antonella Violano / Seconda Università degli Studi di Napoli Il recupero delle case di terra: dalla conoscenza delle tecniche tradizionali all’innovazione per uno sviluppo sostenibile / Maria Cristina Forlani / Università degli Studi di Chieti-Pescara Studi e Ricerche Restauro e sostenibilità / Maurizio De Vita, Virginia Neri / Università degli Studi di Firenze Recuperare le tradizioni locali: linee guida per gli interventi sul patrimonio rurale / Giovanna Franco / Università degli Studi di Genova Criteri, metodi di calcolo e criticità normative per il recupero sostenibile degli edifici / Martina Basciu, Claudia Loggia, Vittorio Tramontin / Università degli Studi di Cagliari Compatibilità ambientale: un confronto fra tegole in cemento e tegole in laterizio / Giovanni Zannoni / Università IUAV di Venezia Tecnologie sostenibili per le analisi diagnostiche e gli interventi conservativi / Luciano Cessari, Elena Gigliarelli / CNR Un confronto tra prodotti isolanti sulla base di indicatori energetico ambientali / Carlo Caldera, Alice Gorrino / Politecnico di Torino Argomenti Il Protocollo per la Valutazione Energetico Ambientale della Regione Friuli Venezia Giulia / Luciano Pozzecco, Paolo Tomasella / Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia Il recupero degli immobili ai fini della Comunità Ospitale / Maurizio Capelli / Borghi Autentici d'Italia Recupero delle tradizioni costruttive del territorio. Il caso di Novi Ligure / Gaia Bollini / Isidoro Parodi / Comune di Novi Ligure
Lo sfruttamento della geotermia profonda in Friuli Venezia Giulia / Tiziano Tirelli, Daniele Tirelli
Riqualificazione degli edifici scolastici. L’esperienza della Regione Veneto / Ernesto Antonini, Marco Boscolo / Università degli Studi di Bologna / Piercarlo Romagnoni / Università IUAV di Venezia
Progetti e Tecnologie Impianto solare ibrido - Complesso residenziale il “Borghetto” a Castel San Pietro Terme (BO)
Il progetto per la ricostruzione di una struttura turisticoricettiva nel territorio del Parco naturale regionale Sirente Velino / Fabio Armillotta, Carmela Palmieri / C.A.Sa.
Energie rinnovabili - Cantina Barone Pizzini a Provaglio d’Iseo in Franciacorta (BS)
Gli interventi di edilizia sostenibile previsti dal “Piano casa” della Regione del Veneto / Marco Frau, Fabio Mattiuzzo, Claudio Perin / Regione Veneto
Impianto fotovoltaico - Stabilimento Neri Industria Alimentare a Lamporecchio (PT) Dossier Una scuola sostenibile a Imola / Andrea Dal Fiume, Mario Grosso, Luca Raimondo
Acqua: una "coperta troppo corta" che richiede nuovi modelli di gestione / Giulio Conte / Ambiente Italia Le miniere dell'acqua di Riudoms: la gestione dell'acqua come elemento generatore del paesaggio / Albert Cuchì / Universitat Politécnica de Catalunya La gestione della complessità nel progetto sostenibile del ciclo delle aqque meteoriche urbane: tecnologie, strumenti e metodi / Francesca Perricone / Università degli Studi “La Sapienza” di Roma Riqualificazione ambientale e paesaggistica di corsi d'acqua in ambito urbano: esperienze a confronto / Federica Larcher / Università degli Studi di Torino / Elena Montacchini / Politecnico di Torino Il ciclo idrogeologico nell'ambiente costruito: il ruolo del verde pensile / Luca Lanza, Anna Palla / Università degli Studi di Genova Idropaesaggi, una nuova geografia per il Parco del Lura / Monica Manfredi / Politecnico di Milano Studi e Ricerche Requisiti, indicatori e strumenti per la valutazione dell'ecocompatibilità dei prodotti edilizi / Roberto Giordano, Gabriella Peretti / Politecnico di Torino L'acqua in alta quota / Daniela Bosia / Politecnico di Torino / Barbara Martino / École d’Architecture de Grenoble Valutazione di sostenibilità, etichette ecologiche e risorsa acqua in edilizia. La situazione per il risparmio idrico / Sara Scapicchio / Università degli Studi di Napoli “Federico II” Risparmio idrico e uso dell'acqua piovana in edilizia / Anna Frangipane / Università degli Studi di Udine Il parametro acqua nel progetto di architettura sostenibile / Dora Francese, Claudia Balestra, Luca Buoniconti / Università degli Studi di Napoli Rinascere. Vivendo sul'acqua / Luca Maria Francesco Fabris / Politecnico di Milano Argomenti Le Case dell'Acqua / Tiziano Butturini, Paola Barbato Cara acqua (del rubinetto), T.V.B. Ti Voglio Bere! / Claudio Filippone, Alessandra Mazzotta / Centro Studi Ambientali Torino L'acqua da risorsa ad opportunità: le Expo di Saragozza e di Shangai / Oriana Giovinazzi / Centro Internazionale Città d’Acqua Dossier Centro per minori a Lodi / Lara Gariup
ilProgettoSostenibile | indici 01-29
25. Housing sociale innovativo sostenibile
26. Mediterraneo tra mito e risorsa
27. L’impronta ambientale del costruito
Focus Editoriale Gianni Scudo
Editoriale Gianni Scudo
Focus Editoriale Gianni Scudo
Città, laboratori di coesione sociale? Welfare locale e questione urbana / Valeria Fedeli / Politecnico di Milano
Focus Le Corbusier, fra civiltà macchinista e mito del Mediterraneo / Maria Bottero / Politecnico di Milano
L’edilizia sociale: un servizio come e per chi / Gabriele Rabaiotti / Politecnico di Milano
La cultura urbana islamica nelle città mediterranee / Giulia Annalinda Neglia / Politecnico di Bari
Chi costruisce la casa sociale? Nuovi attori e nuovi ruoli nelle politiche abitative / Francesca Santaniello / Politecnico di Milano
Tecnologie a progetto per l’ambiente mediterraneo / Mario Losasso / Università degli Studi di Napoli Federico II
I nuovi requisiti tipologici per l’housing sociale / Anna Delera / Politecnico di Milano
Escursionismo e architettura vernacola in Catalogna cento anni fa / Jaume Rosell, Ramon Graus / Universitat Politècnica de Catalunya
Requisiti di sostenibilità ambientale in edilizia: dall’efficienza alla sufficienza / Gianni Scudo, Alessandro Rogora / Politecnico di Milano
La sostenibile “pesantezza”delle architetture progettate e costruite con il clima nell’area mediterranea / Gian Luca Brunetti / Politecnico di Milano
Strategie per la realizzazione e riqualificazione dell’alloggio sociale: sperimentazioni progettuali in Campania / Claudio Grimellini, Bianca Marenga, Cristian Filagrossi Ambrosino / Università degli Studi di Napoli “Federico II”
Valutazione energetica degli edifici in ambito mediterraneo / Valentina Gianfrate, Paola Gallo / Università degli Studi di Firenze
Abitare Mediterraneo: un progetto di edilizia residenziale pubblica ecocompatibile / Lorenzo Capobianco, Antonella Violano / Seconda Università degli Studi di Napoli Strategie di low energy low cost per il retrofitting del social housing / Alessandra Battisti, Fabrizio Tucci / Università degli Studi “La Sapienza” di Roma Vienna, un esempio europeo di continuità nell’innovazione del Social Housing / Lina Scavuzzo / Politecnico di Milano Studi e Ricerche Strategie di riqualificazione degli insediamenti di edilizia sociale costruiti nella seconda metà del ‘900 / Emanuele Piaia / Università degli Studi di Ferrara Le dighe del quartiere Diamante a Genova Begato: problemi di manutenzione e di riqualificazione / Giovanna Franco / Università degli Studi di Genova Social housing fra costo, qualità e sostenibilità / MariaAntonia Barucco / Università IUAV di Venezia Tecnologie Edifici in legno: tecniche costruttive / Antonio Frattari / Università degli Studi di Trento Tecnologie innovative in legno: caratteristiche e principi costruttivi degli edifici in x-lam / Davide Di Fabio / Università Politecnica delle Marche
Dell’architettura di vetro e del Mediterraneo / Federico M. Butera / Politecnico di Milano Studi e ricerche Spazi aperti next generation: la climatizzazione di microambienti non confinati / Alessandro Mazzotta / Politecnico di Torino Spazi aperti urbani performativi / Renata Valente / Seconda Università di Napoli Smart skin envelope. Integrazione architettonica di tecnologie per il risparmio energetico / Marco Sala, Rosa Romano / Università degli Studi di Firenze Arte edificatoria e coralità nella tradizione costruttiva dell’Italia meridionale / Francesco Polverino / Università degli Studi di Napoli "Federico II"
Dossier Il progetto Housing Sociale / a cura di Giordana Ferri
L’evoluzione degli indicatori di benessere: dall’economia agli indici di sostenibilità / Paco Melià / Politecnico di Milano Metodi di valutazione e indicatori dell’impronta ambientale a scala urbana / Paola Caputo / Politecnico di Milano Valutazione della sostenibilità degli edifici: lo sviluppo normativo CEN / Mario Grosso / Politecnico di Torino Net Zero Energy Building:metodi e strumenti per l’analisi energetica nel processo edilizio / Roberto Giordano, Silvia Tedesco / Politecnico di Torino LEED: un approccio olistico alla certificazione energetica. Metodologia di un rating system per gli edifici storici / Stefano Rugginenti, Chiara Franchini / Politecnico di Milano Criteri di ecologicità e certificazione ambientale dei prodotti edilizi /Andrea Campioli,Monica Lavagna / Politecnico di Milano Studi e ricerche Opportunità e criticità nell’analisi del bilancio energetico di un edificio / Jacopo Gaspari, Dario Trabucco / Univerità IUAV di Venezia Integrazione tra LCA e LCC: sviluppo di un modello di valutazione economico-ambientale / Francesca Thiébat / Politecnico di Torino La selezione dei materiali nei sistemi di certificazione energetico ambientale / Adriano Magliocco, Eleonora Ardissone, Chiara Piccardo / Università degli Studi di Genova
Sostenibilità prefabbricata: il progetto di ricerca KIT haus Plus / Davide Di Fabio, Fausto Pugnaloni, Roberto Fioretti, Paolo Principi / Università Politecnica delle Marche
Studi di Sostenibilità Ambientale per i Piani Particolareggiati: il caso dei Progetti Urbanistici Operativi della Regione Liguria / Andrea Giachetta / Università degli Studi di Genova
Tecnologie Tecnologie di raffrescamento passivo degli edifici / Mario Grosso / Politecnico di Torino
Il “cantiere LEED”: attività ed esempi di misure per costruire in modo sostenibile / Michela Dalprà / Università degli Studi di Trento
Tecnologie per il raffrescamento solare degli edifici / Giuseppe Oliveti, Natale Arcuri, Marilena De Simone, Roberto Bruno / Università della Calabria
Modelli di architettura sostenibili: il protocollo di certificazione energetico ambientale ITACA Marche sintetico / Davide Di Fabio, Fausto Pugnaloni, Roberto Fioretti, Paolo Principi / Università Politecnica delle Marche
Strategie bioclimatiche di raffrescamento naturale in un progetto di edilizia residenziale / Maria Irene Cardillo
Il progetto SOFIE / Ario Ceccotti / Università IUAV di Venezia Il legno, materiale locale per il progetto contemporaneo / Adriano Magliocco, Daniela Benghi, Simone Polleri / Università degli Studi di Genova
Dalla pianificazione strategica alla VAS: verso una nuova razionalità di Piano / Maria Rosa Vittadini / Università IUAV di Venezia
La facciata a velo d’acqua dell’Atelier Fleuriste di Chieri (TO) / Corrado Curti, Luca Raimondo
Paesaggi e passaggi d’acqua: il Velino e lo spazio pubblico della città di Rieti / Alessia Ferretti / Università “La Sapienza” di Roma Tecnologie Il verde pensile / Matteo Fiori / Politecnico di Milano Mitigazione dell’inquinamento urbano con le piante / Rita Baraldi, Francesca Rapparini, Camilla Chieco, Annalisa Rotondi / IBIMET - CNR Coperture a verde pensile: prestazioni idrologiche / Luca G. Lanza, Anna Palla / Università degli Studi di Genova Il verde verticale: effetti energetici di un sistema di rivestimento / Ugo Mazzali, Fabio Peron,Valeria Tatano / Università IUAV di Venezia
ilProgettoSostenibile | indici 01-29
28. Recupero e conservazione tra innovazione e...
29. Il progetto locale. Valorizzare il territorio
Focus
Focus Il progetto locale: coscienza di luogo e autosostenibilità Alberto Magnaghi
La manutenzione preventiva del patrimonio archeologico: criticità e proposte operative / Paolo Gasparoli / Politecnico di Milano Il paesaggio come bene comune: un valore da ridefinire / Carlotta Fontana / Politecnico di Milano La valutazione delle prestazioni energetiche negli edifici storici: sperimentazioni in corso / Rajendra Adhikari, Valeria Pracchi, Alessandro Rogora, Elisabetta Rosina / Politecnico di Milano Patrimonio architettonico minore e paesaggio: da esigenza culturale ad opportunità di sviluppo economico / Lelio Oriano Di Zio / architetto restauratore e paesaggista Funzioni compatibili e integrate negli interventi sul patrimonio storico: il caso dell’ex-chiesa dell’Addolorata a Montefredane / Maria Isabella Amirante, Antonella Violano / Seconda Università degli Studi di Napoli Riqualificazione energetica di edifici di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata. Esempi di intervento a Savona / Adriano Magliocco, Andrea Giacchetta / Università degli Studi di Genova Riqualificazione energetica e architettonica dei grands ensambles degradati. L’esperienza francese / Anna Delera, Roberto Rota / Politecnico di Milano Tecnologie e innovazione LIDEA: impianto sperimentale per la produzione combinata di energia elettrica e calore / Leo Brattoli / AREA Science Park Studi e Ricerche Analisi termofluidodinamica delle condizioni microclimatiche interne in edifici storici / Delia D’Agostino, Rosella Cataldo, Paolo Congedo / Università del Salento La “strategia dell’addizione” nei processi di riqualificazione energetica del costruito / Jacopo Gaspari / Università IUAV di Venezia Nuove frontiere del recupero edilizio nell’integrazione delle tecnologie per la gestione idrica / Francesca Perricone / Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Verifica del comfort termico negli uffici del Politecnico di Torino / Guglielmina Mutani / Politecnico di Torino Lorenzo Cazzetta / architetto Retrofit energetico e qualità del costruito: le linee guida per l’edilizia scolastica della Provincia di Torino / Alessandro Mazzotta, Maria Luisa Barelli, Barbara Melis / Politecnico di Torino Limiti tecnologici e contenuti innovativi nei sistemi costruttivi tradizionali: il caso studio di Ferrara / Veronica Balboni, Marco Zuppiroli / Università degli Studi di Ferrara Il dottorato e le tecnologie per l’ambiente costruito: un dialogo fruttuoso tra ricerca, istituzioni e realtà produttiva Maria Luisa Germanà / Università degli Studi di Palermo Tesi di dottorato
Il bioregionalismo nelle esperienze italiane ed europee David Fanfani, Claudio Saragosa La rigenerazione del territorio: un manifesto per la neoruralità Giorgio Ferraresi La sovranità energetica come co-agente dello sviluppo locale: metodologia e casostudio Luigi Bertazzoni, Matteo Clementi, Grazia Garrone, Gianni Scudo, Francesca Soro, paolo Vasino Detroit, la città in discussione: crisi urbana e agricoltura urbana Valeria Fedeli RICICLAB: un laboratorio didattico mobile sul territorio Rossana Raiteri, andrea Giachetta Tecnologie e innovazione Le fonti rinnovabili a servizio delle tecnologie per le strutture urbane di comunicazione Giuseppe Menta, Fabio Morea Sostenibilità energetica e bonifica ambientale nel recupero di aree contaminate Maria Irene Cardillo Studi e Ricerche Uso del suolo e dei trasporti in forma integrata: la città policentrica e il trasporto collettivo Luca Staricco Le reti territoriali come incontro tra ambiente naturale e ambiente urbano Rossella Franchino, Miriam Amorim, Matteo Nigro Interventi di rigenerazione urbana: criteri per il recupero sostenibile dei centri storici Carlo Patrizio Riqualificazione agro-energetica dell'ambiente urbano. Il caso del Fosso della Cecchignola a Roma Fabrizio Tucci, Francesca Romano Urban Farming: due esperienze di ricerca di riqualificazione tecnologico-ambientale a confronto Alessandra Battisti Tesi di dottorato
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